Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 84 del 29/09/2021 – Ivo Pulcini – Fabio Rodia – S.S. Lazio S.p.a./Procura Federale Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 84
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SEZIONI UNITE
composto da
Franco Frattini - Presidente
Laura Santoro - Relatrice
Vito Branca
Alfonso Celotto
Attilio Zimatore - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 60/2021, presentato congiuntamente, in data 1° giugno 2021, dai dottori Ivo Pulcini e Fabio Rodia e dalla S.S. Lazio S.p.A., rappresentati e difesi dall’avv. Gian Michele Gentile,
contro
la Procura Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio,
per la riforma
della sentenza della Corte Federale d'Appello della FIGC n. 103/CFA 2020-2021, assunta in data 7 maggio 2020 e comunicata in pari data, con la quale è stato respinto il reclamo proposto per la riforma della decisione emessa dal Tribunale Federale Nazionale della FIGC in data 26 marzo/6 aprile 2021 n. 132 TFN/SD e, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale, sono state inflitte al dott. Ivo Pulcini la sanzione dell’inibizione per dodici mesi; al dott. Fabio Rodia la sanzione dell’inibizione per dodici mesi; alla società S.S. Lazio S.p.A. l’ammenda pari ad euro 200.000,00 e al dott. Claudio Lotito la sanzione dell’inibizione per dodici mesi.
Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). Uditi, all’udienza del 7 settembre 2021, il difensore delle parti ricorrenti - dottori Ivo Pulcini e Fabio Rodia e S.S. Lazio S.p.A. - avv. Gian Michele Gentile; l'avv. Giancarlo Viglione, assistito dall'avv. Noemi Tsuno, nonché il Procuratore Generale dello Sport, Pref. Ugo Taucer, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Ieradi, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, prof.ssa Laura Santoro.
Ritenuto in fatto
Con ricorso depositato in data 1° giugno 2021, i dottori Ivo Pulcini e Fabio Rodia e la S.S. Lazio S.p.A. hanno adito il Collegio di Garanzia dello Sport al fine di ottenere la riforma della sentenza emessa dalla Corte di Appello Federale della FIGC n. 103/CFA/2020-2021 - in data 7 maggio comunicata in pari data con la quale è stato respinto il reclamo proposto avverso la sentenza emessa dal Tribunale Federale Nazionale della FIGC in data 26 marzo/6 aprile 2021, n. 132 TFN-SD, con la quale, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale, sono state inflitte ai tesserati ricorrenti la sanzione della inibizione per dodici mesi ed alla società ricorrente, a titolo di responsabilità oggettiva ex art. 6, co. 2, CGS, la sanzione dell’ammenda pari ad euro 200.000,00 perché ritenuti responsabili della violazione dell’art. 4 comma del CGS dell’art. 44, co. 1, delle NOIF e dei Protocolli Sanitari FIGC (“Indicazioni per la RIPRESA degli Allenamenti delle Squadre di Calcio Professionistiche e degli arbitri” del maggio 2020 “Indicazioni generali per la pianificazione organizzazione e gestione delle gare di calcio professionistico in modalità ‘a porte chiuse’ finalizzate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID- 9” versione  22 giugno2020  on l’aggiornamento degli “ Aspetti Medici” del 28 settembre “ Aggiornamento dei Protocolli Allenamenti e Gare per le Squadre di Calcio Professionistiche la Serie A Femminile e gli Arbitri Stagione 2020/2021” del 30 ottobre 2020) e delle Circolari del Ministero della Salute del 18 giugno 2020 (prot. n. 21463), 12 ottobre 2020 (prot. n. 32850) e 30 ottobre 2020 (prot. n. 35324), nonché di quanto previsto dal C.U. n. 8 FIGC del 1° settembre in caso di “Mancata osservanza dei Protocolli Sanitari” in riferimento alle condotte indicate nell’atto di deferimento alle lett. a) b) ) e) ed f), e precisamente:
- per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19 di otto tesserati, riscontrata, in data 27 ottobre 2020, dal laboratorio Synlab, con sede a Calenzano (FI), a seguito dell’effettuazione dei tamponi c.d. “UEF ” del 26 ottobre 2020, in vista dell’incontro di Champions League Brugge - Lazio del 28 ottobre 2020, e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei “ contatti stretti” dei tesserati positivi, e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “ positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi” ovvero dei c.d. “ contatti stretti” dei tesserati “ positivi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19;
- per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19 di otto tesserati, riscontrata, in data 3 novembre 2020, dal laboratorio Synlab, con sede a Calenzano (FI), a seguito dell’effettuazione dei tamponi c.d. “UEF ” del 2 novembre 2020, in vista dell’incontro di Champions League Zenit - Lazio del 4 novembre 2020, e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei “ contatti stretti” dei tesserati “ positivi” e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “ positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi” ovvero dei c.d. “ contatti stretti” dei tesserati “ o positivi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19;
- per non aver tempestivamente comunicato alle ASL locali competenti la positività al Covid-19 di tre tesserati (Vavro, Escalante, Djavan Anderson), riscontrata, in data 30 ottobre 2020, dal laboratorio Futura Diagnostica di Avellino, utilizzato dalla S.S. Lazio S.p.A. per i tamponi, in vista dell’incontro di campionato Torino - Lazio del 1 novembre 2020, e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei “ contatti stretti” dei tesserati “ positivi” e per non aver “ concordato” on le ALS locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “ positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19;
- per non avere sottoposto all’obbligatorio periodo di isolamento, in caso di asintomaticità di almeno giorni a far data dal risultato del tampone del 26 ottobre 2020 come previsto dalla Circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020 il calciatore Ciro Immobile il quale è stato utilizzato nell’incontro Torino - Lazio del 1° novembre 2020, entrando al minuto 56 del secondo tempo;
- per non avere sottoposto al periodo di isolamento in caso di asintomaticità, di almeno 10 giorni, a far data dal risultato del tampone del 2 novembre 2020, come previsto dalla Circolare Ministeriale del 12 ottobre 2020, il calciatore Djavan Anderson, e, conseguentemente, per averlo inserito nella distinta gara dell’incontro Lazio - Juventus dell'8 novembre 2020.
I ricorrenti hanno affidato il proprio ricorso ai seguenti motivi:
1) Violazione dei principi costituzionali in materia di indipendenza dell’organo, nullità della prorogatio sine die del giudice.
I ricorrenti, richiamando le sentenze della Corte costituzionale n. 49/1968, n. 25/1976 e n. 208/1992, lamentano la violazione del principio secondo cui l’indipendenza di un organo giudicante è esclusa dalla prospettiva del reincarico dei suoi componenti stante la temporaneità degli incarichi degli organi della giustizia sportiva e la possibilità del loro rinnovo alla scadenza. I ricorrenti lamentano, inoltre, che al momento della decisione di primo grado le cariche dei componenti del TFN erano scadute e in assenza di un’espressa previsione di proroga nelle arte federali, con C.U. del 10 luglio 2020, n. 12, le stesse erano state prorogate sino al 30 giugno 2021 senza he la FIGC ne ave e la facoltà giacché “la facoltà di nomina del giudi ce” sarebbe “riservata al CONI” e stante d’altra parte l’insussistenza di “un principio generale di prorogatio” secondo quanto sancito dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 208/1992.
2) Violazione o errata applicazione degli artt. 112 c.p.c., 521 c.p.p. e 7 legge 300/70. Nullità della sentenza a sorpresa.
I reclamanti contestano che nel corpo della sentenza della CFA non v’è alcun “richiamo alle fonti regolamentari delle condotte che sarebbero state violate da parte dei deferiti come indicate nella contestazione” e invece la loro responsabilità sarebbe stata fondata sulla violazione del C.U. n. 78 il quale sarebbe “inapplicabile per non essere ancora entrato in vigore al momento dei fatti” degli artt. 257 e 260 T.U. leggi sanitarie i quali sarebbero “erroneamente richiamati” e infine sul “ricorso a concetti generici di carattere etico” tramite il richiamo “dell’art. 8 del codice deontologico” con l’effetto che la decisione della CFA avrebbe “ travolto il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato” e correlativamente violato il diritto di difesa.
3) Errata applicazione del C.U. FIGC n. 78/A del 2020. Violazione dell’art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Violazione dell’art. 2 della legge n. 689/81. Violazione del combinato disposto degli artt. 27, comma 2, dello Statuto FIGC e 7, comma 5, lett. L), dello Statuto CONI.
I ricorrenti lamentano che, alla data del fatto contestato ai medici deferiti, 26 ottobre - 7 novembre 2020 “il C.U. 78 del 2021 non era norma incriminatrice costituendo il Comunicato soltanto una proposta di norma sanzionatoria Anticovid, non ancora trasformata, attraverso la procedura “legislativa” prevista dal CONI in norma sanzionatoria in vigore”. Secondo quanto affermato dai ricorrenti, la CFA avrebbe errato nel ritenere che il citato C.U. n. 78/A non avesse “al una portata innovativa” né addirittura “al un contenuto normativo” rispetto al precedente C.U. n. 210/A, aggiungendo che gli addebiti disciplinari a carico dei tesserati sono stati formulati ai sensi degli artt. 4, co.1, CGS e 44, co. 1, NOIF, “vale a dire per la violazione degli onnicomprensivi principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva e per il mancato rispetto di sottoporre - in maniera tempestiva ed efficace - gli atleti agli accertamenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti, oltre che dalle altre disposizioni vigenti in ambito sportivo”. Osservano in proposito i ricorrenti che alla data in cui sono stati commessi i fatti di cui si discute, il C.U. n. 210/A non era più vigente, posto che esso si riferisce ai fatti accaduti nella stagione 2019/2020 e d’altra parte il C.U. n. 78/A, per risultare applicabile nel giudizio de quo avrebbe avuto necessità dell’approvazione da parte del CONI, rappresentando un’innovazione del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC.
4) Errata applicazione della norma integratrice della fattispecie sanzionatoria, non recepita alla data del 28 ottobre 2020. Carenza di giurisdizione.
I ricorrenti lamentano che “larga parte della condanna muove dal presupposto che i test effettuati in vista delle competizioni UEFA, che sono svolti da centri dedicati e che rispondono ad un distinto ed apposito Protocollo approvato dalla UEFA, avrebbero efficacia diretta nel campionato di Serie A, il quale invece risponde ad un distinto protocollo approvato dalla FIGC”. I ricorrenti in proposito evidenziano che nessuno dei documenti federali richiamati nell’atto di incolpazione reca “alcun cenno alla disciplina UEFA ” mentre “il recepimento a livello federale del protocollo UEFA e dei relativi test nel sistema degli accertamenti avviene soltanto il 18 novembre 2020” con l’adozione delle Raccomandazioni medico-sanitarie per la Lega Serie A del 18 novembre 2020 elaborate dalla FMSI.
I ricorrenti contestano, inoltre, il difetto di giurisdizione degli organi di giustizia sportiva della FIGC riguardo alle condotte contestate in riferimento alle due partite del campionato di Champions League del 28 ottobre 2020 (Brugge - Lazio) e del 4 novembre 2020 (Zenit - Lazio), stante che “il giudice disciplinare che può accertare eventuali violazioni a dette norme ed irrogare le relative sanzioni” dovrebbe identificarsi in “ quello designato dall’organizzatore del torneo individuato dalle Uefa Disciplinary Regulations”.
5) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
I ricorrenti contestano la premessa sulla quale la CFA ha fondato la sua decisione, secondo cui “i medici hanno l’obbligo di segnalare i dati di sospetto contagio covid e che il non farlo costituisce condotta loro direttamente addebitabile secondo lo schema penalistico del reato omissivo proprio” rilevando, di contro, che “le responsabilità sono solo quelle stabilite dalle norme codificate in vigore” e tali norme “non dicono che la comunicazione alla ASL dell’esito del tampone spetta alla società o al sanitario”. I ricorrenti lamentano, inoltre, che la CFA non avrebbe tenuto “ conto delle condotte positive messe in campo dai sanitari” limitandosi invece “a dire he la (non dovuta) comunicazione al SISP sarebbe stata del tutto irrituale ed inadeguata” omettendo totalmente “di considerare il contenuto della comunicazione del 29 ottobre al SISP” non ché “le procedure relative ai tamponi covid” secondo il “ punto di vista de li illustri sanitari”, i cui pareri sono stati prodotti dagli stessi ricorrenti.
6) Errata applicazione dei protocolli sanitari finalizzati al contenimento dell’emergenza epidemiologica da covid 19 emanati dalla FIGC. Violazione e falsa applicazione delle circolari del Ministero della Salute nn. 21463/2020 e 32850/2020 e dei corrispondenti protocolli FIGC. Violazione e falsa applicazione del protocollo di aggiornamento del 30 ottobre 2010.
I ricorrenti osservano che dall’esame dei Protocolli anti-covid adottati dalla FIGC e delle Circolari ministeriali applicabili alla fattispecie in esame risulta che “tutto il sistema ruota intorno alla competenza esclusiva dell’operatore di sanità pubblica del Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente (…). Ne deriva che isolamento dei positivi quarantena dei negativi e misure circa i contatti stretti esulano dalle attribuzioni del medico sociale; nessuna delle prescrizioni della FIGC assegna quelle funzioni ai medici sociali, soggetti privati che non possono e ere investiti di poteri di sanità pubblica”.
I ricorrenti osservano, inoltre, che, relativamente alla sussistenza dei presupposti in base ai quali possa dirsi accertata la positività di un soggetto, la normativa in materia di covid non fa mai conseguire tale accertamento alla mera effettuazione di un test ( o la circolare 21463/2020), stante che la stessa circolare sopra richiamata distingue i casi probabili da quelli confermati; dunque, “l’accertamento dell’infezione o costituisce il frutto di una decisione del sanitario che ha ricevuto il tampone positivo che tale scelta assume sotto la sua responsabilità all’esito di una valutazione dei dati di cui dispone” come risulta confermato dai pareri pro veritate sopra menzionati. Contesta infine la decisione della CFA nella parte in cui la stessa “ha omesso di attribuire rilievo all’affidamento della Lazio” ingenerato dal comportamento del SISP interpellato dalla stessa Lazio.
7) Violazione del principio di gradualità e proporzionalità della sanzione.
I ricorrenti lamentano la severità della sanzione inflitta dalla CFA fondata sulla valutazione del comportamento dei ricorrenti in termini di “inescusabile irresponsabilità, di tentativo di addebitare solo ad altri la responsabilità delle significative omissioni poste in essere, di inammissibile pretesa di agire legibus solutus, al fine di assicurare un alto livello di performance atletica alla squadra con l’esposizione a rischio degli atleti stessi e di coloro che sono entrati in contatto con i suddetti”. La Corte d’altra parte non avrebbe “ preso in considerazione che come risulta dagli atti, nessuno dei giocatori risultati positivi è mai sceso in campo; tutti i giocatori positivi sono stati posti in isolamento; tutti i giocatori risultati positivi sono stati indicati al SISP dai laboratori; l’unico giocatore sceso in campo, Immobile, era stato positivo al tampone UEFA e negativo ad altri tre tamponi FIGC, presentando seri e fondati dubbi sull’esito del primo; la stessa direttrice Synlab ha dichiarato che i tamponi presentano errori derivanti dai reagenti usati ed il Synlab ha usato reagenti inadeguati tanto che la Regione Toscana gli ha revocato la convenzione”. I ricorrenti lamentano inoltre he la CFA non avrebbe neppure considerato “ che la Lazio si è data per tempo un’organizzazione dedicata” che “vanta 17 sanitari” ed “ha espletato dall’inizio ad oggi oltre 3000 tamponi (con un costo pari a circa un milione di Euro)” né avrebbe tenuto in debito conto “la fase di prima applicazione delle discipline di riferimento prive all’inizio di carattere organico ed aggiornate di volta in volta per tentativi”.
I ricorrenti hanno concluso, quindi, chiedendo al Collegio di Garanzia dello Sport di accogliere il reclamo, con l’annullamento della impugnata decisione della CFA .
Con memoria depositata in data 11 giugno 2021, si è costituita in giudizio la FIGC eccependo l’inammissibilità del ricorso in quanto diretto ad un riesame nel merito della vicenda, e l’infondatezza dello stesso, riportandosi agli atti della Procura Federale e riservandosi di ulteriormente controdedurre con successiva memoria. Con memoria del 2 luglio la FIGC ha rinnovato l’eccezione di inammissibilità del ricorso perché diretto ad un riesame nel merito con riguardo in specie tra l’altro al sindacato sulla gradualità della pena. In merito al primo motivo di ricorso, la resistente eccepisce che la proroga degli Organi di Giustizia Sportiva è stata assunta in seno alla riunione del Consiglio Federale, di cui al C.U. n. 12/2020 del 10 luglio 2020, cui ha partecipato il Presidente della S.S. Lazio S.p.A. esprimendo voto favorevole. La resistente, quindi, dopo aver operato una ricostruzione dei referenti normativi, di fonte statale e federale, applicabili alla fattispecie de qua, rileva che, in ragione del rinvio operato dal Protocollo sanitario del 22 giugno 2020 alla Circolare del Ministero della Salute del 18 giugno 2020 e, a sua volta, al Parere n. 88, emerge evidente l’obbli o delle società professionistiche di provvedere sia all’immediato isolamento in quarantena del soggetto risultato positivo sia alla immediata segnalazione alle autorità competenti, richiamando, a supporto di quanto sostenuto, la decisione di questo Collegio n. 1/2021. In riferimento al C.U. n. 78/A, di cui al secondo ed al terzo motivo di ricorso, la resistente eccepisce che, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, la sua approvazione da parte del CONI non è necessaria, poiché non si è in presenza di una modifica del Codice di Giustizia Sportiva, bensì della introduzione di una disciplina sanzionatoria speciale che rientra tra i poteri del Consiglio Federale giusta l’art. 218 del D.L. n. 34/2020. La resistente eccepisce, inoltre, sul punto la mancata impugnazione del C.U. n. 210/A dell’8 giugno 2020, che rappresenta il presupposto del C.U. n. 78/A e che ha seguito lo stesso iter di quest’ultimo della cui validità “i ricorrenti dimostrano di essere consapevoli allorquando patteggiano una sanzione per una condotta contestata dalla Procura Federale e relativa proprio alla violazione del C.U. n. ”. In ordine al motivo di ricorso concernente il difetto di giurisdizione degli Organi di Giustizia della FIGC per fatti commessi nell’ambito di un torneo UEFA la resistente eccepisce l’assoluta irrilevanza ai fini dell’accertamento della responsabilità per mancato rispetto delle prescrizioni anti-covid della circostanza di fatto che i tamponi siano stati “effettuati in vista di una “ gara UEFA ” anziché di una gara di campionato”. Infine, con riferimento alla nota del 29 ottobre 2020 trasmessa dal dott. Ivo Pulcini al SISP territorialmente competente, la resistente rileva come non risponda al vero “ quanto affermato nella te a nota” in merito all’isolamento in via precauzionale dei soggetti risultati positivi e di contro che “dalla semplice lettura della nota de qua emerge per tabulas come la Lazio non abbia comunicato i nominativi dei positivi né dei loro contatti tretti”, pur nella consapevolezza dei protocolli sanitari da rispettare. La resistente ha, quindi, concluso chiedendo al Collegio di dichiarare il ricorso inammissibile e, comunque, respingerlo con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese del giudizio.
Considerato in diritto
In ordine al primo motivo di ricorso va preliminarmente osservato che la temporaneità dell’incarico di componente degli Organi di Giustizia Sportiva una caratteristica connaturata - e invero mai finora discussa - del sistema della stessa giustizia sportiva; essa è sancita formalmente dall’art. 26, comma 3, del CGS, il quale dispone che “i componenti del Tribunale federale e della Corte federale di appello durano in carica quattro anni e il loro mandato non può essere rinnovato per più di due volte”; disposizione ripetuta nelle carte federali e, in specie, per quel che concerne il sistema di giustizia della Federcalcio, dall’art. 34, co. 17, dello Statuto federale.
Contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, il potere di nomina dei componenti degli Organi di Giustizia Sportiva delle diverse Federazioni non è riservato al CONI, ma spetta, invece, a ciascuna Federazione, che lo esercita in base alle liste di candidati che sono predisposte dalla Commissione Federale di Garanzia previa verifica del possesso dei requisiti prescritti dalla normativa regolamentare CONI, nonché degli ulteriori requisiti eventualmente stabiliti da ciascuna Federazione (art. 26 CGS). Pertanto, anche la proroga dell’in ari o al pari della nomina, deve ritenersi di competenza di ciascuna Federazione, a meno che essa non venga espressamente vietata dalla normativa statutaria o regolamentare. Né il CGS, né le carte federali della FIGC, escludono la possibilità di proroga degli Organi di Giustizia Sportiva alla loro scadenza e, invero, a tale prassi si è fatto ricorso da parte di diverse Federazioni e dello stesso CONI per evidenti e ragionevoli esigenze di funzionalità del sistema, come correttamente rilevato dalla CFA.
Il richiamo operato dai ricorrenti alle pronunce della Corte Costituzionale n. 49/1968, n. 25/1976 e n. 208/1992, per fondare la denuncia di illegittimità della decisione del TFN, perché resa in pendenza della proroga degli incarichi dei suoi componenti di cui al C.U. n. 12/2020, è inconferente per le ragioni che seguono.
Come affermato nella citata sentenza n. 25/1976, “il carattere temporaneo della nomina (…) in sede giurisdizionale (…) non contrasta di per sé con i principi costituzionali che garantiscono l’indipendenza e con essa la imparzialità, dei giudici, siano essi ordinari o estranei alle magistrature: a tal fine, infatti, non appare necessaria una inamovibilità assoluta, specie per i cosiddetti membri laici o estranei, che ben possono essere nominati per un determinato e congruo periodo di tempo, senza che perciò venga meno l’indipendenza dell’organo o del singolo giudice”. ’indipendenza a giudizio della Corte costituzionale, è invece compromessa là dove, come nel caso esaminato dalla stessa Corte dei membri del C.G.A. designati dal Governo regionale, si preveda la possibilità di riconferma dell’in ari o secondo un discrezionale apprezzamento dello stesso Governo regionale. La fattispecie oggetto del presente giudizio non è sovrapponibile a quella sopra richiamata giacché, come correttamente osservato dalla CFA, i componenti del C.G.A. sono “adeguatamente retribuiti” e come tali hanno “un obiettivo interesse ad ottenere il reincarico” mentre, come sopra detto, la normativa in materia di giustizia sportiva prevede espressamente la gratuità dei relativi incarichi, in ossequio al principio generale di gratuità che vige in seno all’ordinamento sportivo. Lo stesso ordinamento, peraltro, appronta un articolato ed efficace sistema di incompatibilità volto a garantire l’indipendenza e imparzialità dei componenti degli Organi di Giustizia Sportiva, come ricordato nel parere del Collegio di Garanzia n. 6/2016 richiamato dalla CFA.
Neppure la sentenza n. 49/1968, invocata dai ricorrenti, è confacente alla fattispecie de qua, giacché essa concerne il caso di funzionari che, seppure collocati fuori ruolo all’atto della nomina, nella specie, a componenti degli organi del contenzioso elettorale, continuavano a far parte della amministrazione di provenienza, beneficiando, quindi, dei miglioramenti o avanzamenti di carriera e ritornando nei ruoli di appartenenza allo scadere del termine previsto, mentre i componenti degli Organi di Giustizia Sportiva sono soggetti esterni alla Federazione da cui derivano la loro nomina, né possono aspirare - per il solo fatto di aver svolto un ruolo giudicante - ad un successivo inquadramento professionale in ambito federale.
Con la sentenza n. 208/1992 la Corte Costituzionale ha escluso la vigenza di un “ principio generale di prorogatio a tempo indefinito”; tale prorogatio non è invero riscontrabile nella fattispecie de qua, come correttamente osservato dalla CFA, posto che con il C.U. n. 12/2020 le cariche sono state espressamente prorogate fino al 30 giugno 2021.
Per le ragioni sopra spiegate il primo motivo di ricorso non risulta accoglibile. Non merita accoglimento neppure il secondo motivo di ricorso con il quale si lamenta che la CFA, nel censurare le condotte dei ricorrenti avrebbe modificato l’elemento essenziale della contestazione relativo alla fonte normativa delle stesse condotte censurate, là dove ha fondato la responsabilità dei ricorrenti sulla violazione del C.U. n. 8 dell’art. 5 e T.U. leggi sanitarie e dell’art. 8 del codice deontologico. Sul punto si rileva che la pronuncia della CFA fonda la responsabilità dei ricorrenti sulle medesime condotte delineate nell’atto di deferimento, i cui referenti normativi vengono, peraltro, espressamente richiamati nella stessa pronuncia della CFA e, per ciò che concerne, in particolare, il C.U. n. 78/A, fatti oggetto di specifica valutazione in ordine alla sua efficacia e portata applicativa. Anche il terzo motivo di ricorso non merita accoglimento per la seguente ragione.
Diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, il C.U. n. 78/A non ha modificato il CGS, introducendo una nuova fattispecie di illecito disciplinare, ma ha previsto soltanto, reiterando quanto già sancito dal precedente C.U. n. 210/A in riferimento alla s.s. 2019/2020, le sanzioni specificamente applicabili alle società sportive in caso di violazioni ai protocolli sanitari FIGC commesse nella s.s. 2020/2021. La ratio dei provvedimenti sopracitati, come si evince chiaramente dalla lettura delle premesse, è quella di esercitare una significativa pressione sulle società sportive, attraverso la specifica previsione di date sanzioni disciplinari a loro carico per le violazioni dei protocolli sanitari anti-covid, al fine di garantirne il rispetto. Pertanto, il C.U. n. 78/A, così come parimenti il C.U. n. 210/A, non ha necessitato di approvazione da parte del CONI, che, infatti, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, non v’è stata per alcuno dei citati provvedimenti.
Parimenti infondato è il quarto motivo di ricorso per le ragioni appresso spiegate.
Le violazioni commesse dai ricorrenti, sebbene riferite a controlli effettuati in osservanza di Protocolli UEFA in quanto connessi alla disputa di gare di Champions League, si risolvono, nei limiti di quanto sarà più sotto precisato, nella violazione della normativa domestica, tanto federale quanto statale quest’ultima espressamente richiamata dalla prima.
A tal proposito, giova richiamare l’art. 4 comma 1 CGS, che sancisce “l’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali” e dei “ principi della lealtà della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”; peraltro anche la normativa UEFA di settore (UEFA Return to Play Protocol), per il caso di positività riscontrata in sede di analisi, al par. 7.6 richiama gli obblighi stabiliti dalle autorità sanitarie locali competenti ai quali comunque il medico sociale si deve conformare.
Le violazioni commesse rilevano, dunque, in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva, esponendo gli autori a responsabilità disciplinare nei confronti della Federazione di appartenenza anche se le stesse emergano in riferimento a gare da disputarsi in ambito UEFA, con l’effetto che le stesse sono pienamente sussumibili nell’ambito di applicazione della Giustizia Sportiva della FIGC.
Sono meritevoli, invece, di accoglimento i restanti tre motivi di ricorso, che per ragioni di opportunità vengono trattati congiuntamente.
In sede di accertamento dei fatti svolto nei giudizi di merito è emerso che, con nota del 29 ottobre 2020, il dott. Ivo Pulcini dava seguito ai colloqui telefonici intercorsi con il SISP territorialmente competente in riferimento alla vicenda dei tamponi eseguiti il 26 ottobre 2020 presso il laboratorio Synlab e, in pari data, presso il laboratorio Futura Diagnostica, confermando che detti tamponi avevano dato esito contrastante e che, nelle more dei risultati dei tamponi già programmati per le date del 30 e del 31 ottobre, i soggetti risultati positivi erano stati immediatamente posti in via precauzionale ad isolamento presso il proprio domicilio e sottoposti ai trattamenti terapeutici, secondo le indicazioni dello staff medico preposto alla vigilanza sanitaria. La CFA non ha ritenuto tale comunicazione idonea ad escludere o limitare la responsabilità disciplinare dei medici odierni ricorrenti sul presupposto che sugli stessi “incombeva - proprio in quanto esercenti una professione sanitaria, ancor prima che come componenti dello staff sanitario della S.S. Lazio spa - l’obbli o di immediata segnalazione alla competente autorità dei casi di sospetto contagio da covid 19” richiamando a referente normativo “tanto la legislazione statale, quanto il codice deontologico dell’ordine dei medici e degli odontoiatri”.
Questo Collegio ritiene l’a unto della CFA, sopra riferito, non condivisibile per le seguenti ragioni. La valutazione delle condotte dei ricorrenti, ai fini dell’accertamento della loro responsabilità, deve compiersi sulla base della normativa di fonte federale rappresentata, nella specie, dai Protocolli sanitari anti-covid, richiamati nell’atto di deferimento, e di quella di fonte statale in materia di misure di contrasto all’emergenza epidemiologica. Nell’ambito di quest’ultima, assume principale rilievo, ai fini della decisione della fattispecie de qua, la Circolare del Ministero della Salute del 18 giugno 2020, prot. n. 21463, che è espressamente richiamata nei Protocolli sanitari FIGC, con la quale sono state dettate le modalità attuative della procedura di “ricerca dei contatti” (contact tracing) nell’ambito dell’attività agonistica di squadra, sulla base del parere del Comitato tecnico scientifico (verbale del 12 giugno 2020, n. 88) avente ad oggetto “l’individuazione di misure precauzionali alternative e/o aggiuntive a li abili” all’ambito sopra detto. La Circolare ministeriale sopra citata stabilisce, in particolare, che il “Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente (…) per quanto riguarda l’attività agonistica di squadra professionistica, nel caso in cui risulti positivo un giocatore, ne dispone l’isolamento ed applica la quarantena dei componenti del gruppo squadra che hanno avuto contatti stretti con un caso confermato” prevedendo, al contempo, quale misura eccezionale atta a consentire lo svolgimento del campionato di calcio secondo le indicazioni offerte dal CTS, che la quarantena possa essere sospesa per i giocatori risultati negativi al test anti-covid il giorno della gara e ripresa al termine della gara stessa.
La procedura di ricerca dei contatti, quindi, è di esclusiva competenza dell’autorità di sanità pubblica; né, invero, potrebbe essere altrimenti giacché incide sul piano della privacy, quanto alla identificazione dei contatti stretti, e su quello delle libertà personali, quanto alla prescrizione della quarantena.
Non risulta condivisibile, d’altra parte, l’interpretazione data dal TFN e condivisa dalla CFA in ordine alla portata applicativa del citato Parere del CTS, né coglie nel segno il richiamo operato dalla resistente alla decisione di questo Collegio n. 1/2021 al fine di affermare la portata precettiva del suddetto Parere. Esso è, infatti, richiamato nella menzionata decisione non già quale referente normativo della disciplina sul contenimento dei contagi nell’ambito delle attività agonistiche di squadra, bensì allo specifico fine di evidenziare come la Circolare ministeriale, che è identificata come “la fonte normativa che disciplina il caso esaminato” difformemente dal Parere del CTS abbia previsto la procedura di effettuazione dei tamponi il giorno della gara soltanto in via eventuale, assegnando la relativa decisione al Dipartimento di Prevenzione.
Va, peraltro, osservato che: a) come si evince dalla stessa Circolare sopra menzionata, la procedura ivi prevista è fondata sul presupposto dell’accertamento di “un caso confermato”; b) nella Circolare ministeriale del 29 maggio 2020, n. 18584 - che detta le linee generali del “ i tema ricerca e gestione dei contatti (contact tracing)” offrendo le definizioni dei termini “ contatto” e “ contatto stretto” - si distingue tra “caso probabile” o “ confermato”; c) nell’ aggiornamento dei Protocolli Allenamenti e Gare del 30 ottobre 2020 sono ripetute le indicazioni contenute nelle menzionate Circolari ministeriali per i “ a i di accertata o itività” prevedendo che le misure di quarantena siano applicate ai contatti stretti “ confermati e identificati dalle autorità sanitarie”.
Alla luce di quanto sopra detto, osserva questo Collegio che la CFA ha erroneamente valutato l’operato dei ricorrenti al fine dell’accertamento della loro responsabilità in riferimento alle condotte delineate alla lett. a) dell’atto di deferimento (“per non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19 di 8 (otto) tesserati, riscontrata, in data 27 ottobre 2020, dal laboratorio Synlab (…) e per non aver comunicato alle ASL competenti i nominativi dei contatti stretti dei tesserati positivi, e per non aver “ concordato” con le ASL locali competenti le modalità dell’isolamento fiduciario dei tesserati del Gruppo Squadra “ positivi” e la quarantena dei tesserati del gruppo Squadra “negativi”, ovvero dei c.d. “ contatti stretti” dei tesserati “ positivi” e, pertanto, per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai c.d. “ contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid- 19”).
La nota inviata dal dott. Ivo Pulcini, quale Responsabile sanitario della S.S. Lazio S.p.A., al Direttore del SISP territorialmente competente attesta, infatti, l’avvenuto avvio dell’interlocuzione con l’autorità di sanità pubblica, alla quale soltanto spetta il giudizio in ordine all’adozione delle misure di contenimento del contagio. Va, per inciso, osservato sul punto che l’interlocuzione tra il privato e l’autorità di sanità pubblica non necessita di particolari formalità, come si evince, tra l’altro dalla lettura della Circolare ministeriale da ultimo menzionata.
La censura della decisione della CFA per le ragioni di diritto sopra espresse è vieppiù aggravata dal rilievo dell’integrale omesso riferimento nella motivazione della decisione della CFA ai pareri pro veritate prodotti dai ricorrenti.
Analoga considerazione non può svolgersi, invece, in riferimento alle condotte indicate alle lett. b) e c) dell’atto di deferimento, stante l’assenza di accertamento in fatto di alcuna attività posta in essere dai ricorrenti nei confronti del SISP.
Parimenti, le condotte indicate alle lett. e) ed f) dell’atto di deferimento (“per non aver sottoposto all’obbligatorio periodo di isolamento (..) il calciatore Ciro Immobile (..) utilizzato nell’incontro Torino - Lazio del 1° novembre 2020 (…); il calciatore Djavan Anderson (…) inserito nella distinta gara dell’incontro Lazio - Juventus dell’8 novembre 2020”) possono assumere rilevanza disciplinare, bensì non già in riferimento all’omessa prescrizione della quarantena, ma con specifico limitato riferimento all’impiego in campo dei giocatori positivi. In altri termini, mentre non rientra nelle competenze del medico sociale la prescrizione della quarantena che incide sulla libertà di movimento in genere del soggetto che ne è destinatario, rientra invece certamente nell’ambito delle sue responsabilità la scelta di far accedere nei locali della società sportiva e di far scendere in campo un giocatore risultato positivo.
L’accoglimento dei motivi di ricorso nn. 5 e 6 comporta l’accoglimento anche del motivo di ricorso n. 7 nei limiti di quanto sopra specificato con riguardo alle condotte da ritenersi disciplinarmente rilevanti ai fini dell’accertamento delle relative responsabilità a carico dei ricorrenti. Inoltre, va riconosciuto adeguato rilievo alla circostanza che le condotte censurate si riferiscono a fatti temporalmente collocati nei primi mesi di applicazione della complessa normativa anti-covid.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport
Sezioni Unite
Respinge i motivi di ricorso nn. 1, 2, 3 e 4.
Accoglie i motivi nn. 5, 6 e 7, nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto rinvia alla Corte Federale d’ ello della FIGC ai fini della nuova valutazione della misura della sanzione.
Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 7 settembre 2021.
Il Presidente                       La Relatrice
F.to Franco Frattini            F.to Laura Santoro
Depositato in Roma, in data 29 settembre 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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