F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione III – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – DECISIONE N. 031/CSA pubblicata il 19 Ottobre 2021- F.C. Aprilia Racing Club

Decisione n. 031/CSA/2021-2022        

Registro procedimenti n. 038/CSA/2021-2022 

 

LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO

NAZIONALE III SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:  

Patrizio Leozappa - Presidente

Fabio Di Cagno - Vice Presidente

Alberto Urso - Componente (relatore) 

Franco Granato - Rappresentante AIA

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo con procedimento d’urgenza numero 038/CSA/2021-2022, proposto dalla società F.C. Aprilia Racing Club s.r.l., 

per la riforma della decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Dilettanti

Dipartimento Interregionale, di cui al Com. Uff. n. 25 del 06.10.2021;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza, tenutasi in videoconferenza il giorno 14.10.2021, il Dott. Alberto Urso; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

La società F.C. Aprilia Racing Club s.r.l. ha proposto reclamo avverso la sanzione inflitta al proprio calciatore, sig. Njambe Moussadja, dal Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Dilettanti Serie D (cfr. Com. Uff. n. 25 del 06.10.2021), in relazione alla gara del Campionato di Serie D, Girone G, Aprilia Racing Club/Afragolese 1944 del 03.10.2021. 

Con la predetta decisione, il Giudice Sportivo ha squalificato il calciatore per 3 giornate effettive di gara così motivando: “Per avere, a gioco fermo, colpito con una mancata al volto un calciatore avversario”.

La società reclamante, con il ricorso introduttivo, ha chiesto l’annullamento della sanzione inflitta o, in subordine, la riduzione della stessa, ritenendola eccessivamente ingiusta e fondata su una motivazione non conforme alla realtà dei fatti, e in specie al comportamento effettivamente tenuto dal proprio tesserato nella circostanza per cui è causa.

Secondo la società reclamante, infatti, il proprio calciatore non avrebbe tenuto la condotta violenta addebitatagli, essendo stato - al contrario - vittima di aggressione da parte di un calciatore della squadra avversaria ed essendo stato costretto semmai ad assumere delle difese a fronte del comportamento aggressivo dell’avversario.

Pone in evidenza la società reclamante, in proposito, che al minuto 95° della gara, quando la propria squadra si trovava in vantaggio per una rete a zero, veniva assegnato un calcio di punizione in favore dell’Afragolese (squadra difendente nell’azione di gioco) per un fallo di gravità insignificante. Subito dopo, il Njambe si stava pacificamente allontanando dal punto del fallo quando veniva aggredito fisicamente da un avversario, che lo urtava ripetutamente. Il Njambe si limitava in quel frangente ad opporre, a scopo difensivo, le braccia nel tentativo di allontanare il calciatore avversario, ripetendo più volte il gesto. Sopraggiungeva un altro giocatore avversario e, successivamente, altri atleti e il direttore di gara, che provvedeva ingiustamente a sanzionare il Njambe con l’espulsione diretta senza adottare alcun provvedimento nei confronti del calciatore avversario.

A conforto della ricostruzione fattuale offerta la reclamante invoca prova audiovisiva prodotta in atti.

Alla riunione svoltasi dinanzi a questa Corte, con modalità da remoto, il giorno 14 ottobre 2021, il ricorso è stato ritenuto in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La Corte, esaminati gli atti e valutate le motivazioni addotte, ritiene che il reclamo debba essere accolto, per quanto di ragione, in relazione all’entità della sanzione inflitta.

Le censure mosse dalla società reclamante attengono all’erronea ricostruzione e qualificazione dei fatti da parte del direttore di gara e dello stesso giudice di primo grado, richiamando quale elemento probatorio di supporto una registrazione audiovisiva dell’episodio oggetto di contestazione.

Si osserva, a tale ultimo proposito, che la registrazione non può trovare ingresso fra il materiale istruttorio da porre a fondamento della decisione.

L’art. 58, comma 1, C.G.S. stabilisce infatti che “I mezzi di prova audiovisivi possono essere utilizzati nel procedimento innanzi agli organi di giustizia sportiva nei casi previsti dall’ordinamento federale”.

Il successivo art. 61 definisce il perimetro di ammissibilità della suddetta prova, limitandola all’ipotesi di erronea ammonizione o espulsione di un soggetto diverso dall’autore di una data infrazione (comma 2), e dei fatti “di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernenti l’uso di espressione blasfema non visti dall’arbitro o dal VAR” per le gare della Lega di Serie A e di Serie B (comma 3), ulteriormente limitati ai fatti di sola “condotta violenta o concernenti l’uso di espressione blasfema” per la gare di Lega Pro e della LND (comma 6).

Dal combinato disposto delle richiamate disposizioni discende che, all’infuori delle fattispecie espressamente e tassativamente enucleate, non è consentito l’utilizzo dei filmati audiovisivi (cfr., da ultimo, CSA, I, 16 settembre 2021, n. 14; Id., 24 settembre 2021, n. 18; cfr. anche, in termini generali, III, 14 dicembre 2020, n. 30).

Nel caso che ci occupa, la circostanza che la condotta del calciatore Njambe sia stata effettivamente percepita e sanzionata dall’arbitro esclude di per sé l’esperibilità del mezzo di prova audiovisivo, né ricorre o è dedotta nella specie un’ipotesi di error in persona stricto sensu, atteso che la stessa reclamante dà conto del fatto materiale sanzionato e della sua riconducibilità al proprio calciatore, seppure dandone una diversa lettura fattuale e conseguente qualificazione (“opponeva, a scopo difensivo, le braccia nel tentativo di allontanare il calciatore e questo gesto lo ripete più volte”).

Quanto sopra implica che, nel valutare il merito del reclamo, non ci si può che attenere a quanto emerso dagli atti ufficiali di gara aventi valore di piena prova dei fatti accaduti e dei comportamenti tenuti dai tesserati ai sensi dell’art. 61, comma 1, C.G.S.

Ciò premesso, il Collegio reputa meritevole di accoglimento la domanda subordinata proposta dalla reclamante di riduzione della sanzione inflitta, ritenendo nella specie non sussistenti gli elementi integrativi della condotta violenta di cui all’art. 38 C.G.S.

Il referto arbitrale, in proposito, pur qualificando la condotta del Njambe come “violenta”, e dando conto che essa aveva luogo “a gioco fermo a seguito di un fallo commesso”, descrive il fatto nei seguenti termini: “colpisce al volto l’avversario con la mano aperta”, e precisa che “il giocatore non ha avuto bisogno del soccorso del massaggiatore”.

Il che vale a escludere, secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte Sportiva, la sussistenza dei presupposti necessari a integrare la fattispecie della condotta violenta.

Questa consiste infatti in un’azione caratterizzata da “intenzionalità e volontarietà miranti a produrre danni da lesioni personali o a porre in pericolo l’integrità fisica […] che si risolve in un’azione impetuosa e incontrollata connotata da un’accentuata volontaria aggressività con coercizione operata su altri” (CSA, III, 10 giugno 2021, n. 221 e richiami ivi; 2 marzo 2021, n. 103; 30 ottobre 2019, n. 49).

Di qui la sua chiara distinzione rispetto alla condotta gravemente antisportiva di cui all’art. 39, comma 1, C.G.S., per la quale è prevista la sanzione minima della squalifica di due giornate effettive di gara (per la distinzione tra le due tipologie di condotta cfr., di recente, C.S.A., III, 4 gennaio 2021, n. 53).

Nel caso di specie, la mano aperta utilizzata nel colpire l’avversario, il fatto che questo non abbia avuto bisogno del soccorso del massaggiatore e l’assenza di altri elementi in grado di manifestare un effettivo intento di violenza da parte del Njambe impediscono di ravvisare i requisiti della condotta violenta di cui all’art. 38 C.G.S. Manca, in particolare, l’evidenza di un comportamento connotato da volontaria aggressività e intenzione di produrre danni da lesioni personali o di offendere o porre in pericolo l’integrità fisica dell’avversario (in tal senso, cfr. di recente C.S.A., III, 11 ottobre 2021, n. 30), difettando perciò “il tradizionale segno distintivo rappresentato dalla cosciente e/o deliberata volontà di infliggere all’antagonista un male ingiusto e ingiustificato” (C.S.A., n. 53 del 2021, cit.).

La condotta posta in essere va per questo configurata piuttosto come gravemente antisportiva, con conseguente riduzione della sanzione a due giornate effettive di squalifica: se depongono infatti per l’assenza di violenza il fatto che il gesto sia stato posto in essere a mano aperta e non chiusa a pugno e il fatto che il calciatore colpito non abbia avuto bisogno (neppure) del soccorso del massaggiatore, la condotta resta nondimeno censurabile ex art. 39, comma 1, C.G.S. stante, di contro, il fatto che il gioco fosse fermo e che la manata abbia attinto l’avversario al volto, come da risultanze del referto arbitrale.

Alla luce di quanto precede il reclamo va dunque parzialmente accolto, nei termini suindicati, e la sanzione della squalifica irrogata ridotta a due giornate effettive di gara.

P.Q.M.

Accoglie parzialmente e, per l’effetto, riduce la sanzione della squalifica a 2 giornate effettive di gara.

Dispone la restituzione del contributo per l’accesso alla giustizia sportiva.

Dispone la comunicazione alla parte con PEC.

 

L’ESTENSORE                                                        IL PRESIDENTE

Alberto Urso                                                              Patrizio Leozappa

 

Depositato 

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

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