T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 9267/2002
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. 3°-ter,
composto dai Signori
Francesco CORSARO, Presidente,
Umberto REALFONZO, Consigliere,
Silvestro Maria RUSSO, Consigliere, relatore,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. (…), proposto dalla OMISSIS LTD., con sede in Liverpool (UK), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto JACCHIA, Antonella TERRANOVA, Fabio FERRARO e Dario LA TORRE ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via A. Bertoloni n. 14,
CONTRO
- il MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, in persona del sig. Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria e
- il COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO – CONI, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. Giuseppe MORBIDELLI e dall’ avv. Massimo RANIERI ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via dei Tre Orologi n. 14/a
E NEI CONFRONTI
- della OMISSISs.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, in qualità di mandataria dell’ATI costituita con OMISSIS s.p.a., OMISSIS s.p. a., OMISSIS s.p.a. e OMISSIS s.p.a., controinteressata, rappresentata e difesa dal prof. Giuseppe GUARINO e dall’avv. Carlo MIRABILE ed elettivamente domiciliata in Roma, alla p.zza Borghese n. 3,
- della OMISSIS s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, in qualità di mandataria dell’ATI costituita con OMISSIS s.p.a., OMISSISs.p.a. e OMISSIS s.r.l., controinteressata ed interventrice ad opponendum, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi MEDUGNO ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Panama n. 12,
- della OMISSIS s.p.a., corrente in Porcari (LU), in persona del legale rappresentante pro tempore, in qualità di mandataria dell’ATI costituita con OMISSISs.r.l., controinteressata, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio LORENZONI e Clizia CALAMITA DI TRIA ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via del Vicinale n. 43 e
- di OMISSISs.p.a., corrente in Milano (in qualità di mandataria dell’ATI costituito con Consorzio Totocom ed altri) e di OMISSIS s.p.a., corrente in Roma (in qualità di mandataria dell’ATI costituito con OMISSIS s.r.l. ed altri), controinteressate, non costituite nel presente giudizio,
PER L’ANNULLAMENTO
A) – della nota prot. n. 998 del 12 novembre 2001, con cui il CONI dà atto d’aver bandito una gara ristretta per l’individuazione del partner privato cui cedere il 49% delle azioni della costituenda s.p.a. per la gestione dei giuochi pronostici e delle scommesse sportive di competenza dell’ente, con gli allegati bozza di statuto societario, bozza di convenzione per la gestione di tali attività, bozza d’impegno alla riservatezza e bando di gara; B) – della nota prot. n. 1089 del 30 novembre 2001, con cui il CONI ha fornito chiarimenti sui documenti di cui sub A); C) – della deliberazione della Giunta Nazionale del CONI n. 780 del 28 settembre 2001, con cui è stata approvata la costituzione della nuova Società ed il relativo statuto e son state impartite prescrizioni relative al bando di gara; D) – della deliberazione giuntale del 22 febbraio 2001 (non conosciuta), con cui fu mandato agli Uffici di predisporre una deliberazione d’indirizzo per delineare i passaggi necessari per pervenire alla costituzione della nuova società; E) – della deliberazione del Consiglio Nazionale del CONI del 15 novembre 2000, con la quale fu approvato il nuovo Statuto dell’ente;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni aggiudicatici e delle sole controinteressate OMISSISs.p.a., OMISSIS s.p.a. e OMISSIS s.p.a.;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 2 maggio 2002 il Cons. dott. Silvestro Maria RUSSO e uditi altresì, per le parti costituite, il prof. MORBIDELLI e gli avvocati TERRANOVA, LA TORRE, JACCHIA, FERRARO, RANIERI, Andrea GUARINO (per delega del prof. GUARINO), LORENZONI e MEDUGNO e l’Avvocato dello Stato DE STEFANO;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
1. – La OMISSIS Ltd., avente sede in Liverpool (UK) ed appartenente al gruppo OMISSIS Plc, assume d’essere una società di nazionalità inglese debitamente autorizzata, da quell’ordinamento, ad organizzare ed esercitare attività di raccolta ed accettazione di scommesse, fra l'altro, su eventi sportivi.
2. – La OMISSIS Ltd. afferma altresì che il gruppo di riferimento: A) – nel suo mercato geografico elettivo, quello britannico, si colloca in quarta posizione, dopo le tre altre maggiori imprese di settore; B) – la sua attività nel Regno Unito consiste soprattutto nella gestione di punti d’accettazione e raccolta di scommesse sulle corse dei cavalli e sugli altri eventi sportivi (betting shops), nonché nella gestione di case da gioco.
In Italia, tale attività s’esplica mediante accordi con operatori italiani che raccolgono e trasmettono dati, secondo le norme sulle telecomunicazioni, aventi ad oggetto proposte di scommessa indirizzate alla sede centrale di Liverpool. Al riguardo, detta Società fa presente che gli operatori di giuochi e scommesse, quando agiscono in conformità alle leggi di settore, non sono che imprese di servizi, cui, in linea di principio, nell'Unione Europea si devono applicare le norme del Trattato sulla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi transfrontalieri, nonché quelle su concorrenza, trasparenza e non discriminazione negli affidamenti dei pubblici servizi. In particolare, detta Società osserva che in Italia, nonostante l'ordinamento assicuri in materia al CONI (per i giuochi sportivi non ippici), all’UNIRE (per quelli ippici) e ad un complesso di altri soggetti loro collegati diritti speciali ed esclusivi, in realtà la loro non è che un’attività d'impresa vera e propria.
Proprio per queste ragioni, la Società stessa assume d’aver in corso un nutrito contenzioso, anche innanzi alla Corte di giustizia UE a tutela delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, in relazione all’introduzione, in forza dell’art. 37, commi 4 e 5 della l. 23 dicembre 2000 n. 388, di nuove figure di reato per le condotte di chiunque comunque operi nel settore senza esserne autorizzato o concessionario, con conseguenti limitazione ai bookmaker inglesi all'accesso al mercato di giuochi e scommesse e sottoposizione ad azione penale degli operatori dei centri telematici di trasmissione dati (CTD), ad essa affiliati nel territorio italiano per la raccolta di tali scommesse.
3. – Ora, in virtù dell'art. 14 del Dlg 23 luglio 1999 n. 242, il CONI, a fini di snellimento burocratico e per una migliore funzionalità dell'ente, può costituire, previa autorizzazione del vigilante Ministero per i beni e le attività culturali, società di capitali da esso controllate per l'esercizio di specifiche attività economiche o tecnico-economiche inerenti le proprie funzioni.
Dal canto suo, l’art. 13, c. 1 dello Statuto del CONI, dà facoltà all’ente di costituire anche quelle società di capitali con particolare riferimento alla provvista di risorse finanziarie, mantenendovi un controllo a’sensi dell'art. 2359 c.c.
Ebbene, su richiesta della Giunta esecutiva (deliberazione n. 597 del 21 giugno 2000), con deliberazione n. 1121 del 22 giugno 2000, il Consiglio nazionale del CONI ha statuito la costituzione di siffatta Società, per gli scopi dianzi indicati ex art. 13, c. 1 dello Statuto. Sul punto, all’uopo richiesto dal Ministero vigilante, è intervenuto il Consiglio di Stato che, con parere n. 981 del 26 luglio 2000, ha affermato: A) – il conferimento del ramo d’azienda alla costituenda Società non necessita d’alcun atto concessorio ad hoc, in virtù dei compiti direttamente attribuitile dall’art. 14 del Dlg 242/1999 per la gestione diretta delle attività di cui il CONI è riservatario a’sensi dell’art. 6, I c. del Dlg 14 aprile 1948 n. 496; B) – la cessione della partecipazione al socio privato presuppone la scelta di quest’ultimo in base ad una gara ristretta, assimilata all’appalto concorso ex Dlg 17 marzo 1995 n. 157, in analogia a ciò che accade per l’individuazione del socio privato delle società miste locali; C) – nei rapporti con i terzi, la costituenda Società avrebbe dovuto ricorrere alle procedure dell'evidenza pubblica.
Pertanto, con successivo bando pubblicato nella GUCE n. 115220 del 15 novembre 2001, il CONI ha indetto una procedura concorsuale ristretta «... per l'individuazione del partner privato cui cedere il 49% capitale sociale della SpA che il CONI intende costituire e di cui deterrà il rimanente 51% del capitale. Alla SpA in questione verrà dato l'esercizio delle attività di gestione dei concorsi pronostici, delle scommesse sportive e di eventuali altri giochi e attività. In particolare la Società dovrà svolgere le seguenti attività attualmente esercitate del CONI: raccolta dati delle giocate, elaborazione dati, pagamento vincite, gestione e manutenzione della rete di raccolta dati e giochi, promozione e pubblicità, reperimento risorse finanziarie...», fissando al successivo 7 dicembre il termine per il ricevimento delle richieste di partecipazione. Al riguardo, la OMISSIS Ltd. assume che il CONI avrebbe scelto il partner privato, futuro cessionario del 49% del capitale della costituenda s.p.a. (denominata OMISSIS), prima di detta cessione e della costituzione di quest’ultima, cui l’ente avrebbe poi affidato la gestione tecnico-economica delle scommesse sportive e degli altri giochi riservati al CONI (Totocalcio, Totogol, Totosei, Totobin-gol, scommesse sportive al totalizzatore nazionale ed a quota fissa).
4. – Avendo la OMISSIS Ltd. appreso la pubblicazione, da parte del CONI, del predetto bando di gara, essa adisce questo Giudice, con il ricorso in epigrafe, impugnando i relativi atti ed i provvedimenti presupposti. Al riguardo, la Società ricorrente deduce in punto di diritto: A) – la costituzione della predetta Società viola il principio comunitario di parità di trattamento delle imprese, indipendentemente dal loro assetto societario; B) – l’illegittima previsione della possibilità d’integrare, senza gara e ad nutum le attività già affidate alla OMISSIS; C) – la costituzione di quest'ultima preclude illegittimamente ai soggetti ed alle imprese, pubblici o privati, degli altri Stati membri dell’UE di conseguire il controllo proprietario, solitario o congiunto, della OMISSIS stessa, il quale è riservato al CONI in forza di norme discriminatorie in ragione della nazionalità; D) – la violazione del principio di trasparenza nell'affidamento senza concessione, da parte del CONI, della gestione tecnico-economica dei giochi e dei concorsi pronostici alla OMISSIS; E) – tale forma d’affidamento sarebbe stato legittimo solo se la OMISSIS fosse stata un organismo di diritto pubblico e non un’impresa avente scopo di lucro, ancorché a prevalente capitale pubblico ed affidataria di funzioni riservate ex lege al CONI; F) – la violazione della dir. CE n. 50/92 e del Dlg 157/1995, a causa della scelta, con procedura ristretta, del socio privato solo dopo la costituzione della OMISSIS, nonché del tempo assai esiguo (solo ventun giorni) tra la pubblicazione del bando in GUCE e l’espletamento della gara; G) – la violazione del principio di trasparenza, in quanto i rappresentanti delle imprese controinteressate furono ricevute dal Presidente del CONI oltre un anno prima dall’indizione della gara, avendo in tal modo tutto il tempo per meglio predisporre le loro istanze di partecipazione e il piano industriale da proporre all’ente; H) – la violazione del principio comunitario di proporzionalità, applicabile in tutti i contesti (e, quindi, anche al settore dei giochi e delle scommesse), avendo il CONI omesso d’usare una procedura concorsuale per la scelta dell’affidatario dei singoli servizi, di fissare la durata massima dell’affidamento per non restringere o limitare la libera concorrenza, di subordinare il rinnovo dell’affidamento a verifiche d’efficienza o di risultato, d’evitare un unico affidamento di tutti i giochi ad un solo affidatario e di dar contezza delle ragioni d’interesse generale che l’hanno spinto ad emanare gli atti impugnati; I) - l'illegittimità della parziale privatizzazione dei servizi CONI in tema di giochi e scommesse, per violazione degli artt. 86.2 e 82 Tratt. CEE, in quanto l’organizzazione e la gestione di questi ultimi resta pur sempre un’attività d’impresa, ancorché sia svolta da un ente pubblico riservatario ex lege, non ricorrendo l’ipotesi derogatoria dello svolgimento di missioni istituzionali d’interesse pubblico (tale da giustificare comportamenti economici svincolati dalle regole della concorrenza) e, anzi, verificandosi in capo al CONI una vicenda d’abuso di posizione dominante (perché il CONI ha una riserva ex lege in materia e compete con altri soggetti sui mercati rilevanti; perché impone l’affidamento congiunto di ben cinque diversi tipi di gioco; e perché attua pratiche discriminatorie); J) – la violazione, attraverso la costituzione della OMISSIS e del coinvolgimento del CONI in essa, delle norme sulla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche; K) – l’illegittimità dell’ affidamento diretto alla OMISSIS di compiti attraverso una convenzione che, ben lungi dal porre le esatte regole di gestione ed organizzazione dei giochi affidati, ha un contenuto simile all’accordo-quadro vigente per gli appalti nei c.d. settori speciali ex Dlg 17 marzo 1995 n. 158, norma, questa, non applicabile alla materia in questione e che, comunque, implica necessariamente che la stipulazione dell’accordo stesso discenda dall’individuazione del partner attraverso una procedura ad evidenza pubblica; L) – l’illegittimità in ogni caso dell’uso della convenzione come accordo-quadro, giacché l’art. 14 del Dlg 242/1999 consente l’affidamento alle costituende Società solo di specifiche attività; M) – in via subordinata, l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 del Dlg 242/1999, con riferimento alla delega ex art. 11, c. 1, lett. b) della l. 15 marzo 1997 n. 59, perché il CONI non è un ente pubblico nazionale, perché la norma l'assoggetta alla vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali in contrasto con le direttive della delega stessa, perché il riordino dell’ente non è soggetto ad un termine predefinito, perché la delega non ammette la creazione di organismi nuovi e ulteriori (come la OMISSIS) e perché quest’ultima è indeterminata; N) – la violazione dell’art. 11 Cost. La Società ricorrente chiede inoltre a questo Giudice il risarcimento del danno patito a cagione degli atti impugnati.
Resiste nel presente giudizio l’intimato Ministero, che conclude per il rigetto del ricorso in epigrafe. Anche l’intimato CONI si costituisce in giudizio, eccependo analiticamente l’inammissibilità, sotto vari profili, del ricorso in epigrafe e, nel merito, l’ infondatezza della pretesa attorea .
S’è costituita in giudizio l’ATI controinteressata guidata da OMISSISs.p.a., la quale eccepisce: 1) – l’inammissibilità dell’azione spiegata in questa sede dalla Società ricorrente, perché le difetta un interesse qualificato, non avendo partecipato alla gara in contestazione; 2) – il mancato superamento della prova di resistenza, non avendo la ricorrente fornito prova certa del possesso dei requisiti per la partecipazione a detta gara; 3) – l’irricevibilità dell’impugnazione, relativamente alle deliberazioni della G.E. del CONI n. 780/2001 e del C.N. del 15 novembre 2000, nonché al bando della gara, pubblicato nella GUCE del 15 novembre 2001 e spedito dal CONI alla ricorrente con nota prot. n. 998 del 12 novembre 2001; 4) – l’ulteriore inammissibilità dell’impugnazione stessa, rivolta a contestare non la gara in sé, bensì le norme che la regolano e che attribuiscono al CONI il relativo potere; 5) – nel merito, l'infondatezza della pretesa attorea.
Interviene ad opponendum (deposito del 13 febbraio 2002) la OMISSIS s.p.a. (nella qualità di mandataria di ATI partecipante alla gara de qua e successivamente evocata in giudizio come controinteressata), che conclude anch'essa per l’inammissibilità e l’ infondatezza del ricorso in epigrafe.
A seguito dell’integrazione del contraddittorio svolto dalla ricorrente in data 1°- 6 marzo 2002, resiste in giudizio pure la controinteressata OMISSIS s.p.a., in qualità di mandataria di ATI partecipante a detta gara, concludendo per l’inammissibilità ed il rigetto della pretesa attorea.
5. – Con nota prot. 16748 del 31 ottobre 2001, depositata dal CONI agli atti di causa il 12 febbraio 2002, il Capo di gabinetto del Ministero per i beni e le attività culturali ha espresso parere favorevole alla costituzione della citata OMISSIS, con salvezza di altre ed eventuali valutazioni del Segretario generale.
Con istanza istruttoria depositata il 25 febbraio 2002, la Società ricorrente ha chiesto l’esibizione delle deliberazioni giuntali n. 780/2001 e del 22 febbraio 2001, della deliberazione consiliare n. 1121 del 22 giugno 2000 e di tutta la documentazione inerente agli atti di gara e di quella preordinata alla citata nota n. 16748/2001. Con ordinanza n. 106 del 7 marzo 2002, notificata a cura della Società ricorrente il successivo giorno 12, il Presidente della Sezione ha ordinato al CONI l’adempimento degli incombenti istruttori richiesti. Poiché, però, l’ente intimato non aveva ancora adempiuto, la ricorrente stessa, in data 10 aprile 2002, ha depositato motivi aggiunti, impugnando la nota n. 16748/2001 e la deliberazione consiliare n. 1121/2000. Al riguardo la ricorrente deduce in punto di diritto: O) – quanto alla nota ministeriale, la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del Dlg 242/1999, l’incompetenza, l'eccesso di potere ed il difetto di motivazione; P) – quanto alla deliberazione consiliare, generici profili di censura, in difetto di piena conoscenza dell’atto.
A seguito del deposito agli atti di causa, in data 28 marzo 2002, dei documenti chiesti al CONI, la Società ricorrente, depositandoli il 12 aprile 2002, formula nuovi motivi aggiunti. Dopo aver ricostruito minuziosamente il contenuto dei documenti de quibus, la ricorrente deduce: Q) – l’illegittimità degli atti stessi in via derivata da quella degli atti impugnati con il gravame originario; R) – l’illegittimità della nota n. 24960, emessa dal Ministero per i beni e le attività culturali il 30 novembre 2000; S) – l’illegittima omissione, da parte del Ministro, dei suoi poteri di vigilanza sul CONI, in relazione alla non riscontrata illegittimità degli atti di gara.
6. – Le parti costituite hanno ritualmente depositato documenti e memoria conclusionale. Alla pubblica udienza del 2 maggio 2002, su conforme richiesta delle parti costituite, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1. – Come già accennato in epigrafe e, più diffusamente, nelle premesse in fatto, la presente controversia muove dall’impugnazione, da parte della OMISSIS Ltd., con sede in Liverpool (UK) e svolgente l’attività di bookmaker, di tutti gli atti relativi alla gara ristretta (cui essa non ha partecipato) per l'individuazione del partner privato cui cedere il 49% delle azioni della costituenda s.p.a. (in principio denominata OMISSIS, poi costituita con la ragione sociale di OMISSIS s.p. a.), per la gestione dei giuochi pronostici e delle scommesse sportive di competenza del CONI e di cui esso è riservatario ex lege.
In particolare, tale impugnazione si rivolge, invero in modo promiscuo e talvolta confuso ¾mediante, cioè, doglianze che riguardano la gara in sé e, contemporaneamente, i poteri del CONI e la legittimità costituzionale e comunitaria delle norme nazionali regolatrici di questi ultimi¾, contro il procedimento di gara, la determinazione di costituire una Società mista per l'affidamento del servizio per i giuochi pronostici e le scommesse sportive, nonché la stessa riserva legale dell’organizzazione e della gestione di tali giuochi e scommesse a favore del CONI (e della Società affidataria da esso costituita). L’impugnazione si basa, quindi, su un articolato complesso di censure inerenti alla violazione di norme e principi di diritto comunitario, in tema di concessioni pubbliche, di non discriminazione su base nazionale, di trasparenza, di libertà di stabilimento e di libera concorrenza all'interno dell’Unione europea.
2. – Ai fini di una miglior comprensione della vicenda controversa, ritiene opportuno il Collegio fornire un quadro sintetico delle norme in varia guisa coinvolte o applicabili nella specie.
Al riguardo, giova partire dalla considerazione che, nel diritto positivo italiano, i giochi d’azzardo e le attività di scommessa son sempre stati oggetto di una disciplina rigorosa, talvolta di carattere repressivo, sempre diretta a limitarne la libertà d'esercizio indiscriminato, per garantirne così la conformità o, in ogni caso, la compatibilità con valori sociali, economici e culturali (di tutela delle persone, dei loro patrimoni e della sicurezza pubblica nei riguardi della criminalità connessa al giuoco), ritenuti preminenti nel bilanciamento degli interessi. Non a caso, quindi, già nell’àmbito dei rapporti patrimoniali tra i privati, l’art. 1933 c.c. esclude la tutela in via d’azione per il pagamento di debiti di giuoco o di scommessa (illeciti) ed è, invece, prevista l'irripetibilità del pagamento spontaneo effettuato in tali situazioni, a differenza di quanto stabilito dai successivi artt. 1934 (in tema di competizioni sportive) e 1935 (lotterie autorizzate), che danno luogo ad azione in giudizio, sia pur con sfumature diverse.
La ragione di tale conformazione eteronoma dei rapporti interprivati in materia, tranne che non riguardino situazioni a loro volta già strettamente regolate dalla legge e dalla pubblica Autorità, risiede nel giudizio di riprovazione che l’ordinamento esprime nei riguardi non del giuoco in sé ¾che, in quanto svago e distrazione, è socialmente utile e, quindi, non necessariamente rilevante per il diritto¾, bensì dell'evidente ed insopprimibile malcostume, etico ed economico, che il giuoco libero da ogni vincolo reca con sé.
Non sfugge al Collegio che tale sfavor del legislatore, che ab immemorabili reprime i giuochi liberi ove v’è posta in denaro (o in altre utilità economiche) ed esercizio in spazi pubblici o aperti al pubblico e maxime quelli d'azzardo, oggidì si basi su considerazioni diverse dal fatto che questi ultimi siano eticamente ed economicamente riprovevoli per chi vi partecipa, per le rispettive famiglie e per l’intera società. Infatti, lo Stato autorizza l'apertura di bische, organizza il giuoco del lotto e gestisce e struttura i concorsi a premi e le lotterie nazionali, anche a fini d’incremento delle entrate erariali. In particolare, la conformazione normativa di detti giuochi si muove, nell’àmbito dell’effusione del pubblico potere, secondo tre linee d'intervento: 1) – i giuochi di sorte, il cui esercizio è riservato allo Stato, come il lotto, le lotterie nazionali, i giochi d’abilità e i concorsi pronostici a totalizzatore; 2) – i giuochi d'abilità ed i concorsi pronostici connessi con manifestazioni sportive, organizzati e svolti sotto il controllo dei CONI (o dell’UNIRE), o del Ministero dell’economia e delle finanze; 3) – i giochi, quali lotterie, concorsi a premio, tombola, ecc., il cui esercizio da parte dei privati è subordinato ad apposita autorizzazione da parte della P.A. Ciò non toglie tuttavia che, aldilà di considerazioni più o meno approfondite sulla moralità o meno del giuoco d'azzardo, l'ordinamento reprime le manifestazioni di giuochi e scommesse non conformate dalla P.A., ovviamente con sanzioni graduate secondo la gravità e l’allarme sociale di ciascuna figura illecita, ogni qualvolta esse coinvolgano flussi rilevanti di denaro, pluralità di persone e luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Ebbene, ferme le disposizioni di carattere penale che sanzionano il giuoco d'azzardo (artt. 718 e 722 c.p.) o l'esercizio abusivo dei gioco non d'azzardo (art. 723), l' art. 88, I c. del t.u.l.p.s. stabilisce la necessità di un titolo abilitativi ad hoc, quando l' esercizio di scommesse, connesse allo svolgimento di competizioni sportive, costituisca una condizione necessaria per l'utile effettuazione di quest'ultima. Secondo questa previsione generale, l'art. 6 del Dlg 14 aprile 1948 n. 496 ha riservato espressamente al CONI l'organizzazione e l'esercizio di giuochi d’abilità e di concorsi pronostici connessi con manifestazioni sportive da esso organizzate o svolte sotto il suo controllo. Tal principio è stato poi confermato dall'art. 3, commi 229 e 230 della l. 28 dicembre 1995 n. 549, che, in relazione sì alle mutate esigenze del mercato, ma senza deflettere dallo stretto controllo sociale della relativa attività, ha anche previsto la possibilità di dare in concessione a terzi lo svolgimento delle scommesse per giuochi debitamente autorizzati. Resta peraltro vietato l'esercizio abusivo dell'attività in parola, tant’è che l'art. 4 della l. 13 dicembre 1989 n. 401 ha introdotto lo specifico reato d'esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa. A più forte ragione, la novella recata dall'art. 37 della l. 23 dicembre 2000 n. 388 all’art. 4 della l. 401/1989, già modificato in altre parti nel corso degli anni’90, ha inteso colpire sia coloro che, senza titolo abilitativo ex art. 88 t.u.l.p.s., svolgano in Italia qualsiasi attività organizzata al fine d’accettare o raccogliere o comunque favorire l'accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettate in Italia o all'estero, sia coloro che effettuino la raccolta o la prenotazione di giocate del lotto, di concorsi pronostici o di scommesse per via telefonica o telematica, ove sprovvisto dell’apposita autorizzazione. In particolare, la norma del 1989, pur senza risultati eccezionali, ha comunque perseguito il fine di una più incisiva repressione delle condotte di corruttela e di frode nello svolgimento di competizioni agonistiche, sovente inquinate dalla presenza di giuochi e scommesse illecite e, quindi, facilmente manipolabili a vantaggio dei criminali organizzatori.
Pertanto, se si tengono sempre presenti tali dati, l'interesse protetto dalle norme di repressione consiste nell'accentuata difesa dell'ordine pubblico, il quale può esser turbato sia da giuochi che, accendendo gli animi, cagionano disordini direttamente incidenti sulla quiete della collettività, sia da flussi di ricchezza coinvolti nei giuochi medesimi e tali da interessare delinquenti o la stessa criminalità organizzata. Insomma, il complesso delle norme nazionali, che in vario modo conformano e reprimono il fenomeno del giuoco illecito, intende rispondere alle esigenze sottese al costante allarme sociale indotto dall'esercizio di scommesse collettive non autorizzate. Quest' ultimo si manifesta, invero, sia nella nociva illusione di facili ma ingannevoli guadagni per i partecipanti, sia nel sempre più presente ruolo della criminalità organizzata che, attraverso questi canali, ha spesso la possibilità di riciclare il frutto di attività illecite o di condizionare l'esito delle manifestazioni cui è legata la scommessa. Né va al riguardo sottaciuto, quale elemento necessario del regime pubblicistico della materia, ancorché di per sé insufficiente a spiegare il fenomeno repressivo, l'interesse fiscale connesso all’organizzazione ed alla gestione dei giuochi de quibus, in considerazione del fatto che i proventi riscossi da quel settore tornano alla collettività confluendo nel bilancio dello Stato oppure finanziando specifici settori o attività degli enti pubblici.
Il mantenimento della riserva ex lege, in soggetta materia, in capo al CONI è stato, da ultimo, confermato dall'art. 14 del Dlg 23 luglio 1999 n. 242, in virtù del quale l’ente, a fini di snellimento burocratico e per una migliore funzionalità, può costituire, previa autorizzazione del vigilante Ministero per i beni e le attività culturali, società di capitali da esso controllate per l'esercizio di specifiche attività economiche o tecnico-economiche inerenti alle proprie funzioni. Dal canto suo, l’art. 13, c. 1 dello Statuto del CONI, dà facoltà all’ente di costituire anche quelle società di capitali con particolare riferimento alla provvista di risorse finanziarie, mantenendovi un controllo a’sensi dell'art. 2359 c.c.
3. – Così chiarito per sommi capi il quadro normativo di riferimento della gara impugnata e dei poteri del CONI in materia, va accolta l’eccezione di tardività del ricorso in epigrafe, relativamente alla proposizione dei motivi aggiunti notificati il 29 marzo 2002 e depositati il successivo 10 aprile.
In particolare, giova rammentare che, con istanza istruttoria depositata il 25 febbraio 2002, la Società ricorrente ha chiesto l’esibizione delle deliberazioni della Giunta esecutiva del CONI n. 780/2001 e del 22 febbraio 2001, della deliberazione del Consiglio nazionale del CONI n. 1121 del 22 giugno 2000 e di tutta la documentazione inerente agli atti di gara. Con ordinanza n. 106 del 7 marzo 2002, notificata a cura della Società ricorrente il successivo giorno 12, il Presidente della Sezione ha ordinato al CONI l’adempimento degli incombenti istruttori richiesti. Poiché, però, l’ ente intimato non aveva ancora adempiuto, la ricorrente stessa ha depositato i citati motivi aggiunti, impugnando la nota n. 16748/2001 del 31 ottobre 2001 (depositata dal CONI agli atti di causa il 12 febbraio 2002, con cui il Capo di gabinetto del Ministero per i beni e le attività culturali ha espresso parere favorevole alla costituzione della citata OMISSIS), nonché la deliberazione consiliare n. 1121/2000.
In tal caso, per entrambi gli atti, depositati dal CONI il 12 febbraio 2002, la Società ricorrente ne ha avuto piena conoscenza sì dopo la proposizione del gravame introduttivo, ma era onerata ad impugnarli, a partire da detto dies a quo, nel rispetto dei termini dimidiati ex art. 4, c. 1, lett. e) della l. 21 luglio 2000 n. 205, trattandosi, nella specie, di una lite afferente alla c.d. “privatizzazione” (parziale) di attività gestorie già pubbliche e ora affidate ad una Società a prevalente capitale pubblico.
4.1. – Il ricorso in epigrafe è poi in parte inammissibile, per i seguenti, distinti ordini di considerazioni.
4.2. – Per quanto attiene, in particolare, alle doglianze rivolte il provvedimento d' indizione di una procedura concorrenziale per la cessione del 49% del capitale sociale della OMISSIS (ora, OMISSIS s.p.a.) è inammissibile, per evidente difetto dell’ interesse azionato, il motivo secondo cui non sarebbe stato assegnato un termine sufficiente per prender parte alla gara (ultima parte del III motivo del ricorso originario). La ricorrente ha dichiarato espressamente di non aver partecipato e di non voler partecipare a detta procedura, di talché nessun’utilità giuridica può essa ritrarre dall'eventuale accoglimento di una censura che concerne le modalità di concreta partecipazione alla gara de qua. Pretestuosa s’appalesa allora la doglianza attorea (cfr. pag. 14 della memoria conclusionale), secondo cui le norme di gara avrebbero di per sé sole impedito, di fatto, alla ricorrente la partecipazione a quest’ultima, giacché essa non ha mai inteso proporre offerta e, grazie a questo, far constare immediatamente la ristrettezza dei tempi all’uopo assegnati. Né varrebbe allora lamentare la pretermissione, a causa di tali tempi così stretti, della chance della ricorrente a proporre un’offerta seria, se, poi, la stessa Società pretende (a torto, come meglio si vedrà appresso, nella disamina delle questioni di merito) d’esser partner paritario e diretto del CONI già in sede di formazione di una Società ad hoc ¾di natura e qualità diverse da quelle previste dall’art. 14 del Dlg 242/1999 per la OMISSIS¾, giacché le due domande, peraltro non indicate con criteri di subordinazione, s’elidono a vicenda.
Osserva altresì il Collegio che l’intenzione di partecipare alla gara, peraltro chiaramente espressa non nel gravame introduttivo, né nelle due serie di motivi aggiunti, ma solo in detta memoria, nei fatti confligge con l’interesse azionato a contestare in radice sia il potere del CONI di godere della riserva ex Dlg 496/1948, sia l'omissione, da parte della Repubblica italiana, dell’adeguamento ai principi comunitari di libera prestazione dei servizi, di libertà di stabilimento e di mutuo riconoscimento nel settore delle scommesse sportive, che è, poi, il fulcro di tutta la causa.
È appena da osservare, comunque, che deve decorrere un termine non inferiore a 37 giorni tra il termine la presentazione delle offerte o delle istanze di partecipazione alla gara e quello di spedizione del bando per la pubblicazione in GUCE, e non già tra detto dies ad quem e la data d’effettiva pubblicazione del bando stesso.
4.3. – Parimenti inammissibile s’appalesa, come rettamente osserva il Ministero intimato, il complesso delle censure proposte contro la determinazione del CONI d’ affidare alla OMISSIS le funzioni d’organizzazione e gestione dei concorsi pronostici e delle scommesse riservate a detto ente.
Di per sé, la statuizione impugnata, ben lungi dall’esser lesiva, ha in realtà carattere favorevole ed ampliativo delle facoltà dei privati, altrimenti conformate in senso negativo dall'accennato quadro normativo di controllo e di conformazione delle attività di giuoco e scommessa. Se si tien fermo tale assetto normativo, allora il procedimento avviato dal CONI consente agli imprenditori privati qualificati ed interessati di svolgere, mercé la partecipazione alla società mista costituita ad hoc, tale attività, in altri termini loro preclusa perché riservata per legge al CONI.
Né, d’altronde, il mero annullamento della gara in questione, non preceduta dalla disapplicazione o dalla declaratoria d’incostituzionalità non solo della riserva ex lege al CONI in soggetta materia, ma anche delle norme penali, gioverebbe alla pretesa attorea, com’è prospettata nella specie.
In realtà, la domanda giudiziale attorea è in parte qua, in tutta evidenza, rivolta a pretendere, attraverso il richiamo invero spregiudicato ai principi di diritto comunitario, il travaso nell’ordinamento nazionale delle regole del diritto inglese sulla libertà d'impresa per i bookmakers. Pertanto, la Società ricorrente intende censurare gli atti impugnati per una ragione che colpisce ab imis il fondamento della riserva ex lege a favore del CONI, perché questa e non tali atti lederebbero il suo (preteso) diritto di svolgere in regime di libera concorrenza le medesime attività oggi riservate al CONI e che saranno svolte dalla OMISSIS. Ora, diversamente da ciò che affermano le parti resistenti, ben può un soggetto censurare, attraverso gli atti che ne eseguano in concreto i dettami, la norma che conformi lesivamente la sua sfera di libertà o d'esercizio delle sue facoltà. È quanto accade nella specie, ove la Società ricorrente si rivolge sì contro le deliberazioni impugnate, ma nella consapevolezza che la limitazione dei suoi diritti d’impresa, libera nel Regno Unito, in Italia deriva non dagli atti del CONI, ma, piuttosto, dalla legge che vieta il libero esercizio privato delle attività di giuoco e scommessa connessi alle competizioni sportive. L’impugnazione, strumentale, degli atti applicativi è di per sé consentita innanzi a questo Giudice, negli ovvi limiti del rispetto del termine decadenziale e della tempestiva censura degli atti immediatamente lesivi, atteso che, qualora la norma presupposta sia in varia guisa caducata, gli atti applicativi, appunto perché in essa trovano la loro fonte di legittimazione, sarebbero travolti anche loro in via automatica. A conclusioni non dissimili, variatis variandis deve il Collegio pervenire quando il ricorrente agisce per far constare, attraverso l’ accertamento dell’illegittimità della scelta della P.A., il proprio interesse all'attuazione di un modello organizzatorio diverso e più conforme alla legge (nella specie, ad un diverso assetto della società mista ex art. 14 del Dlg 242/1999).
Sennonché, per ottenere tali risultati, neppure potrebbe bastare la cancellazione della deliberazione di costituire la OMISSIS e degli atti presupposti (ché ciò, al più, implicherebbe la sola attività di riemanazione), né la disapplicazione dell’art. 14 del Dlg 242/1999 (nel qual caso si ritornerebbe allo statu quo ante, che prevedeva la gestione diretta dell'organizzazione e della gestione di concorsi-pronostici e scommesse da parte del CONI in base all’art. 6 del Dlg 496/1948), né tampoco la cancellazione di detta riserva a favore dell’ente intimato (la cui sola conseguenza sarebbe, a’sensi del precedente art. 1, la gestione diretta di tali organizzazione ed esercizio da parte dello Stato, per il tramite del Ministero dell’economia e delle finanze, che ne ha già la riserva per i giuochi e le scommesse non collegate ad avvenimenti sportivi). Se si verificasse una di queste situazioni, nessun vantaggio o utilità giuridica vi sarebbe in concreto per la Società ricorrente, in quanto non per ciò solo l’attività privata di raccolta di giuochi-pronostici e di scommesse sportive sarebbe libera. Permarrebbero invero intatte non solo le norme repressive dianzi enumerate, ma soprattutto le esigenze di sicurezza e d’integrità delle libertà personali e dei patrimoni che presiedono alla repressione criminale di tali fenomeni.
4.4. – Né basterebbe alla ricorrente, per superare tale impasse, il richiamo ai principi comunitari di libera circolazione delle attività di servizio.
In sostanza, ancor prima che divenire partner paritario del CONI nella gestione delle attività de quibus, la Società ricorrente pretende di svolgerle liberamente ¾ossia in concorrenza con il CONI (ma meglio sarebbe dire: con la Repubblica italiana)¾, perché, in caso contrario, a suo dire ciò concreterebbe una discriminazione basata sulla nazionalità dell’impresa. La ricorrente in ultima analisi mira a liberarsi non della riserva legale del CONI ex art. 6 del Dlg 496/1948, ma del controllo dello Stato-ordinamento sulle scommesse sportive, ossia su vicende che, se fuori dell’àmbito della liceità e di tale controllo repressivo, continuano a destare un attuale e grave allarme sociale. Ebbene, al riguardo già il Collegio dubita che norme positive di diritto comunitario, che andassero in contrario avviso al sistema di protezione penale testé delineato affermando la prevalenza tout court di tale libera circolazione, potrebbero mai incidere l’ordinamento nazionale senza, al contempo, porsi in patente conflitto con valori costituzionali di dignità pari all’art. 11 Cost., che, com’è noto, regola l'inserzione delle norme comunitarie nel diritto italiano e l'adattamento di questo a quelle. A più forte ragione in assenza di queste ultime, il Collegio esclude che il risultato sperato dalla ricorrente, sia conseguibile mediante catene di sillogismi basati su clausole generali, la cui affermazione di partenza, però, è non un principio generale inderogabile di diritto comunitario, bensì un dato di diritto positivo inglese, frutto a sua volta di esperienze sociali non necessariamente comunicabili alla realtà di altri Stati.
Quanto sia specioso l’assunto attoreo, ben si comprende in relazione anzitutto al fatto che la ricorrente ben può (rectius, ben avrebbe potuto, se l’avesse voluto seriamente) partecipare, in piede d’assoluta parità con tutte le altre imprese nazionali ed europee, alla gara per cui è causa, soggiacendo coeteris paribus con queste ultime, al complesso normativo che regola la gara stessa.
In secondo luogo, non può la ricorrente dolersi di una pretesa discriminazione a suo scapito, per il sol fatto che l’ente aggiudicatore e lo Stato italiano non hanno voglia di rinunciare alle proprie norme e d’applicare norme di diritto interno inglese, sì favorevoli alla ricorrente stessa, ma nei cui confronti il diritto comunitario, seppur non ostile, è indifferente in ordine al metodo per raggiungere l’equilibrio tra la libertà di circolazione dei servizi in àmbito comunitario e le esigenze di protezione sociale connesse alla peculiare materia delle scommesse sportive.
Invero, la valutazione della non discriminazione e della libera prestazione dei servizi va effettuata alla stregua delle norme positive e dei principi comunitari o di quelli del diritto interno dello Stato membro in cui l’impresa straniera comunitaria intende agire, specie quando si devono rispettare esigenze inderogabili d’interesse generale. Né va, al riguardo, sottaciuto il diritto positivo comunitario e, in particolare, il combinato disposto dell'art. 43, § 2 (ex 52.2) (sulla libertà di stabilimento, garantita alle condizioni definite dalla legislazione del Paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini) e dell'art. 50, § 2 (ex 60.2) Tratt. UE, in virtù del quale, fermo il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi intracomunitari nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un Paese UE che non sia quello del destinatario della prestazione, il prestatore, per l'esecuzione della sua prestazione, può esercitare a titolo temporaneo la sua attività nel Paese ove la prestazione è fornita, ma alle stesse condizioni imposte da quest’ultimo ai suoi cittadini. Come si vede, in siffatta valutazione non entrano considerazioni basate sul diritto nazionale dell’impresa estera, laddove questo, a sua volta, non ridondi regole e/o principi di diritto internazionale comunemente accettate o di diritto comunitario, ma occorre far riferimento al diritto interno ove l’operatore economico intende agire e, in particolare, al trattamento da costui subito, rispetto a quello riservato ai cittadini. Soprattutto se irriducibili sono le differenze tra il diritto nazionale del prestatore di servizi ed il diritto interno dello Stato membro in cui questi vuol operare, il mero travaso delle norme nazionali di costui si risolverebbe sì in una discriminazione, ma a tutto vantaggio di quest’ultimo che così fruisce delle proprie regole più liberali, a scapito di tutti i suoi concorrenti, che invece s’adeguano al diritto interno. Nella specie, se s’accedesse alla tesi della ricorrente, si perverrebbe alla paradossale situazione, sicuro indice dell’erroneità dell’assunto, per cui essa, portandosi dietro il favorevole regime di diritto interno, sarebbe l’unica impresa a poter operare in Italia in concorrenza con il CONI e senza soggiacere a nessun regime di controllo, o di repressione criminale, cui invece resterebbero soggette tutte le altre imprese del settore.
Non maggior comprensibilità ha l’assunto attoreo, laddove inferisce una discriminazione indiretta, in ragione della nazionalità, dall'affidamento diretto alla OMISSIS delle attività di gestione dei giuochi pronostici e delle scommesse sportive secondo il modello di cui all'art. 14 dei Dlg 242/1999 ed all'art. 13 dello Statuto CONI. Infatti, il modello in questione impedisce sì, come asserisce la ricorrente, ai soggetti ed alle imprese, di proprietà pubblica o privata, di conseguire il controllo proprietario, solitario o congiunto, dell'impresa affidataria. Ma tale risultato è paritario nei riguardi di tutti i soggetti, appartengano, o no all’Italia o agli altri Stati membri, di talché, se discriminazione vi fosse, colpirebbe indistintamente chicchessia. Aldilà di tali considerazioni per absurdum, non è chi non veda come l’asserzione attorea si risolve in una mera petizione di principio, atteso che le regole di partecipazione alla OMISSIS si rivolgono a qualunque impresa, purché qualificata, del settore, la nazionalità essendo al riguardo irrilevante. Se poi l’effetto discriminatorio si vuol far discendere dalla riserva ex Dlg 496/1948, vero e proprio presupposto del mantenimento in capo al CONI della maggioranza del capitale della OMISSIS, allora dovrebbe la ricorrente dimostrare che questo e solo quest’assetto è incompatibile con la libera circolazione dei servizi, mentre, come s’è visto, il diritto comunitario non esclude che il contemperamento di tutti gli interessi in soggetta materia spetti al legislatore nazionale, con l'ovvio rispetto dei principi di proporzionalità e d’adeguatezza delle misure assunte.
4.5. – Neppure la giurisprudenza comunitaria, ancorché invocata dalla ricorrente, sarebbe in grado d’aggirare il sistema di protezione penale posto contro l’esercizio privato ed abusivo delle attività in argomento, ché, anzi, in assenza di norme positive sul punto, non va sottaciuto che, nei riguardi di queste ultime, gli Stati membri dell’ UE hanno il potere di definire le esigenze di tutela in soggetta materia, ad essi spettando la scelta di vietare o limitare giuochi e lotterie, purché con misure non discriminatorie verso i servizi provenienti da altri Stati membri.
Le attività inerenti a giuochi e scommesse hanno senz’altro natura economica, in particolare d’attività di servizio ¾in quanto sono preordinate alla produzione di un profitto e, perciò, soggiacciono all'art. 49 (ex 59) del Tratt. UE¾, ma tale loro qualificazione non esclude la compatibilità con i principi comunitari della norma nazionale che ponga restrizioni in materia di giochi d'azzardo, poste a tutela dei valori indicati dal precedente art. 46 (ex 56) (ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, o motivi imperativi connessi all’interesse generale). La ragione di ciò risiede essenzialmente nel fatto che la prevenzione dei reati e delle conseguenze sociali nocive di tali attività rientrano nel novero degli scopi, che giustificano limitazioni anche penetranti, fino all’imposizione di divieti, alla libera prestazione dei servizi, alla luce dei valori sottesi all'art. 49 (ex 59) Tratt. UE (cfr. C. giust. CE, 24 marzo 1994, C. – 275/92, Schindler), negli ovvi limiti della proporzionalità e dell’adeguatezza della misura adottata rispetto all'obiettivo perseguito. A ciò fa eco la comunicazione interpretativa della Commissione n. 93/C/334/03 (in GUCE n. 334/93 del 9 dicembre 1993), avente ad oggetto la libera circolazione dei servizi, che considera compatibili con il diritto comunitario le norme nazionali restrittive di detta circolazione, giustificate in base ad esigenze imperative d’interesse generale o connesse all'ordine generale nel settore d'attività considerato, tali essendo non solo quelle ex art. 46 Tratt., ma anche tutte le altre comunque menzionate in altri articoli del Trattato stesso, riguardanti in particolare la moralità pubblica. Del pari, intervenendo sulla riserva di enti italiani del diritto d'esercitare scommesse su eventi sportivi all’estero, la Corte di giustizia CE (cfr. C. giust. CE, 21 ottobre 1999, C. – 67/98, Zenatti) ha stabilito che le norme del Trattato sulla libera prestazione dei servizi non ostano alla normativa nazionale che pone la riserva de qua, ove la relativa disciplina sia effettivamente giustificata da obiettivi di politica sociale tendenti a limitare gli effetti nocivi di tali attività e ove le restrizioni da essa imposte non siano sproporzionate rispetto a tali obiettivi.
Come si vede, il rapporto logico-giuridico, esistente tra i principi di libera circolazione dei servizi e di non nocività degli effetti di questi ultimi sugli interessi generali, va inteso non come regola e, rispettivamente, eccezione, sicché le misure restrittive, basate sui valori ex art. 46 Tratt. o mossi da motivi imperativi connessi a tali interessi generali, debbano esser considerate a guisa di norme eccezionali e, quindi, di stretta interpretazione. In realtà, i due gruppi di norme vanno interpretate ed usate in concreto nel senso del loro reciproco completamento e della reciproca interferenza dei due principi, entrambi basati su valori comuni, di talché, se le misure sono adeguate e commisurate al fine, non scontano limiti neppure all’interpretazione estensiva ed analogica. Da ciò discende che, pur nei limiti del rispetto di criteri di proporzionalità e ragionevolezza ¾cui la misura derogatoria e/o repressiva deve pur sempre ispirarsi¾, queste ultime vanno intese ed adoperate come regole integrative ed adattative al caso concreto di quelle sulla libera prestazione dei servizi, affinché le seconde non prevarichino i valori sottesi alle prime e sia realizzata di volta in volta l’equo contemperamento degli interessi, di qualità e natura paritarie, che ciascuna di esse esprime nell’unità dell’ordinamento.
Si può altresì osservare che la giurisprudenza comunitaria, anche quella da ultimo richiamata, reputa la normativa italiana di settore a guisa di razionale ed equilibrato modello di limitazione della libertà d’impresa nel settore stesso, considerando i suoi effetti potenzialmente nocivi e non ravvisando in essa alcuna sproporzione rispetto agli obbiettivi di politica sociale da raggiungere.
4.6. – Ancora inammissibile è l’impugnazione, per manifesta assenza dell'attualità della temuta lesione (giacché la norma non è ancora entrata in vigore), della bozza di convenzione che regolerà i rapporti tra il CONI e la OMISSIS, nella parte in cui a tal ente è consentito d’affidare nuovi servizi a quest’ultima (seconda parte del primo motivo d’impugnazione). Si tratta, invero, non solo del riferimento ad eventi futuri ed incerti, ma soprattutto di una previsione contrattuale di per sé non illegittima, perché relativa solo a quegli altri eventuali servizi del CONI, ad esso comunque riservati ex lege e che, quindi, ben possono seguire il medesimo regime di quelli per cui è causa, ossia il sistema d’affidamento in gestione a società miste, negli ovvi limiti dei principi di trasparenza e di non discriminazione. Qualora si verificassero violazioni di questi ultimi, ciò implicherebbe al più l'illegittimità degli atti d’attuazione, con i quali i nuovi servizi vengano affidati, non già l'invalidità della clausola generale che consente ulteriori affidamenti.
5.1. – Nel merito, si può prescindere da ogn’altra considerazione sull'ammissibilità della restante parte della domanda attorea, in quanto quest’ultima non ha pregio e va integralmente rigettata, per le ragioni di cui appresso.
5.2. – Con il primo mezzo di gravame ¾nella parte non già dichiarata inammissibile¾, la Società ricorrente si duole essenzialmente della violazione dei principi di diritto comunitario in tema di concessioni e di parità di trattamento tra l'impresa pubblica e quella privata, essendo, a suo dire, illegittima la volontà del CONI d’affidare alla OMISSIS, società a prevalente capitale pubblico, l’organizzazione e la gestione dei giuochi e delle scommesse ad esso riservati, a preferenza delle imprese private.
Il motivo è infondato e va respinto.
L’assunto della ricorrente muove dall’erronea considerazione che il regime delle attività inerenti alle scommesse sportive, ancor oggi nella riserva legale del CONI e, come s’è visto, penalmente protette, siano invece libere, cioè non di per sé penalmente rilevanti. Se così fosse, avrebbe senso il richiamo attoreo alla comunicazione interpretativa sulle concessioni in diritto comunitario n. CE/200V, adottata dalla Commissione UE (in GUCE, n. C-121 del 29 aprile 2000), per cui contrastano con il Trattato UE e con il principio di parità di trattamento, tra le altre, le disposizioni che riservano,senza previo espletamento di una gara, determinati contratti pubblici alle società a prevalente o totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, anche in relazione all'art. 295 (ex 222) Tratt., che sancisce la neutralità dei regimi proprietari e, di conseguenza, vieta privilegi esclusivi a favore dell'impresa pubblica. Poiché nella specie così non è, il parere espresso dalla Commissione UE, di per sé condivisibile, non ha senso, in quanto anzitutto l'affidamento del servizio alla OMISSIS non abbisogna né di gara concorrenziale, né di concessione ad hoc, essendo già previsto e disciplinato dall’art. 14 del Dlg 242/1999, nel senso che essa descrive uno dei possibili mezzi organizzativi attraverso cui il CONI esercita le proprie competenze riservate ex art. 6 del Dlg 496/1948. In tal caso, il conferimento del CONI del proprio ramo di funzioni alla OMISSIS stessa, ben lungi dal configurare una concessione traslativa, si manifesta come esercizio di una facoltà autoorganizzatoria che la legge ha attribuito all’ente per l’ottimizzazione dei risultati della gestione di dette funzioni. Da ciò discende che la OMISSIS non è che un’articolazione organizzativa autonoma dello stesso CONI, che agisce spendendo i poteri pubblici sottesi alla riserva ex art. 6 del Dlg 496 /1948 e, in virtù di ciò, ripete le proprie attribuzioni e le proprie competenze direttamente dalla legge, senz’uopo dell’intermediazione di qualsivoglia atto.
Non a caso l’art. 14 del Dlg 242/1999 non consente che la partecipazione privata minoritaria, in quanto la riserva del 51 % delle quote al CONI, oltre ad esser anch'essa prevista dalla legge, tende ad assicurare il reale ed inalienabile controllo pubblicistico non tanto o non solo sulla OMISSIS, ma sulla conduzione delle scommesse sportive nell’alveo della legalità e della riserva statale ex art. 1 del Dlg 496/1948. Non a caso, la OMISSIS, acquisendo funzioni pubbliche, diviene organismo di diritto pubblico e, per l’effetto, la scelta del socio privato non può esser effettuata se non in esito ad una gara ad evidenza pubblica (nella specie, quella per cui è causa), con una procedura assimilata all’appalto-concorso, in analogia a quanto stabilito dal DPR 16 settembre 1996 n. 533 per la scelta del socio privato delle società miste degli enti locali.
5.3. – Parimenti da respingere è il quarto motivo di ricorso, con cui la OMISSIS Ltd. lamenta la violazione del principio comunitario di proporzionalità, perché non è stata utilizzata la procedura ad evidenza pubblica per la scelta dell'affidatario dei singoli servizi, è stato fissato un termine eccessivo dell'affidamento (15 anni, con possibilità di rinnovo), è stato previsto un rinnovo automatico ed è stata affidata ad un unico soggetto la gestione di più giuochi già affidati al CONI.
Quanto alla procedura di costituzione della OMISSIS, il Collegio ha già espresso supra il proprio avviso, concludendo per la non necessità di un affidamento di funzioni dell’ente, che esso continua a svolgere sì in una nuova forma organizzativa, ma così espressamente prevista da un atto-fonte di forza pari a quello che, a suo tempo, previde la riserva legale del CONI stesso in soggetta materia. In questa sede, reputa il Collegio opportuno aggiungere che, diversamente da quanto pina la ricorrente e seguendo proprio il suo ragionamento, appunto perché la OMISSIS è un organismo di diritto pubblico è stato possibile il conferimento diretto, da parte del CONI, dei servizi de quibus senza previo esperimento di una gara ad evidenza pubblica. Non sfugge al Collegio che la OMISSIS, pur se costituita in forma di s.p.a. a prevalente capitale pubblico, è un’impresa commerciale con scopo di lucro, ma ciò non toglie che i compiti assegnatigli afferiscono a funzioni pubbliche, ancorché economicamente rilevanti e, pertanto, non solo la scelta del socio privato, ma pure l’affidamento a terzi di attività aziendali soggiace alle regole dell’evidenza pubblica. Né il Collegio fa fatica a riconoscere al CONI, più che la natura d’impresa pubblica e/o d’impresa cui sono riconosciuti diritti speciali od esclusivi (come si sforza la ricorrente di dimostrare: cfr. pagg. 40 e ss. del ricorso introduttivo), quella di vero e proprio ente pubblico non economico, svolgente, in soggetta materia, le pubbliche funzioni statali commessegli dall’art. 6 del Dlg 496/1948 per l’organizzazione e l’esercizio dell'intero comparto dei giuochi e delle scommesse sugli eventi sportivi non ippici, a loro volta concedibili a terzi in base all’art. 3, commi 229 e 230 della l. 549/1995. Neppure il Collegio può negare la natura economica delle scommesse sportive ¾tanto rilevante da esser un’attività assai appetitosa per la criminalità organizzata, italiana e non¾, ma tale attività non è “normale”, non nel senso, perlomeno, inteso dalla ricorrente, giacché, in assenza di regolazione comunitaria, non è indifferente al legislatore nazionale la natura pubblica o privata del soggetto chiamato a svolgerla, onde ogni richiamo sul punto all’art. 295 (ex 222) è irrilevante.
Per ciò che attiene, poi, alla durata dell’affidamento, la ricorrente si limita ad asserire una mera petizione di principio, quella, cioè, secondo cui tale durata sarebbe eccessiva e non commisurata all’ammortamento degli investimenti ed all’equa remunerazione del capitale, senza, però, fornire alcun serio principio di prova in ordine sia alla misura di tal equità, sia, soprattutto, al tempo effettivamente necessario per coprire i costi d’impianto e di funzionamento della OMISSIS.
Relativamente al rinnovo dell’affidamento, questo è sì previsto a priori, ma come facoltà e non in via automatica e senza possibilità di riscontri oggettivi.
Infine, non maggior pregio ha l’assunto attoreo circa la scelta d'affidare ad un unico soggetto la gestione di più giuochi. Invero, a fronte delle evidenti economie di scala sottese a tale scelta ¾specie se si considera la natura omogenea degli stessi e la loro riferibilità agli avvenimenti sportivi del giuoco del calcio¾, la ricorrente si limita a descrivere tale vicenda, senza neppur tentare di dimostrare la poca trasparenza o l’inadeguatezza della statuizione impugnata rispetto all’obbiettivo. Né la scelta stessa realizza una nociva pratica legante (c.d. bundling), in quanto, nella specie, non è che il CONI sfrutti una propria forza dominante per imporre l'affidamento congiunto di cinque diverse tipologie di giuoco, ma è la natura stessa di questi ultimi se non ad imporre, certo a suggerire, per la massimizzazione degli interessi finanziari dell’ente ¾che muovono la facoltà a quest’ultimo attribuita dall’art. 14 del Dlg 242/1999¾, di non affidarli separatamente. Inoltre, la ricorrente asserisce, ma non dimostra, con rigore argomentativi ed aldilà della copiosa citazione di giurisprudenza comunitaria, la ragione per cui, in concreto ¾con riguardo, cioè, all’effettivo stato di gestione dei giuochi in questione¾, l’affidamento disgiunto di questi ultimi dovrebbe determinare effetti meno restrittivi della concorrenza e maggiori utilità per lo stesso CONI e per l’interesse pubblico, ché, anzi, l’uso del termine «verosimilmente» da parte della ricorrente dimostra che essa ha formulato una mera ipotesi e non un argomento basato su seri principi di prova.
5.4. – Passando all’esame del quinto, articolato motivo di gravame, le brevi considerazioni fin qui accennate consentono al Collegio di concludere che non sussiste la lamentata violazione dei principi comunitari in tema di concorrenza, commessa, a dire della ricorrente, perché il CONI avrebbe abusato della sua posizione dominante sul mercato relativo.
Ora, è noto che, in base al combinato disposto degli artt. 82 (ex 86, in materia di posizione dominante) e 86 (ex 90, in materia di regole sulla concorrenza applicabili alle imprese) Tratt. UE, sono sempre illecite le misure di Stato (leggi, regolamenti, atti amministrativi, ecc.) atte a creare o consolidare, a vantaggio di un'impresa pubblica, una situazione di dominanza su un mercato di riferimento dato, in quanto di per sé suscettibili d’indurre la beneficiaria ad abusare della propria forza. Nondimeno, tale c.d. abuso “inevitabile” non è di per sé solo connesso alla creazione di una posizione dominante mercé l'attribuzione di diritti speciali o esclusivi in capo ad un ente o un’impresa pubblici, verificandosi, piuttosto, nel caso in cui questi ultimi siano necessariamente indotti ad abusare della posizione stessa. Ebbene, la riserva legale a favore del CONI non è altro da sé, ma è la specificazione, connessa agli avvenimenti sportivi cui le scommesse si riferiscono, di quella che l’art. 1 del Dlg 496/1948 attribuisce direttamente alla Repubblica, onde il mercato delle scommesse è non una situazione meramente economica in varia guisa eterodiretta o dominata dal pubblico potere ¾tale, quindi, da rarefare o da escludere ogni possibile concorrenza¾, bensì una vicenda intersecata da aspetti che destano grave allarme sociale e la cui stringente regolazione risponde ad ineludibili interessi generali, allo stato non risolubili in altro modo. Pertanto, nella specie, si tratta di un mercato ove il conflitto degli interessi in gioco non può esser lasciato alla libera determinazione della massima concorrenza possibile, ma dev’esser regolato direttamente dal pubblico potere per le implicazioni non strettamente imprenditoriali che esso ha nel corpo sociale, tali da giustificare ictu oculi l’esistenza e la permanenza, più che di diritti speciali od esclusivi, del diretto controllo pubblico, se del caso mediante forme di repressione penale.
Del pari, è vero che l'estensione di un monopolio o di una riserva legale ad un mercato contiguo, distinto da quello originario, è di per sé preclusa dalle citate norme del Trattato UE, ma è altrettanto indubbio che la vicenda abusiva si verifica non ex se, bensì ogni qualvolta non sia oggettivamente giustificata da peculiari e prevalenti interessi generali. Siffatta preclusione implica solo l’inversione dell’onere della prova ¾nel senso, cioè, che in tal ipotesi non è necessario provare che un abuso è stato effettivamente commesso¾, non già la fictio juris dell’abuso stesso, qualora si dimostri la prevalenza di peculiari interessi generali, che non giustifichino in concreto e rebus sic stantibus l’aumento della concorrenza nel mercato contiguo. Pertanto, già il Collegio esclude in radice che, in capo al CONI, si verifichi, per il sol fatto della riserva ex Dlg 496/1948, una posizione dominante simile all’impresa monopolista, con conseguente rarefazione della concorrenza e, quindi, con l’impossibilità per altri soggetti di competere con esso sul mercato rilevante delle scommesse sportive, posto che è l’ordinamento generale che, a tutela di preminenti interessi generali e di protezione sociale, esclude a priori ogni concorrenza, perché di per sé penalmente illecita. Invero, se si riguarda ai poteri del CONI in soggetta materia ed alla costituzione della OMISSIS, l'esistenza e l’estensione del monopolio o della riserva legali, ammesso, per puro amore d’ipotesi, che questa sia la vicenda verificatasi, non incide su una situazione già alterata dalla pregressa posizione dominante ¾che implica, dunque, la sottrazione alla concorrenza di ulteriori spazi¾, ma ribadisce il sistema di protezione di valori forti e di soggetti altrimenti indifesi, posto ab origine dalla riserva e messo in pericolo dall’eventuale estensione della concorrenza.
Non nega il Collegio che costituisce abuso ex art. 86 Tratt. UE il fatto che l'impresa, che detiene una posizione dominante su un determinato mercato, si riservi senza necessità obiettiva un'attività ausiliaria che potrebbe esser svolta da un’impresa terza, nell'ambito delle sue attività su un mercato vicino, ma distinto (cfr. C. giust. CE, C- 475/99, Firma Ambulanza Glöckner). Come si vede, però, la giurisprudenza ed i principi comunitari in tema di concorrenza ritengono abusive solo quelle pratiche commerciali che non si basino su esigenze oggettive, tali da escludere allo stato ogni altra soluzione, solo in mancanza delle quali sussistendo il rischio d’eliminare qualsiasi concorrenza da parte di detta impresa.
5.5. – Da rigettare è pure il sesto motivo d’impugnazione, avente ad oggetto la pretesa violazione della Dir. n. 2000/52/CE in materia di trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche.
Sul punto, afferma la ricorrente che le sovvenzioni, che il CONI riceve per il perseguimento dei propri fini istituzionali, potrebbero esser indebitamente impiegati per finanziare l'attività economica della OMISSIS. Non può il Collegio non condividere integralmente l’opinione formulata al riguardo dalle Amministrazioni resistenti, secondo cui tale tesi attorea è, al contempo, non dimostrata ed erronea. È non dimostrata, giacché la ricorrente non trova altri argomenti probanti che le difficoltà finanziarie dell’ente, il quale, proprio per questa ragione, deve rinvenire i mezzi di finanziamento più acconci per garantire l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, la preparazione degli atleti, l'approntamento dei mezzi per la partecipazione alle Olimpiadi e alle altre manifestazioni sportive nazionali e internazionali finalizzate alla preparazione olimpica, non potendo più bastare né la sovvenzione a carico del Tesoro dello Stato, né tampoco la raccolta delle scommesse sportive con i vecchi apparati. È erronea perché, ben lungi dal distrarre risorse finanziarie dai fini istituzionali del CONI, la OMISSIS gli procurerà nuove e più certe entrate, rispetto all’attuale remunerazione ritratta dalla gestione dei giuochi de quibus, appunto grazie all’apporto imprenditoriale ed unitario e della cospicua percentuale sull'importo giocato, che detta Società intende garantirgli, in base al piano industriale all’uopo predisposto.
5.6. – Manifestamente infondata è la questione di legittimità costituzionale per eccesso e indeterminatezza della delega legislativa, posta dall’ottavo motivo di ricorso nei confronti dell'art. 14 del Dlg 242/1999, che consente d’attribuire ad una società mista la gestione dei concorsi e delle scommesse riservate al CONI.
Che quest’ultimo sia un ente pubblico non economico di diritto italiano, non v’è dubbio alcuno, come ben evincesi dall’inequivoco dato testuale della l. 16 febbraio 1942 n. 426. La circostanza che, per le funzioni meramente sportivo-agonistiche connesse alla preparazione dei Giochi olimpici, il CONI risponda anche al Comitato olimpico internazionale e, quindi, s’inserisca nell’ordinamento sportivo internazionale, non solo non incide nella sua natura di ente parastatale, ma soprattutto non ne muta la soggezione alle regole del diritto interno, essendo il CONI l’articolazione funzionale dello Stato-persona specificamente preposto dalla legge italiana alla gestione dello sport nazionale e della partecipazione dell’Italia alle Olimpiadi ed alle manifestazioni connesse. Inoltre, la funzione tutoria del Ministero per i beni e le attività culturali sull’ente, anche in ordine alla costituzione delle società ex art. 14 del Dlg 242/1999, ben lungi dal costituire un eccesso o un prolungamento indefinito della delega legislativa, attengono esclusivamente alla fase amministrativa successiva all’esercizio di questa e, quindi, non sono vicende ad essa inerenti.
Speciosa è poi la doglianza attorea sull’estensione di oggetti e figure soggettive, attuata dal Dlg 242/1999 in violazione della delega stessa. Questa riguarda il riordino ed il miglioramento dell’organizzazione degli enti parastatali, impregiudicate rimanendone le funzioni loro attribuite dalle leggi istitutive. In quest’ottica, la facoltà d'istituire una società quale articolazione organizzativa dell’ente è non un quid novi soggettivo, bensì uno dei possibili metodi che l’ente può usare per meglio dislocare le proprie competenze. Pertanto, in nulla detta facoltà realmente innova rispetto all’ assetto tradizionale dei poteri dell’ente, se, come nella specie, la OMISSIS opera nell’ àmbito ed in stretta esecuzione dei compiti istituzionali che la legge ha affidato al CONI stesso.
Manifestamente infondata è, infine, la pretesa violazione, formulata con il nono motivo d’impugnazione, dell'art. 11 Cost., per effetto della violazione dei principi di diritto comunitario via via invocati dalla Società ricorrente nei motivi precedenti, trattandosi della mera ripetizione delle doglianze già formulate.
6. – Con i secondi motivi aggiunti, notificati il 9 aprile 2002 e depositati il successivo giorno 12, la Società ricorrente impugna le deliberazioni giuntali n. 780/2001 e del 22 febbraio 2001, la deliberazione consiliare n. 1121 del 22 giugno 2000 e la documentazione inerente agli atti di gara, richiesti al CONI in forza dell’ordinanza presidenziale istruttoria n. 106 del 7 marzo 2002.
Anche le doglianze formulate con tali nuovi motivi aggiunti sono del tutto prive di pregio e da disattendere.
In particolare, è infondata la pretesa illegittimità degli atti così impugnati, in via derivata da quella degli atti gravati con il ricorso originario, essendo già state tutte respinte o dichiarate inammissibili le domande poste con quest’ultima. Parimenti va disattesa la pretesa illegittimità della nota n. 24960, emessa dal Ministero per i beni e le attività culturali il 30 novembre 2000, in quanto l’autorizzazione ministeriale è stata rilasciata e, peraltro, trattandosi di visto favorevole, non sussiste un autonomo interesse ad impugnarlo rispetto agli atti approvati. Manifestamente infondata è la pretesa illegittima omissione, da parte del Ministro, dei suoi poteri di vigilanza sul CONI, in relazione alla non riscontrata illegittimità degli atti di gara, essendo questi ultimi, come s’è visto, immuni dai vizi denunciati.
7. – Il ricorso in epigrafe va, quindi, in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto, ma la novità e la complessità della questione e giusti motivi suggeriscono l' integrale compensazione, tra tutte le parti costituite, delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. 3°-ter, in parte dichiara inammissibile il ricorso n. 696/2002 in epigrafe e lo respinge per la restante parte.
Spese compensate.
Ordina all’Autorità amministrativa di eseguire la presente sentenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 2 maggio 2002.