Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0051/CFA del 31 Dicembre 2021 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare n. 15 del 29.7.2021 e della decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare n. 020 del 9.8.2021

Impugnazione – istanza: W.G./Procura federale

Massima: Accolta la richiesta di revisione e poiché la sanzione di mesi 8 di inibizione era stata determinata muovendo dalla sanzione base anni 2 di inibizione, diminuendola di un terzo per il rito, diminuendola ulteriormente ai sensi dell’ari. 128 CGS per la collaborazione offerta dall’incolpato, la Corte ritiene equo rideterminarla - alla luce della disposta revisione - in mesi 3 di inibizione.… in quanto non sussiste la violazione dell’omessa denuncia violazioni ex art. 30, comma 7, CGS su tre delle cinque gare per le quali il deferito è stato sanzionato; infatti,….per quel che riguarda le gare Gela-Troina e Sancataldese-Troina, la decisione del Tribunale n. 20/2021 è sostanzialmente nel senso della insussistenza del fatto e che tale decisione non ha subito riforma in sede di giudizio di appello. Si legge infatti nella decisione di primo grado, con riferimento alla partita col Gela, “non si rivengono, invece, sufficienti elementi per poter ritenere sussistente l’illecito contestato nel capo in questione” e con riferimento alla partita con la Sancataldese: “ la disamina dei fatti, elencati da pag. 76 a pag. 78 cui si rimanda, induce a ritenere, anche in tal caso, non sufficientemente provata la condotta illecita contestata al D.’A., all’epoca direttore sportivo del Troina. Dalla testimonianza del G., non sembrano emergere elementi tali da far ritenere perfezionata la fattispecie di cui all’art. 30 CGS-FIGC. Le dichiarazioni del G., sia pure credibili, non possono, da sole, integrare la sussistenza di plurimi indizi gravi, precisi e concordanti, idonei a far ritenere più che probabile quantomeno l’avvenuto tentativo di alterare il risultato della gara. D'altronde alcun ulteriore riscontro probatorio – pure utile – risulta in atti”. Ne consegue che la decisione di applicazione di sanzione concordata, emessa, a suo tempo, ai sensi dell’art. 127 CGS, va revocata in parte qua, essendosi, per quanto sopra si è detto, verificato il previsto contrasto tra giudicati (art. 63, comma 4, lettera b, CGS) per la precipua ragione che il secondo giudicato ha riconosciuto insussistente il fatto posto alla base della procedura concordata sfociata nella prima decisione (il patteggiamento, appunto).….. per quel che riguarda la gara Troina-San Tommaso, in merito alla quale il Tribunale ritiene che “le dichiarazioni auto ed etero accusatorie dell’avv. G., sia pure credibili, non siano da sole sufficienti al fine di raggiungere quegli indizi precisi, gravi, concordanti circa il tentativo di illecito anche in considerazione del fatto che egli stesso riferisce di sue impressioni, ma non è in grado di testimoniare precise richieste”. Per tale ragione il primo giudice conclude che i fatti accertati debbano più correttamente essere inquadrati nella fattispecie di cui al comma 1 dell’art. 4 CG e non in quella originariamente contestata, non potendosi comunque ritenere corretto il comportamento dei dirigenti di una società che, prima della gara, contattano la compagine avversaria per motivi non meglio chiariti. Ne consegue che il “patteggiamento” concluso sul punto dal Giuffrida non avrebbe dovuto esser ratificato dal giudicante per l’erronea qualificazione giuridica della condotta; dunque, anche in tal caso, si deve giungere, per quanto di rilievo, alla revoca della “porzione” di sanzione applicata in relazione alla suindicata partita. Tutt’altra decisione va assunta, invece, per quel che riguarda le gare Acireale-Troina e Corigliano Calabro-Troina. Con riferimento alla prima competizione (Acireale-Troina), sulla base delle ricordate decisioni del Tribunale e di questa Corte, deve ritenersi passata in giudicato l’affermazione di responsabilità nei confronti del ….; il solo … risulta essere stato prosciolto in quanto i giudicanti ne hanno riconosciuto la “buona fede”, vale a dire che, pur ritenendo che la condotta dello stesso integrasse oggettivamente quella descritta nel capo di incolpazione, si è ritenuto insussistente l’elemento psicologico (in ultima analisi, il dolo) che tale condotta deve connotare. Orbene, è del tutto evidente che una tale valutazione non può essere estesa “meccanicamente” al G., in quanto occorrerebbe condurre un approfondito accertamento in merito e ciò contrasta con la ricordata vincolatività dei criteri ex art. 129 cpp, che, per pacifica giurisprudenza di legittimità (quella sopra citata), deve trovare ingresso in sede di revisione di una decisone “patteggiata”. In sintesi: la sentenza del Tribunale (confermata in appello) non afferma la insussistenza del fatto, ma semplicemente nega la colpevolezza del Boncore. Quanto alla partita col Corigliano, si evince dalla lettura della decisione di primo grado (e dalle stesse argomentazioni che il G. porta a sostegno della sua richiesta) che l’affermazione di responsabilità si fonda essenzialmente sul contenuto di intercettazioni telefoniche (disposte nel corso del “parallelo” procedimento penale), oltre che su alcune dichiarazioni di persone informate sui fatti. La circostanza che in dette conversazioni non sia mai coinvolto il G., né che di lui si parli in termini di corresponsabilità, attiene, con tutta evidenza, al merito e, in quanto tale non rientra - ancora una volta - nel perimetro delle constatazioni (più che delle valutazioni) che il giudicante può assumere ai sensi dei criteri enunciati nell’art. 129 del codice di rito penale. Né può soccorrere la giustificazione in base alla quale il G. bene fece a non segnalare i fatti alla Procura federale, perché era in corso una indagine penale (e dunque per non violare il segreto di indagine). Come correttamente osservato dal Tribunale, tale circostanza non solleva il tesserato dall’obbligo di denuncia alla competente autorità sportiva, anche in ragione della tempestività con la quale deve essere effettuata tale segnalazione “interna”, spettando, poi alla Procura federale il dovere di coordinarsi con la Procura della Repubblica. Diversamente opinando, l’obbligo di “denuncia sportiva” perderebbe di significato, atteso che l’illecito sportivo quasi sempre ha rilevanza tanto sportiva, quanto penale. Conclusivamente, la richiesta di revisione va accolta parzialmente (cosa ritenuta possibile dalla stessa giurisprudenza penale, cfr. Cass. Sez. 6, sent. 40685 del 30.10.2006, dep. 13.12.2006); di conseguenza, va revocata “parte” della sanzione a suo tempo concordata tra la Procura federale e il G. e precisamente quella relativa alle gare Gela-Troina, Sancataldese-Troina e TroinaSan Tommaso.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0050/CFA del 24 Dicembre 2021 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione della Corte Federale d'Appello, Sezioni Unite, n.84/CFA 2020-2021 dell’11 marzo 2021

Impugnazione – istanza: Giudizio di rinvio Collegio di garanzia C.O.N.I. - Sig. L.B./Procura federale

Massima: A seguito del giudizio di rinvio disposto dal Collegio di Garanzia, la Corte in accoglimento del reclamo dichiara infondato il deferimento per omessa denuncia ai sensi dell’art. 30, comma 7, del C.G.S….Ebbene, come illustrato in fatto, la Corte Federale d’Appello ha ritenuto provata la responsabilità del Presidente del Trestina per la fattispecie di cui all’art. 30, comma 7, citato valorizzando, in particolare, l’ultima frase pronunciata da quest’ultimo alla Polizia giudiziaria secondo cui: “io, conoscendo la fama di questo personaggio e avendo intuito che la conversazione era anomala, gli ho detto che anche noi venivamo da tre sconfitte consecutive e, se oggi non vincevamo, mandavo a casa tutti i giocatori, dopodiché mi sono allontanato andando in tribuna. A dire il vero, non sono in grado di dettagliare tutto ciò che ha detto il Volpi perché io non l’ho neanche ascoltato; ho tagliato corto e me ne sono andato”. Ciò precisato, l’obbligo di informare, senza indugio, la Procura federale di cui all’art. 30, comma 7, del vigente C.G.S., sorge in capo ai soggetti che siano “venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto in essere o stiano per porre in essere taluno degli atti” integranti un illecito sportivo previsto dal medesimo articolo. Ebbene, dalle dichiarazioni rese dal B. come persona informata sui fatti alla polizia giudiziaria nell’originario procedimento penale, confermate dalle altre testimonianze acquisite in atti, emerge che il B.e il V., prima dell’incontro incriminato del 3 marzo 2019, non si conoscevano, e che il dialogo tra i medesimi è durato pochi istanti. A ciò va aggiunto che la gara del Viareggio con il Trestina, disputata a valle dell’incontro medesimo, si concluse con un risultato sfavorevole proprio per la squadra del V.. Tali circostanze di fatto accreditano la tesi difensiva del B. secondo la quale egli avrebbe interrotto sul nascere il dialogo medesimo, in quanto infastidito dall’ingiustificato tono confidenziale del V., e dunque prima che gli fosse prospettata in maniera compiuta qualunque proposta illecita ovvero anche solo rappresentata una condotta volta ad alterare il risultato della gara. Pertanto, in applicazione del principio di diritto enucleato dal Collegio di Garanzia dello Sport, secondo cui “colui che raccoglie una mera suggestione, non seguita dalla rappresentazione di un evento storicamente accaduto, non può essere tenuto a denunciare un illecito, che appunto, almeno nella sua prospettiva, non si è mai realizzato”, deve ritenersi che dalla mera percezione dell’anomalia della conversazione citata non possono essere desunti elementi sufficienti per affermare che vi fosse in capo al B. una piena consapevolezza della antigiuridicità di quanto prospettato dal V., con la conseguenza che non può ritenersi integrato il presupposto logico giuridico della condotta omissiva contestata ai sensi dell’art. 30, comma 7, del C.G.S.

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 95 del 10/11/2021

Decisione impugnata: Decisione n. 019/CFA, resa, in data 21 settembre 2020, dalle Sezioni Unite della Corte Federale d'Appello della FIGC, con la quale, in reiezione del reclamo interposto dal ricorrente, sono state confermate, a carico del medesimo, le sanzioni dell'inibizione per 4 anni e dell'ammenda di € 50.000,00, per la violazione, in concorso con altri tesserati, dell'art. 7, commi 1, 2 e 5, del CGS FIGC vigente all'epoca dei fatti, trasfuso nell'art. 30, commi 1, 2 e 5, del CGS FIGC attualmente in vigore.

Impugnazione Istanza: V. D. S./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Respinto il ricorso presentato avverso la decisione della CFA che ha disposto la sanzione dell'inibizione per 4 anni e dell'ammenda di € 50.000,00, per la violazione, in concorso con altri tesserati, dell'art. 7, commi 1, 2 e 5, del CGS FIGC vigente all'epoca dei fatti, trasfuso nell'art. 30, commi 1, 2 e 5, del CGS FIGC attualmente in vigore con riferimento alla gara PICERNO-BITONTO (Campionato di Serie D. Girone H) terminata con il punteggio di 3 – 2", derivante dalla apertura di un parallelo procedimento penale presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Bari.….. deve richiamarsi la coerente ed accorta giurisprudenza di questo Giudice, a mente della quale “la carenza motivazionale può essere integrata sia dall’omesso sviluppo logico o giuridico delle ragioni che sostengono la decisione, sia dalla contraddittorietà degli argomenti portati a sostegno delle conclusioni, sulla base di un controllo di logicità e di completezza del giudizio di fatto, senza che il giudice di legittimità possa spingersi a verificare nel merito la ricostruzione operata dalla decisione contestata” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 23 del 28 marzo 2019; cfr., ex multis, Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., n. 44/2017). Di pari pregio e rilievo è l’ulteriore pronuncia del Giudice di legittimità sportiva, con la quale il Collegio di Garanzia ha posto l’accento sul proprio sindacato in ambito di vizi della motivazione, evidenziando profili e distinzioni rispetto al sistema previsto dal Codice di procedura civile ed al motivo di ricorso per Cassazione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., sancendo, altresì, che il Collegio, “pur non potendo procedere ad una nuova valutazione dei fatti, può tuttavia verificare se il giudice del merito abbia motivato la propria decisione in modo illogico, contraddittorio, ovvero lacunoso” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 22 del 22 marzo 2019). L’inquadramento e la casistica di censure motivazionali - nell’accezione di insufficienza della stessa - si completa con altro e diverso principio giurisprudenziale dettato in ambito sportivo sempre da codesto Collegio, secondo cui “la pronuncia di appello è viziata in quanto manca di una sequenza logico-argomentativa della motivazione quando il giudice, valutando un punto decisivo della controversia, si sia limitato ad affermare la correttezza del dictum di prime cure senza, tuttavia, offrire alcun percepibile iter motivazionale che, all’esito dell’esame del motivo di reclamo, desse conto puntuale e completo delle ragioni di non condivisione dell’impugnativa” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 4 del 18 gennaio 2019). Orbene, i cennati spunti interpretativi - unitamente all’esame della gravata decisione della Corte di Appello Federale - offrono a contrario evidenza e conferma dell’infondatezza della censura di legittimità sollevata dall’odierno ricorrente D. S…La motivazione adottata dalla Corte di merito è immune da vizi logico-giuridici oltreché esauriente ed ampiamente argomentata in punto di diritto, avendo la Corte Federale preso condivisibilmente le distanze dai precedenti giurisprudenziali citati dalla difesa del reclamante D. S., poi riportati nell’odierno ricorso (ossia C.U. n. 52/TFN, stagione 2016/2017), confermando la legittimità del procedimento istruttorio seguito dalla Procura Federale in ossequio alla “scelta compiuta dal legislatore federale e consacrata nel codice di giustizia sportiva […] nel senso di attribuire particolare valore agli elementi istruttori desumibili dal procedimento penale, stabilendo che essi costituiscono i presupposti legittimanti la riapertura del procedimento disciplinare e la fase delle indagini condotte dalla Procura Federale” (cfr., sentenza impugnata, pag. 29). Detto passaggio della decisione impugnata risulta essere in coerenza sistemica con l’impianto normativo dettato dal Codice della Federazione Italiana Giuoco Calcio, e, nello specifico, con l’art. 119, comma sesto, il quale - come correttamente motivato dalla Corte di Appello - consente un illimitato utilizzo di atti e documenti (quali quelli trasmessi alla Procura Federale) acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato. Il Legislatore Sportivo - mediante l’uso di inequivoche espressioni quali “sempre” ed “in ogni tempo”, cfr., art. 119 CGS FIGC, cit. - ha introdotto un coerente ed inderogabile criterio di collegamento e collaborazione tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, nel quale l’effettivo momento di riapertura delle indagini rappresenta una circostanza irrilevante o comunque mitigata dal tenore letterale dell’art. 122, comma quarto, CGS FIGC, il quale prevede la riapertura delle indagini nel caso in cui emergano nuovi fatti o circostanze di rilievo. La coerente interpretazione della superiore norma sportiva chiarisce come il Legislatore abbia voluto porre in evidenza il rapporto di causa-effetto esistente tra l’emersione del fatto e la riapertura del procedimento, di fatto non prevedendo in modo netto il nesso e la sequenza temporale tra fatto nuovo e riapertura delle indagini, laddove la comune esperienza suggerisce di applicare un criterio di anteriorità della causa (l’emersione del fatto nuovo) rispetto all’effetto (la riapertura delle indagini). Ciò, com’è ovvio, non si pone in antitesi con il principio di autonomia del giudizio disciplinare sportivo rispetto al parallelo procedimento penale - ribadito da codesto Collegio in più occasioni, cfr., ex multis, decisione n. 71/2019, emessa a Sezioni Unite -, che trova fondamento nel criterio secondo il quale gli organi di giustizia sportiva, salvo ipotesi tassative espressamente previste dalla legge, hanno autonomi ambiti di valutazione degli elementi acquisiti in giudizio, compresi quelli provenienti dagli accertamenti o dai provvedimenti dell’Autorità giudiziaria ordinaria, che nel giudizio sportivo sono e restano liberamente valutabili come meri elementi probatori. La pronuncia de qua emessa dalla Corte di Appello Federale risulta, pertanto, in linea con tutti i principi sopra enunciati, avendo correttamente ed autonomamente valutato sia l’operato della Procura Federale nella riapertura delle indagini nei confronti del D. S., che gli elementi provenienti dal fascicolo innanzi alla Procura della Repubblica di Bari.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0016/CFA del 23 Settembre 2021 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale n. 0020/TFNSD del 10 agosto 2021

Impugnazione – istanza: G.F. – F.G. – F.G.B. – C.G. – C.G.M. – A.G. - A.S.D. Troina/Procura Federale

Massima: Rigettati i reclami ad esclusione di quello della società parzialmente accolto

Massima: Provano l’illecito sportivo i grossolani errori tecnici del calciatore durante la gara unitamente alla scommessa vinta su tale gara…..Se è vero che i grossolani (e non contestati) errori tecnici compiuti dal sig. S.nel corso della gara in questione (emergenti da varie deposizioni testimoniali) non sarebbero stati da soli idonei e sufficienti a supportare l’accusa di illecito sportivo per alterazione del risultato del a gara stessa, ess tuttavia, posti n correlazione al video postato sul whatsapp, in cui il sig. S. dimostrava il possesso non altrimenti giustificabile e giustificato di una notevole somma di danaro, alla non contestata esistenza della schedina vincente e ai riscontri (presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Direzione Giochi Ufficio Scommesse) sulla schedina vincente proprio per la giocata sul risultato esatto della partita, danno complessivamente vita a quell’insieme di fatti gravi, precisi e concordanti idonei a provare del tutto ragionevolmente la sussistenza dell’illecito di alterazione del risultato della gara in questione.

Massima:…. l’obbligo di denuncia di cui si tratta, che - com’è intuitivo – è anch’esso espressione dei principi di lealtà, probità e correttezza, non postula che il soggetto abbia la consapevolezza e la convinzione della rilevanza e della gravità del fatto per l’ordinamento sportivo, ma solo che egli abbia appreso, come che sia e senza la necessità di ulteriore specifica attività di indagine o di riscontro, un elemento fattuale concreto disciplinarmente rilevante secondo l’ordinamento sportivo.

Con riferimento al caso di specie gli elementi addotti dal reclamante a preteso fondamento dell’insussistenza dell’obbligo di denuncia non escludono in alcun modo la sufficiente conoscenza dei fatti, appresi quanto meno partecipando alla riunione indetta dalla dirigenza della società, conoscenza idonea a fondare l’obbligo di denuncia trattandosi di fatti concreti ed obiettivi, sufficientemente circostanziati, che come tali on potevano essere ragionevolmente considerati come un mero sospetto ossia una mera congettura, fenomeno meramente soggettivo di ipotesi da verificare. Sussisteva pertanto l’obbligo di denuncia, essendo sufficientemente certi e definiti i fatti nella loro materialità e avendone l’interessato avuto comunque sufficiente cognizione, non potendo rilevare per contro la soggettiva convinzione che gli stessi non integrassero gli estremi dell’illecito sportivo.

Massima: Come già rilevato in precedenza, l’obbligo di denuncia (sia quanto ai fatti costituenti illecito sportivo sia quanto ai fatti attinenti al divieto di scommesse) è espressione dei principi di lealtà, probità e correttezza, e non postula che il soggetto abbia la consapevolezza e la convinzione della rilevanza e della gravità del fatto per l’ordinamento sportivo, ma solo che egli abbia appreso, come che sia e senza la necessità di ulteriore specifica attività di indagine, un elemento fattuale concreto disciplinarmente rilevante secondo l’ordinamento sportivo. Ciò posto, la circostanza che il sig. G. F. non avesse terminato regolarmente la gara de qua, essendo uscito per infortunio intorno al 60° minuto, e che fosse stato costretto a sottoporsi a risonanza magnetica e a specifiche terapie a Palermo per due settimane, non partecipando alla cena della squadra svoltasi il 24 settembre 2019, durante la quale il sig. S.aveva mostrato la schedina vincente, non escludono affatto che egli avesse avuto piena e sufficiente conoscenza della condotta tenuta dal sig. S., di per sé potenzialmente idonea ad integrare gli estremi dell’illecito sportivo e del divieto di scommesse. Il reclamante non ha negato di far parte del gruppo whatsapp su cui il S. aveva postato il video in cui mostrava di maneggiare una significativa somma di danaro frutto della vincita della scommessa; al riguardo a nulla rileva il tentativo di sminuirne la portata in ragione della sua minima durata, in quanto egli non ha nega in definitiva di conoscere i fatti, eccependo soltanto di non averne potuto apprezzare la consistenza e la rilevanza, anche per essere soltanto un calciatore dilettante. Al riguardo, deve essere ribadito che in realtà i fatti di cui si discute erano concreti, obiettivi e sufficientemente circostanziati e non potevano essere ragionevolmente considerati come un mero sospetto ossia una mera congettura, fenomeno meramente soggettivo di ipotesi da verificare; sussisteva pertanto nel caso di specie l’obbligo di denuncia, non rilevando per contro la soggettiva convinzione che gli stessi non integrassero gli estremi dell’illecito sportivo.

Massima: La volontaria ed errata sostituzione di un calciatore al fine di far presentare il ricorso all’avversaria per posizione irregolare integra gli estremi dell’illecito sportivo. Non è contestato che nel corso della gara in questione, al 41° circa del primo tempo, un calciatore con qualifica under della squadra ASD Troina fu sostituito con altro calciatore che under non era e che tale errore tecnico determinò la sconfitta a tavolino 0-3 dell’ASD Troina, sanzionata dal Giudice Sportivo in accoglimento del reclamo spiegato dall’ASD Rotonda Calcio….L’ammissione della combine relativamente alla gara in questione da parte del sig. D.’A. S. D.o risulta da quest’ultimo fatta spontaneamente, con sufficiente precisione e con dati altrettanto sufficientemente circostanziati, all’Ispettore Superiore di PS G. M. il giorno 13 febbraio 2020 negli uffici del Commissariato di Leonforte, dove il sig. D.’Arte si era recato per un (ulteriore e spontaneo) incontro col predetto funzionario di PG. Ciò che rileva è poi che sulla base di quella dichiarazione spontanea (ancorché non confermata in sede di interrogatorio formale, allorquando il D.’A. ha dichiarato di voler avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande formulategli) gli uffici di PG chiesero e ottennero dalla competente AG l’autorizzazione ad effettuare accertamenti bancari volti a riscontrare l’effettività della dazione di danaro, cosa che trovava conferma nella sussistenza di una pluralità di bonifici bancari disposti (tra il 25 marzo 2019 ed 24 ottobre 2019, per un importo complessivo di €. 34.700.00) dalla …. Costruzioni e Servizi in favore del citato sig. D.A., pagamenti non adeguatamente giustificati in ragione della genericità della maggior parte delle causali indicate.In presenza di tali elementi non solo non può genericamente richiamarsi un preteso carattere non confessorio dell’ammissione spontanea della combine fatta dallo stesso sig. D.’A., ma neppure vale evidenziare che i riscontri di tale dichiarazione consistessero in testimonianze indirette, dal momento che si è in presenza di un composito ed inequivoco quadro di fatti gravi, precisi e concordanti che danno ragionevolmente conto della effettiva esistenza della combine e quindi della conseguente idoneità degli atti a tal fine posti in essere, ivi compresa la sostituzione del calciatore under con altro che tale non era (circostanza quest’ultima assolutamente non giustificabile per caso fortuito o per mera dimenticanza stante la più che ragionevole esperienza sia del sig. D.’A. che del sig. C.). Quanto all’apporto causale di quest’ultimo, fermo il principio ai fini della affermazione della sua responsabilità della prevalenza della sostanza (attività rilevante esercitata nell’ambito sportivo) sulla forma (qualifica giuridica risultante dal tesseramento) (sul punto si rinvia a quanto già osservato al par. 13.3.1.), non è contestato non solo che g i sedesse in panchina, ma soprattutto che svolgesse di fatto -  non soltanto in occasione di quella gara - le funzioni di allenator in seconda de la squadra, come dallo stesso ammesso nel verbale di interrogatorio del 7 dicembre 2020, allorquando ha precisato che, sebbene formalmente fosse stato allenatore in seconda solo dalla stagione 2019/2020, “…di fatto, già nel periodo in cui è stata disputata la partita con il Rotonda, l’A. (id est., formalmente l’allenatore in seconda) si era allontanato dallo staff tecnico, lasciando me in compagnia di B. (id est, l’allenatore titolare)”. E’ priva di verosimiglianza la tesi secondo cui il C. non avesse alcuna competenza tecnica per disporre la sostituzione incriminata e soprattutto non avesse le cognizioni tecniche fattuali per rendersi conto che quella sostituzione avrebbe avuto conseguenze sull’esito della gara.

Massima:…..in presenza degli indizi gravi, precisi e concordanti di quei passaggi di denaro e della genericità delle causali giustificative, sarebbe stato onere dell’interessato provare documentalmente ed in modo inconfutabile - come del resto puntualmente segnalato dal Tribunale Federale Nazionale nella decisione reclamata - la eventuale effettiva giustificazione dei bonifici, esibendo, per esempio, copie di contratti di servizio o altro documento idoneo a fugare ogni dubbio e perplessità: ciò non è avvenuto e non può essere imputata al Tribunale Federale Nazionale un’omessa o insufficiente attività istruttoria sul punto. In carenza di prova contraria dei fatti gravi, precisi e concordanti che fondavano l’incolpazione, è più che ragionevole ritenere secondo l’id quod plerumque accidit - come ha fatto il Tribunale - che il sig. F. G. B., del quale non è discutibile la responsabilità ai sensi dell’ordinamento federale, quale Presidente onorario, con poteri di rappresentanza e di firma dell’ASD Rotonda Calcio, abbia usufruito ai fini della commissione dell’illecito delle somme versate dalla società del figlio, …. Costruzioni (e quindi indirettamente messegli a disposizione) al sig. D.’A. S. D.. Non assume alcuna rilevanza decisiva ai fini della esclusione dell’illecito in questione la dilazione temporale con cui i pagamenti risultano essere stati fatti ovvero anche la circostanza che qualche pagamento sia temporalmente lontano dall’episodio incriminato, non essendo stata fornita alcuna prova plausibile della corrispondenza di tali pagamenti ad effettivi servizi resi dal sig. D.’A. nella asserita qualifica di imprenditore.

Massima: Il Tribunale Nazionale Federale – Sezione Disciplinare con la decisione segnata in epigrafe ha ritenuto la sussistenza di elementi idonei a suffragare la tesi accusatoria della Procura, in ragione dei frenetici contatti telefonici ed incontri avvenuti prima della gara tra i signori D.’Arte, A. e A., quest’ultimo pacificamente riconosciuto come patron dell’ASD Troina, non potendosi escludersi il perfezionamento dell’illecito per il successivo mancato accordo sulla somma da corrispondere o per l’impossibilità di convincere i giocatori e l’allenatore del Troina ad assecondare la combine.

Massima: Rideterminata la sanzione a carico della società da punti 10 in classifica, da scontarsi nel corso della corrente stagione sportiva ovvero, qualora non iscritta ad alcun campionato, nella prima stagione sportiva utile, e ammenda di euro 5.000,00 a punti 6 di penalizzazione da scontarsi nella stagione sportiva 2021-2022 ed ammenda di € 3.000,00….Pur potendo condividersi il convincimento espresso dalla decisione reclamata sulla esistenza del tentativo di combine della gara in questione sulla base delle intercettazioni dei colloqui telefonici intercorsi tra il sig. D.’A. e il sig. P. - intercettazioni che hanno conferma nelle dichiarazioni rese da quest’ultimo in sede di sommarie informazioni testimoniali e di audizione - non vi è tuttavia alcun elemento probatorio, nemmeno indiziario, che possa ragionevolmente ricollegare l’attività svolta dal sig. D.’A.S. D. alla compagine dell’ASD Troina.  A differenza dell’episodio di cui alla gara Corigliano – Troina dell’8 gennaio 2020, in cui la plausibilità del coinvolgimento dell’ADS Troina nella commissione dell’illecito è data dal legame tra il sig. D.’A. ed il sig. G. A., patron e finanziatore della predetta società (legame che consente di ritenere che in qualche caso il D.’A. svolgesse, di fatto ed in modo occulto, attività rilevante per l’ordinamento sportivo nell’interesse dell’ADS Troina), nel caso di specie non emerge alcun elemento idoneo a dar conto della riferibilità, indiretta, occulta e di fatto all’ASD Troina dell’attività svolta dal sig. D.’A.S.. A tanto consegue che non può essere dichiarata la responsabilità dell’ASD Troina per l’episodio in trattazione. La rideterminazione della sanzione per l’ASD Troina. L’accoglimento per quanto rilevato del reclamo proposto dall’ASD Troina (0013/CFA/2021-2022, par. 4), limitatamente alla gara Corigliano – Troina dell’8 gennaio 2020, impone la rideterminazione della sanzione. Quest’ultima, tenuto conto della pluralità degli illeciti accertati, della loro obiettiva gravità e della pluralità di soggetti appartenenti alla predetta società che vi hanno concorso, è rideterminata in 6 (sei) punti di penalizzazione da scontarsi nella stagione sportiva 2021-2022 e nell'ammenda di € 3.000,00 (tremila/00).

Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezioni Unite: Decisione n. 71 del 06/09/2021

Decisione impugnata: Decisione n. 84/CFA/2021 dell’11 marzo 2021, delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello della FIGC;

Impugnazione Istanza: A. M./Federazione Italiana Giuoco Calcio M. G./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Generale dello Sport presso il CONI/Procura Federale FIGC/Lega Nazionale Dilettanti L. B./Federazione Italiana Giuoco Calcio C.S. Scandicci 1908 S.r.l. Polisportiva Dilettantistica/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Generale dello Sport presso il CONI/Procura Federale FIGC/Lega Nazionale Dilettanti A. A./Procura Federale FIGC/Procura Generale dello Sport presso il CONI/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Lega Nazionale Dilettanti

Massima: ….conviene riepilogare il quadro normativo che viene in rilievo nel caso di specie. Orbene, la disciplina dell’illecito sportivo, contenuta nell’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC in vigore fino al 16 giugno 2019 (oggi art. 30 del vigente Codice di Giustizia Sportiva FIGC), è diretta a sanzionare gli atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o ad assicurare un vantaggio in classifica. La giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport ha, da tempo, evidenziato che la fattispecie di illecito sportivo è connotata dal requisito della direzione della condotta tenuta dal soggetto agente, anche mediante atti distinti, che deve essere concretamente rivolta all’alterazione del risultato della competizione sportiva o al conseguimento di un vantaggio indebito nella classifica. Ed infatti, “l’illecito sportivo, come definito dall’art. 7, primo comma, CGS della FIGC, consiste nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o ad assicurare un vantaggio in classifica; ne consegue che la pluralità di atti e condotte posta in essere da soggetti appartenenti al medesimo sodalizio non integra una pluralità di illeciti sportivi tutte le volte in cui uno soltanto sia il risultato della gara alterata e uno il conseguente vantaggio in classifica assicuratosi dalla società sportiva. Pertanto, poiché in caso di alterazione del risultato di una sola partita si è in presenza di un unico illecito e le ipotesi di responsabilità della società previste dai commi 2 e 4 non sono cumulative ma alternative con riferimento a un particolare illecito, non è possibile irrogare ad una medesima società più sanzioni a titolo diverso per il medesimo illecito sportivo” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 22 gennaio 2016, n. 4). La fattispecie di illecito sportivo, dunque, mira a tutelare l’ordinamento sportivo da quegli eventi che, ancorché non direttamente incidenti sulla gara, risultano nondimeno pregiudizievoli, in via di compromissione, per il corretto e migliore svolgimento del campionato ovvero della singola competizione sportiva. Si sottolinea, inoltre, che l’evento illecito descritto dalla norma in parola è unitario, pur a fronte della pluralità degli atti posti in essere per realizzarlo. Pertanto, nonostante possano, nelle singole fattispecie, venire alla luce una pluralità di condotte lesive, laddove le stesse siano unitariamente dirette a produrre l’alterazione della competizione, si configura comunque un solo illecito sportivo e non anche un’ipotesi di concorso materiale tra illeciti distinti. È dunque evidente come la fattispecie di illecito sportivo differisce dall’ipotesi di frode in competizione sportiva di cui all’art. 1, Legge 13 dicembre 1989, n. 401. Quest’ultima è norma a più fattispecie, che prevede in primis una forma di corruzione in ambito sportivo costituita dall’offerta o dalla promessa di denaro o altra utilità al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione (condotta a forma vincolata) e, al contempo, una seconda forma (libera) costituita dal compimento di altri “atti fraudolenti” volti al medesimo scopo. Il che porta a ritenere che la fattispecie in questione appartenga alla categoria dei reati di pericolo per i quali non è ipotizzabile la fase del tentativo, essendo anticipata la soglia di punibilità al mero compimento di un’attività finalizzata ad alterare lo svolgimento della competizione (cfr. Cass. pen., sez. III, 21 luglio 2015, n. 31623). Diversamente, come detto, nell’illecito sportivo si conferisce rilievo a qualunque “atto diretto” ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, che sia compiuto con qualsiasi mezzo, ma non connotando di particolari ulteriori qualità (tantomeno di fraudolenza) l’azione meritevole di sanzione e anticipando ulteriormente la soglia di punibilità. La norma, infatti, mira a tutelare il bene giuridico del leale e regolare svolgimento delle gare e delle competizioni sportive, punendo le condotte illecite e antisportive finalizzate all’alterazione del risultato sportivo attraverso la manipolazione dell’andamento della gara ovvero attraverso il procacciamento di un indebito vantaggio in classifica. Dall’analisi del dettato normativo è facilmente intuibile come la fattispecie descritta configuri quindi un’ipotesi di illecito di pericolo. Di conseguenza, è evidente che l’illecito sportivo si debba considerare realizzato nel momento in cui si siano concretizzati “atti idonei” a cambiare il naturale svolgimento di una competizione (in tal senso, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 19 novembre 2017, n. 93); e ciò a prescindere dal conseguimento effettivo del risultato o del vantaggio auspicato. Infatti, la forma di manifestazione dell’illecito sportivo è basata sulla direzione della condotta posta in essere, includendo così anche ipotesi di attentato. In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite a più riprese: “l’illecito sportivo è classificabile come illecito di attentato e, dunque, si considera perfezionato quando si realizzano atti idonei a cambiare il naturale svolgimento di una competizione, indipendentemente dall’effettiva verificazione di un determinato evento dannoso, circostanza, quest’ultima, considerata come un’ipotesi aggravante. Pertanto, l’illecito si configura quando le risultanze probatorie dimostrino l’idoneità della condotta a determinare la manipolazione delle competizioni, a prescindere dal fatto che il tentativo di alterazione abbia avuto un esito positivo o negativo … l’illecito sportivo è classificabile come illecito di attentato e, dunque, si considera perfezionato quando si realizzano atti idonei a cambiare il naturale svolgimento di una competizione, indipendentemente dall’effettiva verificazione di un determinato evento dannoso, circostanza, quest’ultima, considerata come un’ipotesi aggravante. Pertanto, l’illecito si configura quando le risultanze probatorie dimostrino l’idoneità della condotta a determinare la manipolazione delle competizioni, a prescindere dal fatto che il tentativo di alterazione abbia avuto un esito positivo o negativo” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 93/2017); ed ancora, precedentemente, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 10 febbraio 2016, n. 6, per cui “l’illecito sportivo, come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve aver superato sia la fase dell’ideazione che quella preparatoria ed essersi tradotto in un’azione causalmente apprezzabile, concreta ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato”; nonché, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 18 gennaio 2016, n. 3, per cui “l’illecito sportivo di cui all’art. 7 CGS della FIGC non è a formazione progressiva, bensì di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza con il semplice compimento di atti diretti ad alterare la gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica che non sia il fisiologico risultato della gara stessa. Il vantaggio effettivo – cioè l’alterazione del risultato – non è elemento costitutivo del menzionato illecito, bensì mera circostanza aggravante ex art. 7, comma 6, CGS della FIGC”; ripreso successivamente da Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 20 ottobre 2016, n. 52, secondo cui “l’illecito sportivo in ambito disciplinare, ai sensi dell’art. 7, comma 1, CGS della FIGC, si realizza anche quando non sono individuati gli atti idonei a conseguire l’effettiva alterazione della gara. Tale fattispecie è classificabile come un illecito a consumazione anticipata, per il quale è accordata rilevanza giuridica soltanto alla proiezione soggettiva dell’atto finalizzato ad incidere sul risultato della gara, non assumendo alcun rilievo gli elementi della idoneità e della univocità degli atti”. Nell’evidenziare le caratteristiche proprie dell’illecito di pericolo, il Collegio di Garanzia ha, peraltro, evidenziato che l’atto preso in considerazione, per rientrare nell’ambito della disposizione sanzionatoria, deve comunque assumere un certo rilievo ed avere un minimo di concretezza. Sul punto, anche la giurisprudenza federale, è concorde nel ritenere che nelle ipotesi in parola, pur prevedendo la fattispecie, come già chiarito, un’anticipazione della soglia di punibilità a “qualunque atto diretto” all’alterazione della gara o all’altra finalità previste, “sia comunque necessario che tali atti abbiano un “minimo di concretezza” (CAF 04 agosto 2006 C.U. n. 2/CF e, più recentemente, C.U. 48/TFN s.s. 2015/2016). Quanto al valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione dell’illecito, il Collegio ha, a più riprese, affermato come questo debba attestarsi ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio. Infatti, l’organo giudicante non può spingersi fino all’assoluta certezza della commissione dell’illecito, ma non può nemmeno sostenere una posizione dibattimentale assodata in base ad un elemento probatorio valutato in misura superiore al ragionevole dubbio, criterio utilizzato in ambito di diritto penale come limite di convincimento del giudice. La ragione che giustifica l’adozione di un siffatto standard probatorio si può, a buon diritto, far discendere dal fatto che, se l’accertamento della responsabilità degli illeciti di natura disciplinare trovasse il suo fondamento nella certezza assoluta della prova raggiunta che, nella maggior parte dei casi, rappresenta una mera astrazione, si incorrerebbe nel rischio concreto di rallentare il procedimento disciplinare e ostacolare la piena tutela dei soggetti dell’ordinamento sportivo nei confronti degli illeciti disciplinari, oltre a vanificare il principio di ragionevole durata del processo sportivo nell’interesse del regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento delle attività federali, come disciplinato dall’art. 2, comma 3, CGS CONI. A conforto di tale orientamento, appare necessario fare ricorso al principio di valutazione probatoria espressamente previsto dall’art. 40, comma 1, delle Norme Sportive Antidoping e considerato ormai acquisito come principio generale immanente all’ordinamento sportivo. In sostanza, nell’accertare una violazione disciplinare, l’organo giudicante deve formarsi un “confortevole convincimento”. Per giungere a questo risultato, il grado di prova richiesto si deve individuare in un criterio che superi la semplice valutazione delle probabilità, ma che sia comunque inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (così Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 19 novembre 2017, n. 93, nonché, precedentemente, decisioni nn. 6/2016 e 34/2016, e, più di recente, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, decisione n. 23/2021: “il giudizio di colpevolezza nell’ordinamento sportivo non deve raggiungere il grado di certezza previsto dal noto principio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, ma deve essere comunque assistito da indizi che abbiano le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza, che conducano ad un univoco contesto dimostrativo”). Tali principi in ordine al c.d. standard probatorio sono risalenti e, oramai, parte integrante del patrimonio della giustizia sportiva e del bagaglio dei giudici sportivi: «per irrogare la condanna di un illecito sportivo è sufficiente un grado di prova superiore al generico livello probabilistico, non essendo necessaria, al contrario, né la certezza assoluta dell’ascrivibilità della condotta illecita, né il superamento del ragionevole dubbio. Ciò, in relazione alla finalità dell’ordinamento federale di garantire, attraverso una rapida e certa repressione delle condotte antisportive, la regolarità delle gare e, per essa, i fondamentali valori giuridici settoriali della correttezza e lealtà delle competizioni»; di tal che, «per affermare la responsabilità … non occorre la certezza assoluta della commissione dell’illecito né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel diritto penale, risultando invece sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza sulla commissione dell’illecito; siffatto standard probatorio è previsto, nell’ordinamento sportivo, in materia di violazione delle norme anti-doping, con previsione che appare ragionevolmente applicabile anche alle violazioni disciplinari» (TNAS, lodi 26 aprile 2012, Signori c. FIGC e 15 novembre 2012, Alessio/Conte c. FIGC).

Massima: È principio risalente quello per cui la ratio del ricorso alla responsabilità oggettiva “risiede nella necessità di tutelare al massimo grado il fine primario perseguito dall’organizzazione sportiva, vale a dire la regolarità delle gare, addossando anche sulle società le conseguenze disciplinari delle infrazioni realizzate dai propri tesserati” (TNAS, lodo 26 marzo 2012, Atalanta Bergamasca c. FIGC). Ed è altrettanto consolidato il principio, espresso dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia (SS.UU., decisione n. 58/2015), per cui, ai fini della configurabilità della responsabilità oggettiva, si prescinde dal requisito dell’eventuale vantaggio conseguito dalla società a carico della quale si pone la responsabilità per fatto altrui, così come si prescinde dalla sussistenza di un eventuale diretto coinvolgimento della società: “non può costituire un’esimente per la società di appartenenza la circostanza che i comportamenti ritenuti illeciti sono stati commessi (da un proprio tesserato) in assenza di un coinvolgimento della stessa e per fatti riguardanti l’attività di altre società. Il Codice di Giustizia sportiva punisce, infatti, a titolo di responsabilità oggettiva, la società con la quale il soggetto ritenuto autore dell’illecito sportivo è tesserato, indipendentemente dal fatto che tale illecito sia il frutto di comportamenti che coinvolgono la stessa società (per esserne beneficiaria) o di comportamenti rispetto ai quali la società sia estranea. La responsabilità oggettiva è dunque configurabile “anche quando i comportamenti illeciti commessi da un proprio tesserato sono addirittura controproducenti per le sorti della società, come accade quando un tesserato è ritenuto responsabile per aver contribuito ad alterare il risultato di una partita a danno della propria squadra”. Nel caso di specie, è stato correttamente statuito che all’affermazione della responsabilità del sig. G.consegua necessariamente quella della società Scandicci per il capo 21 dell’incolpazione, per la condotta a quest’ultimo ascritta. A ciò si aggiunga che, mancando nel ricorso (concentrato solo sulla posizione del sig. G.) censure relative alla violazione o falsa applicazione dell’istituto in parola, neppure si potrebbe, al limite, valutare eventuali temperamenti della posizione della società: “il principio della responsabilità oggettiva necessita di temperamenti, sia pure rigorosamente interpretati, avuto riguardo ad un esame non formalistico, ma sostanziale dell’effettivo legame tra il fatto avvenuto e le specifiche responsabilità della società” (Corte Federale di Appello FIGC, decisione n. 21 del 19 gennaio 2015). Dunque, nel caso di specie, non vi sarebbe comunque spazio per alcun eventuale temperamento. Ne consegue l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.

Massima: Secondo il vecchio testo del CGS della FIGC (art. 7, commi 7 e 8), “I soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura Federale della FIGC. Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 7, comporta per i soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a 6 mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 30.000,00”. La disciplina attuale è dettata dall’art. 30 del Codice, che, al 7° comma, così dispone: “I soggetti di cui all’art. 2 che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto in essere o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati dal presente articolo, hanno l’obbligo di informare, senza indugio, la Procura Federale. Il mancato adempimento di tale obbligo comporta per i soggetti di cui all'art. 2 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a un anno e dell’ammenda in misura non inferiore ad euro 30.000,00”. Il discrimen tra le fattispecie di illecito sportivo e di omessa denuncia dello stesso si fonda sul fatto che, nel primo caso, il soggetto responsabile del comportamento volto ad alterare il risultato della gara è parte attiva della condotta e ne risponde a titolo principale; nel secondo caso, invece, egli è a conoscenza dell’azione commessa e della sua antigiuridicità, ma ne rimane estraneo. La violazione dell’obbligo giuridico di denunciare il fatto alla Procura Federale, posto a salvaguardia del leale e regolare svolgimento delle competizioni sportive, integra un illecito disciplinare, che trova la propria causa giustificatrice nell’intento di evitare la realizzazione o la tentata realizzazione dell’illecito principale. Qualora, dunque, un soggetto sia a conoscenza dell’attività illecita posta in essere da terzi e sia attivamente coinvolto nell’esecuzione della condotta antiregolamentare, è configurabile l’illecito sportivo e non l’illecito di omessa denuncia (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 19 dicembre 2017, n. 93). Invece, qualora un soggetto, senza rendersi partecipe dell’illecito o dell’illecito progettato, sia soltanto venuto a conoscenza di esso, è obbligato alla denuncia e, in caso di omissione, soggiace ad una pena più lieve rispetto all’autore dell’illecito. È, ad ogni modo, consolidato il principio per cui il presupposto della responsabilità oggettiva non possa essere costituito unicamente dalla presenza di meri sospetti “vaghi ed indeterminati, senza che sia consentito a colui che ne è venuto a conoscenza di poter liberamente deliberare preventivamente la verosimiglianza o apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali”, mentre, invece, integra la violazione anche solo la probabile fondatezza di un comportamento riconducibile alla fattispecie dell'illecito sportivo, già consumato o in itinere (in ambito federale, C.U. n. 75/TFN 2016/2017, conf., C.U. n. 8/CDN del 22 luglio 2013). Invero, il Collegio di Garanzia (decisione n. 45/2019) ha affermato che, pur essendo configurabile l’illecito anche ove la notizia sia stata appresa de relato, è in ogni caso necessario che la notizia stessa abbia ad oggetto un fatto preciso, determinato e circostanziato: “colui che raccoglie una mera suggestione, non seguita dalla rappresentazione di un evento storicamente accaduto, non può essere tenuto a denunciare un illecito, che appunto, almeno nella sua prospettiva, non si è mai realizzato”.

Massima: Annullata la decisione della CFA con rinvio alal stessa, affinchè si pronunici sulla omessa denuncia contestata al deferito essendo stata sul punto la sua motivazione carente, nell’attribuire a questi la percezione della notizia criminis durante la conversazione non denunciata e non una mera suggestione. Infatti colui che raccoglie una mera suggestione, non seguita dalla rappresentazione di un evento storicamente accaduto o di un progetto illecito concretamente prospettato, non può essere tenuto a denunciare un illecito, che appunto, almeno nella sua prospettiva, non si è mai realizzato o a denunciare un progetto che non ha ancora assunto alcuna concretezza.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 20/TFN - SD del 09Agosto 2021  (motivazioni)  - www.figc.it

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 12747/396 pf20-21/GC/gb del 10.6.2021 e atto di rinnovazione n. 12791/396 pf20-21/GC/blp del 12.6.2021 nei confronti del sig. B. M. + altri - Reg. Prot. 138/TFN-SD

Massima: La giurisprudenza sportiva, al fine di delimitare la particolare struttura dell’illecito sportivo, ha fissato alcuni principi cardine sia in ordine alla soglia di punibilità, sia in ordine all’interesse tutelato, sia in ordine alla prova. Al riguardo, pertanto, la Corte Federale d’appello ha stabilito che “., è sufficiente rilevare che la fattispecie disciplinare dell’illecito sportivo prevista dall’art. 7 è costruita in funzione della attitudine del comportamento del tesserato ad incidere sul possibile esito della gara, punendo “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”. L’ipotesi considerata dalla norma non si riferisce, pertanto, ai soli casi in cui sussista una finalità patrimoniale, intesa come conseguimento di un vantaggio economico, o il proposito di arrecare un pregiudizio  a determinati soggetti. L’illecito sportivo prescinde, infatti, da qualsiasi dolo specifico e riguarda, in senso ampio, tutti i casi in cui i comportamenti dell’agente, indipendentemente dalle sue finalità, sono oggettivamente (ma consapevolmente) capaci di realizzare una modifica degli esiti di una o più gare, o di intere competizioni” (Corte Federale d’Appello, SS.UU. C.U. 65/CFA 2017/2018, del 6 dicembre 2017). Sotto altro profilo, poi, appare ormai pacificamente acquisito, in quanto più volte ormai graniticamente statuito dalla giurisprudenza sportiva, che “.mentre in passato si riteneva che affinché possa configurarsi un illecito sportivo, occorreva che lo stesso fosse provato oltre ogni ragionevole dubbio, le decisioni più recenti ritengono che non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. Questa Corte ha avuto modo di affermare che «la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale» (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 47/CGF del 19 settembre 2011). Anche la giurisprudenza esofederale ha ritenuto che per affermare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 ottobre 2012, Alessio c/ FIGC). In altri termini, «secondo la più recente giurisprudenza degli organi di giustizia sportiva, sia endofederali che esofederali, "per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012). (CFA n. 19- 2015/2016). Resta, tuttavia, fermo che l’illecito, «come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta ‘preparatoria’ ed essersi tradotto in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato» (CAF, n.18/C del 12 dicembre 1985). (CFA n. 19-2015/2016).” (Corte Federale d’Appello, SS.UU., dec. n.19/2020-2021 del 21 settembre 2020). Anche sotto il profilo del momento di perfezionamento dell’illecito viene in soccorso quanto ormai da tempo sancito dal supremo consesso della giustizia sportiva che ha sostenuto che “lillecito sportivo non è affatto “a formazione progressiva” - come la decisione impugnata sostiene - bensì costituisce illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, che si consuma con il semplice compimento di atti diretti ad alterare la gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica che non sia il fisiologico risultato della gara stessa. Il vantaggio effettivo - cioè l’alterazione del risultato - non è elemento costitutivo dell’illecito, bensì mera circostanza aggravante (art. 7, co. 6 CGS FIGC). Non è dunque necessario, per la consumazione dell’illecito, che i destinatari dei contatti per alterare la gara abbiano realmente inteso il significato del tentativo posto in essere. Né, tantomeno, occorre che vi sia stato un accordo con la squadra avversaria, giacché il carattere bilaterale o plurilaterale è estraneo all’elemento oggettivo della fattispecie” (Collegio di Garanzia CONI, SS.UU., 18 gennaio 2016, n.3). Da tale assunto ne è derivato, quale logico corollario, che “… con riguardo alle cosiddette figure di illecito a consumazione anticipata (o di attentato), è stata tracciata una differenza decisiva tra la rilevanza di tale illecito in sede penale e quella propria dell’ambito sportivo: sul punto sarà sufficiente il richiamo alla nota sentenza della Cassazione penale - Sez. Terza, del 21 luglio 2015, n. 31623, la quale ha statuito che, mentre in sede penale “l’orientamento della giurisprudenza di legittimità si è nel tempo indirizzata verso un temperamento nel senso di tenere conto, quanto meno, della idoneità della condotta ritenendo quindi sufficiente il semplice aspetto soggettivo”.. la “figura dell’illecito sportivo in ambito disciplinare è circoscritta alla sola sfera soggettiva nella misura in cui viene accordata rilevanza giuridica soltanto alla proiezione soggettiva dell’atto finalizzato ad incidere sul risultato della gara, mentre non assumono alcun rilievo gli elementi della idoneità ed univocità degli atti”. (Collegio di Garanzia CONI, SS.UU., 20 ottobre 2016, n. 52). Siffatta giurisprudenza, graniticamente confermata nel tempo e anche di recente (Collegio di Garanzia dello Sport 3 marzo 2021, n.23), non può tuttavia indurre gli Organi di Giustizia sportiva a superare i limiti ragionevoli di formazione e valutazione delle prove (in particolare, quelle testimoniali) assumendo a verità ogni e qualsiasi dichiarazione che sia priva del necessario riscontro ovvero ogni e qualsiasi dichiarazione che non sia assistita (all’interno del medesimo o di altri connessi procedimenti o comunque proveniente da un medesimo soggetto) da coerenza, affidabilità, veridicità intrinseca, conferma nel tempo.

Massima: Il procedimento (illecito sportivo posto in essere da tesserati di società partecipanti al Campionato di Serie D 2019/2020 ed avviato su iniziativa della Procra della Repubblica di Enna che ha tarsmesso gli atti alla Procura Federale) all’esame del Collegio presenta, ad avviso del medesimo, lacune su talune gare proprio per l’affidamento accusatorio a dichiarazioni prive delle caratteristiche ora indicate, quali, per esempio, dichiarazioni de relato prive di ogni riscontro ovvero dichiarazioni inizialmente precise e dirette ma poi “appannatesi” nel corso delle indagini relativamente agli autori di atti o fatti in assenza di riscontri circa “pressioni” subite dal dichiarante. In tutti questi casi, il Collegio ritiene che non possa pervenirsi ad affermazione di responsabilità, poiché, in tali casi, il criterio valutativo della probabilità si affievolisce inammissibilmente a quello della possibilità se non della ipotizzabilità, non idonei entrambi all’affermazione di responsabilità. Questi criteri hanno guidato il Collegio nella definizione del presente procedimento, impostato (come peraltro assai difficilmente in mood diverso) sostanzialmente solo sugli atti processuali depositati dall’Organo di giustizia statuale all’atto degli avvisi ex art. 415 bis c.p.p.

Massima: GARA LICATA - ALCAMO DELL’8 APRILE 2018 – STAGIONE 2017/2018…Al riguardo anche il Collegio di Garanzia ha avuto modo di ricordare che “… lo standard probatorio nel procedimento disciplinare sportivo non deve spingersi sino alla certezza assoluta della commissione dell’illecito o al superamento del ragionevole dubbio, come è invece previsto nell’ordinamento penale. Il grado di prova sufficiente per ritenere sussistente una violazione delle regole poste dall’ordinamento sportivo deve essere superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio” (Collegio di Garanzia, Sez. Un. n. 34/16). “Questa Sezione ben conosce il richiamato orientamento, ma lo stesso non è omologabile né richiamabile nella odierna vicenda, atteso che esso si riferisce al caso in cui gli autori del fatto contestato erano ben individuati e le responsabilità, ancorché “non oltre il ragionevole dubbio”, erano correttamente ascritte” (Collegio di Garanzia CONI, Sez. I, 3 marzo 2021, n.23). Giova evidenziare che, nel caso di specie, il lungo lasso di tempo trascorso può indubbiamente aver inciso sulla memoria del Boncore per ricostruire la dinamica dei fatti; pur tuttavia, allo stato, dai documenti in atti il Collegio non ritiene sia possibile individuare correttamente, con ragionevole probabilità, i soggetti che hanno effettivamente avvicinato il B. Ne consegue, per l’effetto, il rigetto delle incolpazioni nei confronti del M., dello S. e del M. e, quindi della ipotizzata responsabilità diretta nei confronti della società ASD Alcamo Futsal e dell’ASD Licata.

Massima: GARA TROINA - ROTONDA DEL 3 APRILE 2019 – STAGIONE 2018/2019…La vicenda, ricostruita in tutti i contorni paradossali, ha anche visto il perfezionamento dell’illecito mediante l’impropria sostituzione di un cd. “under” con un “senior”, agevolando, così il ricorso proposto dalla società Rotonda per il conseguimento della vittoria a tavolino….Va…. evidenziato che vi sono diversi bonifici effettuati, fra l’altro, dalla società Rotonda e dal Sig. …, direttamente al Sig. …. che per la singolarità degli stessi, per la genericità della causale appaiono ulteriori sintomi indizianti della combine realizzata. Al riguardo la difesa non ha in alcun modo spiegato la natura e la causale di tali “anomali” pagamenti limitandosi a rilevare che i bonifici sono stati effettuati ad Agosto ed Ottobre 2018, in pieno calciomercato e allorquando il ….non era più direttore sportivo del Troina ASD, dettagli irrilevanti ai fini della confutazione delle ipotesi accusatorie formulate soprattutto in quanto non viene fornita alcuna giustificazione in ordine alla necessità di “ristorare” il …. di rimborsi effettuati per conto del Rotonda e del suo Presidente onorario  ovvero di accreditare somme sul contro personale per effetto di un non meglio definito accordo” (vedasi bonifico del 24 ottobre 2019).

Massima: GARA ACIREALE - TROINA DEL 22 SETTEMBRE 2019 STAGIONE SPORTIVA 2019/2020….Se è vero che un errore tecnico del portiere, di per sé, non può portare all’asserzione relativa ad un suo intendimento di alterare il risultato di una competizione sportiva, è altrettanto vero che l’andamento degli eventi induce a ritenere che il S. sia stato attivamente compartecipe di una combine i cui completi contorni, tuttavia, non sono stati pienamente chiariti. Al fine che ci occupa, tuttavia, appaiono altresì rilevanti i comportamenti successivamente tenuti sia dal portiere stesso che dai giocatori e dall’allenatore della società. Invero appare inverosimile che ciò che è stato definito uno “scherzo” non sia stato immediatamente ricondotto, anche a seguito dei messaggi e delle foto inviate sulla chat di whatsapp, al suo normale alveo, piuttosto che assurgere, come poi è avvenuto, ad elemento fondamentale per avviare una sorta di “indagine interna” alla società del Troina a seguito della quale il S. è stato addirittura messo fuori rosa. La particolare dinamica dei fatti unitamente alla sprezzante manifestazione del proprio operato, qualora effettuato per fini meramente goliardici, avrebbe imposto un netto ed immediato chiarimento. Sul punto, inoltre, appaiono rilevanti anche i dati relativi alle scommesse effettuate con riferimento al risultato esatto della partita, dai quali risulta che ben tre vincite di rilevante importo … sono state effettuate a Siracusa, la città dove il S. viveva, unitamente alla inequivocabile circostanza che almeno una di quelle vincite risulta essere connessa alla schedina che il S. ha postato nella chat in questione

Massima: GARA CORIGLIANO - TROINA DELL’8 GENNAIO 2020 – STAGIONE SPORTIVA 2019/2020….I frenetici contatti ed incontri avvenuti prima della partita fra il , l’ed il , meglio compendiati nelle intercettazioni agli atti, vengono, poi, regolarmente riferiti all’…., indubbiamente riconosciuto quale patron del Troina. Dagli atti di cui al procedimento, sembra evidente che, da un lato l’accordo non viene raggiunto in quanto la somma richiesta per il conseguimento del risultato utile è eccessivamente elevate, dall’altro, per l’impossibilità di convincere i giocatori e l’allenatore del Troina ad assecondare l’accordo. Tuttavia tale ultimo elemento nulla toglie al perfezionamento dell’illecito che, come già sopra indicato, prescinde dall’effettivo raggiungimento dello scopo, essendo sufficiente anche il mero tentativo.

Massima: GARA GELA - TROINA DEL 3 FEBBRAIO 2019 – STAGIONE SPORTIVA 2018/2019…Non si rivengono, invece, sufficienti elementi per poter ritenere sussistente l’illecito contestato nel capo in questione…Invero l’accusa si fonda sulle dichiarazioni del Sig., peraltro non riscontrate dal …. in sede di audizione, che narra di un litigio fra due giocatori e di una richiesta del …. che sarebbe stata rivolta ad alcuni giocatori (anch’essi non identificati).

Massima: GARA SAN CATALDESE - TROINA DEL 14 APRILE 2019 – STAGIONE SPORTIVA 2018/2019In relazione alla gara in questione, la disamina dei fatti, …induce a ritenere, anche in tal caso, non sufficientemente provata la condotta illecita contestata al ., all’epoca direttore sportivo del Troina. Dalla testimonianza del …., non sembrano emergere elementi tali da far ritenere perfezionata la fattispecie di cui all’art. 30 CGS-FIGC. Le dichiarazioni del …., sia pure credibili, non possono, da sole, integrare la sussistenza di plurimi indizi gravi, precisi e concordanti, idonei a far ritenere più che probabile quantomeno l’avvenuto tentativo di alterare il risultato della gara. D'altronde alcun ulteriore riscontro probatorio – pure utile – risulta in atti. Invero anche in tal caso il …non fornisce una versione univoca nelle sue dichiarazioni in quanto in un primo momento risulta aver dichiarato al che il aveva contattato alcuni giocatori per convincerli a combinare il risultato, mentre successivamente ha riferito di una sua “intuizione” derivante da quello che si vociferava nellambiente, che la sua squadra avrebbe dovuto regalare la partita e, in un terzo momento, ha parlato di una circostanza - relativa alla dazione di danaro - che circolava fra alcuni tifosi.

Massima: GARA LICATA - CORIGLIANO DEL 9 FEBBRAIO 2020 – stagione sportiva 2019/2020…. la supposta prova del tentativo di alterarne il risultato deriverebbe, a parere dell’organo requirente, dal compendio del contenuto delle intercettazioni telefoniche intercorse fra il , ritenuto svolgente attività rilevante per l’ordinamento federale per l’ASD Licata, il , Dirigente dell’ASD Licata, il (la cui posizione è stata separata per i motivi già in precedenza esposti), l’(deferito per omessa denuncia) e l’….. Secondo quanto sostenuto dalla Procura Federale nelle intercettazioni telefoniche i deferiti utilizzerebbero un linguaggio criptico ma inequivocabile volto a tentare di raggiungere un accordo per far vincere la partita al Corigliano; tuttavia l’accordo non sarebbe stato raggiunto in quanto i dirigenti del Corigliano intendevano pagare solamente a risultato acquisito. Tra altro, per quanto rileva, la partita è terminata 5-1 per il Licata. Alla luce del compendio degli atti, costituiti solo dalle criptiche intercettazioni alle quali la polizia giudiziaria e, conseguentemente, la Procura Federale attribuiscono un significato definito inequivocabile, non risultano ulteriori riscontri probatori idonei anche a dare un contorno più concreto ai dettagli del supposto illecito, atteso che non si dà contezza né del quantum, né delle modalità di dazione delle somme, né, in alcun modo viene definita la cadenza temporale nel corso della quale sarebbero nate, sviluppate e, infine, naufragate le trattative. I dialoghi in questione, infatti sono stati tutti interpretati attraverso una valutazione possibilistica ovvero di logica astratta senza, tuttavia, ulteriori supporti probatori che avrebbero potuto confermare le asserzioni e le gravi contestazioni formulate. D’altronde appare estremamente sintomatica la circostanza che la fattispecie in questione non sia stata inserita fra le fattispecie di reato nella comunicazione di conclusione indagini ex art.415 bis c.p.p. da parte della Procura della Repubblica. Ne discende che in relazione a tale fattispecie non possono accogliersi le contestazioni nei confronti dei predetti soggetti

Massima: GARA SAN TOMMASO - ACIREALE DEL 9 FEBBRAIO 2020 – STAGIONE SPORTIVA 2019/2020… Anche l’ipotesi accusatoria relativa al match in questione appare quanto mai scarna e fumosa, essendo basata, fondamentalmente su unico dialogo, fra l’altro di pochissime parole, fra e …., dirigente tesserato per la società ASD Acireale da cui sembrerebbe emergere, secondo le allegazioni della Procura Federale, un tentativo di combine non andato a buon fine, tanto è vero che il ….ha affermato che la squadra fu accolta in modo assai violento. L’assenza di ulteriori spunti investigativi, anche endofederali, unitamente alla più credibile ricostruzione della vicenda, resa dalla difesa dei deferiti, …..induce a ritenere assolutamente non provata l’ipotesi contestata e, conseguentemente il proscioglimento dei deferiti

Massima: GARA TROINA - MARINA DI RAGUSA DEL 16 FEBBRAIO 2020 – STAGIONE SPORTIVA 2019/2020…. la Procura Federale dà contezza di un tentativo di combine effettuato dal …., individuato quale soggetto svolgente attività rilevante per l’ordinamento federale per la società Troina in qualità di DS occulto, che in una conversazione telefonica con ….., anch’egli individuato quale soggetto svolgente attività rilevante per l’ordinamento federale per la società Marina di Ragusa, gli chiede ripetutamente se ci fosse bisogno un aiuto per favorire la squadra del Marina di Ragusa. Tale dato appare confermato, a prescindere dal linguaggio criptico utilizzato, dal Sig. …, sia nella sua escussione a SIT in data 22 luglio 2020, sia nell’audizione del 1 marzo 2021. Appare pertanto chiaro che, nel caso di specie, vi sia stato un tentativo di alterazione del risultato, percepito anche come tale dall’interlocutore della società del Marina di Ragusa, idoneo a configurare, in astratto la fattispecie illecita di cui all’art. 30 CGS FIGC. Sussistono dunque, ad avviso del Collegio, indizi precisi, gravi e concordanti, sia con riferimento all’elemento oggettivo che soggettivo, idonei a far ritenere come consumate le violazioni contestate.

Massima: L’art. 30, comma 7, del CGS-FIGC… recita testualmente: “ I soggetti di cui all’art. 2 che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto in essere o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati dal presente articolo, hanno l’obbligo di informare, senza indugio, la Procura federale. Il mancato adempimento di tale obbligo comporta per i soggetti di cui all'art. 2 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a un anno e dell’ammenda in misura non inferiore ad euro 30.000,00” Dal tenore letterale emerge chiaramente, sotto il profilo soggettivo, che l’obbligo di denuncia è posto a carico di tutti i soggetti individuati dall’art.2 del CGS-FIGC e non solo di quelli formalmente tesserati. Sotto il profilo oggettivo, poi, non può essere eccepita l’esimente derivante dal fatto che il proponente l’accordo illecito non rivestisse più alcun ruolo (formale) all’interno della società Troina in quanto, sempre dal tenore letterale del disposto normativo, si evince che l’obbligo in questione sussiste quando si viene a conoscenza di un qualunque tentativo di illecito, anche – ipoteticamente – posto in essere da soggetti del tutto estranei alla giustizia sportiva. Il riferimento generico a “società” o “persone” indicato nell’art. 30 CGS-FIGC impone una siffatta interpretazione e ciò soprattutto perché, in tal modo, viene tutelato l’interesse generale dell’intera collettività al regolare svolgimento delle competizioni.

Massima: GARA MARSALA - TROINA DEL 23.02.2020 – STAGIONE 2019/2020….il Collegio ritiene che non sussistano elementi per poter ritenere raggiunto il convincimento in ordine alla commissione dell’illecito contestato. Invero, come sottolineato dalle difese di tutti i diretti interessati (….), l’ipotesi del tentativo di illecito sportivo trova conforto nelle sole dichiarazioni del Sig. …, all’epoca dei fatti Presidente dell’ASD Polisportiva Castelbuono, soggetto estraneo a entrambe le società eventualmente interessate all’illecito. Questi, durante una conversazione telefonica tenutasi due giorni dopo la disputa della gara in questione con il Sig. …., all’epoca dei fatti tesserato per l’ASD Troina ma, di fatto, per sua stessa ammissione (cfr. audizione del 5 marzo 2021) soggetto svolgente ex art 2, comma 2, CGS-FIGC attività rilevante per l’ordinamento federale nell’interesse della società ASD Città’ di Acireale 1946, riferisce di un presunto tentativo di illecito che avrebbe visto d’accordo il Presidente del Marsala Calcio, Sig. …., e l’allora allenatore del Troina, Sig. …., accordo che non si sarebbe perfezionato per l’opposizione dell’allenatore del Marsala, Sig. .. Tuttavia il nulla riferisce circa la fonte della sua conoscenza e non è quindi dato sapere se lo stesso abbia appreso della circostanza riferita direttamente o indirettamente. Si consideri inoltre che le circostanze sopra esposte sono state fermamente smentite dai diretti interessati e anche dal …., interlocutore del …. nella telefonata di cui si è riferito sopra. Sussiste, pertanto, un unico elemento e non quindi elementi univoci che possano consentire la dettagliata ricostruzione della vicenda anche al fine di ottenere quegli indizi precisi, gravi, concordanti, sia con riferimento all’elemento oggettivo che soggettivo, idonei ad inquadrare le ipotesi contestate.

Massima: GARA TROINA – SAN TOMMASO del 2.2.2020 – STAGIONE SPORTIVA 2019/2020…. osserva il Collegio, che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie dell’….., sia pure credibili, non siano da sole sufficienti al fine di raggiungere quegli indizi precisi, gravi, concordanti circa il tentativo di illecito anche in considerazione del fatto che egli stesso riferisce di sue “impressioni” ma non è in grado di testimoniare precise richieste. Tali riflessioni inducono il Collegio a ricondurre i comportamenti in esame a condotte assolutamente improvvide e inopportune, certamente violative dei principi di lealtà, correttezza e probità di cui al comma 1 dell’art. 4 del CGS-FIGC, non potendosi ritenere in assoluto corretto il comportamento dei Dirigenti di una Società che, prima della gara, contattano la compagine avversaria per motivi non meglio precisati e, a dir poco, equivoci.

Massima: Va ricordato, fra l’altro che, proprio nel caso di responsabilità omissiva la giurisprudenza ha imposto una rigorosa prova in ordine al rapporto di causalità, sostenendo che “in tema di colpa per omissione, il giudice, nel valutare la c.d. causalità omissiva, deve verificare che l’evento non si sarebbe verificato se l’agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi, e il relativo accertamento deve essere condotto attraverso l’enunciato “controfattuale”, ponendo al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato” (Cass. Civ., sez. III, 14 febbraio 2012, n. 2085)

 

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0003/CFA del 19 Luglio 2021 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione Tribunale Federale Nazionale n.153/TFN-SD 2020-2021 dell'8.6.2021

Impugnazione – istanza: S.r.l. FUTSAL COBA' Sportiva Dil.

Massima: La Corte annulla la sanzione dell’esclusione dal campionato di competenza, con assegnazione, da parte del Consiglio Federale, ad altro campionato di categoria inferiore, inflitta alla società, a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi degli artt. 6 co.1 e 2 e 30 co.2 CGS (illecito sportivo), per le condotte poste in essere dal Presidente, dall’amministratore delegato, e dal dirigente medico consistite nell’ avere trasmesso agli Organi deputati cinque referti alterati attestanti fittiziamente la positività al Covid 19 di altrettanti giocatori della società, così ottenendo il rinvio della gara e la ridetermina nella retrocessione all'ultimo posto della classifica del girone C del campionato di calcio a cinque di serie A2 2020-2021 in quanto la condotta addebitata, in termini di responsabilità oggettiva, alla ricorrente è di gravità relativa e che le sanzioni inflitte ai dirigenti, in misura che non si discosta dai minimi edittali, ne danno conto…Ai sensi dell'art.30 co.1 CGS costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara. Nel caso che ci occupa, è stato impiegato un mezzo fraudolento, vale a dire i falsi referti, per ottenere il rinvio di una gara. Quanto esposto dalla difesa in ordine alla soglia anticipata di punibilità agli atti prodromici ed al semplice tentativo non ha rilevanza, se soltanto si consideri che, per effetto della produzione di quella documentazione falsa, il risultato immediato che gli autori della condotta avevano di mira, vale a dire il rinvio della gara, è stato ottenuto. Se si ha riguardo alla fattispecie, è bene evidente che la condotta consiste nel compimento di atti idonei ad alterare lo svolgimento di una gara; è indubbio che la produzione di falsi referti che, in forza della normativa corrente al momento del fatto, davano conto di una patologia che impediva in termini assoluti ai giocatori di scendere in campo e, visto il numero complessivo dei positivi, imponeva il rinvio della competizione, costituisca atto idoneo ad alterare lo svolgimento di una gara. Alterazione dello svolgimento di una gara non è semplicemente l'alterazione del risultato ( condotta diversa e già specificamente prevista dalla norma) o delle condizioni in cui la gara è disputata ma anche, e a maggior ragione, l'indebito rinvio della stessa, poiché è noto che il mutamento delle circostanze di tempo in cui una partita è giocata non sono indifferenti rispetto al risultato, in ragione di molteplici fattori fra i quali possono essere citati la presenza e la forma fisica dei calciatori. Se così è, il fine avuto di mira dall'agente, ai fini della configurabilità della fattispecie, è semplicemente quello di alterare lo svolgimento della gara, nel caso di specie ottenendone il rinvio, senza che abbiano alcun rilievo le ulteriori motivazioni sottostanti alla condotta. Per tale motivo, le osservazioni svolte dalla difesa sulla fondatezza o meno delle ragioni individuate dall'accusa come fondanti la decisione di presentare i falsi referti non minano la correttezza della decisione assunta dal Tribunale Federale. Val la pena comunque di sottolineare che eventuali squalifiche o infortuni dei giocatori fanno certamente la differenza nel momento in cui si affronta una partita, indipendentemente dalla caratura dell'avversario.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 157/TFN - SD del 17 Giugno 2021  (motivazioni)  - www.figc.it

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 11130/1084BIS pf20-21/GC/blp del 20 aprile 2021 nei confronti dei sig.ri S.P. e F.L. - Reg. Prot. 128/TFN-SD

Massima: Il presidente della società è sanzionato con l’inibizione di mesi 6 per la violazione dell’art. 30 comma 7 CGS – FIGC, “perché, venuto a diretta conoscenza di atti e comportamenti finalizzati all’alterazione del risultato della gara SSD Viareggio 2014 a rl – ASD Sporting Club 20 Trestina del 3.3.2019, valevole per il girone E del Campionato di Serie D, ometteva di denunciare l’illecito alla Procura Federale della FIGC”, come è emerso dalle intercettazioni e dalla sommarie informazioni di cui al procedimento penale

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 153/TFN - SD del 8 Giugno 2021  (motivazioni)  - www.figc.it

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 11656/593pf20-21/GC/gb del 6 maggio 2021 nei confronti dei sig.ri P.S., R.B., P.F. e della società Srl Futsal Cobà Sportiva Dil. - Reg. Prot. 129/TFN-SD

Massima: Integra la fattisapecie di ilelcito sportivo l’aver prodotto  ceritificati medici non veritieri al fin edi ottenere il rinvio della gara. Da ciò consegue: Anni 4 di inibizione al Presidente ed all’Amministratore della società, per la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità nonché dei doveri di osservanza degli atti e delle norme federali di cui all’art. 4, comma 1, del CGS, e dell’art. 30, comma 1, del CGS secondo cui “Costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”, per avere la Società di cui egli risponde per immedesimazione organica, inviato in data 8 marzo 2021 alla Divisione Calcio a 5, n. 5 referti alterati attestanti fittiziamente la positività al Covid-19 dei calciatori … al fine di chiedere – e poi ottenere – indebitamente il rinvio della gara Futsal Capurso - Futsal Cobà valevole per il Campionato di Serie A2 di Calcio a 5 originariamente programmata per il 9 marzo 2021, così raggirando il punto C) del C.U. n. 510 stagione 20-21 della Divisione Calcio a 5 che permette il rinvio delle partite in caso di effettiva riscontrata positività di più di tre calciatori e così, con tale artifizio, alterando il regolare svolgimento del Campionato di Serie A2 di Calcio a 5, ed in particolare la fase maggiormente cruciale delle ultime partite che vedevano le squadre coinvolte nella corsa per la promozione in Serie A1, il tutto come descritto nella parte motiva del presente provvedimento. Mesi 18 al  Dirigente – Medico Sociale: a) per la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità nonché dei doveri di osservanza degli atti e delle norme federali di cui all’art. 4, comma 1, del CGS, e dell’art. 30, comma 1, del CGS secondo cui “Costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”, per il suo comportamento concludente non avendo posto in essere alcuna iniziativa, nella sua riferita qualità, una volta appreso della presunta positività al Covid-19 di 5 giocatori appartenenti alla sua squadra, come invece previsto dal Protocollo Allenamenti e Gare per le Squadre partecipanti ai Campionati Nazionali LND Stagione 2020/2021 (Dipartimento Interregionale Maschile, Divisione Calcio a 5 maschile e femminile, Dipartimento Calcio Femminile) e al Campionato di Serie B femminile organizzato dalla Divisione Calcio a 5 Femminile della FIGC come aggiornato nella versione del 2 dicembre 2020 cui fa espressamente rinvio il C.U. n. 510 della Divisione Calcio a 5, così avallando la condotta posta in essere in data 8 marzo 2021 di trasmissione di n. 5 certificati alterati alla Divisione Calcio a 5 al fine di chiedere – e poi ottenere - indebitamente il rinvio della gara Futsal Capurso - Futsal Cobà valevole per il Campionato di Serie A2 di Calcio a 5 originariamente programmata per il 9 marzo 2021, così raggirando il punto C) del sopracitato C.U. n. 510 stagione 20-21 della Divisione Calcio a 5 che permette il rinvio delle partite in caso di effettiva riscontrata positività di più di tre calciatori e così utilizzando tale artifizio al fine di alterare il regolare svolgimento del Campionato di Serie A2 di Calcio a 5, ed in particolare la fase maggiormente cruciale delle ultime partite che vedevano le squadre coinvolte nella corsa per la promozione in Serie A1, il tutto come descritto nella parte motiva del presente provvedimento;  b) per la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità nonché dei doveri di osservanza degli atti e delle norme federali di cui all’art. 4, comma 1, del CGS, per avere in data 13 aprile 2021 rilasciato in una nota inviata alla Procura Federale la dichiarazione secondo cui da oltre tre mesi era assente dalla attività sportiva della società Futsal Cobà, contraddetta dalla documentazione acquisita dalla Procura Federale e risultata, quindi, non veritiera atteso che in tale lasso di tempo ha continuato a svolgere costantemente il suo ruolo di Dirigente – Medico Sociale quantomeno partecipando alla quasi totalità (9 su 10) delle partite casalinghe come si evince dalle relative distinte, il tutto come descritto nella parte motiva del presente provvedimento. Per tali condotte la società è sanzionata con l’esclusione dal campionato di competenza con assegnazione da parte del Consiglio Federale ad uno dei campionati di categoria inferiore…Appare evidente che la mancata denuncia alla competente autorità, che avrebbe dovuto essere tempestivamente effettuata dagli odierni deferiti qualora la positività fosse stata reale, è argomento utilizzato dal requirente, per fornire argomentazioni logico deduttive in ordine al completo quadro probatorio delineatosi nella fattispecie in questione. Ciò premesso, occorre ulteriormente sottolineare che la formulazione dell’art. 30 del CGS - FIGC appare adeguatamente idonea ad individuare, quale possibile fattispecie di illecito sportivo, anche quella delineatasi nel caso di specie. Infatti l’ampia nozione cui fa riferimento il disposto sopra indicato, secondo il quale “Costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica” si pone in un’ottica tale da poter sostenere che le condotte costituenti le fattispecie astrattamente perseguibili, nelle loro diverse articolazioni, possano avere quale effetto alternativo anche quello di “alterare lo svolgimento” di una gara o di una competizione. Tale attività, ponendosi alternativamente a quella volta ad “alterare il risultato” di una gara o di una competizione, deve necessariamente essere interpretata come indirizzata (anche) ad ottenere un rinvio della gara in questione, in maniera tale da alterare il corretto svolgimento della competizione che deve svolgersi conformemente ai calendari ed alle direttive previste dai competenti organi federali e non può essere modificato se non per valide e tassative ragioni individuate dagli stessi organi federali. Nel caso di specie, fra l’altro, non occorrerebbe neanche indagare sui motivi che hanno portato a tale scelta, sebbene ragionevolmente individuati dalla Procura Federale e non smentiti sul punto, se non mediante generiche asserzioni, dalle difese dei deferiti. Come ha avuto modo di rilevare la Corte Federale d’Appello “…Al proposito, è sufficiente rilevare che la fattispecie disciplinare dell’illecito sportivo prevista dall’art. 7 è costruita in funzione della attitudine del comportamento del tesserato ad incidere sul possibile esito della gara, punendo “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”. L’ipotesi considerata dalla norma non si riferisce, pertanto, ai soli casi in cui sussista una finalità patrimoniale, intesa come conseguimento di un vantaggio economico, o il proposito di arrecare un pregiudizio a determinati soggetti. L’illecito sportivo prescinde, infatti, da qualsiasi dolo specifico e riguarda, in senso ampio, tutti i casi in cui i comportamenti dell’agente, indipendentemente dalle sue finalità, sono oggettivamente (ma consapevolmente) capaci di realizzare una modifica degli esiti di una o più gare, o di intere competizioni” (Corte Federale d’Appello, SS.UU. C.U. 65/CFA 2017/2018, del 6 dicembre 2017). Sotto altro profilo, poi, appare ormai pacificamente acquisito, in quanto più volte ormai graniticamente statuito dalla giurisprudenza sportiva, che “…mentre in passato si riteneva che affinché possa configurarsi un illecito sportivo, occorreva che lo stesso fosse provato oltre ogni ragionevole dubbio, le decisioni più recenti ritengono che non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. Questa Corte ha avuto modo di affermare che «la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale» (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 47/CGF del 19 settembre 2011). Anche la giurisprudenza esofederale ha ritenuto che per affermare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base Pag. 74 di 86 di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 ottobre 2012, Alessio c/ FIGC). In altri termini, «secondo la più recente giurisprudenza degli organi di giustizia sportiva, sia endofederali che esofederali, "per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/ FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012). (CFA n. 19-2015/2016). 92. Resta, tuttavia, fermo che l’illecito, «come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta ‘preparatoria’ ed essersi tradotto in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato» (CAF, C.U. n. 18/C del 12 dicembre 1985). (CFA n. 192015/2016).” (Corte Federale d’Appello, SS.UU., dec. n. 19/2020-2021 del 21 settembre 2020).  Orbene, analizzando il caso in questione il collegio ritiene che appare inconfutabile, in quanto provato e non smentito in atti che la società abbia presentato dei certificati falsi, disconosciuti dall’istituto sanitario che li avrebbe asseritamente effettuati, attestanti la presunta positività di n. 5 calciatori e che per effetto di tale comunicazione sia stata rinviata la gara infrasettimanale in programma a Capurso, contro il sodalizio societario locale. Tale attività ha, di fatto, comportato, secondo il Collegio, l’alterazione dello svolgimento della gara (fattispecie diversa dall’alterazione dell’esito della stessa), ritenendo, in tal modo consumato l’illecito non solo a livello di mero tentativo, già di per sé punibile.

 

Decisione C.F.A. – Sezione Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 92/CFA del 6 Aprile 2021 (motivazioni)

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale, Sezione disciplinare, n. 107/TFN-SD, pubblicata il 22 febbraio 2021

Impugnazione – istanza:  Sig. N.G./Procura Federale

Massima: Confermata all’allenatore dilettante, la sanzione di anni 4 di squalifica, avendolo riconosciuto responsabile della violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del CGS previgente (art. 30, commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), per avere, in concorso con …. e altre persone non identificate, prima e durante la gara (valevole per il girone E del campionato di serie D) SSD Viareggio 2014 a rl – UC Sinalunghese ASD del 12.5.2019, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta, allo scopo di ottenere un risultato di vittoria per la squadra ospitante…..Più volte, d’altronde, il giudice sportivo, richiamando significativa giurisprudenza di legittimità (che qui neanche vale la pena di citare, essendo certamente essa nota alle parti), ha ricordato come il contenuto di conversazioni intercettate possa costituire piena prova (scil. senza necessità dei cc.dd. riscontri esterni) nei confronti delle persone che parlano o di cui altri parlano. D’altra parte, come appena anticipato, la Difesa del N.non ha fornito, nel reclamo, una spiegazione alternativa connotata da una qualche credibilità. Nella discussione orale oggi tenuta, essa ha ipotizzato che il N. avesse in realtà millantato di aver contattato la Sinalunghese, senza che ciò rispondesse al vero. Ebbene, a parte la tardività della ipotesi, è da rilevare che manca qualsiasi giustificazione (o, comunque, spiegazione) delle  ragioni per le quali il reclamante avrebbe dovuto tenere una simile condotta nei confronti di V. Tanto chiarito in fatto, va rilevato come il TFN abbia osservato inoltre che l’illecito sportivo rileva “quale atto diretto all’alterazione della gara, ancorché detta alterazione non sia intervenuta o accettata, poiché essa sola pone in pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma disciplinare”. Conclude quindi il primo giudicante: “in relazione alla gara in questione, va dunque affermata la responsabilità del deferito N., nonché della società Viareggio in ragione della condotta ascritta al V.” Ebbene è noto che l’illecito sportivo integra, come più volte ribadito (da ultimo da parte di questa Corte con la decisione del 3.3.2012 nei confronti di ….. e altri), una fattispecie di pura condotta (e dunque non di evento), in cui la soglia di punibilità è anticipata agli atti preparatori, purché idonei ed inequivoci. Tale è, per tutte le ragioni sopra illustrate, il caso in scrutinio, di talché non si può neanche accogliere la subordinata richiesta difensiva (formulata oralmente) di derubricazione dei fatti contestati in quelli di omessa denuncia.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE:  DECISIONE N. 084 CFA dell' 11 Marzo  2021

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare, n. 93/TFN-SD 2020/2021, del 21 Gennaio 2021, depositata il 27 Gennaio 2021

Impugnazione – istanza: C.E. ed altri/Procura Federale

Massima:  Confermata la decisione del TFN che ha sanzionato i deferiti chi per illecito sportivo e chi per omessa denuncia, sulla base del materiale probatorio acquisito dalla Procura Federale e dalla Procura della Repubblica di consistente prevalentemente nelle intercettazioni (telefonica ed ambientale) dei soggetti coinvolti… In merito ha osservato il giudice federale di primo grado che “l’attività tecnica di ascolto delle utenze intestate a … e a diversi altri soggetti [……] consentiva di individuare una serie di partite oggetto di illecito sportivo”; esse vengono singolarmente indicate, unitamente alle relative contestazioni. Tutte riguardano gare in cui è coinvolta la SSD Viareggio e precisamente: con il Trestina in data 3.3.2019, con il Bastia, in data 31.3.2019, con l’Aglianese in data 7.4.2019, con la Massese in data 14.4.2019, con la Pianese, in data 18.4.2019, con lo Scandicci in data 5.5.2019, con la Sinalunghese in data 12.5.2019. In sintesi viene addebitata ad alcune delle persone sopra indicate la condotta consistente nell’aver compiuto atti diretti a concordare lo svolgimento e il risultato delle gare; ad altre la condotta omissiva di non aver denunciato i fatti appena descritti. Le società ASD Sporting Club Trestina, USD Levico Terme, US Pianese Srl, sono state riconosciute responsabili a titolo responsabilità diretta e/o oggettiva per il comportamento dei loro tesserati; lo stesso dicasi per la Pol.D. C.S. Scandicci 1908 Srl. Il …., infine, come premesso, è stato riconosciuto responsabile anche dell’illecito di cui al capo 26 (artt. 1 bis, comma 1, 10, comma 2, CGS previgente, corrispondenti agli artt. 4, comma 1 e 32, comma 2, CGS in vigore, oltre che art. 106 NOIF, come sopra specificato.….Al proposito è appena il caso di rilevare che le conversazioni intercettate, non solo possono costituire credibile fonte di prova in danno dei colloquianti, ma anche quando si risolvono in precise accuse nei confronti di terze persone, non possono mai essere considerate alla stregua di chiamate in correità e, quindi, non necessitano del reperimento dei cc.dd. riscontri esterni, ma, anche se devono essere attentamente vagliate e correttamente interpretate, vanno considerate alla stregua di prove autonome ed autosufficienti, sulle quali il giudicante ben può fondare il suo convincimento (ciò a far tempo dalla “sentenza capostipite”, cass. pen., sez 5 sent. n. 13614 del 2001, Primerano e altri, fino alla pronuncia delle SS.UU penali, sent. n. 22471 del 2015, Sebbar e numerose altre successive). Sotto il profilo sanzionatorio, alcune posizioni sono state ridimensionate. Quanto, infine, al trattamento sanzionatorio, vanno innanzitutto prese in considerazione le richieste dei principali protagonisti di questa vicenda, vale a dire coloro che, all’esito della decisione di primo grado, hanno visto confermata la propria incolpazione per illecito sportivo. Con riferimento al V., il primo giudice ha scritto: “oltre all’ingente numero degli illeciti sportivi perpetrati, condotta già di per sé qualificabile come grave, [va considerata] l’estrema gravità della sistematica violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza in danno dei calciatori del Viareggio come sopra illustrata (capo 26). Di qui il Collegio ritiene che l’unica sanzione adeguata non possa che essere quella richiesta della squalifica per anni 5, con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC.”. L’assunto può certamente essere condiviso, non senza sottolineare che il V. è allenatore professionista di seconda categoria e, comunque, all’epoca dei fatti, soggetto che svolgeva senza alcun dubbio, attività rilevante ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 2, comma 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) all’interno e nell’interesse della società S.S.D. Viareggio 2014 a r.l. Anche se prosciolto in primo grado dalla ipotesi associativa di cui all’art. 9 del Codice di Giustizia Sportiva previgente, questo reclamante ha comunque posto in essere, con evidente sistematicità, condotte atte ad alterare il risultato di gare e, conseguentemente, della classifica. Il proposito del V. era, a quanto è rimasto accertato, quello di attivare un vero e proprio “mercato” delle partite, da gestire con accordi illeciti, non esenti da un certo legame “sinallagmatico”, come emerge dalle ricordate parole del P., stretto collaboratore, unitamente a L.di questo reclamante (“ma se loro ce danno 15.000 euro e noi glie damo la partita e poi non gliela damo?”[….] “se io a fine anno devo fa’ il ripescaggio le partite … me le venno tutte … io le combinerei tutte le partite, finte, poi ce le giocamo tutte … noi dovemo annà da questi qui e dire siccome noi semo retrocessi matematicamente pagatece che perdemo“). Non vi è dunque possibilità alcuna di accogliere la subordinata richiesta di mitigazione del trattamento sanzionatorio. Discorso sostanzialmente non diverso va fatto per L. sodale e strettissimo collaboratore (oltre che finanziatore) del V.. All’epoca dei fatti, come si è premesso, egli svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 2, comma 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) all’interno e nell’interesse della società S.S.D. Viareggio 2014 a r.l. In quanto soggetto già appartenuto alle Istituzioni (egli è stato in servizio nella Polizia di Stato), avrebbe dovuto tenere ben altro comportamento; viceversa, come si è visto, egli è pienamente coinvolto nei tentativi di combine, ideati e gestiti con V. e P. G.all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 ai sensi dell’art. 2, comma 2, del vigente CGS, all’interno e nell’interesse della società Pol. D. C.S. Scandicci 1908 Srl, neanche merita (né, per la verità, risulta aver chiesto) alcuna mitigazione della sanzione a lui applicata. La sua responsabilità nel tentativo di combine della partita col Viareggio, lo rende ampiamente meritevole della sanzione applicatagli, determinata comunque nel minimo edittale. A. e M. succedutisi sulla panchina del Viareggio, non meritano un ridimensionamento del trattamento sanzionatorio.  In quanto allenatori, essi erano i soggetti a più diretto contatto con i giovani atleti della squadra, cui avrebbero dovuto trasmettere i valori dello sport: la lealtà nella competizione, il rispetto delle regole e dell’avversario. Sono stati, viceversa, docili strumenti della politica manipolatoria dei vertici manageriali della loro squadra. In più il primo indusse il Bianchi a farsi messaggero della illecita proposta nei confronti dei giocatori del Trestina. La carica intrinsecamente corruttiva di un simile mandato non può essere posta in discussione. B., all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società SSD Viareggio 2014 a rl, “ambasciatore”, come si è appena ricordato, della illecita proposta nei confronti degli atleti della squadra avversaria, è stato destinatario, in primo grado, di una sanzione “ridotta” (anni tre di squalifica). Ritiene la Corte che vi siano ragioni per ulteriormente ritoccare in melius il trattamento sanzionatorio, sia in ragione del fatto che egli fu un mero esecutore di ordini (per quanto riconoscibilmente illeciti) provenienti “dall’alto”, sia in ragione della condotta di ampia collaborazione prontamente prestata, condotta che, ai sensi dell’art 24 del Codice di Giustizia Sportiva all’epoca in vigore (128 di quello attuale), merita adeguato riconoscimento, anche in quanto comportamento sintomatico della dissociazione da una mentalità omertosa che, a quanto accertato, pervadeva buona parte della compagine del Viareggio (cfr., tra l’altro, le dichiarazioni intercettate del “patteggiante” Lazzarini Edoardo, figlio di Sergio). Si ritiene pertanto di rideterminare la sanzione a carico del B. in anni uno di squalifica. Quanto a coloro che sono stati riconosciuti responsabili di omessa denuncia, vale a dire B.e C. (Trestina), M. e V.(Pianese), si rivela opportuna una riduzione della sanzione, in applicazione dei principi di cui all’art. 16 del Codice di Giustizia Sportiva previgente, atteso che la prevista possibilità di riconoscere attenuanti consente di fissare la sanzione al di sotto del minimo edittale. La riduzione si giustifica in ragione della non piena consapevolezza del disvalore della condotta accertata (omessa denuncia) e della mancanza di contestazione di qualsiasi recidiva (o comunque pregressa condotta riprovevole) a carico dei quattro. Sanzione congrua si stima conclusivamente quella di mesi otto di inibizione (per B.) e altrettanti di squalifica (per M., C. e V.). Per quel che attiene alle società: a) va in pieno confermata nel quantum la sanzione applicata alla ASD Sporting Club Trestina a titolo di responsabilità sia diretta che oggettiva ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell’art. 4, comm1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 6, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore) per gli atti e i comportamenti posti in essere da Bambini e Cerbella; b) analogamente non vi è motivo di rivedere in melius la sanzione di cui è stata destinataria la Pol. D. C.S. Scandicci 1908 srl a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), per gli atti e comportamenti posti in essere da G., nei cui confronti è rimasta accertata la più grave condotta concretatasi nell’illecito sportivo; c) viceversa, per la US Pianese Srl la disposta sanzione di euro 5000 di ammenda può essere ridotta ad euro 4000: la società invero è chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore) per gli atti e comportamenti posti in essere dal sig. M.M. e dal sig. V.R.. Trattasi del meno grave illecito dell’omessa denuncia.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Prima: Decisione n. 23/2021 del 3 marzo 2021

Decisione impugnata: Decisione  della  Corte  Federale  D’Appello  -  FIGC,  Sezioni  Unite,  C.U.  n.  51/CFA  del 17.02.2020 e la decisione della del Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Lazio, C.U. n. 242/TFT del 17.02.2020.

Parti: A. B., M. M. e S. B./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Annullata la decisione della CFA che ha riqualificato i fatti nell’art. 7 del previgente CGS, illecito sportivo, per il fatto che i calciatori della società avrebbero omesso “di profondere un qualsivoglia impegno agonistico” ed, in alcune occasioni, avrebbero tentato “di favorire platealmente la squadra avversaria, il tutto all’evidente fine di determinare la sconfitta della propria compagine, poi effettivamente realizzatasi”…La sentenza gravata si macchia, da un lato, di evidenti inesattezze da un punto di vista giuridico e, dall’altro, di contraddizioni sia logiche che giuridiche, fino al punto di ergersi a creatrice di nuovi ipotesi di responsabilità assenti sia nel diritto sportivo che nell’ordinamento generale, cui il primo si ispira, sia da un punto di vista processuale civile (con esplicito richiamo fatto dall’art. 2, comma 6, del CGS CONI), sia da un punto di vista penale, essendoci richiami e commistioni tra condotte antigiuridiche che si collocano in entrambi gli ordinamenti. Invero, a leggere la impugnata sentenza, a cui va riconosciuta una eleganza stilistica e una suggestiva ricostruzione semantica, la stessa esordisce con il superamento del valore di prova legale del referto arbitrale, annacquandone le risultanze in favore di ulteriori, asserite evidenze probatorie. Sul punto, giova ricordare che l’arbitro è il “braccio” dell’ordinamento sportivo, quanto alle regole tecniche da far osservare e rispettare all’interno di una gara, ma è, altresì, nello svolgimento delle sue funzioni, investito di un'attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche (cfr., Cassazione civile, sez. un., 09 gennaio 2019, n. 328) allorché sanziona quei comportamenti oltraggiosi ed istigatori degli atleti o dei dirigenti di una società sportiva anche al fine di sedare le masse dei tifosi e la sintesi delle sue attività e di ciò che vede e sente è riportata fedelmente nel referto arbitrale, che, per orientamento monolitico, gode di efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell’art. 35, comma 11, CGS (oggi confluito nell’art. 61 del nuovo Codice di Giustizia Sportiva FIGC), circa il comportamento tenuto dai tesserati in occasione dello svolgimento delle gare. Tale ultima norma attribuisce ai referti arbitrali un valore probatorio simile a quello riservato dall’art. 2700 c.c. agli atti pubblici. Questa efficacia probatoria si estende non solo al tempo e al luogo della gara strettamente intesi (ossia tempo di gara e rettangolo di gioco), ma a tutti gli eventi che siano collegati alla gara stessa, atteso che l’espressione “in occasione dello svolgimento della gara”, contenuta nell’art. 35, comma 11, si riferisce chiaramente a tutte le circostanze che, trovando “occasione” nella gara, assumono rilevanza per l’ordinamento sportivo. Così il referto arbitrale mantiene la sua efficacia anche laddove i fatti descritti siano avvenuti a gara terminata (cfr., Collegio di Garanzia dello Sport, decisione n. 84/17). Orbene, a nessuno sfugge che, in base al principio di acquisizione della prova, il giudice è libero di porre a fondamento della propria decisione qualsiasi prova, a prescindere dalla parte che ne abbia proposto l'acquisizione e che la regola fondamentale, al riguardo, è che il giudice è libero di valutare le prove secondo il proprio prudente apprezzamento, ma non può sottacersi che quest’ultimo principio conosce delle eccezioni, poiché vi sono dei casi in cui il valore di una prova non è rimesso alla libera valutazione del giudice (seppure guidata dalle regole della logica e della comune esperienza), ma è predeterminato dalla legge: si tratta delle c.d. prove legali. È quanto accade, ad esempio, nel caso delle prove documentali come l'atto pubblico oppure nella confessione e nel giuramento: in tali circostanze, il giudice deve di regola dare per provato quanto affermato dal dichiarante, diversamente da quanto accade nella testimonianza (che, invece, è considerata prova libera). L’assunto appena citato trova conferma nella giurisprudenza di legittimità, laddove si chiarisce che nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice (art. 116 c.p.c.), non esiste, al di fuori dei casi di cd. prove legali (cfr., in specie, gli artt. 2700, 2702, 2709, 2733, 2738 c.c.), una gerarchia delle fonti di prova, così che tutte le prove sono liberamente valutabili dal giudice che può porre a fondamento del suo convincimento anche (e solo) quelle di natura presuntiva (qualora ritenute maggiormente attendibili), purché la scelta e la valutazione del materiale probatorio sia sorretta da adeguata, e logicamente non contraddittoria, giustificazione (cfr., ex multiis, Cass. Civ., sez. VI, 24 luglio 2017, n. 18259). La richiamata giurisprudenza chiarisce e smentisce al contempo l’affermazione contenuta nella sentenza gravata, laddove si dice che non è ipotizzabile una gerarchia delle fonti di prova. Invero, fermi i principi richiamati, l’assunto della inesistenza della gerarchia delle fonti di prova è ipotizzabile unicamente “al di fuori dei  casi di  prova legale”  ovvero quei documenti dotati di pubblica fede, nel novero dei quali, per quanto innanzi richiamato, rientra pleno iure il referto arbitrale. Non è dato comprendere quale sia l’ancoraggio normativo cui si riferisce la Corte Federale d’Appello, laddove discute di attribuzione di fede privilegiata al referto arbitrale unicamente come “valenza intrinseca del documento, con evidente riferimento al suo tenore letterale”, atteso che tale affermazione è assolutamente priva di senso e vanificherebbe, laddove condivisa e non censurata, il valore e il presupposto logico della fede privilegiata che riguarda i contenuti e la provenienza di essi e non le specifiche letterali; apertis verbis, se il referto arbitrale dovesse essere considerato unicamente strumento a valore intrinseco, nessuna risultanza di esso potrebbe avere valenza ed efficacia esterna (o estrinseca) e, pertanto, qualsiasi contenuto sarebbe opinabile, con buona pace della certezza dei rapporti e dei fatti. La circostanza diviene ancor più irragionevole se si pone riguardo al fatto che la Corte a quo conduce il suo giudizio su basi ipotetiche e su mere congetture su eventi futuristici che avrebbero costituito il presupposto animante la condotta sanzionata (id est, perdere la gara per poter incontrare nella fase successiva una squadra più debole o comunque abbordabile). Tanto non è accettabile né ipotizzabile all’interno di un percorso decisionale. Chiarisce bene tale concetto la giurisprudenza di legittimità, per la quale, “secondo la previsione dell'art. 192 c.p.p., comma 2, ciascuna circostanza di fatto assumibile come indizio deve essere connotata, in primo luogo, dal requisito, non espressamente richiamato ma fondante, della "certezza", che implica la verifica processuale della sua sussistenza (Cass., sez. 4, n. 39882 del 01/10/2008). L'indicato requisito non può assumersi in termini di assolutezza e di verità in senso ontologico, partecipando, invece, di quella specie di certezza che si forma nel  processo  attraverso il procedimento probatorio (Cass., sez. 1, n. 31456 del 21/05/2008); esso tuttavia conduce ad evitare che la prova critica (indiretta) possa fondarsi su di un fatto verosimilmente accaduto, supposto o intuito, inammissibilmente valorizzando - contro indiscutibili postulati di civiltà giuridica - personali impressioni o immaginazioni del decidente o mere congetture (Cass., sez. 1, n. 18149 del 11/11/2015). La caratterizzazione di ogni indizio passa, in secondo luogo, attraverso i requisiti di gravità, precisione e concordanza. Per gravità deve intendersi la consistenza, la resistenza alle obiezioni, la capacità dimostrativa vale a dire la pertinenza del dato rispetto al thema probandum; per precisione la specificità, l'univocità e la insuscettibilità di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile; infine concordanza significa che i plurimi indizi devono muoversi nella stessa direzione, essere logicamente dello stesso segno, e non porsi in contraddizione tra loro. Il metodo di lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio implica come operazione propedeutica quella di valutare ogni elemento indiziario singolarmente, ciascuno nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità, per poi valorizzarlo, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo” (Cass. Pen., sez. V, sent. 15 settembre - 28 ottobre 2020, n. 29877). Nella vicenda che ci occupa, a fronte di un referto arbitrale, prova legale per quanto spiegato innanzi, in cui nulla si dice di quanto contestato dalla Procura Federale, in merito ad eventi che, giova ricordarlo, sarebbero accaduti all’interno del rettangolo di gioco, con margini di assoluta incertezza, rectius non conoscenza, sugli autori delle condotte, la Corte si spinge a disegnare l’ipotesi della costruzione dell’illecito sportivo, il quale, peraltro, per essere configurato necessita di presupposti ben precisi che la stessa Corte richiama, salvo poi a disattenderli, invocando le Sezioni Unite di questo Collegio, in relazione al margine di certezza della commissione del fatto, secondo cui “lo standard probatorio nel procedimento disciplinare sportivo non deve spingersi sino alla certezza assoluta della commissione dell’illecito o al superamento del ragionevole dubbio, come è invece previsto nell’ordinamento penale. Il grado di prova sufficiente per ritenere sussistente una violazione delle regole poste dall’ordinamento sportivo deve essere superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio” (Collegio di Garanzia, Sez. Un., n. 34/16). Questa Sezione ben conosce il richiamato orientamento, ma lo stesso non è omologabile né richiamabile nella odierna vicenda, atteso che esso si riferisce al caso in cui gli autori del fatto contestato erano ben individuati e le responsabilità, ancorché “non oltre il ragionevole dubbio”, erano correttamente ascritte. Nella odierna vicenda, invece, è la Corte stessa a chiarire “che non è stato individuato l’autore del retropassaggio e nemmeno sono stati individuati i calciatori che praticarono la “melina”, per la qual cosa non si può assecondare una ricostruzione dei fatti in termini di condotta e responsabilità “corale”, come la definisce il Giudice a quo, perché tale ipotesi, da un lato, viola il principio di tipicità (ancorché tenue, come la stessa Corte lo definisce) dell’illecito sportivo, ma si pone in contrasto col principio generale di legalità a cui l’ordinamento sportivo non è estraneo, essendo sicuramente un ordinamento giuridico sulla cui qualificazione non è dato dubitare neppure dalla Corte Federale di Appello medesima (cfr. sentenza gravata pag. 16, secondo cpv). D’altra parte, così come è stato affermato dalle Sezioni Unite di Questo Collegio (cfr. decisione n. 27/2020) e ribadito da Questa Sezione (cfr. decisione n. 42/2020), nessun Giudice può sostituire la sua funzione di “giustizia sulla fattispecie” a quella di “costruzione di una fattispecie”, cioè di un’azione di governo dell’organizzazione sportiva che sfugge a qualsivoglia giudice. Ma non solo. Questa Sezione (cfr., decisione n. 19/18) ha chiarito come il Codice di Giustizia Sportiva della FIGC fornisca sanzione precisa a condotta precisa ed individuata. Il solco tracciato dalla norma non consente di poter allargare o restringere la portata e il novero delle sanzioni che, peraltro, possono in maniera significativa spezzare gli equilibri dei campionati i cui esiti, è bene ricordarlo, dovrebbero essere il frutto del merito sportivo e non di vicende “altre”; ed ecco il perché, nell’approcciare le condotte violative delle regole, non bisogna discostarsi in maniera superficiale dalle specifiche previsioni normative, in corretta applicazione del principio generale penalistico del nullum crimen, nulla poena sine lege. Apertis verbis, in assenza di previsione normativa, non è possibile adottare una sanzione per una condotta - la responsabilità corale - non prevista né tanto meno si può ricorrere all’analogia che, come è noto, sconta un suo divieto applicativo in ambito penalistico (e la sanzione disciplinare in ambito sportivo è equivalente ad una condotta penale), in forza del principio c.d. di legalità formale, nonché per quanto previsto dall’art. 14 delle disp. preliminari al c.c., per il quale “ le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”, né, vieppiù, ci si può sostituire al legislatore creando fattispecie ad hoc basate, peraltro, su mere ipotesi non presenti neppure nel referto arbitrale. Ad adiuvandum, nel solco tracciato di illogicità e contraddittorietà della motivazione della gravata sentenza, non può tacersi come il Giudice a quo, nel definire correttamente l’illecito sportivo  come  una fattispecie a condotta commissiva, orientata e consistente nel “compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo (comma 1). Le società e i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili (comma 2)” (cfr. art. 7 vecchio CGS, oggi art. 30 CGS FIGC), applichi poi la sanzione per un contegno, rectius condotta, di tipo omissivo, configurantesi nel “non opponendosi (o non opponendosi adeguatamente) alle azioni autolesionistiche dei compagni di squadra”, citando (impropriamente) il principio di causalità di cui all’art. 40, comma 2, c.p., per il quale non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a causarlo. E’ palese ed evidente la contraddizione: se l’illecito sportivo postula il compimento di una “azione”, come può configurarsi tale fattispecie mediante una “non azione”? Più chiaramente, la condotta omissiva, intanto, può essere considerata causa del fatto laddove sia previsto che l’impedimento del fatto medesimo possa essere realizzato per omissione. La giurisprudenza ha precisato che “in tema di colpa per omissione, il giudice, nel valutare la c.d. causalità omissiva, deve verificare che l’evento non si sarebbe verificato se l’agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi, e il relativo accertamento deve essere condotto attraverso l’enunciato “controfattuale”, ponendo al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato” (Cass. Civ., sez. III, 14 febbraio 2012, n. 2085), ma nella odierna vicenda non v’è norma che impone ad un calciatore di non fare “melina” o di non effettuare retropassaggi, per la qual cosa l’argomento utilizzato dalla Corte d’Appello è un fuor d’opera che merita lo stigma di Questo Collegio. Risulta, pertanto, chiaro che la Corte Federale abbia approcciato la vicenda in maniera molto superficiale senza, come è compito del Giudice, scavare a fondo nelle fattispecie e trovare l’esatta configurazione della tipologia di illecito prevista ed abbinare la sanzione corrispondente, in special modo laddove l’afflittività di quest’ultima incide in maniera significativa sulla carriera dell’atleta e/o di altro soggetto dell’ordinamento sportivo. Non  bisogna  trascurare,  in  ambito  sportivo,  che  le  sanzioni  gravi,  come  quelle  riferite  a squalifiche o radiazioni, sono  omologhe all’ergastolo  in materia  penale, atteso  che la “vita sportiva” è molto più breve di quella naturale (secondo statistiche e salvo eccezioni) ed ecco il perché il principio della prova al di là di ogni ragionevole dubbio, ancorché mitigato secondo indici di elevatissima probabilità, deve comunque essere sostenuto da fattori, anche indiziari, che non lascino spazio alcuno di penetrazione del dubbio in merito a quanto ricostruito; il giudizio, cioè, deve essere connotato da requisiti di certezza, gravità e precisione, ma richiede, poi, la convergenza di ulteriori circostanze che, valutate prima singolarmente e poi globalmente, ne comportino la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Cass, sez. un., n. 33748 del 12 luglio 2005) e nella vicenda oggetto di scrutinio tale contesto non emerge sotto un duplice profilo: un referto arbitrale (mai messo in discussione con querela di falso o deferimento dell’arbitro alla Procura Federale) privo di elementi descrittivi dei fatti contestati e un insieme di testimonianze lacunose, contraddittorie e che non hanno restituito gli autori dei fatti come la stessa Corte afferma. La decisione gravata appare fondata sulla teoria del cui prodest, secondo la quale, rileggendo il giureconsulto romano Cassio Longino, per scoprire il colpevole di un reato è sempre necessario domandarsi a chi giovano le conseguenze del reato stesso, chi, cioè, dal reato ha tratto vantaggio. Tale teoria è stata superata e ormai ripudiata dalla giurisprudenza "affermando che la generica ed equivoca individuazione di un'area di "interesse" al compimento del delitto (in quel caso un omicidio) costituisce solo ragione di sospetto, supposizione o argomento congetturale, tenuto conto altresì dell'incerta prova circa l'esclusività o la molteplicità dei moventi del delitto” (Cass., Sez. Un. n. 45276 del 30 ottobre 2003) e, in ogni caso, la prospettazione fatta dalla Corte, in relazione alla utilità del risultato negativo, onde poter incontrare una squadra più debole o abbordabile nella fase successiva, è una mera congettura sguarnita di presupposti logici e giuridici prima ancora che fattuali, atteso che proprio il calcio ha dato dimostrazione che mai alcun risultato è scontato anche in presenza di valori e risorse che sulla carta rendono palese un dislivello di forze notevole. Il ricorso va, pertanto, accolto e vanno annullate tutte le sanzioni inflitte, con obbligo di cancellazione dal cursus onorum dei ricorrenti delle squalifiche già scontate,  in virtù della esecutività dei provvedimenti gravati ed oggidì annullati. Sulla scorta delle argomentazioni innanzi esplicitate vanno affermati e sintetizzati, altresì, i seguenti principi di diritto sportivo posti a base della presente decisione: 1)  Non esiste la tipizzazione di una responsabilità corale ai fini della configurazione di un illecito sportivo; 2) Il referto arbitrale è prova legale assistita da fede privilegiata in relazione ai fatti che l’arbitro attesta essere accaduti in sua presenza e la sua messa in discussione va fatta con querela di falso e deferimento dell’arbitro alla Procura Federale; 3)  Il giudizio di colpevolezza nell’ordinamento sportivo non deve raggiungere il grado di certezza previsto dal noto principio “al di la di ogni ragionevole dubbio”, ma deve essere comunque assistito da indizi che abbiano le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza nel senso descritto in parte motiva, che conducano ad un univoco contesto dimostrativo; 4)  Il giudice sportivo non può costruire fattispecie nuove  di  illecito,  ma solo giudicare correttamente ciò che le norme prevedono in relazione ai fatti contestati.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 107/TFN - SD del 22 Febbraio 2021  (motivazioni)  - www.figc.it

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 7442 /1084pf19-20/GC/blp del 22.12.2020 nei confronti dei sig.ri M.L., N.G. e SSD Viareggio 2014 a rl - Reg. Prot. 83/TFN-SD)

Massima:..Va ancora premesso che la fattispecie di illecito sportivo prevista dal CGS differisce dall’ipotesi di frode in competizione sportiva di cui all’art. 1, Legge 13.12.1989 n. 401. Quest’ultima è norma a più fattispecie, che prevede in primis una forma di corruzione in ambito sportivo costituita dall’offerta o dalla promessa di denaro o altra utilità al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione (condotta a forma vincolata) e, al contempo, una seconda forma (libera) costituita dal compimento di altri “atti fraudolenti” volti al medesimo scopo. Il che porta a ritenere che la fattispecie in questione appartenga alla categoria dei reati di pericolo per i quali non è ipotizzabile la fase del tentativo, essendo anticipata la soglia di punibilità al mero compimento di un’attività finalizzata ad alterare lo svolgimento della competizione (cfr. Cass. pen., sez. III, 21.7.2015, n. 31623). Diversamente, il Legislatore sportivo ha inteso conferire rilievo, sul piano disciplinare, a qualunque “atto diretto” ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, che sia compiuto con qualsiasi mezzo, ma non connotando di particolari ulteriori qualità (tantomeno di fraudolenza) l’azione meritevole di sanzione e anticipando ulteriormente la soglia di punibilità. In particolare, secondo il chiarissimo arresto del Collegio di Garanzia del Coni, “la norma (…) mira a tutelare il bene giuridico del leale e regolare svolgimento delle gare e delle competizioni sportive, punendo le condotte illecite e antisportive finalizzate all’alterazione del risultato sportivo attraverso la manipolazione dell’andamento della gara ovvero attraverso il procacciamento di un indebito vantaggio in termini di classifica. Dall’analisi del dettato normativo è facilmente intuibile come la fattispecie descritta configuri un’ipotesi di illecito di attentato. Di conseguenza, è evidente che l’illecito sportivo, di cui all’art. 7, comma 1, CGS FIGC, si debba considerare realizzato nel momento in cui si siano concretizzati “atti idonei” a cambiare il naturale svolgimento di una competizione” (cfr. decisione Collegio di Garanzia 93/2017). E ciò a prescindere dal conseguimento del risultato o del vantaggio. Da qui deriva che l’eventuale valutazione di insussistenza del fatto tipico operata dal giudice penale (come avvenuto nel caso di specie) non può essere automaticamente traslata sul piano disciplinare per derivarne l’insussistenza dell’illecito. Stante la diversità dei presupposti normativamente previsti occorrerà, al contrario, operare una autonoma valutazione volta a verificare se le condotte contestate, una volta accertate, pur ove non penalmente rilevanti si configurino invece quali “atti diretti ad alterare” le gare incriminate. Ai fini di tale ultima valutazione non possono non richiamarsi, anche in apertura della presente decisione, i principi che la giustizia sportiva ha costantemente affermato in tema di illecito sportivo, nonché di associazione finalizzata alla commissione di illeciti.

Massima:..Quanto all’ipotesi associativa, gli organi di giustizia sportiva hanno precisato nelle loro decisioni (ex multis CU 48/TFN 2015/2016) che gli elementi costitutivi della fattispecie disciplinare, sostanzialmente mutuati da quella penalistica, consistono nell'esistenza di un vincolo dotato di una certa stabilità che unisce almeno tre persone il cui fine è quello di commettere una serie indeterminata di illeciti sportivi (programma “criminoso”) e che per realizzare il loro scopo si dotano di una struttura organizzativa. Ancorché non sia essenziale, per la sussistenza della fattispecie, una distribuzione gerarchica di ruoli o funzioni, la struttura organizzativa, sia pur minima, deve essere idonea e adeguata a realizzare gli obiettivi presi di mira, vale a dire l’attuazione del programma indeterminato volto alla commissione di illeciti (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 25.11.1995, n. 11413; conformi Cass. pen., Sez. I, 25.9.1998, n. 10107; Cass. pen., Sez. VI, 30.1.2012, n. 3886; Cass. pen., Sez. II, 3.4.2013, n. 20451). Sotto il profilo soggettivo è richiesta la consapevolezza negli associati della loro partecipazione alle attività dell'associazione ciascuno con il proprio ruolo, più o meno rilevante ma comunque non privo di incidenza sull'attività svolta dall'associazione…anche la Suprema Corte ha avuto modo di affermare come non sia configurabile il delitto di associazione per delinquere quando, pur in presenza di plurime condotte delittuose, siano stati predisposti complessi accorgimenti organizzativi al solo fine di perseguire lo scopo criminoso preventivamente individuato, e non di realizzare una struttura stabile, funzionalmente destinata alla commissione di una serie indeterminata di delitti (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 9.5.2013, n. 19783).

Massima:..Quanto all’ipotesi di illecito sportivo, è opinione consolidata degli organi della giustizia sportiva, cui il Collegio intende uniformarsi, che pur prevedendo la fattispecie di cui all’art. 7, come già chiarito, un’anticipazione della soglia di punibilità a “qualunque atto diretto” all’alterazione della gara o all’altra finalità previste, “sia comunque necessario che tali atti abbiano un “minimo di concretezza” (Comm. di Appello Federale def. Moggi + altri  CU n. 1/C del 14.07.2006), poi individuato nella partecipazione di personaggi con “competenze e responsabilità di ruolo adeguati” (CAF 04.08.2006  CU n. 2/CF)” (così CU 48/TFN s.s. 2015/2016).

Massima:..Quanto infine all’ipotesi di omessa denuncia è principio consolidato quello per cui il relativo presupposto non possa essere costituito unicamente dalla presenza di meri sospetti “vaghi ed indeterminati, senza che sia consentito a colui che ne è venuto a conoscenza di poter liberamente deliberare preventivamente la verosimiglianza o apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali”, mentre invece integra la violazione anche solo la probabile fondatezza di un comportamento riconducibile alla fattispecie dell'illecito sportivo, già consumato o in itinere (così CU 75/TFN 2016/2017, conf. CU n. 8/CDN del 22 luglio 2013).

Massima: La società è sanzionata con l’esclusione dal campionato di competenza per la pluralità di illeciti sportivi posti in essere da soggetti che svolgevano attività rilevante al suo interno ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 2, comma 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva)

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE:  DECISIONE N. 077 CFA del 04 Febbraio 2021

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale Federale Nazionale n. 78/TFN-SD del 23.12.2020

Impugnazione – istanza: Sigg.ri T.N.-C. P.-G.D./Procura Federale

Massima: Conferma la decisione del TFN che, a seguito di stralcio, ha sanzionato l’agente sportivo, collaboratore della società con la squalifica per  mesi 6 per la violazione dell'art 1 bis, comma 5, CGS, vigente all'epoca dei fatti (oggi trasfuso nell'art. 2, comma 2, del CGS), dell'art. 7, comma 7, del CGS, vigente all'epoca dei fatti (oggi trasfuso nell'art. 30, comma 7, del CGS) e dell’art. 7 comma In linea generale è ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui anche gli agenti dei calciatori sono assoggettati alla responsabilità disciplinare prevista dall’ordinamento sportivo, in quanto, pur non essendo tesserati, svolgono, all’evidenza, un’attività di assoluto rilievo per il sistema. Ma è del pari palese che tale rilevanza disciplinare delle condotte poste in essere dagli agenti sussiste solo nel periodo temporale in cui l’attività è svolta, in connessione con la persistente iscrizione negli albi. Risulta dimostrato che il .., sin dal 2015, non è più iscritto all’albo e non ha certamente rinnovato l’iscrizione prevista dalla recente riforma dell’attività degli agenti. Il Collegio ritiene, tuttavia, di condividere la tesi difensiva espressa dalla Procura Federale, secondo cui il .., già presente nel mondo calcistico in qualità di procuratore dei giocatori, abbia conservato un ruolo attivo, rilevante per l’ordinamento sportivo, consistente nella collaborazione ininterrottamente svolto nell’ambito della società Picerno.

Massima: Conferma la decisione del TFN che, a seguito di stralcio, ha sanzionato l’allenatore con la squalifica per anni 2 per la violazione dell’art. 7 comma 1, 2 e 5 CGS, vigente all’epoca dei fatti (oggi trasfuso nell’art. 30, comma 1, 2 e 5, CGS)  per avere, in concorso con …, indicato al punto successivo, con i soggetti (…) già sanzionati nell’ambito del proc. n. 1491 pf18-19, definito con decisione emessa dalla Corte Federale di appello a SS.UU. n. 19 del 21 Settembre  2020 (decisione di 1° grado pronunciata dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, n. 1/TFN-SD 2020/2021 del 31 agosto 2020, pubblicata il 4 Settembre  2020), nonché con altri soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento e il conseguente risultato finale della gara Picerno - Bitonto, disputata in data 05/05/2019 e valevole per la determinazione della classifica finale del Campionato di Serie D, Girone H; in particolare, per avere, per conto della società AZ Picerno, nella circostanza rappresentata da ...., direttamente e personalmente delineato i dettagli dell’accordo illecito con il calciatore della USD Bitonto …., a seguito del quale veniva concordata con quest’ultimo la consegna della somma di € 10.000,00 (proveniente dalla società AZ Picerno), a fronte di una iniziale richiesta di € 25.000,00, come contropartita dell’illecito accordo volto a determinare un risultato finale della gara favorevole al Picerno e, comunque, utile per la promozione nella serie superiore; somma, che ricevuta dal capitano, …., veniva da quest’ultimo ripartita e distribuita, fra i tesserati della USD Bitonto coinvolti nell’illecito… Ad integrazione degli argomenti espressi dal Tribunale, è opportuno sviluppare le ragioni che conducono alla reiezione del gravame. Non vi è dubbio che, in linea di principio, l’organo inquirente deve assicurare l’unitarietà dei procedimenti disciplinari riguardanti una medesima vicenda sostanziale, nell’interesse delle parti alla pienezza del contraddittorio e alla unitarietà delle attività istruttorie, già nella fase delle indagini evitando ogni artificioso e ingiustificato frazionamento delle azioni disciplinari. Il criterio generale del simultaneus processus, del resto, intende garantire la massima speditezza dei giudizi e mira a prevenire il rischio di possibili contrasti tra i giudicati. Non può escludersi, tuttavia, che  in relazione a fatti disciplinari particolarmente complessi nella loro struttura, caratterizzati dal coinvolgimento di una pluralità di soggetti, si renda necessaria l’attivazione di distinti procedimenti, in una successione temporale direttamente connessa alla conoscenza del fatto ottenuta dalla Procura Federale. In questo senso si pone, univocamente, la giurisprudenza costante di questa Corte e degli altri organi di giustizia sportiva. Fra le tante decisioni in tal senso è sufficiente citare la pronuncia delle Sezioni Unite n. 33/2020-2021, nonché la decisione della Commissione Nazionale Disciplinare di cui al comunicato ufficiale n. 59/CDN (2008/2009). Questa situazione si è verificata nella vicenda in esame. L’organo inquirente non ha compiuto una irragionevole separazione di procedimenti unitari, ma ha avviato un’indagine originata dai nuovi elementi riguardanti la posizione dei Signori .. e …. Non vi è alcuna norma, del resto, che vieti questa scissione procedimentale, purché, ovviamente, sia garantito il rispetto delle norme riguardanti lo svolgimento delle indagini e la fase del giudizio. Va ricordato, al riguardo, che il codice di giustizia sportiva favorisce la riunione di processi relativi al “medesimo fatto”, così prendendo atto della circostanza che le azioni disciplinari possano essere state esercitate ritualmente in tempi diversi e mediante l’avvio di separate indagini, ancorché riguardanti una vicenda sostanziale unica. D’altro canto, però, il favore per la riunione dei giudizi non deve pregiudicare la celerità della loro definizione, anche tenendo conto della perentorietà dei termini riguardanti le indagini e il processo sportivo disciplinare. Pertanto, va escluso, in radice, che lo svolgimento separato dei procedimenti disciplinari costituisca, di per sé, un vizio determinate la nullità del deferimento…Nel caso concreto, non vi è dubbio che l’organo inquirente abbia correttamente sviluppato le indagini riguardanti l’illecito sportivo ascritto ad un primo gruppo di incolpati e solo successivamente, quando ha avuto contezza della possibile responsabilità di … e .. abbia tempestivamente e ritualmente avviato un’ulteriore indagine nei loro confronti, senza violare alcuna norma del codice….Al riguardo, la giurisprudenza sportiva ha affermato un orientamento univoco e costante. In particolare la Terza Sezione della Corte di Giustizia Federale, con Comunicato Ufficiale n. 292/CGF (2008/2009) ha ritenuto inapplicabile la normativa processualcivilistica del litisconsorzio necessario ai giudizi disciplinari: “Vale la pena di ricordare che si tratta di istituti tipicamente civilistici, i quali non trovano applicazione, ad esempio, neppure nel processo penale, come si verifica nei casi i cui un coimputato chieda il c.d. rito abbreviato od il patteggiamento della pena od in cui uno od alcuni soltanto dei coimputati condannati in primo grado proponga qualche impugnazione a differenza degli altri. Né va dimenticato, soprattutto, che il giudizio sportivo non presenta carattere civile, né penale, ma tipicamente amministrativo, per cui in ipotesi semmai è soltanto a quest’ultima branca dell’ordinamento statale che dovrebbe aversi riguardo. A parte il fatto che pur in questa l’istituto in discorso non avrebbe carattere di generale applicazione, ma secondo una autorevole e cospicua parte della letteratura (vedi, per esempio, Carnelutti, Betti, Allorio, Denti) e della giurisprudenza esso dovrebbe essere limitato nella sua applicazione unicamente ai casi puntualmente previsti dalla legge, nei quali per di più è sempre possibile che la integrazione del contraddittorio incompleto venga ordinata dal giudice del dibattimento entro un termine successivo da lui fissato (art. 102 cod. proc. civ.). Ne risulta ulteriormente confermata la infondatezza di ogni tentativo di trarre in via analogica dalla disciplina processual civilistica statale la esistenza di una norma regolatrice valevole per la fattispecie in esame.”

Massima: Confermata la decisione del TFN che, a seguito di stralcio, ha sanzionato … con la squalifica per anni 1 e mesi 6 per la violazione dell’art. 7, comma 1, 2 e 5 CGS, vigente all’epoca dei fatti (oggi trasfuso nell’art. 30, comma 1, 2 e 5, CGS)… A tale proposito, a nulla rileva che i vari passaggi abbiano asseritamente avuto luogo quando l’accordo era già stato concordato. A tutto voler concedere, infatti, è ben vero, che l’illecito previsto e sanzionato dall’ art. 7 CGS vigente ratione temporis, ora trasfuso nell’art. 30 CGS è “un illecito di attentato [         ..] che si attiva nel momento in cui sia iniziata la condotta potenzialmente lesiva”, tanto, sebbene al fine di offrire una protezione rafforzata al bene giuridico protetto consente di arretrare la soglia di punibilità al compimento di una attività idonea ad alterare lo svolgimento di una competizione, non esclude, però, la possibilità di sussumere nella previsione normativa e di sanzionare fatti e comportamenti successivi alla promessa senza dei quali non si sarebbe conseguito il risultato voluto. Infatti, anche a volere ritenere che le modalità di dazione della somma siano state concordate unicamente tra ..., …e …, non vi è dubbio che la mancata consegna dell’assegno a garanzia (ferma l’idoneità dei precedenti atti a configurare l’ipotesi di cui all’art. 7 CGS - FIGC allora vigente) sarebbe stata chiara manifestazione della volontà di recedere dall’accordo e non avrebbe garantito il risultato della gara. Ciò non di meno, la stessa consegna dell’assegno a garanzia costituisce atto diretto “ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione” senza la quale, pertanto, e sempre fermo il pur sanzionabile già avvenuto accordo sub specie conati, non si sarebbe nemmeno giunti all’effettiva alterazione del risultato in questione. Se, dunque, il solo raggiungimento dell’accordo e/o la sola promessa del pretium sceleris sono autonomamente idonei a configurare la fattispecie illecita considerata, altrettanto e a maggior ragione deve dirsi quanto alla fattiva partecipazione ad un frammento della fattispecie illecita specificamente finalizzato al conseguimento del risultato e, ancora di più, a risultato conseguito, quanto alla corresponsione del saldo del “corrispettivo” promesso.” Alle considerazioni svolte dalla pronuncia del Tribunale vanno aggiunti i seguenti rilievi. Va sottolineato, intanto, che nel corso del giudizio di primo grado l’ipotesi accusatoria ha trovato pieno riscontro probatorio, con riguardo all’esatta ricostruzione della dinamica dei fatti. In particolare, è stato accertato che il Sig…. ha consegnato materialmente la complessiva somma di € 10.000,00 unitamente all’assegno bancario in garanzia (provenienti dalla società A.Z. Picerno) al calciatore della USD Bitonto …, a fronte dell’accordo illecito concordato fra quest’ultimo e ... per il tramite di .., e a fronte di una iniziale richiesta di € 25.000,00, come contropartita dell’illecito accordo volto a determinare un risultato finale della gara favorevole al Picerno e, comunque, utile per la promozione nella serie superiore; somma, che ricevuta dal capitano, …, veniva da quest’ultimo ripartita e distribuita, fra i tesserati della USD Bitonto coinvolti nell’illecito. Si tratta, all’evidenza, di un comportamento che non è rimasto confinato nella passiva omissione della doverosa segnalazione del grave illecito in atto, ma è consistito in un concorso attivo e determinante nella realizzazione delle attività finalizzate alla frode sportiva. L’apporto causale all’illecito attiene ad un elemento particolarmente significativo, costituito proprio dalla dazione del vantaggio economico richiesto dai calciatori per addomesticare il risultato della gara programmata tra il Bitonto e il Picerno. Non potrebbe mutare questa evidente conclusione la circostanza che le precedenti condotte degli altri tesserati fossero già qualificabili, di per sé, come integranti la fattispecie dell’illecito sportivo, anche prescindendo da ulteriori condotte riguardanti la materiale dazione delle somme di denaro concordate. Tale profilo, infatti, si collega alla struttura dell’illecito sportivo, che considera integrata la fattispecie già quando le condotte dei responsabili consistono nell’adozione di atti orientati alla realizzazione della frode sportiva. Ma questa scelta del legislatore federale, visibilmente finalizzata all’esigenza di reprimere con fermezza comportamenti dolosi di estrema gravità, intende anticipare e allargare l’area della punibilità delle condotte vietate. Non può certo determinare la sottrazione dalla sanzione di ulteriori attività con cui altri soggetti contribuiscono fattivamente al tentativo di realizzare l’alterazione fraudolenta della competizione calcistica. Detta impostazione, del resto, risulta pienamente coerente con gli approdi ermeneutici cui è pervenuta la giurisprudenza penale in ordine all’accertamento della responsabilità per la commissione di reati associativi o a struttura concorsuale. In concreto, poi, è palese la rilevanza causale del comportamento tenuto dal .., il quale ha materialmente effettuato il trasporto e la consegna della somma pattuita per effettuare l’illecita combine della partita. Sotto altro aspetto, e in via subordinata, il Sig. .. si duole dell’entità della sanzione subita, giudicandola eccessiva in relazione ai fatti accertati e al trattamento punitivo degli altri deferiti. Anche tale motivo di gravame non merita condivisione. La squalifica di un anno e sei mesi applicata dal Tribunale risulta senz’altro congrua in relazione alla oggettiva e indiscutibile gravità dell’accertato illecito sportivo ed all’effettivo ruolo assunto dal reclamante, il quale, è stato l’autore della consegna materiale del denaro offerto per alterare una gara decisiva del Campionato. Contrariamente all’assunto dell’interessato, non si tratta di un apporto materiale e secondario alla realizzazione dell’illecito, ma ne costituisce, semmai, una condotta centrale e decisiva nello sviluppo dell’attività fraudolenta compiuta dagli incolpati. Né emerge alcuna sproporzione rispetto alle sanzioni applicate agli altri incolpati, tutte calibrate su una adeguata valutazione del loro comportamento processuale e del ruolo assunto nella vicenda.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 93/TFN - SD del 27 Gennaio 2021  (motivazioni)  - www.figc.it

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 7442 /1084pf19-20/GC/blp del 22.12.2020 nei confronti del sig. V.T.  + altri - Reg. Prot. 83/TFN-SD

Massima: La fattispecie di illecito sportivo prevista dal CGS differisce dall’ipotesi di frode in competizione sportiva di cui all’art. 1, Legge 13.12.1989 n. 401. Quest’ultima è norma a più fattispecie, che prevede in primis una forma di corruzione in ambito sportivo costituita dall’offerta o dalla promessa di denaro o altra utilità al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione (condotta a forma vincolata) e, al contempo, una seconda forma (libera) costituita dal compimento di altri “atti fraudolenti” volti al medesimo scopo. Il che porta a ritenere che la fattispecie in questione appartenga alla categoria dei reati di pericolo per i quali non è ipotizzabile la fase del tentativo, essendo anticipata la soglia di punibilità al mero compimento di un’attività finalizzata ad alterare lo svolgimento della competizione (cfr. Cass. pen., sez. III, 21.7.2015, n. 31623). Diversamente, il Legislatore sportivo ha inteso conferire rilievo, sul piano disciplinare, a qualunque “atto diretto” ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, che sia compiuto con qualsiasi mezzo, ma non connotando di particolari ulteriori qualità (tantomeno di fraudolenza) l’azione meritevole di sanzione e anticipando ulteriormente la soglia di punibilità. In particolare, secondo il chiarissimo arresto del Collegio di Garanzia del Coni, “la norma (…) mira a tutelare il bene giuridico del leale e regolare svolgimento delle gare e delle competizioni sportive, punendo le condotte illecite e antisportive finalizzate all’alterazione del risultato sportivo attraverso la manipolazione dell’andamento della gara ovvero attraverso il procacciamento di un indebito vantaggio in termini di classifica. Dall’analisi del dettato normativo è facilmente intuibile come la fattispecie descritta configuri un’ipotesi di illecito di attentato. Di conseguenza, è evidente che l’illecito sportivo, di cui all’art. 7, comma 1, CGS FIGC, si debba considerare realizzato nel momento in cui si siano concretizzati “atti idonei” a cambiare il naturale svolgimento di una competizione” (cfr. decisione Collegio di Garanzia 93/2017). E ciò a prescindere dal conseguimento del risultato o del vantaggio. Da qui deriva che l’eventuale valutazione di insussistenza del fatto tipico operata dal giudice penale (come avvenuto nel caso di specie) non può essere automaticamente traslata sul piano disciplinare per derivarne l’insussistenza dell’illecito. Stante la diversità dei presupposti normativamente previsti occorrerà, al contrario, operare una autonoma valutazione volta a verificare se le condotte contestate, una volta accertate, pur ove non penalmente rilevanti si configurino invece quali “atti diretti ad alterare” le gare incriminate.

Massima: Quanto all’ipotesi associativa, gli organi di giustizia sportiva hanno precisato nelle loro decisioni (ex multis CU 48/TFN 2015/2016) che gli elementi costitutivi della fattispecie disciplinare, sostanzialmente mutuati da quella penalistica, consistono nell'esistenza di un vincolo dotato di una certa stabilità che unisce almeno tre persone il cui fine è quello di commettere una serie indeterminata di illeciti sportivi (programma “criminoso”) e che per realizzare il loro scopo si dotano di una struttura organizzativa. Ancorché non sia essenziale, per la sussistenza della fattispecie, una distribuzione gerarchica di ruoli o funzioni, la struttura organizzativa, sia pur minima, deve essere idonea e adeguata a realizzare gli obiettivi presi di mira, vale a dire l’attuazione del programma indeterminato volto alla commissione di illeciti (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 25.11.1995, n. 11413; conformi Cass. pen., Sez. I, 25.9.1998, n. 10107; Cass. pen., Sez. VI, 30.1.2012, n. 3886; Cass. pen., Sez. II, 3.4.2013, n. 20451). Sotto il profilo soggettivo è richiesta la consapevolezza negli associati della loro partecipazione alle attività dell'associazione ciascuno con il proprio ruolo, più o meno rilevante ma comunque non privo di incidenza sull'attività svolta dall'associazione.

Massima: Quanto all’ipotesi di illecito sportivo, è opinione consolidata degli organi della giustizia sportiva, cui il Collegio intende uniformarsi, che pur prevedendo la fattispecie di cui all’art. 7, come già chiarito, un’anticipazione della soglia di punibilità a “qualunque atto diretto” all’alterazione della gara o all’altra finalità previste, “sia comunque necessario che tali atti abbiano un “minimo di concretezza” (Comm. di Appello Federale def. Moggi + altri  CU n. 1/C del 14.07.2006), poi individuato nella partecipazione di personaggi con “competenze e responsabilità di ruolo adeguati” (CAF 04.08.2006  CU n. 2/CF)” (così CU 48/TFN s.s. 2015/2016).

Massima: Quanto… all’ipotesi di omessa denuncia è principio consolidato quello per cui il relativo presupposto non possa essere costituito unicamente dalla presenza di meri sospetti “vaghi ed indeterminati, senza che sia consentito a colui che ne è venuto a conoscenza di poter liberamente deliberare preventivamente la verosimiglianza o apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali”, mentre invece integra la violazione anche solo la probabile fondatezza di un comportamento riconducibile alla fattispecie dell'illecito sportivo, già consumato o in itinere (così CU 75/TFN 2016/2017, conf. CU n. 8/CDN del 22 luglio 2013).

Massima: Il Tribunale proscioglie i deferiti dall’accusa di violazione dell’art. 9, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 17, commi 1 e 2 del vigente Codice di Giustizia Sportiva) perché non sono ravvisabili nel caso di specie gli elementi costitutivi della fattispecie associativa finalizzata alla commissione di illeciti sportivi…Dall’esame dell’ampio compendio probatorio non emerge infatti l’esistenza, tra i predetti, di uno stabile vincolo associativo nel senso voluto dalla norma incriminatrice, quanto piuttosto una serie di rapporti, a volte ambigui e contraddittori, tra soggetti spregiudicati e indifferenti alle norme che regolano l’ordinamento sportivo, volti a trarre un proprio tornaconto personale dall’alterazione (il più delle volte non riuscito) delle gare da disputarsi da parte del Viareggio. Vale la pena di aggiungere, sul punto, come lo stabile vincolo non possa rinvenirsi nella mera acquisizione societaria avvenuta, ad opera del V. e del L., alla fine dell’anno 2018 poiché, come chiarito anche dalla giurisprudenza penale, la struttura di un’associazione per delinquere non può immedesimarsi unicamente in una organizzazione, di per sé lecita, quale è appunto una struttura societaria. Del resto, anche la Suprema Corte ha avuto modo di affermare come non sia configurabile il delitto di associazione per delinquere quando, pur in presenza di plurime condotte delittuose, siano stati predisposti complessi accorgimenti organizzativi al solo fine di perseguire lo scopo criminoso preventivamente individuato, e non di realizzare una struttura stabile, funzionalmente destinata alla commissione di una serie indeterminata di delitti (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 9.5.2013, n. 19783). Ed anzi, come meglio si vedrà, nell’analisi delle singole competizioni oggetto del deferimento, il quadro che emerge dai contenuti delle intercettazioni in atti è quello di un’assoluta improvvisazione e assenza di piani da parte dei deferiti (si veda ad esempio quanto riportato nell’informativa di PG del 2.10.2020 in atti con riguardo alla gara con il Trestina). V.e P., infatti, in alcuni casi (cfr. gara con il Bastia) agiscono in parallelo oppure all’insaputa l’uno dell’altro (cfr. conv. 13 del 3.4.2019); in altri casi si attivano per ottenere risultati assolutamente diversi tra loro, addirittura opposti (è sempre il caso della gara con il Bastia in cui P. sospetta che il risultato sfavorevole del Viareggio sia “opera” di V.). Dagli esiti delle investigazioni emerge dunque anche l’assenza di quel programma, ancorché generico, che costituisce elemento costitutivo della fattispecie disciplinare contestata.

Massima: L’allenatore è sanzionato con 4 anni di squalifica per illecito sportivo in quanto l’invito a soprassedere dal giocare agonisticamente per terminare l’incontro con un pareggio costituisce certamente, ancorché non accolto, “atto diretto” ad alterare il risultato della competizione. Di qui l’affermazione di responsabilità tanto dell’allenatore A., quanto del calciatore B. che si è prestato quale strumento per la perpetrazione, poi non riuscita, dell’illecito. 

Massima: Il calciatore, invitato dal proprio allenatore durante la gara a rivolgersi alla squadra avversaria per accontentarsi del pareggio acquisito risponde di illecito sportivo   è sanzionato con anni 3 di squalifica, misura graduata per il principio del favor rei, riconoscendo l’attenuante di cui all’odierno art. 13 CGS, sia per il contenuto sostanzialmente confessorio della dichiarazione resa in sede di audizione, sia del ruolo di esecutore rivestito.

Massima: La società per l’illecito sportivo posto in essere da soggetto non tesserato per la stessa, ma ad essa riconducibile è sanzionata per l’illecito sportivo posto in essere da quest’ultimo con punti 2 di penalizzazione in classifica, da scontarsi nel corso della corrente stagione sportiva, mentre le altre società, sono sanzionate con l’ammenda di € 5.000,00 per l’omessa denuncia dell’illecito sportivo da parte dei propri tesserati.

Massima: L’ allenatore professionista di seconda categoria ed all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 2, comma 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) all’interno e nell’interesse della società risponde della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, e dell’art. 10, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (artt. 4, comma 1, e 32, comma 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva), sia in via autonoma che in relazione a quanto previsto dall’art. 106 delle NOIF, per avere lo stesso, nel corso della stagione sportiva 2018 – 2019, chiesto somme di denaro per tesserare, per far giocare in campionato ed al Torneo di Viareggio, nonché per concedere lo svincolo consensuale a fine stagione ai calciatori

Massima: L’ allenatore professionista di seconda categoria ed all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 2, comma 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) all’interno e nell’interesse della società è sanzionato con anni 5 di squalifica, con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, in ragione dell’ingente numero degli illeciti sportivi perpetrati, dell’estrema gravità della sistematica violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza in danno dei propri calciatori. (Il caso di specie: Il procedimento trae origine dalla trasmissione alla Procura Federale degli esiti delle indagini esperite dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca nei confronti di una pluralità di soggetti, indagati per i reati di associazione per delinquere e frode sportiva. In particolare, gli atti di indagine ritualmente acquisiti, costituiti prevalentemente da attività captative, telefoniche ed ambientali, attività di osservazione, controllo e pedinamento e dall’assunzione di numerose sommarie informazioni, hanno consentito illuminare le attività di alcuni soggetti gravitanti, a vario titolo, intorno alla società Viareggio a far tempo dagli inizi dell’anno 2019). In particolare l’allenatore è stato ritenuto responsabile della violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato di diverse in gara:

- in occasione di una gara del Campionato di serie D (Viareggio – Triestina) per aver contattato il presidente della squadra avversaria per far terminare la stessa con un risultato di pareggio….. le attività captative indicano, per ammissione degli stessi interlocutori, l’attivazione del V. e del L. per il raggiungimento di un accordo sul risultato della competizione e per la raccolta della relativa provvista …. Secondo il contenuto delle conversazioni trascritte, l’accordo illecito (i.e. “l’accredito”) sarebbe intervenuto con il Presidente della Trestina al quale V. avrebbe rappresentato che la propria squadra si trovava in un “mare di guai” proponendo il pareggio (“la finiamo tutti e due”), finale che sarebbe poi dovuto essere trasferito all’allenatore della squadra avversaria….Né è contestabile che la condotta costituisca un “atto diretto” rilevante ex art. 7 CGS come già sopra osservato: ancorché non esplicita nella sua formulazione, l’affermazione rivolta al Presidente della squadra avversaria riportata nella trascrizione della citata conversazione è condotta, da un lato, sul piano oggettivo finalizzata ad ottenere l’alterazione, dall’altro, è indirizzata verso chi, in astratto, è nella posizione di poterla realizzare. In altre parole, quella di Volpi si rivela una vera e propria proposta e dunque atto certamente diretto all’alterazione della regolarità della competizione.

- in occasione di una gara del Campionato di serie D (Bastia – Viareggio) per aver contattato l’agente sportivo, al fine di ottenere un contatto utile all’interno della rosa dei calciatori o dei dirigenti avversari per far terminare la stessa con la vittoria del Viareggio… Non vi è dubbio ad avviso del Collegio che le condotte sopra delineate superino quella soglia di idoneità necessaria per l’integrazione dell’illecito che, giova ribadirlo, prescinde dal fatto che il tentativo di alterazione della competizione abbia avuto esito, atteso che esse rappresentano di per sé una minaccia per il bene giuridico tutelato dalla norma, ovvero il leale e regolare svolgimento delle competizioni (così, Collegio di Garanzia, cit.).- in occasione di una gara del Campionato di serie D (Massese – Viareggio)… le conversazioni telefoniche trascritte …testimoniano l’attivazione di V., di concerto con L., per trovare un accomodamento della gara con la Pianese attraverso A., che avrebbe dovuto cercare un contatto, come poi avvenuto, con il tecnico della squadra V. Riscontro al contenuto, già di per sé univoco, delle affermazioni dei diretti interessati nelle conversazioni in atti, si ritrova nelle dichiarazioni rese dal tecnico della Pianese. Tanto è sufficiente per ritenere le condotte poste in essere sussumibili nella fattispecie di illecito sportivo di cui all’art. 7 CGS, trattandosi di atti idonei nell’accezione più volte ricordata. E ciò, come detto, indipendentemente dalla circostanza, anche questa pacifica, del rifiuto opposto dal destinatario dell’interessamento alla richiesta di contatto. Dall’altro lato, le dichiarazioni degli esponenti della Pianese, contenute nelle dichiarazioni assunte nell’ambito del procedimento penale, consentono di ritenere raggiunta la prova anche dell’autonoma condotta volta all’alterazione della gara ascritta a M., in quel momento allenatore del V.. Egli risulta infatti aver rivolto al collega avversario M., per ammissione di quest’ultimo, la proposta di terminare il risultato con il pareggio (proposta non accolta).  Come già detto in occasioni dell’analisi di precedenti gare, anche il solo invito a terminare lo sforzo agonistico rivolto al tecnico avversario costituisce atto diretto ad alterare il regolare svolgimento della competizione, rilevante ex art 7 CGS.

- in occasione di una gara del Campionato di serie D (Viareggio - Scandicci)…veniva concluso un accordo con soggetto appartenente ma non tesserato della società Scandicci, in virtù del quale la gara appena indicata sarebbe terminata con un risultato di pareggio a fronte della corresponsione in favore dello stesso sig. G. dell’importo di € 5.000,00 (cinquemila/00); la gara, poi, terminava effettivamente con un risultato di pareggio

- in occasione di una gara del Campionato di serie D (Viareggio - Sinalunghese)…Integra l’illecito sportivo il conferire mandato di “parlare” con gli esponenti della squadra avversaria per verificare la possibilità di poter vendere loro la gara anche se l’esito è negativo. Nondimeno, come più volte ricordato, la condotta rileva quale atto diretto all’alterazione della gara, ancorché detta alterazione non sia intervenuta o accettata, poiché essa sola pone in pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma disciplinare.

Massima: Va ribadito che l’offerta all’avversario di “concordare la partita” costituisce di per sé atto idoneo diretto ad alterare l’esito della gara, rilevante ex art. 7 CGS, ancorché non raccolta dal destinatario.

Massima: Per omessa denuncia anni 1 di inibizione al presidente…il Collegio ritiene che la condotta serbata dal Presidente del Trestina sia sussumibile nella diversa fattispecie di cui all’art. 7, comma 7, CGS, avendo egli omesso di denunciare alle competenti autorità federali la proposta illecita ricevuta: nelle dichiarazioni rese all’A.G., lo stesso B. ha affermato di aver colto l’anomalia della conversazione iniziata dal V., anche avuto riguardo alla “fama del personaggio”, così ammettendo di aver ben compreso il senso delle parole dell’esponente del Viareggio. Peraltro, che l’accordo tra le due società, pur proposto dal V., non si sia concretizzato a livello apicale, e che dunque solo di omessa denuncia possa rispondere il Presidente del Trestina, emerge anche dalle condotte - del tutto incompatibili con tale prospettazione - poste in essere dagli ulteriori deferiti per i fatti di cui al capo 3 dell’incolpazione. Ed infatti, ove effettivamente l’esponente di primo piano del Viareggio e il Presidente del Trestina si fossero accordati prima della gara per il raggiungimento del risultato, non vi sarebbe stato motivo per i due allenatori di prendere contatti durante il suo svolgimento, come invece è pacificamente emerso dagli atti di indagine. Anche queste ultime condotte, proprio perché in qualche modo indipendenti rispetto a quella del V., vanno però vagliate al fine di verificare se esse costituiscano “atti diretti” rilevanti ex art. 7 CGS. E infatti emerso in modo certo come, sul risultato di pareggio e a pochi minuti dal termine della gara, l’allenatore del Viareggio A. abbia “inviato” il calciatore B. presso la squadra avversaria per chiedere di poter terminare così l’incontro ed anzi che lo stesso si sia rivolto verso la panchina del Trestina chiedendo “di finirla lì”. Sul punto convergono, oltre ad alcune delle conversazioni intercettate …le chiare dichiarazioni rese, in sede di audizione, dallo stesso B. e dal calciatore M., nonché dal deferito C.

Massima: L’allenatore della squadra a cui è stata avanzata la proposta di pareggiare la gara e che l’abbia, invece, vinta è comunque sanzionato con 1 anno di squalifica per omessa denuncia ex art. 7 comma 7 CGS… la conoscenza, da parte del deferito, della proposta illecita formulata dall’allenatore avversario, con la conseguenza che ne deve essere affermata la responsabilità per omessa denuncia.

Massima: Il tecnico va prosciolto dalla contestata violazione dell’art. 7, comma 7, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 7, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) perché, venuto a diretta conoscenza di atti e comportamenti diretti all’alterazione del risultato della gara ometteva di denunciare l’illecito alla Procura Federale della FIGC… Ritiene il Tribunale che dagli atti non emergano elementi certi tali da sostenere la responsabilità del deferito P. per la violazione contestata al capo 24, atteso che non risultano indizi concreti e univoci in relazione all’ipotizzato illecito sportivo, la cui conoscenza costituisce presupposto dell’omessa denuncia. Gli auspici e le speranze riportate nelle conversazioni richiamate nel deferimento non consentono di superare la soglia del mero sospetto.  L’incertezza in merito alla sussistenza di concreti atti diretti all’alterazione del risultato della gara, in altre parole, si riverbera sulla posizione del deferito P. e della società di appartenenza, imponendone il proscioglimento.

Massima: Il calciatore va prosciolto dalla contestata violazione dell’art. 7, comma 7, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 7, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) perché, venuto a diretta conoscenza di atti e comportamenti diretti all’alterazione del risultato della gara ometteva di denunciare l’illecito alla Procura Federale della FIGC… Ritiene invece il Tribunale che non vi siano elementi sufficienti a ritenere provato il coinvolgimento del calciatore M. nei fatti contestati.  Da un lato, infatti, le intercettazioni riportate in atti non indicano il deferito come il giocatore contattato ai fini dell’accordo sul risultato (in alcuni casi vi è il riferimento ad un’età anagrafica sensibilmente diversa), dall’altro, nessun rilievo può essere accordato, in assenza di elementi precisi e univoci, alla valutazione di scarso rendimento operata dalla PG e che avrebbe determinato la sostituzione del deferito. Neppure appare risolutiva l’intercettazione da ultimo richiamata tra V. e L. E., il cui tenore risulta vago e non convergente rispetto al dato fattuale da dimostrare. Dalla carenza di prova in ordine alla responsabilità del tesserato discende il proscioglimento della società

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 87/TFN del 21.01.2021

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 7442 /1084pf19-20/GC/blp del 22.12.2020 nei confronti del sig. C.S. - Reg. Prot. 83/TFN-SD)

Massima: Con il patteggiamento ex art. 127 CGS il calciatore è sanzionato con mesi 8 di squalifica per la violazione dell’art. 7, comma 7, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 7, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) perché, venuto a diretta conoscenza di atti e comportamenti diretti all’alterazione del risultato della gara S.S.D. Viareggio 2014 A R.L. – A.S.D. Sporting Club Trestina del 3.3.2019, valevole per il girone E del Campionato di serie D, ometteva di denunciare l’illecito alla Procura Federale della F.I.G.C.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 78/TFN del 23.12.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 6252/1168 pf 19-20 COV GC/GT/ag del 23.11.2020 nei confronti dei sig.ri G.D., T.N., C.P., V.M. e della società AZ Picerno Srl - Reg. Prot. 63/TFN-SD)

Massima: Anni 2 e mesi 3 di squalifica all’Allenatore tesserato per la società AZ Picerno (intermediario tra il calciatore della USD Bitonto, …. all’epoca dei fatti e …. direttore generale della società AZ Picerno all’epoca dei fatti), in ordine alla violazione dell’art. 7 co. 1, 2 e 5, del CGS, vigente all’epoca dei fatti (oggi trasfuso nell’art. 30, comma 1, 2 e 5, CGS) per avere, in concorso con Tramutola Nicola, indicato al punto successivo, con i soggetti (….) già sanzionati nell’ambito del proc. n. 1491 pf18-19, definito con decisione emessa dalla Corte Federale di appello a SS.UU. n. 19 del 21 settembre 2020 (decisione di 1° grado pronunciata dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, n. 1/TFN-SD 2020/2021 del 31 agosto 2020, pubblicata il 4 settembre 2020), nonché con altri soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento e il conseguente risultato finale della gara Picerno - Bitonto, disputata in data 05/05/2019 e valevole per la determinazione della classifica finale del Campionato di Serie D, Girone H ; in particolare, per avere, per conto della società AZ Picerno, nella circostanza rappresentata da …., direttamente e personalmente delineato i dettagli dell’accordo illecito con il calciatore della USD Bitonto Patierno Francesco Cosimo, a seguito del quale veniva concordata con quest’ultimo la consegna della somma di € 10.000,00 (proveniente dalla società AZ Picerno), a fronte di una iniziale richiesta di € 25.000,00, come contropartita dell’illecito accordo volto a determinare un risultato finale della gara favorevole al Picerno e, comunque, utile per la promozione nella serie superiore; somma, che ricevuta dal capitano, …., veniva da quest’ultimo ripartita e distribuita, fra i tesserati della USD Bitonto coinvolti nell’illecito Anni 1 e mesi 6 di squalifica all’Allenatore in seconda, tesserato per la società AZ Picerno (intermediario tra  il calciatore della USD Bitonto, … e …, direttore generale della società AZ Picerno), in ordine alla violazione dell’art. 7 co. 1, 2 e 5 del CGS, vigente all’epoca dei fatti (oggi trasfuso nell’art. 30, comma 1, 2 e 5, CGS) per avere, in concorso con … (indicato al punto precedente), con i soggetti (….) già sanzionati nell’ambito del proc. n. 1491 pf18-19, definito con decisione emessa dalla Corte Federale di appello a SS.UU. n. 19 del 21 settembre 2020 (decisione di 1° grado pronunciata dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, n. 1/TFN-SD 2020/2021 del 31 agosto 2020, pubblicata il 4 settembre 2020), nonché con altri soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento e il conseguente risultato finale della gara Picerno - Bitonto, disputata in data 05/05/2019 e valevole per la determinazione della classifica finale del Campionato di Serie D, Girone H; in particolare, per avere, per conto della società AZ Picerno, nella circostanza rappresentata da …, direttamente e personalmente consegnato materialmente la complessiva somma di € 10.000,00 unitamente all’assegno bancario in garanzia (provenienti dalla società A.Z. Picerno) al calciatore della USD Bitonto …., a fronte dell’accordo illecito concordato fra con quest’ultimo … per il tramite di …., e a fronte di una iniziale richiesta di € 25.000,00,  come contropartita dell’illecito accordo  volto  a  determinare un  risultato finale  della gara favorevole al Picerno e, comunque, utile per la promozione nella serie superiore; somma, che ricevuta dal capitano, …, veniva da quest’ultimo ripartita e distribuita, fra i tesserati della USD Bitonto coinvolti nell’illecito. Mesi 6  al soggetto che svolgeva attività all'interno o nell'interesse della società AZ Picerno o, comunque, rilevante per l'ordinamento federale ai sensi dell'art. 1 bis, comma 5, CGS, vigente all’epoca dei fatti (oggi trasfuso nell’art. 2, comma 2, del CGS), in ordine alla violazione dell’art. 7, comma 7, del CGS, vigente all’epoca dei fatti (oggi trasfuso nell’art. 30, comma 7, del CGS) per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura Federale della FIGC, omettendo di denunciare l'accordo illecito volto all’alterazione del risultato della gara Picerno - Bitonto, disputata in data 05/05/2019, dietro corrispettivo in denaro, del quale egli era venuto a conoscenza, avendo avuto modo, tra l’altro, di accompagnare personalmente il Tramutola all’incontro con il Patierno per la consegna della somma di denaro convenuta; Anni 1 al direttore generale della società AZ Picerno Srl, soggetto attualmente inibito per anni quattro sulla base della decisione emessa dalla Corte Federale di appello a SS.UU. n. 19 del 21 settembre 2020 nell’ambito del proc. n. 1491/pf/18-19 (decisione di 1° grado pronunciata dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, n. 1/TFN-SD 2020/2021 del 31 agosto 2020, pubblicata il 4 settembre 2020), ma continuante a svolgere attività all'interno o nell'interesse della società A.Z. Picerno o comunque rilevante per l'ordinamento federale ai sensi dell'art. 2, comma 2, del CGS, in ordine alla violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, per avere inviato a …, tramite l’applicazione “Telegram”, nelle date 15-10-20 e 16-10-20, nel tentativo di esercitare interferenze e pressioni nei confronti di quest’ultimo, alcuni messaggi volti a mistificare la realtà dei fatti che il …avrebbe dovuto riferire nel corso dell’audizione programmata dinnanzi ai rappresentanti della Procura Federale, nell’evidente scopo di evitare a se stesso e alla società Picerno ulteriori provvedimenti sanzionatori, così come si evince dal tenore letterale di alcuni dei predetti messaggi di seguito riportati: “Nicola buongiorno quello che interessa alla procura non è la consegna materiale della busta che puoi tranquillamente dire che te l’ha consegnata R.L. anche perché a lui poco importa non è tesserato, ma la provenienza che parlato con …. dovrebbero essere soldi raccolti delle multe!” ;  “Quindi i soldi sono quelli delle multe che erano depositati in sede e … la mattina li ha consegnati ! La società così come già parlato con giak non deve in qs fase essere chiamata in causa! Eravamo rimasti con lui che l’accordo l’ha preso lui con Patierno e i soldi erano delle multe mo cosa c’entra rimettere in mezzo me e di conseguenza la società! ; “ hai solo consegnato una busta recapitata dal magazziniere”; “ Se si fanno nomi di gente tesserata la società rischia ancora altro” Ammenda di € 10.000,00 alla società AZ Picerno Srl (matr. 943107) a titolo di responsabilità oggettiva, ex artt. 7, co. 2, e 4, co. 2 del CGS, vigente all’epoca dei fatti (oggi trasfusi negli artt. 30, comma 2, e 6 co. 2 del CGS), in ordine agli addebiti contestati ai propri tesserati e soggetti che svolgevano e svolgono attività all'interno o nell'interesse della società AZ Picerno o, comunque, rilevante per l'ordinamento federale in relazione alla gara Picerno - Bitonto del 05/05/2019, per i fatti così come sopra descritti.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Seconda: Decisione n. 60/2020 del 30 novembre 2020

Decisione impugnata: Decisione delle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello FIGC, di cui al C.U. n. 023 CFA del 27 settembre 2019, con la quale è stato rigettato il reclamo proposto dal sig. D. M. avverso la decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Piemonte e Valle d’Aosta, di cui al C.U. n. 79 del 20 giugno 2019, e confermata la sanzione di quattro anni di inibizione.

Parti: D. M./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Procura Federale Federazione Italiana Giuoco Calcio/ASD Alfieri Asti

Massima: Confermata la squalifica di 4 anni inflitta dalla CFA per l’illecito sportivo, perché il ricorrente quale dirigente dell’ACD Santostefanese, partecipava ad una combine fra la propria società di appartenenza e la ASD Alfieri Asti, in occasione di una gara del Campionato Regionale Juniores, disputatasi il 21 aprile 2018. Il ricorrente, in accordo con il presidente dell’ASD Alfieri Asti, sig. I.C.a, concorreva a pianificare il risultato del pareggio nella gara contro la ACD Santostefanese, pareggio che sarebbe stato essenziale a quest’ultima per evitare la retrocessione, mentre non avrebbe influito sulle sorti della stagione dell’ASD Alfieri Asti. La partita, poi effettivamente terminata con il risultato di 2 a 2, era oggetto di segnalazione.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE:  DECISIONE N. 048 CFA del 10 Novembre 2020

Decisione Impugnata:  Decisione adottata dal Tribunale federale territoriale Puglia pubblicata sul C.U. n. 32 del 22/09/2020, con motivi contenuti sul C.U. n. 36 del 29/09/2020;

Impugnazione – istanza: Sig. M.D. - Procura Federale

Massima: Annullata la decisione del TFT per insussistenza di prova circa l’attività illegale di scommesse …la decisione del primo giudicante ha carattere di mera apparenza, a causa della sua “astrattezza”, mancando ogni riferimento a dati fattuali concreti ed a precise emergenze procedimentali. A ben vedere, infatti, l’affermazione di responsabilità di … viene “giustificata” con riferimento a quanto dovrebbe emergere dagli atti del procedimento penale 11661/15 RGNR della DDA della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari e, segnatamente, da quanto evidenziato nella informativa della GdF (GICO) del 25.9.2018. Il fatto è, tuttavia, che il Tribunale federale territoriale, premesso che nella provincia di Bari era esistente ed operativa una associazione criminale dedita, tra l’altro, alla raccolta “irregolare” di scommesse (in quanto convogliate su di una piattaforma non autorizzata e gestite, oltretutto, per contanti), si dilunga nella descrizione della procedura attraverso la quale dette giocate venivano raccolte ed “amministrate”, ma omette di indicare donde abbia tratto il convincimento della responsabilità del reclamante…Questa Corte, tuttavia, non si è limitata al mero esame critico della decisione di primo grado in rapporto al devolutum del reclamante, ma ha proceduto anche ad un esame diretto degli atti posti a sua disposizione (essenzialmente la corposa informativa del GICO)…Ebbene, come è agevole rilevare, tutti gli elementi sopra elencati tracciano certo un quadro allarmante della personalità, delle abitudini e delle frequentazioni di …, ma, anche se valutati unitariamente, nulla consentono di affermare con precisione in ordine allo specifico addebito a lui mosso in ambito sportivo.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE:  DECISIONE N. 019 CFA del 21 Settembre  2020

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare n. 1/TFN-SD 2020/2021, decisa il 31 agosto 2020 e pubblicata il 4 Settembre  2020

Impugnazione – istanza: Unione Sportiva Bitonto Calcio s.r.l./A.Z. Picerno Srl/Procura Federale + altri

Massima: Confermata la sussistenza dell’illecito sportivo nella gara Bitonto- Picerno, ininfluente per l’USD Bitonto, aveva notevole importanza per le sorti dell’AZ Picerno. Per effetto della penalizzazione di punti tre in classifica alla vigilia dell’ultima giornata di campionato, infatti, in caso di sconfitta con il Bitonto e di contestuale vittoria dell’Audace Cerignola, l’AZ Picerno sarebbe stato costretto allo spareggio con la compagine foggiana per assicurarsi la vittoria del girone e la promozione in Lega Pro. La gara, dunque, assumeva particolare, se non decisiva importanza per la compagine lucana. Il fatto…. nella fattispecie si è in presenza di un illecito nato dall’iniziativa di … (calciatore tesserato per la USD Bitonto) che avrebbe preso contatti con … (Direttore Sportivo del Potenza Calcio) affinché intercedesse per suo conto nei confronti di … (Direttore generale della ASD AZ Picerno) sulla base di un corrispettivo (i.e.: pretium sceleris) di circa 25 – 30 mila euro. La trattativa sarebbe poi stata portata a termine da …, cui il denaro, alla presenza di .., sarebbe stato consegnato da due emissari (secondo la Procura tesserati dell’AZ Picerno la cui posizione è stata al momento stralciata), denaro che il Patierno avrebbe poi diviso con gli altri sodali. Dalle evidenze del carteggio e delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie delle parti, emergono dunque due fasi. La prima attiene ai contatti tra …, … e …; la seconda ai contatti tra … ed altro soggetto da questi interpellato su sollecitazione di A…per il dichiarato fallimento del primo contatto. In disparte quanto si dirà sulla prova raggiunta in ordine al verificarsi dei detti due momenti ed ai soggetti coinvolti, non vi è prova del coinvolgimento del sig. …. nella fase avviata e portata a termine da …. Ciò detto, risulta ampiamente provato, anche perché ammesso, oltre che dallo stesso …, anche da .. che i due, previo contatto telefonico, si siano incontrati il 4.5.2019, ovvero il giorno prima della gara in questione. Secondo il ..., la sollecitazione all’incontro sarebbe partita dall’… per discutere della sua collocazione nella successiva stagione sportiva non sottacendo, comunque, che nella circostanza gli avrebbe chiesto di telefonare al … per chiedergli degli accrediti supplementari per consentire alle famiglie di assistere alla gara. Secondo l’.. la sollecitazione all’incontro sarebbe partita dal .. Vi è che, successivamente all’incontro con l’..., il .... contattava ... Secondo ..., il ...gli avrebbe chiesto 25 accrediti per poter assistere alla partita, dato che la stessa era a porte chiuse. Ha precisato, il ..., che il totale degli accrediti per ogni squadra era di 40 unità, compresa anche la rosa dell'intera squadra ed i dirigenti accompagnatori. Sempre secondo il ..., ...si sarebbe messo a disposizione per la gara del giorno successivo, ma lui avrebbe declinato l’invito e cambiato argomento. A dire del ...., ... gli avrebbe riferito una disponibilità massima di 20 accrediti, motivo per il quale decideva di dare all’... il numero del terminale mobile del dirigente del Picerno affinché potesse accordarsi direttamente con lui. Ha riferito ancora, il ...., che l’..., non ricorda se per messaggio o durante l’incontro, aveva sostenuto che "dall'altra parte (riferendosi al Cerignola nel tentativo di alzare la posta: nds) ci offrono una cifra importante". Dopo quell'affermazione il ...afferma di avere pensato che sulla partita ci fosse qualcosa di poco chiaro, motivo per il quale decise di non interessarsi più della cosa. La versione fornita, peraltro, pur gravando sugli incolpati l’onere della prova della sua verosimiglianza, come ricordato dalle stesse difese, è tutt’altro che verosimile e conferma viepiù come a tutte le parti fosse ben chiaro l’effettivo oggetto dei contatti, ovvero assicurare all’AZ Picerno la vittoria della gara in programma per scongiurare l’eventualità di uno spareggio con l’Audace Cerignola. Non è verosimile, infatti, che in vista di una gara da disputarsi a porte chiuse quale conseguenza della sanzione comminata per i disordini verificatisi durante la gara AZ Picerno – Taranto e con un numero di accessi contingentato (v. dichiarazioni e memoria ... .), che un calciatore della USD Bitonto, abbia chiamato un soggetto estraneo ad entrambe le società in gara, per l’improbabile e non consentito approvvigionamento di ulteriori accrediti. Né può trarre in inganno la circostanza che gli interessati abbiano parlato di accrediti piuttosto che di euro, essendo prassi consolidata in tali circostanze, come i numerosi precedenti insegnano, l’uso di un linguaggio criptico e di termini apparentemente privi di volontà illecita al fine di “depistare eventuali captazioni delle conversazioni” (cfr. Collegio di Garanzia, S.U., dec. n.93/2017). La ricostruzione offerta, del resto, è contraddittoria nella parte in cui il .... afferma che l’..., nel corso dell’incontro, gli avrebbe già detto che dall’altra parte (Cerignola) offrivano una cifra importante e che per tale motivo aveva deciso di non interessarsi della cosa. Se così fosse stato, non avrebbe dovuto telefonare al ... e, per di più, secondo quanto riferito da quest’ultimo, mettersi a disposizione dello stesso. Quest’ultimo, d’altro canto, per quanto riferito dall’... al .., aveva dato la disponibilità per una cifra inferiore e non è improbabile che il ...., riferito l’esito del contatto con il ..., ed avendo appreso della preoccupazione dell’..., “perché nell'ambiente circolavano troppe voci sulla partita e c'erano troppe persone in mezzo” abbia preferito chiamarsi fuori dalla organizzazione della “combine” ed invitare l’... a mettersi in contatto direttamente con il ... sull’utenza telefonica dello stesso, all’uopo comunicandogli il relativo numero. Tanto trova conferma nell’incontro avuto il sabato pomeriggio presso un bar di Bari tra ... ..., … e .. nel corso del quale, per l’appunto, l’... apprendeva dell’esito negativo della trattativa e, non intendendo chiamare il ..., invitava il .. a contattare un altro soggetto di Picerno, allo stato degli atti ignoto perché al momento stralciatane la posizione. Ferma, per quanto si vedrà nel prosieguo, la chiara assunzione di responsabilità da parte dei calciatori ..., .. e ..in ordine ai fatti loro ascritti con riferimento alla prima ed alla seconda fase della trattativa, il Collegio, alla luce di quanto emerso, ritiene provata con ragionevole certezza, al momento con riferimento alla prima fase dichiaratamente fallita dell’illecito che ci occupa, anche la responsabilità dei sigg.ri ... e .... Fallito il tentativo di combine con l’intermediazione di ..., il gruppo ...-…, come dagli stessi ammesso, si è attivato per contattare un altro intermediario. Il contatto, su suggerimento di ... M, è stato avviato da ... Secondo l’assunto della Procura federale, si tratterebbe di soggetto tesserato per l’AZ Picerno. Il nome di tale tesserato è stato oscurato dalle dichiarazioni rese dai calciatori del Bitonto e la relativa posizione stralciata dall’odierno procedimento, al pari del soggetto che, all’indomani della gara, come ammesso dai ridetti quattro, unitamente al “contatto”, avrebbe consegnato al Patierno ed al .., previa restituzione dell’assegno a garanzia fatto tenere il giorno della gara, una busta contenente 10 mila euro. Secondo .. la somma veniva divisa con ..., .. e .. nella misura di € 1.400,00 ciascuno, mentre i restanti € 4.500,00 circa gli veniva dati dal Patierno per dividerli con altri compagni di squadra, tra cui, sempre secondo il .., anche .. Secondo l’..., per quanto riferitogli dal .. € 500,00 sarebbero stati destinati a ..., della cui posizione si dirà nel prosieguo. Agli atti non vi è evidenza di altri soggetti percettori di quota parte della somma di euro 10 mila oltre i quattro calciatori di cui si è detto, né della partecipazione del ...a questa seconda fase della combine, né che sia stata corrisposta quale prezzo della stessa una somma maggiore rispetto a quella di 10 mila euro emersa dalle intercettazioni. Sempre allo stato degli atti, inoltre, in disparte l’identità e la qualità dei soggetti che hanno consegnato la somma presso un distributore di benzina in località Gravina, non può che ritenersi che la stessa sia stata messa a disposizione dall’AZ Picerno e, per essa, dal suo dirigente apicale ..., il quale aveva manifestato la sua disponibilità per un importo minore dei 25 mila euro richiesti sin dalla prima fase… Coerentemente all’orientamento già espresso e consolidato del Collegio di Garanzia, come da tale Organo ricordato con la decisione n. 93/2017, invero, “si può ritenere che all’interno dei procedimenti di giustizia sportiva il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio. A maggior ragione, l’organo giudicante non può spingersi fino all’assoluta certezza della commissione dell’illecito, ma non può nemmeno sostenere una posizione dibattimentale assodata in base ad un elemento probatorio valutato in misura superiore al ragionevole dubbio, criterio utilizzato in ambito di diritto penale come limite di convincimento del giudice. La ragione che giustifica l’adozione di un siffatto standard probatorio si può, a buon diritto, far discendere dal fatto che, se l’accertamento della responsabilità degli illeciti di natura disciplinare trovasse il suo fondamento nella certezza assoluta della prova raggiunta che, nella maggior parte dei casi, rappresenta una mera astrazione, si incorrerebbe nel rischio concreto di rallentare il procedimento disciplinare e ostacolare la piena tutela dei soggetti dell’ordinamento sportivo nei confronti degli illeciti disciplinari, oltre a vanificare il principio di ragionevole durata del processo sportivo nell’interesse del regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento delle attività federali, come disciplinato dall’art. 2, comma 3, CGS CONI”. Nella fattispecie in esame la ragionevole certezza della responsabilità dei soggetti come sopra individuati e dell’illecito perpetrato, come prefigurato dall’art. 30, co. 1, CGS- FIGC a mente del quale “costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”, emerge dall’ampia documentazione proveniente dall’A.G., dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie dell’…(il cui disappunto nei confronti del …. per una questione - risalente al successivo agosto del 2019 - di un biglietto di accesso ad una gara, in assenza di sentimenti di inimicizia, non inficia l’attendibilità dell’assunto, essendo comunque emerso, dal messaggio inviato dal …. – è in atti l’immagine di tale messaggio – come il biglietto richiesto sia stato effettivamente emesso). Quanto alla configurazione dell’illecito, poi, è appena il caso di precisare che l’art. 30, co. 1, CGS - FIGC, in cui è stato trasfuso il precedente art. 7, co. 1, CGS-FIGC, “mira a tutelare il bene giuridico del leale e regolare svolgimento delle gare e delle competizioni sportive, punendo le condotte illecite e antisportive finalizzate al alterazione del risultato sportivo attraverso la manipolazione dell’andamento della gara ovvero attraverso il procacciamento di un indebito vantaggio in termini di  classifica.  Dal analisi del dettato normativo è facilmente intuibile come la fattispecie descritta configuri un’ipotesi di illecito di attentato. Di conseguenza, è evidente che l’illecito sportivo, di cui all’art. 7, comma 1, CGS FIGC, si debba considerare realizzato nel momento in cui si siano concretizzati “atti idonei” a cambiare il naturale svolgimento di una competizione”, a nulla rilevando la tesi difensiva della “mancanza del segmento conclusivo”, “concetto elaborato dalla giurisprudenza nel famoso caso “Calciopoli” - secondo il quale un semplice contatto tra tesserati non sarebbe in grado di configurare un illecito disciplinare, se tra costoro non avvenga un indispensabile scambio di accordi orientati a perpetrare una condotta corruttiva e lesiva di un evento sportivo” (così Collegio di Garanzia, cit.). Ed invero, secondo il richiamato arresto, “l’illecito sportivo si configura come un illecito di attentato per cui il bene giuridico tutelato - il leale e corretto svolgimento di una competizione sportiva - riceve una protezione rafforzata che si attiva nel momento in cui sia iniziata la condotta potenzialmente lesiva, non occorrendo l’effettivo verificarsi di un determinato evento dannoso. Procedendo ad un parallelismo tra istituti di branche del diritto diverse si può ragionevolmente affermare che la fattispecie considerata equivale a quella che il diritto penale ricomprende nei reati di pericolo. In questo caso, infatti, la soglia di punibilità arretra al compimento di un’attività idonea ad alterare il naturale svolgimento di una competizione”, sicché “il verificarsi dell’evento configura un’ipotesi aggravata di illecito sportivo, che si innesta sula norma di base, rappresentata dall’art. 7, comma 1, CGS FIGC (ora art. 30, co. 1), e non gode, quindi, di un proprio impianto sanzionatorio autonomo”, risultando “evidente come sia del tutto irrilevante il conseguimento di un effettivo vantaggio ottenuto attraverso condotte corruttive finalizzate alla compromissione del buon andamento di una competizione sportiva, necessitando semplicemente che sia stato avviato l’iter illecito”. …Appare evidente, sul punto, che, ai fini della configurabilità della violazione dell’art. 7    C.G.S., oggi trasposto nell’art. 30 del vigente C.G.S., con ogni consequenziale determinazione sanzionatoria, sia necessario, quantomeno, che il comportamento finalizzato all’alterazione della gara sia concretamente idoneo allo scopo. In proposito, al di là dei principi sanciti nei recenti giudizi in materia di illecito sportivo e valutazione della prova, secondo cui occorre, comunque, una “ragionevole certezza” per sanzionare l’incolpato, si osserva che, affinché una condotta possa integrare gli estremi della violazione dell’allora art. 7 C.G.S., anche con riferimento al mero tentativo, occorre che sia inequivocabilmente tesa all’alterazione della gara e potenzialmente idonea allo scopo. In proposito, la Corte di Giustizia Federale F.I.G.C., con C.U. n. 43/CGF del 19 Settembre  2011, ha affermato che “in ogni caso, per la violazione della disposizione di cui all’art. 7 C.G.S. occorre la messa in opera di atti, non essendo sufficiente la mera ideazione. Orbene, nel caso di specie, non emergono elementi attendibili per ritenere che all’intento (peraltro, come detto, affermato dal solo B.), in ipotesi pur ammesso sussistente, abbia fatto seguito una condotta del ricorrente concreta e come tale punibile. Manca, infatti, dimostrazione della sussistenza del requisito univoco del “compimento di atti”, di cui alla lettera della norma e, quindi, applicando al caso di specie i principi generali in materia di illecito sportivo più volte enunciati dalla giurisprudenza sportiva, si deve necessariamente concludere che manca, comunque, la prova “al di là di ogni ragionevole dubbio” che l’illecito abbia superato sia la fase della ideazione, che quella così detta preparatoria. Difetta, insomma, la prova che F. abbia compiuto atti rilevanti ai fini e per gli effetti dell’art. 7, comma 1, ossia che abbia posto in essere «atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica». In conclusione, questa Corte ritiene che non possa affermarsi raggiunta la prova dell’assunto accusatorio, non essendo emersi elementi probatori sufficienti per ritenere F. responsabile degli illeciti di cui trattasi”. Ulteriormente, parafrasando l’orientamento espresso dalla Corte Federale in una decisione che ha fatto la storia del diritto sportivo (C.U. n. 2/CF del 4 agosto 2006), manca, nella fattispecie in esame, l’ultima parte di quel ‘segmento tecnico della fattispecie a formazione progressiva’ che integra l’illecito sportivo. In particolare, secondo la Corte “la configurabilità dell’illecito ex art. 6 CGS non può che fondarsi su una prova solida ed al di là di ogni ragionevole dubbio che l’atto umano oggetto di incolpazione riveli (oltre che la sua idoneità al raggiungimento del risultato vietato) la volontà dell’agente di realizzare, con dolo specifico, l’illecito, in quanto il paradigma normativo, nell’utilizzare il termine “diretti” con riferimento agli atti, pone un rapporto di necessaria implicazione tra la natura dell’atto in sé ed il fine illecito che, tramite lo stesso, l’autore si propone......è da condividere la generale conclusione della CAF secondo cui l’interferenza nella designazione arbitrale, riferibile ad un tesserato, non può dar luogo ad illecito sportivo ove non vi sia la prova rigorosa che a tale attività abbia fatto seguito l’ulteriore segmento che l’interesse per la designazione di uno specifico arbitro, manifestato da un dirigente di società sportiva, pervenga all’arbitro stesso e che da parte di esso traspaia, comunque, adesione alla richiesta. L’assenza del “segmento” tecnico della fattispecie a formazione progressiva (tale perché necessitante la concorrente partecipazione di più soggetti, ciascuno con competenze e responsabilità di ruolo adeguati al raggiungimento del risultato alterativo della gara, competizione o classifica) ne impedisce il relativo perfezionamento, mentre non osta affatto alla possibile sussumibilità delle condotte appartenenti al segmento iniziale (condotte interferenti) e , quindi, definibili come meri atti preparatori, nel paradigma di quelle poste in violazione dell’art. 1 CGS .....infatti, va, ancora una volta, prestata adesione allo schema logico, con lungimiranza adottato dai primi giudici, che li ha portati a distinguere, nella sequenza di condotte che secondo l’atto di accusa sarebbero state tra loro concatenate ai fini della commissione dell’illecito sportivo, tra comportamenti sleali e scorretti, ma inefficienti sul piano della concreta, univoca ed idonea direzione al fine dell’alterazione proibita, e condotte che, tra loro teleologicamente connesse in ogni quota, possano considerarsi atte e rivolte allo scopo punito dall’art. 6 CGS. E con particolare rigore probatorio – che consente di superare tutte le censure mosse alla decisione - i primi giudici hanno guardato alla prima delle due categorie di condotte descritte che non risultassero seguite dalla piena realizzazione del segmento tecnico costituito dall’informazione del piano illecito rivolta all’arbitro e della sua fattiva adesione ad esso attraverso una (deviata) prestazione tecnica. A questa stregua, non è logicamente concepibile un articolato disegno illecito in cui manchi del tutto la partecipazione arbitrale ad esso, e non sia nemmeno immaginata nella stessa formulazione dell’atto di accusa (in cui non viene nemmeno citato il nome dell’arbitro): la coerente conseguenza di tale constatazione è quella dell’impossibilità di ritenere provata la commissione di un illecito ex art. 6 CGS, monco, sin dall’origine, del suo essenziale segmento conclusivo. E ciò, dal punto di vista oggettivo, per la ragione, prima illustrata, secondo cui il difetto del segmento arbitrale esclude efficacia causale a qualunque accordo in ipotesi fraudolenta. Ed invero, esse sono assolutamente conformi al metro di giudizio applicato, in via di principio, dai primi giudici – e da questa Corte ritenuto immune da vizi logici ed errori giuridici – secondo cui gli atti alternativamente diretti alla realizzazione della triplice categoria di illeciti, prevista dall’art. 6, debbono rivelare una concreta idoneità causale ed attraversare tutta la serie di apporti necessari per il raggiungimento dello scopo, toccando, quindi, sia i dirigenti delle società interessate, che i designatori arbitrali, che gli arbitri destinati alla direzione tecnica della gara, della cui consapevolezza e fattiva partecipazione al piano occorre emerga, oltre ogni ragionevole dubbio, la prova”. Circa l’aspetto del dolo specifico richiesto dalla norma, si ribadisce che difetta, nel caso di specie, l’elemento soggettivo, atteso che non vi era volontà e consapevolezza da parte del D. S. di partecipare alla combine, ritenendo quest’ultimo che fosse veritiera e lecita la richiesta dell’A. di ottenere maggiori accrediti in vista del match. Unicamente per questo motivo, il D. S. ha contattato il Sig. M., per poi disinteressarsi di tutto una volta avuto il sospetto di una situazione poco chiara. Così argomentando, il D. S. dovrà essere, al più, ritenuto responsabile della violazione di cui all’art. 30, comma 7, C.G.S. ovvero di quelle prevista dall’art. 4 del vigente C.G.S., non avendo, l’attività posta in essere dall’odierno deferito, alcuna idoneità a configurare atto ‘diretto’ all’alterazione della gara.” Le ampie argomentazioni sviluppate dal reclamante, tuttavia, non sono idonee a smentire la correttezza della conclusione cui è pervenuta la decisione impugnata, in relazione al ruolo determinante assunto dal D.S.V. nella creazione del primo contatto tra A. e la società Picerno, espressamente finalizzato alla realizzazione della combine. La circostanza che non sia stata comprovata la diretta partecipazione del D. S. alla spartizione della somma di diecimila euro destinata ai calciatori non impedisce affatto la configurazione dell’illecito, che sussiste indipendentemente dal vantaggio patrimoniale conseguibile dagli autori della violazione. Infatti, l’ipotesi considerata dalla norma non si riferisce ai soli casi in cui sussista una finalità patrimoniale, intesa come conseguimento di un vantaggio economico, o il proposito di arrecare un pregiudizio a determinati soggetti. La fattispecie disciplinare dell’illecito sportivo prevista dall’art. 7 è costruita in funzione della attitudine del comportamento del tesserato ad incidere sul possibile esito della gara, punendo “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”. L’ipotesi considerata dalla norma non si riferisce, pertanto, ai soli casi in cui sussista una finalità patrimoniale, intesa come conseguimento di un vantaggio economico, o il proposito di arrecare un pregiudizio a determinati soggetti. L’illecito sportivo prescinde, infatti, da qualsiasi dolo specifico e riguarda, in senso ampio, tutti i casi in cui i comportamenti dell’agente, indipendentemente dalle sue finalità, sono oggettivamente (ma consapevolmente) capaci di realizzare una modifica degli esiti di una o più gare, o di intere competizioni. La condotta sanzionata è descritta in termini ampi, in funzione di una tutela avanzata ed efficacia contro gli attentati a quello che costituisce il cuore e il senso della competizione calcistica: la genuinità e regolarità delle singole gare e, a maggior ragione, del Torneo o Campionato in cui esse si collocano. (CFA n. 65-2017/2018)…In linea generale, occorre ricordare che le condotte finalizzate all’alterazione dello svolgimento e/o del risultato delle gare sono considerate illecito anche nel caso di mancato conseguimento del risultato “combinato” È dato ormai pacifico, per essersi consolidato il relativo orientamento della giurisprudenza federale, che le condotte finalizzate all’alterazione dello svolgimento e/o del risultato delle gare sono considerate illecito anche nel caso di mancato conseguimento del risultato “combinato”. Detto elemento, infatti, non assume rilievo alcuno ai fini dell’integrazione dell’illecito previsto e punito dagli artt. 7 e 4, comma 5, CGS, considerata l’anticipazione della rilevanza disciplinare anche riguardo ai meri atti finalizzati a conseguire gli effetti di cui trattasi. La frode sportiva, dunque, è illecito di attentato che «prescinde dal realizzarsi dell’evento cui l’atto è preordinato» (CAF, C.U. n. 10/C del 23 Settembre  2004). In breve, l’ipotesi delineata dall’art. 7 CGS configura un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo. Si tratta, dunque, come rilevato dalla dottrina e come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di settore, di una fattispecie di illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza, appunto, anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica (cfr., ex multis, CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 032/CGF del 2.9.2011). Infatti, il riferimento agli «atti diretti» contenuto nella norma conferisce all’illecito sportivo aleatorietà circa l’effettivo verificarsi dell’evento, così da assumere la struttura del cd. “reato di attentato” o a consumazione anticipata, appunto, in relazione al quale si prescinde dal conseguimento di un vantaggio effettivo. (CFA n. 19-2015/2016). Ai fini della configurazione dell’illecito sportivo – così come definito dall’art. 7, 1° comma, cit. – non rileva accertare se al compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara segua poi una effettiva alterazione dello svolgimento o del risultato della gara. L’illecito sportivo si configura per il solo compimento di quegli atti indipendentemente dai loro concreti successivi effetti. Ne offre la conferma la disposizione dettata dal 6° comma dello stesso art. 7 del C.G.S. cit., secondo la quale il fatto che – a seguito di quegli atti – lo svolgimento o il risultato della gara sia stato effettivamente alterato costituisce soltanto una causa di aggravamento della sanzione. (Collegio di garanzia n. 4/2015). 91.       Né va trascurato che mentre in passato si riteneva che affinché possa configurarsi un illecito sportivo, occorreva che lo stesso fosse provato oltre ogni ragionevole dubbio, le decisioni più recenti ritengono che non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. Questa Corte ha avuto modo di affermare che «la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale» (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 47/CGF del 19 Settembre  2011). Anche la giurisprudenza esofederale ha ritenuto che per affermare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 Marzo  2011, Donato c/ FIGC; 31 Gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 Ottobre 2012, Alessio c/ FIGC). In altri termini, «secondo la più recente giurisprudenza degli organi di giustizia sportiva, sia endofederali che esofederali, "per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 Gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012). (CFA n. 19-2015/2016). Resta, tuttavia, fermo che l’illecito, «come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta ‘preparatoria’ ed essersi tradotto in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato» (CAF, C.U. n.18/C del 12 Dicembre  1985). (CFA n. 19-2015/2016).

Massima: Rideterminata la sanzione a carico di calciatori per l’ammissione di responsabilità e il loro apporto collaborativo alla individuazione dei corresponsabili dell’illecito.

Massima: Annullate le sanzioni pecuniarie per gli appartenenti alla LND in caso di illecito sportivo… le sanzioni di natura pecuniaria nei confronti di soggetti appartenenti alla sfera dilettantistica, espressamente consentite solo nei casi di condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara, come è dato rilevare dall’espresso richiamo contenuto all’art. 35, co. 6, CGS - FIGC.

Massima: “Quanto alle società AZ Picerno e USD Bitonto Calcio, sanzioni congrue sono quelle di cui al dispositivo, rappresentate dalla retrocessione all’ultimo posto nella classifica 2019/2020 per l’AZ Picerno, e dalla penalizzazione di punti 5 (cinque) in classifica da scontarsi nel campionato 2019/2020 per la USD Bitonto. Quanto precede, in ragione del principio della afflittività che deve caratterizzare la sanzione, sia perché incidente sulla classifica del campionato appena concluso; sia perché non ancora compiuto alcun atto irreversibile determinante la stagione sportiva 2020/2021 (cfr. Collegio di Garanzia del CONI, decisione n. 60/2018 del 19 Settembre  2018, pubblicata il successivo 20 Settembre  2018). Ed invero, l’AZ Picerno, vincitrice dello spareggio play-out disputato con la compagine del Rende Calcio 1968 srl, ha conseguito il diritto di permanere nel campionato di Lega PRO 2020/2021, mentre l’USD Bitonto, al termine della stagione 2019/2020 è risultato vincitore del proprio girone di LND, con conseguente promozione e diritto di partecipare al campionato di Lega PRO della stagione 2020/2021. Ne consegue, attesa la mancanza di atti irreversibili determinanti la stagione sportiva 2020/2021, peraltro nemmeno dedotti, che le sanzioni così comminate debbano applicarsi avuto riguardo al campionato 2019/2020 di entrambe le società.”..È vero, infatti, che, al momento della decisione di primo grado, i gironi della serie C e della serie D per la stagione sportiva 2020-2021, erano già stati già formati, così come la definizione dei tabelloni della Coppa Italia, sulla base dei risultati della precedente stagione. Ma questa circostanza non è sufficiente per giudicare irreversibile la situazione di fatto esistente, considerando che i Campionati non sono ancora iniziati e non emergono ragioni insormontabili, od ostacoli eccessivamente gravosi per la rideterminazione della composizione dei Campionati per la stagione 2020-2021.. Al riguardo, tuttavia, è sufficiente ribadire che non vi è alcuna irreversibilità della situazione di fatto tale da impedire l’applicazione delle sanzioni in relazione alla stagione 2019-2020. Occorre considerare, in ogni caso, che la possibilità dello slittamento della penalizzazione in una stagione successiva a quella in corso è previsto allo scopo di assicurare l’effettiva afflittività della sanzione, come indica con chiarezza l’art. 8, comma 1, lettera g) del CGS: “se la penalizzazione del punteggio è inefficace in termini di afflittività nella stagione in corso, è fata scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente”. In altri termini, tale possibilità opera essenzialmente per garantire l’afflittività della sanzione, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, e non può essere utilizzata, “in bonam partem”, per attenuare le conseguenze punitive della sanzione.

Massima: È opportuno riportare, al riguardo, le motivazioni espresse dal Tribunale, che la Corte ritiene di confermare integralmente.…vanno disattese le richieste formulate in sede di intervento dalla SSD Audace Cerignola a rl e Rende Calcio 1968 Srl. La prima, se pure in via subordinata, ha chiesto di valutare la possibilità di una sua ammissione al campionato di Lega Pro 2020/2021 a titolo risarcitorio. La seconda, ha chiesto la sua ammissione al prossimo campionato di Lega Pro.È appena il caso di precisare, in proposito, che questo Tribunale è stato investito dell’accertamento dell’illecito contestato agli incolpati e della irrogazione delle sanzioni previste dal CGS-FIGC, mentre esula dalle sue attribuzioni, sicuramente in questa sede, il potere di determinare le società aventi il diritto di partecipare ai campionati in luogo e/o in aggiunta alle società sanzionate.”

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE:  DECISIONE N. 001 CFA del 4 Settembre  2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale n. 165/TFN-SD 2019/2020 del 16 luglio 2020

Impugnazione – istanza: M.G. /Procura Federale

Massima: Confermata la squalifica di anni quattro di squalifica ed euro 50.000 di ammenda al calciatore in relazione ai seguenti addebiti: A) violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva); con l’aggravante della pluralità degli illeciti commessi e contestati (ex art. 7, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019; art. 30, comma 6, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, in concorso con altri due soggetti non tesserati ed allo scopo di effettuare scommesse dall’esito sicuro, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento di alcune gare, valevoli per il girone C del Campionato di Lega Pro, vale a dire: a-1) Trapani – Bisceglie del 13.10.2018; a-2) Rende – Bisceglie del 21.10.2018; a-3) Bisceglie – Sicula Leonzio del 13.2.2019, tenendo le condotte di seguito descritte. Con riferimento alla gara sub a-1), il M., a fronte della promessa di un compenso in denaro, nei giorni precedenti la partita, intratteneva con i due soggetti non tesserati di cui sopra contatti telefonici nel corso dei quali si dichiarava disponibile, qualora avesse giocato, ad alterare lo svolgimento dell’incontro, anche provocando volontariamente l’assegnazione di un numero specifico di calci d’angolo, al fine di consentire ai propri sodali, anche attraverso altre persone operanti in territorio maltese e con l’utilizzo di siti di gioco esteri, l’effettuazione di scommesse dall’esito sicuro; con riferimento alla gara sub a-2), il M. nei giorni precedenti la partita, aveva con uno dei due soggetti di cui sopra un incontro nel corso del quale si dichiarava disponibile ad alterare lo svolgimento dell’incontro, al fine di consentire ai propri sodali, anche attraverso altre persone operanti in territorio maltese e con l’utilizzo di siti di gioco esteri, l’effettuazione di scommesse dall’esito sicuro; con riferimento alla gara sub a-3), il M., nei giorni precedenti la partita, intratteneva con i due soggetti non tesserati di cui sopra contatti telefonici, nel corso dei quali si dichiarava disponibile, qualora avesse giocato, ad alterare lo svolgimento dell’incontro, anche provocando volontariamente l’assegnazione di un numero specifico di calci d’angolo, al fine di consentire ai propri sodali, anche attraverso altre persone operanti in territorio maltese e con l’utilizzo di siti di gioco esteri, l’effettuazione di scommesse dall’esito sicuro; B) violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art.4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell'art. 6, comma 1, dello stesso Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 24, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore) per avere, nel corso dell’anno 2018, effettuato numerose scommesse su incontri di calcio, nonostante la sua posizione di calciatore tesserato per una società affiliata alla F.I.G.C. appartenente al settore professionistico.

Massima: …il giudice sportivo di primo grado ha condiviso l’opinione del giudice penale, ritenendo che le conversazioni e i messaggi intercettati costituissero prova evidente degli accordi intercorsi tra M., L. ed altri (tra i quali anche cittadini maltesi) per falsare il risultato o lo svolgimento di alcune partite nelle quali avrebbe dovuto giocare il M. stesso. Molte tra le conversazioni intercettate e molti tra i messaggi acquisiti appaiono di chiarissima lettura ed interpretazione.

Massima: ..Il fatto poi che in alcune conversazioni o in alcuni messaggi il calciatore della A.S. Bisceglie srl non abbia rivestito il ruolo di interlocutore (altri parlano di lui, ma non direttamente con lui) non inficia la valenza probatoria della acquisizione. Sul punto la giurisprudenza penale di legittimità, dalla quale questa Corte non ha ragione di discostarsi, ha chiaramente affermato che il contenuto di intercettazioni telefoniche captate fra terzi, dalle quali emergano elementi di accusa nei confronti dell'indagato, può costituire fonte diretta di prova della sua colpevolezza, fatto salvo, ovviamente, l'obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (cfr. Cass. pen. sez. 5, sent. n. 48286 del 2016, nonché sez. 5, sent. n. 13614 del 2001). E’ poi appena il caso di ricordare che il giudice penale di legittimità, nella sua più autorevole composizione (Cass. pen. SS.UU., sent. 22471 del 2015), ha avuto modo di ribadire che “le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen.” Ancora una volta non vi è ragione di non condividere tale autorevole dictum.

Massima: In ogni caso, ciò che rileva è la circostanza (ampiamente provata, come si è visto) che tra M. ed i suoi sodali fosse intercorso un accordo (per altro, secondo l’Autorità giudiziaria penale, con carattere di stabilità, con divisione di ruoli e compiti, donde la contestazione del reato associativo) per alterare lo svolgimento e/o il risultato delle gare calcistiche, così come puntualmente indicato nel capo di incolpazione, essendo poi del tutto irrilevante se detta alterazione si sia effettivamente verificata, atteso che, come queste SS. UU. hanno avuto modo di chiarire, l’illecito sportivo è fattispecie di pura condotta, a forma libera, in cui la soglia di punibilità è anticipata al compimento di una attività finalizzata ad alterare lo svolgimento o il risultato di una competizione. Dunque esso si consuma nel momento e nel luogo in cui vengono compiuti atti idonei, inequivocamente diretti a conseguire i risultati di cui sopra (cfr. CFA, SS.UU., decisone del 7.2.2020). D’altronde tale è la struttura anche della “parallela” figura criminosa della frode sportiva (art. 1 legge 401 del 1989), come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass. pen. sez. 3, sent. n. 31623 del 2015).

Massima: Quanto al trattamento sanzionatorio … va posto in evidenza come il minimo edittale previsto dall’art. 7 “vecchio” codice (art. 30 del codice vigente) sia appunto quello di fatto applicato al reclamante. …Oltretutto la stessa (pretesa) condotta collaborativa del reclamante va comunque considerata nella sua reale valenza. Invero, a parte il fatto che, in occasione dell’interrogatorio di garanzia innanzi al GIP, il M. si è avvalso della facoltà di non rispondere (si tratta di un suo diritto, ma pur sempre di una scelta processuale che ben può essere interpretata dal giudicante), per quanto specificamente riguarda il procedimento sportivo, nessun rilevo - correttamente - è stato attribuito alla asserita collaborazione, atteso che la sua incidenza è stata praticamente nulla, dal momento che il quadro probatorio (come sopra illustrato) si è caratterizzato, all’esito delle indagini condotte, come solido, univoco e non necessitante di alcuna ulteriore corroborazione ab extrinseco.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 1/TFN del 04.09.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 2218/1491 pf18–19/GC/GT/ag del 10.08.2020 nei confronti delle società USD Bitonto Calcio, AZ Picerno Srl + altri - Reg. Prot. n. 211/TFN-SD

Massima: La società (Bitonto) è sanzionata a titolo di responsabilità oggettiva per l’illecito sportivo commesso dai propri calciatori nella precedente stagione sportiva (2018/2019 Serie D) – che hanno volontariamente perso l’ultima gara di campionato in cambio di una cospicua somma di danaro (€ 10.000,00) corrispostagli dal direttore sportivo della società avversaria (Picerno), il tutto per il tramite di un intermediario ovvero il direttore sportivo del Potenza – con la penalizzazione di punti 5 in classifica da scontarsi nel campionato in corso ed appena ultimato (stagione sportiva 2019/2020 Serie D), penalizzazione questa che l’ha fatta slittare dal primo al secondo posto in classifica….Quanto precede, in ragione del principio della afflittività che deve caratterizzare la sanzione, sia perché incidente sulla classifica del campionato appena concluso; sia perché non ancora compiuto alcun atto irreversibile determinante la stagione sportiva 2020/2021 (cfr. Collegio di Garanzia del CONI, decisione n. 60/2018 del 19 settembre 2018, pubblicata il successivo 20 settembre 2018). )….Ed invero, l’AZ Picerno, vincitrice dello spareggio play-out disputato con la compagine del Rende Calcio 1968 srl, ha conseguito il diritto di permanere nel campionato di Lega PRO 2020/2021, mentre l’USD Bitonto, al termine della stagione 2019/2020 è risultato vincitore del proprio girone di LND, con conseguente promozione e diritto di partecipare al campionato di Lega PRO della stagione 2020/2021. Ne consegue, attesa la mancanza di atti irreversibili determinanti la stagione sportiva 2020/2021, peraltro nemmeno dedotti, che le sanzioni così comminate debbano applicarsi avuto riguardo al campionato 2019/2020 di entrambe le società. 

Massima: La società (Picerno) è sanzionata a titolo di responsabilità oggettiva per l’illecito sportivo commesso dal proprio direttore sportivo nella precedente stagione sportiva (2018/2019 Serie D) – che ha accettato la proposta dei calciatori della squadra avversaria (Bitonto) di comprare, in cambio di € 10.000,00 la vittoria dell’ultima gara di campionato, che di fatto ha decretato anche la vittoria del campionato della sua società – con la retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2019-2020 del Campionato di Lega Pro e nonostante si fossero anche già disputati i play-out. ….Quanto precede, in ragione del principio della afflittività che deve caratterizzare la sanzione, sia perché incidente sulla classifica del campionato appena concluso; sia perché non ancora compiuto alcun atto irreversibile determinante la stagione sportiva 2020/2021 (cfr. Collegio di Garanzia del CONI, decisione n. 60/2018 del 19 settembre 2018, pubblicata il successivo 20 settembre 2018)….Ed invero, l’AZ Picerno, vincitrice dello spareggio play-out disputato con la compagine del Rende Calcio 1968 srl, ha conseguito il diritto di permanere nel campionato di Lega PRO 2020/2021, mentre l’USD Bitonto, al termine della stagione 2019/2020 è risultato vincitore del proprio girone di LND, con conseguente promozione e diritto di partecipare al campionato di Lega PRO della stagione 2020/2021. Ne consegue, attesa la mancanza di atti irreversibili determinanti la stagione sportiva 2020/2021, peraltro nemmeno dedotti, che le sanzioni così comminate debbano applicarsi avuto riguardo al campionato 2019/2020 di entrambe le società.

Massima: La società (Potenza) non è sanzionata a titolo di responsabilità oggettiva per l’illecito sportivo commesso dal proprio direttore sportivo che si è reso intermediario nella trattativa che ha coinvolto due diverse compagini societarie di altra categoria (Serie D) e per l’effetto viene prosciolta. …il Collegio non ritiene che dei fatti ascritti al sig. D. S. V. debba essere chiamata a rispondere la società Potenza Calcio.   In disparte la presenza del codice comportamentale di cui la società si è dotata, l’attività del sig. D. S. V. non è stata posta in essere a favore della stessa. Tra l’altro, come emerso dalla copiosa documentazione versata in atti, il rapporto tra le parti, di fatto, era già cessato sin dal precedente mese di ottobre del 2018 per effetto dell’esonero del Direttore. All’esonero, poi, ha fatto seguito un contenzioso durato sino al 18.5.2019, allorquando le parti hanno formalizzato la definitiva cessazione di ogni rapporto.

Massima: … questo Tribunale è stato investito dell’accertamento dell’illecito contestato agli incolpati e della irrogazione delle sanzioni previste dal CGS-FIGC, mentre esula dalle sue attribuzioni, sicuramente in questa sede, il potere di determinare le società aventi il diritto di partecipare ai campionati in luogo e/o in aggiunta alle società sanzionate.

Massima: Coerentemente all’orientamento già espresso e consolidato del Collegio di Garanzia, come da tale Organo ricordato con la decisione n. 93/2017, invero, “si può ritenere che all’interno dei procedimenti di giustizia sportiva il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio. A maggior ragione, l’organo giudicante non può spingersi fino all’assoluta certezza della commissione dell’illecito, ma non può nemmeno sostenere una posizione dibattimentale assodata in base ad un elemento probatorio valutato in misura superiore al ragionevole dubbio, criterio utilizzato in ambito di diritto penale come limite di convincimento del giudice. La ragione che giustifica l’adozione di un siffatto standard probatorio si può, a buon diritto, far discendere dal fatto che, se l’accertamento della responsabilità degli illeciti di natura disciplinare trovasse il suo fondamento nella certezza assoluta della prova raggiunta che, nella maggior parte dei casi, rappresenta una mera astrazione, si incorrerebbe nel rischio concreto di rallentare il procedimento disciplinare e ostacolare la piena tutela dei soggetti dell’ordinamento sportivo nei confronti degli illeciti disciplinari,  oltre  a  vanificare  il  principio  di  ragionevole  durata  del  processo  sportivo  nell’interesse  del  regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento delle attività federali, come disciplinato dall’art. 2, comma 3, CGS CONI”. Nella fattispecie in esame la ragionevole certezza della responsabilità dei soggetti come sopra individuati e dell’illecito perpetrato, come prefigurato dall’art. 30, co. 1, CGS-FIGC a mente del quale “costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”, emerge dall’ampia documentazione proveniente dall’A.G., dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie dell’…(il cui disappunto nei confronti del …. per una questione - risalente al successivo agosto del 2019 - di un biglietto di accesso ad una gara, in assenza di sentimenti di inimicizia, non inficia l’attendibilità dell’assunto, essendo comunque emerso, dal messaggio inviato dal … – è in atti l’immagine di tale messaggio – come il biglietto richiesto sia stato effettivamente emesso). Quanto alla configurazione dell’illecito, poi, è appena il caso di precisare che l’art. 30, co. 1, CGS - FIGC, in cui è stato trasfuso il precedente art. 7, co. 1, CGS-FIGC, “mira a tutelare il bene giuridico del leale e regolare svolgimento delle gare e delle competizioni sportive, punendo le condotte illecite e antisportive finalizzate all’alterazione del risultato sportivo attraverso la manipolazione dell’andamento della gara ovvero attraverso il procacciamento di un indebito vantaggio in termini di classifica. Dall’analisi del dettato normativo è facilmente intuibile come la fattispecie descritta configuri un’ipotesi di illecito di attentato. Di conseguenza, è evidente che l’illecito sportivo, di cui all’art. 7, comma 1, CGS FIGC, si debba considerare realizzato nel momento in cui si siano concretizzati “atti idonei” a cambiare il naturale svolgimento  di  una  competizione”,  a  nulla  rilevando  la  tesi  difensiva  della  “mancanza  del  segmento  conclusivo”, “concetto elaborato dalla giurisprudenza nel famoso caso “Calciopoli” - secondo il quale un semplice contatto tra tesserati non sarebbe in grado di configurare un illecito disciplinare, se tra costoro non avvenga un indispensabile scambio di accordi orientati a perpetrare una condotta corruttiva e lesiva di un evento sportivo” (così Collegio di Garanzia, cit.). Ed invero, secondo il richiamato arresto, “l’illecito sportivo si configura come un illecito di attentato per cui il bene giuridico tutelato - il leale e corretto svolgimento di una competizione sportiva - riceve una protezione rafforzata che si attiva nel momento in cui sia iniziata la condotta potenzialmente lesiva, non occorrendo l’effettivo verificarsi di un determinato evento dannoso. Procedendo ad un parallelismo tra istituti di branche del diritto diverse si può ragionevolmente affermare che la fattispecie considerata equivale a quella che il diritto penale ricomprende nei reati di pericolo. In questo caso, infatti, la soglia di punibilità arretra al compimento di un’attività idonea ad alterare il naturale svolgimento di una competizione”, sicché “il verificarsi dell’evento configura un’ipotesi aggravata di illecito sportivo, che si innesta sulla norma di base, rappresentata dall’art. 7, comma 1, CGS FIGC (ora art. 30, co. 1), e non gode, quindi, di un proprio impianto sanzionatorio autonomo”, risultando “evidente come sia del tutto irrilevante il conseguimento di un effettivo vantaggio ottenuto attraverso condotte corruttive finalizzate alla compromissione del buon andamento di una competizione sportiva, necessitando semplicemente che sia stato avviato l’iter illecito”.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 165/TFN del 27.07.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 13395/561 pf 19-20/GC/sds del 16.06.2020 nei confronti dei sig.ri G. M., M.P. e delle società AS Bisceglie Srl e ASD Siracusa - Reg. Prot. n. 179/TFN-SD) 27 Luglio 2020

Massima: Il calciatore è sanzionato con anni 4 di squalifica, oltre ad € 50.000,00 di ammenda per le seguenti violazioni: violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30,commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, prima della gara Trapani – Bisceglie del 13.10.2018 valevole per il girone C del Campionato di Lega Pro, in concorso con altri due soggetti non tesserati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta allo scopo di effettuare scommesse dall’esito sicuro; il sig. …., in particolare, nei giorni precedenti alla predetta gara aveva con i due soggetti non tesserati contatti telefonici nel corso dei quali si dichiarava disponibile, qualora avesse giocato, ad alterare lo svolgimento dell’incontro anche attraverso il provocare volontariamente l’assegnazione di un numero specifico di calci d’angolo, al fine di consentire ai propri sodali l’effettuazione di scommesse dall’esito sicuro, attraverso ulteriori soggetti operanti in territorio maltese e di siti di gioco esteri, a fronte della promessa di un compenso in denaro; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6,del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 6, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) della pluralità degli illeciti commessi e contestati con riferimento alle gare di cui agli ulteriori capi di incolpazione formulati con il presente provvedimento;  violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30,commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, prima della gara Rende – Bisceglie del 21.10.2018 valevole per il girone C del Campionato di Lega Pro, in concorso con altri due soggetti non tesserati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta allo scopo di effettuare scommesse dall’esito sicuro; il sig. …, in particolare, nei giorni precedenti alla predetta gara aveva con uno dei due soggetti non tesserati un incontro nel corso del quale si dichiarava disponibile ad alterare lo svolgimento dell’incontro, così come emerge dal contenuto dei successivi contatti telefonici tra i due soggetti non tesserati, al fine di consentire agli stessi l’effettuazione di scommesse dall’esito sicuro, attraverso ulteriori soggetti operanti in territorio maltese e di siti di gioco esteri; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 6, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) della pluralità degli illeciti commessi e contestati con riferimento alle gare di cui agli ulteriori capi di incolpazione formulati con il presente provvedimento; violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30,commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, prima della gara Bisceglie – Sicula Leonzio del 13.2.2019 valevole per il girone C del Campionato di Lega Pro, in concorso con altri due soggetti non tesserati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta allo scopo di effettuare scommesse dall’esito sicuro; il sig. …, in particolare, nei giorni precedenti alla predetta gara si è dichiarato disponibile ad alterare lo svolgimento dell’incontro anche attraverso il provocare volontariamente l’assegnazione di un numero specifico di calci d’angolo, al fine di consentire ai propri sodali non tesserati l’effettuazione di scommesse dall’esito sicuro, attraverso ulteriori soggetti operanti in territorio maltese e di siti di gioco esteri; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 6, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) della pluralità degli illeciti commessi e contestati con riferimento alle gare di cui agli ulteriori capi di incolpazione formulati con il presente provvedimento; violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30,commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, prima della gara Vibonese – Siracusa del 5.8.2018 valevole per la Coppa Italia di Lega Pro, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta allo scopo di effettuare scommesse dall’esito sicuro; il sig. …., in particolare, otteneva dal calciatore del Siracusa sig. P. M. l’impegno a far sì che la squadra di quest’ultimo perdesse la gara appena citata ed alla mancata realizzazione dell’esito concordato addebitava allo stesso di aver perso l’importo di € 300,00 che aveva scommesso sul risultato dell’incontro; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 6, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) della pluralità degli illeciti commessi e contestati con riferimento alle gare di cui agli ulteriori capi di incolpazione formulati con il presente provvedimento; violazione dell’art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art.4,comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell'art. 6, comma 1, dello stesso Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 24, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore) per avere lo stesso nel corso dell’anno 2018 effettuato numerose scommesse su incontri di calcio nonostante la sua posizione di calciatore tesserato per una società affiliata alla F.I.G.C. appartenente al settore professionistico. L’altro calciatore è sanzionato con mesi 3 di squalifica, oltre ad € 5.000,00 di ammenda per le seguenti violazioni: violazione dell'art. 7, commi 1 e 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30,commi 1 e 2, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) per avere, prima della gara Vibonese – Siracusa del 5.8.2018 valevole per la Coppa Italia di Lega Pro, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta allo scopo di consentire al sig. … l’effettuazione di una scommessa dall’esito sicuro; il sig. …, in particolare, otteneva dal calciatore del Siracusa sig. … l’impegno a far sì che la squadra di quest’ultimo perdesse la gara appena citata ed alla mancata realizzazione dell’esito concordato addebitava allo stesso di aver perso l’importo di € 300,00 che aveva scommesso sul risultato dell’incontro.

Massima: Prosciolte la società dall’illecito sportivo…Per quanto concerne la società AS Bisceglie Srl, il Collegio non ravvisa la sussistenza nel caso in esame di quegli elementi anche minimi di riconducibilità oggettiva nella sfera dell’ente necessari per giungere ad una affermazione di responsabilità seppure obiettiva ai sensi dell’art. 4 comma 2 CGS previgente. I riscontri probatori in atti consentono di affermare con certezza che il …. ha agito in maniera del tutto autonoma e con iniziativa personale, che la società non ha mai avuto conoscenza delle condotte illecite poste in essere dal proprio tesserato che, pertanto, il …. non ha agito nell’interesse della società e che la stessa non solo non ha tratto alcun vantaggio dalla condotta medesima ma, al contrario, ne è stata danneggiata. Se, invero, all’epoca dei fatti ancora non era in vigore la scriminante, attenuante introdotta all’art. 7 del riformato Codice di Giustizia Sportiva al chiaro fine di mitigare gli effetti distorsivi di una applicazione rigida ed acritica delle disposizioni in tema di responsabilità oggettiva dell’ente attraverso l’introduzione di quel giudizio strettamente normativo sulla idoneità astratta e concreta del modello organizzativo adottato (Cass. pen. sez. V, 18/12/2013, n. 4677), appare altresì necessario escludere l’operatività del previgente art. 4, comma 2 CGS in assenza di qualsivoglia profilo di riconducibilità, rimproverabilità dei fatti oggetto di deferimento alla società medesima. Tanto nel solco di quell’orientamento sostanzialmente nomofilattico della Giustizia sportiva, secondo il quale “il principio della responsabilità oggettiva necessita di temperamenti, sia pure rigorosamente interpretati, avuto riguardo ad un esame non formalistico ma sostanziale dell’effettivo legame tra il fatto avvenuto e le specifiche responsabilità della società” (C.U. n. 21/CFA del 19 gennaio 2015; C.U. n. 14/CFA del 25 ottobre 2019). Ad avviso del Collegio, infatti, la totale comprovata estraneità dell’ente rispetto alla condotta illecita tenuta dal giocatore anche logisticamente al di fuori del centro sportivo di competenza, la predisposizione ed attuazione di un modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs n. 231/2001 unitamente al tempestivo atto di denuncia con contestuale istanza rivolta al Presidente della FIGC di autorizzazione ad adire le vie legali nei riguardi del proprio tesserato, esposto inviato dal sodalizio alla Procura Federale il 23 novembre 2019, avendo appreso dalla stampa dell’emissione di misure cautelari da parte del GIP del Tribunale di Catania, tutta l’attività preventiva complessivamente posta in essere dalla società, finisce con il coinvolgere lo stesso nesso eziologico la cui sussistenza è imprescindibile anche per gli addebiti di natura oggettiva, ponendosi la condotta dell’agente del tutto al di fuori della sfera di signoria dell’ente. Alla luce di tali considerazioni, la società AS Bisceglie Srl viene prosciolta non rinvenendosi in capo al sodalizio elementi di colpevolezza……..Il deferimento è parzialmente fondato e, pertanto, merita accoglimento per i motivi e nei limiti di seguito indicati. Risulta accertato, in punto di fatto, che …., calciatore tesserato per la società AS Bisceglie Srl ha mantenuto  stabilmente  rapporti  con  i  due  soggetti  non  tesserati  individuati  nel  deferimento  come  L.  A.  e  C.  R. rendendosi disponibile ad alterare i risultati, ma soprattutto il regolare svolgimento delle partite disputate dalla squadra nella quale lo stesso militava nel campionato di Lega Pro, la AS Bisceglie, nel corso della stagione sportiva 2018/2019; il compimento delle condotte illecite era finalizzato alla realizzazione di vincite dalle scommesse sportive effettuate dagli altri due sodali non tesserati sulla base delle intese raggiunte con lo stesso sig. …. La vasta attività investigativa portata avanti dalla Procura della Repubblica di Catania, ha portato ad acquisire anche alcune conversazioni susseguitesi tra uno dei due sodali non tesserati e due persone di nazionalità maltese, dalle quali emerge che le scommesse sugli esiti concordati con il sig. …. venivano effettuate anche su piattaforme straniere riconducibili agli stessi, in tale ambito estero era possibile scommettere anche sul numero di calci d’angolo che nel corso della gara sarebbero stati concessi. Il Collegio condivide i principi di diritto sanciti dalla Suprema Corte ed ampiamente richiamati in premessa dell’atto di deferimento in tema di valutazione probatoria del contenuto delle intercettazioni e di chiamata in correità, sussistendo nel caso in esame quei requisiti idonei a suffragare le dichiarazioni accusatorie raccolte quali l’identica natura dei fatti in questione, l’identità dei protagonisti, l’inserirsi dei fatti in un rapporto intersoggettivo unico e continuativo, unitamente ai riscontri emergenti dall’attività di P.G. In presenza di tali elementi sono utilizzabili ai fini di una  affermazione di responsabilità individuale le dichiarazioni eteroaccusatorie rese su circostanze apprese nell’ambito del sodalizio criminoso. Efficacia probatoria piena deve essere riconosciuta, quindi, alle conversazioni telefoniche acquisite in atti in cui gli interlocutori, sebbene ignari di essere oggetto di intercettazione, parlano in modo criptico, utilizzando termini allusivi e riservando l’approfondimento dei particolari più compromettenti ad incontri personali, rispettando banali regole di cautela frutto di massime di comune esperienza. Il linguaggio convenzionale e anacoluto dimostra, altresì, sotto il profilo soggettivo, la piena consapevolezza della illiceità della condotta da parte dei soggetti agenti, i quali si premurano di non rendere pienamente intellegibile il contenuto della conversazione in caso di paventata intercettazione. In ogni caso, è bene sottolineare come, sebbene ammantate da toni vaghi ed allusivi, le conversazioni poste alla base delle contestazioni mosse al Sig. … attengono a notizie, fatti, attività che gli stessi interlocutori hanno posto in essere direttamente o di cui hanno conoscenza per avervi preso parte in prima persona. La reiterazione delle telefonate, la collocazione temporale delle stesse a ridosso di incontri di calcio della AS Bisceglie Srl, i rapporti di consolidata conoscenza fra gli interlocutori, l’affidamento reciprocamente insorto sulla attendibilità delle informazioni attese o ricevute e la reciprocità delle informazioni richieste rappresentano tutti elementi gravi, precisi e concordanti, in ordine alla illiceità delle condotte ascritte, dovendosi escludere allo stato degli atti una qualsivoglia verosimile ricostruzione alternativa dei fatti oggetto di indagine, che non pare emergere neanche dagli scritti difensivi. Alla luce di tali considerazioni, si può ritenere raggiunta la prova degli illeciti sportivi ex art. 7 commi 1 e 2 CGS in vigore fino al 16.6.2019 oggetto di deferimento a carico del Sig. M… il quale, nei giorni precedenti la gara Trapani – Bisceglie del 13.10.2018, valevole per il girone C del Campionato di Lega Pro, aveva contatti telefonici con i due soggetti non tesserati nel corso dei quali si dichiarava disponibile, qualora avesse giocato, ad alterare lo svolgimento dell’incontro anche provocando volontariamente l’assegnazione di un numero specifico di calci d’angolo, al fine di consentire ai propri sodali l’effettuazione di scommesse dall’esito sicuro, attraverso ulteriori soggetti operanti in territorio maltese e di siti di gioco esteri, a fronte della promessa di un compenso in denaro. Aiutano a definire il quadro fattuale anche le conversazioni riportate in deferimento intercorse tra i due non tesserati e vertenti sulla stessa partita nonché sulla stessa tipologia di scommesse. Con riferimento alla gara Rende – Bisceglie del 21.10.2018 valevole per il girone C del Campionato di Lega Pro, i riscontri in atti confermano come il Sig. … abbia incontrato lo stesso giorno della gara a Rende uno dei due soggetti non tesserati, dichiarandosi disponibile ad alterare lo svolgimento dell’incontro, così come emerge dal contenuto dei successivi contatti telefonici tra i due soggetti non tesserati, al fine di consentire agli stessi l’effettuazione di scommesse dall’esito sicuro. Colpisce la trascrizione della telefonata intercorsa tra i due sodali in data 15.10.2018 volta a programmare la commissione dell’illecito, laddove uno dei due riferisce di come il … gli avesse chiesto della possibilità di scommettere sulle espulsioni delle partite del campionato italiano di Lega Pro, con ciò mostrandosi disponibile persino a farsi espellere allo scopo di ottenere una vincita dalla relativa scommessa. L’altro sodale, tuttavia, smentisce che si possa procedere in questo modo in quanto a Malta non è possibile scommettere sulle espulsioni (“nel mercato loro non la fanno”), provocando la delusione dell’interlocutore che gli risponde: “però, sarebbe una cosa molto facile”. Nel lungo lasso temporale in cui, come emerge dagli atti, il … è rimasto lontano dal campo di gioco, il legame tra questi ed i due non tesserati ha mantenuto inalterato vigore, numerose le intercettazioni in cui i due parlano del suo rientro e delle ragioni dello stop prolungato. Per giungere alla conversazione del 19.1.2019 tra uno dei due non tesserati e un esponente maltese laddove si fa riferimento alla collaborazione assicurata dal sig. …. con riguardo alla pianificazione dei “corner” che il calciatore avrebbe dovuto alterare nel corso della partita che si sarebbe svolta il 12 febbraio contro la “Leonzio calcio”, in tal modo suscitando il vivo interesse del maltese il quale insiste per organizzare un incontro direttamente con il calciatore del Bisceglie. Anche con riferimento a tale contestazione si deve, quindi, ritenere raggiunta la prova che il Sig. … ha posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Bisceglie – Sicula Leonzio del 13.2.2019 valevole per il girone C del Campionato di Lega Pro allo scopo di effettuare scommesse dall’esito sicuro in violazione dell’art. 7 commi 1 e 2 del previgente CGS. Venendo, infine, al contenuto dei messaggi prelevati dalla chat Whatsapp in essere tra il … ed il Sig. …, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società Siracusa, la stessa Procura Federale in sede di deferimento evidenzia come la chat racchiudesse “molteplici conversazioni di natura amichevole” tra i due calciatori; a fronte di tale riconosciuta prassi confidenziale, tuttavia, l’incolpazione non riporta un solo passaggio di testo da cui poter desumere la sussistenza di un accordo illecito tra i due soggetti volto ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Vibonese – Siracusa del 5.8.2018 valevole per la Coppa Italia di Lega Pro allo scopo di consentire al sig. .. l’effettuazione di una scommessa dall’esito sicuro. Nel deferimento ritroviamo le conclusioni cui è giunta la Procura ma non un riscontro argomentativo e probatorio tale da fondare il proprio convincimento. A fronte di tale carenza probatoria, pare doversi accogliere l’interpretazione dei messaggi intercorsi tra i due amici e colleghi come fornita dalla difesa del Sig. …laddove nel riportare la sequenza completa dei messaggi, sottolinea come non si rinvenga alcun riferimento illecito alla partita in questione ma solo notazioni di natura tecnica o scherzosa sulla validità delle squadre in campo e su chi fosse il migliore rigorista. Dovendosi escludere, quindi, con riferimento a tale contestazione, l’esistenza di elementi di prova sufficienti a fondare una condanna per illecito sportivo, residuano tuttavia in capo al … profili di illegittimità connessi alla violazione del divieto di effettuare scommesse su incontri di calcio, essendo egli stesso ad affermare “Mi facisti appizzari 300 euro” avendo evidentemente scommesso sulla sconfitta del Siracusa. Residuano, inoltre, profili di inopportunità anche in capo al Sig. …, in particolare lo scambio di battute con il collega sulle scommesse da questi effettuate su una partita valevole per la Coppa Italia che lo vedeva impegnato si pone in contrasto con i principi di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’ordinamento federale. I principi sanciti dall’art. 1 bis, infatti, impongono a ciascun tesserato di mantenere un comportamento informato a lealtà, correttezza e probità nell’ambito di ciascun rapporto riferibile all’attività sportiva, tanto deve valere con ancora maggior rigore nei confronti di chi milita nei campionati professionistici. Tanto basta ad affermare la responsabilità disciplinare del Sig. … ai sensi dell’art. 1 bis del previgente Codice di Giustizia Sportiva e del Sig. … per avere lo stesso nel corso dell’anno 2018 effettuato numerose scommesse su incontri di calcio nonostante la sua posizione di calciatore tesserato per una società affiliata alla F.I.G.C. appartenente al settore professionistico in violazione dell'art. 6, comma 1, dello stesso Codice di Giustizia Sportiva.

 

DECISIONE C.F.A. - SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 095 CFA del 24 Luglio 2020

Decisione Impugnata: Decisione resa dal Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare, depositata il 24 Giugno 2020 e pubblicata sul sito federale il 25 Giugno 2020 con Comunicato Ufficiale n. 144/TFN-SD 2019/2020

Impugnazione Istanza: sig. L.M./sig. F.F./Procuratore Federale

Massima: Confermata la decisione del TFT sotto il profilo della responsabilità dei calciatori  - per la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del codice di giustizia sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 4, comma 1, del vigente codice di giustizia sportiva), nonché dell'art. 6, comma 2, dello stesso codice in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, del vigente codice di giustizia sportiva), per avere lo stesso, nel corso della stagione sportiva 2015 - 2016, nonostante la sua posizione di calciatore tesserato per una società affiliata alla FIGC, svolto attività di raccolta illegale di scommesse su gare di calcio in Piemonte ed in Lombardia, nell’ambito dell’organizzazione a capo della quale vi era il sig. …., ricevendo dai giocatori dallo stesso procacciati il pagamento delle puntate e rimettendo le somme così ottenute al predetto medesimo sig. Iannì, trattenendo per sé la provvigione pattuita – confermata anche l’inibizione di anni 5 e l’amemnda di € 25.000,00 ciascuno ma annullata la “preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC2…I reclami vanno, invece, parzialmente accolti per quanto riguarda la concreta determinazione della sanzione. Osserva il Collegio che, secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza federale in materia, il compito del giudicante non è soltanto quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dal giudice a quo, dovendo, invece, anche esaminare – con riferimento al profilo sanzionatorio – se quest’ultimo abbia valutato tutti gli elementi utili alla concreta determinazione della pena, dandone una corretta e logica interpretazione: viene qui in rilievo, dunque, la corretta applicazione delle regole della logica giuridica che conducono a fornire giustificazione della scelta di determinate conclusioni, a preferenza di altre. Orbene, l’assenza di motivazione (i.e. giustificazione) in ordine all’applicazione di una sanzione così grave come quella della preclusione, non consente di delibare il percorso argomentativo, sul piano logico-giuridico, seguito dai giudici di prime cure e, in difetto – anche considerato che la stessa appare, comunque, erronea, poiché eccessivamente gravosa rispetto alla concreta condotta contestata ai reclamanti ed accertata nei loro confronti - la decisione sul punto deve essere riformata, nei termini di cui al dispositivo….Per una migliore illustrazione delle ragioni della decisione assunta da questa Corte si ritiene utile evidenziare, ancora in via di premessa, lo standard probatorio applicabile in materia, riassumendo, di seguito, gli arresti della giurisprudenza endo ed esofederale sul punto. In ambito esofederale è stato affermato che per dichiarare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 Giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 Agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 Marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 Gennaio  2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 Ottobre 2012, Alessio c/ FIGC). Nella stessa direzione è ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza federale secondo cui «per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 Gennaio  2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 Agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012). Orbene, sotto un profilo metodologico, questo Collegio ritiene di non doversi discostare dagli insegnamenti della copiosa giurisprudenza di settore prima richiamata in ordine alla misura probatoria richiesta ai fini della valutazione della responsabilità di un tesserato o soggetto il cui operato è considerato rilevante per l’ordinamento federale. Ciò premesso, il Collegio è tenuto a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrate, secondo lo standard probatorio indicato, le fattispecie di cui all’art. 6, comma 2, previgente CGS e/o di cui all’art. 1 bis, comma 1, previgente CGS, al fine dell’affermazione della sussistenza delle violazioni rispettivamente contestate ai sigg.ri … e … Orbene, questa Corte ritiene, come detto, che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sia stato raggiunto quel ragionevole grado di certezza in ordine alla sussistenza delle violazioni contestate ai suddetti deferiti, oggi appellanti, e che, segnatamente, sussista quel livello probatorio che, seppur (forse) inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, è comunque superiore alla semplice valutazione della mera probabilità. In tale quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale, particolare valenza rivestono, nella fattispecie, le risultanze delle captazioni investigative, come anche ritrascritte nello stesso deferimento della Procura Federale, dalle quali emerge un significativo quadro confermativo della responsabilità dei deferiti, odierni reclamanti, in ordine alle condotte loro contestate nel presente procedimento disciplinare….Le eccezioni e deduzioni difensive in punto di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche devono essere disattese. Al riguardo, si riepilogano, di seguito, gli approdi giurisprudenziali cui, in materia, è giunta questa Corte Federale d’appello: in tema di intercettazioni telefoniche, esula dai poteri del giudice sportivo ogni valutazione sulla legittimità dell’operato dell’autorità giudiziaria, alla cui esclusiva competenza è rimesso il controllo tanto formale, quanto sostanziale degli atti trasmessi, rilevando unicamente, ai fini delle decisioni degli organi di giustizia sportiva, la provenienza istituzionale, da cui discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti stessi (Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti, Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004; Commissione Disciplinare presso Lega Serie C, Com. Uff. n. 17/C del 6.9.2004; CGF n. 48/2011-2012; CFA n. 20-2016/2017; CFA n. 122-2018/2019); l’acquisizione e dell’utilizzo delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e ambientali presuppone, in termini di sufficienza, la provenienza delle stesse dall’Autorità Giudiziaria, da ciò derivando la presunzione iuris tantum di conformità (CFA n. 20-2016/2017; CFA n. 122- 2018/2019); il divieto di utilizzazione di intercettazioni in procedimenti diversi da quello in cui le intercettazioni stesse sono state disposte non è applicabile ai procedimenti disciplinari (CGF n. 48-2011/2012); le decisioni degli organi di giustizia sportiva rappresentano «l’epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiati dalle garanzie del processo. In particolare, alla “giustizia sportiva” si applicano, oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, per analogia, quelle dell’istruttoria procedimentale, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi». Con la conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione della prova in contraddittorio, tipiche specialmente del processo penale (CGF n. 242-2012/2013; CFA n. 20-2016/2017; CFA n. 122-2018/2019); gli eventuali errori nella procedura di acquisizione delle prove da parte dell'autorità giudiziaria che rendano le stesse inutilizzabili nel procedimento penale non ne comportano l'automatica inutilizzabilità in sede amministrativa; «“pertanto, le intercettazioni telefoniche, ancorché conseguite nell'ambito di un processo concluso con il patteggiamento, nel quale quindi nemmeno sia stato affrontato il problema della loro corretta acquisizione, devono ritenersi utilizzabili nel procedimento disciplinare” (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 Dicembre  2009, n. 7703)» (CFA n. 122-2018/2019); ciò che rileva è l’esame critico delle conversazioni intercettate che tenga conto nella valutazione del loro contenuto della conoscenza, diretta o indiretta, che gli intercettati dimostrano di avere delle situazioni sulle quali s’intrattengono, quando tali situazioni non si riferiscono a comportamenti propri, e di altri elementi, quali il contesto fattuale, logico e temporale, in cui le conversazioni sono avvenute, tenuto conto dell’ambiente del quale fanno parte gli intercettati, operando comunque valutazioni complessive delle conversazioni intercettate senza interpretazioni conseguenti ad indebite estrapolazioni (CAF, C.U. n. 7/C del 2004; CFA n. 122-2018/2019); gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni qualora siano gravi, e cioè consistenti e resistenti alle obiezioni, precisi, e cioè non generici e non suscettibili di diverse interpretazioni, concordanti, e cioè non contrastanti tra loro (cfr. C.A.F. – Com. Uff. n. 7/c del 2004). (CGF n. 48-2011/2012); per ritenere provato l'illecito sportivo contestato al dirigente di una società calcistica, gli organi di giustizia sportiva possono basarsi sulle intercettazioni telefoniche raccolte in un procedimento penale, a prescindere dalla loro utilizzabilità in quella sede, ove il contenuto delle conversazioni intervenute tra il soggetto deferito e i suoi interlocutori sia stato sottoposto a vaglio critico e venga considerato espressivo di un comune intento fraudolento» (TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 Marzo 2008, n. 2472) (CFA n. 122-2018/2019); l’organo di giustizia sportiva deve effettuare un attento controllo dei contenuti delle conversazioni, avuto riguardo alla tipicità del settore disciplinare-sportivo di riferimento (CFA n. 122-2018/2019); l’organo di giustizia sportiva deve effettuare tale controllo secondo una triplice prospettiva: a) rileva, innanzi tutto, la necessaria distinzione tra circostanze riferite dall’interlocutore per cognizione diretta e circostanze riferite de relato. Non può escludersi infatti che la circolarizzazione delle informazioni assunte, caratterizzate da linguaggio criptico e da accentuata gergalità, possa alterare il contenuto e significato della conversazione stessa; b) rileva altresì la collocazione dell’interlocutore telefonico nella catena conoscitiva organizzata per l’acquisizione e l’utilizzo di notizie per scopi illeciti. E’ evidente infatti la diversa valenza probatoria tra quanto promana da soggetti estranei al mondo del calcio e tesserati, dirigenti ovvero calciatori, direttamente partecipi all’evento agonistico, nonché tra meri collettori di informazioni e soggetti abitualmente dediti alle scommesse e, quindi, portatori di interessi economici personali; c) rileva, infine, la necessità di una lettura delle conversazioni telefoniche intercettate non avulsa dal contenuto logico e temporale di riferimento, al fine di una valutazione complessiva e non parcellizzata (CGF n. 48-2011/2012; CFA n. 122- 2018/2019). Questi consolidati principi in materia di intercettazioni telefoniche e di modalità del loro utilizzo nel procedimento disciplinare-sportivo, qui condivisi e dai quali questo Collegio non intende discostarsi, conducono a concludere che le risultanze delle captazioni telefoniche di cui trattasi sono pienamente utilizzabili – in funzione degli elementi suscettibili di valutazione che le stesse sono in grado di fornire – nel presente procedimento disciplinare, ferma restando e premessa la loro attenta lettura e meditata valutazione nell’ambito del contesto fattuale e logico-temporale nel quale le stesse si inseriscono, allo scopo di raggiungere una organica rappresentazione dei fatti sottoposti a giudizio (cfr. CFA n. 122-2018/2019).Nell’ambito di questo quadro normativo ed interpretativo di riferimento ed in applicazione dei principi enucleati, in materia, dalla giurisprudenza sportiva si perviene, come detto, all’affermazione di responsabilità in capo ad entrambi i reclamanti per le condotte loro ascritte.

Massima: infondata è l’asserita inapplicabilità allo stesso della sanzione dell’ammenda. Secondo il suddetto appellante il TFN avrebbe errato ad applicare la sanzione dell’ammenda in aggiunta a quella della inibizione, poiché la sanzione pecuniaria non sarebbe applicabile al calciatore dilettante. Ritiene questa Corte che anche siffatto assunto difensivo poggi su una non corretta ricostruzione interpretativa della normativa in materia e muova da una lettura errata dell’art. 19, comma 6, CGS previgente, secondo cui «le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non di cui all’art.1 bis, comma 5, CGS nonché ai tesserati della sfera professionistica, per le condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara le ammende sono anche applicabili ai tesserati della sfera dilettantistico-giovanile». Ad elidere ogni dubbio viene, anzitutto, in supporto la stessa chiara lettera della norma di cui all’ art. 6 CGS in vigore all’epoca dei fatti: «La violazione del divieto di cui ai commi 1 e 2», recita – come detto – il comma 3, «comporta per i soggetti dell’ordinamento federale, per i dirigenti, per i soci e per i tesserati delle società la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a tre anni e dell’ammenda non inferiore ad euro 25.000,00”. Pertanto, la disposizione che regola specificamente la fattispecie dell’illecito per violazione del divieto di scommesse, prevede pacificamente l’applicazione anche della sanzione dell’ammenda, indicandone, per di più, il minimo edittale. Disposizione speciali che, dunque, in ogni caso prevale sulla regola generale dettata dall’art. 19, comma 6, CGS previgente (“Le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non soci di cui all’art. 1 bis, comma 5, nonché ai tesserati della sfera professionistica”).

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 144/TFN del 24.06.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 9090/706 pf 18-19 GC/sds del 20.01.2020 a carico del Sig. G.C. + altri - Reg. Prot. n. 139/TFN-SD)

Massima: Stante l’assenza di qualsivoglia prova del tesseramento dell’incolpato con l’ASD Real di Gioia Tauro il deferimento nei confronti della predetta società per responsabilità oggettiva deve essere rigettato.

Massima: Prosciolto per mancanza di prove, non essendo sufficiente l’unica intercettazione in atti, l’amministratore unico della società dalla cotestata violazione “la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 4,comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell'art. 6, comma 2, dello stesso Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore) per avere lo stesso in data 02.10.2016, nonostante la sua posizione di legale rappresentante pro tempore di una società affiliata alla FIGC, effettuato una scommessa live presso un soggetto non autorizzato su di una gara di calcio ottenendo che la stessa fosse garantita dal sig. …, che a sua volta svolgeva attività illegale di raccolta di scommesse delle quali assicurava in proprio il pagamento”. Prosciolto per mancanza di prove anche il calciatore dalla contestata violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 4,comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell'art. 6, comma 2, dello stesso Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), per avere lo stesso nel corso della stagione sportiva 2016 - 2017, nonostante la sua posizione di calciatore tesserato per una società affiliata alla FIGC, svolto attività volta alla monetizzazione di assegni che il sig. …., che svolgeva attività illegale di raccolta di scommesse su gare di calcio delle quali riscuoteva la puntata ed assicurava in proprio il pagamento, riceveva da singoli giocatori quale pagamento delle puntate, così partecipando fattivamente all’attività di raccolta illegale di scommesse su gare di calcio assicurando la fruibilità dei proventi rivenienti dalla stessa” Il dirigente della società, invece è sanzionato con l’inibizione di anni 5 con preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC, oltre all’ammenda di € 25.000,00 per “la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 4,comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell'art. 6, comma 2, dello stesso Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), per avere lo stesso nel corso delle stagioni sportive 2015 – 2016 e 2016 - 2017, nonostante la sua posizione di dirigente di una società affiliata alla FIGC, effettuato molteplici scommesse su gare di calcio accettate dal sig. …, che svolgeva attività illegale di raccolta di scommesse delle quali riscuoteva la puntata ed assicurava in proprio il pagamento”. Stessa sanzione ad altro dirigente per “la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell'art. 6, comma 2, dello stesso Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), per avere lo stesso nel corso delle stagioni sportive 2015 – 2016 e 2016 - 2017, nonostante la sua posizione di dirigente tesserato per una società affiliata alla FIGC, svolto attività di raccolta illegale di scommesse su gare di calcio nella città di Reggio Calabria e nel territorio limitrofo, nell’ambito dell’organizzazione a capo della quale vi era il sig. …, ricevendo dai giocatori dallo stesso procacciati il pagamento delle puntate e rimettendo le somme così ottenute al sig. …, trattenendo per sé la provvigione pattuita; lo stesso sig. …, inoltre, in molte occasioni e nello stesso periodo di tempo accompagnava il sig. …quando lo stesso doveva consegnare o prelevare ingenti somme di denaro in contanti, frutto delle giocate illegali o da pagare a giocatori che avevano vinto effettuando le stesse”. Anche il calciatore è sanzionato con l’inibizione di anni 5 con preclusione da ogni rango e/o categoria della FIGC, oltre all’ammenda di € 25.000,00 per “la violazione dell'art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 4,comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), nonché dell'art. 6, comma 2, dello stesso Codice di Giustizia Sportiva in vigore all’epoca dei fatti (art. 24, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore), per avere lo stesso nel corso della stagione sportiva 2016 - 2017, nonostante la sua posizione di calciatore tesserato per una società affiliata alla FIGC, svolto attività di raccolta illegale di scommesse su gare di calcio nel territorio di Reggio Calabria e nelle zone limitrofe, nell’ambito dell’organizzazione a capo della quale vi era il sig. …,  ricevendo dai giocatori dallo stesso procacciati il pagamento delle puntate e rimettendo le somme così ottenute al sig. …, trattenendo per sé la provvigione pattuita”….Il deferimento de quo si fonda sugli atti del procedimento penale iscritto al 5585/15 R.G.N.R. Mod 21, istruito dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria – Direzione Antimafia, dai quali emerge l’esistenza di un’articolata organizzazione dedita alla raccolta di scommesse al di fuori dal circuito autorizzato dall’A.A.M.S. che “opera[va] con i metodi caratteristici di un’associazione mafiosa di tipo ‘ndraghetistico” prevalentemente in Calabria.  Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche agli atti emerge chiaramente l’esistenza di un sodalizio dedito alla raccolta del gioco illegale, nato al di fuori dell’ambito sportivo, al quale tuttavia hanno partecipato a diverso titolo alcuni tesserati della FIGC. Partecipazione che evidentemente si pone in palese contrasto con i principi di lealtà, correttezza e probità (art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva vigente all’epoca dei fatti) e con il divieto di divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o indirettamente, presso i soggetti non autorizzati a riceverle (art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva vigente all’epoca dei fatti). Innanzitutto, dalle conservazioni captate emerge chiaramente che il sig. …, tesserato – come si vedrà in seguito – dell’ASD Real Reggio affiliata alla FIGC all’epoca dei fatti, gestiva una propria rete di raccolta illegale di scommesse attraverso molteplici agenzie e usufruendo di siti di scommesse quali betclu, fullbetter, europabet24, sportbet75, premierwin365 e dominobet.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 055CFA del 4 Marzo 2020

Decisione Impugnata: Decisione assunta dal Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Puglia della LND, di cui al Com. Uff. n. 66 del 23 Gennaio  2020 del predetto Comitato, con la quale sono state inflitte le seguenti sanzioni: “ammenda di 1000 euro, nonché 1 punto di penalizzazione da scontarsi nel campionato in corso

Impugnazione Istanza: A.S.D. U.G. MANDURIA SPORTO - PROCURA FEDERALE)

Massima: Confermata la decisione del TFT che ha sanzionato la società per i fatti ascritti al proprio legale rapp.te ovvero per la violazione dell’art. 7, comma 7, CGS in vigore fino al 16.6.2019 (art. 30, comma 7, vigente CGS), per non aver informato la Procura Federale dell’illecito sportivo – riguardante la gara A.S.D. A. Toma Maglie – U.S.D. Avetrana del 10.4.2016, valevole per il girone B del campionato di Promozione pugliese, stagione sportiva 2015 – 2016 – posto in essere dal sig. …, all’epoca dei fatti soggetto che svolgeva attività rilevante ai sensi dell'art. 1 bis, comma 5, CGS in vigore fino al 16.6.2019 (art. 2, comma 2, vigente CGS) all'interno e nell'interesse della A.S.D. Pro Italia Galatina, nonché persona alla quale era riconducibile il controllo e la gestione di tale società; in particolare, …. di aver appreso, nel corso di una telefonata intercorsa in data 8.4.2016 con il sig. …., che quest’ultimo aveva già posto in essere condotte volte ad alterare il regolare svolgimento della gara sopra indicata…Al riguardo, anche in tal caso, conviene riepilogare gli approdi giurisprudenziali cui è giunta questa Corte Federale d’appello: colui che pur non ponendo in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, è a conoscenza («in qualunque modo») che altri abbiano adottato o stiano per adottare comportamenti volti al predetto fine, ha l’obbligo di denunziare i fatti alla Procura federale e, in difetto, rimane soggetto alla sanzione disciplinare relativa alla omissione di cui trattasi, seppur non risponde dell’illecito sportivo a titolo principale (CGF n. 93-2013/2014; CFA n. 5-2017/2018; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 18-2018/2019); l’obbligo di denuncia sorge non appena il tesserato venga a sapere che stia per essere (o sia stato già realizzato) un illecito sportivo; in tale prospettiva, ai fini dell’integrazione degli estremi della violazione è sufficiente che i tesserati abbiano avuto rapporti con persone che anche solo “stiano per porre in essere” gli atti indicati al comma 1 (CAF, C.U. n. 10/C del 23 Settembre  2004; CGF n. 93-2013/2014; CFA n. 5-2017/2018; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 18-2018/2019); la violazione presuppone in ogni caso che un illecito sia stato consumato o sia in corso: cioè un illecito determinato o determinabile (CAF, C.U. n 7/C del 9 Settembre  2004; CGF n. 93- 2013/2014; CFA n. 5-2017/2018; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 18-2018/2019); altro presupposto imprescindibile è l’effettiva conoscenza dell’illecito o del suo tentativo (CGF n. 93-2013/2014; CFA n. 5-2017/2018; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 18-2018/2019); l’obbligo di denuncia trova causa non già nella semplice percezione di un sospetto vago ed indeterminato sulla lealtà sportiva di un tesserato, occorrendo quanto meno il fumus di un comportamento (“atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”) riconducibile alla fattispecie di illecito sportivo (già consumato od ancora in itinere: “siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti”) (CGF n. 93-2013/2014; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 18-2018/2019); la ratio e la lettera della norma sono chiare nell’escludere che colui che sia venuto a conoscenza di un sospetto concreto e determinato possa delibarne preventivamente la verosimiglianza ed apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali (CD c/o LNP, C.U. n. 198 del 9 Giugno 1980; CGF n. 93-2013/2014; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 18-2018/2019); affinché possa dirsi integrata la fattispecie dell’omessa denuncia si rende necessaria l’esistenza di una percezione effettiva e reale del compimento di atti illeciti da parte di altri soggetti appartenenti al contesto sportivo di riferimento; al contrario non sarebbe sufficiente, ai fini dell’affermazione di responsabilità per la violazione, un semplice sospetto o un mero presentimento (CGF n. 93-2013/2014; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 18-2018/2019); l’incolpato, per rispondere della violazione dell’obbligo di denuncia, deve non solo aver compreso la portata degli atti costituenti illecito disciplinare, ma anche averne colto la loro antigiuridicità e il relativo disvalore sportivo; è quindi necessario ma anche sufficiente, che «l’agente abbia la consapevolezza del fatto che sia in corso la commissione di un illecito sportivo e sia in grado di percepirne l’antigiuridicità»  (TNAS, 12 Ottobre 2012, lodo “Portanova”; CGF n. 129-2013/2014; CFA n. 5-2017/2018; CFA n. 30-2017/2018; CFA n. 18-2018/2019). Orbene, applicando i suddetti consolidati principi giurisprudenziali alla fattispecie che qui ci occupa, questo Collegio ritiene che, nel caso di specie, non vi sia dubbio che il sig. S. abbia avuto chiara percezione dell’illecito sportivo che l’interlocutore stava per porre in essere o aveva intenzione di porre in essere. Per inciso, come già accertato da precedenti pronunce della giustizia sportiva, in atti richiamate, l’illecito di cui trattasi risulta, poi, essere stato effettivamente realizzato.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONI UNITE: DECISIONE N. 0051/CFA DEL 17 Febbraio  2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio, pubblicata con il comunicato ufficiale n. 209 del 20.12.2019 LND Comitato Regionale Lazio (dispositivo) e il comunicato ufficiale n. 242 del 17.1.2020 LND Comitato Regionale Lazio (motivazioni), comunicato il 20.1.2020

Impugnazione Istanza: (Procura Federale Interregionale/B.A., A.V.B., F.A., M.M., B.A., B.S., G.S..

Massima: Annullata la decisione di primo grado e per l’effetto sanzionati i deferiti per illecito sportivo e dunque per la  violazione dell’art. 7 commi 1 e 2 CGS perché sulla base del referto arbitrale e successive indagini è emerso che durante la gara del Campionato di Prima Categoria e precisamente negli ultimi minuti del secondo tempo, i calciatori di tale ultima squadra “omettevano di profondere un qualsivoglia impegno agonistico ed, in alcune occasioni, tentavano di favorire platealmente la squadra avversaria”;  inoltre,  al  44’  minuto,  il  calciatore  … (della  San  Lorenzo  Nuovo) realizzava volontariamente un’autorete. Per parte sua, l’allenatore della San Lorenzo Nuovo, pur squalificato per quella gara, si posizionava, come si legge nella predetta decisione, in prossimità della rete di recinzione che delimitava il recinto di gioco e, appreso l’esito di altra gara del medesimo campionato, chiedeva ai propri calciatori di non impegnarsi e di scagliare la palla fuori dal campo di gioco. La partita terminava con la vittoria per 3-1 in favore dello Sporting Bagnoregio..... l’art. 7 del “vecchio” CDS (che corrisponde integralmente all’art. 30 del “nuovo”) recita:” il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo (comma 1). Le società e i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili (comma 2)”. Ne consegue che ritenere che il carattere della fraudolenza, per essere rilevante, si debba “manifesta[re] occultamente” (testuale), oltre a costituire un’evidente contraddizione logico- semantica al limite dell’ossimoro (ciò che si manifesta non può essere occulto), costituisce un arbitrario quid pluris introdotto dall’interprete in una fattispecie che, viceversa, altro non richiede che l’operato degli agenti sia semplicemente (ma, come è ovvio, riconoscibilmente) diretto alla alterazione dello svolgimento o del risultato di una gara o anche a determinare anomali sconvolgimenti della classifica. E ciò, si badi bene, “con qualsiasi mezzo”. Inoltre è certamente vero, come osserva il Procuratore, che neanche la provenienza dall’esterno dell’imput volto ad influenzare la condotta di gioco costituisce elemento della fattispecie. In sintesi: il Tribunale ha escluso la sussistenza della fattispecie disciplinare contestata perché ha rilevato l’assenza di alcuni elementi costitutivi che la fattispecie stessa non prevede affatto, ma che – a quanto pare – ha inteso introdurre (senza adeguata giustificazione) il Tribunale medesimo. L’errore di diritto dunque è palese e va corretto in radice. In merito non ci si può che richiamare alle precedenti pronunzie giurisprudenziali (nonché alla unanime dottrina), le quali hanno chiarito che quello ex art. 7 CGS previgente (testualmente riprodotto, come si è visto, nell’art. 30 del codice in vigore) è “un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo. Si tratta, dunque […] di una fattispecie di illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza, appunto, anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica” (ex multis: CGF 27 Agosto 2015 C.U. 016/CFA riunione 27 Agosto 2015, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 2 Agosto 2016, n. 34, conforme: CGF, 19 Agosto 2011, C.U. n. 032/CGF del 2.9.2011). Per altro, nel caso in esame, due dei tre eventi alternativamente previsti quali circostanze aggravanti dal secondo comma dell’art. 7 (alterazione dello svolgimento della gara e del risultato della stessa), ebbero certamente a verificarsi. In sintesi: la (normativamente prevista) anticipazione della soglia di punibilità, imposta dal comma 1, resta, nel caso in esame, comunque assorbita dall’effettivo verificarsi dell’evento; il che, per altro, determina, da un lato e per espresso dettato della norma stessa, la conseguenza di rendere ancor più significativo il vulnus che la condotta antigiuridica causa, giustificando una più severa repressione, dall’altro, di agevolare, sul piano probatorio, il compito del giudicante, atteso che, appunto, proprio il verificarsi dell’evento (rectius: degli eventi) rende superflua ogni indagine circa la idoneità e inequivocità degli atti, indagine che, viceversa, sarebbe stata necessaria nel caso ci si fosse trovati al cospetto della “ipotesi semplice” (vale a dire, non aggravata - appunto - dall’evento). D’altronde la giurisprudenza penale di legittimità (cfr. Cass pen. sez. 3, sent. 36350 del 2015), nel definire la limitrofa fattispecie incriminatrice della frode sportiva ex art. 1 legge 401/1989 (per la cui realizzazione tuttavia è necessaria anche l’offerta o promessa di denaro o altra utilità) ha avuto modo di chiarire: a) che il bene giuridico tutelato è quello “ultraindividuale” della lealtà e correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche; b) che la fattispecie delinea un delitto di attentato a forma libera, di pura condotta, in cui la soglia della punibilità è anticipata al compimento di un'attività finalizzata ad alterare lo svolgimento della competizione, sicché lo stesso si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la promessa o l'offerta di un vantaggio indebito o la commissione di ogni altra condotta fraudolenta, non essendo necessario che il risultato agonistico sia in concreto alterato. Conclusivamente sul punto, pertanto, si deve affermare che l’illecito sportivo, come delineato dal “vecchio” e dal “nuovo” CGS, consiste in una condotta causalmente orientata, dal momento che la sua integrazione non dipende dal compimento di azioni puntualmente descritte dalla norma, la quale si limita a tipizzare il mero profilo causale della condotta stessa. Rileva, in altre parole, nell’ipotesi semplice, la mera condotta finalizzata alla realizzazione dell’evento  contra  jus  e,  nella  forma  aggravata,  la  causazione  di  detto  evento;  ciò  a prescindere dalle modalità con le quali l’evento stesso sia stato perseguito o conseguito. Nella forma semplice, dunque, la fattispecie ha la struttura del tentativo (art. 56 cod. pen.), trattandosi, come premesso, di una fattispecie a consumazione anticipata, dovendo quindi l’azione o l’omissione dell’agente rivestire i caratteri della idoneità e della non equivocità; nella  forma  aggravata,  la  fattispecie  ha  struttura  del  fatto  illecito  aggravato,  appunto, dall’evento. Né si dica che, a tal punto, risulta incerto il confine tra illecito sportivo “semplice” (vale a dire non aggravato) e comportamento (gravemente) antisportivo (art. 39 CGS in vigore). Ciò invero potrebbe sostenersi solo se non si tenesse conto della natura dell’elemento psicologico, caratterizzato nel primo caso (illecito sportivo), da un evidente dolo specifico (in quanto l’agente deve avere operato, non solo con coscienza e volontà, ma al precipuo scopo di alterare svolgimento e/o risultato della gara o modificare arbitrariamente la classifica). Nel secondo caso, si tratta di generici comportamenti violativi dei doveri di lealtà, correttezza e probità, che ben possono essere tenuti senza alcun ulteriore, specifico fine. Si tratta, insomma, di un rapporto di genere (comportamento antisportivo) a specie (illecito sportivo). Invero, in un ordinamento sanzionatorio a tipicità debole, quale certamente è quello sportivo, la compiuta definizione dell’illecito sportivo, descritto con puntuale precisione, sia nella condotta che, appunto, nella sua componente psicologica, rappresenta una evidente eccezione.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE III : DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N. 35/CFA DEL 18/01/2020 motivi con riferimento al COM. UFF. N. 073/CFA del 06.02.2019

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Calabria - Com. Uff. n. 74 del 5.12.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ ASD FUTSAL POLISTENA C5 AVVERSO LE SANZIONI: INIBIZIONE PER MESI 12 E AMMENDA DI € 500,00 INFLITTE AL SIG. D.D.L., ALL’EPOCA DEI FATTI DIRIGENTE DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1, 7, COMMA 7 E 15 C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 30, COMMA 4 STATUTO FEDERALE; PENALIZZAZIONE DI PUNTI 3 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA E AMMENDA DI € 500,00 INFLITTE ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 2 C.G.S.; SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 2420/1324 PF 17-18 CS/SDS DEL 12.9.2018

Impugnazione Istanza:RICORSO DELLA SOCIETA’ ASD CITTA’ DI COSENZA C5 AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO DEL CAMPIONATO IN CORSO INFLITTA ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 2420/1324 PF 17-18 CS/SDS DEL 12.9.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. D.E. (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRIGENTE DELLA SOCIETÀ ASD CITTÀ DI COSENZA C5) AVVERSO LA SANZIONI: INIBIZIONE PER ANNI 4; AMMENDA DI € 2.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 2420/1324 PF 17-18 CS/SDS DEL 12.9.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. F.G. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ ASD CITTÀ DI COSENZA C5) AVVERSO LA SANZIONI: INIBIZIONE PER ANNI 4; AMMENDA DI € 2.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 2420/1324 PF 17-18 CS/SDS DEL 12.9.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ ASD FUTSAL POLISTENA C5 AVVERSO LE SANZIONI: INIBIZIONE PER MESI 12 E AMMENDA DI € 500,00 INFLITTE AL SIG. DE DOMENICO LETTERIO, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRIGENTE DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1, 7, COMMA 7 E 15 C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 30, COMMA 4 STATUTO FEDERALE; PENALIZZAZIONE DI PUNTI 3 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA E AMMENDA DI € 500,00 INFLITTE ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 2 C.G.S.; SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 2420/1324 PF 17-18 CS/SDS DEL 12.9.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ ASD CITTA’ DI COSENZA C5 AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO DEL CAMPIONATO IN CORSO INFLITTA ALLA RECLAMANTE A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA E OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  NOTA  2420/1324  PF  17-18  CS/SDS  DEL  12.9.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. D.E. (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRIGENTE DELLA SOCIETÀ ASD CITTÀ DI COSENZA C5) AVVERSO LA SANZIONI: INIBIZIONE PER ANNI 4; AMMENDA DI € 2.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 2420/1324 PF 17-18 CS/SDS DEL 12.9.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. F.G. (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ ASD CITTÀ DI COSENZA C5) AVVERSO LA SANZIONI: INIBIZIONE PER ANNI 4; AMMENDA DI € 2.000,00; INFLITTE AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1 E 2 C.G.S. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE NOTA 2420/1324 PF 17-18 CS/SDS DEL 12.9.2018

Massima: Accolto il ricorso proposto dalla società ASD Futsal Polistena C5 e, per l’effetto, ridotta la sanzione della penalizzazione in classifica a punti 2 e confermata l’ammenda ad € 500,00 per la società per la violazione di cui all'art. 4, comma 2 del C.G.S., per le condotte ascritte al proprio dirigente al quale viene ridotta l’inibizione a mesi 10 e conferma l’ammenda ad € 500,00: violazione di cui agli artt. 1 bis, comma 1 (principi di lealtà, correttezza e probità) e 7, comma 7 (illecito sportivo ed obbligo di denuncia), e 15 (violazione della clausola compromissoria), del Codice di Giustizia Sportiva, e art. 30 (efficacia dei provvedimenti federali, vincolo di giustizia e clausola compromissoria), comma 4, dello Statuto Federale, per non aver informato la Procura Federale della FIGC, pur essendo venuto a conoscenza già a far data del 30.03.2018, di un tentativo di illecito sportivo per la gara “Futsal Polistena-Città di Cosenza” che si sarebbe disputata il 07.04.2018, valevole per il campionato di calcio a 5 di serie C 2017/2018, e per non aver richiesto la preventiva autorizzazione ai competenti organi federali prima del ricorso alla giurisdizione statale penale consistito nella proposizione della querela in data 12.04.2018 nei confronti di …., presidente della società Cosenza C5, per le dichiarazioni asseritamente diffamatorie da questo rilasciate agli organi di stampa all’indomani della gara Futsal Polistena-Città di Cosenza del 07.04.2018. Prosciolti gli altri…Tutte le difese hanno negato nei motivi di gravame il verificarsi degli eventi. In via generale, va precisato che, seppur corretto quanto rappresentato nella motivazione dal giudice di prime cure, nella parte in cui si affronta il tema del principio della presunzione di non colpevolezza, e della diversità tra l’ordinamento “sportivo” e quello “penale”, in forza del quale l'imputato può essere condannato soltanto in presenza di prove dimostrative della commissione del reato oltre ogni ragionevole dubbio, mentre nell’ordinamento sportivo, la dimostrazione della colpevolezza soggiace a un sistema probatorio notevolmente ridotto. In sintesi, ai fini dell'accertamento della violazione disciplinare sportiva e della conseguente affermazione della responsabilità, non necessita la certezza assoluta della commissione dell'illecito e, tanto meno, il superamento del principio di ogni ragionevole dubbio, essendo sufficiente un grado inferiore di certezza, ragionevole, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti. Ragionevole certezza, che a parere di questo Collegio non è stata raggiunta nel presente procedimento. In particolare, il contributo correttamente definito auto ed etero accusatorio, offerto dal …, non soddisfa questa Corte per poter connotare l’illecito sportivo, che, pertanto, viene a cadere. Resta in piedi il capo di incolpazione nei confronti del … e della società Futsal Polistena C5 per responsabilità oggettiva, relativo alla violazione della clausola compromissoria di cui all’articolo 30 dello Statuto FIGC, per aver disatteso il vincolo di giustizia sportiva sporgendo denuncia/querela davanti alla Procura della Repubblica nei confronti del Presidente della ASD Città di Cosenza C5. Per il reato di diffamazione è da dirsi che il vincolo in questione rappresenta l’obbligo di ogni tesserato di accettare diritti e doveri che scaturiscono - al momento del tesseramento/affiliazione - dalla sottoscrizione della cosiddetta clausola compromissoria, compreso l’impegno di rivolgersi per la risoluzione delle controversie nascenti dall’attività sportiva solo ed esclusivamente agli Organi federali competenti fatta salva la facoltà di chiedere alla Federazione la preventiva autorizzazione ad adire - in deroga - per gravi ragioni di opportunità, la giurisdizione statale. Sul punto, essendo i fatti documentati e riscontrati dalla stessa Procura federale, tenendo conto della giurisprudenza consolidata di questa Corte che non lascia spazio per l’eventuale riforma del capo di incolpazione, il Collegio può solo rideterminare le sanzioni inflitte nei confronti del … e della società Futsal Polistena C5 come in dispositivo.

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