C.R. MOLISE – Tribunale Federale Territoriale – 2022/2023 – 2.lnd.it – atto non ufficiale – CU N. 10 del 22/08/2022 – Delibera – ha pronunciato, decidendo nella riunione fissata il giorno 2 agosto 2022, sul deferimento proposto dal Procuratore Federale prot. n. 1670/584 pfi 21 22/PM/vdb del 21.07.2022 nei confronti del sig. Zullo Michele e della società A.S.D. Sant’Angelo Limosano, la seguente

ha pronunciato, decidendo nella riunione fissata il giorno 2 agosto 2022, sul deferimento proposto dal Procuratore Federale prot. n. 1670/584 pfi 21 22/PM/vdb del 21.07.2022 nei confronti del sig. Zullo Michele e della società A.S.D. Sant’Angelo Limosano, la seguente

DECISIONE

Il deferimento La Procura Federale deferiva dinanzi a questo Tribunale Federale Territoriale, con la nota prot. n. 1670/584 pfi 21 22/PM/vdb del 21.07.2022, il sig. Zullo Michele, calciatore tesserato nella stagione sportiva 2021 – 2022 per la società A.S.D. Sant’Angelo Limosano, per rispondere della violazione di cui agli artt. 4, comma 1, e 28, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva per avere lo stesso a seguito di un contrasto di gioco, sul finire del primo tempo della gara ASD Sant’Angelo Limosano – ASD Lokomotiv Riccia, disputatasi in Sant’Angelo Limosano in data 26.03.2022 e valevole per il Campionato di Prima Categoria del Comitato Regionale Molise, rivolto al calciatore tesserato per la società A.S.D. Lokomotiv Riccia sig. Lamine Sow, la seguente espressione avente contenuto discriminatorio per motivi di razza, nazionalità ed origine tecnica: “scimmia di merda”. In breve sintesi, è accaduto che a pochi minuti della fine del primo tempo della partita sopra indicata, il calciatore deferito avrebbe pronunciato l’espressione discriminatoria a seguito di uno scontro di gioco e che nelle immediate vicinanze vi sarebbero stati altri due calciatori della squadra del Lokomotiv Riccia che avrebbero sentito le parole discriminatorie proferite dal deferito. Nel corso del procedimento venivano auditi dalla Procura Federale diversi tesserati appartenenti ad entrambe le società calcistiche ed il deferito, per il tramite del proprio legale, depositava una memoria difensiva con la quale si rappresentava che alcuna frase discriminatoria era stata pronunciata dal deferito e che, comunque, l’accertamento della sua responsabilità non era sorretta da valido supporto probatorio. A seguito del deferimento, questo Tribunale Federale convocava le parti deferite per l’udienza del 2 agosto 2022. Il dibattimento All’udienza del 2 agosto 2022, così fissata per la discussione del deferimento, compariva l’Avv. Francesco Capraro, per la Procura Federale, il quale si riportava integralmente all’atto del deferimento e chiedeva irrogarsi le seguenti sanzioni:  per il deferito sig. Zullo Michele, la squalifica di dieci giornate di gara;  per la società ASD Sant’Angelo Limosano l’ammenda di euro 900,00. Compariva personalmente il deferito Zullo Michele con il proprio legale Avv. Antonino Mancini, anche in sostituzione dell’Avv. Francesco Mancini. Il legale del deferito si riportava alla memoria difensiva, con documentazione allegata, depositata prima dell’udienza e dopo ampia illustrazione insisteva per il rigetto del deferimento. Per la società deferita compariva il suo legale rappresentante, nonché il proprio legale, Avv. Fabio Marone, il quale si riportava alle difese prodotte in atti e alle conclusioni rese. Il Tribunale Federale Territoriale, preso atto di quanto sopra, decideva il deferimento come da dispositivo. La decisione Il Tribunale Federale Territoriale osserva quanto segue: in via preliminare va osservato come il tema della prevenzione e repressione dei comportamenti discriminatori nello sport e, per quanto più specificamente riguarda l’art. 28 del codice di giustizia sportiva, nel contesto delle competizioni calcistiche ha assunto, ormai da alcuni anni, una rilevanza centrale nell’ordinamento di settore, sospinto dalla progressiva consapevolezza che l’affermazione dei principi che presiedono all’attività sportiva non possa essere disgiunta dalla normalizzazione di condotte, ispirate ad una funzione di vero e proprio incivilimento, a giusto titolo richieste ai diretti protagonisti di tale attività, cioè ai calciatori, nonché ai dirigenti ed alle società sempre per perseguire un efficace contrasto al fenomeno della violenza negli stadi e, nel contempo, garantire la serena partecipazione del pubblico, complemento naturale ed essenziale di ogni evento.

Non a caso lo statuto delle Federazione prevede che “la FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza” (art. 2, comma 5), una disposizione che evidenzia, in partenza, una finalità di ordine programmatico, ma che oggi sembra aver trovato proprio nel predetto art. 28 una compiuta realizzazione. In tal senso, il legislatore ha definito come comportamento discriminatorio “ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine etnica, condizione personale o sociale, ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori” (comma 1). Con il citato art. 28 il legislatore ha voluto imprimere un regime di doppia tutela, vale a dire: a) in funzione preventiva, prevedendosi al comma 6 che prima dell’inizio della gara la società ospitante avverta il pubblico “delle sanzioni previste a carico della stessa società in conseguenza a comportamenti discriminatori posti in essere da parte dei sostenitori”, costituite dall’ammenda ai sensi dell’art. 8, comma 1 del codice di giustizia sportiva; b) in funzione repressiva di comportamenti che, in quanto discriminatori, determinino una compromissione della personalità dell’uomo come singolo e come soggetto di comunità, in entrambi i casi ledendosi un patrimonio di valori fondamentali per motivi di “razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine etnica, condizione personale o sociale”; Nell’analisi delle condotte descritte dall’art. 28, il legislatore ha posto le definizioni di “offesa, denigrazione o insulto”. In particolare, quanto all’offesa, essa presenta i caratteri peculiari e, dunque, di estremo interesse in relazione alla considerazione della sua rilevanza oggettiva; si vuol dire, cioè, che l’art. 28 ha inteso concepire in termini di assolutezza l’idoneità discriminatoria del comportamento ai fini della configurazione dell’illecito, disancorandone l’entità dalla percezione soggettiva che, necessariamente o meno, possa averne avuto la persona o il gruppo leso dalla condotta; è sufficiente ad integrare l’illecito la manifesta sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie descritta nella norma e, sulla base di un nesso causale, la verificazione dell’effetto discriminatorio prodottosi direttamente o indirettamente, quindi anche sfuggendo dalla sfera intenzionale o di controllo del soggetto o del gruppo agente; il richiamo alla denigrazione è, invece, da collegare alla lesione della reputazione, dell’onore e del decoro del soggetto passivo del comportamento discriminatorio, ma, anche in questo caso, in una prospettiva oggettivizzata, vale a dire non secondo uno stato emotivo o un sentimento individuale, indipendente dal mondo esteriore: sicché deve verificarsi se l’aggressione al bene protetto sia stata rivolta al senso di dignità che un singolo o una comunità ha consolidato nell’opinione comune; in ultimo, il riferimento all’insulto allude alle modalità di espressione dell’azione discriminatoria, venendo in rilievo, a tal riguardo, l’uso di espressioni ingiuriose (anche nella forma dell’antifrasi) o il porre in essere atti di spregio volgare, come ad esempio nel caso di “cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione”, come è possibile ricavare – sia pure in via di interpretazione implicita – dalla formulazione espressa al comma 4. Dall’esame della disciplina trasfusa nell’art. 28 si evince, allora, che oltre alla necessaria esistenza di una condotta materiale qualificata e tipica sia, altresì, necessaria l’oggettivizzazione data da una percezione certa e diffusa dell’espressione discriminatoria. Sotto tali aspetti, l’attività di indagine della Procura Federale che ha condotto al deferimento è pervenuta a risultanze che depongono per la sufficienza probatoria. Ad avviso di questo Tribunale hanno rilevanza dirimente: A) le dichiarazioni rese dal calciatore destinatario dell’insulto razzista, Sow Lamine, il quale ben comprendendo la lingua italiana, essendo in Italia da oltre sei anni, nel corso dell’audizione ha specificato dettagliatamente il momento della gara, (…sul finire del primo tempo…); la fase di gioco e la posizione in campo, (… su un lancio lungo cercavo di anticipare un calciatore avversario a cui era destinato il pallone al limite della nostra area di rigore e dopo aver valutato di non riuscire a prendere il pallone ritiravo la gamba per evitare di fare fallo…); i modi e le modalità dell’insulto, ( … il calciatore avversario non avendo preso la palla, cadeva a terra simulando di aver subito il fallo richiamando l’attenzione dell’arbitro che si trovava nella zona centrale del campo …. lo invitavo a rialzarsi dicendogli “ ma chi ti ha fatto fallo, alzati”, e lui mi rispondeva dicendomi testualmente “ zitto, scimmia di merda”, poiché il gioco proseguiva mentre mi allontanavo da questa parte del terreno di gioco per avvinarmi al lato opposto e l’arbitro aveva fischiato un calcio di punizione sulla linea laterale lo stesso calciatore di prima proseguiva nelle proteste nei confronti del direttore di gara al che gli dicevo nuovamente di alzarsi che non gli avevo fatto fallo e lui mi rispondeva dicendomi un’altra volta “ stai zitto scimmia di merda”, sentito ciò cercavo di avvicinarmi al calciatore avversario per chiedere spiegazioni su quanto detto ma non riuscivo in quanto, nel frattempo, alcuni miei compagni di squadra che avevano sentito l’insulto razzista, si frapponevano tra me e l’altro calciatore per evitare un possibile contatto fisico); la posizione del direttore di gara, ( …. si trovava nel cerchio di centrocampo …. quindi credo che non abbia sentito nulla); la presenza nelle vicinanze di due calciatori della sua stessa squadra, (… i miei compagni di squadra quelli più vicini a dove è accaduto l’episodio in argomento e che hanno sentito chiaramente l’insulto razzista sono Davide Pontelandolfo e Andrea Vassalotti…..); la presenza dei calciatori della squadra avversaria, (…si trovavano altri calciatori della squadra avversaria che però non partecipavano all’azione che vedeva il loro compagno di squadra non prendere la palla e simulare di aver subito il fallo, così come si trovavano molto più vicini i miei due compagni di squadra sopra menzionati, motivo per cui hanno sentito chiaramente l’insulto); B) le dichiarazioni rese dal calciatore Pontelandolfo Davide il quale nel corso dell’audizione ha confermato, sostanzialmente, quanto dichiarato dal calciatore Lamine Sow, individuando il momento della gara (... sul finire del primo tempo…); le modalità del fatto, (… ad un certo punto il mio compagno di squadra Lamine Sow ha anticipato un calciatore avversario…in questo frangente il calciatore avversario ha avuto uno scatto di nervosismo dicendo testualmente “ scimmia di merda”, sentito ciò mi sono avvicinato a questo calciatore e gli ho chiesto per quale motivo aveva insultato il mio compagno di squadra e questi mi rispondeva dicendomi “e si l’ho insultato e adesso che volete fare”…); la posizione del direttore di gara, ( …. si trovava nella zona centrale del campo e non aveva modo di sentire nulla…); la presenza di altro compagno di squadra, (… io personalmente mi trovavo ad una distanza di 2/3 metri da Sow e dal calciatore avversario, così come si trovava vicino l’altro mio compagno Andrea Vassalotti ed entrambi abbiamo sentito distintamente l’insulto scimmia di merda rivolto al nostro compagno di squadra….); l’autore dell’insulto, (…. si la persona che ha insultato Low si chiama Michele Zullo…. ); C) le dichiarazioni rese dal calciatore Vassalotti Andrea il quale, in sede di audizione, altrettanto confermava le dichiarazioni del compagno Lamine Sow precisando il momento della gara, (…. sul finire del primo tempo credo che mancasse poco al 45°…); le modalità del fatto e posizione dei calciatori, (…. nei pressi della lunetta della nostra area di rigore, un contrasto di gioco tra il mio compagno di squadra Sow Lamine ed un calciatore della squadra avversaria….. subito dopo il contrasto di gioco … il calciatore avversario gli ha detto “… questa scimmia di merda…, a questo punto per evitare che i due calciatori potessero passare alle vie di fatto mi sono avvicinato insieme al mio compagno di squadra Pontelandolfo e ho ripreso il calciatore avversario chiededogli spiegazioni sull’insulto rivolto al mio compagno e questi mi rispondeva “l’ho detto qual è il problema” …. nel contempo si avvicinavano altri calciatori venendosi a creare una mass confrontation…); la posizione del direttore di gara, ( … il direttore di gara non era vicino all’azione e non credo lo abbia potuto sentire); la presenza nelle vicinanze di altro compagno di squadra ( …. i più vicini eravamo io e Davide Pontelandolfo, ad una distanza di 2/3 metri, che abbiamo sentito in modo distinto e chiaro l’insulto rivolto dal calciatore avversario a Sow); la individuazione dell’autore dell’insulto, (…si chiama Michele Zullo lo conosco di persona avendolo affrontato altre volte da avversario….); D) le dichiarazioni rese dal sig. Pontelandolfo Giuseppe, Presidente della società Lokomotiv Riccia nel contesto delle quali affermava “…. quando l’ho incontrato fuori dal suo spogliatoio (Zullo) gli ho chiesto spiegazioni sull’accaduto e lo stesso dopo avermi confermato di aver insultato con l’epiteto scimmia di merda il calciatore di colore Sow accusava la mia squadra di protagonismo….”; E) le dichiarazioni rese dal sig. Morrone Davide, allenatore della società Lokomotiv Riccia nel contesto delle quali dichiarava: “…. ad un certo punto il calciatore Sow Lamine dopo un contrasto di gioco e un diverbio con un calciatore della squadra avversaria, nello specifico Zullo Michele, si è avvicinato alla panchina…. mi diceva che non voleva più giocare perché era stato chiamato per due volte dal calciatore avversario scimmia…… uscito dallo spogliatoio incontravo Michele Zullo ….. di fronte alla mia contestazione circa il fatto che aveva apostrofato Sow con un epiteto razzista, Zullo dopo aver ammesso di aver pronunciato la parola scimmia nei confronti del calciatore Sow la giustificava con il fatto che la parola detta non voleva essere a sfondo razziale ma piuttosto un generico insulto nei confronti di un avversario in un contrasto di gioco……; F) le dichiarazioni rese dal direttore di gara, Sig. Granitto Nicolò, nel contesto delle quali riferisce: “ ... si prima che prendessi la decisione di ammonire i più esagitati tra questi il calciatore Davide Pontelandolfo che veniva a contatto fisico con il calciatore avversario Zullo Michele, anche lui ammonito e l’allenatore Davide Morrone, un calciatore della squadra ospite mi diceva che un suo compagno di squadra era stato fatto oggetto di un insulto razzista, nello specifico era stato chiamato scimmia di merda”. E’ evidente come le dichiarazioni sopra riportate evidenzino elementi di piena congruenza sul contesto in cui si è verificato il fatto, (contrasto di gioco; posizionamento dei calciatori; posizionamento del direttore di gara, ecc), ma, soprattutto, sulla inequivocità dell’insulto e sulla certezza che fosse stato proferito dal calciatore Zullo Michele nei confronti del calciatore Sow Lamine. Dall’altra, le discordanze evidenziate nella memoria difensiva del deferito Zullo Michele in relazione alle dichiarazioni rese dai vari tesserati della società Lokomotiv Riccia non si ritengono tali da inficiare le congruenze delle rilasciate dichiarazioni; ed, invero, il fatto che i calciatori Pontelandolfo e Vassalotti abbiano sentito l’epiteto scimmia di merda una sola volta anziché due, che il calciatore Sow Lamine non abbia subito riferito personalmente al direttore di gara dell’insulto ricevuto, che gli stessi Pontelandolfo e Vassalotti non si ricordino precisamente se il calciatore Zullo fosse o meno finito a terra dopo l’intervento di gioco, che non abbiano sentito l’epiteto altri tesserati della squadra del deferito, nulla toglie alle coerenti dichiarazioni rese dai tesserati escussi dalla Procura Federale; in particolare, il fatto che il calciatore Sow Lamine, come osservato nella memoria del deferito, non abbia subito denunciato l’accaduto al direttore di gara si giustifica dal fatto che il calciatore interessato non ha avuto il tempo di farlo atteso che, nella immediatezza dell’insulto, mentre si accingeva a chiedere spiegazioni al calciatore avversario su quanto udito, vi è stato l’immediato intervento dei compagni di squadra, Pontelandolfo e Vassalotti, cui scaturiva una mass confrontation durante la quale veniva riferito al direttore di gara l’epiteto ricevuto da Low Lamine da parte di un suo compagno di squadra; allo stesso modo, non può condividersi la difesa del deferito sulla mancanza di prova che egli abbia rivolto la frase discriminatoria indicata nel deferimento per il fatto che nulla sia stato osservato nel referto di arbitrale, costituente prova legale assistita da fede privilegiata, così come non si condivide la difesa del deferito laddove lo stesso afferma di non aver proferito le parole “scimmia di merda” ma di aver rivolto all’indirizzo di Sow Lamine le parole in dialetto “ ma stu sciem d merd”; quanto alla prima circostanza difensiva va osservato che seppure l’arbitro non abbia sentito la frase incriminata, in quanto lontano dai due calciatori, non può escludersi, sic et sempliciter, la condotta del deferito;

quanto alla seconda circostanza difensiva, va rilevato come appaia strano che nelle immediatezze dell’evento, nonché nei momenti successivi, quando la squadra avversaria si era ritirata dalla gara e si trovava negli spogliatoi, il Zullo Michele, accusato di un fatto così grave, anche considerata l’età e la vasta esperienza sui campi da gioco, non abbia prontamente rappresentato, a sua difesa, al direttore di gara, né ai calciatori e dirigenti della squadra avversaria, anche nel loro spogliatoio, (ove sarebbe stato invitato per scusarsi), di aver espresso le parole “sciem d merd “ in luogo di quelle discriminatorie “scimmia di merda”, quando, invece, solo nella tarda serata, sentendosi telefonicamente con il sig. Morrone Davide, allenatore del Lokomotiv Riccia, al fine di ridimensionare l’episodio, a mente fredda, riferiva che il calciatore Sow Lamine aveva potuto fraintendere la parola “scimmia” con quella pronunciata in dialetto molisano “sciemo”. Vi è che, dagli accertamenti posti in essere, a fronte di una piena corrispondenza di elementi qualificanti, riscontrabili nelle dichiarazioni del calciatore offeso e in quelle dei suoi compagni di squadra e degli altri tesserati, da parte del deferito non sono emersi elementi di discarico rispetto alla contestazione mossa dalla Procura Federale. Non sarebbero, peraltro, comprensibili le ragioni per le quali i calciatori e gli altri tesserati si sarebbero dovuti inventare l’episodio, così grave per l’ordinamento sportivo, anche in considerazione della pacifica circostanza, non essendoci stato alcun rilievo in merito, che nessuno aveva motivi di rancore nei confronti del sig. Zullo Michele. Infine, pur valutando la doglianza del deferito, come espressa nella memoria difensiva, circa la insufficienza del materiale probatorio acquisiti agli atti, e tale da essere inidoneo per l’affermazione della sua responsabilità, questo Tribunale ritiene utile osservare come sia ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza federale secondo cui per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva «non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito» (cfr. (Corte Federale d’Appello, Sezioni Unite, registro decisioni n. 019/2020-2021). Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio, (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). In conclusione, alla luce di tutti gli elementi appena evidenziati e fermo il principio per cui nei procedimenti di giustizia sportiva “il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio”, (cfr. sul punto Corte Federale di Appello, Sezioni Unite, N. 105/CFA/2020-2021 Registro Decisioni), emerge, in una sintesi complessiva, un quadro probatorio assolutamente sufficiente per l’affermazione della responsabilità del sig. Zullo Michele. Ad ogni modo, questo Tribunale ritiene di dover riportare nel giusto equilibrio il fatto in esame nel senso che, pur ritenendo deplorevole e molto grave il comportamento del deferito, ritenendo l’espressione proferita di contenuto razzista ma presumibilmente intervenuta quale reazione ad un intervento di gioco ritenuto falloso, non per questo può etichettarsi assolutamente “razzista” il calciatore deferito, in mancanza di evidenze in tal senso, così stigmatizzando le avverse reazioni mediatiche ricevute dal tesserato successivamente all’accaduto. Per quanto sopra, riconosciuta la responsabilità disciplinare del deferito, ne consegue la condanna e, per l’effetto, questo Tribunale Federale, in accoglimento della richiesta della Procura, ai sensi dell’art. 28, comma 2, C.G.S., irroga al sig. Zullo Michele la sanzione della squalifica per 10 (dieci) giornate effettive di gara. Quanto alla società deferita, è indubbio che della condotta posta in essere dal tesserato Zullo Michele, per la sua gravità, ne debba rispondere, a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, comma 2°, la società di appartenenza nei confronti della quale può, però, ritenersi congrua la sanzione dell’ammenda di euro 250,00, in luogo di quella richiesta dalla Procura Federale, anche in relazione alla imprevedibilità della condotta posta in essere dal tesserato e dell’assenza di precedenti specifici, dello stesso tenore, in capo alla società e a suoi tesserati.

P.Q.M.

 Il Tribunale Federale Territoriale, all’esito della camera di consiglio, accoglie il deferimento e, per l’effetto, dispone l’applicazione della sanzione minima edittale, ex art. 28 del C.G.S, di 10 (dieci) giornate di squalifica, da scontarsi in gare ufficiali, nei confronti del sig. Zullo Michele. Applica alla società A.S.D. Sant’Angelo Limosano la sanzione dell’ammenda di euro 250,00 (duecentocinquanta/00). Motivi riservati nei termini del Codice di Giustizia Sportiva. Dispone la comunicazione agli interessati anche a mezzo posta elettronica certificata. Così deciso nella camera di consiglio del 02 agosto 2022.

 

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