Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 103 del 23/11/2021 – Andrea Pantano/Federazione Italiana Sport Equestri

Decisione n. 103
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA
QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Cristina Mazzamauro - Relatrice
Giovanni Iannini
Lara Santoro
Alfredo Storto - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 52/2021, presentato, in data 3 maggio 2021, dal sig. Andrea Pantano, rappresentato e difeso dall’avv. Vittorio de Gregorio, del Foro di Palermo, e dall’avv. Salvatore Scarfone, del Foro di Catanzaro, con studio di Roma, alla Via E. Faà di Bruno, n. 15, presso il cui studio è elettivamente domiciliato,
contro
la Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), in persona del Presidente e rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati prof. Enrico Lubrano e prof. Filippo Lubrano, ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Flaminia, n. 79,
per la riforma
della decisione della Corte Federale d’Appello FISE del 20 aprile 2021, che, nel respingere il reclamo del suddetto ricorrente, ha confermato la decisione del Tribunale Federale (resa nel procedimento n. 39/2020 R.G.), pubblicata in data 9 marzo 2021, con la quale è stata irrogata al sig. Andrea Pantano la sospensione disciplinare, ex art. 6, lett. d), e) ed f), Regolamento di Giustizia, per sei mesi, nonché l’ammenda di euro 1.500.00, ex art. 6, lett. c), Regolamento di Giustizia, per aver diffuso, via telefono, nei giorni precedenti il 14 settembre 2020, la notizia non veritiera del mutamento della location dell’Assemblea Nazionale Elettiva che si sarebbe celebrata il 14 settembre 2020 presso la Fiera di Roma, come organizzato e formalizzato dalla FISE, o, in ogni caso, la notizia relativa al mancato controllo delle procedure atte ad evitare il contagio da Covid -19 in occasione della indicata Assemblea.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 12 luglio 2021, l’avv. Salvatore Scarfone, per il ricorrente, sig. Andrea Pantano; l’avv. prof. Enrico Lubrano e l’avv. prof. Filippo Lubrano, per la resistente FISE; l’avv. Alessandro Benincampi, per la Procura Federale della FISE, intervenuta mediante deposito di memorie ex art. 60, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva; nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Massimo Ciardullo, per la Procura Generale dello Sport, intervenuto ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’ art. 61, comma 3, del Codice di Giustizia Sportiva, tutti presenti, in collegamento da remoto, tramite la piattaforma Microsoft Teams;
udita, nella successiva camera di consiglio, la relatrice, avv. Cristina Mazzamauro.
Ritenuto in fatto
1. La Procura Federale della FISE, al termine dell’attività d’indagine svolta nell’ambito del fascicolo disciplinare P.A. 65/2020, ha notificato al sig. Andrea Pantano l’atto di incolpazione e deferimento dinanzi al Tribunale Federale, contestando al deferito la violazione dell’art. 1, co. 2, Regolamento di Giustizia FISE, in combinato disposto con l’art. 10, co. 1 e 2, dello Statuto Federale e degli artt. 1, co. 1 e 2, del Codice di Comportamento Sportivo del CONI, per aver diffuso, via telefono, nei giorni precedenti il 14 settembre 2020, la notizia non veritiera del mutamento della location dell’Assemblea Nazionale Elettiva, che si sarebbe celebrata il 14 settembre 2020 presso la Fiera di Roma, come organizzato e formalizzato dalla FISE, o, in ogni caso, la notizia relativa al mancato controllo delle procedure atte ad evitare il contagio da Covid-19 in occasione della indicata Assemblea.
2. Il Tribunale giudicante dava atto della mancata costituzione del deferito e ne dichiarava, previa verifica della ritualità della convocazione, la contumacia.
Nel corso della fase dibattimentale, la Procura ha depositato note conclusionali, osservando che le evidenze della commissione dell’illecito, da parte del sig. Pantano, risultavano provate anche alla luce di elementi e documenti probatori ulteriori, dei quali chiedeva l’ammissione al Tribunale. In particolare: 1) un post pubblicato sul profilo facebook “Obiettivo Nuova FISE”; 2) un video del sig. Andrea Pantano, pubblicato sul predetto profilo, con il quale l’Incolpato invitava i tesserati a non partecipare all’Assemblea elettiva; 3) copia della PEC, a firma del sig. Andrea Pantano, datata 13 settembre; estratto dalla pagina WEB SEF-Italia.it, in cui compare la medesima utenza telefonica utilizzata per contattate i predetti soggetti.
Il Tribunale, pur rigettando la richiesta istruttoria formulata dalla Procura poiché ritenuta intempestiva, ha disposto d’ufficio l’acquisizione degli atti, ai sensi dell’art. 55, co. 1, Reg. Giust., ritenendo la suddetta documentazione necessaria ai fini del decidere.
Il Tribunale, esaurita la fase dibattimentale di primo grado, in data 6 marzo 2021, ha concluso il procedimento a carico dell’incolpato, applicando la sanzione disciplinare della sospensione per sei mesi nonché dell’ammenda di euro 1.500,00.
3. La decisione è stata reclamata innanzi alla Corte Federale d’Appello dal sig. Pantano, il quale ha dedotto: a) la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio procedimentale, per non aver mai ricevuto una valida notificazione dell’incolpazione, visto che il titolare della PEC dichiarata quale indirizzo dal Circolo Ippico Le Betulle (circolo di appartenenza dell’Incolpato) non ha mai provveduto a trasmettere la comunicazione all’effettivo destinatario; b) la violazione e/o errata applicazione dell’art. 55, c.1, R.G., perché il Tribunale Federale ha motivato la decisione in virtù di materiale probatorio che non poteva essere acquisito d’ufficio, posto che l’organo decidente non può supplire alle carenze probatorie delle parti attraverso un’attività investigativa, tramite l’acquisizione d’ufficio di elementi probatori la cui ammissione viene intempestivamente richiesta dalle parti del giudizio; c) nel merito, le risultanze istruttorie poste alla base del deferimento non erano sufficienti a provare la responsabilità del deferito, posto che lo stesso non può essere ritenuto responsabile per telefonate fatte da altri e per conversazioni dal contenuto e/o finalità eterodeterminate; d) la sproporzione della sanzione applicata, atteso che casi molto più gravi di quelli posti al vaglio del Giudice ed oggetto di deferimento sono stati attinti da sanzioni molto meno afflittive.
4. La Corte, con la decisione 20 aprile 2021, ha respinto il reclamo, deducendo che la notifica dell’atto di incolpazione è avvenuta secondo le previsioni contenute nell’art. 31 del Regolamento di Giustizia FISE, il quale prevede che: “tutti gli atti del procedimento e dei quali non sia stabilita la partecipazione in forme diverse sono comunicati a mezzo di posta elettronica certificata (…)” “Gli atti di avvio dei procedimenti disciplinari sono comunicati presso la sede della Società, dell’Associazione o dell’Ente di appartenenza dei soggetti che vi sono sottoposti; in caso di mancata consegna della comunicazione al Tesserato, alla Società, all’Associazione o all’Ente è sanzionabile fino alla revoca dell’affiliazione. In ogni caso, la prima comunicazione può essere fatta in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo.” Le notifiche del procedimento sono state effettuate all’indirizzo PEC comunicato dall’affiliata ASD Le Betulle, quindi, nelle forme stabilite dal Regolamento di Giustizia FISE o dal codice di rito civile, secondo il principio della ricezione ovvero della cognizione legale. Il secondo e terzo motivo di censura del reclamante, relativi alla violazione e/o errata applicazione dell’art. 55, c.1, del Regolamento di Giustizia, non sono fondati, in virtù del chiaro ed esplicito contenuto della norma che consente al Tribunale Federale “di acquisire, anche nel corso della fase dibattimentale sia d’ufficio quanto ad istanza di parte, notizie dichiarazioni e documenti”. La Corte ha, comunque, reputato corretta la valutazione delle risultanze istruttorie acquisite anche in sede di indagine dalla Procura e la riconducibilità al sig. Pantano delle telefonate effettuate per dissuadere i tesserati aventi diritto al volto a partecipare all’Assemblea elettiva, al fine di ottenere il mancato raggiungimento del quorum elettorale e, conseguentemente, il rinvio della data dell’Assemblea. Il quarto motivo di reclamo è stato, infine, rigettato per la genericità delle doglianze del reclamante, non avendo il sig. Pantano specificato la ragione della suddetta censura, limitandosi ad affermare che casi molto più gravi sono stati puniti con sanzioni meno afflittive.
La Corte ha quindi ritenuto che il Tribunale Federale ha adeguatamente comminato la pena attraverso la corretta applicazione di parametri oggettivi e soggettivi, respingendo, dunque, il ricorso e confermando la sentenza di primo grado.
5. Quest’ultima decisione è oggi impugnata innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport dal sig. Pantano, il quale ha articolato i seguenti motivi di ricorso.
5.1 Violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 31, 55, 64 e 66 del Regolamento di Giustizia Federale e violazione del diritto di difesa per mancata comunicazione degli atti del procedimento. In particolare, il ricorrente osserva che, in violazione del Regolamento di Giustizia Federale, è mancata la effettiva comunicazione dell’atto introduttivo, inviato via PEC all’indirizzo di un affiliato dell’associazione di appartenenza (dell’incolpato) che non aveva alcuna funzione di rappresentanza.
5.2 Violazione e/o errata applicazione dell’art. 55, c.1, del Regolamento di Giustizia Federale e irregolare svolgimento del procedimento e violazione del contraddittorio. Segnatamente, il ricorrente osserva che i termini che regolano la fase delle indagini sono perentori e che gli atti di indagine compiuti oltre la scadenza dei termini non possono essere utilizzati. Il citato Regolamento consente la produzione di documenti e prove oltre il termine soltanto per dimostrare l’accadimento di nuovi fatti o nuove circostanze rilevanti di cui il Procuratore non era a conoscenza. L’organo decidente - nella prospettazione del ricorrente - non può supplire alle carenze probatorie delle parti attraverso un’attività integrativa, tramite l’acquisizione d’ufficio di elementi probatori, la cui ammissione viene intempestivamente richiesta dalle parti del giudizio. Sulla scorta di questa argomentazione, il ricorrente rileva che l’interpretazione eccessivamente estensiva, operata dalla Corte Federale, del disposto dell’art. 55 Reg. Giust. ha determinato la violazione del contraddittorio, ledendo il diritto di difesa del deferito.
5.3 Eccessiva onerosità della sanzione non adeguatamente motivata. La censura viene motivata ritenendo la violazione disciplinare contestata attinente a doveri generalissimi e non tipizzati, per i quali non è prevista una pena edittale. Conclude il ricorrente sostenendo che la presunta azione a lui contestata si riduce a mero tentativo visto che non ha sortito le finalità che secondo la Procura si volevano ottenere; pertanto, la sanzione irrogata è eccessivamente afflittiva.
5.4 Il ricorrente ha concluso chiedendo la nullità e/o l’annullamento e/o la riforma della decisione d’appello e, in subordine, la riduzione della inibizione e/o dell’ammenda.
6. Si è difesa con memoria scritta la Federazione Italiana Sport Equestri, deducendo la complessiva inammissibilità ed infondatezza del ricorso ed, in via subordinata, in caso di accoglimento del ricorso, ha chiesto il rinvio al giudice di primo grado. Con vittoria di spese e di onorari.
7. Con memorie ex art. 60 CGS, l’Ufficio del Procuratore Federale ha sostenuto l’inammissibilità del ricorso e comunque la sua infondatezza, con la conseguente conferma della sentenza resa dalla Corte Federale d’Appello. Con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
8. In esito all’udienza del 12 luglio 2021, sentiti i difensori delle parti, in epigrafe indicati, la causa è stata assegnata in decisione.
Considerato in diritto
1. La prima questione sottoposta al vaglio di questo Collegio riguarda la correttezza della modalità di avvio del procedimento disciplinare a carico del ricorrente, tesserato con la Federazione Italiana Sport Equestri, fatta mediante comunicazione della conclusione della fase di indagine, ai sensi dell’art. 64, c. 4, del Reg. Giust., unitamente all’intendimento di procedere al deferimento (atto di deferimento e rinvio a giudizio PA 65/20), dalla Procura Federale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) indicata al momento dell’affiliazione dalla Società del tesserato, nonché all’indirizzo di posta ordinaria presente nella scheda del tesseramento.
Come si è già prima ricordato, nel caso in esame, l’incolpato non si è costituto né è comparso durante tutto il procedimento disciplinare di primo grado, non avendo, secondo quanto da lui affermato, avuto conoscenza di tali atti.
Il procedimento si è poi concluso in primo grado con la sanzione che è stata confermata dalla Corte Federale d’Appello ed è stata poi impugnata davanti al Collegio di Garanzia sulla scorta dei seguenti motivi: compressione del diritto di difesa, inammissibilità delle acquisizioni istruttorie, violazione del principio del contraddittorio e sproporzione della sanzione irrogata.
2. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 31 del Regolamento di Giustizia della FISE per la mancata comunicazione formale dell’inizio del procedimento che ha visto la contumacia del deferito nel corso del giudizio di primo grado.
Al riguardo si deve ricordare che l’art. 31 del Regolamento (rubricato “Comunicazioni”), prevede che: “1. Tutti gli atti del procedimento e dei quali non sia stabilita la partecipazione in forme diverse sono comunicati a mezzo di posta elettronica certificata. Il Giudice può invitare le parti a concordare forme semplificate di comunicazione tra le stesse, anche mediante rinuncia ad avvalersi in ogni modo dei difetti di trasmissione, riproduzione o scambio. 2. Gli atti di avvio dei procedimenti disciplinari sono comunicati presso la sede della Società, dell’Associazione o dell’Ente di appartenenza dei soggetti che vi sono sottoposti; in caso di mancata consegna della comunicazione al Tesserato, alla Società, all’Associazione o all’Ente è sanzionabile fino alla revoca dell’affiliazione. In ogni caso, la prima comunicazione può essere fatta in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo”.
Si deve anche ricordare, a mente dell’art. 64, commi 2 e 4, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI (CGS-CONI), che pone un obbligo di adeguamento ad esso degli Statuti e dei Regolamenti di Giustizia federali, che l’art. 11, commi 1 e 2, del CGS-CONI (rubricato “Comunicazioni”), stabilisce che: “Tutti gli atti del procedimento e dei quali sia stabilita la partecipazione in forme diverse sono comunicati a mezzo di posta elettronica certificata. Il Giudice può invitare le parti a concordare forme semplificate di comunicazione tra le stesse, anche mediante rinuncia ad avvalersi in ogni modo dei difetti di trasmissione, riproduzione o scambio. 2. Gli atti di avvio dei procedimenti disciplinari sono comunicati presso la sede della Società, Associazione o Ente di appartenenza dei soggetti che vi sono sottoposti; in caso di mancata consegna della comunicazione al tesserato, la Società, Associazione o Ente è sanzionabile fino alla revoca dell’affiliazione. In ogni caso, la prima comunicazione può essere fatta in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo.”.
3. Il tenore letterale delle predette disposizioni è chiaro nel prevedere che, ai fini della conoscenza (da parte dell’indagato e incolpato) del procedimento che lo riguarda, la notifica degli atti di avvio del procedimento deve (l’imperativo si ricava dalla previsione “sono comunicati”) essere effettuata presso l’indirizzo PEC della società di appartenenza del tesserato destinatario del procedimento disciplinare. Fatta salva la possibile utilizzazione di altre forme di notifica qualora evidentemente risultassero più agevoli anche per il destinatario.
4. Nel caso in esame, come risulta dagli atti, le comunicazioni riguardanti il procedimento in questione sono state notificate all’indirizzo PEC della ASD di appartenenza del ricorrente nonché all’indirizzo di mail ordinaria indicato dallo stesso ricorrente in sede di tesseramento.
Ne consegue che l’iter di notificazione, come ritenuto dai giudici federali, è stato eseguito in assoluta conformità rispetto alla normativa federale, sul punto pienamente conforme all’art. 11 del Codice della Giustizia Sportiva CONI.
5. Non supporta il motivo di impugnazione articolato dal ricorrente neanche l’ulteriore censura dallo stesso mossa, relativa alla mancata qualifica di Presidente dell’ASD del soggetto titolare dell’indirizzo PEC comunicato dall’Associazione all’atto della richiesta di affiliazione.
Non risulta invero rinvenibile una disposizione endofederale o del CGS-CONI che imponga alle Società di indicare, ai fini indicati, un indirizzo PEC il cui intestatario sia il legale rappresentante della società.
Nella specie, la ASD di appartenenza del deferito risultava munita di un indirizzo PEC, tale indirizzo è stato specificamente indicato all’atto di richiesta di affiliazione e coerentemente le comunicazioni riguardanti la procedura disciplinare in questione sono state ivi effettuate.
La procedura è stata, pertanto, correttamente avviata nel rispetto delle previsioni regolamentari conformi al Codice di Giustizia Sportiva.
6. Sulla conformità del suddetto impianto regolatorio si è già peraltro espresso il Collegio di Garanzia, il quale ha rilevato che “le norme prese in esame, evidentemente frutto di una stratificazione verificatasi nel tempo, procedono dal piano classificatorio che individua nella PEC la forma generale con la quale sono comunicati gli atti del procedimento sportivo e, a tal fine, dispongono l’associazione a ciascuna società di un indirizzo PEC cui inviare anche gli atti che riguardano i propri tesserati i quali, a tal fine, eleggono domicilio presso di essa all’atto del tesseramento (comma 1)”. Nella medesima decisione il Collegio ha precisato che “la struttura della norma riflette in modo evidente il fatto che il rapporto del tesserato con la Federazione di appartenenza, fin dall’incombente del tesseramento, è mediato dal soggetto societario o associativo cui esso aderisce e che cura i rapporti con gli organi endofederali, compresi quelli di giustizia, secondo un principio di prossimità che, per quanto qui interessa, opera innanzitutto in funzione di garanzia della posizione del tesserato …” “Da tanto si ricava, in termini di principio, che le comunicazioni di avvio dei procedimenti disciplinari vanno senz’altro effettuate tramite la PEC delle ASD/SSD di appartenenza” (Collegio di Garanzia dello Sport, decisione 24 giugno 2019, n. 49).
Ne deriva l’infondatezza del motivo.
7. Con il secondo e terzo motivo, il ricorrente ripropone la doglianza secondo cui si sarebbe verificata una violazione della norma federale, in tema di prove, nell’ambito della fase dibattimentale, nella misura in cui il Tribunale Federale ha disposto d’ufficio l’acquisizione di elementi probatori presentati dalla Procura e ritenuti intempestivi.
Nell’articolare il motivo di ricorso, in particolare, il ricorrente lamenta un’interpretazione eccessivamente estesa dell’art. 55 del Regolamento di Giustizia FISE, tale da svilire tutte le altre norme del procedimento e della giustizia sportiva che dettano tempi del procedimento e garantiscono una posizione paritaria tra le parti, così come voluto dal legislatore sportivo nel momento in cui ha optato per la scelta di indicare come riferimento procedurale integrativo il codice di procedura civile che garantisce, soprattutto in ordine al principio di disponibilità delle prove, un allineamento tra accusa e difesa nella fase dibattimentale.
La censura così articolata si riferisce all’ammissione, da parte del Tribunale, di ulteriori elementi di prova (i.e. documenti e video), formatisi prima dello spirare del termine ultimo per la conclusione delle indagini e presentati dalla Procura nel corso della fase dibattimentale.
Il Tribunale Federale, pur riconosciuta la non tempestività della produzione, ha ritenuto di procedere d’ufficio all’acquisizione, ammettendo le prove.
Tale determinazione ha comportato, secondo il ricorrente, una violazione dell’art. 55 Reg. Giust., nella misura in cui l’organo decidente non può supplire alle carenze probatorie delle parti attraverso un’attività integrativa, tramite l’acquisizione di elemento probatorio la cui ammissione viene intempestivamente richiesta dalle parti nel giudizio.
8. Il motivo non è fondato.
La censura impone la disamina delle disposizioni regolamentari che governano l’assunzione delle prove.
In particolare, l’art. 55, comma 1, del Reg. Giust. FISE (rubricato Assunzione delle prove), dispone che, “laddove ritenuto necessario ai fini del decidere, il Presidente del Collegio può in qualunque momento disporre, anche d’ufficio, l’assunzione di qualsiasi mezzo di prova (inclusi confronti, esperimenti o perizie), nonché acquisire dati, notizie, informazioni, atti, dichiarazioni o documenti”.
Nella celebrazione del processo sportivo è, dunque, la stessa normativa federale a prevedere espressamente la facoltà del Collegio giudicante di acquisire, anche nel corso della fase dibattimentale, sia d’ufficio che ad istanza di parte, nuovi elementi di prova, senza indicare termini di decadenza o preclusioni.
La facoltà di disporre accertamenti istruttori è conforme al sistema ed ai principi della giurisdizione statale, applicabili al processo sportivo per effetto del richiamo ai principi e alle norme generali del processo civile, operato dall’art. 2, comma 6, del Codice della Giustizia Sportiva, il quale prevede che: “per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.
La possibilità di disporre accertamenti istruttori ritenuti necessari ai fini del decidere è un principio più volte espresso nel processo civile (ad es., rif. 421 c.p.c., c.2, il Giudice “può altresì disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dai limiti stabiliti dal Codice civile …”), che riconosce al Giudice un ampio potere discrezionale di assumere la prova in via autonomia al punto di disporne l’assunzione anche nel caso in cui le parti ne siano decadute.
9. Sulla base di tali disposizioni non può essere censurato l’operato del Tribunale Federale che, nell’esercizio delle sue funzioni e prerogative, ha ritenuto di dover comunque acquisire l’ulteriore materiale probatorio depositato dalla Procura.
Peraltro, tali atti non hanno determinato una modifica del quadro accusatorio, ma ne hanno solo ulteriormente chiarito gli elementi fattuali.
10. Con il quarto e ultimo motivo, il ricorrente articola una censura di omessa valutazione dell’entità e tipo di sanzione irrogata, dolendosi del difetto di motivazione in ordine al doppio tipo di sanzioni inflitte nonché in ordine all’entità delle stesse.
Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
La censura di difetto di motivazione è inammissibile, poiché non sono stati articolati profili di carenza dei presupposti di fatto o manifesta irragionevolezza della decisione. Il ricorrente si è limitato ad affermare che casi più gravi sono stati puniti con sanzioni meno afflittive, senza, tuttavia, spiegare le ragioni logico giuridiche alla base di tale affermazione. La censura disvela peraltro il tentativo di ottenere una nuova valutazione di merito sulla congruità della misura afflittiva, che esula dai limiti del sindacato di questo Collegio.
Analizzando, tuttavia, l’iter argomentativo del Giudice federale non si evidenziano neanche vizi nel percorso logico giuridico seguito. La Corte Federale, nel richiamare i principi e i criteri applicabili nella scelta del trattamento sanzionatorio, ha di fatto richiamato per relationem la motivazione di primo grado, il cui dato testuale non presenta vizi o lacune nell’individuare e valutare la gravità della condotta del deferito.
11. Il ricorso, pertanto, è infondato e deve essere respinto, con la compensazione delle spese di giudizio.
12. La Sezione, alla luce del motivo di ricorso riguardante la comunicazione a mezzo PEC, alla società di appartenenza del tesserato, degli atti di avvio dell’azione disciplinare e con riferimento, in particolare, alla censura secondo cui, nel caso in esame, la PEC indicata dalla società non risultava intestata alla stessa società e nemmeno al suo rappresentante legale, ritiene necessario segnalare ai competenti organi del CONI l’opportunità di prevedere che, nelle disposizioni regolamentari delle Federazioni, la PEC comunicata dalla società sportiva sia necessariamente intestata alla stessa società o al suo rappresentante legale in modo da dare maggiori certezze sugli esiti della notifica ed escludere la possibile violazione dei diritti di difesa dell’incolpato.
Peraltro, una modifica in tal senso risulta agevolata dalla circostanza che la PEC è oramai diventato uno strumento diffuso e di agevole acquisizione.
P.Q.M.
il Collegio di Garanzia dello Sport
Quarta Sezione
Respinge il ricorso.
Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 12 luglio 2021.
Il Presidente                                La Relatrice
F.to Dante D'Alessio                  F.to Cristina Mazzamauro
Depositato in Roma, in data 23 novembre 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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