CORTE D’APPELLO DI TORINO – SEZIONE LAVORO – SENTENZA N. 294/2019 DEL 05/03/2019
LA CORTE D’APPELLO DI TORINO SEZIONE LAVORO
Composta da:
Dott.ssa Rita MANCUSO PRESIDENTE
Dott.ssa Caterina BAISI CONSIGLIERE
Dott.ssa Silvia CASARINO CONSIGLIERE REL.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa di lavoro iscritta al n. (…) R.G. Civ. promossa da:
(…), con sede in Cuneo – Corso Monviso 21, in persona del legale rappresentante pro-tempore Becchio Oscar, elettivamente domiciliata in Busca, Via Umberto I n. 81, presso lo studio dell’Avv. Enrico Gallo del Foro di Cuneo, che lo rappresentata e difende per procura in atti
APPELLANTE
CONTRO
(…), rappresentato e difeso per procura in atti dagli Avv.ti Paola Bertello ed Elena Molineri del Foro di Cuneo, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giovanni Caneva in Torino, Via Sacchi n. 26
APPELLATO
Oggetto: infortunio.
CONCLUSIONI
Per l’appellante:
come da atto di citazione in appello depositato in data 27.1.2018
Per l’appellato:
come da memoria difensiva depositata in data 26.4.2018
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(…), con atto di citazione ritualmente notificato, ha chiamato davanti al Tribunale di Cuneo l’Associazione Calcio (…) s.r.l. (per brevità “(…)”) e il dott. Negro Francesco, chiedendone la condanna a risarcirgli i danni derivati dall’infortunio del 23.3.2010, che egli deduceva essersi verificato mentre svolgeva l’allenamento come portiere.
L’attore deduceva la responsabilità contrattuale di entrambi i convenuti, sia di (…) Calcio, società sportiva calcistica presso cui egli giovava come portiere, sia del dott. (…) a cui si era rivolto per le cure in seguito a detto infortunio.
Si costituivano i convenuti contestando le domande attoree e chiedendone il rigetto, nonché, quanto al (…), eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Cuneo.
Istruita la causa con escussione di testimoni e c.t.u. medico- legale, il Tribunale, con sentenza n. 1014/2017, pubblicata il 9.11.2017, dichiarava la propria incompetenza territoriale con
riferimento alla domanda proposta nei confronti di (…), ed accertava la concorrente responsabilità di (…) Calcio per l’infortunio condannandola a pagare all’attore a titolo di risarcimento del danno (dedotto quanto già pagato dall’Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle, che era stata condannata con precedente sentenza a rimborsare al (…) i danni per carenze della prestazione sanitaria eseguita a seguito dell’infortunio) la somma di € 1.881,07, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, nonché a rifondergli le spese di lite.
Ha proposto appello (…) Calcio, chiedendo la riforma della sentenza impugnata.
Resiste l’appellato.
All'udienza di discussione del 13.2.2019, la Corte ha deciso la causa come da separato dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Tribunale, dichiarata la propria incompetenza per territorio con riferimento alle domande proposte nei confronti del (…), ha accolto le domande attoree sulla base delle seguenti argomentazioni:
-la (…) Calcio, “datrice di lavoro” del (…), non ne ha tutelato la salute, non avendolo avviato immediatamente al Pronto Soccorso al momento dell’infortunio pur essendo a conoscenza del malessere dell’attore ed essendo stato questo costretto a sospendere o disertare gli allenamenti (circostanze emerse dall’istruttoria orale);
-la società non aveva offerto sostegno al (…), anche nel periodo in cui era minorenne, e in particolare non gli aveva procurato professionisti in grado di assisterlo nella fase della cura e della riabilitazione, provvedendo ad avviarlo a visita presso il Centro di medicina dello sport soltanto nel maggio 2010;
-la c.t.u. medico-legale svolta ha accertato l’esistenza del rapporto di causalità tra l’infortunio patito dal (…) e le conseguenze invalidanti, temporanee e permanenti (nella misura complessiva del 6%), da lui riportate, confermando che i postumi invalidanti hanno impedito al (…) di proseguire nella propria attività di giocatore professionista;
-non spetta il danno da perdita di reddito futuro, in mancanza di
prova fornita dall’attore;
-il c.t.u. ha chiarito che non è possibile, a parte l’individuazione delle conseguenze dell’operato del dott. (…) (nella misura del 3%), quantificare in termini matematici la diversa concorrenza delle varie responsabilità;
-avendo l’Azienda Ospedaliera (…) già risarcito la percentuale di danno permanente del 2,5%, su (…) Calcio residua, oltre al risarcimento dell’invalidità temporanea, lo 0,5% dell’invalidità permanente, pari a € 1.881,07 (€ 1.343,62 tabellare, maggiorato del 40% per l’età e l’impossibilità a proseguire nell’attività sportiva agonistica).
L’appellante impugna la sentenza deducendo che:
a) non è provato che (…) Calcio non abbia tutelato la salute del (…) risultando dalla c.t.u. che questi, il 23.3.2010, aveva immediatamente interrotto l’allenamento, era stato messo a riposo e in seguito era stato sottoposto ad accertamenti clinici ed avendo quindi egli ripreso l’attività soltanto in data successiva al 30.11.2010, dopo che il dott. (…) aveva redatto certificato medico con cui attestava che il (…) poteva riprendere l’attività sportiva, sicché la responsabilità per le lesioni del (…) sono da addebitare all’Ospedale e ai medici e non all’appellante;
b) sulla prosecuzione dell’attività sportiva, che, a detta del (…), avrebbe aggravato la sua situazione clinica, i testi hanno reso dichiarazioni eccessivamente generiche;
c) deve pertanto essere esclusa la responsabilità dell’appellante per i danni lamentati dal (…);
d) non vi è prova di un contratto da giocatore professionista;
e) è immotivata ed ingiustificata la quantificazione dei danni operata in sentenza e soprattutto la personalizzazione del danno nella misura del 40% rispetto al danno biologico;
f) è errata la condanna al totale rimborso delle spese di lite, e comunque la quantificazione delle stesse, liquidate in € 4.815,82 (€ 4.536,00 per onorari, ossia nella misura massima prevista dallo scaglione applicabile, ed € 279,82 per anticipazioni), oltre rimborso forfetario, IVA e CPA, tenuto conto che, a fronte della quantificazione dei danni contenuta nell’atto di citazione, pari a € 15.048,05, nella sentenza la condanna è stata per soli € 1.881,07.
L’appello è fondato.
In primo luogo, osserva la Corte che l’odierno appellato, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, non aveva specificato il titolo di responsabilità da lui azionato. Invero, nell’atto di citazione, dopo avere esposto di avere giocato come portiere presso la (…) Calcio e di essersi infortunato in data 23.3.2010, aveva dedotto che le lesioni da lui riportate a causa dell’infortunio erano state aggravate dal ritardo terapeutico, imputabile, oltre che all’Azienda Ospedaliera (come accertato nella c.t.u. espletata nel giudizio svolto nei confronti di essa), anche al (…) Calcio, responsabile di avere omesso tempestivi ed adeguati approfondimenti diagnostici e di avere consentito la prosecuzione dell’attività sportiva per circa due mesi nonostante il persistere della sintomatologia (v. pagg. 8-9 atto di citazione), e che, quindi, “Il (…) Calcio, al quale il Sig. (…) era legato da vincolo contrattuale, era gravato dall’obbligo di tutelare la salute del calciatore, obbligo, questo, che la società sportiva ha gravemente violato” (v. pag. 9 atto di citazione).
La difesa attorea, pur affermando di azionare un titolo di responsabilità contrattuale, non aveva tuttavia chiarito quale fosse il titolo contrattuale che lo legava a (…) Calcio, e neppure aveva indicato il fondamento normativo della propria causa petendi.
Parte attrice si era limitata a richiamare una pronuncia di legittimità (Cass. 8.1.2003 n. 85) relativa alla responsabilità contrattuale delle società sportive, tenute a tutelare la salute degli atleti sia attraverso la prevenzione degli eventi pregiudizievoli
della loro integrità psico-fisica, sia attraverso la cura degli infortuni e delle malattie che possono trovare causa nei rilevanti sforzi caratterizzanti la pratica professionale di uno sport.
La sentenza menzionata si riferisce, in realtà, all'esercizio di attività sportiva a livello professionistico, disciplinata dalla legge 23.3.1981 n. 91 e da decreti ministeriali attuativi, e il professionismo sportivo, secondo la definizione dell’art. 2 della legge, richiede – oltre ad altri requisiti - l’esercizio di attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità.
Secondo la legge n. 91/1981, la prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, regolato dalle norme contenute nella legge medesima, o, in alcuni casi, oggetto di contratto di lavoro autonomo (art. 3 legge cit.). A sua volta, il lavoro subordinato sportivo è assoggettato ad una specifica disciplina, essendo richiesta l’assunzione diretta e la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, secondo il contratto-tipo predisposto, conformemente all'accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate, contratto che la società è tenuta a depositare presso la federazione sportiva nazionale per l'approvazione (art. 4 legge n. 91/1981).
Nulla di tutto ciò (in particolare la sussistenza di un rapporto continuativo a titolo oneroso e di natura subordinata) era stato dedotto da parte attrice, che aveva prodotto unicamente una richiesta di tesseramento alla F.I.G.C., peraltro relativa alla stagione 2007/2008 (v. doc. 1 fasc. primo grado appellato), e quindi non alla stagione in cui si sarebbe verificato l’infortunio.
Né l’esistenza di un rapporto sportivo professionistico può considerarsi non contestata dalla difesa di (…) Calcio, e ciò proprio alla luce dell’allegazione assolutamente generica da parte del (…) sull’asserito titolo contrattuale intercorso con la società sportiva, che non consentiva la contestazione della controparte, sicché, diversamente da quanto sostenuto dall’appellato, la difesa dell’appellante circa la mancanza di prova del rapporto contrattuale quale giocatore professionista (v. pag. 8 appello) non è tardiva.
Escluso un simile rapporto contrattuale, non possono per conseguenza essere applicate né la legge n. 91/1981 né l’art. 2087 c.c., in quanto normative che presuppongono un rapporto di lavoro a titolo oneroso e di natura subordinata.
Si aggiunga che non vi è prova dell’infortunio del 23.3.2010, non avendo ad esso assistito alcun teste, essendosi limitati i testi escussi, (…) e (…) (rispettivamente calciatore ed ecografista di (…) Calcio) a dichiarare che il (…) riferiva di sentire dolore, peraltro collocando storicamente i fatti in modo alquanto generico ed impreciso ((…): “Io so che si è fatto male probabilmente la stagione 2009-2010 e che provava ad allenarsi”, Cerutti: “ho conosciuto il Comba in questi frangenti, quando si era fatto male”).
D’altra parte, la “denuncia lesione” del (…) Calcio alla propria
compagnia assicurativa, prodotta dal Comba sub doc. 13 fasc. primo grado, è relativa ad un evento del 10.8.2010 e non al precedente, affermato dall’appellato, del 23.3.2010.
L’infortunio del 23.3.2010 era stato contestato da Cuneo Calcio sin dalla comparsa di costituzione di primo grado (si veda, a pag. 2 della comparsa, la contestazione circa il fatto che il Comba si fosse procurato l’asserita frattura in data 23.3.2010 durante un allenamento).
Anche per questa ragione non può quindi essere affermata la responsabilità dell’appellante per l’infortunio, dedotto ma non provato dall’appellato.
Restano assorbiti tutti gli altri motivi d’appello.
Infine, considerata la particolarità della questione, può essere
disposta l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P . Q . M .
Visto l’art. 437 c.p.c.,
in accoglimento dell’appello, respinge le domande proposte da Comba Pier Paolo nei confronti dell’appellante;
compensa le spese di entrambi i gradi fra le parti.
Così deciso all’udienza del 13.2.2019
IL CONSIGLIERE Est. LA PRESIDENTE
Dott.ssa Silvia CASARINO Dott.ssa Rita MANCUSO