Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0008/CFA del 13 Luglio 2023 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale Campania pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 44/TFT del 1 giugno 2023, notificata il 5 giugno 2023
Impugnazione – istanza: – Procura Federale Interregionale/sig.ra F.M.D.F. e altri
Massima: In relazione all’eccezione sollevata dalle parti secondo le quali non sarebbero ammissibili i documenti depositati dalla Procura federale all’udienza del 22.05.2022, occorre rilevare – secondo l’orientamento di questa Corte federale richiamato in udienza anche dalla Procura federale – che la mancata allegazione di tutti gli atti del procedimento disciplinare da parte della Procura – che abbia inviato l’atto di deferimento ai sensi dell’art. 80 CGS ai fini dell’introduzione del giudizio innanzi al Tribunale - non comporta violazione del diritto di difesa, stante la facoltà dell’indagato, in ogni momento del procedimento, dalla conclusione delle indagini fino alla fase giudiziale innanzi al Tribunale, di essere informato di tutti gli atti relativi al procedimento disciplinare attraverso una semplice richiesta di accesso (SSUU n. 47/2022-2023). Per quanto sia auspicabile e risponda all’interesse alla celerità del procedimento oltre che alla pienezza del contraddittorio che la Procura al momento dell’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 80 CGS depositi tutti gli atti istruttori posti a sostegno della propria iniziativa, dalla lettura del Codice non è possibile trarre una preclusione in tal senso, in assenza di disposizioni che prevedano un termine o che impongano, a pena di decadenza, l’onere di depositare tutti gli atti a supporto del procedimento. Pertanto, in assenza di esplicite previsioni, la Procura non decade dalla possibilità di depositarli in giudizio solo per il fatto di non averli materialmente allegati all’atto di deferimento trasmesso ai sensi dell’art. 80 CGS (Corte federale d’appello, Sez. I, n.112//2022-2023).
Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0112/CFA del 1 Giugno 2023 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Friuli Venezia Giulia, di cui al Com. Uff. n. 109 del 27.4.2023
Impugnazione – istanza: Procuratore Federale Interregionale/sig. G.B.-A.S.D. Rivolto
Massima: Non si ha violazione del contraddittorio se la Procura omette di depositare tutti gli atti del procedimento disciplinare innanzi al Tribunale, poiché stante la facoltà dell’indagato, in ogni momento del procedimento, dalla conclusione delle indagini fino alla fase giudiziale innanzi al Tribunale, di essere informato di tutti gli atti relativi al procedimento disciplinare attraverso una semplice richiesta di accesso. Annullata la decisione del TFN ai sensi dell'art. 106, comma 2, C.G.S. e rimessi gli atti allo stesso in quanto ha errato nel rigettare il patteggiamento ex art. 127 CGS avanzato dalle parti e prosciogliere i deferiti perché la documentazione prodotta dalla Procura (che per errore non era integrale) non era idonea a sorreggere il deferimento….L'art. 127 CGS, comma 3, prevede che "Nel caso in cui l’organo giudicante reputi corretta la qualificazione dei fatti operata dalle parti e congrui la sanzione o gli impegni indicati, ne dichiara l’efficacia con apposita decisione". Trattasi delle regole attinenti al patteggiamento dopo il deferimento che, come chiarito da questa Corte, divergono da quelle concernenti l'altro tipo di patteggiamento, pre-deferimento, dove non è previsto alcun intervento del giudice. Mentre per la richiesta anteriore al procedimento è prevista la sola informazione al Procuratore generale dello Sport per le sue eventuali osservazioni, in assenza delle quali "la proposta di accordo diviene definitiva e l'accordo viene pubblicato con Comunicato ufficiale ed acquista efficacia" (art. 126, comma 5, CGS); per quella successiva al deferimento, invece, occorre la dichiarazione del giudice, che ne sancisce l’efficacia con apposita decisione. Come affermato da SS.UU. n. 88/CFA/2022-2023, si tratta di due ipotesi profondamente diverse. Mentre il patteggiamento pre-deferimento rimane, infatti, nell'alveo della fase delle indagini e vede quale interlocutore dell'indagato solo la sua controparte 'requirente', nella ipotesi di cui all’art. 127 qui in esame muta radicalmente l'ambito di verifica dell'accordo, portandolo sul piano contenzioso-giustiziale. Da quanto sopra discende che in tale ultimo caso, il momento di verifica non può essere considerato comunque svincolato dal presidio di legalità sempre demandato al giudice, cui è inscindibilmente connesso il dovere di costante controllo del rispetto dei principi del diritto di difesa e del giusto processo (art. 44 CGS) che, tra gli altri, animano il processo sportivo insieme ai principi generali di diritto, al medesimo ordinamento sportivo applicabili (decisione SSUU/88/CFA/2022-2023). Tant'è che proprio alla sua dichiarazione di efficacia è da molti attribuita natura di 'decisione' vera e propria, così come nel processo penale l'accoglimento del richiesto patteggiamento è parificabile ad una sentenza di condanna. Sulla base dei suesposti principi il Tribunale ha ritenuto inevitabile il proscioglimento in considerazione dell’ulteriore statuizione, pure contenuta nella decisione delle Sezioni Unite sopra richiamata, per cui in ipotesi di assoluta assenza di elementi di prova del fatto addebitato, si pone come necessaria una pronuncia di proscioglimento anche per chi ha raggiunto un accordo sulla sanzione e ciò in quanto l’utilizzo dello schema negoziale circa l’accordo sulla pena “non implica per l’ordinamento federale la rinuncia da parte degli organi di giustizia domestica di una delibazione minima che è prerogativa del Giudice in ragione del modello prescelto di stampo giurisdizionale. L’accordo tra le parti che caratterizza il procedimento in questione non si configura come un negozio di diritto privato che cristallizza la normativa applicabile, ma appare chiaramente rivolto all’organo della giustizia sportiva quale presupposto per accedere ad un procedimento alternativo”. (Sezioni Unite, Comunicato ufficiale n. 120-130/CFA del 10/20 maggio 2016, con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 027/CFA del 11 agosto 2016)”. Nel caso di specie, tuttavia, il richiamo non pare pertinente rispetto alla fattispecie all’esame del primo giudice. La mancata delibazione da parte del Tribunale è stata fatta discendere, infatti, non già da una evidenza della palese assenza di elementi di colpevolezza a carico del deferito bensì dalla mancata produzione in giudizio della documentazione sottostante il deferimento….Nel depositare gli atti di indagine, tuttavia, come evidenziato dal Tribunale nella decisione di primo grado, la Procura ha depositato solo gli ultimi documenti di cui alle lett. b) e c). La questione che viene in rilievo, dunque, non attiene alla possibilità di prosciogliere anche a fronte di un accordo sulla sanzione là dove vi sia una chiara prova di non colpevolezza, bensì, più propriamente, al regime della prova e delle preclusioni oggetto del giudizio di primo grado, con particolare riferimento alla posizione della Procura. L’omissione della documentazione elencata alla lettera a) dell’atto di deferimento - che costituisce oggetto di un potere/dovere della Procura al pari dell’onere di deposito del provvedimento e dei relativi atti posti a supporto dall’Amministrazione nel processo amministrativo - non ha consentito al Tribunale di delibare appieno il contenuto dell’accordo. Se è vero che la condotta contestata è integralmente riportata nell’atto di deferimento e proviene dallo stesso incolpato, ciò non toglie che dai documenti non prodotti possano emergere circostanze idonee se non a mutare la qualificazione dell’illecito quanto meno a valutare la congruità della sanzione concordata che potrebbe variare in presenza di particolari circostanze attenuanti o aggravanti. In tal senso, non è condivisibile l’affermazione contenuta nel reclamo della Procura secondo cui il giudice di primo grado avrebbe potuto decidere “allo stato degli atti” sulla base della mera trascrizione delle frasi pronunciate dall’allenatore contenuta nell’atto di deferimento. Se ciò avrebbe potuto essere, in ipotesi, ritenuto sufficiente per qualificare la sanzione, ciò non toglie che ulteriori elementi, se conosciuti, avrebbero potuto influire sull’ulteriore profilo demandato al Giudice dall’art. 127 CGS relativo alla congruità della sanzione. Gli unici elementi disponibili per il Tribunale, del resto, erano costituiti solo: a) dal referto arbitrale della gara San Daniele Calcio Rivolto disputata il 12.2.2023, che riportava le frasi pronunciate dal medesimo … durante la partita e riferite a condotte diverse da quelle oggetto dell’accordo e b) dalla copia del foglio di censimento, che riporta l’organigramma della società ma nulla aggiunge alle condotte ascritte a …. se non l’attribuzione della qualifica di dirigente allenatore. Il Tribunale, tuttavia, ben avrebbe potuto acquisire gli ulteriori atti posti a sostegno del deferimento e riassunti nella lettera a) sopra riportata, non essendo possibile affermare una ipotesi di decadenza della Procura federale che - per errore materiale o mera dimenticanza - abbia omesso di allegare atti fondamentali per la ricostruzione degli illeciti oggetto di deferimento. Per quanto sia auspicabile e risponda all’interesse alla celerità del procedimento oltre che alla pienezza del contraddittorio che la Procura al momento dell’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 80 CGS depositi tutti gli atti istruttori posti a sostegno della propria iniziativa, tuttavia, dalla lettura del Codice non è possibile trarre una preclusione in tal senso, in assenza di disposizioni che prevedano un termine o che impongano, a pena di decadenza, l’onere di depositare tutti gli atti a supporto del procedimento. L’art. 80 CGS si limita a stabilire che i procedimenti innanzi al Tribunale federale si introducono oltre che con ricorso, con atto di deferimento del Procuratore Generale, mentre gli ulteriori articoli che regolano il giudizio di primo grado sia per il Tribunale federale (art. 85 CGS) che per il Tribunale federale a livello territoriale (art. 93 CGS) entrambi intitolati “Fissazione dell'udienza a seguito di atto di deferimento” si limitano a prevedere che entro dieci giorni dalla ricezione “ dell'atto di deferimento” venga fissata da parte del Presidente l'udienza di discussione, che deve tenersi entro trenta giorni “dalla ricezione dell'atto di deferimento”. Le medesime norme, inoltre, al fine di assicurare il contraddittorio, danno facoltà alle parti di acquisire gli atti del procedimento. Sempre ai sensi delle richiamate disposizioni, il Presidente del Tribunale, contestualmente alla fissazione dell’udienza, dispone la notificazione del relativo avviso con l’avvertimento che gli atti relativi al procedimento restano depositati presso la segreteria del Tribunale federale fino a tre giorni prima della data fissata per l’udienza o per il dibattimento e che, entro tale termine, l'incolpato, la Procura federale e gli altri interessati possono prenderne visione ed estrarne copia e che “entro il medesimo termine le parti possono presentare memorie, istanze, documenti e quanto altro ritengano utile ai fini della difesa”. La medesima possibilità per l’interessato di accedere agli atti è, peraltro, prevista anche nella fase precedente del procedimento dall’art. 123 CGS, primo comma, secondo cui “1. Il Procuratore federale, entro venti giorni dalla scadenza del termine di durata delle indagini di cui all’art. 119, commi 4 e 5, se non deve formulare richiesta di archiviazione, notifica all’interessato avviso della conclusione delle indagini, assegnandogli un termine non superiore a quindici giorni per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria. 2. L’avviso di cui al comma 1 deve contenere una sommaria enunciazione del fatto per il quale si intende procedere, la data e il luogo nel quale è stato commesso e le norme che si assumono violate, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la Segreteria della Procura federale e che l’interessato ha facoltà di prenderne visione ed estrarne copia entro cinque giorni.”). Ne consegue che nessuna violazione del diritto di difesa può conseguire alla mancata allegazione di tutti gli atti del procedimento disciplinare al momento del deposito dell'atto di deferimento presso il Tribunale, stante la facoltà dell’indagato, in ogni momento del procedimento, dalla conclusione delle indagini fino alla fase giudiziale innanzi al Tribunale, di essere informato di tutti gli atti relativi al procedimento disciplinare attraverso una semplice richiesta di accesso. Come ricordato dallo stesso precedente richiamato nella decisione di primo grado (SSUU n. 47/CFA/2022-2023), “Il processo disciplinare ha natura composita, inquisitoria e accusatoria e carattere essenzialmente documentale. In tale contesto, nella fase procedimentale istruttoria e di indagine, il diritto di difesa è assicurato mediante la facoltà di accesso agli atti, orientata evidentemente a consentire agli interessati di svolgere in maniera adeguata le proprie argomentazioni difensive” o, come in questo caso, a trovare un accordo conciliativo che consenta la riduzione della sanzione. Tuttavia, altro è la violazione dell’obbligo di discovery posto in capo all’organo inquirente che non abbia messo a disposizione gli atti di indagine come richiesto dall’art. 123 CGS, altro è il caso – come quello in esame - in cui i medesimi atti, pur messi a disposizione dell’indagato (il quale non abbia ritenuto opportuno chiederne copia), non siano stati poi materialmente allegati all’atto di deferimento ai fini dell’avvio del procedimento innanzi al Tribunale e, nonostante ciò, le parti si siano comunque accordate per una sanzione ridotta ai sensi dell’art. 127 CGS. In tale fattispecie ritiene il Collegio che, in assenza di esplicite previsioni in tal senso, la Procura non decada dalla possibilità di depositarli in giudizio solo per il fatto di non averli materialmente allegati all’atto di deferimento trasmesso ai sensi dell’art. 80 CGS. Di conseguenza, esclusa l’ipotesi di decadenza, il Tribunale, avendo ritenuto tali atti essenziali ai fini della propria valutazione dell’accordo proposto dalle parti ai sensi dell’art. 127 CGS, avrebbe dovuto invitare la Procura a depositare i documenti mancanti, ovvero, tenuto anche conto degli ampi poteri di indagine conferiti al giudice federale dall’art. 50 CGS, disporne l’acquisizione, tanto più in quanto documenti espressamente richiamati e posti a base del deferimento ma non materialmente inviati presso il Tribunale insieme a tale atto. Non si condivide, pertanto, la decisione di primo grado là dove afferma che in ragione della mancata allegazione di tali atti consegue “di necessità” il proscioglimento del deferito. La decisione di proscioglimento quale conseguenza automatica della mancata produzione di tutti gli atti del procedimento, oltre a risultare in contrasto con le previsioni del Codice e a determinare l’accoglimento del reclamo per i motivi suesposti, consente anche di qualificare la decisione reclamata quale decisione di mero rito, con conseguente applicazione dell’art. 106, secondo comma, CGS e rimessione degli atti al primo Giudice affinché lo stesso, previa acquisizione di tutti gli atti posti a sostegno del deferimento, si pronunci in merito all’accordo raggiunto dalle parti ai sensi dell’art. 127 CGS. Come più volte sottolineato da questa Corte, il contenuto della declaratoria di improcedibilità di cui all’art. 106, secondo comma, CGS non è stato descritto dal Legislatore federale nei suoi esatti contenuti : “L’attuale assetto normativo del Codice di Giustizia Sportiva è costituito da una disposizione (art. 106) che desta qualche perplessità nella complessiva disciplina dei casi in cui la Corte Federale di Appello è titolata ad annullare con rinvio la decisione resa dal Tribunale federale nazionale. In particolare appare obiettivamente manchevole la norma nella parte in cui essa evoca i contenuti in rito della decisione di primo grado (inammissibilità ed improcedibilità) anziché dettagliare le circostanze che generino siffatte pronunce, alla stregua della tecnica normativa, ad esempio, utilizzata in altro plesso normativo dall’art. 105, comma 1 del D.lgs. 104/2010 (c.d. Codice del Processo Amministrativo), secondo cui “Il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza o l'ordinanza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio”. Per tali motivi si suggerisce al Legislatore federale di valutare l’adozione di una rivisitazione del precetto dell’art. 106 Codice della Giustizia Sportiva, nella prospettiva di meglio chiarire le circostanze di annullamento con rinvio cui la Corte Federale d’Appello è legittimata. (cfr. decisione/0096/CFA-2021-2022). (In tal senso SS.UU. decisione n. 12/CFA/2022-2023). Tuttavia, seppure in mancanza di una chiara ricognizione dei casi rientranti nell’ultima parte del comma 2 dell’art. 106 CGS, è possibile affermare il Tribunale, astenendosi dall’esprimere la valutazione richiesta dall’art. 127 CGS, come confermato dall’uso dell’espressione utilizzata “necessariamente consegue”, non è entrato nel merito dell’accordo e, che pur pronunciando il proscioglimento dell’incolpato, lo stesso abbia sostanzialmente emesso una decisione di mero rito, riconducibile alle ipotesi di improcedibilità per le quali l’art. 106, secondo comma, CGS assicura la restituzione degli atti al primo giudice. In caso contrario, d’altra parte, la valutazione dell’accordo, pur essendo rimasta inespressa, verrebbe sottratta ad un grado di giurisdizione con violazione della ratio della norma in esame e possibile violazione del diritto di difesa delle parti ex art. 24 Cost..
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezioni Unite - Decisione n. 40 del 08/05/2023
Decisione impugnata: decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig. F.B. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti della ricorrente, F.C. Juventus S.p.A., la sanzione della penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva, nei confronti del ricorrente, dott. A.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. F.P., la sanzione della inibizione temporanea di 30 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. F.C., la sanzione della inibizione temporanea di 16 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. E.V., la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti di tutti i suddetti ricorrenti (P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M., F.R.), la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, nei confronti del ricorrente, sig. M.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;
Impugnazione Istanza: F.C. Juventus S.p.A. / FIGC / Procura Federale FIGC - dott. A.A. / FIGC / Procura Federale FIGC - sig. F.P. / FIGC / Procura Federale FIGC
Massima: Infondato è il motivo con il quale si impugna la decisione sostenendo il mancato deposito da parte della Procura Federale – con conseguente violazione del diritto di difesa e del contraddittorio previsto dall’art. 44 C.G.S. FIGC – della nota prot. 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021, contenente le “indicazioni interpretative” che la stessa aveva fornito alla Co.Vi.So.C., posto che su dette indicazioni l’Organo di vigilanza aveva successivamente fondato la segnalazione del 19 ottobre 2021 sulla cui base la stessa Procura Federale, in data 26 ottobre 2021, aveva poi formalmente avviato il presente procedimento disciplinare (n. 233pf21- 22)….Con riferimento alla nota prot. 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021 e alla nota Co.Vi.So.C. del 31 marzo 2021, prot. 1440/2021, è necessario dar conto della documentazione (antecedente al primo deferimento) prodotta da ultimo dai ricorrenti a seguito della citata ostensione documentale disposta dal TAR Lazio e resa definitiva dal Consiglio di Stato. La Co.Vi.So.C., in data 31 marzo 2021, in sintesi, rappresentava alla Procura Federale della FIGC di aver individuato situazioni gestionali da monitorare in quanto aventi tratti concettuali ed operativi idonei ad incidere sui fondamentali dei bilanci delle società sportive professionistiche (e, quindi, mediatamente sull’equilibrio economico e finanziario delle stesse) e che iniziavano a presentarsi con frequenza statistica non trascurabile e in maniera sufficientemente generalizzata. La Co.Vi.So.C, in particolare, si riferiva «alle operazioni di compravendita di calciatori le quali, pur concluse per prezzi significativi, comportano flussi pecuniari assai più contenuti (se non nulli) in quanto sovente le reciproche posizioni di credito e debito sono regolate dai clubs a mezzo di compensazione. Non è di certo il ricorso ex se all’istituto disciplinato dall'art. 1241 e ss. del codice civile a destare l'attenzione della Co.Vi.So.C.; al contrario, è la possibilità di ricorrere alla compensazione allo scopo di minimizzare (se non elidere) i flussi pecuniari reciproci fissando, al tempo stesso, prezzi di compravendita dei singoli assets su basi economiche di cui non sempre i fondamentali aziendali traspaiono in modo palese ed intelligibile. II che, ovviamente, determina una certa (non auspicabile) opacità informativa che rischia di risultare viepiù significativa in presenza di eventuali operazioni fra parti correlate». L’analisi compiuta riferita agli ultimi due esercizi circa gli effetti sui bilanci delle società di talune operazioni di compravendita, continuava la Co.Vi.So.C, ha mostrato che il trading dei calciatori, pur avendo garantito copiose plusvalenze idonee a sostenere gli aggregati patrimoniali, avesse generato pochissima liquidità: «Sussiste quindi - secondo la Co.Vi.So.C. - la possibilità che si stia determinando una sostanziale divergenza fra il prezzo pattuito (spesso, come detto, non regolato in termini finanziari) ed il valore dei diritti compravenduti; il tutto con potenziale incidenza sull’affidabilità dell'informativa desumibile dai bilanci delle società sportive professionistiche». Inoltre, la Co.Vi.So.C. segnalava la necessità di ulteriori approfondimenti sulla rivalutazione del c.d. parco giocatori, i quali costituiscono le immobilizzazioni tipiche delle società calcistiche professionistiche. Secondo la Commissione, «sebbene la rivalutazione sia prevista come tale da provvedimenti normativi applicabili alla generalità delle società di capitali», «il patrimonio delle società di calcio è sovente rappresentato in maniera preponderante da intangibles (quali il cosiddetto parco calciatori") il cui fair value non è di agevole identificazione. Tale circostanza potrebbe indurre a condotte rivalutative al limite con conseguente possibile alterazione dell'affidabilità dei bilanci e conseguente pregiudizio dell'equilibrio generale dei clubs». In riscontro a detta comunicazione, la Procura Federale inviava la citata nota Prot. n. 10940 del 14 aprile 2021. Il Procuratore Federale, dopo aver analizzato i precedenti giurisprudenziali degli organi di giustizia della FIGC sulle c.d. plusvalenze fittizie (i.e. i casi Chievo-Cesena e Perugia-Atalanta), ha sottolineato che «l’esercizio dell’azione disciplinare in questa materia … potrà essere perseguito ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare su casi che fanno ragionevolmente ritenere la sussistenza di operazioni di scambio di calciatori fra due o più società professionistiche, in termini di sistematicità delle medesime operazioni di mercato, non già un’episodica operazione, finalizzati a sopravvalutare i dati di bilancio delle medesime società mediante, appunto, il sistema delle ccdd. Plusvalenze. Ritengo, peraltro, che tali considerazioni possano utilmente valere - sotto il profilo metodologico - per ogni fenomeno di elusione dei dati iscritti a bilancio che alterano l’affidabilità degli stessi, pure menzionati nella nota indicata in oggetto…». La predetta nota contiene anche una ricognizione della giurisprudenza sul tema, come dimostra anche la frase di apertura della stessa nota, con la quale espressamente si dice che «al fine di fornire un contributo costruttivo e delineare un modus procedendi condiviso con tutte le componenti federali, questa Procura non può che partire dall’analisi della giurisprudenza che, da ultimo, si è formata sul tema delle plusvalenze fittizie». Si tratta di uno scambio di informazioni di sei pagine nel corso delle quali la Juventus F.C. S.p.A. non viene mai nominata. Il tema delle plusvalenze è trattato, ma il Procuratore Federale, scrivendo al Presidente della Co.Vi.So.C, P.B., cita i casi relativi agli scambi tra Chievo e Cesena e tra Perugia e Atalanta. Si ricorda, per esempio, la vicenda dei primi «che hanno posto in essere una sistematica operazione di mercato, non già un’episodica operazione, legata al valore attribuito intuitu personae al particolare ipotetico talento riscontrabile in uno o più giocatori, volta inevitabilmente a sopravvalutare i dati di bilancio mediante, appunto, il sistema delle ccdd. “plusvalenze”» e, nello stesso tempo, si pone una questione di metodo nell’individuazione di un possibile dolo legato alle valutazioni alterate dei giocatori. La nota del Procuratore Federale, in conclusione, afferma che: “Sulla scorta di tali considerazioni in diritto, dalle quali questa Procura non può prescindere nell’esercizio delle proprie prerogative inquirenti e requirenti, è evidente che l’esercizio dell’azione disciplinare in questa materia, in una logica metodologica di continuità rispetto alle valutazioni già svolte nelle precedenti fattispecie disciplinarmente rilevanti esaminate, potrà essere utilmente perseguito ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare su casi che fanno ragionevolmente ritenere la sussistenza di operazioni di scambio di calciatori fra due o più società professionistiche, in termini di sistematicità delle medesime operazioni di mercato, non già un’episodica operazione, finalizzati a sopravvalutare i dati di bilancio delle medesime società mediante, appunto, il sistema delle ccdd. Plusvalenze”. Il richiamato passaggio della nota "Ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare" dimostra l’assenza di una notitia criminis, dalla quale far decorrere l’eventuale termine per l’esercizio dell’azione disciplinare. Nessuna violazione, quindi, può configurarsi degli articoli 44, 63 e 119 del CGS della FIGC. Le richiamate considerazioni contenute nella citata nota del 14 aprile 2021, dunque, non sono neanche “potenzialmente” rivelatrici di una “notizia dell’illecito”, tanto da violare i richiamati articoli, sia perché – si ribadisce - non fanno mai riferimento né implicito né esplicito alla Juventus F.C. S.p.A., sia perché esprimono in termini generali considerazioni di metodo, peraltro, in continuità con le precedenti modalità di svolgimento delle indagini e con un richiamo espresso in termini meramente ricognitivi alla giurisprudenza in materia.
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: Decisione pubblicata sul CU n. 0047/CFA del 24 Novembre 2022 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale Nazionale- Sezione Disciplinare n. 4/TFN del 15.9.2022
Impugnazione – istanza: Procuratore Federale Interregionale/sigg.ri E. G., S. S., F. R., A. D. S., A. L. D’A., R. C. e della società ASD FCD Hellas Taurasi.
Massima: Rigettato il reclamo della Procura Federale e confermata la decisione del TFT che dichiarava il non luogo a procedere nei confronti del presidente e della società e disponeva il proscioglimento di tutti i tesserati…Il TFT, in primo luogo, riteneva di accogliere, “così come richiesto anche dalla Procura Federale”, l’eccezione preliminare formulata dal presidente della società, in nome e nell’interesse anche di questa, sulla base del rilievo che il mancato rilascio degli atti di indagine, tra i quali l’audizione del direttore di gara, di cui alla richiesta degli indagati in data 8 maggio 2022, integrasse un deficit documentale idoneo a determinare la lesione del diritto di difesa. Nel merito, il giudice di prime cure osservava che “il contenuto del referto arbitrale, in palese contraddizione con quanto dichiarato dal direttore di gara successivamente, non consente di procedere ad una compiuta e chiara ricostruzione dei fatti e delle responsabilità ascrivibili ai soggetti coinvolti ed invero, a fronte di una prima ricostruzione riportat(a) nel referto arbitrale secondo cui i giocatori …, si lanciavano a terra essendosi infortunati, nell’audizione successiva, il direttore di gara, pur confermando l’impianto del fatto (ossia che i quattro calciatori suindicati si gettavano a terra) aggiungeva, altresì, di non poter confermare se i nominativi indicati nel referto corrispondevano a quelli dei calciatori che effettivamente si erano “buttati” a terra al fine di interrompere la gara.” Il primo giudice, a conferma di detta incertezza circa i reali autori dei fatti assunti nel deferimento, segnalava anche l’inserimento del calciatore …. tra gli atleti presenti nel terreno di gioco che avevano simulato l’infortunio, senza considerare che il medesimo figurava invece solo come riserva nella “distinta elenco calciatori” …. la Corte ritiene di dover affrontare la questione centrale, oggetto del primo motivo del reclamo proposto dalla Procura Federale, inerente alla lesione del diritto di difesa che si è consumato nella fase procedurale intercorrente tra la comunicazione di chiusura indagini e il deferimento a giudizio, lesione che ha indotto il primo giudice a mandare esenti da sanzione i soggetti deferiti. Nella fattispecie, dopo la notifica della comunicazione di chiusura indagini, il presidente della società calcistica ha rivolto alla Procura Federale in data 8 maggio 2022 richiesta di copia degli atti del procedimento “per sé e per tutti i soggetti sottoposti ad indagine”. A tale richiesta la Procura Federale ha replicato con la consegna di due soli documenti. Con nota in data 10 maggio 2022 il presidente segnalava alla Procura l’incompletezza degli atti trasmessi “poiché manca tutta l’attività di indagine svolta” e chiedeva di “integrare la documentazione al fine di garantire un corretto esercizio del diritto di difesa ai destinatari della comunicazione di chiusura indagini”. Questa seconda richiesta rimaneva totalmente inevasa. Il Collegio ricorda che il processo disciplinare ha natura composita, inquisitoria e accusatoria, e carattere essenzialmente documentale. In tale contesto, nella fase procedimentale istruttoria e di indagine, il diritto di difesa è assicurato mediante la facoltà di accesso agli atti, orientata evidentemente a consentire agli interessati di svolgere in maniera adeguata le proprie argomentazioni difensive. Soccorre, al riguardo, il richiamo all’art. 123 del CGS-FIGC, il quale nei primi due commi stabilisce che: “1. Il Procuratore federale, entro venti giorni dalla scadenza del termine di durata delle indagini di cui all’art. 119, commi 4 e 5, se non deve formulare richiesta di archiviazione, notifica all’interessato avviso della conclusione delle indagini, assegnandogli un termine non superiore a quindici giorni per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria. L’avviso di cui al comma 1 deve contenere una sommaria enunciazione del fatto per il quale si intende procedere, la data e il luogo nel quale è stato commesso e le norme che si assumono violate, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la Segreteria della Procura federale e che l’interessato ha facoltà di prenderne visione ed estrarne copia entro cinque giorni.” Come si evince dal suo chiaro contenuto, la norma impone alla Procura Federale l’obbligo di discovery integrale degli atti di indagine, che è funzionale alla corretta instaurazione del contraddittorio, affinché la difesa dell’incolpato possa essere consapevolmente ed efficacemente svolta prima dell’adozione dell’atto di deferimento. Viene in rilievo, al riguardo, la necessità di garantire all’incolpato la possibilità di impostare fin dall’inizio una corretta difesa, contribuendo a chiarire i fatti e a valutare le condotte contestate alla luce delle proprie osservazioni. La norma, nel riconoscere al soggetto “interessato” la facoltà di accesso agli atti delle indagini, costituisce espressione del principio fondamentale volto a garantire la conoscenza dei documenti amministrativi necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Si tratta di un principio che discende dalla necessità di interpretare la normativa in termini orientati al rispetto della giurisprudenza costituzionale che, da tempo, ha dato risalto alla necessità di salvaguardare la possibilità di un contraddittorio che garantisca il nucleo essenziale di valori inerenti ai diritti inviolabili della persona, escludendo la legittimità costituzionale di meccanismi strutturati in modo tale da non consentire la partecipazione dell’interessato al procedimento disciplinare (cfr. Corte Cost. n. 240/1997 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione). In questo contesto va iscritta la richiamata norma del codice di giustizia sportiva che ha quindi inteso garantire all’interessato alcuni essenziali strumenti di difesa, quali la conoscenza degli atti, propedeutica sia alla partecipazione al procedimento disciplinare mediante la richiesta di audizione o la presentazione di memoria difensiva, che alla facoltà di contestare il fondamento dell’ipotesi accusatoria e di difendersi dagli addebiti. Tra detti strumenti viene in rilievo, al riguardo, anche quello, mutuato dalla giurisprudenza comunitaria, di essere posto nelle condizioni di far conoscere utilmente il proprio punto di vista (Corte di giustizia, sentenza 24 ottobre 1996, C-32/95). Quanto sopra si traduce non solo nel dovere di informare l’inquisito dell’avvio del procedimento, ma soprattutto di garantire la facoltà di accedere agli atti e di interloquire con l’organo procedente prima dell’adozione dell’atto di deferimento, atteso che, come è intuitivo, la difesa si può efficacemente esercitare solo con la conoscenza completa degli atti di indagine e delle prove assunte a fondamento dell’azione disciplinare. Il rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa impone che il destinatario di una decisione pregiudizievole sia messo in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sugli elementi presi in considerazione nell’indagine espletata, cosicché l’interessato abbia il diritto di esprimere la propria opinione su tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti e di esercitare utilmente le proprie difese sulla sussistenza e pertinenza dei fatti e delle circostanze rilevanti, nonché mediante l’allegazione di elementi di prova a sostegno delle proprie affermazioni. Da ciò la conseguenza che, nell’adottare la decisione finale, l’organo inquirente potrà tenere conto soltanto di quegli elementi sui quali sia stato possibile per l’interessato esprimere la propria opinione. Vale a dire che in alcun modo può differirsi alla fase giustiziale la conoscenza dei dati di cui le parti hanno rivendicato l’ostensione al fine di orientare sin dalla fase delle indagini le iniziative di difesa dei propri interessi, sia rafforzando i propositi di tutela, sia eventualmente nel senso contrario di indurli a recedere da tali propositi con esito, in ipotesi, finanche deflattivo di eventuali giudizi. Si tratta, in definitiva, di garantire insopprimibili esigenze di tutela, rinvenibili prima e indipendentemente dall’effettivo esercizio di un’azione giudiziale, rispetto alle quali può essere utile acquisire gli atti dell’istruttoria disciplinare anche al fine di esporre argomenti utili a mitigare la gravità della condotta oggetto di incolpazione, sia per le modalità concrete in cui si è svolta sia per le conseguenze che ne potrebbero derivare. Tanto si evidenzia anche al fine di confutare l’argomento difensivo della reclamante secondo cui non sarebbe ipotizzabile alcuna lesione del diritto di difesa nella sede procedimentale, atteso che la contestazione formulata (fatti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara o di una competizione) precludeva la possibilità di accedere ad un accordo ai sensi dell’art. 126, comma 1, del CGS, in ragione di quanto previsto dal settimo comma della stessa norma. Sembra, invece, alla Corte con riguardo al caso di specie, che il diritto di difesa degli inquisiti ben avrebbe potuto esplicarsi, ad esempio, nella prospettiva di individuare gli astratti presupposti dell’illecito sportivo e di affermarne l’insussistenza concreta alla luce dei fatti accertati e della loro effettiva gravità, anche ai fini di ricondurre la condotta contestata ad altra ipotesi accusatoria o di soppesare l’adeguatezza e proporzione della sanzione prospettata. Indipendentemente comunque dalla non predicabilità di un sindacato anticipato sulle possibili strategie difensive dei soggetti indagati, è sufficiente evidenziare come la conoscenza dei dati in questione offre anche alla Procura la possibilità di acquisire, anzitutto, il punto di vista degli incolpati sui fatti contestati, consentendole dunque di valutare anche da tale prospettiva gli addebiti mossi, prima di procedere al deferimento. E ciò non senza considerare che delle osservazioni difensive dei soggetti indagati la Procura Federale deve tenere conto nell’adozione dell’atto di deferimento, richiamandole espressamente e specificando le ragioni di dissenso da tesi difensive ritenute non persuasive, con la conseguenza che il loro mancato esame ridonda in causa di illegittimità del provvedimento assunto a conclusione delle indagini. Nella fattispecie, come sia pur sinteticamente esposto nella decisione impugnata, non è dubbio che si sia consumata la lesione del diritto di difesa. La Procura Federale nella CCI, dopo aver dato atto che nel procedimento in oggetto sono stati posti in essere atti di indagine, precisa che fra gli elementi acquisiti hanno assunto particolare valenza dimostrativa 19 documenti specificamente individuati. Di questi, solo due documenti sono stati esibiti alle parti convolte nelle indagini, nonostante le richieste di accesso integrale agli atti formulate dal presidente sia in nome proprio che della società calcistica, ma anche nell’interesse di tutti i tesserati di questa. Detta omissione, quand’anche ascrivibile ad “errore materiale” secondo la ricostruzione della Procura, ha leso irrimediabilmente il diritto di difesa delle parti, inficiando la regolarità del procedimento disciplinare e la legittimità dell’atto di deferimento. Si è al cospetto di un vizio genetico che inficia ab imis la procedura, invalidandola con effetti nei confronti di tutti gli inquisiti. Non giova alla Procura sostenere che alle parti è stata offerta piena discovery nelle fasi del giudizio avanti il TFT, atteso che la conoscenza postuma degli atti di indagini non può valere a sanare la violazione dell’art. 123 CGS, trattandosi di istituto posto a presidio del diritto di difesa (art. 6 CEDU e art. 111, comma 2, Cost.), attraverso cui si consente un effettivo contradditorio già nella fase di formazione della prova. Ritiene, infine, la Corte di non poter aderire alla richiesta di restituzione degli atti, formulata in via subordinata dalla Procura Federale, a ciò ostando la irreversibile maturazione del termine di esercizio dell’azione disciplinare, ai sensi dell’art. 125 CGS e non essendo emersi nuovi fatti o sopravvenute circostanze rilevanti che possano giustificare la riapertura delle indagini.
Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 44/TFN - SD del 23 Settembre 2022 (motivazioni)
Impugnazione - Deferimento n. 1750/256pf21-22/GC/blp del 22 luglio 2022 nei confronti del sig. F.P. - Reg. Prot. 11/TFN-SD
Massima: E’ inammissibile il deferimento per non aver la procura prodotto la documentazione per come richiesta dal Tribunale con apposita ordinanza.…. posto dunque che la Procura Federale non ha osservato il disposto dell’art. 61, comma 3, CGS, al fine della dichiarazione d’inammissibilità è sufficiente richiamare, ex art. 51, comma 3, CGS le motivazioni di cui alla sentenza di questo Tribunale n. 108/ss 2021-2022 pubblicata in data 11 marzo 2022, confermata dalla decisione delle SS. UU. della Corte Federale d’Appello n. 75/ss 2021-2022 pubblicata in data 15 aprile 2022.