F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0028/CFA pubblicata il 26 Settembre 2022 (motivazioni) – Sig. Michele Zullo/Procuratore Federale Interregionale
Decisione/0028/CFA-2022-2023
Registro procedimenti n. 0025/CFA/2022-2023
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Salvatore Lombardo – Componente
Mariangela Caminiti – Componente
Vincenzo Barbieri – Componente
Giuseppe Castiglia - Componente (relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0025/CFA/2022-2023 proposto dal sig. Michele Zullo in data 29.08.2022;
contro
Procura Federale
e nei confronti
Procuratore Federale Interregionale
nonché nei confronti
A.S.D. Sant’ Angelo Limosano
per la riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Molise, di cui al Com. Uff. n. 10/TFT del 22/08/2022;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 23 settembre 2022 tenutasi in videoconferenza, il Cons. Giuseppe Castiglia, udito l'Avv. Antonino Mancini per il reclamante e l'Avv. Massimo Adamo per la Procura federale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Con nota del 28 marzo 2022, il presidente del Comitato regionale del Molise ha segnalato alla Procura federale quanto avvenuto sul finire del primo tempo della gara fra le società ASD Sant’Angelo Limosano e ASD Lokomotiv Riccia, svoltasi il precedente 26 marzo e valevole per il campionato di prima categoria di quel Comitato regionale; gara sospesa al termine della prima frazione di gioco per abbandono del campo da parte della Lokomotiv Riccia per presunti insulti razzisti indirizzati, a seguito di un contrasto di gioco, al proprio tesserato Lamine Sow, cittadino senegalese, dal signor Michele Zullo, militante nella squadra avversa.
La Procura federale interregionale ha svolto istruttoria, acquisendo varia documentazione e ascoltando alcuni tesserati.
All’esito dell’istruttoria la Procura federale - con provvedimento del 21 luglio 2022 - ha deferito al competente Tribunale federale territoriale il signor Zullo e la ASD Sant’Angelo Limosano per rispondere - a titolo, rispettivamente, di responsabilità diretta e responsabilità oggettiva ex art. 6, comma 2, CGS - della violazione di cui agli artt. 4, comma 1, e 28, comma 2, CGS, per avere rivolto al signor Sow l’espressione discriminatoria per motivi di razza, nazionalità e origine etnica: “scimmia di merda”.
Con decisione n. 1/2022-2023 del 22 agosto 2022 il Tribunale territoriale, ritenuto fondato il deferimento sulla scorta delle risultanze istruttorie, lo ha accolto. Per l’effetto, ha inflitto al signor Zullo la sanzione di dieci giornate di squalifica e, in parte disattendendo le richieste della Procura federale, alla società la sanzione dell’ammenda di € 250,00.
Il Tribunale territoriale ha ritenuto di aggiungere che, pur essendo grave e deplorevole il comportamento rimproverato al deferito, questi non poteva per ciò solo essere definito “razzista”. Ha perciò stigmatizzato le avverse reazioni mediatiche ricevute dal signor Zullo dopo l’accaduto.
Risulta dal verbale di udienza che il signor Zullo ha declinato una possibilità di patteggiamento prospettata dalla Procura federale.
Con ricorso notificato il 29 agosto 2022 e depositato in pari data, il signor Zullo ha interposto reclamo avverso la decisione di primo grado, dolendosi dell’errata valutazione dei fatti e degli elementi probatori acquisiti nonché della violazione e falsa interpretazione dell’art. 28 CGS e dell’erronea qualificazione della propria condotta.
Il reclamante sostiene che la pronunzia impugnata poggerebbe esclusivamente su una prova indiziaria, poiché la contestazione non troverebbe conferma nel referto del direttore e degli assistenti di gara, assistiti invece del valore di prova privilegiata.
Sul piano del procedimento indiziario, peraltro, mancherebbero i requisiti minimi richiesti da giurisprudenza e dottrina, vale a dire:
a) la certezza e la univocità della circostanza indiziante (il signor Sow non avrebbe riferito all’arbitro l’offesa asseritamente ricevuta, né avrebbe reagito nei confronti dell’avversario; sarebbero divergenti le versioni offerte dai giocatori della Lokomotiv Riccia ascoltati, al netto dell’espressione rimproverata; la dinamica e la tempistica dell’episodio non combacerebbero affatto);
b) il rigore logico-deduttivo (il solo fatto noto sarebbe il parapiglia conseguente a un fallo di gioco non fischiato e alla relativa simulazione reclamata dal signor Sow, cioè un evento frequente nella casistica calcistica, specie nelle serie minori);
c) la pluralità e la concordanza degli indizi (l’accesa reazione di due giocatori della Lokomotiv Riccia sarebbe il solo dato valorizzato nella decisione e non sarebbe determinante la circostanza di non aver chiarito immediatamente l’effettivo contenuto dell’insulto profferito, cioè, in dialetto: “sciem’ e’ merda”);
d) la ricerca della causale (il reclamante ricorda di essere un atleta di 48 anni, militante da 30 anni nel dilettantismo sportivo, mai accusato di comportamenti razzisti, senza precedenti di inimicizia o di rancore nei confronti del signor Sow).
Inoltre l’istruttoria della Procura federale risulterebbe viziata in quanto, in sintesi: non sarebbe stato dato rilievo alla mancanza di riscontri del fatto contestato nel referto arbitrale o nella testimonianza degli assistenti di gara; sarebbero stati ascoltati in numero largamente prevalente tesserati della squadra ospite, dando vita a una istruttoria palesemente sbilanciata in favore di una delle parti; le dichiarazioni sarebbero state assunte al di fuori dei corretti binari processuali, senza possibilità di contraddittorio, con violazione delle norme del CGS e della Costituzione.
Così operando, la Procura federale e, sulla scia di questa, il Tribunale territoriale avrebbero dato ingresso a una sorta di discriminazione razziale a rovescio, trattando un ragazzo di colore come un soggetto “diverso”, tutelabile “a prescindere”.
In conclusione, il signor Zullo chiede l’annullamento della decisione di primo grado o, in subordine, la riduzione della sanzione inflitta in applicazione degli artt. 13, comma 2, e 15, comma 1, CGS.
Con memoria notificata il 20 settembre scorso, la Procura federale si è costituita in giudizio per resistere al reclamo, chiedendone la reiezione con la conferma della decisione impugnata.
All’udienza del 23 settembre 2022, quando il reclamo è stato chiamato, le parti hanno discusso. Dopo di che il reclamo è stato trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In via preliminare, il Collegio osserva che la società ASD Sant’Angelo Limosano, sanzionata in primo grado con l’ammenda di € 250, non ha interposto tempestivo reclamo avverso la decisione del Tribunale territoriale. Pertanto, avendo la società fatto acquiescenza, la decisione è divenuta irrevocabile nei suoi confronti.
2. All’esame del reclamo conviene premettere alcune considerazioni di ordine generale, richiamando alcuni principi che peraltro si collocano nel solco di una giurisprudenza consolidata (CFA, Sez. I, n, 92/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 76/2021-2022).
Viene rimproverata all’incolpato una condotta tenuta in violazione dell’art. 28 CGS, nella specie un comportamento discriminatorio posto in essere mediante una frase ingiuriosa riconducibile alle fattispecie descritte dal comma 1 dell’articolo citato.
Questo dispone:
“1. Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”.
Si tratta di un illecito di particolare disvalore nell’ambito dell’ordinamento sportivo (e non solo, naturalmente, di quello).
Infatti, esso viola uno dei principi fondamentali previsti dall’art. 2 dello Statuto della FIGC, ove al comma 5 è, appunto, declinato il principio di non discriminazione, con una disposizione di principio, avente finalità di ordine programmatico, che trova compiuta realizzazione nel più volte ricordato art. 28 CGS. Il quadro normativo, anche internazionale, è stato più volte ricostruito da questa Corte, sicché alle numerose decisioni in materia è sufficiente rinviare (per tutte: CFA, SS.UU., n. 114/2020-2021; CFA, Sez. I, n. 105/2020-2021).
3. Come detto in narrativa, con un unico, complesso motivo di censura l’odierno reclamante sostiene che l’impianto accusatorio si fonderebbe su troppo fragili basi.
4. A questo riguardo, in primo luogo, non può essere accolta la doglianza secondo cui le audizioni istruttorie sarebbero state assunte fuori udienza senza il rispetto del principio della parità processuale delle parti, dunque con violazione di norme del CGS e della Costituzione, non essendo stato consentito all’incolpato di sottoporre a controesame gli auditi né di controdedurre alle affermazioni di questi.
Posta, a dire il vero, in modo alquanto incidentale all’interno dell’unico motivo (pagg. 17-18 del reclamo), la censura è inammissibile: i) per la sua genericità, in quanto non indica specificamente le disposizioni che assume violate limitandosi invece a un richiamo del tutto generico; ii) perché - nella misura in cui contesta le modalità di acquisizione e non la valutazione delle prove appare come censura autonoma rispetto al corpus in cui si inserisce, nuova in questa sede di reclamo e dunque come tale, appunto, inammissibile a norma dell’art. 101, comma 3, CGS.
Peraltro, essa è anche infondata nel merito.
Le uniche pertinenti disposizioni del CGS sono quelle dell’art. 119, commi 6 e 7, a detta delle quali:
“7. In caso di convocazione per audizione della persona sottoposta a indagini, l'atto di convocazione dovrà specificare che la stessa è persona sottoposta ad indagini e che ha il diritto di essere assistita da persona di propria fiducia in sede di audizione.
8. Gli atti eventualmente assunti in violazione della disposizione di cui al comma 7 sono inutilizzabili”.
Nella fattispecie, non è dato riscontrare alcuna lesione del disposto del comma 7. Di conseguenza, non è consentito invocare l’applicazione della sanzione della inutilizzabilità degli atti, il che peraltro il reclamante nemmeno fa chiaramente.
Per completezza, va ricordato che il processo sportivo ha natura composita, inquisitoria e accusatoria, e carattere essenzialmente documentale.
In tale contesto, nella fase istruttoria il diritto di difesa è assicurato mediante il diritto di accesso agli atti, orientato evidentemente a consentire agli interessati di svolgere in maniera adeguata le argomentazioni difensive; diritto che gli incolpati hanno effettivamente esercitato con e-mail del difensore del calciatore in data 10 giugno scorso e del presidente della società ASD Sant’Angelo Limosano in data del successivo 13 giugno.
Il contraddittorio è invece pieno quando la testimonianza è assunta in udienza (art. 60 CGS).
Si tratta, come detto, di un sistema misto, che corrisponde alle esigenze di celerità e informalità del processo sportivo e, nel complesso, tutela adeguatamente i differenti interessi delle parti. In quanto la regola della pienezza del contraddittorio nella formazione della prova è sancita dalla Costituzione solo in relazione al processo penale (art. 111, comma quarto), il contraddittorio stesso si articola differentemente nei diversi sistemi processuali; tanto è vero che, ad esempio, nel procedimento di verificazione svolto nel giudizio amministrativo esso legittimamente si realizza con la possibilità delle parti di prendere posizione sulla relazione di verificazione, mediante il deposito di apposita memoria difensiva nei termini di legge (cfr. Cass. civ., SS. UU., 7 ottobre 2021, n. 27324).
Per altro verso, il reclamante non può dolersi di una supposta incompletezza dell’istruttoria per essere stati auditi in numero preponderante tesserati dell’altra società. In disparte l’ampia discrezionalità della Procura federale nella gestione della fase istruttoria, egli, informato della pendenza del procedimento, avrebbe potuto segnalare a suo tempo la necessità di audizioni ulteriori indicando i soggetti che avrebbero potuto sostenere le sue difese. Non avendolo fatto al momento opportuno e nemmeno indicando ora le eventuali testimonianze da assumere a norma dell’art. 60 CGS, non può fondatamente dolersene.
Piuttosto contraddittoriamente, la stessa difesa del signor Zullo ha ammesso in udienza di non avere formulato richiesta di audizione di altri compagni di squadra del calciatore poiché queste si sarebbero rivelate sostanzialmente inutili. Tale dichiarazione conferma, anzi rafforza, l’infondatezza del rilievo mosso alle modalità di svolgimento dell’istruttoria.
In definitiva, nessuna delle contestazioni mosse alla regolarità dell’istruttoria è suscettibile di essere accolta.
5. Passando al merito della questione, va ricordato che, nel corso dell’istruttoria il signor Zullo ha ammesso di aver rivolto alla persona offesa, a seguito di un contrasto di gioco, una espressione ingiuriosa (nel dialetto molisano: “sciem’ è merda”), che non avrebbe però contenuto razzista e non sarebbe dunque riconducibile alla fattispecie dell’art. 28 CGS.
È però controverso se questa ammissione sia avvenuta subito dopo la sospensione della gara, come ha dichiarato il signor Zullo, o nella serata dello stesso giorno, in una telefonata intercorsa con il signor Morrone, allenatore della ASD Lokomotiv Riccia.
6. A escludere la fondatezza dell’incolpazione è irrilevante la circostanza che il contestato insulto discriminatorio non sia attestato nel referto di gara. Il referto, pur facendo “piena prova” di quanto attesta essere avvenuto, non può assurgere a prova legale anche del quod non, cosicché il solo fatto che un evento non sia documentato nella relazione dell’arbitro o negli altri atti provenienti dai suoi collaboratori non implica di necessità che l’evento non si sia verificato e che la sua prova non possa essere desunta aliunde, in particolare dagli atti di indagine della Procura federale (CFA, Sez. I, n. 92/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 76/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 58/2020-2021; CFA, SS.UU., n. 51/2019-2020).
Peraltro - si osservi - il referto non attesta nemmeno la diversa espressione ingiuriosa che l’incolpato confessa di avere pronunziato. È perciò evidente che il referto è muto al riguardo e che il thema probandum, in definitiva, si concentra nella valutazione complessiva delle dichiarazioni rese in istruttoria dai tesserati uditi.
7. Il punto che viene in questione nel presente in giudizio, in altri termini, è un punto di puro fatto, per dare risposta al quale occorre fare applicazione del principio del tutto consolidato, proprio della giurisprudenza della giustizia sportiva endo ed esofederale, secondo cui il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (come invece è previsto nel processo penale), nel senso che è necessario e sufficiente acquisire - sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (quanto meno a partire da Collegio di garanzia CONI, SS.UU., n. 13/2016; per tutte, da ultimo, CFA, Sez. I, n. 24/2022-203; CFA, Sez. IV, n. 18/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 87/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 81/2021-2022; CFA, sez. I, n. 76/2021-2022; CFA, Sez. III, n. 68/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022; dettagliatamente, CFA, SS. UU., n. 105/2020-2021, § 3).
Nell’ordinamento sportivo, tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto una codificazione espressa in materia anti-doping, là dove si prevede che, per poter ritenere la violazione accertata, il grado di prova richiesto deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio [art. 4, comma 4.1 delle Norme sportive antidoping del CONI, in vigore dal 1° gennaio 2009 (art. 8, comma 8.5), e successive stesure della medesima normativa conformi sul punto].
Questi principi generali valgono anche quando si discuta di espressioni o comportamenti discriminatori (CFA, Sez. I, n. 92/20212022; CFA, Sez. I, n. 76/2021-2022; quest’ultima decisione riforma quella del TFT Marche n. 5/2021-2022, che nella memoria di primo grado l’odierno reclamante richiama a sostegno delle proprie tesi).
Al riguardo, si è anche specificato in termini del tutto condivisibili che - al di là dei casi espressamente previsti, come nelle ipotesi dei c.d. collaboratori di giustizia exart. 192, comma 3, c.p.p. - anche le sole dichiarazioni provenienti dalla persona offesa, se ritenute fondate ed attendibili, possono essere poste alla base della decisione del giudicante, in applicazione del principio del libero convincimento, ferma restando la necessità di una previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (CFA, Sez. I, n. 92/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 114 /20202021; CFA, Sez. I, n. 118/2019-2020; CFA, Sez. IV, n. 66/2019/2020). E ciò, in conformità a una costante giurisprudenza del giudice penale, formatasi in un ramo dell’ordinamento improntato a standard probatori ben più restrittivi, e pour cause, di quelli propri della giustizia sportiva (per tutte, Cass. pen., SS.UU., 19 luglio 2021, n. 41461; Cass. pen., Sez. V, 13 febbraio 2020, n. 12920; Cass. pen., Sez. V, 26 marzo 2019, n. 21135; Cass. pen., Sez. III, 3 maggio 2011, n. 28913).
8. Il Collegio ritiene di condividere la ricostruzione dei fatti operata dettagliatamente dal Giudice di primo grado; ricostruzione che si dà qui per integralmente richiamata.
Sono fuori contestazione, quanto a tempi e modalità, lo scontro di gioco fra il signor Sow e il signor Zullo al limite dell’area di rigore della ASD Lokomotiv Riccia (anche se è discussa l’interpretazione del fatto: fallo dell’uno o simulazione dell’altro), la rissa (“mass confrontation”, per adoperare il linguaggio del referto arbitrale) che ne è seguita, l’abbandono del terreno di gara da parte della squadra della ASD Lokomotiv Riccia.
L’epiteto di stampo razzista (pronunziato una o due volte, il che è irrilevante ai fini della fondatezza della contestazione: cfr. CFA, Sez. I, n. 76/2021-2022) risulta dalla dichiarazione della persona offesa e da quelle dei compagni di squadra Pontelandolfo e Vassalotti, che si trovavano nelle immediate vicinanze.
Risulta dagli atti che il signor Sow risiede da tempo nel nostro Paese e parla e comprende correttamente l’italiano. Peraltro i signori Pontelandolfo e Vassalotti sono italiani e verosimilmente padroni del dialetto molisano (entrambi sono nati a Campobasso e il primo risiede nella provincia di questa città), quindi è da escludere la possibilità di un equivoco sul termine adoperato.
Che si sia trattato di una espressione a sfondo discriminatorio è confermato proprio dalla accesa reazione che ha provocato nei dirigenti e nei giocatori della compagine ospite, inducendoli a una decisione grave e clamorosa come l’abbandono della gara come forma di solidarietà verso il compagno insultato, come pure dal grave turbamento manifestato dal signor Sow negli spogliatoi, testimoniato dal presidente della sua squadra.
Tutto ciò dimostra che l’insulto eccedeva largamente la portata delle espressioni vivaci e anche insultanti che facilmente - ma molto deprecabilmente - vengono pronunciate nella foga agonistica.
Sono peraltro irrilevanti sia il fatto che il signor Sow non si sia rivolto immediatamente all’arbitro, considerato che l’azione di gioco sembra non si sia subito interrotta e vista la situazione di accesa contrapposizione creatasi in campo, che ha condotto anche all’espulsione del calciatore Pontelandolfo e dell’allenatore Morrone; sia le marginali discordanze tra le versioni della persona offesa e dei compagni di gara a lui vicino, che si comprendono facilmente per la confusione del momento.
Non è poi credibile quanto sostiene il reclamante, e cioè che il mancato ritorno in campo della ASD Lokomotiv Riccia sia stato determinato dall’intento di ottenere la ripetizione di un incontro dall’andamento sfavorevole. E ciò, sia perché una decisione del genere avrebbe richiesto un concerto ben difficile da raggiungere nella concitazione del momento, sia perché i tesserati di questa società non potevano non essere consapevoli delle conseguenze del proprio gesto. Conseguenze che si sono puntualmente verificate con l’irrogazione, da parte del Giudice sportivo territoriale, alla società medesima (che non ha presentato giustificazioni né ha successivamente interposto reclamo) delle sanzioni della perdita della gara con il punteggio di 3-0, della penalizzazione di un punto in classifica, dell’ammenda di € 300.
Infine, non risulta dagli atti alcuna ragione di rancore o malanimo verso il calciatore Zullo da parte di dirigenti o giocatori della ASD Lokomotiv Riccia, che possa far ipotizzare una versione dei fatti volutamente alterata.
9. In sintesi, il Collegio ritiene che dagli atti del procedimento emergano indizi logici e fattuali gravi, precisi e concordanti, idonei a fondare la ragionevole certezza che, a seguito di un duro contrasto di gioco, diversamente valutato dagli interessati, il signor Zullo abbia rivolto al signor Sow l’espressione di stampo razzista che la Procura federale gli attribuisce.
10. Dalle considerazioni che precedono, discende che il reclamo è infondato e va perciò respinto, con conferma della decisione impugnata e - non sussistendo alcuna delle circostanze attenuanti invocate in subordine - della sanzione inflitta, che peraltro il primo Giudice ha commisurato al minimo edittale.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori con PEC.
L'ESTENSORE
Giuseppe Castiglia
IL PRESIDENTE
Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce