T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 9547/2011

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. (…) –R.G. proposto dai sgg. Ri OMISSIS, tutti rappresentati e difesi dagli avv. C. Fioretto e S. Fiore , presso il cui studio in Roma, via Lucrezio Caro n.12, sono elettivamente domiciliati;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;

per l'annullamento

dei decreti del Questore di Roma in data 18.12.2007 n. 2007000386, n. 2007000388 e n. 2007000394, tutti successivamente notificati.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2011 il dott. Pietro Morabito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Espongono in fatto i ricorrenti:

- che il giorno 08.12.2007, a conclusione della partita di calcio Lazio – Catania svoltasi presso lo stadio Olimpico della Capitale, essi venivano fermati all’uscita dello stadio da operatori della P.S. cui fornivano le proprie generalità e quindi, di seguito, si allontanavano dal luogo;

- che in data 22.12.2007 veniva, a ciascuno di loro, notificato il decreto col quale il Questore di Roma gli vietava, ai sensi dell’art.6 della legge n.401 del 1989 ( e successive mm. ed ii.), di accedere, per anni due, a tutte le competizioni calcistiche, professionali e/o amichevoli, nazionali ed internazionali, tenute dalla squadra di calcio “Lazio”: divieto che è stato esteso anche ai luoghi deputati alla sosta, al transito ed al trasporto dei tifosi, nei giorni in cui si svolgono le medesime competizioni sportive. Contestualmente è stato prescritto a ciascuno dei ricorrenti di presentarsi al Commissariato della P.S. indicato nei provvedimenti de quibus ove sono anche specificate le modalità e gli orari funzionali al rispetto di tale prescrizione;

- che nessuno di tali provvedimenti è stato convalidato dal G.i.p. competente.

Col ricorso in epigrafe sono stati, pertanto,dedotti i seguenti motivi di censura:

a) violazione dell’art. 6 della legge n.401 del 1989 e successive mm. ed ii.;

b) illogicità ed abnormità del provvedimento; violazione dell’art.16 della Costituzione;

c) mancanza dei presupposti normativi;

d) violazione degli artt.7 e 8 della legge n.241 del 1990;

e) eccesso di potere per difetto di istruttoria.

L’intimata amministrazione, costituitasi in giudizio per il tramite del Pubblico Patrocinio, ha prodotto articolata nota contro deduttiva con cui contesta le deduzioni avversarie.

Nella camera di consiglio del 17.4.2008, la Sezione ha respinto l’istanza di sospensione interinale degli effetti derivanti dai provvedimenti avversati, con propria Ord. n.2093/2008 che, dagli atti di causa e da indagine svolta sul sito Intranet della G.A., non risulta essere stata appellata.

In data 30.3.2009 i ricorrenti hanno depositato istanza per la sollecita definizione del merito del gravame: istanza in cui rappresentano:

- che i provvedimenti del Gip, con i quali sono stati, a suo tempo, convalidati i provvedimenti oggetto di impugnativa, sono stati annullati dalla Corte di Cassazione;

- che anche i procedimenti penali avviati nei loro confronti per fatti commessi a causa del predetto incontro di calcio sono stati archiviati.

All’udienza del 24.11.2011 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.

DIRITTO

I)- La descrizione dei fatti originatori della corrente controversia, così come prospettata dai ricorrenti e sintetizzata in narrativa, non è puntuale.

In primo luogo, come già sopra evidenziato, i provvedimenti del Questore sono stati convalidati dal G.i.p. in data 24.12.2007; e tanto a prescindere dal fatto che, tutte e tre le Ordinanze di convalida, sono state in seguito (con sentenze della Suprema Corte depositate il 04.3.2009) annullate per difetto di motivazione.

La descrizione fornita dai ricorrenti è, altresì, imprecisa laddove lascia intendere che fra la data della loro identificazione (avvenuta il giorno 8.12.2007) e quella (22.12.2007) di notificazione dei provvedimenti interdittivi del Questore di Roma, non sarebbero accadute altre circostanze di rilievo. E, difatti, essi sono stati tutti convocati per il giorno 10.12.2007 presso il Commissariato della P.S. “Prati” ove sono state loro contestate le violazioni commesse ed, in particolare, la contravvenzione al Reg. to d’Uso dello stadio “Olimpico” “secondo il quale è vietata qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica o religiosa ovvero altre manifestazioni d’intolleranza”. Ciascuno dei verbali di contestazione, elevati nei confronti dei ricorrenti, specifica che:

- ciascuno di loro “si intratteneva all’interno delle graduatorie della Curva nord, nonostante la partita fosse terminata ed il pubblico uscito dall’impianto sportivo, ad inneggiare cori di intolleranza nei confronti delle Forze dell’Ordine e delle Istituzioni nonché esaltare pubblicamente esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo come documentato da ripresa videografica”;

- nessuno di loro, in sede di contestazione della predetta violazione “ha avuto nulla da dichiarare”.

Dunque i fatti addebitati ai ricorrenti riguardano l’intonazione di cori di espressa pubblica manifestazione di dispregio per le Istituzioni pubbliche rappresentate dalle Forze dell’Ordine, e di esaltazione del (fu) capo del partito fascista, mostrando in tal modo da parte degli autori stessi – come anche convenuto in sede processuale dai Sostituti Procuratori della Repubblica che, in successiva data, hanno proposto l’archiviazione del procedimento penale nei loro confronti intentato- “di legittimare l’uso della violenza nei confronti delle Istituzioni medesime, rivendicando una sorta di autonomia dalle stesse sul territorio stadio”: fatti questi verificatisi all’interno dell’impianto sportivo “Olimpico” (ove sono stati accertati tramite ripresa videografica), anche se i rispettivi autori sono stati poi formalmente identificati all’uscita dello stesso sito.

Quindi i ricorrenti:

a) sono stati, l’8.12.2007, identificati tramite ripresa videografica e, all’uscita dello Stadio, fermati da operatori di p.g. cui hanno fornitole loro generalità;

b) sono stati, il 10.12.2007, convocati presso il Commissariato “Prati” ed ivi contravvenzionati per violazione del Reg. to per l’Uso dello Stadio Olimpico;

c) sono stati, il 12.12.2007, denunciati alla Procura della Repubblica per la violazione degli art. 2 e 4 del d.l. n.122/1993, convertito nella legge n.205/1993;

d) sono stati interdetti dall’accesso alle manifestazioni sportive sopra ricordate con i provvedimenti del Questore oggetto della corrente impugnativa, loro notificati il 22.12.2007.

II)- Si può ora procedere allo scrutinio dei profili di merito del gravame.

II.1)- In questo contesto, logicamente, va riservata precedenza di trattazione alla doglianza collocata sotto il quarto mezzo con la quale si deduce la violazione degli artt. 7 e seguenti della legge n.241 del 1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento ultimatosi col provvedimento del Questore di Roma impugnato.

L’infondatezza della censura trae conforto e supporto in un pacifico indirizzo giurisprudenziale di pensiero a mente del quale l'art. 6 comma 1 l. 13 dicembre 1989 n. 401 attribuisce al Questore il potere di inibire immediatamente l'accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche e a quelli interessati alla sosta ed al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni stesse, a chi sia risultato coinvolto in episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive con l'adozione di un provvedimento che, mirando alla più efficace tutela dell'ordine pubblico e ad evitare la reiterazione dei comportamenti vietati, non deve essere neppure preceduto necessariamente dall'avviso di avvio del procedimento (ex multis Cons. St. VI^ sez 02.5.2011 n.2569; n. 3468 dell’8 giugno 2009; 16 ottobre 2006 n. 6128; 15 giugno 2006 n. 3532; sulla celerità della misura de qua cfr. altresì, C.cle n.144 del 1997).

II.2)- La prima, terza e quinta delle censure, presentando più elementi di continuità, sono trattabili congiuntamente.

Assumono i ricorrenti che essi sono stati identificati solo all’esterno dello stadio e che la misura interdittiva loro irrogata dal Questore non è stata preceduta dalla denuncia ovvero dalla condanna per uno dei reati indicati nel comma 1 dell’art.6: eventi questi che si pongono in rapporto di presupposizione col provvedimento impugnato e la cui omissione ne cagiona la relativa invalidità.

Quanto al fatto che gli interessati siano stati identificati (mediante richiesta dei documenti contenenti le relative generalità) all’esterno dello Stadio, trattasi di circostanza del tutto irrilevante ai fini provvedimento impugnato che ha riguardo a fatti accertati, e documentati, quali accaduti all’interno dello Stadio. E tanto a prescindere dalla circostanza che la norma dell’art.6 consente il ricorso alle misure interdittive in presenza di condotte poste in essere “in occasione o a causa di manifestazioni sportive” E’ dunque detta relazione che ne legittima l’applicazione e non la circostanza che la condotta sia stata consumata all’interno od all’esterno dell’impianto sportivo.

L’ulteriore profilo di doglianza è più delicato. Invero la tesi che i ricorrenti sostengono, - secondo la quale per l’applicazione della misura di prevenzione in argomento è necessario che i fatti accertati abbiano formato, quantomeno, oggetto di preventiva denunzia alla autorità giudiziaria – è condivisa da un orientamento giurisprudenziale c.d. minoritario (cfr., Cons. St. Sez. IV, 21 giugno 2005 n. 3245; idem 2 maggio 2011 n. 2573 nonché n. 2572 del 1.5.11). A tale orientamento si contrappone altro, e condivisibile secondo la Sezione, indirizzo di pensiero secondo il quale l’art.6, 1° comma citato attribuisce al Questore un potere interdittivo, esercitabile nei confronti di chiunque, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, tenga una condotta violenta o, comunque, tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica. Tale potere si connota di un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto, in vista della tutela dell'ordine pubblico, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in via preventiva e in caso di pericolo anche solo potenziale di lesione. Il fine è, infatti, la tutela dell'ordine pubblico, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione, sicché si tratta di un potere attribuito anche con fini di prevenzione della commissione di illeciti, tenuto conto della diffusività del fenomeno relativo alle violenze negli stadi di calcio e della necessità di approntare, anche sul piano normativo, rimedi efficaci, per cui la misura del divieto di accesso ad impianti sportivi può essere disposta non solo in caso di accertata lesione, ma anche nel caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, ascrivibile, magari, a semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo (cfr., Cons. St. n5886 del 2011, n.9074 del 2010; nn.7618 e 5381 del 2006; Tar CZ, n.301 del 2011).

E difatti la norma dell’art.6 citato trova applicazione non solo nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati indicati al comma 1; ma, altresì, trova applicazione, nei confronti di coloro che in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, abbiano inneggiato o indotto alla violenza; e dunque, in queste ultime evenienze, la legittima adozione della misura di prevenzione prescinde dalla preventiva denuncia all’A.g.o. avendo come fine, per quanto dianzi detto, il pericolo di lesione dell'ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo (si ved. Cons. St. n.9074 del 2010 che chiarisce che tale misura, quindi, non richiede un oggettivo ed accertato fatto specifico di violenza, essendo sufficiente che il soggetto sulla base dei suoi precedenti non dia affidamento di tenere una condotta scevra da ulteriori episodi di violenza; accertamento che resta incensurabile nel momento in cui risulta congruamente motivato avuto riguardo a circostanze di fatto specifiche, di talché anche la condotta volgare, consistente nel mostrare le parti intime del proprio corpo ai tifosi della squadra avversaria, benché possa essere forse supportata da intenti meramente goliardici, è indubbiamente atta provocare possibili reazioni violente da parte di chi, da tale condotta, si sentisse irriso; con la conseguenza che essa integra pienamente il presupposto applicativo della citata disposizione normativa, che è volta a prevenire disordini e violenze).

II.3)- Va ora sottoposta a scrutinio la residua censura allocata nel secondo mezzo di gravame il quale – a ben vedere ed a un’attenta lettura – non ha ad oggetto la misura interdittiva nella sua interezza ma solo nella parte (diversa da quella che sanziona il divieto di accesso agli stadi di calcio, nella Capitale, ove gioca la squadra Lazio), in cui vieta, genericamente e senza alcuna specificazione, l’accesso a tutte le competizioni della squadra Lazio, professionali od amichevoli, che si terranno negli stadi della Provincia di Roma estendendo tale divieto ai “luoghi deputati alla sosta, al transito ed al trasporto dei tifosi che partecipano od assistono alle competizioni medesime”. Non essendo tali luoghi specificamente indicati, la misura sanzionata, assume il ricorrente, si traduce in parte qua, in una misura restrittiva della libertà di circolazione.

La tesi del ricorrente, per quanto articolata, non convince.

Occorre difatti ricordare che secondo l’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione il divieto di accesso alle manifestazioni sportive irrogato dall'Autorità di P.S. ai sensi dell'articolo 6, comma 1, legge 401/89, ha natura di misura interdittiva atipica, incidente esclusivamente sulla libertà di circolazione, e perciò non è soggetta a convalida da parte dell'Autorità Giudiziaria (Cassazione Sezione, 19.2.2004-26.3.2004, n. 14923, Rocchi), a differenza del correlato obbligo di presentazione alla Pg, che il Questore nel caso di specie ha, parimenti, disposto. Quest'ultimo provvedimento si risolve in una misura di prevenzione che incide "direttamente" sulla libertà personale, come del resto già affermato dalla Corte cost. con sentenza 512/02, e deve perciò essere convalidato dall'A.G.

Un discorso parzialmente diverso deve invece essere fatto in ordine a quella parte del disposto dell'articolo 6, comma 1, legge 401/'89, in cui il Legislatore prescrive al Questore, nel disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, di indicare specificamente sia le competizioni agonistiche che i luoghi (diversi dagli stadi di calcio e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) ai quali si estende il divieto. La ragione della previsione normativa, la quale richiede un'indicazione specifica delle manifestazioni sportive e dei luoghi cui il divieto deve applicarsi, è da ricondursi ad un'esigenza di razionalità del divieto e pertanto di esigibilità del rispetto del comando il quale, ove non chiaramente e specificamente enunciato, perde tale qualitas rimanendo, di fatto e di diritto, sfornito di efficacia precettiva rendendo, di conseguenza, inapplicabili le misure restrittive previste, per la sua violazione, dal primo periodo dell’art.6 comma 6 della medesima legge n.401 del 1989 (cfr., al riguardo, TRib. Pen. Napoli, 18.12.2006, n. 8653 e Trib. Pen. Roma II^, 15.12.2006 concernenti casi di assoluzione dovute alla mancata indicazione delle specificazioni ex lege imposte).

Ora, nel caso di specie, il Questore ha specificamente indicato a quali competizioni si riferiva il divieto di accesso nei relativi stadi (il provvedimento parla di “competizioni calcistiche (professionali e/o amichevoli) che si terranno negli stadi della provincia di Roma nonché in tutti quelli ove la squadra di calcio Lazio disputerà incontri di calcio nazionali od internazionali”, e dunque interdice l’accesso a tutti i campi di calcio nei quali, secondo il calendario ufficiale, si svolgono le competizioni agonistiche, e non amichevoli o di altra natura, della Lazio). Il provvedimento è’ rimasto invece lacunoso ed impreciso con riguardo all’ulteriore e distinta limitazione (concernente le competizioni che si tengono in stadi diversi dall’Olimpico) che, in quanto tale, non potendo essere rispettata (come fa l’interessato a sapere in anticipo - e quindi ad evitare di recarsi - i luoghi, non indicati, ove transiteranno i tifosi avversari?) è priva di ogni efficacia precettiva e dunque, contrariamente all’avviso manifestato in gravame, inidonea – (in parte qua e senza che tale carenza si rifletta, in applicazione del principio utile per inutile non vitiatur, sull’efficacia del divieto di accesso alle competizioni agonistiche specificamente indicate) - a ledere od a contrarre la libertà di circolazione dell’interessato.

Consegue a tanto l’infondatezza della doglianza in trattazione.

E’ poi solo il caso di aggiungere che la legittimità del decreto di divieto di accesso agli stadi non può essere inficiata dalla successiva archiviazione del procedimento penale iniziato nei confronti dell’interessato per gli stessi fatti che avevano dato luogo all’adozione del decreto interdittivo, non solo in base al principio secondo cui "tempus regit actum" (con conseguente irrilevanza di provvedimenti successivi), ma anche perché il parametro valutativo affidato all’Amministrazione non è condizionato al positivo vaglio penalistico sulle condotte, atteso che anche una condotta non integrante una fattispecie di reato può essere idonea a creare pericoli per l’ordine pubblico negli stadi, ovvero innescare condotte violente ( in tale senso, cfr. Cons. St. n.9074/2010 cit.)

III)- Conclusivamente il ricorso è infondato e vede essere respinto.

Possono compensarsi tra le parti in causa le spese di lite, attesa la peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere, Estensore

Roberto Proietti, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

        Il 05/12/2011

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