Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0110/CFA del 30 Maggio  2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale – sezione disciplinare - n. 0128/TFN/2021-2022 del 22 aprile 2022

Impugnazione – istanza: Giudizio di rinvio CONI/Juventus S.p.A. e altri

Massima: Il caso di specie:  Con deferimento del 1° aprile 2022, la Procura Federale contestava alla F.C. Juventus S.p.A. ed ai suoi vertici, come ad altre società di calcio, di aver concluso delle operazioni di mercato “contraddistinte da una sistematica sopravvalutazione del corrispettivo di cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei trasferimenti nonché dalla altrettanto sistematica sostanziale corrispondenza (e conseguente compensazione finanziaria) tra i valori attribuiti dalle società ai diritti scambiati”. Costituivano fonti di prova anche una verifica ispettiva relativa ad operazioni di compravendita di diritti alle prestazioni dei calciatori avviata dalla CONSOB nei confronti della F.C. Juventus S.p.A., nonché un’indagine penale attivata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, denominata “PRISMA”, nei confronti della stessa società e dei suoi amministratori per le ipotesi di reato di false comunicazioni delle società quotate ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Con l’atto di deferimento venivano, quindi, contestate, rispettivamente quanto alla Juventus (pag. 149) a titolo di responsabilità: “a. propria ai sensi dell’art. 31 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva in vigore per avere alterato sistematicamente i documenti contabili depositati presso la Co.Vi.So.C. a partire almeno dalla situazione trimestrale al 31 marzo 2019 ed almeno fino alla situazione trimestrale al 31 marzo 2021; b. diretta ai sensi dell’art. art. 6, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore per gli atti e comportamenti posti in essere dai sigg.ri A..., così come riportati nei precedenti capi di incolpazione; c. oggettiva ai sensi dell’art. art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore per gli atti e comportamenti posti in essere dai Sigg.ri ..., così come riportati nei precedenti capi di incolpazione”. Quanto agli amministratori la violazione degli artt. 4 e 31, comma 1, CGS, anche in relazione all'art. 19 dello statuto federale per aver indicato in 15 (delle 17 complessivamente contestate) operazioni c.d. incrociate, un valore dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori intenzionalmente sovrastimato (“indicando un corrispettivo superiore al reale”) e, quindi, fraudolentemente alterato al solo fine di determinare “maggiori plusvalenze fittizie”. Con decisione n. 0128/TFNSD-2021-2022 il Tribunale Federale Nazione – sezione disciplinare, deliberava il proscioglimento da ogni addebito di tutti i deferiti, ritenendo che solo alcune delle cessioni esaminate presentassero quelle caratteristiche che la stessa Procura federale aveva individuato quali elementi sintomatici di operazioni fittizie e che, benché sospette, dette cessioni (e relative plusvalenze) non superassero la soglia della ragionevole certezza in termini, appunto, di fittizietà. Secondo il Tribunale, allora, il metodo di valutazione adottato dalla Procura federale poteva essere ritenuto «un» metodo di valutazione, ma non «il» metodo di valutazione. Il confronto con le valutazioni presenti nel sito Transfermarkt (per quanto utilizzate in talune perizie o richiamate in alcuni contratti per volontà convenzionale delle parti contraenti) non poteva corroborare la citata fittizietà. Rispetto a quello adottato dalla Procura federale, dunque, potevano contrapporsi altri metodi di valutazione, ugualmente degni di apprezzamento. In conclusione, il Tribunale riteneva che non esistesse «il» metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. Il valore di mercato - sosteneva il Tribunale - rappresenta il valore pagato dalla società acquirente al termine di una contrattazione libera, reale ed effettiva di quel diritto sul mercato di riferimento; e il libero mercato non può essere guidato da un metodo valutativo (quale che esso sia) che individui e determini il giusto valore di ogni singola cessione. Decidendo sul reclamo della Procura Federale, la Corte Federale di Appello – sezioni unite, lo respingeva con la decisione n. 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022. La Corte federale, peraltro, correggeva in parte l’iter motivazionale della decisione di I° grado osservando che: “è erronea la statuizione del Tribunale federale secondo cui l’inesistenza de «il» metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore possa legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti l’utilità futura del diritto nonché [da] elementi di coerenza della transazione. Ciò, difatti, renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema - e quindi neanche quello federale - può tollerare. È evidente che, in qualsiasi valutazione, un metodo deve essere sempre utilizzato. Ma non si può contestare il modo di procedere perché è solo uno dei metodi ammissibili; lo si può contestare, eventualmente, solo perché quel metodo manca di determinati fondamenti”. Sulla base di tali considerazioni la Corte federale aderiva all’impostazione del Tribunale federale per cui si deve “prendere atto dell’inesistenza, a livello di ordinamento federale, di criteri normativamente sanciti”, di guisa che “la questione più ardua che il Collegio si è trovato ad affrontare [è] la mancanza di una pre-definizione di criteri ai quali fare riferimento. […] Tale presa d’atto, quindi, ha agito nel senso di impedire a questo Collegio di porre a sé stesso la premessa maggiore indispensabile in ogni sillogismo giudiziale: la norma espressa”. Da simili premesse, pertanto, la Corte federale giungeva ad una duplice conclusione. Per un verso, chiariva la ragione fondante il rigetto del reclamo: “l’esame delle 17 operazioni (costituite da due o più compravendite per un totale di 59 compravendite) ha evidenziato indubbiamente l’esistenza di notevoli e diffuse criticità. Peraltro, proprio l’assenza di parametri normativamente sanciti – come sopra detto - ha reso particolarmente complessa e delicata l’operazione del Collegio di sceverare, all’interno dell’ampia platea di operazioni, quelle che, con ragionevole certezza giudiziale, potessero essere considerate rilevanti sotto il profilo disciplinare”. Per altro verso, proponeva l’invito ad un intervento normativo ritenuto “tanto più indispensabile se si considera che le operazioni in oggetto – relative alla compravendita dei diritti alle prestazioni dei calciatori – e i valori a cui vengono effettuate, influenzano in misura determinante la qualità del bilancio e la sua finalità, cioè la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale di una società sportiva. Come si è detto, dall’analisi della documentazione in atti vi è la diffusa percezione che alcuni valori si siano formati in modo totalmente slegato da una regolare transazione di mercato, ma non è possibile verificare se le modalità della loro formazione rispettino delle regole codificate perché non esistenti. Si ritiene pertanto indispensabile la definizione di principi-guida nelle valutazioni che possano permettere di verificare se le scelte concrete delle società da essi si discostino, individuando una serie di elementi di riferimento”. Avverso la decisione n. 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022 proponeva ricorso per revocazione parziale la Procura federale. A sostegno del ricorso per revocazione, e ai fini del giudizio rescindente, la Procura Federale deduceva: a) di avere ricevuto, in data 24 novembre 2022, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, copia degli atti contenuti nel fascicolo del procedimento penale n. 12955/2021 R.G.N.R.; b) che detta documentazione costituiva una “rilevantissima mole di atti e documenti, composta da circa di 14mila pagine, costituenti le risultanze istruttorie poste a base delle contestazioni di reato formulate nei confronti di 15 soggetti, tra dirigenti, legali rappresentanti, membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, revisori legali e consulenti della società FC Juventus S.P.A.”, oltre che nei confronti della stessa Juventus F.C. S.p.A. quale ente responsabile delle condotte dei suoi dipendenti e soggetti apicali. La Procura federale rappresentava “che la predetta documentazione [aveva] consentito di conoscere elementi nuovi, sopravvenuti rispetto alla decisione della Corte federale di Appello a Sezioni Unite [impugnata], la cui conoscenza avrebbe certamente comportato una diversa pronuncia” e che, pertanto, sussistevano tutti i presupposti di cui all’art. 63, comma 1, lett. d), CGS. Si chiariva altresì che l’esclusione dal ricorso della società SSC Napoli e della società AC Chievo Verona Srl, e i rispettivi dirigenti, era dovuta all’integrale assenza di operazioni di scambio dirette con la FC Juventus S.p.A. (di qui la ragione di una revocazione parziale). La Procura federale sottolineava che gli atti di particolare valenza dimostrativa fondanti le ragioni di revocazione erano costituiti in particolare da: a) intercettazioni telefoniche e ambientali; b) documenti sequestrati nell’ambito di perquisizioni presso la sede della FC Juventus S.p.A. e presso ulteriori luoghi d’interesse; c) dalla delibera Consob n. 22482/2022 del 19.10.2022 (ex art. 154 ter, comma 7, T.U.F.) e d) dai comunicati stampa della FC Juventus S.p.A. Detti elementi istruttori, secondo la Procura federale, confermavano l’esistenza di un sistema collaudato della FC Juventus S.p.A. di scambi incrociati di calciatori con altre società sportive, finalizzati alla realizzazione di plusvalenze artificiali. Secondo la ricostruzione della Procura federale, dunque, all’annullamento della decisione della Corte federale 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022 doveva poi conseguire, in sede di giudizio rescissorio, la condanna dei deferiti. Con decisione n. 0063/CFA-2022-2023, del 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, la Corte Federale d’Appello sezioni unite - così, in sintesi, decideva. 1) Quanto al profilo rescindente: a) “il ricorso della Procura federale, proposto ai sensi dell’art. 63, comma 1, lett. d), CGS, deve essere dichiarato ammissibile. Per l’effetto, deve essere revocata la pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 di questa Corte federale d'appello. È indiscutibile che il quadro fattuale determinato dalla documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Torino alla Procura federale, e da questa riversata a sostegno della revocazione, non era conosciuto dalla Corte federale al momento della decisione revocata e, ove conosciuto, avrebbe determinato per certo una diversa decisione. Esattamente secondo quanto previsto dall’art. 63, comma 1, lett. d), CGS. Si tratta di un quadro fattuale sostenuto da una impressionante mole di documentazione probatoria”; b) “Anche il concorrente profilo di asserita violazione del principio del ne bis in idem non merita seguito. Una volta ritenuto (come si deve) che la revocazione sia possibile anche in malam partem - e i deferiti non lo dubitano – la predetta obiezione si svuota di significato… Quanto precede, con la precisazione che anche una assoluzione ottenuta per due gradi di giudizio, se conseguente alla mancata conoscenza di fatti invece decisivi per una eventuale condanna, è soggetta al giudizio di revocazione”; c) “Quanto alla natura decisiva degli elementi dimostrativi portati all’attenzione del giudizio rescindente, essa è indubbia. Ove la Corte federale avesse conosciuto i fatti che risultano dimostrati dagli elementi oggi disponibili (fatti che non erano noti o persino sopravvenuti), essa avrebbe per certo assunto una decisione diversa […] Ma oggi è esattamente un tale quadro fattuale ad essere radicalmente mutato. Il fatto nuovo che prima non era noto è proprio l’avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori. Il fatto nuovo - come è stato efficacemente sottolineato dalla Procura federale - è l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la decisione deve essere diversa da quella qui revocata”; d ) “Un quadro fattuale - quello appena citato - dimostrato dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle intercettazioni), dai documenti e dai manoscritti di provenienza interna alla FC Juventus S.p.A. e che hanno tutti una “natura essenzialmente confessoria”. e) “Per quanto d’interesse della fase rescindente qui trattata è senz’altro sufficiente il richiamo ai più rilevanti elementi dimostrativi, citati anche dalla Procura federale. Primo tra tutti è l’inquietante “Libro Nero di FP” (cioè ...). Un tale documento, si noti, non è mai stato disconosciuto dal redattore (Federico Cherubini) ed è stato difeso dalla FC Juventus S.p.A. che, unitamente al predetto dirigente, lo ha fatto proprio, solo proponendone una interpretazione diversa rispetto a quella offerta dalla Procura federale, sostenendo si trattasse di un normale “appunto” di lavoro. È per questa ragione che il mancato disconoscimento del documento e la mancata presa di distanza da esso della FC Juventus S.p.A. - a prescindere da ogni ulteriore rilevanza - ha una portata devastante sul piano della lealtà sportiva. Da esso si trae la consapevolezza di un crescendo di difficolta economico-finanziaria della FC Juventus S.p.A. nel corso degli anni 2019, 2020 e 2021 (“come siamo arrivati qui?”) e della difficoltà di uscirne. E si individua anche il metodo rimediale che il .... testimonia essere stato applicato da ...: “utilizzo eccessivo plusvalenze artificiali” (la cui conseguenza è un “beneficio immediato” ma anche un negativo “carico ammortamenti” per il futuro). Il contenuto del “Libro Nero di FP” costituisce un elemento oggettivo non equivocabile. Tanto più tenuto conto della circostanza (e vi si tornerà oltre più diffusamente) che scopo del processo sportivo non è, evidentemente, inferire la consumazione di eventuali fattispecie di illecito a carattere penalistico. Oggetto di giudizio è solo la violazione delle norme sportive: nello specifico, dell’art. 4, comma 1 e dell’art. 31, comma 1”; f) “Rilevantissime sono poi le intercettazioni telefoniche o ambientali (e le acquisizioni documentali) citate dalla Procura federale a sostegno della revocazione... Intercettazioni che dimostrano persino opacità nella rappresentazione all’esterno del reale contenuto delle operazioni condotte, tanto da sperare che “[quelli che] stanno cercando” (presumibilmente gli ispettori Consob) non scoprano carteggi altrimenti pericolosi”; g) “Sotto il secondo profilo (di scambio permutativo) sono emblematiche le acquisizioni anche documentali relative alle operazioni con club esteri (OM Marsiglia, Barcellona, Manchester City, Lugano, Basilea)”. “Qui, peraltro, è anche necessario aprire una parentesi sulla rilevante differenza che deve essere riconosciuta tra una operazione a specchio o incrociata, apparentemente indipendente, e una operazione ad effetti permutativi. E deve essere chiarito che ciò che rileva ai fini del processo sportivo e della violazione quanto meno dell’art. 4, comma 1, CGS, non è se la singola operazione dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo 45, poi contestato alla FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi rilevare la plusvalenza. Ciò che rileva è la preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute. Ciò che rileva,in altri termini, è l’essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS38 (paragrafo 45), quale che ne fosse l’esito”. La CFA, ritenuta dunque meritevole di accoglimento il giudizio rescindente, e dichiarata la revocazione della decisione n. 0089/CFA/2021-2022, esaminava il merito rescissorio dell’impugnazione svolta dalla Procura federale. “Venendo ora al merito del giudizio rescissorio, appare inevitabile tenere distinte le posizioni riguardanti la FC Juventus S.p.A. rispetto alle altre squadre. La ragione della necessaria distinzione di merito riposa, ed è considerazione sin troppo ovvia, nella circostanza che la FC Juventus S.p.A. e i relativi amministratori e dirigenti sono stati oggetto di diffuse e ripetute evidenze dimostrative prodotte dalla Procura federale. Evidenze che connotano un canone di comportamento sistematico e non isolato. Proprio con riguardo alla FC Juventus S.p.A., il quadro probatorio che si è già citato ai fini del giudizio rescindente ha carattere inequivocabile rispetto agli scopi del processo sportivo”. La Corte Federale richiama tutte le considerazioni espresse in relazione alla fase rescindente con riferimento al cd “libro nero” di Fabio Paratici; alle intercettazioni “aventi un carattere per così dire generale o se si preferisce sintomatiche e ricognitive della ripetuta intenzionalità della società FC Juventus S.p.A. nel non avere utilizzato (nelle stagioni 2019/2020 e in parte 2021) alcun metodo di valutazione dei prezzi degli scambi”; alle operazioni compiute con i club esteri: “Tutte tali operazioni risultano emblematiche perché, invece di essere state trasparentemente e correttamente rappresentate come permute, esse sono state mostrate all’esterno come operazioni formalmente indipendenti. La differenza di tali operazioni rispetto a quelle compiute con controparti italiane riposa nella circostanza che le operazioni con controparti estere non potevano contare sulla stanza di compensazione disciplinata dalla federazione di appartenenza e, pertanto, la mera conclusione di una operazione a specchio non era sufficiente ad ottenere lo “scambio” finanziariamente neutro, dovendosi di volta in volta aggiungere - sistematicamente - un qualche patto che a monte condizionasse reciprocamente lo scambio (vendo perché tu compri e tu vendi perché io compro, quindi scambiamo) e che a valle disciplinasse la compensazione dei pagamenti incrociati (i c.d. “set-off arrangement” o accordi di compensazione infatti trovati con riguardo alle operazioni estere). Il tutto, dunque, sostituendo l’effetto “automatico” della compensazione dei pagamenti presente nell’ordinamento federale italiano”. “L’intenzionalità volta ad evitare la ricostruzione delle operazioni sopra menzionate quale permuta e dunque l’intenzionalità mostrata ad evitare di dover verificare, volta per volta, l’effettiva applicabilità per la FC Juventus S.p.A. di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle immobilizzazioni ottenute per lo scambio) è comportamento sufficiente alla violazione dell’art. 4, comma 1, CGS”. La Corte così concludeva: “Dichiara ammissibile il ricorso per revocazione e pertanto revoca la pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 di questa Corte federale d'appello e, per l'effetto, dispone quanto segue: 1 - Respinge i reclami incidentali. 2 - Accoglie in parte il reclamo della Procura federale avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - sezione disciplinare del 22.04.2022 irrogando le seguenti sanzioni: a) Fabio Paratici: inibizione temporanea di mesi 30 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; b) ...: inibizione temporanea di mesi 16 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; c) ...: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; d) Pavel Nedved: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; e) Enrico Vellano: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; f) ...: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; g) Assia Grazioli Venier: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; h.... ....e:inibizione temporanea di mesi 24 asvolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensionein ambito UEFA e FIFA; i. ...: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; l. ....: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; m. Francesco Roncaglio: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; n. F.C. Juventus Spa: penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva. 3 - Respinge per il resto il reclamo della Procura federale”. La Corte Federale di Appello dichiarava altresì che, per i deferiti diversi dalla Juventus F.C. S.p.A. (“rispetto alla quale valgono invece tutte le considerazioni già svolte e valgono le risultanze della duplice indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Torino e dalla Consob”), la stessa si è dovuta confrontare con la struttura della domanda contenuta nel deferimento, non potendo questa sostituire una eventuale autosufficienza di singole violazioni rispetto, invece, alla richiesta di riconoscimento di una sistematica violazione dell’art. 4 e 31 CGS, e per più esercizi: “non sussistono evidenze dimostrative specifiche che consentano di sostenere efficacemente l’accusa nei confronti delle società UC Sampdoria, FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Parma Calcio 1913, Pisa Sporting Club, Empoli FC, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936 […] come è stato efficacemente osservato dalle difese dei club interessati, due considerazioni appaiono insuperabili ai fini di una statuizione di condanna. Non può esservi alcuna sistematicità da contestare in una singola operazione (prima considerazione). Una condanna di Parma, Novara e Pescara per il mero “contatto” con la FC Juventus S.p.A. risulterebbe ingiustificata (seconda considerazione) in assenza di prove oggettive della violazione, non vista dal lato della FC Juventus S.p.A., ma appunto da quello delle deferite qui trattate. Prova che, proprio con riguardo alle citate società, non è rinvenibile nella documentazione prodotta dalla Procura federale. Il tutto senza considerare la rilevanza per la sola FC Juventus S.p.A. dei principi contabili internazionali indicati dalla Consob, che non trovano invece applicazione (nei medesimi termini) per le società italiane non quotate. Ma, allora, il sospetto che eventualmente può inferirsi con riguardo alle suddette società non è sufficiente a determinare una condanna. […] Infine, poco o nulla è provato dalla Procura federale con riguardo alle società FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Pisa Sporting Club ed Empoli FC, società sostanzialmente non presenti nelle intercettazioni della FC Juventus S.p.A., fatta sola eccezione per un cenno operato nei confronti del Genoa, ma senza la partecipazione diretta di alcun responsabile di tale società e in forma oggettivamente generica (senza cioè alcuna indicazione di giocatori specifici)”. In data 28 febbraio 2023 venivano promossi diversi ed autonomi ricorsi al Collegio di garanzia dello sport del CONI da parte di: F.C. Juventus spa (RG 13/2023); .... (RG 14/2023); ... (RG 15/2023); ... (RG 16/2023);... (RG 17/2023); .... e ...(RG 18/2023) e ... (RG 19/2023). Il Collegio di garanzia, con la decisione n. 40, pubblicata in data 8 maggio 2023, respingeva tutti i motivi di censura articolati dalle varie parti costituite ed individuati dal punto 1 (pag. 25) al punto 12 (pag. 66), confermando tutte le statuizioni della decisione resa dalla CFA in sede di revocazione. In particolare, secondo l’ordine di numerazione dei punti impiegato dal Collegio di garanzia: 1. relativo all’ammissibilità della revocazione; 2. relativo alla violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo; 3. relativo alla insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta violazione disciplinare ex art. 4 CGS – FIGC in rapporto ad un principio contabile (IAS 38&45 e seg.), non rilevante e nemmeno accertato come applicabile; 4. relativo alla violazione del principio di legalità, con l’affermazione di un illecito non previsto dall’ordinamento sportivo; 5. relativo alla omessa motivazione ed alla mancata valutazione di elementi decisivi rappresentati nell’interesse dei deferiti;6. relativo al mancato deposito da parte della Procura Federale della nota 14/04/2021 contenente le “indicazioni interpretative” con conseguente decadenza dell’azione disciplinare e, comunque, inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo il 14/07/2021; 7. relativo alla omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni in relazione alla violazione dell’art. 12 CGS – FIGC per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio (fatto salvo quanto osservato ai successivi punti 13.1 e seg.); 8. relativo alla condanna della società per l’illecito di cui all’art. 4 CGS – FIGC senza fare alcun riferimento al successivo art. 6; 9. relativo al difetto di motivazione in relazione al fatto che la Juventus F.C. spa si fosse dotata di un modello ex art. 231/2021 rilevante quale scriminante o almeno attenuante ai sensi degli artt. 6 e 7 CGS – FIGC; 10. relativo alla omessa motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità del Presidente, pro tempore, del CdA di Juventus F.C. spa. 11. relativo alla omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni irrogate in relazione alla violazione dell’art. 12 CGS – FIGC ed alla violazione di norme di diritto per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio; 12. relativo alla omessa motivazione circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del sig. Fabio Paratici nelle vicende contestate. Per quanto di interesse, del presente giudizio di rinvio, rilevano i punti 13 e 14 (da pag. 66 a pag. 74) della decisione, con i quali il Collegio di Garanzia ritiene di accogliere parzialmente i gravami iscritti al R.G. n. 17/2023 (.../FIGC e altri), al R.G. n. 18/2023 (.... ..../FIGC e altri) e, “per trascinamento” al R.G. n. 13/2023 (F.C. Juventus spa/FIGC e altri), nei termini e nei limiti di cui in motivazione, e rinvia alla Corte Federale di Appello perché, in diversa composizione, rinnovi la sua valutazione, in particolare, in ordine alla determinazione dell’apporto causale dei singoli amministratori, fornendone adeguata motivazione e traendone le eventuali conseguenze anche in ordine alla sanzione irrogata a carico della società Juventus F.C. S.p.A.. In particolare, osserva il Collegio di Garanzia che: 1) “la valutazione di accoglimento concerne, nello specifico, il motivo n. VI di entrambi i ricorsi (pagg. 76-79), a mezzo del quale i citati amministratori privi di deleghe hanno rilevato, pur con distinti gravami, l’omessa motivazione della Corte Federale di Appello in ordine alla asserita responsabilità dei singoli consiglieri derivante della diffusa consapevolezza, in capo agli stessi, della illiceità delle operazioni sportive oggetto di contestazione, in forza della quale è stata irrogata, a ciascuno dei ricorrenti, la sanzione dell’inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, per la violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché́ dei doveri di lealtà̀, correttezza e probità di cui all’art. 4, comma 1, e dell’art. 31, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale. L’esame del citato motivo di ricorso, in uno al capo della sentenza impugnata, determina l’accoglimento del motivo de quo, atteso che la decisione della Corte di merito non ha fornito adeguato supporto motivazionale in ordine al profilo della acclarata responsabilità dei consiglieri di amministrazione, affermando – invero apoditticamente – che “il consiglio di amministrazione nel suo complesso ha condiviso, o quanto meno sopportato, la violazione dei principi sportivi” oggetto dell’iniziale deferimento della Procura Federale (pag. 33 della sentenza)”. In altri termini la CFA, ad avviso del Collegio di Garanzia, non ha motivato il proprio convincimento: “sul rilevante profilo afferente all’ipotetica consapevolezza e responsabilità in ambito sportivo, ai sensi dell’art. 4, comma 1, Codice di Giustizia Sportiva FIGC dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe, essendosi (invero) limitata ad affermare – in via del tutto generica – di essersi riferita alle intercettazioni poste alla base della sentenza impugnata, pur connotate da gravi ed evidenti criticità, ma senza indicare in realtà, le ragioni dell’affermato coinvolgimento effettivo e concreto dei soggetti incaricati della gestione societaria della Juventus F.C. S.p.A. nelle operazioni sportive di compravendita di calciatori che hanno generato le più volte citate plusvalenze. Il presupposto da cui è necessario avviare lo scrutinio in parte qua della pronuncia resa in ambito federale è quello che concerne la distinzione e le differenze tra gestione societaria e gestione sportiva di una società calcistica – anche nelle ipotesi in cui questa venga quotata nei mercati regolamentati, come la Juventus S.p.A. - che si riverbera coerentemente nella distinzione tra le posizioni dei dirigenti, che hanno posto in essere le operazioni di natura sportiva, e degli amministratori, che in quelle operazioni non appaiono risultare coinvolti o pienamente consapevoli o informati, e che, comunque, non risulta vi abbiano partecipato”. “La plusvalenza, quale componente positiva del reddito, in ambito prettamente sportivo, si realizza nel caso di cessione delle prestazioni di un calciatore, laddove l’ammontare che viene riconosciuto alla società cedente dall’acquirente sia superiore al valore iscritto in bilancio”. 2) “L’effettiva partecipazione e/o la effettiva consapevolezza dei componenti del CdA – con compiti di gestione societaria e non sportiva – in relazione alle operazioni di natura tipicamente sportiva contestate alla Juventus F.C. S.p.A. e, quindi, la responsabilità personale di costoro in ambito sportivo per le descritte operazioni, avrebbe dovuto essere specificamente valutata dalla Corte Federale di Appello in relazione al modello organizzativo adottato dalla stessa società con attento scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F.C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi”. In particolare, osserva il Collegio di Garanzia, va attenzionata la figura del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili ex art. 154-bis T.U.F. “la cui posizione non è stata vagliata dalla Corte Federale di Appello ed il cui operato risulterebbe, quindi, in linea con l’inconsapevolezza di tutti i ricorrenti membri del CdA, non esecutivi, della Juventus S.p.A. in relazione alle contestate operazioni”. Prosegue il Collegio osservando che: “L’analisi del disposto di cui all’art. 154- bis del TUF mostra come il legislatore abbia istituzionalizzato il processo interno di predisposizione del progetto di bilancio, atteso che per gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse sul mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società medesima, è prevista una dichiarazione scritta di accompagnamento del Direttore Generale e del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri ed alle scritture contabili. In sintesi, al Dirigente preposto per la redazione dei documenti contabili societari spetta una funzione societaria sostanziale – che si affianca a quello dell’organo amministrativo – che si identifica nella predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili, ed in una diversa, ed aggiuntiva, ma non meno rilevante funzione di controllo e assurance non solo dell’effettiva applicazione delle procedure di cui sopra, ma anche della conformità dei documenti ai principi contabili internazionali, della corrispondenza dei documenti alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e delle ulteriori attività previste espressamente al quinto comma dell’art. 154-bis: a tali funzioni corrisponde uno specifico ambito e perimetro di responsabilità”. “Si tratta, in conclusione, di una figura (sottoposta al regime di responsabilità degli amministratori di cui agli artt. 2391 e seg. e 2434 c.c.) dotata di oggettivo rilievo all’interno di una società quotata nei mercati regolamentati – essendo, peraltro, prevista unicamente per tale tipologia di soggetti economici - il cui ruolo ed il cui operato avrebbe dovuto essere oggetto di specifico scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F. C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi”. 3) “Ultimo – ma non meno rilevante – profilo che la Corte Federale ha omesso di vagliare nella decisione impugnata, sempre con riferimento alla posizione dei Consiglieri di Amministrazione di cui ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023, concerne gli obblighi, le attribuzioni ed i limiti di responsabilità degli amministratori nelle società di capitali il cui impianto normativo è rinvenibile negli artt. 2381 e 2392 del codice civile”. Il cd “obbligo di agire informati” che incombe su ciascun amministratore con particolare riferimento “all’omesso intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico”. Dal combinato disposto delle due norme, a dire del Collegio, ne deriva che: “anche gli amministratori privi di deleghe sono responsabili verso la società ma nei limiti delle attribuzioni loro proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa: dunque, non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di questi ultimi in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”. Entro questo perimetro, “osserva il Collegio che la sentenza impugnata, resa a carico degli amministratori privi di deleghe operative, è, quindi, carente nella propria parte motiva laddove la Corte Federale – con motivazione da ritenere apparente – ha fatto riferimento ad una generica, ma indimostrata, “consapevolezza diffusa”, ovvero ad una asserita condivisione, da parte di detti amministratori, dei concreti dettagli e delle finalità delle operazioni sportive scrutinate, omettendo di fornire adeguato supporto motivazionale di tali affermate ed indimostrate circostanze”. “Peraltro, il rispetto del criterio dell’agire informato in capo a ciascun amministratore di cui all’art. 2381 c.c., valutato esclusivamente per il rilievo in ambito sportivo ed in relazione alle specifiche operazioni contestate, deve necessariamente tener conto che tali operazioni di scambio di calciatori definite “a specchio” ed il c.d. sistema delle plusvalenze (cfr. ex multis TFN – Sezione Disciplinare, C.U. n. 16, c.d. caso Chievo; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 9/2019), generato dalle medesime operazioni, costituisce un tema ricorrente e già dibattuto nell’ambito della giustizia sportiva i cui precedenti avrebbero, comunque, dovuto indurre gli amministratori non esecutivi della Juventus S.p.A. ad una maggiore prudenza e cautela sul piano gestionale, sempre in ossequio al criterio della corretta e sana amministrazione societaria”. Conclusivamente il Collegio di Garanzia dello Sport in relazione ai ricorsi 17/2023 e 18/2023: “dispone l’annullamento della decisione impugnata in parte qua, rinviando alla Corte Federale di Appello, in diversa composizione, affinché rinnovi la valutazione con particolare riferimento alla determinazione dell’eventuale apporto causale dei singoli amministratori e con riferimento alle singole posizioni, valutandone le conoscenze ad ognuna di esse attribuibili in base all’art. 2392 c.c., fornendone adeguata motivazione ed attribuendo un coerente rilievo sanzionatorio che risulti in linea con l’assenza di violazioni riferibili all’attività gestionale/sportiva in capo ai ricorrenti”. Precisa altresì il Collegio che laddove l’annullamento intervenga pe mancanza o manifesta illogicità della motivazione, “la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio, che conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al capo della sentenza oggetto del giudizio di legittimità”. 4) L’annullamento parziale della decisione della CFA, in relazione al profilo sanzionatorio, riverbera i suoi effetti anche sulla posizione della F.C. Juventus spa atteso che l’art. 6, comma 2 del CGS-FIGC sancisce il principio della responsabilità della società non solo per l’operato di chi la rappresenta, ma anche per l’operato dei dirigenti, dei tesserati. “Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus F.C. S.p.A. risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l’accertato vizio motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte Federale d’Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi anche della stessa società Juventus F.C. S.p.A”. “Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di accoglimento sui ricorsi n. 17/2023 e n. 18/2023 si estendono, per trascinamento, alla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. (ricorso n. 13/2023), nei cui confronti il Giudice del rinvio dovrà compiere le sue valutazioni in ordine alla conseguente misura della irrogata sanzione”. Conclude da ultimo il Collegio che: “spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”. Spetta, quindi, al Giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e, poi, accertati nel giudizio”. Con Dispositivo n. 0112/CFA-2022-2023 pubblicato in data 22 maggio 2023 veniva statuito quanto segue: la Corte Federale di Appello – sezioni unite: “a) proscioglie dalle incolpazioni ascritte i sigg.ri ....; b) irroga alla società F.C. Juventus spa la sanzione della penalizzazione di punti 10 (dieci) in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva”.

Massima:  Il giudizio di rinvio. L’art. 3, comma 2, CGS, rinvia, per, per quanto non previsto dal codice, alle disposizioni del codice della giustizia sportiva adottato dal Coni, il quale all’art. 2, comma 6, testualmente dispone: “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile”. Facendo corretta applicazione di tale principio la disciplina del “giudizio di rinvio” trova la sua collocazione nell’art. 394 cpc.  Quest’ultimo, nell’interpretazione oramai consolidata che ne ha dato, nel tempo la Suprema Corte di cassazione (tra le tante Cass., sezione II, 5 maggio 2022, n. 14249; sez. II, 30/11/2021, n.37469) ha portato alla definizione di alcuni principi. a) Il giudizio di rinvio è un processo “chiuso” tendente ad una nuova statuizione (nell'ambito fissato dalla sentenza di cassazione), in sostituzione di quella cassata: perciò comportante che i limiti e l'oggetto restano fissati dalla sentenza di annullamento, che non può essere né sindacata, né elusa dal giudice di rinvio, neppure in caso di constatato errore. b) Nel giudizio di rinvio resta preclusa alle parti la proposizione di questioni che non soltanto introducano un thema decidendum diverso da quello discusso nelle precedenti fasi processuali, ed in relazione al quale la Corte di Cassazione ha enunciato il principio di diritto, ma che detto thema decidendum tendono a rimettere in discussione onde conseguire statuizioni correttive, modificative o sostitutive di quelle cui è pervenuto il giudice di legittimità. c) La funzione prosecutoria del giudizio di rinvio comporta che la designata Corte distrettuale sia tenuta ad emanare una pronuncia di merito che, applicando i criteri di giudizio indicati dalla Suprema Corte remittente, sostituisca quella cassata, beninteso limitatamente alle questioni decise nei capi cassati ed in quelli dipendenti. d) Dal carattere predeterminato dell'oggetto del giudizio di rinvio discende il divieto alle parti di formulare nuove conclusioni e, quindi, di proporre domande ed eccezioni nuove, a meno che queste ultime non si correlino allo jus superveniens, oppure attengano a nuovi fatti impeditivi, modificativi, estintivi verificatisi in un momento successivo a quello della loro possibile allegazione nelle pregresse fasi di merito. Resta, per ciò stesso, preclusa la riproponibilità di questioni involte dal giudicato formatosi sui restanti capi non cassati. e) Il carattere c.d. "chiuso", del giudizio di rinvio, si riflette sul patrimonio probatorio acquisito agli atti, posto che la controversia va riproposta nello stato di istruzione nel quale fu pronunciata la sentenza cassata; ne consegue che non è consentita la produzione di nuovi documenti, salvo che fatti sopravvenuti o la stessa pronuncia di cassazione rendano necessaria un'ulteriore attività probatoria ovvero la produzione investe documenti che non sono stati prodotti per causa di forza maggiore. Facendo corretta applicazione di detti principi al caso di specie ne consegue che: Nei confronti di Andrea Agnelli, Fabio Paratici, Federico Cherubini e Maurizio Arrivabene devono ritenersi definitive e quindi passate in giudicato, limitatamente al giudizio sportivo, tutte le statuizioni di condanna della decisione resa dalla CFA in sede di revocazione, n. 63/CFA/2022/2023, e conseguentemente ai sensi dell’art. 31, comma 1 quella propria della società ed ai sensi dell’art. 6, comma 1 CGS anche quella, di natura diretta ed oggettiva della società Juventus, in relazione all’an, salvo quanto si dirà in prosieguo, per effetto della pronuncia di rinvio, in ordine al quantum della sanzione.

Massima: L’art. 4, comma 1, CGS – Doveri di lealtà, correttezza e probità. I doveri di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art.4, comma 1, C.G.S., si connotano, nei confronti dei soggetti dell’ordinamento sportivo, in maniera più intensa rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento. Infatti, la diposizione di cui all’art. 4 del Codice della giustizia sportiva non si risolve in una norma di tipo residuale, alla cui applicazione dovrebbe ricorrersi in mancanza di previsioni specifiche, ma costituisce, al contrario, una “clausola generale” al cui contenuto precettivo i soggetti dell’ordinamento sportivo devono ineludibilmente conformare la propria condotta. I principi di correttezza e lealtà sportiva rinviano a norme sociali o di costume da autorevole dottrina paragonate a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la normativa all’evoluzione della realtà sociale di riferimento e di recepire e salvaguardare i valori comunemente avvertiti come irrinunciabili dalla comunità degli sportivi (Cfr. CFA, sezione I, n. 682022/2023). La disposizione, la cui violazione è stata formalmente contestata agli amministratori della società condannati in via definitiva, che rileva in maniera pregnante nel presente giudizio, per quanto si dirà in seguito in ordine al quantum della sanzione, non ha “natura e funzione residuale”, ma come ripetutamente chiarito da questa Corte: “costituisce, al contrario, clausola generale, nella quale sono enunciati detti doveri, cui i soggetti dell’ordinamento sportivo devono ineludibilmente conformare la propria condotta: “l’art. 4, comma 1, del CGS, lungi dal costituire una norma in bianco, non può essere ricostruito e applicato secondo i canoni propri del diritto penale e, in specie, di quelli di determinatezza e tassatività. Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione a esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di aderire a una diversa prospettiva e di dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte. Si spiega così la presenza di disposizioni, quale l’art. 4, comma 1, del CGS, caratterizzate dalla enunciazione di principi e da un certo grado di flessibilità, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza. L’art. 4, comma 1, redatto secondo la tecnica della normazione sintetica, sfugge a una descrizione puntuale delle singole tipologie di comportamento, che presenterebbe l’inconveniente dell’eccesso casistico, per ricorrere a elementi normativi che rinviano a una fonte esterna come parametro per la regola di giudizio da applicare al caso concreto (la lealtà, la probità, la correttezza) secondo il prudente apprezzamento del giudice. Si tratta (per utilizzare una classificazione propria del diritto penale, senz’altro riferibile anche all’illecito sportivo) di elementi normativi extragiuridici che rinviano a norme sociali o di costume e da autorevole dottrina paragonati a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la disciplina trattata all’evoluzione della realtà sociale di riferimento in questo caso, alla realtà propria dell’ordinamento sportivo” (Cfr. CFA, S.U., n. 902022/2023; sez. I, n. 52-2022/2023).

Massima: L’art. 6, comma 1, CGS – Responsabilità diretta della società. L’art. 6, comma I, del CGS, che, per quanto di interesse, è oggetto di applicazione nel presente giudizio, assurge a referente di carattere generale per quanto concerne la responsabilità disciplinare dei sodalizi sportivi scaturente dalla inosservanza dei comportamenti imposti dalla normativa di settore per assicurare la salvaguardia e la conservazione dei valori fondamentali che informano lo sport e la sua pratica, distingue differenti ipotesi. In particolare, quanto alla fattispecie in esame, il primo comma, configura la responsabilità c.d. “diretta” della società, la quale risponde direttamente dell’operato di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali. Essa trova fondamento nel rapporto di immedesimazione organica che lega il sodalizio sportivo a (colui o) coloro che, al suo interno, sono investiti del potere di agire in nome di questo. Affinché la responsabilità possa trasmettersi e risalire dal rappresentante al rappresentato non è necessaria alcuna indagine circa l’effettiva utilità per l’ente della condotta antisportiva (che si presume iuris et de iure). Tale ipotesi di responsabilità è stata sempre inquadrata dalla giurisprudenza sportiva come ipotesi di responsabilità oggettiva (Cfr. CFA sez. I, n. 52-2022/2023). Tale responsabilità opera, per sua natura, per la semplice ricorrenza del nesso formale che lega il tesserato responsabile di un’infrazione dei precetti disciplinari e la società cui è contrattualmente legato, all’accertata condizione che l’infrazione stessa sia commessa durante, o trovi causa o possibilità di esplicazione nella attività sportiva cui il tesserato è tenuto; nessuna delle forme di elemento soggettivo (dolo o colpa) necessarie per integrare le figure tipiche della responsabilità previste da altri rami dell’ordinamento di diritto comune è prevista in ambito sportivo; la responsabilità oggettiva trova fondamento nella centralità assunta nel diritto sportivo dal principio di precauzione, che impone l’adozione delle misure idonee, prima che a sanzionare, a prevenire la possibilità di commissione di illeciti che influiscano negativamente sul corretto svolgimento dell’attività sportiva; nella responsabilità oggettiva vale infatti anche il cd. principio di prevenzione, per cui l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è prevalente rispetto al criterio di imputazione della responsabilità a carico della società calcistica; tali assiomi svolgono altresì il compito di responsabilizzare le società in modo che pongano in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare che accadano fatti reputati illeciti dall’ordinamento sportivo e scelgano con accortezza i propri tesserati, al fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi (Cfr. CFA - Sezioni unite, n. 58-2021/2022; sezione I, n. 77-2021/2022; sezione I, n. 52-2022/2023).

Massima: La posizione dei Consiglieri di amministrazione non muniti di deleghe - … - Il Collegio di garanzia dello Sport ha annullato in parte qua, la decisone della Corte Federale di appello n. 63-2022/2023, nella misura in cui è carente la motivazione nel declinare la responsabilità degli amministratori privi di deleghe operative, disponendo che “il giudice del rinvio debba rinnovare la valutazione con particolare riferimento alla determinazione dell’eventuale apporto causale dei singoli amministratori e con riferimento alle singole posizioni, valutandone le conoscenze ad ognuna di esse attribuibili in base all’art. 2392 c.c.”. La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che l'obbligo imposto dall'articolo 2381, ultimo comma, del codice civile agli amministratori delle società per azioni di “agire in modo informato”, pur quando non siano titolari di deleghe, si declina, da un lato, nel dovere di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare ovvero attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui siano, o debbano essere, a conoscenza; dall'altro, in quello di informarsi, affinché tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che gli stessi possano procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze (Cassazione civile sez. II, 16/05/2022, n.15585).  In altri termini, ha chiarito il Collegio di garanzia dello Sport, richiamando anche l’orientamento della Suprema Corte, che la responsabilità degli amministratori privi di specifiche deleghe operative non può discendere da una generica condotta di omessa vigilanza, tale da trasmodare nei fatti in responsabilità oggettiva, ma deve riconnettersi alla violazione del dovere di agire informati, sia sulla base delle informazioni che a detti amministratori devono essere somministrate, sia sulla base di quelle che essi stessi possono acquisire di propria iniziativa. In definitiva, gli amministratori (i quali non abbiano operato) rispondono delle conseguenze dannose della condotta di altri amministratori (i quali abbiano operato) soltanto qualora: a) siano a conoscenza di necessari dati di fatto tali da sollecitare il loro intervento, ovvero: b) abbiano omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire informati. Ne discende che, nel contesto normativo attuale, gli amministratori non operativi rispondono per non aver impedito "fatti pregiudizievoli" dei quali abbiano acquisito in positivo conoscenza (anche per effetto delle informazioni ricevute ai sensi dell'articolo 2381, terzo comma, c.c.), ovvero dei quali debbano acquisire conoscenza, di propria iniziativa, ai sensi dell'obbligo posto dall'ultimo comma dell'articolo 2381 c.c.: per il che occorre che la semplice facoltà di “chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società” sia innescata, così da trasformarsi in un obbligo positivo di condotta, da elementi tali da porre sull'avviso gli amministratori alla stregua della "diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze": altrimenti si ricadrebbe nella configurazione di un generale obbligo di vigilanza che la riforma ha invece volutamente eliminato (Cass., sez. I, 31/08/2016, n. 17441). Anche la giurisprudenza penale richiamata dal Collegio remittente ha chiarito che il concorso per omesso impedimento dell'evento dell'amministratore privo di delega è configurabile quando, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle condotte illecite tenute dai consiglieri operativi in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell'effettiva conoscenza di fatti pregiudizie oli per l società o, quanto meno, di "segnali di allarme" inequivocabili dai quali desumere, secondo i criteri propri del dolo eventuale, l'accettazione del rischio del verificarsi dell'evento illecito e, dall'altro, della volontà, nella forma del dolo indiretto, di non attivarsi per scongiurare detto evento, dovendosi infine accertare, sulla base di un giudizio prognostico controfattuale, la sussistenza del nesso causale tra le contestate omissioni e le condotte delittuose ascritte agli amministratori con delega (Cassazione penale sez. V, 13/06/2022, n.33582). Facendo applicazione di detti principi il Collegio di Garanzia dello Sport ha distinto tra la gestione societaria e quella sportiva di una società calcistica, anche laddove quotata in borsa come la società F.C. Juventus spa, evidenziando una distinzione tra la posizione dei dirigenti che hanno posto in essere operazioni di natura sportiva (tra le quali, per quanto di interesse, l’acquisizione e cessione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori, demandata e delegata esclusivamente all’area sportiva, che ha generato plusvalenze ed oggetto del presente giudizio) e gli amministratori, che in quelle operazioni non appaiono risultare coinvolti o informati e che, comunque, non vi abbiano partecipato. Sotto diverso profilo, il collegio di Garanzia dello Sport, ha evidenziato che l’effettiva partecipazione e consapevolezza dei componenti del CdA, non muniti di deleghe, con compiti di gestione societaria e non sportiva, in relazione alle operazioni di natura sportiva di che trattasi, sconta anche l’esame del modello organizzativo adottato dalla società calcistica con riferimento al ruolo ed alla funzione del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili ex art. 154-bis del D.lgs. 24/02/1998, n. 58 (T.U.F.), il cui operato “risulterebbe in linea con l’inconsapevolezza di tutti i membri del CdA, non esecutivi, della Juventus spa, in relazione alle operazioni contestate”. Il comma 2 del citato articolo 154-bis dispone che: “Gli atti e le comunicazioni della società diffusi al mercato, e relativi all'informativa contabile anche infrannuale della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri e alle scritture contabili”. Osserva il Collegio di Garanzia al riguardo che la figura del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili svolge una funzione societaria sostanziale di attestazione di “conformità dei documenti ai principi contabili internazionali ed alle risultanze dei libri e delle scritture contabili”. Il ruolo e la funzione di tale figura professionale andava valutato, al fine di escludere o meno, la responsabilità dei consiglieri non muniti di delega operativa. All’interno di questo stretto perimetro si pongono le considerazioni di competenza di questa Corte, in ordine alla valutazione “dell’apporto causale” degli amministratori del CdA senza delega. Al riguardo nessun riscontro oggettivo è rinvenibile nell’atto di deferimento del 1° aprile 2022 che nel richiamare la relazione di indagine, individua, genericamente (pag. 114/118), la violazione dell’art. 4, CGS nell’aver disatteso l’obbligo di “agire informato”, nella mera approvazione delle trimestrali e dei bilanci interessati dalle plusvalenze. In tal senso risulta obliterato il principio di contestazione, quanto meno sotto il profilo probatorio, di cui all’art. 125, comma 4 CGS secondo cui “nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite”. Del resto, l’atto di deferimento venne disatteso sia in I che in II grado rispettivamente dal TFN – sezione disciplinare - con decisione n. 128/2021-2022 e dalla CFA con pronunzia n. 89/2021/2022 (poi oggetto di revocazione). Analogamente, nessun riscontro oggettivo, per come richiesto dal Collegio di Garanzia dello Sport è rinvenibile, con riferimento alla posizione dei consiglieri non operativi, nel ricorso per revocazione, che svolge peraltro il ruolo di atto di deferimento integrativo, che assorbe, anche per relationem, la relazione della Procura federale del 20/12/2022 e tutti gli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino (circa 14mila pagine). Nella revocazione gli elementi di novità (pag. 29 e seguenti) erano rappresentati dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali, dai documenti oggetto di sequestro giudiziario e dagli atti di indagine della Consob. Il processo sportivo è retto “latu sensu” dal principio inquisitorio (CFA S.U. n. 105-2020/2021) e le prove sono acquisite anche su iniziativa del giudice, che ha poteri di ricerca autonomi delle fonti materiali di prova e dei fatti ritenuti rilevanti e che può e deve accertare qual è effettivamente la verità (ovviamente di carattere processuale), al di là di là di quanto indicato dalle parti. In definitiva, i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini disciplinari presenti in altri processi, non possono essere tout court utilizzati nel processo sportivo, stante l’autonomia degli organi di giustizia sportiva e del relativo strumento processuale rispetto agli organi giurisdizionali civili, penali e amministrativi. Tuttavia, dalla documentazione probatoria offerta dalla Procura Federale e, comunque, dalla mole di documentazione allegata al fascicolo di causa non risulta evidenza della responsabilità dei Consiglieri non operativi nei termini richiesti dal Collegio di Garanzia dello Sport. Tutte le intercettazioni, quasi sempre de relato, non consentono di individuare alcun elemento che dia conto di consapevolezza o condivisione da parte dei consiglieri non delegati, in ordine ai fatti oggetto di deferimento. La Procura federale ravvisa nel concetto di “responsabilità da posizione” il fondamento del comportamento colpevole dei consiglieri non operativi. In altri termini, soprattutto l’approvazione dei bilanci, riferiti alle annualità in contestazione, genera, secondo la Procura federale, la violazione dell’obbligo di agire informato. Ma tale tesi risulta superata dal Collegio di Garanzia dello Sport ed entro i limiti delineati da quest’ultimo deve svolgersi l’analisi di questa Corte sul riscontro “dell’apporto causale” dei consiglieri non operativi al fine di arrivare ad una statuizione di condanna.   In altri termini, non si rinviene dalla complessa attività di indagine la presenza di “segnali d’allarme” idonei ad incidere negativamente sul dovere di agire informati dei componenti del CdA della Juventus sia nella forma: a) di essere a conoscenza di necessari dati di fatto tali da sollecitare il loro intervento; sia nell’ipotesi: b) di aver omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire informati. Del resto, come osservato anche dal Collegio di Garanzia (pag. 69), il Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili (e nemmeno i revisori dei conti, come si afferma nella memoria dei Consiglieri – circostanza questa non smentita dalla Procura) nelle relazioni periodiche al bilancio o nelle altre informative al CdA non ha (e non hanno) mai sollevato criticità in merito alla presenza in bilancio delle poste oggetto di deferimento. Analogamente le intercettazioni riferite a Pavel Nedved, Enrico Vellano e Francesco Roncaglio, che per doveri di sinteticità della motivazione imposto dall’art. 51, comma 1, CGS non si riportano, non consentono di dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, l’apporto causale alle operazioni di gestione sportiva, che ha portato alla condanna dei consiglieri muniti di delega operativa. Quanto agli altri componenti del CdA non muniti di delega, non risulta traccia di alcun elemento di prova a loro carico se non la “responsabilità da posizione” di cui si è ampiamente detto, ritenuta insufficiente dallo stesso Collegio di Garanzia dello Sport. In definitiva, il materiale probatorio offerto, anche letto alla luce della difesa conclusiva svolta all’udienza odierna dalla Procura federale, non raggiunge lo standard probatorio richiesto per l’affermazione della responsabilità in ambito sportivo, seppure detto standard, come è noto, si attesti ad un livello inferiore rispetto ad altri ambiti processuali (CFA, Sez. I, n. 24/2022-203; CFA, Sez. IV, n. 18/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 87/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 81/2021-2022; CFA, sez. I, n. 76/2021-2022; CFA, Sez. III, n. 68/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022; dettagliatamente, CFA, SS. UU., n. 105/2020-2021, § 3) e ciò vale, in generale, per tutti i consiglieri del CdA non esecutivi e, in particolare, per il consigliere Pavel Nedved, la cui posizione la Procura federale, sia in sede di deferimento che della successiva istanza di revocazione, non aveva in alcun modo differenziato rispetto agli altri consiglieri di Amministrazione non provvisti di delega. Conclusivamente, nessun documento di indagine è idoneo a dimostrare il concorso dei Consiglieri senza delega alla gestione delle operazioni sportive che hanno determinato “plusvalenze da operazioni incrociate”, e quindi la violazione dell’obbligo di agire informato, sia nella forma attiva che in quella omissiva di cui si è già dato conto. Ne consegue il proscioglimento degli stessi dalle accuse loro ascritte.

Massima: La posizione della società F.C. Juventus spa Come già esposto, per effetto del giudicato sportivo formatosi sulle parti della decisione della n. 63-2022/2023 della CFA, non cassate dal Collegio di Garanzia dello Sport, alla condanna di ...., quali Presidente e consiglieri muniti di delega, ne consegue, anche in termini di giudicato, ai sensi dell’art. 6, comma 1, CGS anche quella, di natura diretta ed oggettiva della società Juventus, in relazione all’an. Va rimarcato che anche la contestazione della violazione dell’art. 31, comma 1, CGS in punto di gestione economica è passato in giudicato. In ordine al quantum il Collegio di garanzia, avendo cassato con rinvio la posizione dei Consiglieri non delegati, ha annullato “per trascinamento” la sanzione irrogata dalla CFA in sede di revocazione di punti 15 di penalizzazione, invitando il giudice del rinvio a rivalutare la misura della sanzione da irrogare alla società di calcio. La società sportiva sia nella memoria difensiva che a conclusione dell’udienza ha declinato le seguenti conclusioni: a. in via principale il proscioglimento in ragione dell’applicazione dell’esimente ex art. 7 CGS a seguito dell’adozione del modello di prevenzione; b. in via subordinata l’applicazione della sanzione pecuniaria dell’ammenda ex art. 8, comma 1, lett. b) CGS nella misura non superiore ad euro 500.000,00; c. In via ulteriormente subordinata l’applicazione ex art. 8, comma 1, lett. g) della sanzione della penalizzazione di punti in classifica fino ad un massimo di 5 punti, da scontare nel presente campionato oppure nella prossima stagione sportiva.

Massima: L’esimente o in subordine l’attenuante del modello di prevenzione ex art. 7 CGS L’art. 7 del CGS, che si applica a tutte le ipotesi di cui all’art. 6, rubricato “ Scriminante o attenuante della responsabilità della società”, prevede che il Giudice Sportivo, al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società, valuti l’adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all’art. 7, comma 5 dello Statuto FIGC. In attuazione di tale ultima disposizione, il Consiglio Federale ha approvato le linee guida (C.U. n. 131/L del 4 ottobre 2019), dettando una serie principi ai quali le società dovranno attenersi nell’adozione di c.d. “Modelli di prevenzione”. Il rispetto delle linee guida consente di accertare un’assenza di colpa in capo alle società. Queste ultime dovranno, dunque, provare di aver attivato ed effettivamente, correttamente ed appropriatamente utilizzato un modello organizzativo ed un organismo di vigilanza, controllo e prevenzione tali, da consentire da un esame concreto della fattispecie un esimente o attenuazione di responsabilità. Laddove adottato viene demandato agli organi di giustizia sportiva la verifica in concreto se il modello adottato e le relative cautele prese possano costituire un esimente o un’attenuazione della responsabilità ex art. 7 CGS (Cfr. CFA, S.U. n. 58/2021-2022; CFA, S.U. n. 912022/2023). La società invoca l’esimente, ovvero l’attenuante ex art. 7 CGS, avendo adottato in data 28 maggio 2020 il modello di prevenzione e la nomina dell’organismo di garanzia. In disparte che si dubita della “idoneità ed efficacia” del modello adottato, attesa la gravità dei fatti per i quali si è formato un giudicato di condanna in sede sportiva nei confronti del Presidente e dei Consiglieri muniti di delega, il motivo con cui si invoca l’applicazione dell’art. 7 CGS è inammissibile per due ordini di ragioni. a) Innanzitutto, la produzione documentale delle parti (tra cui il Modello di prevenzione) è stata dichiarata irricevibile e quindi stralciata dagli atti del giudizio di rinvio per le considerazioni espresse al punto 4) della presente decisione. b) Inoltre, la medesima questione era stata già sollevata dalla Juventus come motivo IX di ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia ed espressamente scrutinato (punto 9 della decisione). Quest’ultimo ha dichiarato la censura in parte inammissibile ed in parte infondata per due motivi. c) Mancanza della dimostrazione che quel modello fosse idoneo in concreto a prevenire i comportamenti quali quelli verificatisi e contestati e che pertanto valga ad escludere o ad attenuare la responsabilità della società. d) Irrilevanza della questione tenuto conto che, la vicenda è emersa in tutta la sua rilevanza, non in forza del contributo fornito dagli organi di vigilanza, ma in forza dell’apporto di soggetti esterni (Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, Conso e Covisoc). In forza della statuizione del Collegio di Garanzia dello Sport, si è formata una preclusione di ordine processuale, in quanto sulla questione è maturato il giudicato, non rientrando nello stretto perimetro degli argomenti oggetto del giudizio di rinvio.

Massima: L’applicazione della sanzione pecuniaria dell’ammenda ex art. 8, comma 1, lett. b) CGS nella misura non superiore ad euro 500.000,00. In via subordinata la società sportiva invoca per la responsabilità ex art. 6, comma 1, CGS, di cui l’aspetto relativo all’ an è passato in giudicato, l’applicazione della sanzione pecuniaria dell’ammenda ex art. 8, comma 1, lett. b), CGS nella misura non superiore ad euro 500.000,00. Premesso che, come evidenziato a pag. 149 dell’atto di deferimento e per quanto di interesse, alla società Juventus risulta contestata sia la responsabilità propria ai sensi dell’art. 31 comma 1, del CGS per avere alterato sistematicamente i documenti contabili depositati presso la Co.Vi.So.C. a partire almeno dalla situazione trimestrale al 31 marzo 2019 ed almeno fino alla situazione trimestrale al 31 marzo 2021; sia quella diretta ai sensi dell’art. 6, comma 1, del CGS per gli atti e comportamenti posti in essere dagli amministratori così come riportati nei rispettivi capi di incolpazione. Va rilevato altresì che la sanzione dell’ammenda con diffida è prevista dal comma 1 dell’art. 31 per le violazioni in materia di gestione economica, mentre l’art. 8 CGS in ordine alle sanzioni da irrogare alle società sportive, contempla alla lettera g) anche la penalizzazione di uno o più punti in classifica. Si osserva al riguardo che dal combinato disposto dell’art. 12, comma 1 e 44, comma 5 CGS la misura della sanzione deve tener conto della natura e della gravità dei fatti commessi (art. 12) e deve avere carattere di effettività ed afflittività (art. 44). Circostanza questa che trova conferma anche nella decisione del Collegio di garanzia che nel rigettare il secondo motivo di ricorso (pag. 36) ha ribadito che “non è fondata la questione riguardante la tipologia della sanzione irrogata in concreto dalla CFA nella contestata decisione, tenuto conto che è nelle prerogative dell’organo giudicante irrogare una sanzione adeguata tra quelle previste per l’illecito accertato dal CGS”. Al riguardo il Collegio di Garanzia (punto 7.2.1) ha già delibato, nel respingere il motivo di ricorso che “la sentenza è ampiamente motivata anche sulla necessità di irrogare una sanzione severa a causa della gravita dei fatti emersi e che la penalizzazione in classifica è fra le sanzioni previste, all’art. 8, lettera g) del CGS per il caso della violazione dell’art. 4, comma 1 CGS e che ai sensi della stessa disposizione la sanzione deve essere afflittiva”. Le considerazioni del Collegio, unitamente a quanto si dirà in seguito in ordine all’irrogazione della sanzione della penalizzazione, escludono in radice, atteso anche il giudicato maturato sul punto, che possa avere ingresso la subordinata avanzata dalla società sportiva di irrogazione della sola ammenda per carenza del requisito dell’afflittività e della proporzionalità. Peraltro, non coglie nel segno l’obiezione della società laddove osserva che nei primi due gradi di giudizio la Procura federale aveva invocato l’applicazione della sola sanzione pecuniaria per euro 800.000,00. Tale misura era conseguente alle risultanze probatorie rinvenute prima del giudizio di revocazione e quindi prima dell’acquisizione della documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino.

Massima: Il riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 13, comma 1 lettera c) CGS e/o ex art. 13 comma 2 CGS La Juventus, rilevato che in data 28/11/2022 si è dimesso l’intero CdA e che in data 18/1/2023 è entrato in carica il nuovo “Board” e che, per effetto di tali cambiamenti, non sono più in carica tre dei quattro deferiti per i quali è intervenuta la decisione di condanna, invoca l’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 13, comma 1 lettera c), ovvero dall’art. 13, comma 2, CGS. La richiesta non è suscettibile di favorevole scrutinio. Il presupposto per l’applicazione dell’attenuante in esame è rappresentato dal fatto che “l’essersi adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose dell’infrazione”, intervenga “prima del giudizio”. Nella fattispecie in esame, per contro, il deferimento reca la data del 1° aprile 2022, mentre l’atto di dimissione dell’intero CdA è intervenuto il 28/11/2022, quando il processo sportivo era da tempo iniziato.

Massima: La sanzione di punti 10 di penalizzazione in classifica alla società sportiva Juventus spa. L’annullamento parziale della decisione della CFA, n. 63-2022/2023, in relazione al profilo sanzionatorio, riverbera i suoi effetti anche sulla posizione della F.C. Juventus spa atteso che l’art. 6, comma 2, del CGS sancisce il principio della responsabilità della società non solo per l’operato di chi la rappresenta, ma anche per l’operato dei dirigenti, dei tesserati. Osserva al riguardo il Collegio di Garanzia che: “Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus F.C. S.p.A. risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l’accertato vizio motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte Federale d’Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi anche della stessa società Juventus F.C. S.p.A”. “Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di accoglimento sui ricorsi n. 17/2023 e n. 18/2023 si estendono, per trascinamento, alla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. (ricorso n. 13/2023), nei cui confronti il Giudice del rinvio dovrà compiere le sue valutazioni in ordine alla conseguente misura della irrogata sanzione”. Conclude da ultimo il Collegio che: “spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”. Spetta, quindi, al Giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e, poi, accertati nel giudizio”. Conseguentemente, in forza del principio fissato dal Collegio di Garanzia, ed atteso che con la presente decisione (punto 5) questa Corte Federale ha prosciolto dalle accuse mosse tutti i consiglieri di amministrazione senza delega, si impone la necessità di (ri)determinare, anche ai sensi dell’art. 12, comma 1, CGS, in relazione alla posizione della Juventus, la tipologia e l’ammontare della sanzione in relazione alla natura e gravità dei fatti commessi e accertati in giudizio.Al riguardo si dà atto che la Procura Federale a chiusura dell’udienza ha chiesto, nei confronti della società F.C. Juventus spa ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera g) CGS, “sulla base dei principi indicati dal Collegio di Garanzia, nonché tenuto conto della classifica del campionato in corso e del principio di afflittività, irrogarsi la sanzione della penalizzazione di punti 11 (undici) da scontarsi nella corrente stagione sportiva portando quindi la società da 69 a 58 punti. Ogni diversa sanzione che permettesse alla società di partecipare alle competizioni europee sarebbe inutiliter data”. Il difensore della società sportiva ha concluso, come meglio articolato nella memoria, “per il proscioglimento della Juventus in relazione all’idonea, efficace ed efficiente applicazione del modello 231; in subordine chiede l'applicazione di una sanzione pecuniaria come da conclusioni scritte ed in estremo subordine una penalizzazione di punti in classifica non superiore a 5” (Per entrambe le richieste vedasi il verbale di udienza). Tanto premesso, come chiarito al punto 3) della presente decisione, la responsabilità del sodalizio sportivo trova fondamento nell’art. 6, I comma, CGS il quale prescrive che “La società risponde direttamente dell’operato di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali”. Come già chiarito, essa si colloca nel rapporto di immedesimazione organica che lega il sodalizio sportivo a (colui o) coloro che, al suo interno, sono investiti del potere di agire in nome di questo. Affinché la responsabilità possa trasmettersi e risalire dal rappresentante al rappresentato non è necessaria alcuna indagine circa l’effettiva utilità per l’ente della condotta antisportiva (che si presume iuris et de iure). Tale ipotesi di responsabilità è stata sempre inquadrata dalla giurisprudenza sportiva come ipotesi di responsabilità oggettiva. Conseguentemente, atteso che la statuizione di condanna nei confronti dei Consiglieri muniti di delega, incluso il Presidente del CdA, (Andrea Agnelli, Fabio Paratici, Maurizio Arrivabene e Federico Cherubini) sancita dalla CFA con decisione n. 63-2022/2023 è divenuta definitiva in ambito sportivo, a seguito del rigetto del loro ricorso da parte del Collegio di Garanzia dello Sport con la decisione n. 40 dell’8/05/2023, è definitiva anche la responsabilità diretta della società sportiva, nei cui confronti è da (ri)determinare solo la tipologia e l’ammontare della sanzione per le ragioni chiarite all’inizio del presente punto 6.5. Al riguardo, richiamando quanto esposto al punto 2) della presente decisione, i doveri di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art. 4, comma 1, C.G.S., (in violazione dei quali è stato censurato l’operato dei Consiglieri “operativi”) si connotano, nei confronti dei soggetti dell’ordinamento sportivo, in maniera più intensa rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento. Infatti, la diposizione di cui all’art. 4 del Codice della giustizia sportiva costituisce una “clausola generale” al cui contenuto precettivo i soggetti dell’ordinamento sportivo devono ineludibilmente conformare la propria condotta. I principi di correttezza e lealtà sportiva rinviano a norme sociali o di costume che consentono di adeguare costantemente la normativa all’evoluzione della realtà sociale di riferimento e di recepire e salvaguardare i valori comunemente avvertiti come irrinunciabili dalla comunità dello sport. Pertanto, la violazione dei principi codificati dall’art. 4 CGS, da parte dei Consiglieri operativi e le sanzioni loro irrogate costituisce, come meglio si specificherà in seguito, un parametro di riferimento in termini di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza in ordine alla sanzione da irrogare al sodalizio sportivo. Quanto alla tipologia di sanzione da infliggere, si è già chiarito al punto 6.2 perché ai sensi del combinato disposto degli artt. 12, comma 1 e 44, comma 5 CGS non sia condivisibile l’applicazione della sola sanzione dell’ammenda ex art. 8 comma 1, lettera b) CGS, come proposta in via subordinata dalla Juventus spa. Ritiene il Collegio che la sanzione da applicare al caso in esame, per come si specificherà in seguito, è quello della penalizzazione di punti in classifica ex art. 8, comma 1 lettera g) CGS. Costituisce pacifica giurisprudenza di questa Corte che l’entità della sanzione va commisurata in primo luogo alla gravità dell’illecito - nel quadro delle circostanze di fatto - in quanto la sua efficacia deterrente, per poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo (Cfr. CFA, sezione I, n. 31-2022/2023; sezione I n. 70-2022/2023; sezione I° n. 7-2022/2023; sezione IV, n. 55-2020/2021).

Massima: Quanto alla gravita dei fatti – ex art. 12, comma 1 CGS - valga quanto delibato dalla CFA nel giudizio di revocazione (CFA n. 63-2022/2023): “a) la natura ripetuta, su più esercizi, del comportamento censurato e, dunque, la relativa effettiva qualificazione come sistematica; (b) la rilevanza del comportamento sulla ripetuta violazione dei principi di verità e correttezza dei bilanci interessati dalle operazioni sopra descritte, anche indipendentemente da una specifica quantificazione numerica della alterazione (comunque oggettivamente rilevante) ed anche indipendentemente dalla qualificazione di detti bilanci come falsi; (c) la particolare rilevanza che deve essere assegnata ad un tale comportamento di inattendibilità dei bilanci rispetto al grado specifico di lealtà che deve essere richiesto ad una società sportiva, a maggior ragione ove essa abbia deciso di quotarsi; (d) la già richiamata invasività della consapevolezza a più livelli dirigenziali e societari di un comportamento non corretto (sul piano quanto meno sportivo); (e) le modalità specifiche con le quali il comportamento ha costantemente alterato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, essendo emersi episodi di oggettiva opacità rispetto alla natura coeva e permutativa delle operazioni di scambio, così come episodi di mancata comunicazione di carteggi ritenuti dalla stessa FC Juventus S.p.A. rilevanti per la determinazione dei corretti valori delle operazioni compiute o addirittura episodi di modificazione delle fatturazioni al fine di non far emergere i fenomeni integralmente compensativi delle operazioni condotte; (f) lo stesso necessario intervento della Consob a fini di enforcement dell’informazione contabile (con una delibera Consob che non risulta impugnata dalla FC Juventus S.p.A.), misura quest’ultima che, benché non impugnatoria dei bilanci della FC Juventus S.p.A., ha particolare valenza di comunicazione al pubblico del comportamento corretto (invece inadempiuto) che l’emittente avrebbe dovuto avere”. Tutti i citati indici di riferimento, se si esclude in parte il punto d) limitatamente ad i dirigenti non operativi la cui statuizione di condanna è stata dapprima annulla e poi riformata, trovano tuttora conferma e piena validità nel giudicato formatosi sulla questione alla luce della statuizione del Collegio di Garanzia (pag. 62) che per comodità si trascrive: “11.1.5. Ciò premesso, le censure sollevate risultano evidentemente infondate. Non sussiste, poi, la dedotta violazione di carenza di motivazione della sanzione perché i parametri di riferimento per l’irrogazione della sanzione sono una serie complessa di elementi, analiticamente elencati nelle lettere da a) a f), alle pagine 33 e 34 della sentenza impugnata, e che non si trascrivono per evidenti ragioni di brevità. Essi rappresentano altrettanti tasselli del complessivo ragionamento seguito dalla Corte Federale d’Appello. Al fine di irrogare la sanzione, la Corte ha tenuto espressamente conto della “particolare gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione che il quadro probatorio emerso è in grado di dimostrare”, nonché della stessa “intensità e diffusione di consapevolezza” che dallo stesso quadro probatorio sono emerse”.

Massima: Quanto all’afflittività, proporzionalità e ragionevolezza, della sanzione, ex art. 44, comma 5 CGS, si osserva quanto segue. a) Afflittività: Afflittive, sono le sanzioni, le quali si riflettono sul soggetto che ha agito incidendo su di un bene giuridico del tutto diverso da quello oggetto dell'obbligo. Le sanzioni afflittive, (Cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 giugno 2020, n. 4068), sono quelle definite dal diritto europeo e, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ha contributo a configurare uno statuto di regole fondato su garanzie convenzionali di natura sostanziale e processuale (artt. 6 e 7). I criteri per individuare tale tipologia di sanzioni sono costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione, di carattere generale, della norma che lo prevede (deve essere rivolto alla generalità dei consociati) e dallo scopo perseguito che deve essere non risarcitorio ma afflittivo; iii) dal grado di severità della sanzione, che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata (Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Bassi). b) Proporzionalità: Il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Alla luce di tale principio, nel caso in cui siano coinvolti interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi. Il principio in esame impone un’indagine trifasica che si articola nell’accertamento dell’idoneità della misura allo scopo da raggiungere, della necessità della misura stessa e della proporzionalità con il fine, riconoscendo preferenza alla misura più mite che permetta, comunque, il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla norma. Si tratta, appunto, del principio del minimo mezzo, che costituisce un importante parametro di riferimento per verificare la legittimità di un atto delle istituzioni. Irragionevole, e perciò sanzionabile sotto il profilo dell’eccesso di potere sarebbe quindi una misura incidente nella sfera privata non giustificata da specifiche e motivate esigenze di interesse pubblico. Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione e, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità. In definitiva, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015 n. 284).c ) Ragionevolezza: Parallelamente, la ragionevolezza costituisce un criterio al cui interno convergono altri principi generali (imparzialità, uguaglianza, buon andamento): l’amministrazione e/o il giudicante in forza di tale principio, deve rispettare una direttiva di razionalità operativa al fine di evitare decisioni arbitrarie od irrazionali.In virtù di tale principio, l’azione dei pubblici poteri non deve essere censurabile sotto il profilo della logicità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti dal caso concreto: da ciò deriva che l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere, non può applicare meccanicamente le norme, ma deve necessariamente eseguirle in coerenza con i parametri della logicità, proporzionalità ed adeguatezza (Consiglio di Stato, sezione V, 20 febbraio 2017, n. 746 e sezione IV, 22 maggio 2013, n. 964). Facendo corretta applicazione dei suddetti principi, in un’ottica di contemperamento dei diversi interessi contrapposti, la sanzione, come detto deve poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo e da ultimo deve essere suscettibile anche di una valutazione di natura equitativa (CFA, S.U. n. 67-2022/2023)

Massima: Sanzione di 10 punti di penalizzazione Ritiene il Collegio, come anticipato al punto 6.5.6 che la sanzione da applicare al caso in esame è quella della penalizzazione di punti 10 (dieci) in classifica ex art. 8, comma 1 lettera g) CGS, da scontarsi nella stagione sportiva in corso, in forza della seguente motivazione. Come chiarito al punto 3) della presente decisione, la responsabilità del sodalizio sportivo trova fondamento nell’art. 6, I comma, CGS il quale prescrive che “La società risponde direttamente dell’operato di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali”. Pertanto, la violazione dei principi codificati dall’art. 4 CGS, da parte dei Consiglieri operativi e le sanzioni loro irrogate costituisce, un parametro di riferimento in termini di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza in ordine alla sanzione da irrogare al sodalizio sportivo. La CFA, con la decisione n. 63-2022/2023, come ampiamente detto definitiva, ha condannato: “a. P: inibizione temporanea di mesi 30 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; b. C: inibizione temporanea di mesi 16 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; c. A: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA; h. M: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA”. Al fine di definire il quantum della sanzione da irrogare alla F.C. Juventus spa, occorre far riferimento, in un’ottica comparativa, al contributo causale di ciascuno, in ragione del ruolo rivestito nella vicenda in esame, ed alle sanzioni irrogate ai quattro Consiglieri operativi, tra cui il Presidente della società sportiva, Andrea Agnelli. Ne consegue che un criterio di imputazione delle relative responsabilità personali si riflette sul quantum della sanzione da irrogare al sodalizio sportivo, nei seguenti termini: 1) P, 30 mesi di inibizione: pesano 4 punti di penalizzazione; 2) A, 24 mesi di inibizione: pesano 3 punti di penalizzazione, atteso il ruolo rivestito di Presidente del CdA e legale rappresentante della società; 3) M, 24 mesi di inibizione: pesano 2 punti di penalizzazione; 4) C 16 mesi di inibizione: pesa 1 punto di penalizzazione. Conclusivamente la sanzione della penalizzazione di 10 (dieci) punti in classifica da scontare nella stagione sportiva in corso, anche in un’ottica equitativa, si rivela del tutto idonea a soddisfare i criteri di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza come innanzi enunciati.

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezioni Unite - Decisione n. 40 del 08/05/2023

Decisione impugnata: decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig. F.B. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti della ricorrente, F.C. Juventus S.p.A., la sanzione della penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva, nei confronti del ricorrente, dott. A.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. F.P., la sanzione della inibizione temporanea di 30 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. F.C., la sanzione della inibizione temporanea di 16 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. E.V., la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti di tutti i suddetti ricorrenti (P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M., F.R.), la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. M.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

Impugnazione Istanza: F.C. Juventus S.p.A. / FIGC /  Procura Federale FIGC - dott. A.A. / FIGC /  Procura Federale FIGC - sig. F.P. / FIGC /  Procura Federale FIGC

Massima: Annullata la decisione della CFA con rinvio alla stessa, in diversa composizione, per rinnovare la sua valutazione, in particolare, in ordine alla determinazione dell’apporto causale dei singoli amministratori, fornendone adeguata motivazione e traendone le eventuali conseguenze anche in ordine alla sanzione irrogata a carico della società….. osserva il Collegio che la sentenza impugnata, resa a carico degli amministratori privi di deleghe operative, è, quindi, carente nella propria parte motiva laddove la Corte Federale – con motivazione da ritenere apparente – ha fatto riferimento ad una generica, ma indimostrata, “consapevolezza diffusa”, ovvero ad una asserita condivisione, da parte di detti amministratori, dei concreti dettagli e delle finalità delle operazioni sportive scrutinate, omettendo di fornire adeguato supporto motivazionale di tali affermate ed indimostrate circostanze. In argomento – seppure con riferimento ai profili della responsabilità disciplinare – l’odierno Collegio ha censurato una pronuncia di merito, accogliendo il motivo di gravame, atteso che la Corte Federale aveva ricostruito la responsabilità degli amministratori sulla base di una mera elencazione di elementi di fatto, “senza indicare specificamente i criteri in base ai quali tali elementi di fatto sono collegati in modo specifico ai profili della riscontrata responsabilità[…]nel caso di specie, ancora più necessario, trattandosi di amministratori privi di poteri esecutivi perché privi di deleghe e la decisione della Corte di Appello Federale, quindi, ne avrebbe dovuto tenere conto attraverso una motivazione più diffusa e articolata” (Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 42/2017 cit.).           Con riferimento alla fattispecie portata all’esame del Collegio, non risulta, infatti, in alcun modo provato che vi siano state, in concreto, una o plurime oggettive violazioni da parte degli amministratori privi di deleghe della Juventus S.p.A. del citato obbligo di agire informati di cui all’art. 2381 c.c. Peraltro, il rispetto del criterio dell’agire informato in capo a ciascun amministratore di cui all’art. 2381 c.c., valutato esclusivamente per il rilievo in ambito sportivo ed in relazione alle specifiche operazioni contestate, deve necessariamente tener conto che tali operazioni di scambio di calciatori definite “a specchio” ed il c.d. sistema delle plusvalenze (cfr. ex multis TFN – Sezione Disciplinare, C.U. n. 16, c.d. caso Chievo; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 9/2019), generato dalle medesime operazioni, costituisce un tema ricorrente e già dibattuto nell’ambito della giustizia sportiva i cui precedenti avrebbero, comunque, dovuto indurre gli amministratori non esecutivi della Juventus S.p.A. ad una maggiore prudenza e cautela sul piano gestionale, sempre in ossequio al criterio della corretta e sana amministrazione societaria. In ragione di quanto sopra rilevato, il Collegio di Garanzia dello Sport – in accoglimento del motivo n. VI del ricorso n. 17/2023, proposto dal Dott. E.V., e del ricorso n. 18/2023, proposto congiuntamente dai Signori P.N., P.G., A. G.-V., C.M.H., D.M. e F.R. dispone l’annullamento della decisione impugnata in parte qua, rinviando alla Corte Federale di Appello, in diversa composizione, affinché rinnovi la valutazione con particolare riferimento alla determinazione dell’eventuale apporto causale dei singoli amministratori e con riferimento alle singole posizioni, valutandone le conoscenze ad ognuna di esse attribuibili in base all’art. 2392 c.c., fornendone adeguata motivazione ed attribuendo un coerente rilievo sanzionatorio che risulti in linea con l’assenza di violazioni riferibili all’attività gestionale/sportiva in capo ai ricorrenti. Ciò, in ossequio al principio di diritto enunciato dal Collegio nella decisione n. 17 del 4.3.2019, emessa a Sezioni Unite, a mente della quale, “Nei casi in cui il Collegio di Garanzia dello Sport annulli la decisione del giudice di merito con rinvio, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l’annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge, ovvero per mancanza o manifesta illogicità della motivazione […] Nel secondo caso, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio, che conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al capo della sentenza oggetto del giudizio di legittimità”. La valutazione, come sopra elaborata, di accoglimento parziale dei ricorsi n. 17/2023 e n.18/2023, proposti dagli amministratori non esecutivi in relazione all’assetto sanzionatorio applicato dal Giudice Federale d’Appello, riverbera effetti anche sulla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. nella specifica fattispecie contestata, rilevante conseguentemente ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 CGS FIGC, il quale sancisce il principio della responsabilità della società non solo per l’operato di chi la rappresenta, ma anche per l’operato dei dirigenti, dei tesserati e degli ulteriori soggetti individuati all’art. 2, comma, 2, del medesimo Codice. Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus F.C. S.p.A. risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l’accertato vizio motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte Federale d’Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi anche della stessa società Juventus F.C. S.p.A. Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di accoglimento sui ricorsi n. 17/2023 e n. 18/2023 si estendono, per trascinamento, alla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. (ricorso n. 13/2023), nei cui confronti il Giudice del rinvio dovrà compiere le sue valutazioni in ordine alla conseguente misura della irrogata sanzione. Del resto, il medesimo Procuratore FIGC, in sede di deferimento, ha compiutamente riferito di una esigenza di “dosimetria sanzionatoria” che impone una diversa valutazione del comportamento tenuto in sede sportiva da quello tenuto in ambito societario ai fini della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria. Il necessario rapporto di proporzione fra lo specifico comportamento tenuto e la sanzione irrogata è ormai acquisito pacificamente nell’elaborazione della giurisprudenza anche costituzionale, costituendo logica espressione dei criteri di uguaglianza e ragionevolezza della sanzione e imponendo al giudice di procedere a una valutazione dosimetrica ispirata ai due predetti criteri. Come già ricordato  supra, in particolare, ai punti 11.1.3. e 11.1.4., spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”. Spetta, quindi, al Giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e, poi, accertati nel giudizio.

Massima: Infondato è il motivo con il quale si impugna la decisione sostenendo la “Omessa motivazione (art. 54 CGS CONI) circa la presenza del modello di organizzazione, gestione e controllo della Società, rilevante come scriminante o almeno attenuante, ai sensi degli artt. 6 e 7 CGS, nonché insufficiente motivazione sulla asserita assenza di documenti e procedure interni volti a tracciare i criteri per la valutazione dei calciatori”….Nella censura, infatti, si fa riferimento all’adozione di un Modello ex D.lgs. n. 231/2001 che si assume rispettare i requisiti elencati dall’art. 7, comma 5, dello Statuto Federale e riportati letteralmente nel ricorso, senza altre precisazioni e senza, peraltro, specificare, anche ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso stesso, se e in che termini era stata proposta la medesima questione innanzi alla Corte Federale d’Appello, limitandosi ad addebitare a quest’ultima la mancata valutazione del predetto modello. Come accade nel diritto societario generale, in base all’art. 2381, comma 5, c.c., deve ritenersi che sia onere successivo del singolo club implementare e adottare una compliance normativa adatta alla propria struttura societaria e che, dunque, cali le astratte e generali direttive federali nel concreto delle peculiarità che caratterizzano i singoli sodalizi, tenendo, ad esempio, variamente conto del fattore dimensionale, della struttura giuridica e di corporate governance, del livello di complessità, del fatturato, del numero di dipendenti, della tipologia di competizioni sportive cui la società è iscritta per attribuire valenza e consistenza efficace alla regolamentazione dei controlli societari. Manca, pertanto, nel motivo di ricorso, la dimostrazione che l’adozione del modello per le sue caratteristiche strutturali e non solo per la sua mera conformità alle direttive federali fosse in grado di fungere da scriminante o attenuante della responsabilità della società. Manca, in altre parole, la dimostrazione che l’adozione di quel modello organizzativo e di gestione delineato in astratto sia idoneo anche in concreto a prevenire i comportamenti quali quelli verificatesi e contestati e che, pertanto, valga a escludere (o ad attenuare) la responsabilità delle figure apicali o delle persone sottoposte alla loro direzione o vigilanza ex artt. 6 e 7 del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Peraltro, la questione diventa irrilevante tenuto conto che sono stati soggetti esterni alla società (la Procura della Repubblica, la Consob, la CO.VI.SO.C.), e non gli organi di vigilanza interna, a far emergere la vicenda nella sua rilevanza. Il motivo è in parte inammissibile per indeterminatezza e in parte infondato anche con riferimento a una pretesa omessa valutazione dei documenti societari rilevanti ai fini del riconoscimento dell’esimente ex art. 7 citato. Anche per questo aspetto manca, infatti, qualsiasi indicazione di quelli che sarebbero i “documenti societari rilevanti” e, quindi, non è possibile valutare in che cosa consista esattamente l’omessa valutazione e di quali documenti da parte della Corte Federale d’Appello. Né tantomeno vale a far ritenere realizzata l’insufficiente motivazione in relazione al profilo relativo all’assenza di procedure interne dirette a tracciare i criteri per la valutazione delle prestazioni sportive dei calciatori. La sentenza deve, pertanto, ritenersi congruamente motivata con il riferimento alla delibera CONSOB n. 22482/2022 e allo stralcio di conversazione del 6 settembre 2021 richiamati a pagina 30 della sentenza impugnata.

Massima: Infondato è il motivo con il quale si impugna la decisione sostenendo la “Omessa motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità del pro tempore Presidente del Consiglio di Amministrazione di Juventus F.C. S.p.A.”…Si ribadisce, quindi, che, secondo il principio di contestazione sancito dall'art. 125, comma 4, CGS, "nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare". Esso presiede al rispetto di una corretta instaurazione del contraddittorio e, conseguentemente, della garanzia, per il deferito, di svolgere una consapevole difesa, che solo la chiara informazione dell'addebito può consentirgli. Non è, tuttavia, corollario di tale principio quello secondo cui gli specifici particolari della condotta in contestazione debbano essere tutti contenuti ed esplicitati nella parte “letterale” del capo di incolpazione. Il principio della correlazione tra accusa (fatto contestato) e difesa (possibilità di esercitare il diritto di difesa) va inteso non in senso “meccanicistico formale”, come ha sottolineato la giurisprudenza anche penale, ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella, cioè, della tutela del diritto di difesa, sicché l'indagine sulla sua osservanza dev'essere condotta attraverso l'accertamento della possibilità per il deferito di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto.

Nel caso in esame, il fatto è stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno  esercizio  del diritto di difesa  anche con riferimento a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, hanno posto anche il ricorrente in condizione di conoscere in modo ampio le violazioni contestate. La giurisprudenza pacificamente riconosce il potere del giudice di riqualificare il fatto giuridico in sede giudiziale sportiva e, quindi, di sussumere il fatto all’interno di una fattispecie normativa differente da quella descritta dalla Procura nell’atto di deferimento (ex multis, Decisione C.F.A. – Sezioni Unite, pubblicata sul C.U. n. 0057/CFA del 19 dicembre 2022; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 26/2018); la riqualificazione giuridica del fatto costituisce un potere intrinsecamente devoluto alla giurisdizione. Ne consegue che la verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi alla luce di un mero esame formale della lettera dell’imputazione, essendo necessario che l’indagine venga condotta attraverso l'accertamento della possibilità per l'imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto. La suddetta conclusione è supportata, oltre che dal principio di informalità del procedimento sportivo (posto dalla disposizione di cui all’art. 2, comma 6, del Codice di giustizia sportiva del CONI), anche dai principi del giusto processo costituzionalmente codificati e dal principio di effettività della tutela giurisdizionale, affermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha rimarcato le esigenze connesse alla domanda di giustizia, evidenziando come, dunque, occorra, per quanto possibile, interpretare la norma processuale nella prospettiva di garantire una effettiva risposta da parte degli organi di amministrazione della giustizia. L’obbligo di contestazione degli addebiti deve ritenersi assolto con la specifica e precisa enunciazione del fatto di cui si ritiene che un soggetto si sia reso responsabile, non essendo indispensabile la qualificazione del fatto sotto il profilo giuridico. È, quindi, necessario e sufficiente individuare e indicare i fatti addebitati nel loro nucleo materiale con chiarezza, manifestando formalmente la precisa volontà di far derivare da essi un'eventuale responsabilità disciplinare. In tal senso, pertanto, deve intendersi, il c.d. principio di immutabilità (o immodificabilità) della contestazione. D’altro canto, dall’art. 125 del Codice della giustizia sportiva – che, al comma 4, prevede che “Nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare” - non può desumersi in alcun modo il principio di immutabilità delle norme che si assumono violate, ma solo la previsione dell’indicazione delle stesse. La pronuncia della Corte Federale d’Appello fonda la responsabilità del ricorrente sulle medesime condotte delineate nell’atto di deferimento e, quindi, il suo diritto di difesa deve ritenersi rispettato e assicurato. Nella motivazione della sentenza impugnata sono ampiamente e diffusamente descritte le vicende che hanno originato la responsabilità del ricorrente, Presidente della società, con ampia descrizione e motivazione della valenza ai fini disciplinari dei comportamenti ascritti al deferito. Pertanto, il rinvio contenuto a pag. 33 della predetta sentenza è esaustivo e dimostrativo dell’iter logico-giuridico del ragionamento posto dal giudice a base della sua decisione. Peraltro, per costante giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia, il difetto di omissione della motivazione è configurabile solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono configurabili quando vi sia difformità rispetto alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione. La valutazione delle risultanze probatorie e la scelta delle prove ritenute più idonee a sorreggere l’impianto motivazionale della sentenza involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito e non sono, pertanto, censurabili in sede di legittimità (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 30 del 2021).

Massima: Infondato è il motivo con il quale si impugna la decisione sostenendo la “Omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni irrogate in relazione alla violazione dell’art. 12 C.G.S. FIGC ed alla violazione di norme di diritto per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.”…Con riferimento alle censure sollevate dai ricorrenti sulla misura della sanzione irrogata, si deve, in generale, ricordare che spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto. La valutazione sulla gravità dei fatti in relazione all’applicazione della sanzione disciplinare è, peraltro, espressione di una attività discrezionale che il giudice di legittimità non può sindacare, salvo che per eccesso di potere nelle sue forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, il travisamento dei fatti, l’evidente sproporzionalità o abnormità della sanzione (in termini, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. II, n. 3725 del 12 aprile 2023, n. 6542 del 25 luglio 2022,  Cassazione civile, Sezione Lavoro, n. 17288 del 27 maggio 2022). Anche il Collegio di Garanzia, quando nei ricorsi proposti sono state sollevate censure sulla misura della sanzioni irrogate e sulla asserita sproporzione della sanzione in relazione alle condotte ascritte, ha più volte affermato che il giudizio di congruità  impinge  in valutazioni discrezionali che competono all’organo procedente, potendo, nel giudizio di legittimità, il sindacato giurisdizionale muoversi soltanto su un piano di immediata evidenza della irrazionalità o erroneità della sanzione, non potendo in nessun caso il giudice di legittimità sostituire proprie valutazioni a quelle operate dall’organo giudicante (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 71 del 6 settembre 2019). A differenza di quanto può ora avvenire nel giudizio del lavoro, nel quale l’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, secondo quanto previsto dal comma 2 bis aggiunto dall’art. 21 del d.lgs. n. 75 del 2017 (c.d. riforma Madia), attribuisce al giudice civile di merito anche il potere di rideterminare, nel pubblico impiego privatizzato, la misura della sanzione per difetto di proporzionalità. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”. Spetta, quindi, al giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e poi accertati nel giudizio. La decisione che determina l’applicazione di una sanzione deve essere ovviamente congruamente motivata sui fatti accertati e sulla loro gravità, che si riflettono sia sulla tipologia della sanzione, che deve rientrare fra quelle comminabili per le violazioni accertate, sia sulla misura della sanzione che deve essere contenuta nei limiti minimi e massimi previsti per ogni fattispecie. Ciò premesso, le censure sollevate risultano evidentemente infondate. Non sussiste, poi, la dedotta violazione di carenza di motivazione della sanzione perché i parametri di riferimento per l’irrogazione della sanzione sono una serie complessa di elementi, analiticamente elencati nelle lettere da a) a f), alle pagine 33 e 34 della sentenza impugnata, e che non si trascrivono per evidenti ragioni di brevità. Essi rappresentano altrettanti tasselli del complessivo ragionamento seguito dalla Corte Federale d’Appello. Al fine di irrogare la sanzione, la Corte ha tenuto espressamente conto della “particolare gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione che il quadro probatorio emerso è in grado di dimostrare”, nonché della stessa “intensità e diffusione di consapevolezza” che dallo stesso quadro probatorio sono emerse.

Massima: Infondati sono motivo con i quali si impugna la decisione sostenendo la “omessa motivazione (ex art. 54 CGS CONI) circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento dei Sig.ri  F.P. , F.C, Dott. M.A.  nelle vicende contestate”…Nella motivazione della sentenza impugnata sono diffusamente descritte le vicende che hanno originato la responsabilità dei ricorrenti, con ampia descrizione e motivazione della valenza, ai fini disciplinari, dei comportamenti ascritti ai singoli deferiti. Pertanto, il rinvio contenuto a pag. 33 della predetta sentenza deve ritenersi esaustivo e dimostrativo dell’iter logico-giuridico del ragionamento posto dal giudice a base della sua decisione. Peraltro, per costante giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia, il difetto di omissione della motivazione è configurabile solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono configurabili quando vi sia difformità rispetto alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione. La valutazione delle risultanze probatorie e la scelta delle prove ritenute più idonee a sorreggere l’impianto motivazionale della sentenza involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito e non sono, pertanto, censurabili in sede di legittimità (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 30/2021). Si osserva, inoltre, per quanto riguarda il Sig. C., che risulta dagli atti il più immediato collaboratore del Sig. P. e redattore del c.d. "libro nero", che evidenzia fatti dai quali non risulta che si sia in alcun modo dissociato. Per quanto riguarda la responsabilità del Dott. A., non assume rilievo il fatto che sia diventato amministratore delegato della società solo a luglio del 2021, tenuto conto che dagli atti e, in particolare, da alcune intercettazioni che sono riportate anche nella motivazione della decisione (alle pagine 19 e 22), è risultato essere pienamente consapevole delle vicende che ne hanno determinato il deferimento e poi la condanna. Va anche ricordato che i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini disciplinari dell’ordinamento sportivo sono diversi da quelli del processo penale di cui non si applicano automaticamente i principi. Sicché, vista anche la natura degli organi della giustizia sportiva resta escluso che, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni disciplinari da parte degli stessi, siano da richiamare quei criteri propri del giudizio penale (Cons. Stato, Sez V, sentenza n. 534/2020). in ogni caso il sistema delineato dagli articoli 2381 e 2392 c.c. comporta che sia individuato un meccanismo di responsabilità e che l’art. 2381 c.c. debba intendersi – ai fini di una coerente ed armonica disciplina in subiecta materia – in combinato disposto con il successivo art. 2392 c.c., il quale individua gli ulteriori obblighi in capo agli amministratori e le ipotesi di responsabilità dei medesimi nei confronti della società amministrata, tra le quali assume notevole rilievo l’omesso intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico. Inoltre, nelle difese, anche orali si è insistito sulla circostanza che le plusvalenze avrebbero riguardato meno di 60 milioni di euro e, quindi, una percentuale minima sui ricavi della società. Tale circostanza non ha valore dirimente, poiché è stata comunque evidenziata, a prescindere dagli importi delle singole operazioni e dell'importo complessivo delle stesse, una preordinata e reiterata modalità di violazione delle regole. A diverse conclusioni si perviene in ordine ai ricorsi n. 17/2023, proposto dal Dott. E.V. nella qualità di Consigliere di Amministrazione della società F.C. Juventus S.p.A. e n. 18/2023, proposto congiuntamente dagli altri Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe della società sportiva ricorrente, Signori P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M. e F.R., giacché l’odierno Collegio di Garanzia, riuniti tutti i ricorsi per connessione, ritiene di accogliere parzialmente i citati gravami n. 17/2023 e n. 18/2023. La valutazione di accoglimento concerne, nello specifico, il motivo n. VI di entrambi i ricorsi (pagg. 76-79), a mezzo del quale i citati amministratori privi di deleghe hanno rilevato, pur con distinti gravami, l’omessa motivazione della Corte Federale di Appello in ordine alla asserita responsabilità dei singoli consiglieri derivante della diffusa consapevolezza, in capo agli stessi, della illiceità delle operazioni sportive oggetto di contestazione, in forza della quale è stata irrogata, a ciascuno dei ricorrenti, la sanzione dell’inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, per la violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché́ dei doveri di lealtà̀ , correttezza e probità̀ di cui all’art. 4, comma 1, e dell’art. 31, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale. L’esame del citato motivo di ricorso, in uno al capo della sentenza impugnata, determina l’accoglimento del motivo de quo, atteso che la decisione della Corte di merito non ha fornito adeguato supporto motivazionale in ordine al profilo della acclarata responsabilità dei consiglieri di amministrazione, affermando – invero apoditticamente – che “il consiglio di amministrazione nel suo complesso ha condiviso, o quanto meno sopportato, la violazione dei principi sportivi” oggetto dell’iniziale deferimento della Procura Federale (pag. 33 della sentenza). In argomento, recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento […]” (Cass. Civ., Sez. Lav., n. 33649 del 15.11.2022). Anche la giurisprudenza, formatasi in ambito sportivo a seguito delle pronunce di legittimità dell’odierno Collegio, ha stabilito che “I difetti di omissione e di insufficienza della motivazione sono configurabili solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento[…]” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 23/2019). Ed ancora: “[…] Il Collegio di Garanzia dello Sport, pur non potendo procedere ad una nuova valutazione dei fatti, può tuttavia verificare se il giudice del merito abbia motivato la propria decisione in modo illogico, contraddittorio, ovvero lacunoso” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 22/2019). La fattispecie sottoposta all’esame del Collegio rientra, quindi, a pieno titolo nei limiti tracciati dalla Suprema Corte di Cassazione e dall’odierno Giudice nei citati richiami giurisprudenziali, non avendo la Corte Federale motivato il proprio convincimento sul rilevante profilo afferente all’ipotetica consapevolezza e responsabilità in ambito sportivo, ai sensi dell’art. 4, comma 1, Codice di Giustizia Sportiva FIGC dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe, essendosi (invero) limitata ad affermare – in via del tutto generica – di essersi riferita alle intercettazioni poste alla base della sentenza impugnata, pur connotate da gravi ed evidenti criticità, ma senza indicare, in realtà, le ragioni dell’affermato coinvolgimento effettivo e concreto dei soggetti incaricati della gestione societaria della Juventus F.C. S.p.A. nelle operazioni sportive di compravendita di calciatori che hanno generato le più volte citate plusvalenze. Il presupposto da cui è necessario avviare lo scrutinio in parte qua della pronuncia resa in ambito federale è quello che concerne la distinzione e le differenze tra gestione societaria e gestione sportiva di una società calcistica – anche nelle ipotesi in cui questa venga quotata nei mercati regolamentati, come la Juventus S.p.A. - che si riverbera coerentemente nella distinzione tra le posizioni dei dirigenti, che hanno posto in essere  le operazioni di natura sportiva,  e degli amministratori, che in quelle operazioni non appaiono risultare coinvolti o pienamente consapevoli o informati, e che, comunque, non risulta vi abbiano partecipato. Il superiore profilo è stato posto in risalto, ed eccepito, dai ricorrenti – sempre con esclusivo riferimento ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023 - i quali hanno dedotto come la materia relativa all’ “acquisizione e cessione dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori”, trattandosi di attività riguardante interamente la gestione sportiva della società, fosse in coerenza demandata e delegata esclusivamente all’Area Sportiva della medesima società ricorrente, presidiata dalla figura del Chief Football Officier pro- tempore di Juventus F.C. S.p.A. In ragione delle già indicate connotazioni societarie della Juventus F.C. S.p.A. – società quotata nei mercati regolamentati - alla stessa sono applicabili i principi contabili internazionali IAS/IRFS ai sensi del D.Lgs. n. 38/2005, tra i quali rileva, come peraltro riportato nella impugnata decisione, lo IAS38, paragrafo 45, il quale fa riferimento alle attività immateriali il cui costo è valutato al fair value (valore equo). La plusvalenza, quale componente positiva del reddito, in ambito prettamente sportivo, si realizza nel caso di cessione delle prestazioni di un calciatore, laddove l’ammontare che viene riconosciuto alla società cedente dall’acquirente sia superiore al valore iscritto in bilancio. Anche la Corte Federale di Appello, nella decisione impugnata, ha statuito che “ciò che rileva ai fini del processo sportivo e della violazione quanto meno dell’art. 4, comma 1, CGS, non è se la singola operazione dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo 45, poi contestato alla FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi rilevare la plusvalenza” (cfr. decisione impugnata, pag. 23). Ulteriore e diverso profilo che – ad avviso del Collegio – rileva ai fini dell’accoglimento dei ricorsi dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe della Juventus F.C. S.p.A., con riferimento alle condotte ai medesimi ascritte ed alle sanzioni personali irrogate, afferisce alla struttura societaria, all’operatività ed alle modalità ed ai sistemi di vigilanza e controllo cui è sottoposta la società ricorrente, che, peraltro, è quotata nei mercati regolamentati ai sensi del Testo Unico della Finanza (D.lgs. n. 58/1998), e dei relativi regolamenti attuativi, che determina un sistema di gestione societaria articolato. Osserva, a tal proposito, il Collegio che la effettiva partecipazione e/o la effettiva consapevolezza dei componenti del CdA – con compiti di gestione societaria e non sportiva – in relazione alle operazioni di natura tipicamente sportiva  contestate alla Juventus F.C. S.p.A. e, quindi, la responsabilità personale di costoro in ambito sportivo per le descritte operazioni, avrebbe dovuto essere specificamente valutata dalla Corte Federale di Appello in relazione al modello organizzativo adottato dalla stessa società con attento scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F.C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi. Con riferimento, in particolare, alla figura ed alla funzione del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili ex art. 154-bis TUF, la cui posizione non è stata vagliata dalla Corte Federale di Appello ed il cui operato risulterebbe, quindi, in linea con l’inconsapevolezza di tutti i ricorrenti membri del CdA, non esecutivi, della Juventus S.p.A. in relazione alle contestate operazioni. Osserva, all’uopo, il Collegio che con la legge n. 262 del 28/12/2005 – recante “disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” – il legislatore ha perseguito l’obiettivo di rafforzare e rendere efficace la tutela del risparmio investito in strumenti finanziari, intervenendo nella disciplina relativa agli organi di amministrazione e di controllo e alla tutela delle minoranze, in una direzione di controllo dell’operato del management aziendale, assistendo così alla piena costruzione di un efficace sistema di corporate governance. Una novità di rilievo riguarda, infatti, l’inserimento nel d.lgs. n. 58/1998 (TUF) di una nuova sezione rubricata “Redazione dei documenti contabili societari”, composta dal solo articolo 154-bis concernente il Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, in più parti modificata dal d.lgs. n. 303/2006 e dal d.lgs. n. 195/2007 di attuazione della c.d. Direttiva Trasparency (2004/109/CE). L’analisi del disposto di cui all’art. 154- bis del TUF mostra come il legislatore abbia istituzionalizzato il processo interno di predisposizione del progetto di bilancio, atteso che per gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse sul mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società medesima, è prevista una dichiarazione scritta di accompagnamento del Direttore Generale e del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri ed alle scritture contabili. In sintesi, al Dirigente preposto per la redazione dei documenti contabili societari spetta una funzione societaria sostanziale – che si affianca a quello dell’organo amministrativo – che si identifica nella predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili, ed in una diversa, ed aggiuntiva, ma non meno rilevante funzione di controllo e assurance non solo dell’effettiva applicazione delle procedure di cui sopra, ma anche della conformità dei documenti ai principi contabili internazionali, della corrispondenza dei documenti alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e delle ulteriori attività previste espressamente al quinto comma dell’art. 154-bis: a tali funzioni corrisponde uno specifico ambito e perimetro di responsabilità. Al riguardo, deve rammentarsi che per tutte le attività del Dirigente preposto è applicabile – ai sensi e per gli effetti dell’art. 154-bis TUF, comma sesto – il regime di responsabilità degli amministratori della società che, in ambito societario, implica l’applicabilità dei criteri di comportamento (in primis, la diligenza) e dei presupposti della responsabilità amministrativa, contrattuale ed extracontrattuale propria degli amministratori e dei direttori generali di cui agli artt. 2391 e ss. c.c. e 2434 c.c.; e, infatti, con particolare riferimento alla predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di cui all’art. 154-bis TUF, terzo comma, il Dirigente preposto può essere chiamato a rispondere segnatamente in materia di elaborazione e redazione del bilancio, in quanto coautore dello stesso, per la rilevante e significativa parte di propria competenza. Si tratta, in conclusione, di una figura dotata di oggettivo rilievo all’interno di una società quotata nei mercati regolamentati – essendo, peraltro, prevista unicamente per tale tipologia di soggetti economici - il cui ruolo ed il cui operato avrebbe dovuto essere oggetto di specifico scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F. C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi. Ultimo – ma non meno rilevante – profilo che la Corte Federale ha omesso di vagliare nella decisione impugnata, sempre con riferimento alla posizione dei Consiglieri di Amministrazione di cui ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023, concerne gli obblighi, le attribuzioni ed i limiti di responsabilità degli amministratori nelle società di capitali il cui impianto normativo è rinvenibile negli artt. 2381 e 2392 del codice civile. La prima tra le norme sopra indicate – dopo aver individuato il ruolo del Presidente al primo comma – disciplina ai commi successivi la possibilità ed i limiti della delega delle attribuzioni, laddove il sesto ed ultimo comma, che specificamente interessa nella presente sede, disciplina il c.d. “obbligo di agire informati”, che grava su ciascun amministratore. Ritiene il Collegio che il citato art. 2381 c.c. debba intendersi – ai fini di una coerente ed armonica disciplina in subiecta materia – in combinato disposto con il successivo art. 2392 c.c., il quale individua gli ulteriori obblighi in capo agli amministratori e le ipotesi di responsabilità dei medesimi nei confronti della società amministrata, tra le quali assume notevole rilievo l’omesso intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico. In argomento, gli interventi della giurisprudenza di legittimità, pur se in ambito penalistico per il reato di bancarotta fraudolenta, ma i cui principi possono ritenersi applicabili anche per fattispecie di diverso rilievo anche in virtù dello specifico rinvio operato, impongono al giudice di merito di verificare in concreto l’eventuale omesso intervento del consigliere privo di delega ed il contributo causale di tale omissione, poiché: “E’ stato, in proposito, evidenziato come la riforma della disciplina delle società (di cui al D.lgs. n. 6 del 2003) abbia posto a carico di ciascun amministratore (con o senza delega) l’obbligo di agire informato (art. 2381, comma 6, c.c.) e del presidente del consiglio di amministrazione l’obbligo di ragguaglio informativo […] Letta tale disposizione in combinato disposto con quella di cui al novellato art. 2392, comma 1, c.c., ne viene che anche gli amministratori privi di deleghe sono responsabili verso la società ma nei limiti delle attribuzioni loro proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa: dunque, non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di questi ultimi in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze” (Cass. Pen., Sez. V, n. 33582/22, che sul punto richiama Cass. Civ., Sez. I, n. 17441/2016). I superiori principi sono stati, altresì, adottati e condivisi anche in ambito sportivo dalla giurisprudenza dell’odierno Collegio, avendo sancito che “seppure non esista un dovere degli amministratori di non commettere errori e nemmeno di essere <<periti>> nei più diversi settori dell’organizzazione e della gestione dell’impresa sociale, tuttavia, è espressione del principio che le loro scelte <<devono essere informate e meditate, frutto di rischio calcolato>>” (Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., n. 42/2017).

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0063/CFA del 30 Gennaio 2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione della Corte federale di Appello, Sezioni Unite, n. 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022

Impugnazione – istanza:  –  Procura Federale-F.C. Juventus S.p.a. e altri

Massima: Venendo ora al merito del giudizio rescissorio, appare inevitabile tenere distinte le posizioni riguardanti la FC Juventus S.p.A. rispetto alle altre squadre. La ragione della necessaria distinzione di merito riposa, ed è considerazione sin troppo ovvia, nella circostanza che la FC Juventus S.p.A. e i relativi amministratori e dirigenti sono stati oggetto di diffuse e ripetute evidenze dimostrative prodotte dalla Procura federale. Evidenze che connotano un canone di comportamento sistematico e non isolato. Proprio con riguardo alla FC Juventus S.p.A., il quadro probatorio che si è già citato ai fini del giudizio rescindente ha carattere inequivocabile rispetto agli scopi del processo sportivo. Del “Libro Nero di FP” redatto da F. C. a proposito di F. P., testimoniante l’eccessivo utilizzo di plusvalenze artificiali, si è già detto. Dell’origine di un tale documento e della mancata contestazione di genuinità di esso, anche. Si è parimenti già riferito della non condivisibilità dei tentativi di diversa interpretazione operati dalla difesa della FC Juventus S.p.A. che si scontrano con il contenuto testuale del predetto documento, nonché con il contesto nel quale il “Libro Nero” è stato scritto e nel quale esso doveva essere utilizzato. È evidente che F. C. immaginava di affrontare F. P. per “contestargli” l’uso eccessivo di plusvalenze artificiali e i relativi effetti anche negativi sul bilancio della società dovuti al peso degli ammortamenti. Al beneficio immediato di evitare l’emersione di perdite di bilancio controbilanciate dalle apparenti plusvalenze conseguiva, infatti, il costo ripartito su più anni di quel plusvalore in una sorta di inevitabile e crescente avvitamento: si veda la mail interna scambiata in data 17 febbraio 2021 tra diversi dirigenti della FC Juventus S.p.A. “ci sono le plusvalenze che migliorano le net loss dei prossimi anni, ma questo genera un nuovo tornado di D&A; non siamo più a break-even nel 24/25. Deve essere chiaro che con le nuove assumptions su plusvalenze e D&A non si ferma il tornado anzi abbiam bisogno del tornado” (mail riportata nel file 733431 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica). Ed è parimenti evidente che la suddetta circostanza (l’uso eccessivo di plusvalenze artificiali e relative conseguenze) era, tra i due dirigenti oggi deferiti, fatto assolutamente pacifico. Si sono inoltre già citate - in fase rescindente - le intercettazioni aventi un carattere per così dire generale o se si preferisce sintomatiche e ricognitive della ripetuta intenzionalità della società FC Juventus S.p.A. nel non avere utilizzato (nelle stagioni 2019/2020 e in parte 2021) alcun metodo di valutazione dei prezzi degli scambi. E si è anche già richiamata la circostanza della profonda diffusione, all’interno della società, della consapevolezza dell’uso eccessivo del metodo plusvalenze per affrontare il bilancio. Significativa è anche l’intercettazione con la quale C. (in data 22.7.2021), di fronte ai primi accessi della polizia giudiziaria per le indagini sulle plusvalenze afferma “fortuna che … alla luce delle recenti visite ci siamo fermati” (si veda la relazione di indagine della Procura federale, pag. 182). Si sono poi già commentati taluni casi specifici, che tanto più se letti in combinazione con l’indagine Consob e con il “Libro Nero di FP” (e ancora con l’intero quadro probatorio), consentono di comprendere appieno - sempre dal lato del processo sportivo - la reale situazione verificatasi (si veda il caso del carteggio sulla cessione di P.che è meglio che non ci sia o il caso della fattura modificata all’Olympique de Marseille). Il tutto, ovviamente, dovendosi anche considerare l’esito certamente rilevante della delibera 22482/2002 della Consob (assunta in data 19.10.2022 ai sensi dell’art. 154ter comma 7 t.u.f.). Al fine di non gravare la decisione di eccessive ripetizioni si rinvia, dunque, alle citazioni già sopra riportate senza trascriverle nuovamente. In un simile quadro, diventano a maggior ragione rappresentative del modus operandi non corretto della FC Juventus S.p.A. (lo stesso emergente dal quadro probatorio che sopra si è detto) soprattutto le operazioni compiute con i club esteri. Ci si riferisce: all’operazione M.-A. tra la tra la Juventus FC e il Manchester City (anno 2019/2020); all’operazione P.-M. tra la Juventus FC e il Barcellona (anno 2019/2020); all’operazione S.-H. tra la Juventus FC e il Basilea (anno 2019/2020); all’operazione B.-N. tra la Juventus FC e l’Amiens Sporting Club (anno 2019/2020); all’operazione T.-A. tra la Juventus FC e l’Olympique De Marseille (anno 2020/2021); all’operazione M.-L. tra la FC Juventus FC e la FC Lugano (anno 2020/2021). Tutte tali operazioni risultano emblematiche perché, invece di essere state trasparentemente e correttamente rappresentate come permute, esse sono state mostrate all’esterno come operazioni formalmente indipendenti. La differenza di tali operazioni rispetto a quelle compiute con controparti italiane riposa nella circostanza che le operazioni con controparti estere non potevano contare sulla stanza di compensazione disciplinata dalla federazione di appartenenza e, pertanto, la mera conclusione di una operazione a specchio non era sufficiente ad ottenere lo “scambio” finanziariamente neutro, dovendosi di volta in volta aggiungere sistematicamente - un qualche patto che a monte condizionasse reciprocamente lo scambio (vendo perché tu compri e tu vendi perché io compro, quindi scambiamo) e che a valle disciplinasse la compensazione dei pagamenti incrociati (i c.d. “set-off arrangement” o accordi di compensazione infatti trovati con riguardo alle operazioni estere). Il tutto, dunque, sostituendo l’effetto “automatico” della compensazione dei pagamenti presente nell’ordinamento federale italiano. Non è noto se tutte le controparti della FC Juventus S.p.A. abbiano o meno registrato anch’esse una plusvalenza da scambio del loro giocatore ceduto o comunque quale sia stato il trattamento contabile seguito (anche rispetto alle immobilizzazioni connesse all’acquisto). Eventualità che resta del tutto neutra rispetto al presente giudizio. Premesso che la realizzazione di una plusvalenza (quale differenza tra il valore contabile residuo di un bene e prezzo di cessione), in caso di cessione in denaro, è destinata a verificarsi in capo al solo soggetto cedente essendo invece indipendente la condizione dell’acquirente (che porta semmai nelle immobilizzazioni l’acquisto), nel caso di scambio (o permuta) la plusvalenza eventualmente realizzata da ciascuna delle parti contraenti (ciascuna invero avente la posizione di cedente e acquirente) dipende dalla condizione specifica contabile della parte interessata. Una parte potrebbe realizzare la plusvalenza e l’altra no, oppure l’effetto potrebbe verificarsi per entrambi. Lo stesso, può avvenire per l’eventuale aumento delle immobilizzazioni (poi destinate ad essere ammortizzate). Tali effetti dipendono dalla specifica condizione contabile di ciascun contraente, e dai principi contabili ad esso contraente applicabili. Ma ciò che rileva dal lato della FC Juventus S.p.A. è in ogni caso la circostanza che l’indipendenza degli incroci contrattuali sia stata documentalmente sconfessata dalle evidenze dimostrative trasmesse dalla Procura della Repubblica di Torino (è qui sufficiente citare i file n. 733431 e n. 733488), posto che in riferimento a ciascuna delle predette operazioni (con il Manchester City, il Barcellona, il Basilea, l’Amiens Sporting Club, l’Olympique De Marseille e la FC Lugano) sussiste uno specifico elemento di prova che ne qualifica la natura come scambio (o meglio permuta), vuoi attraverso le condizioni contrattuali (prima non note), vuoi attraverso i manoscritti dei dirigenti della FC Juventus S.p.A., vuoi ancora attraverso gli scambi di mail interne o con tali club. E qui si torna a quanto si è detto rispetto alla decisività delle dette evidenze. L’intenzionalità volta ad evitare la ricostruzione delle operazioni sopra menzionate quale permuta e dunque l’intenzionalità mostrata ad evitare di dover verificare, volta per volta, l’effettiva applicabilità per la FC Juventus S.p.A. di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle immobilizzazioni ottenute per lo scambio) è comportamento sufficiente alla violazione dell’art. 4, comma 1, CGS. Al novero delle operazioni dalle quali far derivare una sanzione ex art. 4, comma 1, CGS andrebbe poi aggiunta quanto meno l’ulteriore permuta (anno 2019/2020) di P.-A. tra la Juventus FC e il Barcellona dedotta dal deferimento della Procura federale come ulteriore operazione anomala ancorché poi non utilizzata nei conteggi finali delle ritenute alterazioni dei bilanci della FC Juventus S.p.A. in assenza della prova (oggi invece esistente) della natura puramente permutativa e della effettiva alterazione dei relativi valori. Anche per tale operazione, invero, risultano ampi riscontri circa l’esistenza di una fattispecie immaginata come scambio sin dall’inizio. Si veda in proposito le numerose mail interne (tra F. C., F. P. e altre risorse interne della FC Juventus S.p.A. e poi ancora con lo stesso Barcellona nelle date 31.3.2020, 18.5.2020, 27.5.2020 e 22.6.2020) in ragione delle quali l’operazione P.-A. è inequivocabilmente definita uno scambio (file n. 733431 tramesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica); evidenze, queste, ovviamente da aggiungere alle intercettazioni già sopra menzionate a proposito di P.. È poi vero che lo scambio P.non sia stato considerato dalla Consob nella propria delibera finale n. 22482/2022 del 19.10.2022 (ex art. 154ter comma 7 t.u.f.), ma anche una simile circostanza non appare decisiva alla luce del contesto complessivo emergente dal nuovo quadro probatorio oggi a disposizione. Innanzitutto, non ha rilievo (per i fini che qui occupano) la circostanza che, rispetto alle intenzioni originarie permutative, le due società, prima il Barcellona e poi di conseguenza e in reazione la FC Juventus S.p.A., abbiano ceduto i reciproci crediti a intermediari finanziari, sostanzialmente mutando gli effetti finanziari dell’operazione rispetto a come essa era stata immaginata. Ma soprattutto, l’operazione in commento deve essere riconsiderata alla luce degli elementi nuovi (le intercettazioni sopra già citate) che consentono di sostenere sia l’alterazione del valore dello scambio, sia la consapevolezza che vi fossero carteggi che la Consob non doveva trovare (fors’anche relativi ad offerte radicalmente inferiori ad opera di altre squadre) e che, ove disponibili a tale autorità, avrebbero disvelato una realtà diversa da quella che la stessa FC Juventus S.p.A. sosteneva (e che probabilmente avrebbero portato Consob ad ulteriori valutazioni anche rispetto ad fattispecie inizialmente non considerate come certamente da rettificare). Ed è significativo notare come la stessa Consob abbia ritenuto che le operazioni critiche fossero “quantomeno” quelle da esse indicate (per la Consob sufficienti a censurare il fenomeno; si veda in particolare pag. 81 della delibera n. 22482/2022), ma non necessariamente solo quelle. Come già si è precisato, le operazioni sopra commentate hanno in realtà natura emblematica o, se si preferisce, di elemento sintomatico del comportamento della FC Juventus S.p.A. e dell’attitudine artificiale delle operazioni condotte. Punto nodale del comportamento della FC Juventus S.p.A. è l’assenza di un qualunque metodo attendibile. Come ha ben evidenziato la Procura federale, e come emerge anche dalle sottolineature della stessa Consob a proposito dell’assenza di processi valutativi tracciabili, si giungeva a programmare sistematicamente la realizzazione di plusvalenze prescindendo dall’individuazione stessa del soggetto da scambiare, spesso indicato con una semplice “X” accanto al nome del giocatore della FC Juventus S.p.A. da cedere e ovviamente accanto al numero prestabilito di plusvalenza da realizzare (documenti sequestrati dalla Procura della Repubblica di Torino e presenti nei file n. 733431 e n. 733488). Il tutto, dunque, in un quadro chiaramente sintomatico di una ricerca artificiale di plusvalenze artificiali (come definite dal “Libro Nero di FP”), in alcun modo conseguenza di operazioni di effettivo mercato. E ciò, benché proprio la FC Juventus S.p.A., nel corso del grado di giudizio di cui alla decisione qui revocata, avesse sostenuto (inattendibilmente a questo punto) che arbitraria fosse la metodologia utilizzata dalla Procura federale (definita una “black box” dalla relazione tecnica denominata “Considerazioni tecniche in merito alle valutazioni dei calciatori effettuate dalla Procura federale”), mentre “i corrispettivi dei calciatori acquistati dalla Juventus si formano ad esito di un processo strutturato interno alla Società. In sintesi, il processo riguarda tre distinte divisioni: la First Team Area, la Football Technical Area e l’Area Scout e si concretizza - oltre che nella fase di scouting del giocatore e di negoziazione con le controparti - nella preparazione e nell’aggiornamento nel tempo di dettagliate schede calciatori, che ne illustrano giudizi e caratteristiche fisiche, tecniche e caratteriali”. Le successive evidenze hanno documentato che, all’opposto, non esisteva alcun processo di valutazione ad opera della FC Juventus S.p.A..Significativa l’intercettazione del 6 settembre 2021 tra i dirigenti della Juventus S. B. e S. C. (file n. 660969 trasmesso dalla Procura della Repubblica di Torino) nella quale si evidenzia “non c'è un processo documentale, non c'è un pezzo di carta di cui noi possiamo avvalerci, strutturati e spendibili, no? Poi ci potrebbero essere i pezzi degli appunti su pezzi di carta di formaggio ma che io mi guarderei bene dal produrre, no? [il] bilancio è basato su un atto di fede della correttezza di valutazione di una persona che ha firmato un contratto di vendita, però, in parte si ahimè”. Altrettanto significativa e assorbente, in argomento, è la conclusione cui giunge la stessa Consob nella propria delibera n. 22482/2022, là ove segnala “l’assenza di esiti formalizzati dell’applicazione di detto iter valutativo è stata, peraltro, confermata, nel corso della verifica ispettiva, dalla stessa Società che, con riferimento alle specifiche operazioni di compravendita con la medesima controparte, ha dichiarato che: non è prassi della Società procedere ad una separata, o formalizzata, fissazione degli esiti del processo di valutazione di un giocatore, se non attraverso la sottoscrizione dei contratti relativi all’acquisto o alla cessione dei relativi diritti alle prestazioni sportive”. Si torna allora a dover sottolineare che se è vero che qualunque plusvalenza derivante da cessione è la conseguenza della contrapposizione tra il valore di cessione e il valore netto contabile del diritto al momento della cessione, è altrettanto vero che proprio il valore di cessione richiede fondamenti logici. Può accadere, per le ragioni più disparate, che si assista ad una operazione atipica, una tantum. Ma non può accadere che sistematicamente sia invertito il processo, come invece emerge dal nuovo quadro probatorio disponibile. Definire e anteporre un obiettivo di plusvalenze esclusivamente per ottenere un risultato economico finale, senza seguire alcun processo che sia razionale, dimostrabile e che non costituisca “un atto di fede” (come sopra invece ammesso dai responsabili della FC Juventus S.p.A.), non ha alcun fondamento prima logico poi bilancistico. In una simile prospettiva, cade qualsiasi ragionamento economico lecito e cade qualunque formalismo dovendo invece prevalere la sostanza sulla forma (substance over form). Tanto più se le operazioni condotte non vengono adeguatamente e trasparentemente spiegate. In una simile modalità di comportamento non esiste neppure alcun ragionamento tecnico sottostante, in quanto il criterio guida è raggiungere un obiettivo che nulla ha a che fare con la rappresentazione veritiera e corretta della situazione economicopatrimoniale di una data società. L’attendibilità di un bilancio è cruciale nel fornire informazioni utili agli investitori, attuali e potenziali, ai finanziatori e agli altri creditori, nonché nel supportare i processi decisionali inerenti all’affidamento delle risorse all’impresa. Un simile obiettivo si raggiunge solo con condotte eticamente ed economicamente corrette, che devono escludere plusvalenze “inventate”, cioè non derivanti dall’applicazione di alcun criterio ma solo dalla finalità di modificare (alterandoli) i risultati di bilancio. Qualunque plusvalenza diventa artificiale ove non vi sia alcun percorso, né sottostante economico. Come sottolineato da Consob, seguendo la logica della FC Juventus S.p.A. si dovrebbe giungere alla paradossale conclusione per cui, in uno scambio di beni immateriali, “[l]e parti potrebbero,infatti, teoricamente concordare qualsiasi valore per i beni scambiatise in definitiva non viene scambiato alcun importo” (pag. 73 della Delibera 22482/2022). La conseguenza di un simile approccio è un’alterazione ripetuta dei valori di bilancio e del significato informativo dello stesso.

Massima: Oggettivamente insussistente e persino ulteriormente sviante è poi la tesi della FC Juventus S.p.A., riportata dai comunicati conseguenti alla delibera Consob 22482/2022, secondo cui proprio con riguardo alle “c.d. operazioni incrociate” la società “precisa che gli eventuali effetti dei rilievi sollevati dalla Consob sarebbero nulli sui flussi di cassa e sull’indebitamento finanziario netto, sia degli esercizi pregressi che di quello appena concluso, mentre sul piano economico e patrimoniale sostanzialmente si azzererebbero a livello cumulato nel corso del quinquennio 2019/2020 – 2023/2024”. La tesi nega in radice le fondamenta di un qualunque bilancio che, invece, ha per definizione una prospettiva annuale. Tutte le plusvalenze generano effetti positivi sul bilancio dell’esercizio nel quale si realizzano (plusvalenze) ed effetti negativi (ammortamenti), di pari ammontare cumulato, negli esercizi successivi, di talché l’affermazione della compensazione degli effetti sul piano economico e patrimoniale nel corso degli anni è, per un verso, irrilevante e, per altro verso, inidonea ad attribuire carattere di liceità ad una plusvalenza artificiale. Al contrario, sostenere che in ogni caso gli effetti si compensano nel medio termine, un quadriennio o quinquennio, equivale a dichiarare che i bilanci degli esercizi compresi nell’intervallo temporale di riferimento non sono veritieri, in quanto tutti affetti da operazioni che hanno manipolato la distribuzione temporale dei risultati economici, mancando di qualsiasi rappresentazione della sostanza dei fenomeni economici e non rappresentandone fedelmente gli effetti. Con l’ulteriore precisazione che l’earning manipulation incide, evidentemente, anche sul patrimonio netto della società, rendendone il valore non espressivo. Esattamente come rappresentato dalla Procura federale nel proprio deferimento e come anche e soprattutto rappresentato da Consob nella propria delibera 22482/2022 ove è chiarito, senza mezzi termini, che il comportamento della FC Juventus S.p.A. comporta la “violazione del principio dell’attendibilità della situazione patrimoniale-finanziaria, del risultato economico e dei flussi finanziari dell’entità previsto dallo IAS 1”. I bilanci della FC Juventus S.p.A. (cui Consob si riferisce) semplicemente non sono attendibili. Neppure rileva la circostanza per cui tra la stessa Consob e la Procura della Repubblica di Torino sussistano differenze di contestazione, con una maggiore ampiezza di operazioni ritenute illegittime ad opera di quest’ultima. Ciò, invero, non sposta in alcun modo la rilevanza dei fatti qui richiamati rispetto allo scopo del processo sportivo, fermo che la Corte non ha ritenuto di riqualificare i fatti esaminati ai fini dell’art. 31, comma 2, CGS (e fermo, inoltre, che non sono ovviamente devolute al presente giudizio le operazioni compiute tra la FC Juventus S.p.A. e talune altre società indicate dagli atti della Procura della Repubblica di Torino e non citate dal deferimento ovvero le operazioni definite dalla predetta Procura della Repubblica e dalla Consob come prima e seconda manovra stipendi). Che si ritenga alterata la formazione di plusvalenze per circa 30milioni di euro (limitandosi alle operazioni con controparti straniere al netto di P.-A.) ovvero per oltre 70milioni di euro (contando anche P.-A.) o ancora si ritenga corretto aggiungere - come certamente si deve - anche i valori delle tre operazioni italiane citate dalla Consob (L.-M., M.-B. e L.-B.. rispettivamente con Parma, Novara e Pescara) ed eventualmente l’operazione A. (con la UC Sampdoria, della quale si dirà), arrivando ad un valore prossimo ai 100milioni di euro, o ancora si voglia semplicemente recepire i dati indiscutibili indicati dalla Consob nella propria delibera n. 22482/2022, non muta il discorso dal punto di vista disciplinare. L’intensità della violazione, peraltro, ad opinione di questa Corte, deve essere misurata rispetto ad un complesso di elementi, dei quali la misura del vantaggio numerico è solo uno dei parametri. Scopo del processo sportivo, infatti, non è giungere ad una determinazione numerica esatta dell’ammontare delle plusvalenze fittizie, bensì individuare se un fenomeno di tale natura vi sia effettivamente stato, se esso sia quindi sussumibile sotto la fattispecie dell’illecito disciplinare sportivo e, infine, se esso possa essere considerato sistematico - cioè riferito a più operazioni e più annualità - come contestato dalla Procura federale. La documentazione acquisita dalla Procura federale, direttamente proveniente dai dirigenti della società con valenza confessoria, le intercettazioni anch’esse inequivoche, sia atomisticamente considerate che nel loro complesso, i riscontri ulteriori formati dalla contrattualistica volta a regolare un effetto concreto di permuta non manifestato all’esterno, e le ulteriori evidenze relative ad interventi di nascondimento di documentazione (caso P.) o addirittura manipolatori delle fatture (caso Olympique De Marseille) costituiscono un quadro fattuale che assorbe ogni altra considerazione. Il vizio di inattendibilità citato dalla Consob (e riferito alla censura di quanto meno dieci operazioni di scambio su più esercizi) è, a sua volta, rilevante in sé. Con la precisazione che, come ancora di recente precisato dal Collegio di Garanzia dello Sport, il rispetto ad opera delle società calcistiche della normativa generale in materia societaria “costituisce, altresì, una forma di garanzia per tutte le società calcistiche professionistiche, onerate degli scrupolosi adempimenti patrimoniali, finanziari e contabili ivi previsti e sottoposte ai relativi sistemi di controllo sempre di natura garantista, le cui radici possono rinvenirsi nella riforma FIGC del 1966, avviata in ambito Federale con deliberazione del 16 settembre 1966, in virtù dell’importanza economica e sociale che andava progressivamente ad assumere il settore dello sport calcistico” (Collegio di Garanzia SS.UU. n. 45/2022). E se allora è vero che non può riconoscersi alcuna prassi abrogativa delle dette regole da parte del modo del calcio, è anche vero che la ratio “di tutto il sistema amministrativo-contabile delle società calcistiche professionistiche [è quello di] garantire la regolarità delle competizioni mediante la partecipazione di società che possano dimostrare, anche attraverso un rigoroso sistema di controllo ex post ed in adesione ad inderogabili criteri di trasparenza, una capacità finanziaria riferita a tutto l’arco temporale della specifica annualità sportiva, assolvendo agli oneri finanziari e contributivi previsti dalla legge, facendo fronte diligentemente agli oneri di gestione ed in generale ai costi che caratterizzano una stagione sportiva nel suo complesso, ivi compresa l’eventuale partecipazione alle competizioni europee” (Collegio di Garanzia SS.UU. n. 45/2022 cit.). Il rispetto di tali regole, prima tra tutte la prevalenza della substance over form e della trasparenza informativa, ha, quindi, un diretto collegamento con le norme sanzionatorie previste dall’ordinamento sportivo (in questo senso appunto il Collegio di Garanzia SS.UU. n. 45/2022 cit.). Nel caso specifico il comportamento della FC Juventus S.p.A. integra l’illecito disciplinare sportivo, con conseguente affermazione di fondatezza del deferimento nei confronti dei deferiti Sig. F. P., Sig. F. C., Sig. A. A., Sig. P.N., Sig. E. V., Sig. P. G., Sig.ra A. G.-V., Sig. M. A., Sig.ra C. M. H, Sig.ra D M, Sig. F Re FC Juventus S.p.A..

Massima: Risulta in particolare violato l’art. 4, comma 1, CGS. In proposito, va ricordato che la valutazione volta ad accertare il rispetto dei principi di lealtà, probità e correttezza implica un percorso probatorio e argomentativo in parte diverso rispetto ad un giudizio concentrato sulla esatta violazione delle regole puramente societarie (civilistiche o penalistiche). Percorso che qui deve ritenersi integralmente raggiunto. A conforto di quanto si va dicendo è utile richiamare gli stessi principi interpretativi adottati dal Collegio di Garanzia dello Sport, in sede consultiva, con il parere n. 5/2017. Sia pure nell’ambito di un ragionamento più ampio, proprio il Collegio di Garanzia ha chiarito che, “in ambito sportivo, l’ampio e generalizzato consenso che ricevono le clausole generali di lealtà e correttezza si ricava agevolmente dalla lettura di un dato normativo che, ripetutamente, si richiama a principi etici di rilevanza giuridica e morale […]. La difficoltà di offrire una definizione esaustiva dei doveri di lealtà, correttezza, probità non impedisce di considerarne la rilevanza dal punto di vista giuridico. La dottrina civilistica non manca, in proposito, di osservare come la clausola generale, nell'ambito normativo in cui si inserisce introduca un criterio ulteriore di rilevanza giuridica, a stregua del quale il giudice seleziona certi fatti o comportamenti per confrontarli con un determinato parametro e trarre dall'esito del confronto certe conseguenze giuridiche. Vero è che la struttura tipica delle clausole generali è quella di norme incomplete che non hanno una propria autonoma fattispecie essendo destinate a concretizzarsi nell'ambito dei programmi normativi di altre disposizioni”. Pertanto - prosegue ancora il parere n. 5/2017 del Collegio di Garanzia - “l’assimilabilità concettuale della lealtà ai principi generali di correttezza e buona fede (Galgano) induce a ritenere che essa debba considerarsi clausola di chiusura del sistema, poiché evita di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio. Questo discorso trova […] fecondo terreno di applicazione nell’ordinamento sportivo. Non diversamente da quanto accade per l’ordinamento statale – dove il richiamo ai doveri inderogabili di lealtà, correttezza e integrità acquista una caratteristica connotazione giuridica, che affiora proprio dalla necessità di porre limiti a situazioni giuridiche soggettive, alla luce dei valori costituzionali che ispirano l’ordinamento – nel caso dell’ordinamento sportivo, gli obblighi di lealtà, correttezza, non violenza, non discriminazione, appaiono interpretare l’essenza stessa dell’ordinamento, al punto che la loro violazione si traduce nella negazione stessa dei fini cui è rivolta l’attività sportiva”. Dunque, “espressioni come buona fede, correttezza, lealtà appaiono [sì] generiche e vaghe da rischiare di smarrire qualsiasi risvolto pratico, al punto da renderne difficile definire i confini di applicazione. E, tuttavia, la intrinseca flessibilità di questi concetti rinvia alle regole morali e di costume generalmente accettate e, più in generale, ad un affidamento sulla correttezza della condotta che non può non rilevare anche in ambito sportivo. Qui il rispetto degli obblighi di lealtà e correttezza – pur con quei limiti di definizione di cui si diceva – si fa più intenso, proprio in considerazione della peculiarità dell’ordinamento sportivo”. Il giudice sportivo non è quindi deputato a valutare le responsabilità ordinarie. Esso deve valutare il rispetto della lex specialis costituente l’ordinamento sportivo. Ed è chiamato a traguardare con tale disciplina speciale se le modalità con le quali “la persona [deferita] si è comportata, o per il contesto nel quale ha agito, [hanno determinato o meno] una compromissione” dei valori cui si ispira l’ordinamento sportivo (principio ancora contenuto nel parere del Collegio di Garanzia n. 5/2017; nello stesso senso si veda ex plurimis Corte federale d’appello, SS.UU., n. 12/2021-2022; Corte federale d’appello, Sezione I, n. 24/2021-2022; Corte federale d’appello, Sezione I, n. 29/2021-2022; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 53/2021-2022; Corte federale d’appello, Sez. I, n. 8/2022-2023). Alla luce del richiamato contenuto dell’art. 4, comma 1, CGS, è anche irrilevante verificare se possa distinguersi la falsità di un bilancio rispetto alla mera non conformità di esso ai principi contabili applicabili alla società che debba redigere quel dato bilancio (dunque irregolare). Risulta assai poco significativo l’accento posto dalla difesa della FC Juventus S.p.A. su uno scambio (all’interno di un panorama particolarmente fosco derivante dal quadro probatorio che si è sopra descritto) nel quale F. C. in una interlocuzione del 15.7.2021 con altro dirigente (S.B.) afferma che se si cerca il dolo non lo si troverà. La non conformità di comportamento e l’irregolarità dei bilanci, per usare le stesse parole utilizzate dalla FC Juventus S.p.A., vanno comunque riconosciute. E quand’anche si ricostruissero tutte le vicende oggetto d’indagine in termini di colpa, l’illecito disciplinare sportivo resterebbe comunque integrato, non essendo necessario secondo la giurisprudenza di questa Corte la sussistenza di stato soggettivo del dolo specifico, né per le persone fisiche (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 90/2021-2022), né per la responsabilità della società (Corte federale d’appello, SS.UU. n. 122/2018-2019). Parimenti è vero che l’azione di non conformità ex art. 154-ter, comma 7, t.u.f. esercitata dalla Consob non è equiparabile all’annullamento del bilancio della società deferita costituendo piuttosto una specifica misura di enforcement dell’informazione contabile. Tale natura, però, non ne determina una valenza giuridica minore, tenuto conto del relativo carattere obbligatorio (posto che una mancata pubblicazione del comunicato ad opera della FC Juventus S.p.A. avrebbe comportato ulteriori sanzioni ai sensi dell’art. 193 t.u.f., sino al 5% del fatturato) e dello scopo che ad essa va assegnato ovvero quello di correggere il non corretto comportamento dell’emittente. Resta quindi intatto il punto centrale della contestazione disciplinare: la condotta della FC Juventus S.p.A. e dei relativi amministratori e dirigenti - per tutto quanto sopra spiegato - viola l’art. 4, comma 1, CGS oltre che l’art. 31, comma 1, CGS.

Massima: Quanto all’apporto causale dei singoli deferiti, esso deve dirsi provato. Per quanto concerne la responsabilità della Juventus S.p.A., di F. P.i, di F.C., di A. A. e dello stesso M. A. si rinvia al corpo delle pagine precedenti. Per ciò che concerne gli altri amministratori della FC Juventus S.p.A. è invece sufficiente riferirsi alla già richiamata consapevolezza diffusa che le intercettazioni hanno dimostrato. Alla luce delle risultanze complessive prodotte dalla Procura federale si deve confermare che il consiglio di amministrazione nel suo complesso ha condiviso, o quanto meno sopportato, la violazione dei principi sportivi.

Massima: Quanto alla sanzione, essa deve tenere conto della particolare gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione che il quadro probatorio emerso è in grado di dimostrare. Deve parimenti tenere conto della stessa intensità e diffusione di consapevolezza di una situazione che nei colloqui tra i dirigenti della FC Juventus S.p.A. viene definita come “brutta” e persino da paragonare a calciopoli: “io sono convinto che se noi uhm … facciamo questa roba qua […] perché la situazione è veramente complicata. Io in 15 anni …, ti faccio solo un paragone. Calciopoli” (intercettazione ambientale tra S. B. e F. C. del 22 luglio 2021 in file 663239 trasmesso dalla Procura della Repubblica di Torino). Tenuto allora conto dei precedenti che hanno riguardato alterazioni contabili protratte per più esercizi ovvero di rilevanti dimensioni ed intensità (che in passato hanno portato a penalizzazioni di valore oscillante ma, in taluni casi, anche significative), si ritiene necessario rideterminare la sanzione rispetto alle richieste della Procura federale. La Corte federale è, invero, chiamata al difficile compito di svolgere funzione anche di giudice di equità e deve quindi proporzionare effettivamente la sanzione alla gravità dei fatti scrutinati, potendo anche aggravare la sanzione richiesta dalla Procura federale (Corte federale d’appello, n. 117/CFA/2020-2021). Nel caso specifico devono essere ponderati quanto meno i seguenti elementi: (a) la natura ripetuta, su più esercizi, del comportamento censurato e, dunque, la relativa effettiva qualificazione come sistematica; (b) la rilevanza del comportamento sulla ripetuta violazione dei principi di verità e correttezza dei bilanci interessati dalle operazioni sopra descritte, anche indipendentemente da una specifica quantificazione numerica della alterazione (comunque oggettivamente rilevante) ed anche indipendentemente dalla qualificazione di detti bilanci come falsi; (c) la particolare rilevanza che deve essere assegnata ad un tale comportamento di inattendibilità dei bilanci rispetto al grado specifico di lealtà che deve essere richiesto ad una società sportiva, a maggior ragione ove essa abbia deciso di quotarsi; (d) la già richiamata invasività della consapevolezza a più livelli dirigenziali e societari di un comportamento non corretto (sul piano quanto meno sportivo); (e) le modalità specifiche con le quali il comportamento ha costantemente alterato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, essendo emersi episodi di oggettiva opacità rispetto alla natura coeva e permutativa delle operazioni di scambio, così come episodi di mancata comunicazione di carteggi ritenuti dalla stessa FC Juventus S.p.A. rilevanti per la determinazione dei corretti valori delle operazioni compiute o addirittura episodi di modificazione delle fatturazioni al fine di non far emergere i fenomeni integralmente compensativi delle operazioni condotte; (f) lo stesso necessario intervento della Consob a fini di enforcement dell’informazione contabile (con una delibera Consob che non risulta impugnata dalla FC Juventus S.p.A.), misura quest’ultima che, benché non impugnatoria dei bilanci della FC Juventus S.p.A., ha particolare valenza di comunicazione al pubblico del comportamento corretto (invece inadempiuto) che l’emittente avrebbe dovuto avere. Tutte queste considerazioni portano dunque ad una sanzione che deve essere proporzionata anche all’inevitabile alterazione del risultato sportivo che ne è conseguita tentando di rimediare ad una tale alterazione, così come deve essere proporzionata al mancato rispetto dei principi di corretta gestione che lo stesso Statuto della Figc impone quale clausola di carattere generale in capo alle società sportive (art. 19).

Massima: Discorso diverso deve svolgersi per gli altri deferiti. Va anzitutto premesso che nella documentazione acquisita dalla Procura federale, diversamente da quanto accaduto per la FC Juventus S.p.A., non sussistono evidenze dimostrative specifiche che consentano di sostenere efficacemente l’accusa nei confronti delle società UC Sampdoria, FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Parma Calcio 1913, Pisa Sporting Club, Empoli FC, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936. E tanto meno appare possibile sostenere che vi sia stata (come sostenuto nel deferimento) una sistematica alterazione di più bilanci. Le intercettazioni, i manoscritti (incluso il “Libro Nero di FP”), la documentazione acquisita dalla Procura della Repubblica di Torino non coinvolgono direttamente tali società. Quanto alla UC Sampdoria, l’unica intercettazione di rilievo risulta essere quella contenente un riferimento riguardante l’operazione A.-P.-M. conclusa appunto tra la FC Juventus S.p.A. e la UC Sampdoria. Alla detta intercettazione, che sembra riferirsi alla predetta operazione, può aggiungersi una mail inviata in data 27.1.2019 dall’avv. R. (UC Sampdoria) a C. (FC Juventus S.p.A.) nella quale il primo scrive: “P.: cessione alla Juve e prestito alla Samp. Ricordo che abbiamo due ipotesi: 2,5 + 1,5 + 50% oltre i due milioni”; 3 + 1 bonus + 50% oltre i due milioni”; anche fare a metà strada”. Su A. mi sembra che sia tutto ok. Prestito con obbligo (16+4)”. Si tratta però di una sola operazione, certamente sospetta (come aveva correttamente evidenziato la decisione n. 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022, qui revocata), ma per la quale non può raggiungersi (quanto meno dal lato della UC Sampdoria) certezza di illiceità e che comunque non appare sufficiente per sostenere una accusa rivolta ad una sistematica alterazione dei bilanci, avendo così impostato il proprio deferimento la Procura federale. Quanto alle società Parma Calcio 1913, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936, la Procura federale richiama in sede di revocazione, a sostegno della tesi accusatoria, le contestazioni della Consob. Dette contestazioni, però, si riferiscono (se osservate dal lato “opposto” alla FC Juventus S.p.A. invece sempre presente in tutte le operazioni) a tre operazioni. Si tratta degli scambi L.-M., M.-B. e L.-B., condotti da tre società diverse (rispettivamente Parma, Novara e Pescara), uno per società e senza alcuna reiterazione nell’arco di più esercizi. Nessuno può dubitare che le operazioni in esame scontino, guardandole dal lato della FC Juventus S.p.A., lo stesso vizio che sopra si è commentato per gli scambi compiuti dalla medesima FC Juventus S.p.A. con controparti straniere (tenuto conto della volontà di eseguirle come scambio basandosi, nel caso delle società appartenenti alla Figc, sulla stanza di compensazione per effetto della quale pagamenti incrociati società di serie A o di B si compensano a meno che non sia diversamente disciplinato). Ma, come è stato efficacemente osservato dalle difese dei club interessati, due considerazioni appaiono insuperabili ai fini di una statuizione di condanna. Non può esservi alcuna sistematicità da contestare in una singola operazione (prima considerazione). Una condanna di Parma, Novara e Pescara per il mero “contatto” con la FC Juventus S.p.A. risulterebbe ingiustificata (seconda considerazione) in assenza di prove oggettive della violazione, non vista dal lato della FC Juventus S.p.A., ma appunto da quello delle deferite qui trattate. Prova che, proprio con riguardo alle citate società, non è rinvenibile nella documentazione prodotta dalla Procura federale. Il tutto senza considerare la rilevanza per la sola FC Juventus S.p.A. dei principi contabili internazionali indicati dalla Consob, che non trovano invece applicazione (nei medesimi termini) per le società italiane non quotate. Ma, allora, il sospetto che eventualmente può inferirsi con riguardo alle suddette società non è sufficiente a determinare una condanna. Tanto più in riferimento a contestazioni che nel ricorso per revocazione appaiono sostanzialmente abbandonate dalla Procura federale. Ci si riferisce agli scambi di giocatori direttamente intervenuti tra società diverse dalla FC Juventus S.p.A., in particolare gli scambi diretti tra Pescara e Parma o tra Sampdoria e Chievo Verona (quest’ultimo addirittura estromesso dal giudizio), che originariamente erano stati inclusi nel deferimento come capo di incolpazione, e che poi non risultano più citati nel ricorso per revocazione, né ulteriormente sostenuti da evidenze documentali ulteriori. Depotenziandosi, dunque, la tesi accusatoria anche per tale oggettiva ragione. Infine, poco o nulla è provato dalla Procura federale con riguardo alle società FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Pisa Sporting Club ed Empoli FC, società sostanzialmente non presenti nelle intercettazioni della FC Juventus S.p.A., fatta sola eccezione per un cenno operato nei confronti del Genoa, ma senza la partecipazione diretta di alcun responsabile di tale società e in forma oggettivamente generica (senza cioè alcuna indicazione di giocatori specifici). Questa Corte, dunque, per i deferiti diversi dalla FC Juventus S.p.A. (rispetto alla quale valgono invece tutte le considerazioni già svolte e valgono le risultanze della duplice indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Torino e dalla Consob), si è dovuta confrontare con la struttura della domanda contenuta nel deferimento, non potendo la Corte stessa sostituire una eventuale autosufficienza di singole violazioni rispetto invece alla richiesta di riconoscimento di una sistematica violazione dell’art. 4 e 31 CGS, e per più esercizi (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 71/2021-2022; Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 18/2022-2023; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 103/2020-2021). E soprattutto non potendo la Corte - come già si è segnalato - superare l’assenza, dal lato delle società UC Sampdoria, FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Parma Calcio 1913, Pisa Sporting Club, Empoli FC, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936, di evidenze documentali in grado di offrire certezza della sussistenza della violazione effettivamente contestata. Per tale ragione, non sussistono ragioni sufficienti per sanzionare tali società.

Massima: La società F.C. Juventus Spa a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva, a seguito del procedimento per revocazione è sanzionata con la penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva per il comportamento posto in essere dal proprio presidente nonché dai suoi dirigenti che hanno violato l’art. 4  comma 1 CGD in relazione all’art. 31 CGS anche in relazione all'art. 19 dello statuto federale ponendo in essere atti di scambio di calciatori con società estere che hanno determinato plusvalenze, in generale ammesse, ma sanzionate perché l’attività compiuta aveva come scopo non lo scambio di un determinato calciatore che può generare plusvalenza, ma la volontà di realizzare la plusvalenza mediante lo scambio di calciatori da individuare all’uopo a tal fine. Sono state approvate, le situazioni trimestrali al 31.03.2019, 31.03.2020, 31.03.2021, le situazioni semestrali al 31.12.2019 e 31.12.2020 ed i Bilanci al 30.06.2019 e 30.06.2020 della società ove sono contabilizzate plusvalenze fittizie e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i Bilanci delle società di capitali condotte finalizzate a far apparire risultati economici superiori al reale (maggiori utili o minori perdite) e un Patrimonio Netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio, di ciascun trimestre e di ciascun semestre. I deferiti sono sanzionati con l’inibizione temporanea a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA che in base al loro apporto causale varia dagli 8 mesi ai 30 mesi

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0089/CFA del 27 Maggio 2022 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale n. 0128/TFNSD-2021-2022 del 22.04.2022

Impugnazione – istanza: Procura Federale-sig. F.P.  + altri

Massima: Rigettato il reclamo proposto dalla procura federale avverso la decisione del TFN che - ritenendo che non esista o sia concretamente irrealizzabile “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore, valore che nasce in un libero mercato, peraltro caratterizzato dalla necessità della contemporanea concorde volontà delle due società e del calciatore interessato - aveva prosciolto i deferiti dall’accusa di violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 4, comma 1 e dell’art. 31 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello statuto federale, per aver sottoscritto variazioni di tesseramento e relativi accordi di cessione dei calciatori, indicando in tutti un corrispettivo superiore al reale, in attuazione di un unico disegno finalizzato a commettere le condotte illecite ascritte ai Consiglieri di Amministrazione delle Società a cui è stata contestata la violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 4, comma 1 e dell’art. 31 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello statuto federale per aver redatto, sottoscritto ed approvato, in concorso con gli altri amministratori, le situazioni trimestrali al 31.03.2019, 31.03.2020, 31.03.2021, le situazioni semestrali al 31.12.2019 e 31.12.2020 ed i Bilanci al 30.06.2019 e 30.06.2020 della società ove sono contabilizzate plusvalenze fittizie e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i Bilanci delle società di capitali, condotte finalizzate a far apparire risultati economici superiori al reale (maggiori utili o minori perdite) e un Patrimonio Netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio, di ciascun trimestre e di ciascun semestre….Valore e prezzo. Appare preliminarmente utile richiamare la distinzione tra “valore” e “prezzo”. In linea generale, i valori sono grandezze stimate, espressione di una proposizione logica che muove da certe premesse e, mediante calcoli appropriati, giunge a determinate conclusioni. Il valore è quindi il risultato di una formulazione in vario grado astratta, e perciò teorica. Il prezzo, invece, rappresenta il corrispettivo di una negoziazione conclusa: esso è pertanto un dato fattuale, risultato dell’incontro della domanda e dell’offerta, ed è conseguentemente legato all’interazione fra le funzioni di utilità dei soggetti economici interessati allo scambio in quello specifico istante. Il valore ed il prezzo possono non coincidere affatto. Ciò in quanto, ad esempio, i prezzi dipendono da elementi e fattori specificamente afferenti ai mercati di riferimento, quali ad esempio la disponibilità o meno dei capitali o le fasi di prevalenza della domanda o dell’offerta; o, ancora, i prezzi sono, per loro natura (si pensi alle imprese quotate), altamente volatili, cioè variano per ragioni in parte irrazionali e comunque non riconducibili all’impresa, mentre i valori variano in modo meno violento e comunque tipicamente in funzione di eventi direttamente o indirettamente afferenti all’oggetto della valutazione; o, infine, i prezzi (a differenza del valore) sono influenzati dall’interesse delle parti alla conclusione della transazione e, soprattutto, dalla loro forza contrattuale. Limiti all’uso di comparabili Il riferimento al prezzo ai fini della determinazione del valore dei diritti, può tuttavia non essere corretto e condurre a risultati fuorvianti, in quanto il mercato di tali diritti si presenta imperfetto, essendo caratterizzato da: a) scarsa fungibilità, presentando ogni calciatore caratteristiche proprie tali da renderlo distinto e diverso da altri; b) occasionalità delle negoziazioni e limitata validità temporale dei prezzi; c) limitata trasparenza delle negoziazioni; d) forte dipendenza e influenza di fenomeni esterni nonché di fattori soggettivi direttamente connessi alle caratteristiche (interesse alla negoziazione e forza contrattuale) delle parti coinvolte nella transazione. Scostamenti tra valore e prezzo Le transazioni di capitali di impresa (o di specifici beni) mostrano, inoltre, con sempre maggiore frequenza, operazioni di compravendita concluse sulla base di valori che si discostano dal valore economico «generale» determinato con modalità di stima teoriche. Le ragioni di tale differenza sono riconducibili, oltre alle ragioni prima evidenziate, anche alla c.d. «appetibilità strategica» dell'oggetto della trattativa, termine con il quale si fa sovente riferimento a processi d’acquisto nei quali ciò che motiva l'acquirente non è la considerazione della capacità di un calciatore in sé considerata, quanto le opzioni strategiche che con l'acquisizione si dischiudono. Il valore di tale appetibilità è, ad evidenza, una variabile di tipo «soggettivo» e di non facile determinazione nella pratica - almeno dal punto di vista quantitativo. A livello concettuale esso è invece di facile individuazione, ed è costituito dal valore attuale dei benefici addizionali netti conseguibili dall'operatore a seguito della compravendita. L’inesistenza de “il” metodo non equivale ad “anarchia” dei valori Orbene la decisione del Tribunale federale muove dalla premessa secondo cui “il metodo di valutazione adottato dalla Procura Federale può essere ritenuto “un” metodo di valutazione, ma non “il” metodo di valutazione”. A tale affermazione segue la considerazione secondo cui “non esistono o sono concretamente irrealizzabili “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore”. Al riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che le due asserzioni appaiono intrinsecamente contradditorie là dove, da un lato, si afferma espressamente l’esistenza di una pluralità di metodi di valutazione - all’interno dei quali quello adottato dalla Procura federale sarebbe uno dei tanti ipotizzabili - e, dall’altro, l’inesistenza o l’irrealizzabilità di un metodo di valutazione. In effetti, dalla premessa dell’esistenza di una pluralità di metodi valutativi – sotto un profilo logico oltre che scientifico - non può che conseguire che tale valutazione è concretamente realizzabile, a condizione, ovviamente, che siano predeterminati i criteri stessi. In effetti nelle valutazioni – in qualsivoglia valutazione – non esiste il metodo ottimale ma più metodi, tra i quali si identifica quello di riferimento e quello (eventualmente) di controllo. Ed è certamente possibile utilizzare anche criteri valutativi alternativi, come in qualsiasi altra operazione aziendale, anche fondati su altri parametri o variabili. Pertanto è erronea la statuizione del Tribunale federale secondo cui l’inesistenza de “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore possa legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti l’utilità futura del diritto nonché elementi di coerenza della transazione. Ciò, difatti, renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema – e quindi neanche quello federale - può tollerare. E’ evidente che, in qualsiasi valutazione, un metodo deve essere sempre utilizzato. Ma non si può contestare il modo di procedere perché è solo uno dei metodi ammissibili; lo si può contestare, eventualmente, solo perché quel metodo manca di determinati fondamenti. In merito a Transfermarkt, da annoverare tra i metodi di controllo, esso viene utilizzato in talune perizie o richiamato in alcuni contratti per volontà convenzionale delle parti contraenti, a testimoniare una sua qualche rilevanza e riconoscibilità esterna. Come per i capitali d’impresa, anche per i diritti al fine della determinazione del valore possono essere utilizzati una o più metodiche di valutazione, le quali possono condurre a stime diverse ed oggetto di necessaria sintesi. In questa prospettiva, le valutazioni effettuate dalla Procura (che individua il valore “massimo” dei diritti, ancorché non espliciti i “pesi” attribuiti ai singoli parametri) nonché i valori di Transfertmarkt (ancorché originate da opinioni di soggetti non professionali, che non considerano alcuni fattori che possono incidere sul prezzo di compravendita di un giocatore, la modesta significativa per i calciatori giovani ad alto potenziale), possono costituire un necessario punto di riferimento al fine della valutazione della congruità di un’operazione. Parimenti la disponibilità di altri database (CIES, KPMG) nonché operazioni comparabili (autenticamente) appaiono utili informazioni allo scopo. E ciò, naturalmente, a condizione che le valutazioni composte siano ispirate ad una razionalità economica che offra garanzia di correttezza ed equità. Non si condivide pertanto la posizione del giudice di prime cure secondo la quale non esistendo o essendo irrealizzabile “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore, tale valore sarebbe dato dal libero mercato. L’individuazione di un valore non limita, difatti, la libertà nello scambio ma semplicemente determina alcune informazioni a supporto della negoziazione. D’altro canto non si condivide neanche l’affermazione del Tribunale secondo cui la Procura federale “non ha ritenuto di dover attribuire a ogni singolo fattore, dianzi individuato, una valenza specifica in termini percentuali in modo tale da poter uniformare la propria valutazione, peraltro effettuata in via retrospettica e senza indicazione, per ogni singolo criterio, del valore o peso ad esso attribuito”. La mancanza del peso o del valore associato a ciascun criterio appare una considerazione debole e non sufficiente: infatti, ciò che rileva è come si giunge a valorizzare ciascun criterio, cioè l’algoritmo che trasforma le singole informazioni in valore e non il peso assegnato. La mancanza di criteri definiti all’interno dell’ordinamento federale Peraltro, le considerazioni del Tribunale federale, secondo cui non esisterebbe “un” criterio valutativo, hanno un fondamento di verità allorché, con tale affermazione, si intenda prendere atto dell’inesistenza, a livello di ordinamento federale, di criteri normativamente sanciti. E’ questa, dunque, la questione più ardua che il Collegio si è trovato ad affrontare: la mancanza di una pre-definizione di criteri ai quali fare riferimento. E ciò, naturalmente, nel presupposto del pieno rispetto della ripartizione di funzioni – anche all’interno dell’ordinamento federale – che non consente al giudice sportivo di sostituirsi al legislatore. Tale presa d’atto, quindi, ha agito nel senso di impedire a questo Collegio di porre a sé stesso la premessa maggiore indispensabile in ogni sillogismo giudiziale: la norma espressa. Questa constatazione, unitamente alle dimensioni del fenomeno che – beninteso - sono state chiaramente avvertite, impongono l’adozione di un intervento normativo urgente, come di seguito si dirà. L’esame del Collegio sulle singole transazioni Pur consapevole di tale lacuna, sostanziantesi nell’assenza di riferimenti normativi certi e predefinitivi, questo Collegio ha ritenuto comunque di esaminare le numerose fattispecie sottoposte al suo vaglio, facendo uso – quasi in modo pretorio – dei canoni utilizzati dalla giurisprudenza sportiva per l’affermazione della responsabilità. In particolare, si è fatto riferimento non solo alla valutazione effettuata dalla Procura Federale o quella rilevabile da Tranfertmarkt ma anche ad altri indizi valutativi. Conseguentemente, ai fini dell’individuazione del mancato rispetto di principi contabili e di una non corretta e prudente gestione, sono state analizzate le (59) compravendite segnalate riferentesi a diverse (17) operazioni caratterizzate da: a. reciprocità di due o più cessioni tra medesime società; b. contestualità temporale, effettiva o quantomeno sostanziale, delle cessioni; c. realizzazione di plusvalenze (contabili) per entrambe le società; d. irrilevanza delle cessioni dal punto di vista finanziario. Ai predetti fattori occorre anche aggiungere, a margine, l’esistenza (e) di (significativi) plusvalori rispetto ai dati stimati da Procura Federale o pubblicati sul sito Transfertmarkt, i quali valori – ancorché espressione di giudizi in parte qualitativi – appaiono ancorati a parametri oggettivi, nonché gli stessi parametri oggettivi. A detti elementi sono stati altresì aggiunti altri indizi rivenienti, ad esempio: f. modesto periodo intercorrente tra rinnovo contrattuale e cessione (plusvalenza) – la plusvalenza è avvenuta immediatamente aseguito di un rinnovo contrattuale. Ciò in quanto è assolutamente ragionevole per la società cessionaria contattare il calciatore (attraverso il suo procuratore) in pendenza di contratto in scadenza e stipulare un pre-accordo, finalizzato ad evitare il pagamento di un quid alla cedente a svincolo avvenuto; g. marcata non correlazione tra prezzo d’acquisto dei diritti di un calciatore e retribuzione media annuale per lo stesso. Non v’èdubbio, infatti, che detti valori debbano – in misura ancorché varia – essere tra loro correlati;

h. impiego del calciatore post-acquisizione dei diritti; i. altri comportamenti anomali in sede di accordo (ove disponibili). Ciò è avvenuto avendo cura di non giudicare la congruità con le performance successive del calciatore (errore da prospettiva storica). Proprio in merito alla visione retrospettica, appare riduttiva in sede di valutazione di qualsiasi bene, in quanto mancante delle prospettive associate all’impiego del bene stesso. Tuttavia, va segnalato che per quanto riguarda un calciatore, la carriera appare criterio fondamentale per definire le sue potenzialità future. Inoltre, i risultati ottenuti dopo l’acquisizione sono elemento determinante per valutare la congruità del valore inserito a bilancio, che in nessun caso sono trasparite. L’esame delle 17 operazioni (costituite da due o più compravendite per un totale di 59 compravendite) ha evidenziato indubbiamente l’esistenza di notevoli e diffuse criticità. Peraltro, proprio l’assenza di parametri normativamente sanciti – come sopra detto -  ha reso particolarmente complessa e delicata l’operazione del Collegio di sceverare, all’interno dell’ampia platea di operazioni, quelle che, con ragionevole certezza giudiziale, potessero essere considerate rilevanti sotto il profilo disciplinare. Con il conseguente inevitabile rigetto del reclamo della Procura federale. I riflessi del fenomeno di carattere contabile L’intervento normativo appare tanto più indispensabile se si considera che le operazioni in oggetto – relative alla compravendita dei diritti alle prestazioni dei calciatori – e i valori a cui vengono effettuate, influenzano in misura determinante la qualità del bilancio e la sua finalità, cioè la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale di una società sportiva. Per la società cessionaria i diritti alle prestazioni dei calciatori rappresentano un’immobilizzazione immateriale, con durata limitata nel tempo, iscritta nell’attivo dello stato patrimoniale al costo di acquisto, sottoposto ad ammortamento lungo la durata del contratto. Nel caso in cui alla fine di ogni periodo di bilancio, il valore recuperabile del diritto fosse durevolmente inferiore al valore netto contabile (valore originario al netto delle quote di ammortamento calcolate fino a quel momento), sarebbe necessario svalutarlo. La quota di ammortamento (certa) e la svalutazione (a fronte di sintomi specifici), rappresentano un costo attribuito a conto economico, con impatto negativo sul reddito (utile e/o perdita) e, quindi, sul patrimonio netto. La società cedente il diritto prima della scadenza del contratto (alla scadenza non vi sono effetti), può rilevare: a) una plusvalenza se il valore di cessione è superiore a quello netto contabile, con impatto positivo sul reddito del periodo (utile o perdita); b) una minusvalenza nel caso contrario, con impatto negativo sul reddito del periodo (utile o perdita); c) nessun effetto se i due valori sono uguali.  A livello finanziario la singola operazione di compravendita genera un credito e una successiva entrata per il cedente e un debito, con successiva uscita, per il cessionario (nell’ambito della Camera di compensazione). L’effettuazione di un’operazione a valori economicamente non congrui o giustificati comporta la sovrastima (la sottostima non assume rilievo perché non influisce sul principio della prudenza) del prezzo dello scambio, con effetti diversi sui due contraenti: a) il cedente otterrà una maggiore plusvalenza, in parte o totalmente fittizia, con miglioramento del reddito e del patrimonio netto; b) il cessionario iscriverà nell’attivo patrimoniale un valore sovrastimato con maggiori costi nel futuro, cioè un maggiore impatto negativo (minori utili o maggiori perdite) sul periodo di durata del contratto. I maggiori costi si riferiscono ad ammortamenti più alti e, nel caso esistano i presupposti, alla eventuale successiva svalutazione del diritto. Questo ultimo aspetto è fondamentale perché in bilancio i singoli beni non possono essere iscritti per importi superiori al loro valore economico che si riflette nel valore d’uso o di mercato. Quindi, al di là di qualsiasi considerazione sul prezzo, i sintomi che si manifestano nel futuro, ad esempio un calciatore senza prospettiva o con impiego bel al di sotto delle attese, dovrebbero portare alla svalutazione, per evitare annacquamento del capitale. A questo proposito viene a supporto l’OIC n. 9 che fornisce alcune definizioni a cui si rinvia. La società proprietaria del diritto deve valutare la sussistenza di indicatori che portino al minore valore del bene, assai peculiari nell’ambito calcistico o sportivo in generale. La mancata svalutazione al sussistere dei presupposti, porta a una sopravvalutazione dell’attivo e del patrimonio netto. In altri termini, sopravvalutare il valore di un’attività comporta una capitalizzazione di perdite. Una società generalmente può attuare un’operazione a valori non di mercato se riceve, contestualmente un “beneficio”, che tipicamente si manifesta nelle operazioni incrociate o di segno opposto, dove la medesima società è contemporaneamente cedente e cessionaria, rilevando in modo precipuo la contestualità del momento temporale. Il fatto che non vi siano state movimentazioni finanziarie (intese come variazioni di disponibilità liquide), effetto tipico di queste operazioni, cioè delle permute, non implica l’automatica esistenza di sopravvalutazioni indebite che possono anche manifestarsi in altre operazioni, anche se l’assenza di impatto finanziario rende più agevole tale procedere, i cui effetti non sono immediati ma si rifletteranno sui conti economici degli anni successivi. Le operazioni incrociate divengono rilevanti, quindi, se generano plusvalenze per entrambi i contraenti, più (non solo) che per l’aspetto monetario. Due società possono avere “interesse” a sopravvalutare i diritti di un calciatore se questo genera un plusvalore che aumenta il reddito del periodo anche se penalizza i successivi con maggiori ammortamenti: nel caso specifico si ha un impatto positivo sul reddito alla data dell’operazione compensato da maggiori costi futuri. In definitiva la sussistenza del concetto di operazione incrociata presuppone l’interesse convergente, immediato o futuro, dei due contraenti. In termini conclusivi, una plusvalenza fittizia comporta per il cedente il miglioramento solo contabile dell’utile o della perdita del periodo, pari al valore della plusvalenza, con l’aumento, rispetto all’ipotesi di correttezza economica, del patrimonio netto. La società cessionaria registra un maggiore valore rispetto a quello economico con maggiori costi futuri, che possono trovare compensazione totale o parziale in un’operazione di segno opposto che generi di nuovo una plusvalenza: entrambe le società aumentano l’utile (riducono la perdita) con maggiori costi futuri, con l’effetto di migliorare in modo apparente la situazione attuale a scapito di quelle future. La vastità del fenomeno Il tema delle operazioni “a specchio”, di per sé meritevole di approfondimento, è quantitativamente rilevante, sol che si pensi che, con riferimento alle operazioni segnalate, la differenza tra i prezzi e le valutazioni Transfertmarkt ammonta ad oltre 195 milioni di Euro mentre la differenza tra i prezzi e le valutazioni della Procura Federale è minore ma pur sempre consistente e pari a circa 174 milioni. La differenza percentuale media tra prezzi e valutazioni Transfertmarkt è pari ad oltre il 210% mentre rispetto ai valori della Procura i prezzi registrano consistenze più elevate di oltre il 150%. La considerazione che, in media, in altre transazioni non si registrano scostamenti tanto rilevanti insieme al rilievo che, comunque, il sito Transfermarkt ha per gli addetti ai lavori (utilizzato in talune perizie o richiamato in alcuni contratti per volontà convenzionale delle parti contraenti), sono indicatori tutti di – quantomeno – una possibile rilevante sovrastima, giacché nella “permuta” occorre “alzare lo sguardo” dalla congruità dei diritti scambiati all’impatto sui bilanci ed all’effettività del Patrimonio Netto. In relazione ad un campione di società di calcio (n°48) che hanno partecipato ai campionati di Serie A e B nelle stagioni 2016/2020, si evidenzia che l’incidenza della voce di bilancio “altre immobilizzazioni immateriali” (voce nella quale sono classificati i diritti) sul totale dell’attivo è passata dal 31% (2016) al 41% (2020), l’incidenza di tali immobilizzazioni sul Patrimonio Netto è passata dal 208% (2016) al 232% (2020). Sul piano economico l’incidenza dell’ammortamento delle immobilizzazioni immateriali sul valore della produzione è aumentata dal 20% (2016) al 32% (2020). Ciò che desta ulteriore sospetto, dinanzi a valori significativamente superiori rispetto ai dati di Transfertmarkt e della Procura è la modestissima entità delle svalutazioni (nei quattro anni sempre inferiore al 4% degli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali). In definitiva, l’esame dei bilanci delle società calcistiche, evidenzia che eventuali sopravvalutazioni nell’acquisto dei diritti molto raramente vengono svalutate negli anni successivi. La necessità dell’intervento urgente del Consiglio federale Come si è detto, dall’analisi della documentazione in atti vi è la diffusa percezione che alcuni valori si siano formati in modo totalmente slegato da una regolare transazione di mercato ma non è possibile verificare se le modalità della loro formazione rispettino delle regole codificate perché non esistenti. Si ritiene pertanto indispensabile la definizione di principi-guida nelle valutazioni che possano permettere di verificare se le scelte concrete delle società da essi si discostino, individuando una serie di elementi di riferimento. Inoltre, è auspicabile anche individuare dei criteri attraverso i quali esaminare le modalità di formazione delle plusvalenze e il concreto impiego nei parametri federali – anche al fine di scoraggiarne l’artificiosa determinazione – per comprenderne la reale natura economica e l’adeguatezza delle operazioni sottostanti: a solo titolo esemplificativo: l’emergere di plusvalori a fronte di una singola operazione o a seguito di reciprocità di più cessioni tra medesime società; i momenti di formazione; la realizzazione di plusvalenze per entrambe le società; l’impatto finanziario e monetario di due o più cessioni contestuali o ravvicinate. Per tutte le ragioni indicate in precedenza è fondamentale intervenire, in termini regolamentari e in tempi rapidi, sulla questione composita della definizione del valore e del prezzo di scambio, del trattamento delle plusvalenze e della valutazione del costo di acquisto del diritto negli anni successivi a quello di prima contabilizzazione. Proprio perché il tema delle valutazioni si riflette sui bilanci di più anni – come detto in precedenza – è quindi opportuno disporre anche di criteri specifici per sottoporre a verifica il valore nella società cessionaria negli anni successivi alla prima iscrizione: un calciatore senza prospettiva o con impiego ben al di sotto delle attese dovrebbe infatti essere oggetto di svalutazione. Tutto questo al fine non di limitare la libertà degli scambi ma di eliminare delle potenziali storture negoziali. Appare infatti singolare che in ambito molto regolamentato, come quello calcistico, sia carente proprio questa disciplina che assume un ruolo di massima criticità nei bilanci. Questa regolamentazione assumerebbe valore anche in fase di controllo dei bilanci, portando a limitare alcune opinion per certi aspetti troppo benevole. Come è noto, le operazioni “a specchio” sono caratterizzate da reciprocità di due o più cessioni tra medesime società; contestualità temporale, effettiva o quantomeno sostanziale, delle cessioni; realizzazione di plusvalenze (contabili) per entrambe le società; irrilevanza anche parziale – ad esempio superiore ad un X% - delle cessioni dal punto di vista finanziario. Al riguardo, ferma la libertà degli scambi, è indubbio che gli stessi debbano ispirarsi ad una razionalità economica, ad un vincolo cioè di coerenza tra i molteplici valori che si formano in complesse negoziazioni. Potrebbero, pertanto, essere introdotti i seguenti criteri, il superamento contemporaneo dei quali qualificherebbe l’operazione quale illecita: a. prezzo superiore a una definita percentuale della media dei valori desumibili da database qualificati, identificati dal Consiglio Federale; b. multiplo tra il valore dei diritti del giocatore e lo stipendio netto (o lordo) del calciatore. Quanto al parametro sub a) (scostamento tra prezzo e media dei valori desumibili da database qualificati), è, infatti, evidente che – ad esempio - una tolleranza di una percentuale x (comunque molto ampia) possa essere giudicata compatibile con la libertà di scelta da parte delle società di calcio. Detta percentuale potrebbe anche essere diversificata per scaglioni di valore dei diritti (ad esempio sino a 5 milioni, sino a 30 milioni e oltre). Il superamento di questa soglia non qualificherebbe, di per sé, l’operazione come illecita, necessitando – a tal fine – anche il mancato rispetto del parametro sub lett. b). Quanto al parametro sub b) (multiplo tra il valore dei diritti del giocatore e lo stipendio netto (o lordo) del calciatore) è ragionevole ritenere che l’acquisto di un diritto pluriennale sulle prestazioni di un calciatore dovrebbe riverberarsi sul suo stipendio (netto o lordo) o, al contrario, è irragionevole che un calciatore possa avere una retribuzione annuale pari a qualche punto percentuale del valore dei suoi diritti. Pertanto, anche ipotizzando il superamento del parametro sub a), l’operazione non sarebbe sospetta se accompagnata da un multiplo (rapporto tra valore del diritto e retribuzione annua) entro un “ragionevole” limite massino. Detto multiplo dovrebbe essere declinato diversamente in funzione delle classi di età del calciatore. Sarebbe, pertanto, rispettata la libertà degli scambi, potendosi registrare significativi scostamenti di prezzo rispetto a valori, anche sopra un definito limite, dovendosi tuttavia richiamare un superiore e indubitabile principio di coerenza tra valore del diritto e retribuzione economica.  L’operazione pertanto sarebbe illecita in presenza di scostamenti percentuali superiori ad ampie percentuali, accompagnate da una remunerazione non adeguata rispetto al valore degli stessi diritti.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 128/TFN - SD del 22 Aprile 2022  (motivazioni)

Impugnazione: Deferimento n. 7506/233 pf21-22/GC/GR/blp del 1 aprile 2022 nei confronti del sig. F.P. e altri - Reg. Prot. 135/TFN-SD

Massima: Tutti i deferiti vanno prosciolti dall’accusa di violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 4, comma 1 e dell’art. 31 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello statuto federale, per aver sottoscritto variazioni di tesseramento e relativi accordi di cessione dei calciatori, indicando in tutti un corrispettivo superiore al reale, in attuazione di un unico disegno finalizzato a commettere le condotte illecite ascritte ai Consiglieri di Amministrazione delle Società a cui è stata contestata la violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 4, comma 1 e dell’art. 31 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello statuto federale per aver redatto, sottoscritto ed approvato, in concorso con gli altri amministratori, le situazioni trimestrali al 31.03.2019, 31.03.2020, 31.03.2021, le situazioni semestrali al 31.12.2019 e 31.12.2020 ed i Bilanci al 30.06.2019 e 30.06.2020 della società ove sono contabilizzate plusvalenze fittizie e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i Bilanci delle società di capitali, condotte finalizzate a far apparire risultati economici superiori al reale (maggiori utili o minori perdite) e un Patrimonio Netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio, di ciascun trimestre e di ciascun semestre….Il Tribunale ritiene che i deferiti vadano prosciolti….Il Collegio ritiene, anzitutto, di dover riconoscere lo sforzo acquisitivo, valutativo e argomentativo speso nel presente procedimento dalla Procura Federale, che ha elaborato un proprio metodo di valutazione andando poi a confrontare l’importo individuato quale corrispettivo “giusto” per ogni singolo calciatore interessato dalle acquisizioni/cessioni oggetto del procedimento con quanto risultante dal sito Transfermarkt. In particolare, la Procura Federale è giunta ad una propria valutazione del valore di cessione di taluni calciatori, generalmente non lungi da quanto risultante dal detto sito, considerando i seguenti criteri valutativi: A) età; B) ruolo; C) carriera sportiva (il settore giovanile di provenienza, rilevante per i giovani calciatori; la militanza in squadre di più elevato blasone; la categoria più frequentata; i risultati conseguiti e i titoli ottenuti dalle squadre di militanza nelle competizioni ufficiali; l’eventuale convocazione nelle varie rappresentative nazionali; le reti segnate; gli assist e, per i portieri, le reti subite; eventuali infortuni di una certa serietà subiti ed il numero di presenze in ciascuna competizione); D) storia economica dei trasferimenti avuto riguardo anche alle condizioni contrattuali fissate nei trasferimenti precedenti; E) contratti di lavoro sportivo, avuto riguardo anche alla durata, alla retribuzione prevista (Relazione attività acquirente – pagg. 20-21). Pur tuttavia non ha ritenuto di dover attribuire a ogni singolo fattore, dianzi individuato, una valenza specifica in termini percentuali in modo tale da poter uniformare la propria valutazione, peraltro effettuata in via retrospettica e senza indicazione, per ogni singolo criterio, del valore o peso ad esso attribuito. Ha poi dato valenza, quali sintomi di operazioni di cessione finalizzate alla realizzazione di plusvalenze: a) alla reciprocità di due o più cessioni tra medesime società; b) alla contestualità temporale, effettiva o quantomeno sostanziale, delle cessioni; c) alla realizzazione di plusvalenze per entrambe le società; d) all’irrilevanza delle cessioni dal punto di vista finanziario che, per le società interessate, hanno comportato un pareggio, effettivo o sostanziale, tra entrate e uscite. Ha, quindi, effettuato riscontri correttivi sulle operazioni prese in considerazione, tanto per la società cedente (plusvalenze) quanto per la società cessionaria (immobilizzazioni), concludendo per la non correttezza (secondo i casi) delle relazioni trimestrali e dei bilanci. Pur tuttavia, il Tribunale ritiene, in primo luogo, che solo poche delle cessioni esaminate dalla Procura Federale presentino quelle caratteristiche dalla stessa individuate quali sintomi di operazioni “sviate” e finanziariamente “fittizie”. Indubbiamente, tali cessioni destavano e destano sospetto, che tuttavia non attinge la soglia della ragionevole certezza, data da indizi gravi, concordanti e plurimi, così come già ritenuto in passato (cfr. C.U. n. 10/TFN- SD- 2018/2019). Infatti, e ciò vale per tutte le cessioni oggetto di deferimento e non solo per quelle meritevoli di sospetto, il metodo di valutazione adottato dalla Procura Federale può essere ritenuto “un” metodo di valutazione, ma non “il” metodo di valutazione. Mentre, il confronto con le valutazioni presenti nel sito Transfermarkt (per quanto utilizzate in talune perizie o richiamate in alcuni contratti per volontà convenzionale delle parti contraenti) non può corroborare quel metodo, atteso che trattasi di un sito privato (peraltro non unico), privo di riconoscimento ufficiale anche e soprattutto da parte degli organismi calcistici internazionali e nazionali, influenzato da valutazioni di soggetti privati meri utenti del sito stesso. Emblematico, a tale proposito, è il caso del calciatore …., citato dalla difesa della Delfino Pescara 1936 Spa, la cui valutazione sul sito, alla luce di una mail inviata dal di lui agente sportivo, nel volgere di breve termine è stata consistentemente elevata. Al metodo di valutazione adottato dalla Procura Federale potrebbero contrapporsi altri, ugualmente degni di apprezzamento, come peraltro evidenziato dalle difese dei deferiti, che magari tengano conto (se del caso, anche) di “investimenti” su giovani calciatori ritenuti di prospettiva (con inerente “apprezzamento” del loro valore di acquisizione); della necessità di entrate finanziarie, anche per compensare esborsi per acquisizioni; della necessità di rinforzare la squadra in uno o più ruoli, che magari presentino una scarsità di offerta valida, con inerente lievitazione del corrispettivo di acquisizione; e così via, secondo le caratteristiche tipiche del calcio e delle società professionistiche, che devono confrontarsi anche con i media e con i propri sostenitori. In sostanza, il Tribunale ritiene che non esista o sia concretamente irrealizzabile “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. Tale valore è dato e nasce in un libero mercato, peraltro caratterizzato dalla necessità della contemporanea concorde volontà delle due società e del calciatore interessato. E non è un caso che nella stessa Relazione dell’attività inquirente si faccia riferimento alla difficoltà di individuazione del fair value perché non assistito da un adeguato livello di elaborazione scientifica, tanto che nell’individuare o, meglio, nell’indicare il valore del diritto sul mercato di riferimento, la Procura Federale non può esimersi dal riconoscere di essersi rifatta ai parametri individuati da “Dottrina e prassi” (v. Relazione, cit., pag. 21), ma a parametri che, per quanto definiti oggettivi, non tengono conto (perché è sostanzialmente impossibile individuarle) della soggettività delle situazioni delle società cedenti e cessionarie, nonché della valutazione prospettica della seconda rispetto all’acquisto. Il valore di mercato di un diritto alle prestazioni di un calciatore rappresenta il valore pagato dalla società acquirente al termine di una contrattazione libera, reale ed effettiva di quel diritto sul mercato di riferimento; e il libero mercato non può essere guidato da un metodo valutativo (quale che esso sia) che individui e determini il giusto valore di ogni singola cessione. Non foss’altro perché, in tal caso, il libero mercato non esisterebbe più per la fissazione di corrispettivi di cessione sostanzialmente predeterminati da quel metodo di valutazione. De iure condendo, si potrebbe pure pensare alla fissazione di criteri valutativi che individuino un “range” di valore, all’interno del quale vada fissato il corrispettivo della cessione/acquisizione. Ma a ciò non potrebbe che provvedere la FIFA, trattandosi di disciplina sovranazionale e mondiale. Una volta ritenuto non utilizzabile il metodo di valutazione posto dalla Procura Federale a fondamento del deferimento e in assenza di una disposizione generale regolatrice, consegue che le cessioni oggetto del deferimento stesso non possono costituire illecito disciplinare.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE II : DECISIONE N. 076CFA del 19 Giugno 2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare n.118 del 27 Febbraio  2020

Impugnazione Istanza: Procura Federale/Sig. C.L./Chievo Verona Srl/Sig. P.L.

Massima: Respinto il ricorso della Procura Federale e confermata la decisione del TFN  che ha sanzionato con mesi 4 di inibizione il responsabile del Settore Giovanile della società AC Cesena Spa, per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del C.G.S. ( vigente ratione temporis) e dell’art. 4, comma 1, del CGS vigente in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, violazioni che integrano i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, per aver contribuito a causare il dissesto della società AC Cesena Spa compiendo atti di bancarotta fraudolenta (organizzazione ed attuazione di compravendite di giovani calciatori a valori abnormi) idonei ad integrare il reato di false comunicazioni sociali come meglio descritto ai capi di incolpazione provvisori C,K dell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal GIP di Forlì, dott.ssa …., in data 9 Luglio 2019 versata in atti

Massima: Respinto il ricorso della Procura Federale e confermata la decisione del TFN che ha dichiarato inammissibile per violazione del principio del ne bis in idem  il deferimento nei confronti del legale rapp.te della società accusato di violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del CGS ( vigente ratione temporis) e dell’art. 4, comma 1, del CGS vigente in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, violazioni che integrano i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, per aver posto in essere atti di bancarotta fraudolenta, reati tributari mediante emissione ed utilizzo di fattute per operazioni inesistenti al fine di consentire alle società Chievo Verona Srl e AC Cesena Spa di evadere le imposte come meglio descritto ai capi di imputazione provvisori C,I,J dell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal GIP di Forlì, dott.ssa …., in data 9 Luglio 2019 versata in atti in quanto già giudicato, nell’ambito del procedimento n. 670 pf 17-18, con la sanzione di mesi 3 (tre) di inibizione, nonché con l’ammenda di € 200.000,00 ( duecentomila,00) e punti tre di penalizzazione per la società, di tali fatti chiamata a rispondere in via diretta. Tali condanne hanno il presupposto nelle incolpazioni a loro carico elevate dalla Procura Federale che appare indispensabile riportare: …. (all’epoca dei fatti presidente del Consiglio di amministrazione della società AC Chievo Verona Srl): 1a) violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali, nonché dei doveri di lealtà correttezza e probità di cui all’art. 1 bis comma 1 e dell’art. 8 commi 1,2 e 4 del CGS anche in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale per aver sottoscritto le variaziazioni di tesseramento dei calciatori ….., indicando in tutte un corrispettivo superiore al reale, allo scopo di commettere le condotte illecite di cui al punto 1.b che segue; 1b) violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà correttezza e probità di cui all’art. 1 bis comma 1 e dell’art. 8 commi 1,2 e 4 del CGS anche in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, per aver contabilizzato nei bilanci al 30 Giugno 2014, 30 Giugno2015, 30 Giugno 2016, e 30 Giugno 2017 e nelle situazioni semestrali al 31 Dicembre  2014, 31 Dicembre  2016 e 31 Dicembre  2017 della società AC Chievo Verona srl plusvalenze fittizie per complessivi € 25.380.000 e immobilizzazioni materiali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i bilanci delle società di capitali per complessivi € 23.850.000, condotte finalizzate a far apparire un patrimonio netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio e di ciascun semestre, così da ottenere la Licenza Nazionale e l’iscrizione al campionato di serie A delle stagioni 2015/2016, 2016/2017 2017/2018 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa Federale…..Ciò premesso, poiché è stato posto in discussione il principio del “ne bis in idem” e segnatamente “l’irrilevanza nel procedimento sportivo della presunta identità del fatto storico”, corre l’obbligo di riportare in materia l’illuminante decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva n. 118/12 che si è pronunciata nel seguente modo: “Detto principio è stato, in tempi recenti, considerato come principio generale dell’ordinamento giuridico ed orientamento di sistema dettato ad evitare sia “duplicazione dello stesso processo” ( Cass. S.U. pen., n. 34655/2005), sia decisioni e provvedimenti per lo stesso fatto contro la stessa persona, e quindi possibilità di conflitti e di pronunce tra loro contrastanti. In virtù di tali esigenze e finalità il principio è man mano risorto nel diritto contemporaneo, confermandosi ed arricchendosi, dapprima in modo deciso nel diritto processuale, anche per effetto delle proclamazioni costituzionali delle garanzie della persona umana e della tutela dei diritti ed in modo più significativo in quello processuale penale. Il principio progressivamente si è esteso ad ogni tipologia di processo e procedimento nelle forme e con le garanzie giustiziali…….”. La decisione riferita evidenza indubbiamente che il principio di cui trattasi trova applicazione anche nel procedimento sportivo rientrando nella casistica individuata. E’ di fondamentale importanza al fine del decidere identificare il concetto di “medesimo fatto” per valutare la correttezza o meno del percorso motivazionale del Giudice di primo grado. Orbene ritiene la Corte che per medesimo fatto debba intendersi la condotta materiale posta in essere dall’agente con riguardo alle circostanze di luogo e di tempo e non la qualificazione giuridica del fatto contestato. Dall’esame delle incolpazioni della sentenza a carico del sig. … e altri soggetti (proc. 670 pf17-18) passata in cosa giudicata, si rilevano operazioni di scambio di calciatori operate tra le società del Chievo Verona e del Cesena volte inevitabilmente a sopravvalutare i dati di bilancio mediante il sistema delle cc.dd. “plusvalenze”. L’attuale incolpazione si riferisce a reati di bancarotta fraudolenta e tributari individuati dalla Procura della Repubblica di Forlì, che sarebbero stati commessi nel fallimento della società AC Cesena anche dal Presidente del Chievo Verona …. concorrendo nelle operazioni di compravendita di calciatori sopra citate, ritenute false e qualificate come “plusvalenze” sui giocatori indicati oggetto di trasferimento tra le due società negli anni 2014- 2015-2016-2017. Orbene non pare dubbio che le condotte oggetto dei due procedimenti siano le stesse: il fallimento e i reati tributari sono gli effetti giuridici anche se in altro ordinamento statuale di operazioni materiali già sanzionate. Non si individuano, in altri termini, nuove o diverse condotte  che  si  aggiungano  alle  precedenti  sotto  il  profilo  fattuale;  le  operazioni  di compravendita di calciatori sono state già poste in essere nelle circostanze di tempo ben definite dai campionati di riferimento espressamente identificati. E’ dato di comune conoscenza che un’operazione commerciale si estrinseca in diversi documenti. Nel caso di specie la compravendita di un calciatore vedrà la presenza di un contratto, di una dichiarazione da inoltrare agli uffici federali, di una fattura per la registrazione della operazione nelle casse societarie ed infine, dell’operazione economica, dovrà esserci traccia nei bilanci delle società interessate all’operazione. E’ appena il caso di accennare che la Corte condivide appieno, a conforto della correttezza dell’impianto motivazionale del principio del “ne bis in idem”, il riferimento operato dal Tribunale Federale alla sentenza della Corte Costituzionale n. 200/2016 che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale”, ovvero nella parte in cui “limita l’applicazione del principio del ne bis in idem all’esistenza del medesimo fatto giuridico, nei suoi elementi costitutivi, sebbene diversamente qualificato, invece che all’esistenza del medesimo fatto storico”. In conclusione non trova fondamento la nuova incolpazione elevata dalla Procura Federale perché, dal confronto tra il fatto storico già sanzionato nell’ordinamento sportivo e quello oggetto dell’odierno giudizio, emerge l’assoluta identità della condotta contestata sempre comunque circoscritta alle operazioni di compravendita e ai riflessi di bilancio relativi al precedente procedimento disciplinare.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 118/TFN del 27.02.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento del Procuratore Federale n. 8221/134 pf19-20 GC/gb del 2.1.2020 a carico dei Sig.ri L.P., L.C. e della società Chievo Verona Srl - Reg. Prot. 130/TFN-SD)

Massima:  Il Responsabile del Settore Giovanile della società AC Cesena Spa è sanzionato con l’inibizione di mesi 4 per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1 del CGS vigente all’epoca dei fatti e dell’art. 4, comma 1 del CGS vigente in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, violazioni che integrano i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, per aver contribuito a causare il dissesto della società AC Cesena Spa compiendo atti di bancarotta fraudolenta (organizzazione ed attuazione di compravendite di giovani calciatori a valori abnormi) idonei anche ad integrare il reato di false comunicazioni sociali come meglio descritto ai capi di incolpazione provvisori C, K dell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal GIP di Forlì, dott.ssa …., in data 9 Luglio 2019 versata in atti

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 102/TFN del 31.1.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento del Procuratore Federale n. 8221/134 pf19-20 GC/gb del 2.1.2020 a carico dei Sig.ri G.L., G.C., C.M., R.C., L.P., L.C., e della società Chievo Verona Srl - Reg. Prot. 130/TFN-SD)

Massima: Con il patteggiamento ex art. 127 CGS il presidente è sanzionato con mesi 12 per la violazione dell’art. 1 bis comma 1 del CGS vigente all’epoca dei fatti e dell’art. 4 comma 1 del CGS vigente in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, violazioni che integrano i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, per aver causato il dissesto della società AC Cesena Spa ponendo in essere operazioni dolose a danno dell’Erario (sistematico mancato versamento di imposte), atti di bancarotta semplice, documentale  e  fraudolenta,  reati  tributari  (emissione  ed utilizzo di  fatture  per  operazioni  inesistenti)  finalizzati  a consentire alle società AC Cesena Spa e Chievo Verona Srl di evadere le imposte, atti di distrazione in danno della società, il tutto come meglio descritto ai capi di imputazione provvisori da A a H, da K a Q dell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal GIP di Forlì, dott.ssa …, in data 9 Luglio 2019, versata in atti. Con il patteggiamento ex art. 127 CGS il consigliere è sanzionato con mesi 8  per la violazione dell’art. 1 bis comma 1 del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti e dell’art. 4 comma 1 del CGS vigente in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, violazioni che integrano i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, per aver causato il dissesto della Società AC Cesena Spa ponendo in essere operazioni dolose a danno dell’Erario (sistematico mancato versamento di imposte), atti di bancarotta semplice, reati tributari (emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti), il tutto come meglio descritto ai capi di imputazione provvisori A, B, F, G, O dell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal GIP di Forlì, dott.ssa …, in data 9 Luglio 2019 versata in atti. Con il patteggiamento ex art. 127 CGS il consigliere è sanzionato con mesi 5 e giorni 10  per la violazione dell’art. 1 bis comma 1 del CGS vigente all’epoca dei fatti e dell’art. 4 comma 1 del CGS vigente in relazione all’art. 19 dello Statuto Federale, violazioni che integrano i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, per aver causato il dissesto della Società AC Cesena Spa ponendo in essere operazioni dolose a danno dell’Erario (sistematico mancato versamento di imposte) e atti di bancarotta semplice come meglio descritto ai capi di imputazione

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezioni Unite: Decisione n. 09/2019 del 1 febbraio 2019

Decisione impugnata: Decisione assunta dalla Corte Federale d'Appello, Sez. Unite, della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), di cui al C.U. n. 043/CFA del 5 novembre 2018, con cui la stessa Corte ha rigettato l'eccezione preliminare, sollevata dalla difesa della società ricorrente, di nullità della decisione del Tribunale Federale per vizio dell'atto di deferimento, ha respinto il ricorso proposto dall'appellante Chievo Verona S.r.l., ritenendo raggiunta la prova dell'avvenuta violazione, da parte del Presidente e degli Amministratori della società, del disposto di cui all'art. 8, commi 1 e 2, CGS, ha riaffermato il proscioglimento del Chievo, quanto al disposto di cui all'art. 8, comma 4, CGS, e ha confermato, infine, a carico della medesima società, a titolo di responsabilità oggettiva per l'operato dei propri dirigenti, la sanzione disposta dal giudice di prime cure in data 13 settembre u.s., consistente nell’ammenda pari ad € 200.000,00 e nella penalizzazione di tre punti in classifica, da scontare nella stagione sportiva in corso.

Parti: A.C. Chievo Verona S.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Confermata la decisione della CFA che ha sanzionato la società con l’ammenda di € 200.000,00 e la penalizzazione di tre punti in classifica per la violazione di cui agli articoli 1 bis, comma 1, 8, commi 1 e 2, e 4 del CGS, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale, per aver sottoscritto le variazioni di tesseramento di una serie di calciatori, indicando in tutte un corrispettivo superiore al reale, nonché per aver contabilizzato, nei bilanci del 2014, 2015, 2016 e 2017 della società Chievo Verona S.r.l., plusvalenze fittizie.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 043CFA DEL  05/11/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 041 CFA DEL  25/10/2018 (DISPOSITIVO)

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 16/TFN del 17.9.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLE SANZIONI INFLITTE AI SIGG.RI C.L., C.P., C.G., C.M., C.A., A.G., M.S. E ALLA SOCIETÀ AC CHIEVO VERONA SRL SEGUITO PROPRI  DEFERIMENTI - NOTE  NN. 1444/670 PF 17-18 GP/GC/BLP  DEL  3.8.2018 – 14003/670 PF  17-18GP/GC/BLP DEL 25.6.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ AC CHIEVO VERONA SRL AVVERSO LE SANZIONI: INIBIZIONE PER MESI 3 INFLITTA  AL  SIG.  C.L. ALL’EPOCA  DEI  FATTI  PRESIDENTE  DEL CDA DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 8, COMMI 1, 2, 4 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 19 STATUTO FEDERALE;  INIBIZIONE PER MESI 1 E 15 GIORNI INFLITTA AL SIG. C.P. ALL’EPOCA DEI FATTI CONSIGLIERE DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMI  1,  5  E  8, COMMI 1, 2, 4 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 19 STATUTO FEDERALE; 1INIBIZIONE PER MESI 1 E 15 GIORNI INFLITTA AL SIG. C.G. ALL’EPOCA DEI FATTI CONSIGLIERE DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMI  1,  5  E  8, COMMI 1, 2, 4 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 19 STATUTO FEDERALE; 1INIBIZIONE PER MESI 1 E 15 GIORNI INFLITTA AL SIG. C.M. ALL’EPOCA DEI FATTI CONSIGLIERE DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMI  1,  5  E  8, COMMI 1, 2, 4 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 19 STATUTO FEDERALE; 1INIBIZIONE PER MESI 1 E 15 GIORNI INFLITTA AL SIG. C.A. ALL’EPOCA DEI FATTI CONSIGLIERE DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMI  1,  5  E  8, COMMI 1, 2, 4 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 19 STATUTO FEDERALE; PENALIZZAZIONE DI PUNTI 3 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA IN CORSO E AMMENDA DI € 200.000,00 ALLA SOCIETÀ PER VIOLAZIONE DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S.; SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTE NN. 1444/670PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 3.8.2018 – 14003/670PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 25.6.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ FC CROTONE SRL AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLE SANZIONI INFLITTE ALLA SOCIETÀ AC CHIEVO VERONA SRL SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTE NN. 1444/670PF  17-18  GP/GC/BLP  DEL  3.8.2018  –  14003/670PF  17-18  GP/GC/BLP  DEL  25.6.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ VIRTUS ENTELLA SRL AVVERSO LA DECLARATORIA DI NON DOVERSI A PROCEDERE NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ AC CESENA SPA PER L’INTERVENUTA REVOCA DELL’AFFILIAZIONE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTE NN. 1444/670PF 17- 18 GP/GC/BLP DEL 3.8.2018 – 14003/670PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 25.6.2018

Massima: Confermata alla società l’ammenda di € 200.000 e la penalizzazione di 3 (tre) punti da scontare nella stagione sportiva 2018-2019, così come confermata l’inibizione di anni 3 al legale rapp.te della società e quella di anni 1 e giorni 15 agli altri amministratori della società per la violazione degli art. 1 bis, co. 1, 8 commi 1, 2 e 4 C.G.S., anche in relazione all’art. 19 Statuto, per aver alterato, nell’ambito delle variazioni di tesseramento di alcuni giocatori, il reale corrispettivo pattuito - contabilizzando poi nei relativi bilanci e nelle situazioni semestrali plusvalenze fittizie - facendo apparire un patrimonio netto superiore a quello reale al fine di consentire così l’iscrizione al campionato in assenza dei requisiti previsti….Venendo all’esame della prima delle violazioni contestate (art. 8, commi 1 e 2, CGS), occorre rilevare come le società deferite abbiano iscritto nei propri bilanci i corrispettivi dichiarati nei contratti di cessione di diritti de quibus; occorre, altresì, rilevare che l’attuale ordinamento non prevede restrizioni alla libertà delle parti di fissare il prezzo delle proprie transazioni né prezzi imposti  o calmierati. Pur tuttavia, la complessiva gestione dei diritti degli atleti sottoposta all’esame di questo Collegio suscita numerose perplessità ed appare discutibile sotto diversi profili. In tal senso, conformemente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, deve rilevarsi che tale gestione appaia senza dubbio contraria ai principi di buona e corretta amministrazione come tutelati dai citati commi 1 e 2 dell’art. 8 CGS. Depongono in tal senso sia i reiterati scambi di diritti tra le medesime società, sia gli elevati importi di tali transazioni per valori di gran lunga superiori a quelli erogati per la cessione di atleti con curriculum ben più ricco, sia il mancato inserimento ed utilizzo nelle proprie squadre degli atleti oggetto di tali così onerosi acquisti. In altri termini, la circostanza che si sia reiteratamente proceduto ad acquistare e vendere diritti non solo per importi particolarmente elevati (soprattutto se paragonati a quelli di atleti di ben diversa caratura) ma altresì per atleti di cui la squadra non si è ma avvalsa, fa ritenere provata senza dubbio una gestione dei bilanci societari non prudente né corretta da parte dei vertici delle società deferite. Una prudente gestione economica, conforme ai citati principi contabili, avrebbe imposto, in primo luogo, l’interruzione di tale prassi; in secondo luogo, la prudenza e la correttezza gestionale avrebbe imposto, una volta preso atto che la squadra non intendeva avvalersi dell’atleta ed, anzi, lo destinava addirittura a squadre dilettantistiche, una svalutazione del valore relativamente appostato in bilancio. Una simile prassi, infatti, non può non comportare una riduzione durevole delle condizioni di utilizzo futuro dell’atleta; infatti, il mancato utilizzo dell’atleta ed anzi la sua destinazione a campionati di livello inferiore non può non inficiarne il valore futuro, rendendolo senza dubbio inferiore a quello di acquisto. Pertanto, preso atto della riduzione durevole delle condizioni di utilizzo futuro  dell’atleta,  la società avrebbe dovuto procedere alla suddetta svalutazione, in conformità a quanto disposto dalla Raccomandazione n. 1 della CO.VI.SOC. in via generale (unitamente alle ipotesi specifiche di abbandono dell’attività agonistica ed infortunio dell’atleta). Deve, dunque, ritenersi raggiunta la prova dell’avvenuta violazione del disposto dell’art. 8, commi 1 e 2, CGS, in ragione della manifesta e reiterata violazione ed elusione delle norme di prudenza e correttezza contabile come indicate non solo dalla tecnica contabile ma anche dai principi di cui alla citata Raccomandazione….In altri termini, agli elementi conoscitivi tratti dai siti specializzati cui ha fatto ricorso la Procura federale costituiscono validi elementi indiziari, atti a corroborare le conclusioni cui è pervenuto l’organo requirente con riferimento alla prospettata violazione dell’art. 8, commi 1 e 2. Difatti, la sproporzione tra i valori di tali transazioni e quelli emergenti dall’analisi dei suddetti siti mostrano ancor più l’imprudenza della gestione economica posta in essere dalle deferite società. Errato sarebbe, peraltro, stabilire sulla base di tali criteri il valore esatto dei diritti ceduti, i quali, in una situazione di libero mercato, non possono che essere quelli stabili dalle parti in un regime di libera contrattazione. In altri termini, se è lecito sanzionare l’imprudenza di una condotta gestionale non corretta e non conforme alle citate regole contabili, non può, invece, sostituirsi una valutazione meramente ipotetica dei valori di cessione degli atleti (quale quella ricavabile dai siti consultati dalla Procura federale) a quella riservata alle parti in una libera contrattazione di mercato; a diverse conclusioni si potrebbe addivenire solo all’esito di una riforma normativa che imponessi valori standard a simili contrattazioni. Conseguentemente, nel caso di specie non è possibile addivenire ad un esatto computo delle plusvalenze conseguenti all’imprudente e scorretta gestione delle suddette transazioni da parte delle citate società e, conseguentemente, non è possibile addivenire ad un’esatta valutazione dei valori di bilancio conseguenti ad una diversa determinazione del prezzo di cessione dei diritti e del relativo valore iscritto a bilancio. In assenza  di tale elemento, non si può  dire raggiunta la prova dell’illecita iscrizione delle squadre deferite ai campionati di appartenenza e, quindi, della violazione dell’art. 8

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 16/FTN del 17 Settembre 2018

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: C.L. (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società AC Chievo Verona        Srl), C.P. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Chievo Verona Srl), C. G. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Chievo Verona Srl), C. M.(all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Chievo Verona Srl), C.A. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Chievo Verona Srl), SOCIETÀACCHIEVOVERONASRL-(notan.1444/670pf17-18GP/GC/blpdel3.8.2018).

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: A.G. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), M.S. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), SOCIETÀ AC CESENA SPA - (nota n. 14003/670 pf 17-18 GP/GC/blp del 25.6.2018).

Massima: Accolto il deferimento nei confronti del Presidente del Consiglio di Amministrazione e del suo entourage per 1.a) violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 1 bis, comma 1 e dell’art. 8 commi 1, 2 e 4 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale, per aver sottoscritto le variazioni di tesseramento dei calciatori …., indicando in tutte un corrispettivo superiore al reale, allo scopo di commettere le condotte illecite di cui al punto 1.b che segue; 1.b) violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 1 bis, comma 1 e dell’art. 8 commi 1, 2 e 4 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale, per aver contabilizzato nei Bilanci al 30 Giugno 2014, 30 Giugno 2015, 30 Giugno 2016, 30 Giugno 2017 e nelle situazioni semestrali al 31 Dicembre 2014, 31 Dicembre 2015, 31 Dicembre 2016 e 31 Dicembre 2017 della Società AC Chievo Verona Srl plusvalenze fittizie per complessivi € 25.380.000 e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i Bilanci delle Società di capitali per complessivi € 23.850.000, condotte finalizzate a far apparire un Patrimonio Netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio e di ciascun semestre, così da ottenere la Licenza Nazionale e l’iscrizione al campionato di Serie A delle stagioni 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018 in  assenza  dei requisiti previsti dalla normativa Federale…..il Collegio reputa che, unitamente ai dirigenti deferiti ….e …, la Società AC Chievo Verona Srl sia responsabile sia in via diretta che in via oggettiva degli illeciti contestati in relazione all’art.1 bis del CGS, nonchè dell’art. 8, comma 1 CGS con riferimento all’alterazione (rectius alla mancata correzione) dei dati contabili societari, e comma 2 del CGS con riferimento alla mancato osservanza della raccomandazione contabile n. 1 della FIGC. Sotto il profilo sanzionatorio, si ritiene, in ragione del numero dei diritti oggetto di scambio, di sanzionare la Società Chievo con un’ammenda pari ad € 200.000,00, nonché della penalizzazione di punti 3 nella stagione sportiva in corso...Va ribadito anzitutto quanto già ampiamente motivato nella decisione di cui al Com. Uff. 10/TFN-SD del 25 luglio 2018, riformata esclusivamente per ragioni di natura processuale e che si ritiene opportuno riprodurre e fare propria in quanto gran parte delle motivazioni sono ritenute ampiamente condivisibili da questo Collegio. Alla luce degli atti, infatti, appare evidente che le operazioni di scambio di calciatori indicate nel deferimento, unitamente agli altri elementi di fatto  compiutamente  ivi  descritte, evidenziano che i vertici delle due Società hanno posto in essere una sistematica operazione di mercato, non già un’episodica operazione, legata al valore attribuito intuitu personae al particolare ipotetico talento riscontrabile in uno o più giocatori, volta inevitabilmente ad sopravvalutare i dati di bilancio mediante, appunto, il sistema delle ccdd. “plusvalenze”. Se, da un lato puó essere vero che la circostanza che tali operazioni, inserendosi in una contrattazione di libero mercato, non sono ancorate a fattori valutativi normativamente predeterminati, appare altrettanto evidente che, poiché idonei ad influire positivamente su dati di bilancio che, ai sensi di legge, devono essere basati su criteri di veridicità, correttezza e prudenza, l’evidente sopravvalutazione dei calciatori, unitamente alle concrete modalità di utilizzo degli stessi, all’anomalo sostanziale inutilizzo di gran parte degli stessi (che venivano immediatamente trasferiti ad altre Società di serie minore localizzate il più delle volte nell’area geografica coincidente con quella della Società cedente), all’assenza di contratti di natura economica stipulata fra i calciatori e le Società e, soprattutto, l’elevato valore  di compravendita, non comportante, tuttavia, alcun esborso economico, ma solo rilevantissimi effetti finanziari soprattutto se rapportato ai prezzi di cessione di altri giocatori professionistici di ben altra indubbia caratura sia dalla parte del Chievo che dalla parte del Cesena conducono a ritenere raggiunta la prova degli illeciti contestati dalla Procura Federale. Questo Collegio ritiene, tuttavia, non sia possibile aderire ai criteri di quantificazione operati dalla Procura Federale, condividendo sul punto la tesi difensiva dei deferiti scaligeri, secondo la quale difettano uniformi e oggettivi criteri di valutazione dell’effettivo valore del calciatore. Ciò in quanto, come è noto, non vi sono dei parametri certi di riferimento o unanimemente condivisi in ordine all’oggettivo valore dei diritti di cessione di un calciatore in quanto frutto di una  libera  contrattazione   fra  le  parti,  ancorché   nel  caso  di  specie   apparentemente sovrastimati. Nondimeno pur a fronte del legittimo diritto di “scommettere” sul valore di un calciatore al momento del suo acquisto, è però evidente che la corretta condotta degli amministratori impone come altrettanto doveroso procedere alla conseguente svalutazione del valore dello stesso al momento in cui ci si rende conto che il valore oggettivo non può essere quello oggetto della precedente contrattazione. Va rilevato, infatti, che pur a voler ammettere la tesi secondo la quale la condotta degli amministratori e, quindi, delle Società deferite, debbano essere valutate al momento dell’operazione posta in essere (secondo, pertanto, una valutazione dei giocatori effettuata ex ante e non ex post), l’elevato valore ed il fitto scambio di giocatori posto in essere dalla compagine societaria evidenzia una sistematica attività valutativa basata su criteri di rischio legati alla stima effettuata intuitu personae dei giovani calciatori che, qualora si riveli non veritiera o comunque errata, dovrebbe necessariamente condurre, secondo criteri di sana gestione finanziaria, ad un’immediata svalutazione dei valori indicati in bilancio stesso, così come indicato, d’altronde, anche nella raccomandazione contabile FIGC n. 1 e come osservato anche dalla Procura Federale, cosa che non sembra sia stata effettuata nei casi in questione. Va pertanto evidenziato che non  si ritiene raggiunta la prova  del fatto che le operazioni oggetto di deferimento siano state decisive ai fini dell’ottenimento della licenza nazionale per la partecipazione ai campionati di serie A indicati nell’atto di deferimento. Da un lato, infatti, la impossibilità di ritenere, in assenza di ulteriori accertamenti, pienamente validi ed oggettivi quelli utilizzati dalla Procura Federale, dall’altra la contestazione che sembra essere fondata, formulata dai consulenti della Società Chievo in ordine alla sopravvalutazione degli effetti finanziari delle operazioni contestate per effetto del cd. double counting, per il rilevante importo pari a circa 29 milioni di Euro, l’assenza, inoltre, di qualsivoglia accertamento di natura penale in ordine ad eventuali condotte fraudolente degli  odierni  deferiti, accertamento che questo Tribunale non può essere chiamato ad effettuare neanche in via incidentale (anche in ragione della difficoltà oggettive di qualificare quali truffaldine ovvero integranti il reato di falso le condotte  poste  in essere dagli odierni deferiti senza l’espletamento delle necessarie attività tipizzate previste dalla disciplina penale), impone a questo Collegio di ritenere non provata la violazione di cui all’art. 18, comma 4 del CGS pure contestata dalla Procura Federale. D’altronde è opportuno rilevare che la stessa Procura Federale, a pag.28 del proprio atto di deferimento,  afferma  chiaramente  che  gli  effetti  distorsivi  prodotti  dagli  atti  contestati avrebbero avuto effetto anche con riferimento all’ottenimento della licenza nazionale relativa all’odierna stagione sportiva; orbene al riguardo non sembra che la Co.Vi.So.C., pur se a conoscenza del procedimento in questione, essendo chiaramente ben noto in ragione anche della ampia eco giornalistica ricevuta, ha inteso effettuare accertamenti o contestare alcunché alla Società deferita. Pertanto il Collegio ritiene che la condotta di tutti degli odierni deferiti sia stata caratterizzata da estrema superficialità, tale da integrare gli estremi dell’illecito disciplinare, quantomeno sotto il profilo colposo, per non aver posto in essere le dovute prudenziali correzioni ai dati contabili societari, anche in ragione del fatto che la contabilizzazione delle  plusvalenze sembra essere un fenomeno alquanto diffuso ed utilizzato da diverse Società calcistiche. In tale ottica, in presenza dei sopracitati elementi ed in assenza di elementi correttivi dei dati di bilancio una volta non verificatesi le condizioni per le quali si è ritenuto di “scommettere” su giovani talenti, si ritiene pienamente sussistente la condotta contestata a tutti i deferiti nelle rispettive qualità di Presidente del Chievo e Consiglieri di Amministrazione delle due Società deferite. In particolare, quanto ai consiglieri con deleghe limitate o senza deleghe, va rilevato come essi nelle loro qualità hanno comunque proceduto ad approvare i bilanci negli anni contestati, in presenza della specifica norma civilistica (art. 2475 c.c.) che intesta alla specifica competenza dei consiglieri di amministrazione l’approvazione dei bilanci, dalla quale non possono che derivare le conseguenti e correlate responsabilità.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 024 CFA DEL  27/08/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 007/CFA DEL 1 AGOSTO 2018

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 4/TFN del 12.7.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEI SIGG.RI S. M., G. R., P.L., S.G., DELLE SOCIETÀ AC PERUGIA CALCIO  SRL  E  ATALANTA  BERGAMASCA  CALCIO  SPA  SEGUITO  PROPRIO  DEFERIMENTO  -  NOTA N. 13057/571 PF 17-18 GP/GC/BLP DEL 7.6.2018 ()

Massima: Confermata la decisione del TFN che - in mancanza di prove da parte della Procura Federale in grado di fornire un criterio valido e incontestabile su cui fondare le regole di mercato in ordine alla valutazione dei giocatori - ha prosciolto i deferiti e le società ed in particolare il Presidente della società A.C. Perugia calcio s.r.l., nonché amministratore delegato della stessa all’epoca dei fatti: per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, che prevede che “Le   società,   i   dirigenti,   gli   atleti,   i   tecnici,   gli   ufficiali   di   gara   e   ogni   altro   soggetto che   svolge   attività   di   carattere   agonistico,   tecnico,   organizzativo,   decisionale   o   comunque    rilevante    per    l’ordinamento    federale,    sono    tenuti    all’osservanza     delle     norme  e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”, nonché dell’art. 8, comma 2, CGS, secondo cui “Costituiscono altresì illecito amministrativo i comportamenti comunque diretti a eludere la normativa federale in materia gestionale ed economica, nonché la mancata esecuzione delle decisioni degli organi federali competenti in materia”, per avere sottoscritto in data 12.1.2017 il contratto di cessione del calciatore … con la società Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a indicando il valore fittizio di cessione di euro 200.000,00, valore ritenuto di gran lunga inferiore al reale valore  del calciatore, determinando quindi un danno economico alla società A.C.F. Fiorentina S.p.a. con la quale il Perugia, in sede di acquisizione del calciatore stesso, aveva sottoscritto un accordo che prevedeva la corresponsione di una somma pari al 50% del valore di una successiva eventuale rivendita del calciatore; per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S., e dell’art. 8, commi 1 e 2, C.G.S. per non essersi opposto a che venissero apposte nelle scritture contabili e nelle comunicazioni sociali destinate ai soci e al pubblico della società A.C. Perugia Calcio S.r.l. i valori di cessione dei predetti due calciatori, valori ritenuti, come detto, non veritieri, e più in particolare, la cessione del calciatore …. al prezzo di 200.000,00 in luogo di quello ragionevolmente e prudenzialmente individuabile sulla base degli elementi acquisiti in atti in 500.000,00, nonché la cessione del calciatore A. S. al prezzo di euro 1.000.000,00 in luogo di quello ragionevolmente e prudenzialmente individuabile, sempre sulla base degli elementi acquisiti in atti, in euro 100.000,00…. il Collegio è tenuto, come detto, a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrata, secondo lo standard probatorio indicato, la fattispecie di cui all’art. 1 bis, comma 1, C.G.S, e la fattispecie di cui all’ art. 8, comma 2, C.G.S (nonché i profili di responsabilità oggettiva prevista per le due società sportive ai sensi dell’art. 4, comma 1, C.G.S) ai fini dell’affermazione  della  sussistenza  delle  violazioni  per  le  quali  i  deferiti  sono  stati  prosciolti  dal Tribunale Federale Nazionale. Orbene, questa Corte ritiene che, complessivamente valutato il materiale probatorio ritualmente acquisito al presente procedimento, non sussista quel ragionevole grado di certezza in ordine alla commissione dei predetti illeciti e che, dunque, non sussista, con riferimento alle contestate violazioni, quel livello probatorio che, seppur inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio è comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità. In tale prospettiva, l’assunto accusatorio, pur validamente progettato sotto il profilo concettuale, difetta di  elementi  oggettivi e  gli  elementi sui quali la ricorrente ha fondato  le proprie  censurare avverso la pronuncia di primo grado, non sono idonei a fornire criteri imparziali ed oggettivi su cui fondare, quantomento, per quanto qui interessa, nel caso di specie, la valutazione di mercato dei calciatori. Del resto, posto che già nella relazione d’indagine della Procura federale si da atto che le cessioni dei due calciatori di cui trattasi non costituiscono una consecutio, ma due autonome operazioni di mercato, si ritiene non sussistano – quanto alle specifiche valutazioni di mercato – elementi idonei e sufficienti, tantomeno di natura oggettiva o documentale, sui quali fondare un giudizio di colpevolezza in ordine alla non congruità della valutazione degli stessi predetti calciatori, né, tantomento,  in relazione alla funzione elusiva della valutazione medesima.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 10/FTN del 25 luglio 2018

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: - C.L. (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società AC Chievo Verona Srl), C.P. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Chievo Verona Srl), C.G. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Chievo Verona Srl), C.M.(all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Chievo Verona Srl), C.A. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Chievo Verona Srl), L.G. (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società AC Cesena Spa), P.G. (all’epoca dei fatti Vice Presidente della Società   AC Cesena Spa), U.MA. (all’epoca dei fatti Vice Presidente della Società AC Cesena  Spa), V.M. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), C.W.(all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), D.C. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), G.M. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), M.C. (all’epoca dei  fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), S.A.(all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), A.G. (all’epoca dei fatti Consigliere della  Società AC Cesena Spa), C.R. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC  Cesena Spa), M.S. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa),C.G. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), D. R. (all’epoca dei fatti Consigliere della Società AC Cesena Spa), V.G. (all’epoca dei fatti Direttore Generale tesserato per la Società AC Cesena Spa), SOCIETÀ AC CESENA SPA e AC CHIEVO VERONA SRL - (nota n. 14003/670 pf 17-18 GP/GC/blp  del 25.6.2018).

Massima: La Società AC Cesena Spa è sanzionata con la penalizzazione di punti 15 (quindici) in classifica, da scontare nella stagione sportiva in corso 2018/2019, nel caso in cui la Società dovesse risultare iscritta a qualsivoglia campionato organizzato dalla FIGC a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva per le condotte postese in essere dal proprio legale rapp.te, direttore generale, vice presidente e consiglieri, violazioni consistenti sinteticamente nell’effettuare PLUSVALENZE: a) violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 1 bis, comma 1 e dell’art. 8 commi 1, 2 e 4 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale, per aver sottoscritto le variazioni di tesseramento dei calciatori …., indicando in tutte un corrispettivo superiore al reale, allo scopo di commettere le condotte illecite di cui al punto b che segue; b) violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all’art. 1 bis, comma 1 e dell’art. 8 commi 1, 2 e 4 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale, per aver contabilizzato nei Bilanci al 30 Giugno 2014, 30 Giugno 2015, 30 Giugno 2016, 30 Giugno 2017 e nelle situazioni semestrali al 31 Dicembre 2014, 31 Dicembre 2015, 31 Dicembre 2016 e 31 Dicembre 2017 della Società AC Cesena Spa plusvalenze fittizie per complessivi € 25.800.000 e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i Bilanci delle Società di capitali per complessivi € 27.330.000, condotte finalizzate a far apparire un Patrimonio Netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio e di ciascun semestre, così da ottenere la Licenza Nazionale e l’iscrizione al campionato di Serie B delle stagioni 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa federale..appare evidente che  le  operazioni  di  scambio  di  calciatori  indicate  nel  deferimento,  unitamente  agli  altri elementi di fatto compiutamente descritte nell’atto di deferimento, evidenziano che i vertici societari hanno posto in essere una sistematica operazione, non già un’episodica operazione, di mercato legata al valore attribuito intuitu personae al particolare ipotetico talento riscontrabile in uno o più giocatori, volta inevitabilmente ad sopravvalutare i dati di bilancio mediante, appunto, il sistema delle ccdd. “plusvalenze”. Se, da un lato puó essere vero che la circostanza che tali operazioni, inserendosi in una contrattazione di libero mercato, non è ancorata a fattori valutativi normativamente predeterminati, appare altrettanto evidente che, poiché idonei ad influire positivamente su dati di bilancio che, ai sensi di legge, devono essere basati su criteri di veridicità, correttezza e prudenza, l’evidente sopravvalutazione dei calciatori, unitamente alle concrete modalità di utilizzo degli stessi, all’anomalo sostanziale inutilizzo di gran parte degli stessi che venivano immediatamente trasferiti ad altre Società di serie minore localizzate il più delle volte nell’area geografica coincidente con quella della Società cedente, all’assenza di contratti di natura economica stipulata fra i calciatori e le Società e, soprattutto, l’elevato valore  di compravendita, non comportante, tuttavia, alcun esborso economico, ma solo rilevantissimi effetti finanziari soprattutto se rapportato ai prezzi di cessione di altri giocatori professionistici di ben altra indubbia caratura (vedasi il caso Ciano ed il caso Ragusa descritti nell’atto di deferimento) conducono a ritenere raggiunta la prova degli illeciti contestati dalla Procura Federale…. Ad ogni modo, pur a voler ammettere la tesi secondo la quale la condotta degli amministratori e, quindi, della Società deferita, debba essere valutata al momento dell’operazione posta in essere (secondo, pertanto, una valutazione dei giocatori effettuata ex ante e non ex post), l’elevato valore ed il fitto scambio di giocatori posto in essere dalla compagine societaria evidenzia una sistematica attività valutativa basata su criteri di rischio legati alla stima effettuata intuitu personae dei giovani calciatori che, qualora si riveli non veritiera, dovrebbe necessariamente condurre, secondo criteri di sana gestione finanziaria, ad un’immediata svalutazione dei valori indicati in bilancio stesso, così come indicato, d’altronde, anche nella raccomandazione contabile FIGC n. 1 e come osservato anche dalla Procura Federale, cosa che non sembra sia stata effettuata nei casi in questione. D’altronde, proprio la decisione della Corte di Cassazione citata dalla difesa del Cesena ha valorizzato tale principio annullando la pronuncia del GUP che non aveva tenuto conto delle ipotesi accusatorie che ponevano in evidenza la circostanza che gli imputati non avessero proceduto a svalutare prudenzialmente alcune voci iscritte fra le immobilizzazioni materiali rappresentando una situazione di bilancio non corretta (vedasi argomentazioni in fatto Cass. Pen. Sez. V, 7 Febbraio 2018, n. 5819). Va, infine, sottolineato che la responsabilità diretta della Società può essere desunta anche dal comportamento del Presidente L., il quale ha aderito all’applicazione delle sanzioni concordate ex art. 23 del CGS FIGC. La valutazione della responsabilità della compagine societaria, infatti, non può che essere correlata e coincidente all’accertamento dei fatti, delle condotte e delle correlate responsabilità poste in essere dai propri vertici societari e dai propri tesserati. Se è vero che, conformemente a quanto disposto con riferimento all’istituto del patteggiamento previsto dall’art. 444 c.p.p., di cui è logica derivazione, l’applicazione delle sanzioni ex art. 23 CGS FIGC non può equivalere a sentenza di condanna, è anche vero che tale istituto implica un’ammissione di responsabilità dalla quale difficilmente può prescindersi. Al riguardo, proprio con riferimento al parallelo istituto penalistico del patteggiamento, la suprema corte ha avuto modo di sottolineare che “……Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, la sentenza penale di applicazione della pena ai sensi degli artt. 444 e 445 c.p.p. – pur non implicando un accertamento capace di fare stato nel giudizio civile – contiene pur sempre una ipotesi di responsabilità di cui il giudice di merito non può escludere il rilievo senza adeguatamente motivare (Cass. 18/04/2013, n. 9456; Cass. ord., 6/12/2011, n. 26263; Cass. 19/11/2007, n. 23906; Cass. Sez. Un. 31/07/2006, n. 17289; v. anche di recente, Cass. 29/02/2016, n. 3980, secondo cui la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., pur non configurando una sentenza di condanna, presuppone comunque una ammissione di colpevolezza, sicché esonera la controparte dall’onere della prova e costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito, il quale, ove intenda discostarsene, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità,  ed  il  giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione)…..” (Cass. Civ., Sez, III, 2 Febbraio 2017, n. 2695). In tale ottica, in presenza dei sopracitati elementi ed in assenza di elementi correttivi dei dati di bilancio una volta non verificatesi le condizioni per le quali si è ritenuto di “scommettere” su giovani talenti, si ritiene pienamente sussistente anche la condotta  contestata  ad  … e … che, nelle loro qualità di consiglieri della Società AC Cesena hanno proceduto ad approvare i bilanci negli anni contestati, in presenza della  specifica norma civilistica (art. 2475 c.c.) che intesta alla specifica competenza dei consiglieri di amministrazione l’approvazione dei bilanci, dalla quale non possono che derivare le conseguenti e correlate responsabilità In conclusione il Collegio reputa che la Società AC Cesena Spa sia responsabile sia in via diretta che in via oggettiva degli illeciti contestati. Sotto il profilo sanzionatorio si ritiene di aderire alla richiesta formulata dalla Procura Federale di penalizzazione di 15 punti. L’art. 18, comma  1, lett. G) del CGS, tuttavia, con riferimento alla sanzione dei punti di penalizzazione in classifica prevede espressamente che la stessa, solo qualora si appalesi inefficace nella stagione sportiva in corso, può essere fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva successiva. Dovendosi individuare la stagione sportiva in corso in quella 1° luglio 2018 / 30 Giugno 2019 (posto che, sia la formalizzazione delle richieste sanzionatorie della Procura Federale, che la conseguente decisione, sono adottate nella stagione sportiva 2018/2019), la infliggenda penalizzazione sul punteggio non potrà che scontarsi in tale stagione sportiva.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 4/FTN del 12 luglio 2018

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO    DEL   PROCURATORE    FEDERALE   A   CARICO    DI:   S.M. (Presidente della Società AC Perugia Calcio Srl), G.R. (all’epoca dei fatti responsabile dell’area tecnica della Società AC Perugia Calcio Srl),  PL. (Presidente della Società Atalanta Bergamasca Calcio Spa), S.G. (all’epoca dei fatti responsabile dell’area tecnica della Società Atalanta Bergamasca Calcio Spa), SOCIETÀ AC PERUGIA CALCIO SRL E ATALANTA BERGAMASCA  CALCIO SPA  - (nota n. 13057/571pf17- 18GP/GC/blp  del 07.06.2018).

Massima: Tutti i deferiti sono stati prosciolti in ordine alle relativi contestata violazione che riguardano la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del CGS, e dell’art. 8, comma 2, del CGS, ovvero la cessione di calciatori ad un valore fittizio…L'attento esame dei parametri valutativi addotti da Procura Federale e difesa induce quindi a optare, in linea generale, per una conclusione motiva alquanto dubitativa che non consente di pervenire a un complessivo giudizio puntuale e inequivocabile, considerata la dubbia collocazione degli elementi pecuniari che lasciano ampio spazio a criteri empirici e soggettivi riferiti a plurime considerazioni di età, di ingaggio, di curricula sportivi e di quant'altro possa far parte di un parametro da negoziare ai fini della compravendita. Il Tribunale reputa dunque possibile che la valutazione di un giovane portiere a stipendio minimo, possa essere valutata in esubero rispetto a un criterio più prudenziale; così come un difensore infortunato possa essere penalizzato nel suo valore di trasferimento.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.031/TFN del 08 Novembre 2016 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: (59) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: G.S. (all’epoca dei fatti Amministratore Delegato della Società Calcio Padova Spa), M.C. (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società Calcio Padova Spa), D.P. (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società Calcio Padova Spa), I.C. (all'epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società AC Cesena Spa), B.S. (all’epoca dei fatti consulente amministrativo della Società Ascoli Calcio 1898 Spa), B.R. (all’epoca dei fatti Amministratore Unico della Società Ascoli Calcio 1898 Spa), M.M. (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società AC Siena Spa), C.D. (all’epoca dei fatti Amministratore Delegato della Società Vicenza Calcio Spa), C.T. (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società Vicenza Calcio Spa), F.L.(all’epoca dei fatti Direttore Generale della Società Novara Calcio Spa), D.S.M. (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società Novara Calcio Spa), L.P. (all’epoca dei fatti Amministratore Delegato e Direttore Sportivo della Società Parma FC Spa), le Società AC CESENA Spa, VICENZA CALCIO Spa, NOVARA CALCIO Spa e BRESCIA CALCIO Spa - (nota n. 2587/638 pf15-16 GP/sds del 14.9.2016).

Impugnazione Istanza: (33) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: I.C. (all'epoca dei fatti Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società AC Cesena Spa), L.M. (all'epoca dei fatti vice Presidente del Consiglio di Amministrazione e Direttore Generale della Società AC Cesena Spa), Società AC CESENA Spa - (nota n. 969/642 pf15-16 SP/gb del 20.7.2016).

Massima: A seguito di patteggiamento il Direttore Generale della Società Novara è sanzionato con l’ammenda di euro 10.000,00 per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva (art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione) e dell’art. 8 commi 1 e 2 del vigente Codice di Giustizia Sportiva in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale, per aver sottoscritto e depositato presso la competente Lega le variazioni di tesseramento dei calciatori – omissis -, in data 30 agosto 2013 indicando in tutte un corrispettivo abnorme e strumentale allo scopo di occultare le reali perdite dell’esercizio 2013 della Società Novara. Il Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società Novara Calcio Spa è sanzionato con l’ammenda di euro 10.000,00 per la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva (art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva vigente all'epoca dei fatti oggetto di contestazione) e dell’art. 8 commi 1 e 2 del vigente Codice di Giustizia Sportiva in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale, per aver contabilizzato nel Bilancio al 31 dicembre 2013 della Società Novara Calcio Spa una plusvalenza fittizia di € 1.150.000 in relazione alla cessione alla Società Parma FC Spa del diritto pluriennale alle prestazioni del calciatore – omissis - nonché per avere contabilizzato il diritto pluriennale alle prestazioni del calciatore – omissis - ad un valore abnorme che andava svalutato di € 1.013.832 secondo i principi che regolano la formazione dei Bilanci delle Società di capitali, condotte finalizzate ad occultare le reali perdite dell’esercizio 2013 e a rinviare gli interventi di ricapitalizzazione dei soci. La società è sanzionata con l’ammenda di euro 20.000,00. A seguito di patteggiamento la Società AC Cesena Spa, è sanzionata con l’ammenda di euro 80.000,00 per le violazioni ascritte al proprio legale rapp.te. La Procura Federale ha allegato alla ipotesi di accordo, una dichiarazione del Procuratore Federale del 3.11.2016, che si riporta integralmente: “Il Procuratore Federale, considerata: - l'eccezionalità della situazione creatasi in capo alla Società AC Cesena Spa che risulta essere parte lesa dai comportamenti illeciti ascritti ai suoi legali rappresentanti protempore – omissis - e – omissis -, con particolare riferimento alle condotte oggetto dei procedimenti disciplinari  – omissis -pf 15-16, nonché dei procedimenti penali R.G.N.R. n. – omissis - Procura della Repubblica di Forlì; - la natura delle condotte ascritte ai Sig.ri – omissis - e – omissis -, i quali hanno sottratto ingenti somme dalle casse della Società amministrata; - la notevole entità delle somme di denaro erogate dalla nuova compagine societaria, e segnatamente dal Sig. – omissis -, a favore della AC Cesena Spa al fine di evitarne la decozione e consentirne la prosecuzione dell'attività sportiva; - l’impatto sulle casse sociali della AC Cesena Spa delle sanzioni già in precedenza irrogate dal TFN sempre a fronte di condotte illecite ascritte alla gestione attuata dal Sig. – omissis -

 

Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 110/CGF del 02 Gennaio 2011 n.7 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 158/CGF del 19 Gennaio 2011 n. 7 e su www.figc.it

Decisone impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 26/CDN del 3.11.2010

Impugnazione – istanza:  7) Ricorso procuratore federale avverso il proscioglimento della società Ascoli Calcio 1898 S.P.A. e dei sigg.ri B.R., amministratore unico e l.r.p.t. Ascoli Calcio 1898 S.P.A. e C.M., consulente amministrativo e l.r.p.t. Ascoli Calcio 1898 S.p.A., a seguito di proprio deferimento - nota n. 2117/103pf10-11/sp/blp del 14.10.2010 – dalla violazione di cui all'art. 10, comma 3, CGS, in relazione al titolo i) paragrafo ii) lettera c) punto 1 del cu n. 117/a del 25.5.10 –

Massima: L’amministratore unico della società ed il consulente amministrativo della stessa sono sanzionati con l’inibizione per mesi 2 ciascuno per la violazione di cui all’art. 10, comma 3 C.G.S. in relazione al Titolo I paragrafo II lett. c) punto 1 del Com. Uff. 117/A del 25.5.2010 per non aver provveduto entro il termine del 6.7.2010 al disposto dell’art. 2447 c.c. La società è sanzionata con la penalizzazione di punti 1 in classifica. Il caso di specie: La Commissione giudicante ha posto a fondamento della decisione di proscioglimento dei soggetti deferiti le seguenti testuali motivazioni: "Per quanto riguarda, invece, la contestazione che la società non abbia superato, entro il termine del 6.7.2010, quanto previsto dall'art. 2447 c.c. - a proposito del caso di riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale - bisogna rilevare che la società aveva effettivamente inviato tempestivamente alla CO.VI.SO.C. la comunicazione dell'avvenuto superamento della citata situazione prevista dall'art. 2447 c.c. e che le successive osservazioni svolte dalla CO.VI.SO.C. sono state superate dalla attestazione delle società di consulenza che, ad integrazione e chiarimento di quanto comunicato per iscritto il 5.7.2010, con ulteriore relazione, datata 9.7.2010, ha certificato l'avvenuto superamento degli adempimenti previsti dal codice civile già entro il termine ultimo del 6 luglio; su tale base, infatti, il Consiglio Federale F.I.G.C. ha poi potuto accogliere il ricorso della società accordando la necessaria licenza nazionale per l'iscrizione al campionato di Serie B”. La richiamata decisione appare censurabile, e, quindi, meritevole di modifica, per quanto attiene alla valenza ed alla interpretazione della lettera della società di revisione del 5.7.2010 in relazione alla successiva specificazione fornita dalla medesima società in data 9.7.2010 a seguito dell’esclusione della società dal Campionato professionistico ed alla lettera di richiesta di chiarimenti della CO.VI.SO.C. datata 7.7.2010. Dalla lettura letterale della richiamata nota del 5.7.2010 si evince chiaramente che la società di consulenza nel comunicare gli elementi richiesti non aveva provveduto ad effettuare alcun esame della posizione economico-finanziaria della società tanto è vero che si sentiva in dovere di precisare “che la situazione contabile non è stata comunque oggetto di nostre specifiche verifiche”. Ciò trova ulteriore conferma nella successiva lettera del 9.7.2010 nella quale la medesima società di revisione specificava che tale missiva veniva inviata ad “integrazione e a chiarimento della precedente lettera del 5.7.2010” comunicando, nel contempo, gli elementi contabili certi che dovevano essere trasmessi entro il giorno 6.7.2010. Ne discende, inequivocabilmente, che – alla scadenza del termine perentorio del 6.7.2010 fissato dalla normativa federale - la società. non aveva inviato alla CO.VI.SO.C. la comunicazione dell'avvenuto superamento della situazione prevista dall'art. 2447 c.c. (e risultante dalla situazione alla data del 31.12.2009) e, di conseguenza, a quella data non era in possesso di uno dei requisiti necessari ai fini dell'ammissione al campionato professionistico di competenza. Soltanto dopo il perfezionamento della violazione disciplinare, di carattere formale e pertanto definitivamente consumatasi alla scadenza del termine perentorio del 6 luglio, la società ha finalmente fornito elementi integrativi e, a suo dire, risolutivi per ritenere superata la situazione prevista dall'art. 2447 c.c. Invero, risulta per tabulas, da un lato, che con la dichiarazione del 5.7.2010 la società non ha compiutamente adempiuto all'obbligo stabilito dalla normativa federale di attestare l'avvenuto superamento della situazione prevista dall'art. 2447 c.c., dall'altro che l'ulteriore comunicazione del 9.7.2010, ricevuta dalla CO.VI.SO.C. il 10.7.2010, è palesemente tardiva e quindi irrilevante ai fini del perfezionamento della violazione disciplinare contestata con il deferimento de quo. La irrilevanza della nota del 9.7.2010 ai fini del perfezionamento della violazione disciplinare è confermata dagli atti richiamati in detta nota, e sul cui esame la società di consulenza dichiara di fondare le proprie conclusioni in ordine all'avvenuto superamento della situazione prevista dall'art. 2447 c.c. Tra tali atti figura la "relazione del 9.7.2010 del Collegio Sindacale", atto successivo rispetto alla scadenza del termine del 6.7.2010 di perfezionamento della violazione disciplinare. La posteriorità dell'atto dimostra, al di fuori di ogni ragionevole dubbio, che la nota del 9.7.2010, fuori dal configurare mera interpretazione (o chiarimento) di quella in data 5.7.2010 (così come erroneamente affermato dalla Commissione Disciplinare Nazionale), racchiude una nuova valutazione compiuta dalla società di revisione dopo la scadenza del termine del 6.7.2010.

 

Decisione C.G.F. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 5/CGF del 13 Luglio 2010 n.1-2-3 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 063/CGF del 29 Settembre 2010 e su www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 91/CDN del 09.06.2010) Impugnazione – istanza:  1) Ricorso sig. M.Z. (presidente del C.d.A. della soc. U.S. Città di Palermo S.p.A.) avverso la sanzione dell’inibizione di 6 mesi inflittagli seguito deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S. e delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 1, del C.G.S. previgente, trasfuso nell’art. 8,); 2) Ricorso sig. R.F. (già direttore sportivo della soc. U.S. Città di Palermo S.p.A.) avverso la sanzione dell’inibizione di 3 mesi inflittagli seguito deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S. (nota n. 7091/1008pf07- 08/sp/blp del 26.4.2010); 3) Ricorso Ternana Calcio avverso le sanzioni:- inibizione per mesi 6 al sig. F.L.;- inibizione per mesi 6 al sig. D.S.;- ammenda di € 20.000,00 alla Ternana Calcio, inflitte a seguito dideferimento della Procura Federale per violazione dell’art. 1, comma 1, del C.G.S. e delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 3, del C.G.S. previgente, trasfuso nell’art. 8, comma 4, del vigente C.G.S. e dell’art. 2, comma 4, del previgente C.G.S., trasfuso nell’art. 4, comma 1, del vigente C.G.S., (nota n. 7091/1008pf07-08/sp/blp del 26.4.2010)

Massima: Il presidente della società non risponde di doping amministrativo di cui alla violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. e delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 1, C.G.S. previgente, trasfuso nell’art. 8, comma 1, del vigente C.G.S. allorquando nel bilancio 30 giugno 2003 e nei successivi bilanci, la società ha correttamente svalutato i diritti pluriennali dei calciatori in aderenza al c.d. decreto “spalma debiti” (Legge 27/2003), ciò risulta dall’esame degli atti, infatti la società ha correttamente svalutato i diritti citati sulla base della perizia opportunamente redatta come previsto dalla legge 27/2003. La perizia appare essere congrua nella asserzione del valore del calciatore, discostandosi con un margine insignificante dalla valutazione economica ritenuta congrua dalla Procura Federale. Sussiste, invece il doping amministrativo nel caso in cui la valutazione del calciatore è assolutamente abnorme - indipendentemente dall’estraneità degli incolpati alla realizzazione della plusvalenza, poiché lo stesso consiste a unicamente nella mancata svalutazione del calciatore nei successivi esercizi presi in riferimento. Non si tratta in buona sostanza di una valutazione di ufficio abnorme di un calciatore, anche se l’impiego e gli ingaggi non trovano nessuna corrispondenza con la cifra indicata, bensì nel fatto che i principi contabili nazionali in tema di redazione del bilancio delle società prevedono che, in caso di svalutazione durevole dell’immobilizzazione la società debba senza indugio provvedere a svalutare le poste del bilancio il cui valore risulta durevolmente inferiore al valore corrente. Sebbene la difesa ha sostenuto che tale svalutazione è discrezionale e che tale mancata svalutazione non ha avuto effetti sulle fattispecie previste dagli artt. 2446 e 2447 del codice civile - e nemmeno per l’iscrizione ai campionati di calcio - la Corte ritiene, come citato sopra, che costituisca obbligo per le società la svalutazione in presenza di perdite durevoli, come stabilito dal principio discendente dall’art. 35 parag. 1 lett. e) della quarta direttiva comunitaria (in tema di redazione di bilanci delle società e dell’art. 2426, c. 1, p 2 e seguenti c.c.).

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 91/CDN  del 09 Giugno 2010 n. 1  - www.figc.it Impugnazione - istanza:  (290) – Deferimento della Procura Federale a carico di: M.C. (Presidente del C.d.A. della Soc. Cagliari Calcio SpA), M.Z.(Presidente del C.d.A. della Soc. US Città di Palermo SpA), R.F. (già Direttore Sportivo della Soc. US Città di Palermo SpA), G.L.(già Amministratore Delegato della Soc. Ternana Calcio SpA), L.A. (già Presidente del C.d.A. della Soc. Ternana Calcio SpA), L.F. (già Presidente del C.d.A. della Soc. Ternana Calcio SpA), S.D. (Amministratore Unico della Soc. Ternana Calcio SpA) e della società Ternana Calcio SpA (nota n. 7091/1008pf07-08/SP/blp del 26.4.2010).

Massima: Il presidente della società risponde della violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza sanciti dall’art. 1, comma 1, del C.G.S. e dalle disposizioni di cui all’art. 7, comma 1, del C.G.S. previgente, trasfuso nell’art. 8, comma 1, del vigente C.G.S., per aver posto in essere la condotta consistente nella contabilizzazione nel bilancio chiuso al 30 giugno 2003 nonché nella situazione infrannuale al 31 marzo 2004 di plusvalenze fittizie derivanti dalla stipula dei contratti di cessione con corrispettivi di gran lunga superiori a quelli realmente attribuibili nonché le condotte consistenti nella mancata svalutazione nel bilancio al 30 giugno 2004 e nella situazione infrannuale al 31 marzo 2004 delle poste attive contabilizzate al momento dell’acquisizione dei diritti alle prestazioni dei calciatori, condotte connesse fra di loro e tutte finalizzate a far apparire perdite inferiori a quelle realmente esistenti. Consegue la sanzione per mesi 6 di inibizione. Massima: La società è sanzionata con l’ammenda per Euro 20.000,00 per il c.d. doping amministrativo. Infatti, l’abnorme valutazione dei diritti dei calciatori ha consentito alla società di iscrivere nel Bilancio al 30 giugno 2004 una plusvalenza fittizia. Inoltre la società, nel bilancio chiuso al 30 giugno 2003 e nella situazione patrimoniale al 31 marzo 2004 ha omesso di svalutare la posta attiva relativa ai diritti di due calciatori (posta risultante da contrattazioni incrociate finalizzate alla costituzione di plusvalenze e valori attivi immateriali fittizi) ed ha proceduto all’ammortamento dei medesimi diritti pur in presenza di ulteriori palesi indicatori dell’esistenza di perdite durevoli di valore rilevabili alla data di redazione dei predetti documenti contabili. Infatti il valore d’uso del diritto era inferiore al valore massimo di mercato in virtù dell’inesistenza di flussi di cassa attesi atti a coprire almeno le quote di ammortamento del diritto. Tale condotta ha ulteriormente avuto l’effetto di comunicare alla Co.Vi.So.C dati non veridici . La società ha infine omesso di svalutare il diritto di altro calciatore, riacquistato l’11 luglio 2003, nel bilancio al 30 giugno 2004 e nei successivi fino al 30 giugno 2008 nonché nelle situazioni infrannuali trasmesse alla Co.Vi.So.C per l’iscrizione ai Campionati, riducendo così le effettive perdite di ogni esercizio. Tali violazioni regolamentari sono ascrivibili ai diversi amministratori che si sono succeduti nel tempo alla guida della società.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 105/CDN  del 22 Giugno 2009  n. 1 - www.figc.it

Impugnazione – istanza:  (127) – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: S.T. (Presidente del Consiglio di Amministrazione della Soc. AC Parma SpA in Amministrazione Straordinaria) e L.B. (Amministratore Delegato della Soc. AC Parma SpA in Amministrazione Straordinaria) (nota n. 7424/686pf07- 08/SP/blp del 15.5.2009).

Massima: Il Presidente del Consiglio di Amministrazione della società in Amministrazione Straordinaria all’epoca dei fatti, risponde della violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza sanciti dall’art. 1, comma 1, del C.G.S., in relazione alla abnorme e strumentale valutazione dei diritti alle prestazioni sportive di sei calciatori, attraverso la sottoscrizione dei relativi contratti. Esistono infatti dei parametri oggettivi come l’età, il ruolo, il compenso, l’esperienza, lo stato di salute, la storia economica dei trasferimenti, la possibilità concreta di impiego, etc., che consentono di attribuire il valore di massima di un giocatore. Nel caso di specie l’importo dei corrispettivi pattuiti è evidentemente abnorme, anche in considerazione dell’eccezionale simmetria delle operazioni in questione e dell’identico esito di tutti i trasferimenti. In forza delle artificiose operazioni la società ha registrato nel bilancio una plusvalenza. Tali operazioni erano finalizzate ed hanno permesso la contabilizzazione di ricavi inesistenti che hanno fatto apparire perdite di esercizio inferiori a quelle reali. Tali fatti configurano certamente la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità imposti agli associati dall’art. 1, comma 1, C.G.S.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 66/CDN del 18 Giugno 2008 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione – istanza:  – Deferimento del Procuratore Federale a carico di : L.D.C. (già Presidente del consiglio di amministrazione Genoa Cricket FC SpA), G.B. Direttore generale Genoa Cricket FC SpA), E.P. (Presidente del consiglio di amministrazione Genoa Cricket FC SpA), P.M. (già Vice Presidente del consiglio di amministrazione Udinese Calcio SpA), F.S. (Presidente del consiglio di amministrazione Udinese Calcio SpA), P.F. (Presidente del consiglio di amministrazione Reggina Calcio SpA) e delle società Genoa Cricket FC SpA, Udinese Calcio SpA e Reggina Calcio SpA (nota n. 5519/547pf06-07/SP/bld del 12.6.2008)

Massima: Violano i principi di lealtà, probità e correttezza sanciti dall'art. 1, comma 1, del CGS e le disposizioni di cui all'art. 7, comma 1, del CGS previgente, trasfuso nell'art. 8, comma 1, del vigente CGS, il presidente della società e la società stessa a titolo di responsabilità diretta per aver posto in essere condotte consistenti: nella abnorme e strumentale valutazione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori; nella contabilizzazione nel bilancio chiuso al 30 giugno 2002 di plusvalenze fittizie derivanti dalla stipula dei contratti di cessione con corrispettivi di gran lunga superiori a quelli realmente attribuibili, finalizzata a far apparire perdite inferiori a quelle realmente esistenti e ad ottenere l’iscrizione al campionato di competenza della stagione 2003/2004 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa federale; nella contabilizzazione nei bilanci chiusi al 30 giugno 2003 ed al 30 giugno 2004 nonché nella situazione infrannuale al 31 marzo 2004 di plusvalenze fittizie derivanti dalla stipula dei contratti di cessione con corrispettivi di gran lunga superiori a quelli realmente attribuibili nonché le condotte consistenti nella mancata svalutazione nei bilanci al 30 giugno 2004 e 30 giugno 2005 nonché nelle situazioni infrannuali al 31 marzo 2004 e 31 marzo 2005 delle poste attive contabilizzate al momento dell’acquisizione dei diritti alle prestazioni dei calciatori, condotte finalizzate a far apparire perdite inferiori a quelle realmente esistenti e ad ottenere l’iscrizione al campionato di competenza delle stagioni 2004/2005 e 2005/2006 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa federale. Consegue, su richiesta di patteggiamento, la sanzione dell’inibizione a carico del presidente e quella dell’ammenda a carico della società.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 64/CDN del 12 Giugno 2008 n. 2 - www.figc.it

Impugnazione – istanza: – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: G.M. (all’epoca dei fatti Consigliere e Procuratore speciale UC Sampdoria SpA); G.M. (all’epoca dei fatti ed attualmente Amministratore delegato UC Sampdoria SpA); R.G. (Presidente del Consiglio di Amministrazione UC Sampdoria SpA) e della Società UC Sampdoria Spa (nota n. 4150/688pf07-08/SP/ad del 14.4.2008)

Massima: Violano i principi di lealtà, probità e correttezza sanciti dall'art. 1, comma 1, del CGS e le disposizioni di cui all'art. 7, comma 1, del CGS previgente, trasfuso nell'art. 8, comma 1, del vigente CGS, il presidente della società e la società stessa a titolo di responsabilità diretta per aver posto in essere condotte consistenti: nella mancata svalutazione nei Bilanci successivi a quello chiuso il 30 giugno 2003 e nelle situazioni patrimoniali al 31 marzo 2004, al 31 marzo 2005 e al 31 marzo 2006, delle poste attive già contabilizzate al 30 giugno 2003; nella contabilizzazione nel bilancio chiuso il 30 giugno 2003 della plusvalenza (fittizia) derivante dalla stipula dei contratti di cessione con corrispettivi di gran lunga superiori a quelli realmente attribuibili nonchè le condotte consistenti nella mancata svalutazione nei bilanci dei successivi esercizi, delle poste attive già contabilizzate al 30 giugno 2003. Consegue, su richiesta di patteggiamento, la sanzione dell’ammenda sia a carico del presidente e sia a carico della società.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 64/CDN del 12 Giugno 2008 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione – istanza: – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: A.G. (Vice Presidente vicario ed Amministratore delegato AC Milan SpA); G.O. (all’epoca dei fatti direttore tecnico attualmente dirigente FC Internazionale SpA); M.M. (all’epoca dei fatti Direttore generale FC Internazionale SpA); R.G. (già Amministratore delegato e attualmente Vice Presidente FC Internazionale SpA); M.G. (all’epoca dei fatti Amministratore delegato FC Internazionale SpA) e delle società AC Milan Spa e FC Internazionale Spa (nota n. 2581/296-812pf06-07/SP/ma del 4.2.2008)

Massima: Violano i principi di lealtà, probità e correttezza sanciti dall'art. 1, comma 1, del CGS e le disposizioni di cui all'art. 7, comma 1, del CGS previgente, trasfuso nell'art. 8, comma 1, del vigente CGS, il presidente della società e la società stessa a titolo di responsabilità diretta per aver posto in essere condotte consistenti: nella abnorme e strumentale valutazione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori; nella contabilizzazione nel bilancio chiuso al 30 giugno 2003 delle plusvalenze (fittizie) derivanti dalla stipula dei contratti di cessione con corrispettivi di gran lunga superiori a quelli realmente attribuibili; nella mancata svalutazione nei bilanci chiusi nel 2004 e nella situazione patrimoniale al 31 marzo 2005, delle poste attive già contabilizzate al 30 giugno 2003. Consegue, su richiesta di patteggiamento, la sanzione dell’ammenda sia a carico del presidente e sia a carico della società.

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 54/CDN del 15 maggio 2008 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: (175) - Deferimento del Procuratore Federale a carico di: E.P. (legale rappresentante e attuale socio di riferimento della società Genoa Cricket And Football Club SpA), A.L.D’O. (già presidente del consiglio d’amministrazione Calcio Como SpA) e M.D’A. (già amministratore unico Calcio Como SpA) per violazione art. 1 comma 1 CGS e della società Genoa Cricket And Football Club SpA per violazione art. 2 comma 4 CGS (nota n. 603/232pf/sp/ma del 24.11.2006)

Massima: Circa l’eccepita aleatorietà e soggettività delle valutazioni dei giocatori, sollevata dalla difesa, si osservi che, come notorio, esistono dei parametri che offrono indicazioni di massima, (quali ad esempio l’età, il ruolo, il compenso, l’esperienza, lo stato di salute, la storia economica dei trasferimenti, la possibilità concreta di impiego, tanto per citarne alcuni), e che consentono, quindi, di stimare il valore del giocatore; diversamente, del resto, lo stesso calcio-mercato non potrebbe esistere.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 54/CDN del 15 maggio 2008 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: (175) - Deferimento del Procuratore Federale a carico di: E.P. (legale rappresentante e attuale socio di riferimento della società Genoa Cricket And Football Club SpA), A.L. D’O. (già presidente del consiglio d’amministrazione Calcio Como SpA) e M.D’A. (già amministratore unico Calcio Como SpA) per violazione art. 1 comma 1 CGS e della società Genoa Cricket And Football Club SpA per violazione art. 2 comma 4 CGS (nota n. 603/232pf/sp/ma del 24.11.2006)

Massima: Colui che per il tramite della propria società era amministratore di fatto della società calcistica, risponde della violazione dell'art. 1 comma 1 CGS unitamente al Presidente del Consiglio d'Amministrazione ed all’Amministratore Unico di detta società calcistica, per aver sovrastimato e sottostimato alcuni calciatori determinando, insieme ad altri presupposti, il fallimento della società.

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