Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 95 del 10/11/2021 – Vincenzo De Santis/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 95
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA
PRIMA SEZIONE
composta da
Mario Sanino - Presidente
Vito Branca - Relatore
Guido Cecinelli
Marcello De Luca Tamajo
Angelo Maietta - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 89/2020, presentato, in data 21 ottobre 2020, dal sig. Vincenzo De Santis, rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Angelucci,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione,
avverso
la decisione n. 019 CFA delle Sezioni Unite della Corte Federale di Appello FIGC del 21 settembre 2020.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 7 ottobre 2021, il difensore della parte ricorrente - sig. Vincenzo De Santis - avv. Maurizio Angelucci; l'avv. Noemi Tsuno, giusta delega all'uopo ricevuta dall'avv. Giancarlo Viglione, per la resistente FIGC, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Ieradi, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Vito Branca.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso presentato il 21 ottobre 2020, il sig. Vincenzo De Santis ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport al fine di ottenere l'annullamento della decisione n. 019/CFA, resa, in data 21 settembre 2020, dalle Sezioni Unite della Corte Federale d'Appello della FIGC, con la quale, in reiezione del reclamo interposto dal ricorrente, sono state confermate, a carico del medesimo, le sanzioni dell'inibizione per 4 anni e dell'ammenda di € 50.000,00, per la violazione, in concorso con altri tesserati, dell'art. 7, commi 1, 2 e 5, del CGS FIGC vigente all'epoca dei fatti, trasfuso nell'art. 30, commi 1, 2 e 5, del CGS FIGC attualmente in vigore.
La vicenda per cui è causa origina dalla iscrizione nel Registro della Procura Federale FIGC (in data 21 giugno 2019) della notizia di un illecito disciplinare “riguardo ad una possibile alterazione del risultato della gara PICERNO-BITONTO (Campionato di Serie D. Girone H) terminata con il punteggio di 3 – 2", derivante dalla apertura di un parallelo procedimento penale presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Bari.
Nonostante il provvedimento di archiviazione del 30 ottobre 2019, il successivo 15 luglio 2020, la Procura FIGC riapriva le indagini, atteso l’invio (il 1° luglio 2020), da parte della Procura della Repubblica, dell’avviso ex 415 bis c.p.p. a taluni tesserati della FIGC, cui faceva seguito la trasmissione degli atti alla Procura Federale il 13 luglio 2020.
In data 10 agosto 2020, la Procura Federale, con provvedimento n. 2218/1491 pf18 - 19/GC/GT/ag, deferiva, tra gli altri, dinanzi al Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, “i sigg.ri Anaclerio Michele, all'epoca dei fatti calciatore della società USD Bitonto (promotore dell'accordo illecito) e De Santis Vincenzo, all'epoca dei fatti direttore sportivo della società Potenza Calcio (intermediario tra il calciatore Anaclerio Michele e la società A.Z. Picerno), per rispondere in ordine alla violazione dell'art. 7 co. 1, 2 e 5 del CGS, vigente all'epoca dei fatti (oggi trasfuso nell'art. 30, comma 1, 2 e 5, CGS) per aver, in concorso tra loro, con i soggetti indicati nei punti successivi e con altri soggetti allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento e il conseguente risultato finale della gara Picerno - Bitonto, disputata in data 05/05/2019 e valevole per la determinazione della classifica finale del Campionato di Serie D, Girone H; in particolare, per avere direttamente e personalmente delineato i dettagli dell'accordo illecito, a seguito del quale Anaclerio Michele concordava con De Santis Vincenzo la consegna della somma di € 25.000,00 (proveniente dalla società AZ Picerno) come contropartita dell'illecito accordo volto a determinare un risultato finale della gara favorevole al Picerno e, comunque, utile per la promozione nella serie superiore, somma, che ricevuta dal capitano, Patierno Francesco Cosimo, veniva da quest'ultimo ripartita e distribuita, fra i tesserati della USD Bitonto coinvolti nell'illecito, riservando una quota-parte a De Santis Vincenzo che ne faceva richiesta”.
2. Il TFN, ritenuta la responsabilità dell’odierno ricorrente, con decisione pubblicata sul C.U. n. 1/TFN del 4 settembre 2020, lo condannava all’inibizione per 4 anni e all’ammenda di euro 50.000,00.
In particolare, il Tribunale riteneva non fondate le eccezioni preliminari riguardanti:
i) l’illegittimità della riapertura delle indagini («E’ di tutta evidenza, a tale proposito, come la richiesta degli atti del 10.7.2020 da parte della Procura Federale non costituisca un atto di indagine precluso dalla pregressa archiviazione del procedimento. Il Procuratore federale, infatti, a mente dell’art. 118, co. 2, CGS-FIGC “prende nota degli illeciti di propria iniziativa” di talché, emersi dalla più volta richiamata documentazione “nuovi fatti o circostanze rilevanti di cui …. non era a conoscenza”, ritenuti “idonei a provare la colpevolezza dell’incolpato” (art. 122, co. 4, CGS-FIGC), ha legittimamente provveduto alla riapertura delle indagini con riferimento al medesimo procedimento sub n. 2218/1491 pf 18-19 precedentemente archiviato. La circostanza legittima di per sé, quand’anche ve ne fosse bisogno, la utilizzabilità della documentazione pervenuta dall’A.G. che, anche nella ipotesi di procedimento non archiviato, sarebbe stata utilizzabile anche ove fosse pervenuta successivamente alla scadenza dei termini previsti per il compimento delle indagini, in ossequio alla chiara previsione di cui all’art. 119, co. 6, seconda parte, CGS-FIGC alla cui stregua, con ciò derogandosi al precetto contenuto nella prima parte, “possono essere sempre utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti d Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato”»).
ii) la inutilizzabilità delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie dei tesserati del Bitonto, perché rese oltre i termini, perentori secondo i deferiti, concessi dalla Procura Federale per procedervi (“Come già osservato dal Procuratore federale in sede di replica, non rientra nei poteri dell’organo inquirente determinare la perentorietà dei termini. È vero, invece, che lo stesso organo è a sua volta tenuto ad uniformarsi ai termini perentori previsti dal CGS, in questo caso dati unicamente dal termine entro cui compiere le indagini. Ne discende che il termine concesso ai deferiti, peraltro a garanzia dell’esercizio del diritto di difesa, incontra l’unico limite della conclusione delle indagini e che il diniego della chiesta audizione nel corso delle indagini, avrebbe comportato un vulnus in grado di inficiare il prosieguo dell’intero procedimento (v. Corte federale d’appello, IV sez. – C.U. N. 012/CFA - 2018/2019 Alborghetti/Procura)”).
Nel merito, il Tribunale riteneva parzialmente fondato il deferimento, affermando, per quanto in questa sede di interesse, che «Dalle evidenze del carteggio e delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie delle parti, emergono dunque due fasi. La prima attiene ai contatti tra Anaclerio Michele, De Santis Vincenzo e Mitro Vincenzo; la seconda ai contatti tra Patierno Francesco Cosimo ed altro soggetto da questi interpellato su sollecitazione di Anaclerio per il dichiarato fallimento del primo contatto … risulta ampiamente provato, anche perché ammesso, oltre che dallo stesso Anaclerio Michele, anche da De Santis Vincenzo (v. memoria difensiva De Santis V. – pag. 10 – ultimo cpv.), che i due, previo contatto telefonico, si siano incontrati il 4.5.2019, ovvero il giorno prima della gara in questione. … Vi è che, successivamente all’incontro con l’Anaclerio, il De Santis V. contattava Mitro Vincenzo. Secondo Mitro, il De Santis Vincenzo gli avrebbe chiesto 25 accrediti per poter assistere alla partita, dato che la stessa era a porte chiuse. Ha precisato, il Mitro, che il totale degli accrediti per ogni squadra era di 40 unità, compresa anche la rosa dell'intera squadra ed i dirigenti accompagnatori. Sempre secondo il Mitro, De Santis si sarebbe messo a disposizione per la gara del giorno successivo, ma lui avrebbe declinato l’invito e cambiato argomento. A dire del De Santis V., Mitro gli avrebbe riferito una disponibilità massima di 20 accrediti, motivo per il quale decideva di dare all’Anaclerio il numero del terminale mobile del dirigente del Picerno affinché potesse accordarsi direttamente con lui. Ha riferito ancora, il De Santis V., che l’Anaclerio, non ricorda se per messaggio o durante l’incontro, aveva sostenuto che "dall'altra parte (riferendosi al Cerignola nel tentativo di alzare la posta: nds) ci offrono una cifra importante". Dopo quell'affermazione il De Santis afferma di avere pensato che sulla partita ci fosse qualcosa di poco chiaro, motivo per il quale decise di non interessarsi più della cosa. La versione fornita, peraltro, pur gravando sugli incolpati l’onere della prova della sua verosimiglianza, come ricordato dalle stesse difese, è tutt’altro che verosimile e conferma viepiù come a tutte le parti fosse ben chiaro l’effettivo oggetto dei contatti, ovvero assicurare all’AZ Picerno la vittoria della gara in programma per scongiurare l’eventualità di uno spareggio con l’Audace Cerignola. Non è verosimile, infatti, che in vista di una gara da disputarsi a porte chiuse quale conseguenza della sanzione comminata per i disordini verificatisi durante la gara AZ Picerno – Taranto e con un numero di accessi contingentato (v. dichiarazioni e memoria Mitro V.), che un calciatore della USD Bitonto, abbia chiamato un soggetto estraneo ad entrambe le società in gara, per l’improbabile e non consentito approvvigionamento di ulteriori accrediti. Né può trarre in inganno la circostanza che gli interessati abbiano parlato di accrediti piuttosto che di euro, essendo prassi consolidata in tali circostanze, come i numerosi precedenti insegnano, l’uso di un linguaggio criptico e di termini apparentemente privi di volontà illecita al fine di “depistare eventuali captazioni delle conversazioni” (cfr. Collegio di Garanzia, S.U., dec. n.93/2017). … Ferma, per quanto si vedrà nel prosieguo, la chiara assunzione di responsabilità da parte dei calciatori Anaclerio, Picci, Patierno e Montrone in ordine ai fatti loro ascritti con riferimento alla prima ed alla seconda fase della trattativa, il Collegio, alla luce di quanto emerso, ritiene provata con ragionevole certezza, al momento con riferimento alla prima fase dichiaratamente fallita dell’illecito che ci occupa, anche la responsabilità dei sigg.ri Mitro Vincenzo e De Santis Vincenzo. … Nella fattispecie in esame la ragionevole certezza della responsabilità dei soggetti come sopra individuati e dell’illecito perpetrato, come prefigurato dall’art. 30, co. 1, CGS-FIGC a mente del quale “costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”, emerge dall’ampia documentazione proveniente dall’A.G., dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie dell’Anaclerio Michele (il cui disappunto nei confronti del De Santis V. per una questione - risalente al successivo agosto del 2019 - di un biglietto di accesso ad una gara, in assenza di sentimenti di inimicizia, non inficia l’attendibilità dell’assunto, essendo comunque emerso, dal messaggio inviato dal De Santis Vincenzo – è in atti l’immagine di tale messaggio – come il biglietto richiesto sia stato effettivamente emesso). … Fallito il tentativo di combine con l’intermediazione di De Santis Vincenzo, il gruppo Anaclerio-Picci-Patierno-Montrone, come dagli stessi ammesso, si è attivato per contattare un altro intermediario. … Agli atti non vi è evidenza di altri soggetti percettori di quota parte della somma di euro 10 mila oltre i quattro calciatori di cui si è detto, né della partecipazione del De Santis Vincenzo a questa seconda fase della combine, né che sia stata corrisposta quale prezzo della stessa una somma maggiore rispetto a quella di 10 mila euro emersa dalle intercettazioni».
3. Decidendo sul gravame interposto, la Corte Federale di Appello, con la decisione quivi impugnata, lo respingeva.
La CFA, in particolare, con riferimento alle censure dell’odierno ricorrente:
1) rigettava la eccezione preliminare vertente sulla irritualità del deferimento: “La scelta compiuta dal legislatore federale e consacrata nel codice della giustizia sportiva è nel senso di attribuire particolare valore agli elementi istruttori desumibili dal procedimento penale, stabilendo che essi costituiscono i presupposti legittimanti la riapertura del procedimento disciplinare e la fase delle indagini condotte dalla Procura Federale. Ora, date queste premesse, non sembra convincente la tesi prospettata dalle parti reclamanti, secondo le quali, in sostanza, la Procura Federale non avrebbe più potuto chiedere ed ottenere gli atti del procedimento penale, in relazione ad un procedimento disciplinare già archiviato, senza previamente effettuare una formale riapertura delle indagini, basata però, su un diverso “nuovo fatto”. Questa impostazione sarebbe incongrua e illogica, perché è vero esattamente il contrario: sono proprio le risultanze degli atti delle indagini penali, giunte a conoscenza dell’organo inquirente sportivo, che possono costituire il presupposto per la riattivazione del procedimento di competenza della Procura Federale, qualora siano in grado di evidenziare nuovi fatti o circostanze”;
2) rigettava la eccezione preliminare vertente sulla violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la decisione assunta dal Tribunale Federale Nazionale: “L’accertamento del Tribunale è in linea con l’impianto accusatorio e con il fatto centrale posto a base dell’incolpazione. Pertanto, le specificazioni espresse nella motivazione della decisione impugnata non si riferiscono ad un “fatto diverso” da quello contestato, ma solo definiscono alcuni profili della vicenda, senza per questo incidere sulla concreta possibilità dell’incolpato di svolgere adeguate difese”;
3) rigettava la eccezione preliminare vertente sulla l’irritualità del deferimento, per non avere la Procura, nel riaprire le indagini, iscritto il procedimento con un nuovo numero di registro generale, nonché per essere stata effettuata la riapertura oltre il termine perentorio di trenta giorni decorrente dal momento in cui la Procura Federale aveva ottenuto notizia dei fatti nuovi, costituiti dalla trasmissione degli atti da parte dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria: “Entrambi i profili di censura devono essere disattesi. Non è ravvisabile, infatti una prescrizione da cui desumere che la riapertura delle indagini debba inderogabilmente realizzarsi mediante l’iscrizione del fascicolo nel registro generale con un nuovo numero d’ordine progressivo. … Quanto all’asserita affermazione circa la tardività della riapertura delle indagini, è sufficiente osservare che, in punto di fatto, la Procura ha correttamente rispettato il termine di trenta giorni”;
Nel merito, la CFA reputava “pienamente convincente l’impostazione seguita dalla pronuncia di primo grado e la ricostruzione dei fatti definita dalla decisione. Non ritiene, pertanto, che emergano ragioni idonee ad escludere la responsabilità disciplinare dei soggetti condannati. Non persuadono, infatti, i motivi di gravame, comuni ai reclami, volti a mettere in dubbio l’attendibilità degli incolpati autori delle dichiarazioni accusatorie (in particolare, Picci, Patierno, Anaclerio). In questa direzione, non è fondato il reclamo del Sig. De Santis Vincenzo, che impugna la decisione del Tribunale, nella parte in cui ritiene genuine le dichiarazioni auto ed etero accusatorie del Sig. Anaclerio. … Senza entrare nella minuziosa disamina di tutti i molteplici elementi di giudizio illustrati dal reclamante, è sufficiente osservare che non emergono seri dubbi sulle dichiarazioni dell’Anaclerio, anche tenendo conto dei riscontri derivanti dagli ulteriori elementi dell’istruttoria. Non sono meritevoli di accoglimento neppure le ulteriori censure con cui i reclamanti, in particolare il Sig De Santis Vincenzo, contestano l’utilizzabilità e attendibilità delle intercettazioni telefoniche. Al riguardo, il Collegio rileva che le conversazioni telefoniche registrate delineano un quadro pienamente compatibile con le dichiarazioni accusatorie rese dall’Anaclerio, a nulla rilevando che, in alcuni casi si faccia riferimento a “De Santis”, senza specificare se si tratta di Vincenzo o Nicola”.
Continuava la CFA analizzando specificatamente la posizione dell’odierno ricorrente: “Il reclamante De Santis Vincenzo sviluppa analiticamente le difese articolate in primo grado, articolando, in primo luogo, al n. 6 del reclamo, il motivo rubricato “MANCATA COMMISSIONE DI ATTI CONCRETI TALI DA INTEGRARE LA VIOLAZIONE DELL’ART. 7, CO. 1, 2 E 5 C.G.S. VIGENTE ALL’EPOCA DEI FATTI – INIDONEITA’ DELLA CONDOTTA DEL DE SANTIS A CONFIGURARE LA VIOLAZIONE REGOLAMENTARE”. … Le ampie argomentazioni sviluppate dal reclamante, tuttavia, non sono idonee a smentire la correttezza della conclusione cui è pervenuta la decisione impugnata, in relazione al ruolo determinante assunto dal De Santis Vincenzo nella creazione del primo contatto tra Anaclerio e la società Picerno, espressamente finalizzato alla realizzazione della combine. La circostanza che non sia stata comprovata la diretta partecipazione del De Santis alla spartizione della somma di diecimila euro destinata ai calciatori non impedisce affatto la configurazione dell’illecito, che sussiste indipendentemente dal vantaggio patrimoniale conseguibile dagli autori della violazione. Infatti, l’ipotesi considerata dalla norma non si riferisce ai soli casi in cui sussista una finalità patrimoniale, intesa come conseguimento di un vantaggio economico, o il proposito di arrecare un pregiudizio a determinati soggetti. La fattispecie disciplinare dell’illecito sportivo prevista dall’art. 7 è costruita in funzione della attitudine del comportamento del tesserato ad incidere sul possibile esito della gara, punendo “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”. L’ipotesi considerata dalla norma non si riferisce, pertanto, ai soli casi in cui sussista una finalità patrimoniale, intesa come conseguimento di un vantaggio economico, o il proposito di arrecare un pregiudizio a determinati soggetti. L’illecito sportivo prescinde, infatti, da qualsiasi dolo specifico e riguarda, in senso ampio, tutti i casi in cui i comportamenti dell’agente, indipendentemente dalle sue finalità, sono oggettivamente (ma consapevolmente) capaci di realizzare una modifica degli esiti di una o più gare, o di intere competizioni. La condotta sanzionata è descritta in termini ampi, in funzione di una tutela avanzata ed efficacia contro gli attentati a quello che costituisce il cuore e il senso della competizione calcistica: la genuinità e regolarità delle singole gare e, a maggior ragione, del Torneo o Campionato in cui esse si collocano. (CFA n. 65-2017/2018)”».
4. Il sig. De Santis ha, dunque, presentato ricorso al Collegio di Garanzia svolgendo i seguenti motivi di diritto.
I) “Insufficiente motivazione circa l’eccezione di inammissibilità/improcedibilità del deferimento - violazione degli artt. 118, comma 2, 119, comma 6 e 122, comma 4, CGS”.
Il ricorrente ha eccepito che gli atti emessi dalla Procura Federale, in epoca successiva all’archiviazione del procedimento e prima della sua riapertura, si pongono al di fuori del sistema processuale delineato dal Codice di Giustizia Sportiva, risolvendosi in atti di indagine non previsti e non legittimati dalla rituale pendenza di un procedimento disciplinare.
Avendo, pertanto, inficiato sia il provvedimento di riapertura sia i conseguenti atti di indagine compiuti dalla Procura Federale, va da sé che il deferimento che ne è conseguito deve ritenersi inammissibile (cita sul tema i precedenti di cui al C.U. n. 52/TFN - Sezione Disciplinare, 2016/2017, nonché alla Corte Federale d’Appello, C.U. n. 141/CFA del 12 giugno 2017).
II) “Violazione dell’art. 119, comma 2, C.G.S. - mancata iscrizione nel registro dei procedimenti a seguito di riapertura – violazione art. 111 Costituzione”.
Riprendendo il precedente di cui al C.U. n. 141/CFA, s.s. 2016/2017, della Corte Federale d’Appello FIGC, il ricorrente ha lamentato la mancanza di nuova iscrizione della notizia di illecito. Il percorso argomentativo adottato dal Giudice di Seconde Cure sul punto violerebbe il secondo comma dell’art. 119 GGS FIGC, il quale prescrive che il Procuratore Federale “iscrive nell’apposito registro le notizia di fatti o atti rilevanti, secondo le modalità prescritte dall’art. 53 del Codice CONI”.
III) “Violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la decisione assunta dal tribunale federale nazionale - violazione art. 111 Costituzione”.
Secondo la prospettazione del ricorrente, lo stesso avrebbe dovuto essere giudicato in relazione unicamente ai citati fatti formalmente addebitati dalla Procura Federale, in forza del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza, il quale si esplica in due postulati: da un lato, il giudice non può pronunciarsi su un fatto che non sia stato portato preventivamente a conoscenza dell’imputato secondo le modalità previste dalla legge; dall’altro, l’imputato ha il diritto di essere giudicato in relazione al solo fatto che gli sia stato formalmente addebitato.
Invero, i fatti dedotti con atto di deferimento non sarebbero stati posti in essere dal De Santis, contrariamente a quanto affermato dal TFN e dalla CFA, che, da una parte, non avrebbero accertato l’accordo tra il De Santis e l’Anaclerio, volto alla “(..) consegna della somma di € 25.000,00 (proveniente dalla società A.Z. Picerno) come contropartita dell’illecito accordo volto a determinare un risultato finale della gara favorevole al Picerno e, comunque, utile per la promozione nella serie superiore”; dall’altra, non avrebbero accertato che allo stesso fosse stata riservata “una quota-parte (del pretium sceleris nda) a DE SANTIS Vincenzo che ne faceva richiesta”.
IV) “Omessa - o, a tutto voler concedere, insufficiente - motivazione circa un punto decisivo della controversia. violazione dell’art. 30, commi 1 e 2, CGS FIGC e art. 2, comma 4, CGS CONI. Violazione art. 111 Costituzione”.
Il ricorrente ha censurato la sopra riportata decisione della CFA, ove si afferma che “le conversazioni telefoniche registrate delineano un quadro pienamente compatibile con le dichiarazioni accusatorie rese dall’Anaclerio”.
Tale ricostruzione non terrebbe in debita considerazione le seguenti circostanze da cui ricavare la non attendibilità del soggetto: a) la non veridicità delle dichiarazioni dell’Anaclerio in quanto avvezzo all’organizzazione di combine; b) l’inimicizia tra l’Anaclerio ed il De Santis; c) Anaclerio, nelle proprie dichiarazioni, afferma sovente il falso (cfr., pp 22-24).
Quanto alle intercettazioni, difetterebbe il percorso argomentativo reso dal Giudice di Seconde Cure, atteso che non sarebbe stata debitamente valutata la circostanza che il presunto coinvolgimento del De Santis emergerebbe in due soli passaggi, peraltro convulsi e di non facile interpretazione/codificazione, rinvenuti in due conversazioni telefoniche tra il Picci e l’Anaclerio.
V) “Omessa – o, a tutto voler concedere, insufficiente - motivazione circa un punto decisivo della controversia. violazione dell’art. 30, commi 1 e 2 CGS Figc e art. 2, comma 4, CGS Coni. violazione art. 111 Costituzione e del contraddittorio in senso sostanziale”.
Il ricorrente ha censurato la sopra riportata decisione della CFA, ove si configura, a suo carico, la fattispecie di illecito sportivo: ciò perché la condotta del sig. De Santis, non avendo mai creato un contatto tra il sig. Anaclerio e la società Picerno, non risulterebbe inequivocabilmente tesa all’alterazione della gara e potenzialmente idonea allo scopo come, invece, necessario per l’integrazione dell’illecito in parola.
V) “Omessa motivazione circa l’eccezione fondata sull’erronea applicazione della sanzione economica in danno del sig. vincenzo de santis - violazione dell’art. 9, comma 3, CGS FIGC”.
Il sig. De Santis era, all’epoca dei fatti, tesserato per il Potenza, compagine partecipante al campionato di Serie C. Su quest’ultima, tuttavia, il Giudice di Prime Cure non riteneva “che dei fatti ascritti al sig. De Santis Vincenzo debba essere chiamata a rispondere la società Potenza Calcio”.
Secondo la prospettazione del ricorrente, quanto precede avrebbe dovuto valere anche per la propria posizione, con conseguente mancata applicazione della sanzione economica, in ragione del limite di cui dall’art. 9, co. 3, CGS - FIGC, essendo, nella sostanza, il reclamante, all’epoca dei fatti per cui è procedimento, svincolato e, comunque, non professionista.
In ordine a siffatta eccezione, la Corte Federale d’Appello non avrebbe effettuato il relativo scrutinio, in tal modo configurando un vizio di omessa pronuncia/motivazione della decisione de qua.
Ha concluso il sig. De Santis chiedendo al Collegio di Garanzia, “in via principale, annullare/revocare la decisione n. 019 CFA delle Sezioni Unite della Corte Federale di Appello del 21 settembre 2020 nonché ogni pronuncia presupposta e/o connessa e, per l’effetto, annullare le sanzioni inflitte al Sig. Vincenzo De Santis nell’ambito del procedimento disciplinare nei confronti del medesimo; in via gradata, annullare/revocare la decisione n. 019 CFA delle Sezioni Unite della Corte Federale di Appello del 21 settembre 2020 nonché ogni pronuncia presupposta e/o connessa, rinviando il procedimento alla Corte Federale di Appello per l’esame del merito, con indicazione dei principi di diritto da applicare nel senso descritto in motivazione; in ogni caso, in riforma della decisione n. 019 CFA delle Sezioni Unite della Corte Federale di Appello del 21 settembre 2020 nonché di ogni pronuncia presupposta e/o connessa, annullare e/o revocare la sanzione dell’ammenda di € 50.000,00 (cinquantamila/00) disposta in danno del Sig. Vincenzo De Santis nell’ambito del procedimento disciplinare nei confronti del medesimo”.
5. Si è costituita in giudizio la FIGC, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso. All’udienza del 7 ottobre 2021, la Procura Generale dello Sport, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il gravame proposto dal sig. Vincenzo De Santis deve essere rigettato.
Procedendo allo scrutinio del ricorso in adesione allo schema ed alla numerazione indicata da parte ricorrente, in ordine al primo motivo - con il quale la difesa dell’odierno ricorrente rileva un asserito vizio di insufficiente motivazione della impugnata decisione della Corte di Appello Federale n. 019 CFA, emessa a Sezioni Unite in data 21 settembre 2020 - ritiene il Collegio che la doglianza formulata dal De Santis non può essere meritevole di accoglimento nell’odierna sede di legittimità.
All’uopo, appare necessario un coerente inquadramento della fattispecie all’esame del Collegio mediante un richiamo all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva, da intendersi in combinato disposto con l’art. 12bis dello Statuto del CONI, il quale consente la proponibilità del ricorso di “legittimità sportiva” anche per insufficiente motivazione, purché detta lacuna verta su un punto decisivo della controversia che sia stato oggetto di disputa tra le parti.
Ebbene, tali ultimi profili sono sussistenti, atteso che il motivo di ricorso ripercorre una delle eccezioni preliminari proposte dal (già reclamante) De Santis nei gradi di giudizio endofederali, come evidenziato anche dalla difesa della Federazione resistente nella propria memoria di costituzione, motivo sul quale vi è stato ampio contraddittorio tra le parti. Tuttavia, osserva il Collegio, superato tale vaglio preliminare, occorre porre l’attenzione sul concetto di motivazione insufficiente, delineandone caratteristiche, limiti e criteri di demarcazione rispetto ad altri ipotetici vizi.
All’uopo, ed in argomento, deve richiamarsi la coerente ed accorta giurisprudenza di questo Giudice, a mente della quale “la carenza motivazionale può essere integrata sia dall’omesso sviluppo logico o giuridico delle ragioni che sostengono la decisione, sia dalla contraddittorietà degli argomenti portati a sostegno delle conclusioni, sulla base di un controllo di logicità e di completezza del giudizio di fatto, senza che il giudice di legittimità possa spingersi a verificare nel merito la ricostruzione operata dalla decisione contestata” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 23 del 28 marzo 2019; cfr., ex multis, Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., n. 44/2017).
Di pari pregio e rilievo è l’ulteriore pronuncia del Giudice di legittimità sportiva, con la quale il Collegio di Garanzia ha posto l’accento sul proprio sindacato in ambito di vizi della motivazione, evidenziando profili e distinzioni rispetto al sistema previsto dal Codice di procedura civile ed al motivo di ricorso per Cassazione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., sancendo, altresì, che il Collegio, “pur non potendo procedere ad una nuova valutazione dei fatti, può tuttavia verificare se il giudice del merito abbia motivato la propria decisione in modo illogico, contraddittorio, ovvero lacunoso” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 22 del 22 marzo 2019).
L’inquadramento e la casistica di censure motivazionali - nell’accezione di insufficienza della stessa - si completa con altro e diverso principio giurisprudenziale dettato in ambito sportivo sempre da codesto Collegio, secondo cui “la pronuncia di appello è viziata in quanto manca di una sequenza logico-argomentativa della motivazione quando il giudice, valutando un punto decisivo della controversia, si sia limitato ad affermare la correttezza del dictum di prime cure senza, tuttavia, offrire alcun percepibile iter motivazionale che, all’esito dell’esame del motivo di reclamo, desse conto puntuale e completo delle ragioni di non condivisione dell’impugnativa” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 4 del 18 gennaio 2019).
Orbene, i cennati spunti interpretativi - unitamente all’esame della gravata decisione della Corte di Appello Federale - offrono a contrario evidenza e conferma dell’infondatezza della censura di legittimità sollevata dall’odierno ricorrente De Santis.
Ed invero, la Corte Federale dedica numerose pagine della propria sentenza per esaminare e risolvere la vexata quaestio relativa alla legittimità degli atti posti in essere dalla Procura Federale successivamente all’originaria archiviazione disposta con atto del 30 ottobre 2019, ma antecedentemente al 15 luglio 2020, dies, quest’ultimo, nel quale la Procura medesima ha proceduto alla riapertura delle indagini in ragione dei nuovi elementi d’indagine emersi a seguito della trasmissione del fascicolo da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari.
La motivazione adottata dalla Corte di merito è immune da vizi logico-giuridici oltreché esauriente ed ampiamente argomentata in punto di diritto, avendo la Corte Federale preso condivisibilmente le distanze dai precedenti giurisprudenziali citati dalla difesa del reclamante De Santis, poi riportati nell’odierno ricorso (ossia C.U. n. 52/TFN, stagione 2016/2017), confermando la legittimità del procedimento istruttorio seguito dalla Procura Federale in ossequio alla “scelta compiuta dal legislatore federale e consacrata nel codice di giustizia sportiva […] nel senso di attribuire particolare valore agli elementi istruttori desumibili dal procedimento penale, stabilendo che essi costituiscono i presupposti legittimanti la riapertura del procedimento disciplinare e la fase delle indagini condotte dalla Procura Federale” (cfr., sentenza impugnata, pag. 29).
Detto passaggio della decisione impugnata risulta essere in coerenza sistemica con l’impianto normativo dettato dal Codice della Federazione Italiana Giuoco Calcio, e, nello specifico, con l’art. 119, comma sesto, il quale - come correttamente motivato dalla Corte di Appello - consente un illimitato utilizzo di atti e documenti (quali quelli trasmessi alla Procura Federale) acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato.
Il Legislatore Sportivo - mediante l’uso di inequivoche espressioni quali “sempre” ed “in ogni tempo”, cfr., art. 119 CGS FIGC, cit. - ha introdotto un coerente ed inderogabile criterio di collegamento e collaborazione tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, nel quale l’effettivo momento di riapertura delle indagini rappresenta una circostanza irrilevante o comunque mitigata dal tenore letterale dell’art. 122, comma quarto, CGS FIGC, il quale prevede la riapertura delle indagini nel caso in cui emergano nuovi fatti o circostanze di rilievo.
La coerente interpretazione della superiore norma sportiva chiarisce come il Legislatore abbia voluto porre in evidenza il rapporto di causa-effetto esistente tra l’emersione del fatto e la riapertura del procedimento, di fatto non prevedendo in modo netto il nesso e la sequenza temporale tra fatto nuovo e riapertura delle indagini, laddove la comune esperienza suggerisce di applicare un criterio di anteriorità della causa (l’emersione del fatto nuovo) rispetto all’effetto (la riapertura delle indagini).
Ciò, com’è ovvio, non si pone in antitesi con il principio di autonomia del giudizio disciplinare sportivo rispetto al parallelo procedimento penale - ribadito da codesto Collegio in più occasioni, cfr., ex multis, decisione n. 71/2019, emessa a Sezioni Unite -, che trova fondamento nel criterio secondo il quale gli organi di giustizia sportiva, salvo ipotesi tassative espressamente previste dalla legge, hanno autonomi ambiti di valutazione degli elementi acquisiti in giudizio, compresi quelli provenienti dagli accertamenti o dai provvedimenti dell’Autorità giudiziaria ordinaria, che nel giudizio sportivo sono e restano liberamente valutabili come meri elementi probatori.
La pronuncia de qua emessa dalla Corte di Appello Federale risulta, pertanto, in linea con tutti i principi sopra enunciati, avendo correttamente ed autonomamente valutato sia l’operato della Procura Federale nella riapertura delle indagini nei confronti del De Santis, che gli elementi provenienti dal fascicolo innanzi alla Procura della Repubblica di Bari.
In ragione di quanto sopra, il primo motivo di ricorso è infondato. Ed infatti, la laboriosa analisi delle norme sportive fornita dalla difesa del ricorrente De Santis è - in verità - erronea poiché frutto di un’interpretazione forzata dell’impianto codicistico e dei principi del diritto sportivo, primariamente finalizzati all’osservanza dei criteri della lealtà e della correttezza da parte di tutti i soggetti facenti parte dell’ordinamento sportivo.
Con il secondo motivo di ricorso, la difesa del De Santis lamenta un’asserita violazione di legge, con riferimento alla “mancata iscrizione nel registro dei procedimenti a seguito di riapertura”, poiché - a detta del ricorrente -, la Procura avrebbe omesso tale iscrizione in violazione dell’art. 119, comma secondo, CGS FIGC.
Orbene, anche tale doglianza deve essere rigettata.
Ritiene, infatti, il Collegio che la decisione gravata abbia correttamente statuito sul punto, poiché non si rinviene nell’ordinamento sportivo una inderogabile prescrizione che obblighi il Procuratore Federale all’iscrizione della fase di riapertura di indagini in precedenza archiviate mediante una nuova numerazione, atteso che l’art. 119, comma secondo - evocato da parte ricorrente - fa riferimento all’avvio di nuove indagini, e non alla prosecuzione delle precedenti, seppur sulla scorta di fatti ed elementi nuovi. Vige, insomma, una oggettiva fattispecie di ideale continuum tra indagine archiviata e sua eventuale riapertura - sulla scorta di nuove circostanze fattuali -, che costituisce una prosecuzione della precedente e che non prevede un obbligo di iscrizione con altra numerazione progressiva.
In ogni caso, il motivo appare connotato da un tenore meramente pleonastico, atteso che non si rileva, anche mediante un diffuso esame dei fascicoli relativi ai giudizi endofederali di primo e secondo grado, quale effettiva e concreta portata lesiva possa aver avuto nei confronti del De Santis l’omissione asseritamente posta in essere dalla Procura.
Il diritto di difesa del soggetto coinvolto in un procedimento disciplinare rappresenta un principio valido ed efficace non soltanto nell’ordinamento statuale, ma anche in quello sportivo (cfr., Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 19/2016), che deve potersi esplicare liberamente negli scritti difensivi (cfr., Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 49/2017): ebbene, tale diritto e la sua effettiva esplicazione durante il giudizio non risulta essere stato violato in danno dell’odierno ricorrente a fronte della mancata iscrizione nel relativo registro.
Per quanto concerne il terzo motivo di gravame, l’esame dello stesso mostra come lo stesso sia inammissibile e, comunque, infondato.
Occorre, all’uopo, evidenziare la natura di giudizio a critica vincolata del ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, come sancito dall’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva, oltre al parallelo principio di autosufficienza del ricorso che “impone al ricorrente innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, a pena di inammissibilità del ricorso, la proposizione di un’impugnativa i cui motivi siano chiaramente esposti all’interno del ricorso, con specifico richiamo alle categorie giuridiche di riferimento e con puntuale indicazione delle norme di diritto che si intendono violate”.
Ebbene, il motivo di gravame in oggetto non ha individuato le norme dell’ordinamento sportivo asseritamente violate dalla Corte Federale di Appello, trincerandosi dietro il non pertinente richiamo a generali principi, anche di natura costituzionale, che non possono essere irritualmente utilizzati in sede di legittimità per aggirare la barriera del filtro di ammissibilità previsto dalle norme del Codice di Giustizia Sportiva.
Detto motivo, in verità, costituisce una mera riproposizione di quanto già formulato dal ricorrente in sede di reclamo; su tale profilo, la Corte di merito ha statuito con motivazione puntuale e legittima in punto di diritto, rilevando come l’accertamento del Tribunale di Federale fosse in linea sia con l’impianto accusatorio, sia con il nucleo centrale dei fatti posto a base dell’incolpazione nei confronti del De Santis.
Ogni ulteriore valutazione è esclusa dal sindacato e dalla cognizione dell’odierno Collegio - ed il motivo risulta inammissibile anche per tale ulteriore profilo -, atteso che, come oramai graniticamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità sportiva, “un riesame del merito delle questioni sottoposte ai Giudici federali viola l’ordine dei gradi di giustizia e oltrepassa la competenza espressamente attribuita al Collegio” (ex multis, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 37 del 16 maggio 2019).
E tale inderogabile principio rende parimenti inammissibili, in osservanza agli artt. 54 del Codice della Giustizia Sportiva e 12bis dello Statuto CONI, i motivi formulati ai punti 4 e 5 del ricorso, i quali, dietro asseriti vizi motivazionali, fondano le censure su profili di merito dei giudizi endofederali, il cui esame è inderogabilmente e tassativamente precluso al Giudice di legittimità, in forza del già richiamato criterio, rendendo improponibili dette censure di parte ricorrente.
Con specifico riferimento al quinto motivo di ricorso, è, peraltro, necessario ribadire che “il Collegio di Garanzia può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo se la stessa è stata irrogata in palese violazione dei presupposti di fatto o di diritto per la sua manifesta irragionevolezza” (Collegio di Garanzia dello Sport, SS. UU., n. 71/2019): orbene, l’esame della pronuncia gravata non evidenzia la sussistenza di alcuno di detti profili di illegittimità, avendo ampiamente motivato in ordine alla posizione del De Santis nella occorsa vicenda ed ai profili sanzionatori in capo all’incolpato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza, coma da dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport
Prima Sezione
Respinge il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in € 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 7 ottobre 2021.
Il Presidente                 Il Relatore
F.to Mario Sanino        F.to Vito Branca
Depositato in Roma, in data 11 novembre 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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