CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Terza – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 110 del 13/12/2021 – Claudia Svalduz e altri/Federazione Italiana Scherma/Alberto Coltorti e Saverio Crisci

Decisione n. 110
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA
TERZA SEZIONE
composta da
Massimo Zaccheo - Presidente
Roberto Bocchini - Relatore
Aurelio Vessichelli
Leonardo Ferrara
Roberto Carleo - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 14/2021, presentato, in data 10 febbraio 2021, dai signori Claudia Svalduz, Domenico Patti, Massimiliano Bruno, Paolo Cuccu, Giovanni Repetto, Elia Roveda, rappresentati e difesi dagli avv.ti Paola Puglisi e Alberto Marolda,
contro
la Federazione Italiana Scherma (FIS), rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Guarino,
e nei confronti dei controinteressati
signori Alberto Coltorti e Saverio Crisci, non costituiti in giudizio,
per l'impugnazione
della decisione n. 1/2021, resa, in unico grado, dal Tribunale Federale FIS il 5-11 gennaio 2021, pubblicata in data 18 gennaio 2021, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto dai signori Claudia Svalduz, Domenico Patti, Massimiliano Bruno, Paolo Cuccu, Giovanni Repetto ed Elia Roveda contro la Federazione Italiana Scherma ed è stata confermata la validità dell’assemblea elettiva del 13 dicembre 2020 del settore dei rappresentanti dei Tecnici nell’Assemblea Nazionale FIS, nonché dell’elezione dei rappresentanti dei tecnici nelle assemblee regionali e, comunque, nelle assemblee delle Regioni Basilicata, Calabria, Lombardia, Sicilia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Piemonte e Toscana, tenutesi in data 13 dicembre 2020, nonché dell’elezione dei rappresentanti degli atleti nelle assemblee nazionali e regionali e, comunque, nelle Regioni Lazio, Toscana e Sicilia, e dei conseguenti risultati elettorali, ed in ogni caso per la rettifica dei risultati.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 21 maggio 2021, in collegamento da remoto, mediante la piattaforma Microsoft Teams, i difensori delle parti ricorrenti - sigg. Claudia Svalduz, Domenico Patti, Massimiliano Bruno, Paolo Cuccu, Giovanni Repetto ed Elia Roveda - avv.ti Paola Puglisi e Alberto Marolda, nonché l'avv. Giancarlo Guarino, per la resistente FIS; udito, altresì, il Vice Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Guido Cipriani, presente personalmente, presso i locali del CONI, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell'art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di cui in epigrafe;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. prof. Roberto Bocchini.
Ritenuto in fatto
I signori Claudia Svalduz, Domenico Patti, Massimiliano Bruno, Paolo Cuccu, Giovanni Repetto, Elia Roveda chiedevano, con reclamo, ex art. 63 dello Statuto Federale FIS ed art. 103 del Regolamento Organico, innanzi al Tribunale Federale della FIS, l’annullamento delle elezioni dei rappresentanti dei tecnici nell’Assemblea Nazionale FIS, nonché dell’elezione dei rappresentanti dei tecnici nelle assemblee regionali e, comunque, nelle assemblee delle Regioni Basilicata, Calabria, Lombardia, Sicilia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Piemonte e Toscana, tenutesi in data 13 dicembre 2020, nonché dell’elezione dei rappresentanti degli atleti nelle assemblee nazionali e regionali e, comunque, nelle Regioni Lazio, Toscana e Sicilia, e dei conseguenti risultati elettorali, ed in ogni caso per la rettifica dei risultati.
I ricorrenti avevano dedotto, con i motivi primo e quarto, l’invalidità delle elezioni, in ragione dell’illegittimo riconoscimento dei diritti di elettorato attivo a ventotto (28) tesserati (dei quali, solo diciotto [18] risultati effettivamente presenti ai seggi) i quali, non avendo mai conseguito il diploma magistrale presso l’Accademia Nazionale Scherma, non avrebbero potuto insegnare ed essere iscritti nella Lista Tecnica Federale e, quindi, votare per l’elezione dei rappresentati dei tecnici nelle assemblee nazionali e regionali. Si tratterebbe di soggetti che avevano conseguito diplomi magistrali rilasciati dalla FIS in applicazione del Regolamento Attuativo SNAQ del 16 gennaio 2017, poi annullato dal Giudice amministrativo di primo e secondo grado e, comunque, inefficace perché non approvato dal CONI.
Con il secondo motivo di ricorso, avevano dedotto l’invalidità delle elezioni per l’illegittima ammissione al voto e la candidatura, quale rappresentante dei tecnici, del Maestro Saverio Crisci, in quanto privo del requisito necessario costituito dall’effettivo svolgimento di attività di insegnamento.
Con i rimanenti motivi, avevano dedotto irregolarità procedurali in ragione dell’omesso rilevamento delle presenze ai seggi, dell’omessa indicazione degli elettori che avevano votato per l’elezione dei rappresentanti degli atleti o per l’elezione dei rappresentanti dei tecnici, dell’omessa identificazione degli elettori mediante registrazione del documento di identità, dell’erroneo inserimento in alcune schede elettorali di un soggetto non candidato e del mancato annullamento delle schede dove allo stesso erano state attribuite preferenze e, infine, alla luce dell’omessa indicazione dell’orario di apertura e di chiusura di alcuni seggi.
Con il settimo motivo di ricorso, avevano dedotto la violazione dell’art. 63 dello Statuto Federale e dell’art. 103 del Regolamento Organico in ordine al calcolo della quota riservata al genere diverso.
All’esito del giudizio, il Tribunale, con la decisione n. 1/2021 del 5-11 gennaio 2021, pubblicata e comunicata alle parti il 18 gennaio 2021, rigettava tutti i motivi di ricorso, sia relativi all’asserita ed illegittima inclusione, nell’elenco dei tecnici aventi diritto al voto, di soggetti privi dei requisiti in proposito previsti, sia relativi all’asserita illegittimità della candidatura di soggetti non in possesso dei requisiti previsti dall’art. 63, comma 3, dello Statuto Federale.
In particolare, il Tribunale riteneva che, in considerazione degli esiti del contenzioso amministrativo tra l’Accademia Nazionale di Scherma e la FIS, quest’ultima avesse ottemperato escludendo dall’elenco degli aventi diritto i tecnici che avevano conseguito il diploma di insegnamento nella sessione invalidata dal TAR del 10, 11 e 12 marzo 2017, mentre i 28 soggetti la cui inclusione era stata contestata in ricorso avevano conseguito il diploma a seguito di esami banditi nel biennio 2017/2018, in altre sessioni di esami non caducate dalla sentenza del TAR.
Tenuto conto che la sentenza del TAR aveva annullato il Regolamento attuativo SNAQ del 2017, nella parte in cui aveva escluso ogni competenza dell’Accademia Nazionale di Scherma al rilascio dei diplomi magistrali, ed aveva annullato l’art. 1, comma 12, del nuovo Statuto della FIS, nella parte in cui ha previsto espressamente, quale finalità istituzionale della FIS, la formazione di atleti e tecnici federali di scherma, unitamente alla disposizione secondo la quale, ferme le competenze della Accademia Nazionale di Scherma, i tecnici federali devono essere in possesso di idoneo titolo abilitativo rilasciato dalla FIS, secondo il Tribunale, dal mutato quadro di riferimento statutario e dai limiti oggettivi del giudicato di annullamento del Regolamento del 2017, non è possibile negare ai tecnici, in possesso di diploma rilasciato dalla FIS, il diritto di voto, ai sensi dell’art. 63 dello Statuto.
Rispetto alla contestata ammissione al voto ed alla candidatura del maestro Crisci, il Tribunale ha rigettato il motivo di ricorso, in quanto infondato, atteso che lo stesso era regolarmente iscritto nella lista tecnica federale e che, dagli elementi istruttori acquisiti, era risultata provata la circostanza che avesse effettivamente esercitato l’insegnamento della scherma.
Relativamente alle dedotte irregolarità procedurali, il Tribunale ha ritenuto trascurabili ed ininfluenti i rilievi svolti dai ricorrenti, in quanto inidonei ad incidere in alcun modo sul concreto esercizio del diritto di voto o ad alterare i risultati elettorali. Infine, ha ritenuto infondato l’ultimo motivo di reclamo, con il quale è stata denunciata la violazione degli artt. 63 dello Statuto Federale e 103 del Regolamento Organico, in ordine al calcolo della quota riservata al genere diverso, in quanto, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti, non esiste alcuna norma statutaria o regolamentare che preveda la necessaria applicazione delle modalità di calcolo di una quota riservata al genere diverso, contemplata espressamente solo per le elezioni del Consiglio Federale ed insuscettibile di estensione analogica.
Con il ricorso in epigrafe, i signori Claudia Svalduz, Domenico Patti, Massimiliano Bruno, Paolo Coppu, Giovanni Repetto ed Elia Roveda hanno impugnato la decisione del Tribunale Federale FIS n. 1/2021, con cui è stato respinto il ricorso avverso la validità delle assemblee delle elezioni dei rappresentanti dei tecnici nell’Assemblea Nazionale FIS, nonché dell’elezione dei rappresentanti dei tecnici nelle assemblee regionali e, comunque, nelle assemblee delle Regioni Basilicata, Calabria, Lombardia, Sicilia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Piemonte e Toscana, tenutesi il 13 dicembre 2020, nonché dell’elezione dei rappresentanti degli atleti nelle assemblee nazionali e regionali e, comunque, nelle Regioni Lazio, Toscana e Sicilia, e dei conseguenti risultati elettorali, ed in ogni caso per la rettifica dei risultati.
In particolare, le censure possono essere così riassunte:
1) Violazione di norme di diritto: violazione e falsa applicazione degli artt. 63, comma 1 e 3, e 55 dello Statuto FIS, del d.lgs. n. 13/2013; degli artt. 7, comma 5, lettera e) ed l), e 23 dello Statuto CONI, del Regolamento SNaQ CONI (Disposizioni per l’implementazione del sistema nazionale di qualifiche degli operatori sportivi); degli artt. 1, comma 11, 2, lettera g), Statuto FIS. Motivazione insufficiente ed errata;
2) Motivazione insufficiente ed illogica. Violazione e falsa applicazione degli artt. 63, commi 1 e 3, e 55 Statuto FIS. Violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del d.lgs. n. 242/1999 e dell’art. 20 Statuto CONI;
3) Violazione di norme di diritto: art. 63 dello Statuto Federale e dell’art. 103 del Regolamento Organico sul calcolo della quota riservata al genere diverso. Motivazione insufficiente.
4) Omessa motivazione su uno specifico motivo di ricorso.
Ha resistito, con memoria, la Federazione Italiana Scherma, ed hanno successivamente depositato memoria, ex art. 40, comma 6, CGS CONI, entrambe le parti.
I ricorrenti hanno chiesto anche l’emissione di un provvedimento cautelare; tale richiesta è stata respinta dal Collegio all’esito dell’udienza tenutasi in data 18 febbraio 2021, limitatamente alla trattazione della istanza cautelare.
L’affare è stato, quindi, chiamato e discusso all’udienza del 21 maggio 2021, come da sintesi a verbale, e, poi, introitato per essere deciso.
Quanto al merito del ricorso proposto dai signori Claudia Svalduz, Domenico Patti, Massimiliano Bruno, Paolo Coppu, Giovanni Repetto ed Elia Roveda, essi, in sintesi, affermano:
1. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1, comma 11, 2, lett. g), 55 e 63, commi 1 e 3, dello Statuto FIS; del d.lgs. n. 13/2013, degli artt. 7, comma 5, lett. e) ed l), e 23 dello Statuto CONI; del Regolamento SNaQ CONI (disposizione per l’implementazione nazionale di qualifiche degli operatori sportivi), nonché motivazione insufficiente ed errata.
In particolare, i ricorrenti denunciano la violazione e l’erroneità della decisione impugnata, che si caratterizza per aver contraddetto il quadro normativo vigente. Il Tribunale avrebbe errato nel non aver considerato che il TAR Lazio, a fronte del ricorso dell’Accademia Nazionale di Scherma, aveva annullato, con sentenza confermata dal Consiglio di Stato, il Regolamento SNaQ Federale del 16 gennaio 2017, unitamente al primo bando di esame per il rilascio dei diplomi magistrali di secondo e terzo livello. Secondo i ricorrenti, tale annullamento consisterebbe in un atto di natura generale, dal quale discenderebbe la consequenziale caducazione di tutti gli atti esecutivi e/o applicativi e, dunque, di tutti i bandi di esame indetti a seguito della sua emanazione, indipendentemente dal fatto che questi fossero stati o meno singolarmente impugnati. Ne consegue che non avrebbero potuto partecipare alle elezioni tutti i tecnici che avevano conseguito diplomi abilitativi non rilasciati dall’Accademia Nazionale di Scherma. Peraltro, indipendentemente dall’annullamento del TAR, il citato Regolamento del 2017 non poteva produrre effetti, in quanto mai sottoposto all’attenzione e mai approvato dalla Giunta Nazionale del CONI. La mancata approvazione del Regolamento comporterebbe la sua mancanza di efficacia per l’Ordinamento Sportivo, e, pertanto, non sarebbe possibile riconoscere validità ai diplomi rilasciati dalla FIS nel biennio 2017/2018 neppure entro i confini esclusivi dell’Ordinamento sportivo, atteso che, laddove lo Statuto federale vigente menziona “idoneo titolo rilasciato dalla Federazione”, secondo i ricorrenti, si riferirebbe ad una c.d. licenza sportiva, atto avente natura di autorizzazione ricognitiva, che legittimerebbe i soggetti in possesso di diploma magistrale ad operare in ambito federale.
2. Motivazione insufficiente ed illogica. Violazione e falsa applicazione degli artt. 63, commi 1 e 3, e 55 dello Statuto FIS. Violazione dell'art. 8 del Regolamento organico e 48 dello Statuto; dell’art. 16 del D.lgs. n. 242/99 e dell’art. 20 dello Statuto CONI.
In particolare, i ricorrenti contestano l’efficacia probatoria dei documenti sulla scorta dei quali è stato rigettato il secondo motivo di ricorso, con cui avevano contestato sia l’ammissione al voto che la candidatura del Maestro Saverio Crisci, poiché non dedito all’insegnamento attivo. Secondo i ricorrenti, il Tribunale avrebbe accertato l’effettivo svolgimento della funzione attraverso materiale probatorio irrilevante.
Con la seconda parte del motivo, i ricorrenti denunciano l’omesso esame o, comunque, la carenza motivazionale rispetto alle denunciate irregolarità procedimentali, quali: l’omesso rilevamento delle presenze ai seggi; l’omessa indicazione degli elettori votanti, rispettivamente, nelle due liste; l’omessa identificazione degli elettori, mediante registrazione del documento d’identità o sottoscrizione a margine del nome, nonché la mancata indicazione dell’effettiva durata di tutti i seggi.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 63 dello Statuto Federale e dell’art. 103 del Regolamento Organico sul calcolo della quota riservata al genere diverso. Insufficienza motivazionale.
In particolare, si censura la sentenza del Tribunale per aver omesso di motivare in ordine al denunciato errore nelle modalità di calcolo della c.d. quota di genere. Il Tribunale, secondo i ricorrenti, si sarebbe limitato erroneamente a ritenere corretto il calcolo, sulla scorta dell’inesistenza di specifiche e tassative previsioni statutarie.
4. Omessa motivazione su specifico motivo di ricorso.
In particolare, i ricorrenti deducono l’omesso esame della richiesta di riconteggio delle schede elettorali per errori di calcolo nell’attribuzione delle preferenze.
La resistente Federazione ha depositato memoria difensiva, con la quale ha chiesto di accogliere i seguenti argomenti:
1. Inammissibilità del ricorso (anche endofederale) diretto ad un controllo generalizzato del procedimento elettorale e non sorretto da interesse individuale.
In via preliminare, la FIS deduce l’inesistenza dell’interesse ad agire dei ricorrenti in quanto, premesso che le Federazioni sono soggetti di diritto privato regolati dal Codice civile, risulta errato il richiamo a principi normativi e giurisprudenziali relativi a procedimenti elettorali disciplinati dalle leggi dello Stato o delle Regioni; ed ancora, rileva che le sessioni elettorali sono svolte a livello regionale presso seggi organizzati attraverso l’attività di volontariato dei dirigenti sportivi locali, privi di alcuna specifica preparazione amministrativa; ciononostante, dalla documentazione relativa alle elezioni emerge la regolarità delle operazioni elettorali contestate. Fatte tali necessarie premesse, la FIS deduce l’inesistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale dei ricorrenti, i quali si sono limitati ad invocare esclusivamente un controllo generalizzato sulle procedure, rendendo le domande inammissibili.
2. Nel merito, in ordine agli specifici motivi di ricorso, la FIS deduce la loro inammissibilità ed infondatezza.
In particolare, circa il reclamo avente ad oggetto l’errata attribuzione del diritto di voto ai soggetti privi del diploma magistrale, la resistente Federazione deduce la decadenza da ogni contestazione, ai sensi dell’art. 103, comma 9, Regolamento Organico, che pone un principio generale in base al quale il reclamo avverso le esclusioni debba ricomprendere ogni questione del diritto all’elettorato attivo, in ossequio al principio di celerità dei giudizi e stabilità dei risultati. Secondo la FIS, i ricorrenti avrebbero dovuto svolgere le loro censure tempestivamente, al momento della pubblicazione degli elenchi. In ogni caso, evidenzia che le sentenze del TAR e del Consiglio di Stato, invocate dai ricorrenti, hanno invalidato solo le sessioni d’esame magistrali organizzate dalla FIS il 12 marzo 2017. Inoltre, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, su istanza del Presidente della FIS, la Giunta Nazionale del CONI ha nominato un Commissario ad acta per adeguare lo Statuto Federale alle norme di legge ed ai principi CONI, proprio alla luce della suddetta sentenza. Il Commissario ad acta ha emendato ogni possibile sovrapposizione fra le competenze della Federazione e quelle di abilitazione all’insegnamento quale maestro di scherma, riconosciute all’Accademia, Pertanto, nel quadro attuale, la FIS esplica le proprie attribuzioni e competenze in sede di formazione dei tecnici federali di scherma ai livelli I, II e III dello SNaQ, spettando al CONI il IV livello ed all’Accademia Nazionale di Scherma quello di maestro di scherma diplomato. Quindi, secondo la FIS, i titoli di abilitazione rilasciati sono conformi al sistema SNaQ sino a che non giungano a livello di professionalizzazione dell’attività, di competenza dell’Accademia Nazionale di Scherma quanto alla certificazione dell’abilità.
Sul secondo motivo di ricorso, relativo all’ammissione del Maestro Crisci alle elezioni, parimenti ne deduce la decadenza, per non avere i ricorrenti svolto le censure al momento della pubblicazione della lista. In ogni caso, afferma che sarebbe sufficiente l’iscrizione nella lista tecnica quale unico requisito di elettorato attivo e passivo. Infine, la Federazione resistente rileva che la documentazione acquisita in atti, dalla quale si evince un rapporto di durata con la società A.S.D. Aprilia Scherma, è sufficiente ad escludere ogni dubbio circa il concreto svolgimento dell’attività. Riguardo alle citate irregolarità procedurali, la FIS deduce l’inammissibilità del motivo di ricorso, in quanto non viene specificata in alcun modo la lesione di un conseguente interesse diretto, concreto ed attuale, risultando, peraltro, tali irregolarità, laddove verificate, del tutto ininfluenti.
In merito al terzo motivo di ricorso, relativo all’omessa motivazione sul calcolo della quota di genere, la FIS deduce l’erroneità delle norme invocate dai ricorrenti, in quanto finalizzate ad un’indebita applicazione di un meccanismo elettorale distinto e diverso da quello per cui è causa.
Sul quarto motivo di ricorso, afferente all’erroneo conteggio delle preferenze, la FIS deduce la correttezza dei criteri applicati e precisa che, in ogni caso, le schede pervenute in Federazione successivamente all’istanza di accesso agli atti confermano l’assenza di errori.
Considerato in diritto
Il ricorso promosso deve essere dichiarato inammissibile per i motivi che di seguito si esporranno. Le domande azionate con il presente giudizio dai signori Claudia Svalduz, Domenico Patti, Massimiliano Bruno, Paolo Cuccu, Giovanni Repetto ed Elia Roveda devono essere valutate, anzitutto, in relazione alla loro ammissibilità, in riferimento al generale interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c.: “Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. Il concetto di interesse cui si riferisce la norma è interpretato come l’interesse ad ottenere quel bene della vita che può conseguirsi solo attraverso la tutela giurisdizionale. Detto interesse ad agire, quindi, è rappresentato dall’utilità che il provvedimento giurisdizionale dispiegherebbe relativamente alla situazione antigiuridica denunciata. Lo stesso interesse è considerato condizione imprescindibile dell’azione e, quindi, in assenza dello stesso viene a mancare un presupposto indefettibile della legittimazione all’azione medesima. Secondo la giurisprudenza, infatti, l’interesse ad agire è determinato dalla concreta o attuale lesione di un diritto ovvero dalla potenziale lesione che, ancorché futura ed eventuale, deve però necessariamente presupporre la titolarità del diritto stesso. La Suprema Corte, infatti, ha precisato: “L'interesse ad agire, previsto quale condizione dell'azione dall'art. 100 c.p.c., con disposizione che consente di distinguere fra le azioni di mera iattanza e quelle oggettivamente dirette a conseguire il bene della vita consistente nella rimozione dello stato di giuridica incertezza in ordine alla sussistenza di un determinato diritto, va identificato in una situazione di carattere oggettivo derivante da un fatto lesivo, in senso ampio, del diritto e consistente in ciò che senza il processo e l'esercizio della giurisdizione l'attore soffrirebbe un danno” (Cass., 23 novembre 2007, n. 24434). La dottrina, sul punto, evidenzia che l’interesse ad agire si concreta nella circostanza di fatto che l’attore, senza la tutela giurisdizionale, soffrirebbe un danno, tanto che il provvedimento del giudice rappresenterebbe l’unico strumento per scongiurare questo danno. La situazione non muta se ci si sposta sul piano della tutela amministrativa. È stato, infatti, chiarito in giurisprudenza che le condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione processuale, la cosiddetta legittimazione ad agire, e l’interesse a ricorrere. La prima consiste nella titolarità di una situazione giuridica soggettiva tutelata dall'ordinamento, vale a dire la posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal "quisque de populo", di talché non è possibile adire il giudice amministrativo al solo fine di ristabilire la generica legalità dell'azione amministrativa, essendo necessaria, per l'appunto, la titolarità di una posizione differenziata. L'interesse a ricorrere sussiste laddove vi sia una lesione della posizione giuridica del soggetto, ovvero sia individuabile una concreta utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento. I ricorrenti, proponendo ricorso, aspirano al vantaggio pratico e concreto che possono ottenere dall'accoglimento dell'impugnativa, dovendosi postulare che l'atto censurato abbia prodotto in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio; la lesione da cui deriva, ex art. 100 c.p.c., l'interesse a ricorrere deve costituire una conseguenza immediata e diretta del provvedimento dell'Amministrazione e dell'assetto di interessi con esso introdotto, deve essere concreta e non meramente potenziale e deve persistere al momento della decisione del ricorso (Cons. Stato, sez. II, n. 4233 del 20 giugno 2019). La giurisprudenza è pacifica, inoltre, nell'affermare che nel giudizio amministrativo, in linea di principio, fatta eccezione per ipotesi specifiche in cui è ammessa l'azione popolare (ad esempio, il giudizio elettorale sull'elezione degli organi politici), non è consentito adire il giudice al solo fine di conseguire la legalità e la legittimità dell'azione amministrativa, se ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio in favore di chi propone il ricorso (Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2018, n. 389). Dunque, l’accertamento dell’interesse ad agire comporta, anzitutto, l’accertamento dell’idoneità della pronuncia a spiegare un effetto utile alla parte istante rispetto allo specifico bene della vita dedotto nel petitum, il che, nel caso oggetto del presente giudizio, è certamente da escludersi. Infatti, nel caso in esame, non viene in considerazione una compressione e/o limitazione del diritto di partecipazione alle elezioni, a fronte delle quali sarebbe configurabile la legittimazione in capo ai ricorrenti, quali titolari del diritto di elettorato passivo (al contrario, il ricorrente è stato posto in condizioni di partecipare alla competizione nella quale è risultato anche eletto). Piuttosto, le censure si limitano ad affermare un generico “interesse alla correttezza delle operazioni elettorali”. Ma tale interesse, che altro non è se non l'interesse a valide elezioni e ad una legittima elezione dei delegati di categoria Atleti e Tecnici, costituisce un interesse indifferenziato, che in nulla differisce dal generico e indistinto interesse alla legalità dell’azione amministrativa, non azionabile né uti singulus, né, in tesi, dall'ente esponenziale, al di fuori delle specifiche ipotesi di legge in cui è ammessa l'azione popolare e ciò per i limiti giurisdizionali della caratterizzazione soggettiva del modello di giurisdizione amministrativa cristallizzato dagli articoli 24 e 103 Cost. (cfr., Cons. Stato, sez. V, n. 4717/2017, in ipotesi sovrapponibile, secondo cui “l'interesse alla legittima nomina del Presidente del Consiglio di Stato è un interesse indifferenziato che in nulla differisce dal generico e indistinto interesse alla legalità dell'azione amministrativa che può vantare qualsiasi cittadino, quale portatore dell'aspirazione della corretta esplicazione della funzione giurisdizionale, costituzionalmente deputata alla tutela degli intessi pubblici, della legalità amministrativa e del bene comune. Non vale a differenziare l'interesse l'appartenenza del ricorrente alla categoria dei magistrati amministrativi”). In altri termini, laddove, come nel caso di specie, la contestazione non investa il diritto di elettore, ma l’interesse alla legittimità della procedura e dei risultati connessi, non è configurabile in capo agli atleti e tecnici, in quanto tali, una posizione differenziata rispetto alla generalità dei consociati, portatori dell'aspirazione alla corretta esplicazione della funzione deputata alla tutela di interessi pubblici, della legalità amministrativa e del bene comune. Conclusivamente, per le dette ragioni, deve escludersi la legittimazione della ricorrente in assenza di una posizione giuridica differenziata in capo alla stessa, né è ipotizzabile, nel caso di specie, un’azione popolare mirante a conseguire la legalità e la legittimità, avendo tale azione carattere eccezionale e non essendo la stessa ammissibile al di fuori di una espressa previsione di legge, nel caso non esistente. Ciò non vuol dire che la generale garanzia di legalità sia estranea alla giurisdizione amministrativa, ma essa è l'inevitabile e doveroso riflesso di una giurisdizione che non può prescindere, nel nostro ordinamento giuridico, dalla tutela delle posizioni differenziate dei soggetti interessati, in presenza di una lesione che ne radichi in concreto l'interesse a ricorrere alla giurisdizione. In tale senso, sarebbe da ammettere, diversamente dalla fattispecie in esame, la tutela dei candidati alla carica di delegati non eletti, che si dolgano, in tesi, della legittimità delle operazioni elettorali, facendo valere in questo caso una propria e differenziata situazione giuridica soggettiva. A prescindere dalle valutazioni sulla legittimazione ad agire, non sarebbe configurabile comunque un interesse ad agire nei termini individuati dalla giurisprudenza. Non è, intanto, configurabile un vulnus specifico, concreto, personale, dell’interesse asseritamente leso (avendo la ricorrente partecipato alle elezioni ed essendo stata eletta), né è configurabile un'utilità concreta e diretta per effetto della rimozione dei provvedimenti impugnati in capo alla ricorrente; in particolare, non è possibile individuare, nella fattispecie, una sorta di chance (utilità) derivabile dalla reiterazione delle operazioni elettorali, posto che oggetto della doglianza è la procedura in sé, di modo che la ripetizione della competizione elettorale (anche ove si affermasse l'elezione di diversi candidati) non determinerebbe comunque la soddisfazione dell'interesse diretto, concreto e personale della ricorrente, essendo l’interesse della stessa, per l’appunto, quello generico alla regolarità (o forse della legalità).
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport
Terza Sezione
Dichiara inammissibile il ricorso.
Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 21 maggio 2021.
Il Presidente                      Il Relatore
F.to Massimo Zaccheo     F.to Roberto Bocchini
Depositato in Roma in data 13 dicembre 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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