T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 66/2012

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pasquale Marotta e Ubaldo Greco, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giancarlo Caracuzzo, situato in Roma, via di Villa Pepoli n. 4;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Questura della Provincia di Roma, in persona del Questore p.t.;

per l'annullamento,

previa sospensiva,

- del provvedimento n. 2011/00198 del 5.5.2011, notificato l’1.6.2011, con il quale il Questore di Roma ha vietato al ricorrente, per anni uno, l'accesso all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di basket a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati, con estensione dello stesso divieto, da due ore prima e sino a due ore dopo la conclusione delle manifestazioni sportive, agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni, per lo stesso arco temporale, con decorrenza dalla notifica del provvedimento de quo;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2011 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 26 luglio 2011 e depositato il successivo 28 luglio 2011, il ricorrente impugna il provvedimento di divieto di accesso agli impianti sportivi meglio indicato in epigrafe, chiedendone l’annullamento.

In particolare, il ricorrente espone:

- di rivestire la carica di Dirigente della squadra di basket “OMISSIS ”;

- che, durante l’incontro di basket del campionato di serie A1 tra la squadra “OMISSIS ”di OMISSIS e la già citata “OMISSIS ”, si sarebbe reso responsabile di comportamenti tali da mettere in pericolo la sicurezza all’interno dell’impianto sportivo in quanto “inveiva animatamente contro alcuni spettatori profferendo frasi minacciose” del tipo “non venite a Caserta perché a casa non tornate”;

- che, a causa di tali comportamenti, l’Amministrazione lo considerava un “soggetto pericoloso per l’incolumità pubblica” e, dunque, adottava il provvedimento impugnato.

Avverso tale provvedimento il ricorrente deduce i seguenti motivi di impugnativa:

1. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 6 LEGGE N. 401 DEL 1989. ECCESSO DI POTERE. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. CARENZA DEI PRESUPPOSTI, in quanto, anteriormente all’adozione del provvedimento impugnato, i fatti accertati non hanno formato oggetto di preventiva denuncia all’autorità giudiziaria.

2. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 6 LEGGE N. 401 DEL 1989. ECCESSO DI POTERE. GENERICITA’ DEL PROVVEDIMENTO, atteso che il divieto risulta imposto mediante l’utilizzo di formule omnicomprensive, che non ne consentono la delimitazione.

3. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 6 DELLA LEGGE N. 401 DEL 1989. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/90. ECCESSO DI POTERE. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. INGIUSTIZIA MANIFESTA. SUPERFICIALITA’, ABNORMITA’ DEL PROVVEDIMENTO perché le circostanze descritte nel provvedimento non risultano provate e, comunque, non sono indice di pericolosità per l’incolumità pubblica. Del resto, è consuetudine dei tifosi profferire frasi “colorite”, sicché viene da chiedersi perché il comportamento del ricorrente è stato distinto rispetto a quello tenuto dagli altri tifosi.

4. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 6 LEGGE N. 401 DEL 1989. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 7 DELLA LEGGE N. 241/90. ECCESSO DI POTERE. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. INGIUSTIZIA MANIFESTA. SUPERFICIALITA’, ERRATA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI, posto che dagli atti ufficiali della Federazione Italiana di Basket risulta che è stata OMISSIS  ad assumere comportamenti pericolosi, come comprovato dalla circostanza che il giudice sportivo nazionale ha adottato ben tre provvedimenti disciplinari nei confronti di tale squadra.

Con atto depositato in data 23 agosto 2011 si è costituito il Ministero dell’Interno.

Con ordinanza n. 3171 del 2 settembre 2011, il Tribunale ha accolto la domanda incidentale di sospensione.

In data 17 settembre 2011, l’Amministrazione resistente ha prodotto documenti, tra cui una nota della Questura di Roma, il cui contenuto può essere così sintetizzato: - il ricorrente ha partecipato ai disordini verificatisi il 23 aprile 2011 in occasione dell’incontro di basket OMISSIS/OMISSIS , tanto da essere stato anche denunciato in stato di libertà per resistenza a pubblico ufficiale, e ciò è ampiamente documentato; - il comportamento dallo stesso tenuto ben giustifica l’adozione del provvedimento impugnato perché rivela “a priori la sussistenza della pericolosità del soggetto”.

All’udienza pubblica del 24 novembre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto nei termini e nei limiti di seguito indicati.

2. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato, denunciando violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili sulla base – in sintesi - dei seguenti rilievi:

- anteriormente all’adozione della misura di prevenzione, non vi è stata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai fatti accertati;

- i fatti contestati costituiscono circostanze non provate e, comunque, il comportamento tenuto non è indice di pericolosità per l’incolumità pubblica;

- le iniziative pericolose sono state intraprese dai tifosi locali, come dimostrato dai provvedimenti disciplinari adottati nei confronti della squadra OMISSIS.

Tali censure – rubricate ai nn. 1, 3 e 4 del ricorso – sono infondate per le seguenti ragioni:

- come già anche la Sezione ha avuto modo di recente di affermare (cfr., tra le altre, sent. 12 maggio 2011, n. 4134), il provvedimento di divieto di accesso agli stadi non presuppone sempre e comunque che sia intervenuta una denuncia o una condanna penale. Come espressamente disposto dall’art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, il Questore può disporre il divieto di accesso agli stadi anche nei confronti delle persone che – non denunciate o condannate – hanno “preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza”. La previsione della possibilità per il Questore di impartire il divieto de quo anche in tali circostanze e, dunque, in carenza dell’instaurazione di un procedimento penale non appare in contrasto con prescrizioni di rango costituzionale, tenuto conto che tale possibilità è – in ogni caso - condizionata dall’avvenuta commissione di specifici fatti, sicuramente in contrasto con l’interesse della tutela dell’incolumità personale e dell’ordine pubblico. Del resto, non va dimenticato che la misura del divieto di accesso agli impianti sportivi può essere disposta in caso non solo di accertata lesione, ma anche di pericolo di lesione dell’ordine pubblico, e, quindi, inequivocabilmente prescinde da un oggettivo e penalmente accertato fatto di violenza (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 16 dicembre 2010, n. 9074; C.d.S., Sez. VI, 16 dicembre 2010, n. 9074);

- l’art. 6 in argomento non impone indagini specifiche sulla pericolosità del soggetto, ossia non richiede alcun previo accertamento attinente – in generale -alla personalità del destinatario del provvedimento, di cui dare conto – in seguito – in quest’ultimo (cfr. anche TAR Umbria, Perugia, Sez. I, 15 dicembre 2009, n. 767) . Ai sensi dell’art. 6, è, infatti, rilevante il mero accadimento di determinati fatti in occasione di manifestazioni sportive, comunque rivelatori – ex se - di pericolosità. In altri termini, tale norma contempla misure che risultano dirette ad eliminare non una generica pericolosità sociale del soggetto, ma quella specifica che deriva proprio dal verificarsi di determinate condotte in un ambito specifico (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, 13 settembre 2010, n. 17403). Ciò detto, è da ricordare che, nel caso di specie, al ricorrente viene contestato di aver “inveito animatamente prima contro alcuni spettatori profferendo frasi minacciose” (in particolare: “non venite a Caserta perché a casa non tornate”) “e, successivamente, cercando di scontrarsi fisicamente con i giocatori ed i dirigenti della compagine romana”. Tenuto conto che non appare contestabile che i fatti descritti siano espressione di violenza – in linea con quanto prescritto dall’art. 6 in argomento - e che, nel contempo, l’accadimento degli stessi fatti non è oggetto di contestazione da parte del ricorrente, il Collegio non ravvisa elementi per ritenere l’iter logico seguito dall’Amministrazione abnorme, illogico ed ingiusto;

- la circostanza, poi, che un divieto del genere di quello in contestazione non sia stato adottato anche nei confronti di altri soggetti, autori di comportamenti similari, in alcun modo può incidere sulla legittimità del provvedimento impugnato, potendo – al più – costituire una carenza dell’Amministrazione all’obbligo di provvedere anche in ordine ai predetti, risultato questo rispetto al quale il ricorrente si rivela palesemente privo di interesse;

- l’ulteriore circostanza relativa all’adozione da parte del giudice sportivo nazionale di provvedimenti disciplinari esclusivamente nei confronti di “OMISSIS” si rivela – del pari - ininfluente nel senso che non svilisce il carattere negativo della condotta tenuta dal ricorrente, posta a fondamento dell’esercizio del potere inibitorio di cui al citato art. 6 da parte del Questore e, comunque, idonea a supportare – anche sotto il profilo motivazionale - la decisione assunta da quest’ultimo.

Volendo considerare anche la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/0, pur se non formalmente esplicitata, il Collegio ritiene che sussistano ragioni di urgenza di cui, tra l’altro, il provvedimento dà conto.

In ogni caso, è da soggiungere che - in linea con il disposto dell’art. 21 octies, comma 2, della già citata legge n. 241/90 - l’Amministrazione ha dimostrato “che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” e, pertanto, tale vizio di procedura si rivela inidoneo a determinare l’annullamento del provvedimento impugnato, a norma del medesimo art. 21 octies.

3. Ciò detto, permane da valutare la censura afferente la genericità del provvedimento in relazione all’indicazione dei luoghi interessati dal divieto.

Tale censura è fondata.

Al riguardo, è opportuno ricordare che, ai sensi del citato art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, il divieto disposto dal questore deve riguardare “manifestazioni sportive specificamente indicate” nonché luoghi “interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano alle manifestazioni medesime” – del pari – “specificamente indicati”.

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, la necessità di indicare specificamente sia le competizioni agonistiche che i luoghi ai quali si estende il divieto (diversi dagli impianti sportivi e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) risponde, dunque, ad un ben preciso obbligo di legge, la cui imposizione è ispirata da esigenze di conciliazione con la libertà di circolazione, costituzionalmente riconosciuta (art. 16), ma anche di garanzia della stessa esigibilità del comando (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403; TAR Toscana, Firenze, Sez. II, 19 maggio 2010, n. 1527; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 16 giugno 2009, n. 4022).

Nel caso di specie, tale obbligo risulta violato, stanti la carenza – nella formulazione del divieto - di ogni riferimento a particolari competizioni sportive nonché la genericità che caratterizza l’individuazione dei luoghi interessati dall’estensione divieto di cui trattasi (nonostante le specifiche riportate in nota), la quale – con l’unica eccezione del riferimento al Palazzo dello Sport - è palesemente inidonea a delimitare in modo adeguatamente preciso i limiti spaziali del divieto stesso, con conseguente illegittimità della relativa prescrizione provvedimentale.

4. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto nei termini e nei limiti sopra indicati.

Tenuto conto delle peculiarità della vicenda e dello sforzo che l’Amministrazione dimostra – comunque – di aver compiuto al fine di limitare la genericità del divieto, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6758/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nella parte in cui – fatta eccezione per il Palazzo dello Sport – prevede il divieto di accesso all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi ed estende il divieto agli spazi antistanti e comunque limitrofi nonché “alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipino o assistono alle medesime competizioni”.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 04/01/2012

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