CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Seconda – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 46 del 15/07/2022 – A.C. Fucecchio A.S.D. / FIGC / CR Toscana 

Decisione n. 46
Anno 2022
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SECONDA SEZIONE
composta da
Attilio Zimatore - Presidente
Silvio Martuccelli - Relatore
Giuseppe Albenzio
Oreste Fasano
Emanuela Loria - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 125/2021, presentato, in data 30 novembre 2021, dalla A.C. Fucecchio A.S.D. (Ricorrente), con sede legale in Fucecchio (FI), Viale Buozzi, n. 87, in persona del suo Presidente pro-tempore, Sig. Luca Lazzeri, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Stefano Gianfaldoni e Marco Bucciolini del Foro di Pisa ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Pisa, Lungarno Pacinotti, n. 52, giusta procura a margine del ricorso introduttivo del presente giudizio;
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), con sede in Roma, via Gregorio Allegri, n. 14, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro-tempore, sig. Gabriele Gravina, rappresentata e difesa dall’avvocato Giancarlo Viglione ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 17;
la Lega Nazionale Dilettanti – Comitato Regionale Toscana (LND), con sede in Firenze, Via Gabriele D’Annunzio, n. 138/C, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro- tempore, non costituitasi in giudizio;
avverso
la decisione della Corte Sportiva d'Appello Territoriale presso il C.R. Toscana FIGC-LND, previa delibera del 2 novembre 2021, registrata al n. 10 Registro Protocollo C.S.A.T Comitato Regionale Toscana e pubblicata, quanto al dispositivo, sul Comunicato Ufficiale FIGC-LND Comitato Regionale Toscana n. 33 del 5 novembre 2021, con la quale è stato rigettato il reclamo proposto dall’A.C. Fucecchio A.S.D. avverso la sentenza del Giudice Sportivo Territoriale Toscana, pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 27 del 10 ottobre 2021, che aveva condannato il calciatore Jarno Iaia alla squalifica per dieci gare effettive.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 23 maggio 2022, tenutasi anche in videoconferenza,  mediante la piattaforma Microsoft Teams, i difensori della parte ricorrente, avv.ti ti Stefano Gianfaldoni e Marco Bucciolini; l’avv. Giancarlo Viglione, assistito dall’avv. Noemi Tsuno, per la resistente FIGC, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Thomas Martone, per la Procura Generale dello Sport presso il C.O.N.I., intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Silvio Martuccelli;
Ritenuto in fatto
1. La controversia all’esame del Collegio trae origine dai fatti avvenuti nell’ambito della gara del Campionato U19 Juniores Regionali, Girone B Elite, LND–FIGC, disputatasi il 9 ottobre 2021 tra A.C. FUCECCHIO A.S.D. e U.C.D. CUOIOPELLI, quando, in un momento di confusione creatosi a seguito di un goal della squadra ospitante, il Direttore di gara udiva un’espressione di stampo razzista provenire dalla panchina della squadra Ricorrente e, per tale ragione, procedeva ad espellere l’autore dell’illecito, ossia il giocatore Jarno Iaia, che indossava una maglia riportante il numero 15. A causa di tale condotta, il Giudice Sportivo Territoriale, ai sensi dell’art. 28 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC (CGS-FIGC), irrogava al predetto calciatore la sanzione della squalifica per dieci giornate, “per aver rivolto espressione discriminatoria per motivi di colore ad un calciatore avversario” (cfr., Comunicato Ufficiale n. 27 del 14 ottobre 2021).
2. Avverso questa decisione, l’A.C. FUCECCHIO A.S.D. presentava reclamo dinanzi alla Corte Sportiva d’Appello Territoriale Toscana, contestando la versione dei fatti fornita dal Direttore di gara e sostenendo, in particolare, che il giocatore Jarno Iaia fosse in realtà totalmente estraneo alla condotta contestatagli. Secondo la versione della Ricorrente, infatti, “nel momento in cui il Direttore di Gara ha esibito il cartellino rosso, il tesserato IAIA si trovava tra i giocatori che erano in campo e che hanno poi portato regolarmente a termine la partita” (cfr., reclamo dinanzi alla Corte Sportiva d’Appello Territoriale Toscana) e non rientrava, quindi, nel novero dei calciatori che si trovavano in panchina, area dalla quale si era udito provenire l’insulto. A supporto della propria versione dei fatti nonché al fine di provare l’errore in cui sarebbe incorso il Direttore di gara nell’identificazione del responsabile dell’accaduto, la Ricorrente produceva, in quella sede, delle dichiarazioni testimoniali scritte di un calciatore della squadra avversaria e di alcuni spettatori presenti alla gara.
3. La Corte, dopo aver acquisito gli atti del procedimento di prima istanza e aver richiesto e ottenuto il supplemento al referto di gara, in primo luogo dichiarava l’inammissibilità delle dichiarazioni testimoniali scritte allegate dalla Ricorrente al proprio reclamo, e ciò visto il disposto dell’art. 60 CGS-FIGC, che prevede una stringente e precisa disciplina (“che non può essere aggirata con deposizioni scritte”) dei casi e delle modalità con cui debba avvenire l’assunzione della prova testimoniale. Quanto al merito della vicenda, la Corte, tenuto conto del “quadro univoco” fornito dal Direttore di gara tanto nel referto di gara quanto nel relativo supplemento, nonché della “fede privilegiata” riconosciuta alla versione arbitrale, negava la sussistenza di un errore di persona nell’individuazione del responsabile della condotta sanzionata. Del resto, il presunto scambio di persona –evidenziava la Corte – sarebbe stato solo ipotizzato in un colloquio informale con un dirigente della Ricorrente, la quale però nulla ha poi ritenuto di eccepire al momento della consegna delle distinte di gara, dalle quali peraltro risultava che il sig. Jarno Iaia si trovava proprio in panchina al momento dell’espulsione, e non in campo come invece sostenuto dalla Società.
4. Con ricorso del 30 novembre 2021, la Ricorrente ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport chiedendo “l’annullamento e/o la revoca e/o dichiarare inefficace la sanzione disciplinare di dieci giornate di gara effettive irrogata al Sig. Iaia Jarno” e, per l’effetto, “disporre il rinvio degli atti alla Corte Sportiva Territoriale d’Appello della FIGC affinché […] svolga un nuovo esame del merito applicando il principio di diritto dichiarato dal Collegio”. A fondamento di tali domande, la Società ha posto due motivi di ricorso: “1) Violazione e/o errata applicazione artt. 2, 9 comma IV C.G.S. CONI; artt. 44, 50, 60 C.G.S. F.I.G.C.; violazione dei principi del giusto processo, alterazione della corretta formazione della prova nel giudizio; violazione del contraddittorio”, “2) Contraddittoria, illogica e/o insufficiente motivazione circa la dichiarata illegittimità e ‘inammissibilità’ dei mezzi istruttori della reclamante”.
5. Con memoria di costituzione datata 10 dicembre 2021, si è costituita in giudizio la FIGC, concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, in ogni caso, per il rigetto per infondatezza della domanda avversaria.
6. La controversia è stata discussa all’udienza tenutasi il giorno 23 maggio 2022.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso, la Ricorrente ha lamentato la presunta violazione dell’art. 60 CGS-FIGC, per aver la Corte Sportiva d’Appello “ritenuto illegittime le dichiarazioni scritte solo sulla scorta di rigido formalismo” e per non aver la stessa condotto “un’indagine maggiormente approfondita” della vicenda, così alterando la corretta formazione della prova nel giudizio, con conseguente violazione finanche del principio del contraddittorio.
Il motivo è infondato e ancor prima inammissibile.
Le doglianze della Ricorrente – anche alla luce di quanto si dirà nel prosieguo di questo paragrafo – si risolvono in una mera contestazione delle scelte operate dal precedente giudice in merito all’assunzione e valutazione delle prove, il che rappresenta una censura inammissibile in sede di legittimità.
È noto, infatti, che “la mancata ammissione della prova testimoniale, o di altre istanze istruttorie, può essere denunciata per Cassazione (e dunque anche al Collegio di Garanzia dello Sport, attese le analogie tra i due giudizi di legittimità) solo nel caso in cui abbia determinato l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno inciso sulla soluzione della controversia adottata dal giudice del merito, in modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento” (Cass., n. 10501/2009).
Ebbene, nel caso di specie, appare evidente che le dichiarazioni testimoniali prodotte dalla Ricorrente e - correttamente (si v. infra) - ritenute inammissibili dalla Corte Territoriale di Appello avrebbero avuto ad oggetto delle circostanze di fatto invero dettagliatamente ricostruite dal Direttore di gara (sia nel referto che nel successivo supplemento) e quindi già oggetto di valutazione da parte della Corte, che su quello specifico punto (ossia, l’inesistenza di uno scambio di persona) ha peraltro fornito adeguata ed esaustiva (nonché condivisibile – si v. § 2) motivazione nella sua decisione (“quando si afferma che il giudice del merito ha sbagliato nell'apprezzare un fatto o nel valutare le istanze istruttorie, senza allegare un vizio di ragionamento tale da non consentire il controllo dell'iter logico seguito per pervenire alla decisione, si propone una censura inammissibile in sede di legittimità”) (Cass., n. 289/1987).
A prescindere dal superiore profilo di inammissibilità, resta il fatto che le censure di parte Ricorrente sono comunque infondate.
Nessuna violazione di norme di diritto e di legge può, infatti, ritenersi configurabile nel caso di specie, essendo la decisione assunta dalla Corte pienamente in linea con le prescrizioni normative previste in tema di testimonianza: l’art. 60 CGS-FIGC illustra molto chiaramente le modalità attraverso le quali procedere all’ammissione ed acquisizione della prova testimoniale, garantendo il rispetto del contraddittorio e della parità delle armi. La norma prevede che la testimonianza, sia essa proposta su istanza di parte o disposta d’ufficio dal giudice, abbia luogo in udienza dinanzi all’autorità giudicante, la quale ha il compito di regolarne lo svolgimento e di rivolgere le domande ai testimoni.
È quindi pacifico che la produzione di dichiarazioni scritte, rese al di fuori dell’assetto previsto dal citato art. 60, non sia affatto compatibile con le previsioni del legislatore in materia di prova testimoniale. Del resto, come correttamente illustrato nella motivazione della decisione impugnata, “è evidente che tale stringente regolamentazione – sia della fase di ammissione che di quella di acquisizione della prova testimoniale – non può essere ‘aggirata’ con deposizioni scritte che consentirebbe di  introdurre (sotto forma di  documenti)  illegittime dichiarazioni testimoniali nel fascicolo del giudizio sportivo in deroga alle disposizioni generali”. La Corte Sportiva d’Appello, del tutto legittimamente, non ha quindi potuto fare altro che negare l’ammissione delle dichiarazioni testimoniali prodotte dalla Ricorrente, la quale avrebbe al più potuto (rectius, dovuto) articolare una ordinaria prova testimoniale che, tuttavia, ha ritenuto di non formulare.
Parimenti infondata è l’ulteriore contestazione mossa, sempre nel contesto del primo motivo di impugnazione, nei confronti della Corte Sportiva d’Appello per non aver essa, d’ufficio, condotto “un’indagine maggiormente approfondita” della vicenda. A dire della Ricorrente, la Corte ben avrebbe potuto provvedere ad integrare il corredo probatorio intorno al quale elaborare la propria decisione, disponendo d’ufficio l’audizione dei testimoni dei quali erano state prodotte le dichiarazioni.
Nel caso di specie, tuttavia, fermo restando quanto sopra detto in merito ai profili di inammissibilità di simili censure, si rileva che è stato proprio in ossequio al principio della libera valutazione delle prove da parte del Giudice, richiamato dalla medesima Ricorrente, che la Corte ha legittimamente optato per integrare il corredo probatorio, non già con l’assunzione delle prove testimoniali – ribadiamo, comunque non articolate dalla Ricorrente –, bensì richiedendo il supplemento al rapporto di gara.
È fondamentale, pertanto, evidenziare come la Corte non abbia fondato la propria decisione unicamente sul referto arbitrale, bensì abbia ritenuto opportuno eseguire una più approfondita indagine chiedendo al Direttore di Gara una conferma della propria ricostruzione dei fatti. Siffatta ricostruzione è apparsa alla Corte pienamente logica – essendo le dichiarazioni rese in sede di supplemento del tutto coerenti con quanto risultante dal referto arbitrale – nonché perfettamente compatibile con gli altri documenti ufficiali di gara (ossia, le distinte di gara), che mai hanno formato oggetto di contestazione ufficiale da parte della Ricorrente.
La verità processuale risultante dai documenti di gara è, dunque, risultata alla Corte (e dello stesso avviso è lo scrivente Collegio) assolutamente “univoca” e tale da non lasciare spazio ad una ricostruzione dei fatti diversa da quella operata dal Direttore di gara.
Del resto, se anche fosse stata disposta d’ufficio l’assunzione delle prove testimoniali, e queste fossero risultate inconciliabili con la versione arbitrale, la Corte avrebbe comunque dovuto privilegiare quest’ultima, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 61 CGS-FIGC, che sancisce che: “I rapporti degli ufficiali di gara […] e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa i fatti accaduti e il comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento delle gare”.
2. Infondato è, altresì, il secondo motivo di ricorso, con il quale è stata denunciata la presunta contraddittorietà, illogicità e/o insufficienza della motivazione “circa la dichiarata illegittimità e “inammissibilità” dei mezzi istruttori della reclamante”.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla Ricorrente, la motivazione del provvedimento impugnato non può dirsi né contraddittoria (non sussiste infatti, nel caso di specie, la necessaria “inconciliabilità tra le argomentazioni giustificative adottate dal giudice di merito e le risultanze probatorie”, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione n. 7 del 30 gennaio 2019), né tantomeno illogica (vizio che rileva solo quando “macroscopico, quindi manifesto”) o carente (ossia mancante del tutto, “nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione”, oppure sorretta da argomentazioni svolte in modo talmente contraddittorio “da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione della decisione”, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione n. 7 del 30 gennaio 2019). La sentenza impugnata motiva adeguatamente ed esaustivamente sia con riguardo ai motivi di inammissibilità delle dichiarazioni testimoniali scritte, sia relativamente alla fede privilegiata da doversi assegnare alla versione arbitrale, sia, infine, con riferimento all’inesistenza del presunto scambio di persona.
Su tale ultimo aspetto, in particolare, la Corte ha, in modo condivisibile, rilevato come dagli atti di causa emergano evidenze documentali che inducono ad escludere definitivamente la presenza in campo – e non in panchina – del giocatore Jarno Iaia; dato di fatto, questo, intorno al quale si incentrano tutte le difese della Ricorrente, nonché – rileva codesto Collegio – le dichiarazioni scritte dalla stessa prodotte. Nello specifico, ha correttamente evidenziato la Corte, emerge che: “nelle distinte, sottoscritte ed allegate in atti” e mai contestate dal Dirigente del Fucecchio, “il dirigente accompagnatore (cioè proprio colui che ipotizzava l’errore) attesta che nella rosa dei giocatori in campo ci fosse il numero 5 mentre il giocatore Iaia risulta trovarsi proprio in panchina”; nessuna delle sostituzioni operate dall’allenatore “abbia tolto dal campo il giocatore con la maglia numero 5 e nemmeno fatto entrare il calciatore Iaia con la casacca
n. 15”; il giocatore n. 6 sia stato sostituito con il calciatore n. 14, e non con il n. 15, come erroneamente affermato dalla Ricorrente.
Analizzata, quindi, la documentazione ufficiale di gara ed assodata la correttezza nonché l’adeguatezza e logicità della motivazione della sentenza impugnata relativamente agli aspetti oggetto di censura, risulta pacifica l’infondatezza anche di tale motivo di ricorso.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Seconda Sezione
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo perché infondato.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in € 1.500,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 23 maggio 2022.
Il Presidente                      Il Relatore
F.to Attilio Zimatore         F.to Silvio Martuccelli
Depositato in Roma, in data 15 luglio 2022.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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