F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0110/CFA pubblicata il 30 Maggio 2023 (motivazioni) – Giudizio di rinvio CONI/Juventus S.p.A. e altri

Decisione/0110/CFA-2022-2023

Registro procedimenti n. 0138/CFA/2022-2023

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Ida Raiola – Presidente

Fabrizio D'Alessandri – Componente

Elio Toscano – Componente

Luca De Gennaro – Componente

Marco Stigliano Messuti - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul giudizio di rinvio ex art. 62, comma 2, C.G.S. C.O.N.I nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite - con la decisione n. 40 depositata in data 8 maggio 2023 concernente la decisione della Corte Federale D’Appello n. 0063/CFA/2022-2023 depositata in data 30 gennaio 2023,

per la riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale – sezione disciplinare - n. 0128/TFN/2021-2022 del 22 aprile 2022;

Visti il reclamo con i relativi allegati proposto dalla Procura Federale;

Vista la decisione n. 40 depositata in data 8 maggio 2023 del Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite che:

- Rigetta i ricorsi iscritti al R.G. n. 14/2023 (Andrea Agnelli/FIGC e altri), al R.G. n. 15/2023 (Fabio Paratici/FIGC e altri), al R.G. n. 16/2023 (Federico Cherubini/FIGC e altri) e al R.G. n. 19/2023 (Maurizio Arrivabene/FIGC e altri);

- Accoglie i ricorsi iscritti al R.G. n. 17/2023 (Enrico Vellano/FIGC e altri), al R.G. n. 18/2023 (Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo e Francesco Roncaglio/FIGC e altri) e al R.G. n. 13/2023 (FC Juventus spa/FIGC e altri), nei termini e nei limiti di cui in motivazione, e rinvia alla Corte Federale di Appello perché, in diversa composizione, rinnovi la sua valutazione, in particolare, in ordine alla determinazione dell’apporto causale dei singoli amministratori, fornendone adeguata motivazione e traendone le eventuali conseguenze anche in ordine alla sanzione irrogata a carico della società Juventus F.C. S.p.A.”

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il decreto presidenziale del 10 maggio 2023 con il quale “è disposta l’abbreviazione a dieci giorni del termine di cui all’art. 103, comma 2, con termine per deposito di eventuali memorie al 17 maggio 2023. La relativa udienza si terrà il giorno 22 maggio 2023, alle ore 10,00, in videoconferenza”;

Vista la memoria difensiva, con allegati documenti, depositata nell’interesse della F.C. Juventus spa in persona del legale rappresentante pt in data 17/5/2023;

Vista la memoria difensiva, con allegati documenti, depositata nell’interesse di Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia GrazioliVenier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo, Francesco Roncaglio ed Enrico Vellano in data 17/05/2023;

Relatore nell’udienza, tenutasi, anche in videoconferenza, il giorno 22 maggio 2023, l’Avvocato dello Stato Marco Stigliano Messuti e uditi, come da verbale di udienza, per la Procura Federale, il Procuratore Federale Cons. Giuseppe Chiné, presenti anche il Procuratore Federale aggiunto Avv. Giorgio Ricciardi, il sostituto Procuratore Dott. Luca Scarpa e il referendario Avv. Angela De Michele; gli avvocati Maurizio Bellacosa, Davide Sangiorgio e Flavia Tortorella per Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli-Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo, Francesco Roncaglio ed Enrico Vellano; l’Avv. Maurizio Bellacosa nell’interesse della F.C. Juventus S.p.A.. È presente il Presidente della società calcistica Dott. Gianluca Ferrero.

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

La vicenda in fatto, in sintesi, può essere così riassunta.

Con deferimento del 1° aprile 2022, la Procura Federale contestava alla F.C. Juventus S.p.A. ed ai suoi vertici, come ad altre società di calcio, di aver concluso delle operazioni di mercato “contraddistinte da una sistematica sopravvalutazione del corrispettivo di cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei trasferimenti nonché dalla altrettanto sistematica sostanziale corrispondenza (e conseguente compensazione finanziaria) tra i valori attribuiti dalle società ai diritti scambiati”.

Costituivano fonti di prova anche una verifica ispettiva relativa ad operazioni di compravendita di diritti alle prestazioni dei calciatori avviata dalla CONSOB nei confronti della F.C. Juventus S.p.A., nonché un’indagine penale attivata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, denominata “PRISMA”, nei confronti della stessa società e dei suoi amministratori per le ipotesi di reato di false comunicazioni delle società quotate ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Con l’atto di deferimento venivano, quindi, contestate, rispettivamente quanto alla Juventus (pag. 149) a titolo di responsabilità:

“a. propria ai sensi dell’art. 31 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva in vigore per avere alterato sistematicamente i documenti contabili depositati presso la Co.Vi.So.C. a partire almeno dalla situazione trimestrale al 31 marzo 2019 ed almeno fino alla situazione trimestrale al 31 marzo 2021;

b. diretta ai sensi dell’art. art. 6, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore per gli atti e comportamenti posti in essere dai sigg.ri Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Fabio Paratici e Federico Cherubini, così come riportati nei precedenti capi di incolpazione;

c. oggettiva ai sensi dell’art. art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore per gli atti e comportamenti posti in essere dai Sigg.ri Vellano, Garimberti, Grazioli-Venier, Arrivabene, Hughes, Marilungo e Roncaglio, così come riportati nei precedenti capi di incolpazione”.

Quanto agli amministratori la violazione degli artt. 4 e 31, comma 1, CGS, anche in relazione all'art. 19 dello statuto federale per aver indicato in 15 (delle 17 complessivamente contestate) operazioni c.d. incrociate, un valore dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori intenzionalmente sovrastimato (“indicando un corrispettivo superiore al reale”) e, quindi, fraudolentemente alterato al solo fine di determinare “maggiori plusvalenze fittizie”.

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Con decisione n. 0128/TFNSD-2021-2022 il Tribunale Federale Nazione – sezione disciplinare, deliberava il proscioglimento da ogni addebito di tutti i deferiti, ritenendo che solo alcune delle cessioni esaminate presentassero quelle caratteristiche che la stessa Procura federale aveva individuato quali elementi sintomatici di operazioni fittizie e che, benché sospette, dette cessioni (e relative plusvalenze) non superassero la soglia della ragionevole certezza in termini, appunto, di fittizietà. Secondo il Tribunale, allora, il metodo di valutazione adottato dalla Procura federale poteva essere ritenuto «un» metodo di valutazione, ma non «il» metodo di valutazione. Il confronto con le valutazioni presenti nel sito Transfermarkt (per quanto utilizzate in talune perizie o richiamate in alcuni contratti per volontà convenzionale delle parti contraenti) non poteva corroborare la citata fittizietà. Rispetto a quello adottato dalla Procura federale, dunque, potevano contrapporsi altri metodi di valutazione, ugualmente degni di apprezzamento. In conclusione, il Tribunale riteneva che non esistesse «il» metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. Il valore di mercato - sosteneva il Tribunale - rappresenta il valore pagato dalla società acquirente al termine di una contrattazione libera, reale ed effettiva di quel diritto sul mercato di riferimento; e il libero mercato non può essere guidato da un metodo valutativo (quale che esso sia) che individui e determini il giusto valore di ogni singola cessione.

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Decidendo sul reclamo della Procura Federale, la Corte Federale di Appello – sezioni unite, lo respingeva con la decisione n. 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022.

La Corte federale, peraltro, correggeva in parte l’iter motivazionale della decisione di I° grado osservando che: “è erronea la statuizione del Tribunale federale secondo cui l’inesistenza de «il» metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore possa legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti l’utilità futura del diritto nonché [da] elementi di coerenza della transazione. Ciò, difatti, renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema - e quindi neanche quello federale - può tollerare. È evidente che, in qualsiasi valutazione, un metodo deve essere sempre utilizzato. Ma non si può contestare il modo di procedere perché è solo uno dei metodi ammissibili; lo si può contestare, eventualmente, solo perché quel metodo manca di determinati fondamenti”.

Sulla base di tali considerazioni la Corte federale aderiva all’impostazione del Tribunale federale per cui si deve “prendere atto dell’inesistenza, a livello di ordinamento federale, di criteri normativamente sanciti”, di guisa che “la questione più ardua che il Collegio si è trovato ad affrontare [è] la mancanza di una pre-definizione di criteri ai quali fare riferimento. […] Tale presa d’atto, quindi, ha agito nel senso di impedire a questo Collegio di porre a sé stesso la premessa maggiore indispensabile in ogni sillogismo giudiziale: la norma espressa”.

Da simili premesse, pertanto, la Corte federale giungeva ad una duplice conclusione.

Per un verso, chiariva la ragione fondante il rigetto del reclamo: “l’esame delle 17 operazioni (costituite da due o più compravendite per un totale di 59 compravendite) ha evidenziato indubbiamente l’esistenza di notevoli e diffuse criticità. Peraltro, proprio l’assenza di parametri normativamente sanciti – come sopra detto - ha reso particolarmente complessa e delicata l’operazione del Collegio di sceverare, all’interno dell’ampia platea di operazioni, quelle che, con ragionevole certezza giudiziale, potessero essere considerate rilevanti sotto il profilo disciplinare”.

Per altro verso, proponeva l’invito ad un intervento normativo ritenuto “tanto più indispensabile se si considera che le operazioni in oggetto – relative alla compravendita dei diritti alle prestazioni dei calciatori – e i valori a cui vengono effettuate, influenzano in misura determinante la qualità del bilancio e la sua finalità, cioè la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale di una società sportiva. Come si è detto, dall’analisi della documentazione in atti vi è la diffusa percezione che alcuni valori si siano formati in modo totalmente slegato da una regolare transazione di mercato, ma non è possibile verificare se le modalità della loro formazione rispettino delle regole codificate perché non esistenti. Si ritiene pertanto indispensabile la definizione di principi-guida nelle valutazioni che possano permettere di verificare se le scelte concrete delle società da essi si discostino, individuando una serie di elementi di riferimento”.

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Avverso la decisione n. 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022 proponeva ricorso per revocazione parziale la Procura federale.

A sostegno del ricorso per revocazione, e ai fini del giudizio rescindente, la Procura Federale deduceva: a) di avere ricevuto, in data 24 novembre 2022, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, copia degli atti contenuti nel fascicolo del procedimento penale n. 12955/2021 R.G.N.R.; b) che detta documentazione costituiva una “rilevantissima mole di atti e documenti, composta da circa di 14mila pagine, costituenti le risultanze istruttorie poste a base delle contestazioni di reato formulate nei confronti di 15 soggetti, tra dirigenti, legali rappresentanti, membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, revisori legali e consulenti della società FC Juventus S.P.A.”, oltre che nei confronti della stessa Juventus F.C. S.p.A. quale ente responsabile delle condotte dei suoi dipendenti e soggetti apicali.

La Procura federale rappresentava “che la predetta documentazione [aveva] consentito di conoscere elementi nuovi, sopravvenuti rispetto alla decisione della Corte federale di Appello a Sezioni Unite [impugnata], la cui conoscenza avrebbe certamente comportato una diversa pronuncia” e che, pertanto, sussistevano tutti i presupposti di cui all’art. 63, comma 1, lett. d), CGS.

Si chiariva altresì che l’esclusione dal ricorso della società SSC Napoli e della società AC Chievo Verona Srl, e i rispettivi dirigenti, era dovuta all’integrale assenza di operazioni di scambio dirette con la FC Juventus S.p.A. (di qui la ragione di una revocazione parziale).

La Procura federale sottolineava che gli atti di particolare valenza dimostrativa fondanti le ragioni di revocazione erano costituiti in particolare da: a) intercettazioni telefoniche e ambientali; b) documenti sequestrati nell’ambito di perquisizioni presso la sede della FC Juventus S.p.A. e presso ulteriori luoghi d’interesse; c) dalla delibera Consob n. 22482/2022 del 19.10.2022 (ex art. 154 ter, comma 7, T.U.F.) e d) dai comunicati stampa della FC Juventus S.p.A.

Detti elementi istruttori, secondo la Procura federale, confermavano l’esistenza di un sistema collaudato della FC Juventus S.p.A. di scambi incrociati di calciatori con altre società sportive, finalizzati alla realizzazione di plusvalenze artificiali. Secondo la ricostruzione della Procura federale, dunque, all’annullamento della decisione della Corte federale 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022 doveva poi conseguire, in sede di giudizio rescissorio, la condanna dei deferiti.

Con decisione n. 0063/CFA-2022-2023, del 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, la Corte Federale d’Appellosezioni unite - così, in sintesi, decideva.

1) Quanto al profilo rescindente:

a) “il ricorso della Procura federale, proposto ai sensi dell’art. 63, comma 1, lett. d), CGS, deve essere dichiarato ammissibile. Per l’effetto, deve essere revocata la pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 di questa Corte federale d'appello. È indiscutibile che il quadro fattuale determinato dalla documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Torino alla Procura federale, e da questa riversata a sostegno della revocazione, non era conosciuto dalla Corte federale al momento della decisione revocata e, ove conosciuto, avrebbe determinato per certo una diversa decisione. Esattamente secondo quanto previsto dall’art. 63, comma 1, lett. d), CGS. Si tratta di un quadro fattuale sostenuto da una impressionante mole di documentazione probatoria”;

b) “Anche il concorrente profilo di asserita violazione del principio del ne bis in idem non merita seguito. Una volta ritenuto (come si deve) che la revocazione sia possibile anche in malam partem - e i deferiti non lo dubitano – la predetta obiezione si svuota di significato… Quanto precede, con la precisazione che anche una assoluzione ottenuta per due gradi di giudizio, se conseguente alla mancata conoscenza di fatti invece decisivi per una eventuale condanna, è soggetta al giudizio di revocazione”;

c) “Quanto alla natura decisiva degli elementi dimostrativi portati all’attenzione del giudizio rescindente, essa è indubbia. Ove la Corte federale avesse conosciuto i fatti che risultano dimostrati dagli elementi oggi disponibili (fatti che non erano noti o persino sopravvenuti), essa avrebbe per certo assunto una decisione diversa […] Ma oggi è esattamente un tale quadro fattuale ad essere radicalmente mutato. Il fatto nuovo che prima non era noto è proprio l’avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori. Il fatto nuovo - come è stato efficacemente sottolineato dalla Procura federale - è l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la decisione deve essere diversa da quella qui revocata”;

d ) “Un quadro fattuale - quello appena citato - dimostrato dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle intercettazioni), dai documenti e dai manoscritti di provenienza interna alla FC Juventus S.p.A. e che hanno tutti una “natura essenzialmente confessoria”.

e) “Per quanto d’interesse della fase rescindente qui trattata è senz’altro sufficiente il richiamo ai più rilevanti elementi dimostrativi, citati anche dalla Procura federale. Primo tra tutti è l’inquietante “Libro Nero di FP” (cioè Fabio Paratici). Un tale documento, si noti, non è mai stato disconosciuto dal redattore (Federico Cherubini) ed è stato difeso dalla FC Juventus S.p.A. che, unitamente al predetto dirigente, lo ha fatto proprio, solo proponendone una interpretazione diversa rispetto a quella offerta dalla Procura federale, sostenendo si trattasse di un normale “appunto” di lavoro. È per questa ragione che il mancato disconoscimento del documento e la mancata presa di distanza da esso della FC Juventus S.p.A. - a prescindere da ogni ulteriore rilevanza - ha una portata devastante sul piano della lealtà sportiva. Da esso si trae la consapevolezza di un crescendo di difficolta economico-finanziaria della FC Juventus S.p.A. nel corso degli anni 2019, 2020 e 2021 (“come siamo arrivati qui?”) e della difficoltà di uscirne. E si individua anche il metodo rimediale che il Cherubini testimonia essere stato applicato da Fabio Paratici: “utilizzo eccessivo plusvalenze artificiali” (la cui conseguenza è un “beneficio immediato” ma anche un negativo “carico ammortamenti” per il futuro). Il contenuto del “Libro Nero di FP” costituisce un elemento oggettivo non equivocabile. Tanto più tenuto conto della circostanza (e vi si tornerà oltre più diffusamente) che scopo del processo sportivo non è, evidentemente, inferire la consumazione di eventuali fattispecie di illecito a carattere penalistico. Oggetto di giudizio è solo la violazione delle norme sportive: nello specifico, dell’art. 4, comma 1 e dell’art. 31, comma 1”;

f) “Rilevantissime sono poi le intercettazioni telefoniche o ambientali (e le acquisizioni documentali) citate dalla Procura federale a sostegno della revocazione... Intercettazioni che dimostrano persino opacità nella rappresentazione all’esterno del reale contenuto delle operazioni condotte, tanto da sperare che “[quelli che] stanno cercando” (presumibilmente gli ispettori Consob) non scoprano carteggi altrimenti pericolosi”;

g) “Sotto il secondo profilo (di scambio permutativo) sono emblematiche le acquisizioni anche documentali relative alle operazioni con club esteri (OM Marsiglia, Barcellona, Manchester City, Lugano, Basilea)”. “Qui, peraltro, è anche necessario aprire una parentesi sulla rilevante differenza che deve essere riconosciuta tra una operazione a specchio o incrociata, apparentemente indipendente, e una operazione ad effetti permutativi. E deve essere chiarito che ciò che rileva ai fini del processo sportivo e della violazione quanto meno dell’art. 4, comma 1, CGS, non è se la singola operazione dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo 45, poi contestato alla FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi rilevare la plusvalenza. Ciò che rileva è la preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute. Ciò che rileva,in altri termini, è l’essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS38 (paragrafo 45), quale che ne fosse l’esito”.

La CFA, ritenuta dunque meritevole di accoglimento il giudizio rescindente, e dichiarata la revocazione della decisione n. 0089/CFA/2021-2022, esaminava il merito rescissorio dell’impugnazione svolta dalla Procura federale. “Venendo ora al merito del giudizio rescissorio, appare inevitabile tenere distinte le posizioni riguardanti la FC Juventus S.p.A. rispetto alle altre squadre. La ragione della necessaria distinzione di merito riposa, ed è considerazione sin troppo ovvia, nella circostanza che la FC Juventus S.p.A. e i relativi amministratori e dirigenti sono stati oggetto di diffuse e ripetute evidenze dimostrative prodotte dalla Procura federale. Evidenze che connotano un canone di comportamento sistematico e non isolato. Proprio con riguardo alla FC Juventus S.p.A., il quadro probatorio che si è già citato ai fini del giudizio rescindente ha carattere inequivocabile rispetto agli scopi del processo sportivo”.

La Corte Federale richiama tutte le considerazioni espresse in relazione alla fase rescindente con riferimento al cd “libro nero” di Fabio Paratici; alle intercettazioni “aventi un carattere per così dire generale o se si preferisce sintomatiche e ricognitive della ripetuta intenzionalità della società FC Juventus S.p.A. nel non avere utilizzato (nelle stagioni 2019/2020 e in parte 2021) alcun metodo di valutazione dei prezzi degli scambi”; alle operazioni compiute con i club esteri: “Tutte tali operazioni risultano emblematiche perché, invece di essere state trasparentemente e correttamente rappresentate come permute, esse sono state mostrate all’esterno come operazioni formalmente indipendenti. La differenza di tali operazioni rispetto a quelle compiute con controparti italiane riposa nella circostanza che le operazioni con controparti estere non potevano contare sulla stanza di compensazione disciplinata dalla federazione di appartenenza e, pertanto, la mera conclusione di una operazione a specchio non era sufficiente ad ottenere lo “scambio” finanziariamente neutro, dovendosi di volta in volta aggiungere - sistematicamente - un qualche patto che a monte condizionasse reciprocamente lo scambio (vendo perché tu compri e tu vendi perché io compro, quindi scambiamo) e che a valle disciplinasse la compensazione dei pagamenti incrociati (i c.d. “set-off arrangement” o accordi di compensazione infatti trovati con riguardo alle operazioni estere). Il tutto, dunque, sostituendo l’effetto “automatico” della compensazione dei pagamenti presente nell’ordinamento federale italiano”. “L’intenzionalità volta ad evitare la ricostruzione delle operazioni sopra menzionate quale permuta e dunque l’intenzionalità mostrata ad evitare di dover verificare, volta per volta, l’effettiva applicabilità per la FC Juventus S.p.A. di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle immobilizzazioni ottenute per lo scambio) è comportamento sufficiente alla violazione dell’art. 4, comma 1, CGS”.

La Corte così concludeva:

“Dichiara ammissibile il ricorso per revocazione e pertanto revoca la pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 di questa Corte federale d'appello e, per l'effetto, dispone quanto segue:

1 - Respinge i reclami incidentali.

2 - Accoglie in parte il reclamo della Procura federale avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - sezione disciplinare del 22.04.2022 irrogando le seguenti sanzioni:

a) Fabio Paratici: inibizione temporanea di mesi 30 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

b) Federico Cherubini: inibizione temporanea di mesi 16 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

c) Andrea Agnelli: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

d) Pavel Nedved: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

e) Enrico Vellano: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

f) Paolo Garimberti: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

g) Assia Grazioli Venier: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

h.Maurizio Arrivabene:inibizione temporaneadi mesi 24 asvolgereattività in ambito FIGC,con richiesta di estensionein ambito UEFA e FIFA;

i. Caitlin Mary Hughes: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

l. Daniela Marilungo: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

m. Francesco Roncaglio: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

n. F.C. Juventus Spa: penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva.

3 - Respinge per il resto il reclamo della Procura federale”.

La Corte Federale di Appello dichiarava altresì che, per i deferiti diversi dalla Juventus F.C. S.p.A. (“rispetto alla quale valgono invece tutte le considerazioni già svolte e valgono le risultanze della duplice indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Torino e dalla Consob”), la stessa si è dovuta confrontare con la struttura della domanda contenuta nel deferimento, non potendo questa sostituire una eventuale autosufficienza di singole violazioni rispetto, invece, alla richiesta di riconoscimento di una sistematica violazione dell’art. 4 e 31 CGS, e per più esercizi: “non sussistono evidenze dimostrative specifiche che consentano di sostenere efficacemente l’accusa nei confronti delle società UC Sampdoria, FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Parma Calcio 1913, Pisa Sporting Club, Empoli FC, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936 […] come è stato efficacemente osservato dalle difese dei club interessati, due considerazioni appaiono insuperabili ai fini di una statuizione di condanna. Non può esservi alcuna sistematicità da contestare in una singola operazione (prima considerazione). Una condanna di Parma, Novara e Pescara per il mero “contatto” con la FC Juventus S.p.A. risulterebbe ingiustificata (seconda considerazione) in assenza di prove oggettive della violazione, non vista dal lato della FC Juventus S.p.A., ma appunto da quello delle deferite qui trattate. Prova che, proprio con riguardo alle citate società, non è rinvenibile nella documentazione prodotta dalla Procura federale. Il tutto senza considerare la rilevanza per la sola FC Juventus S.p.A. dei principi contabili internazionali indicati dalla Consob, che non trovano invece applicazione (nei medesimi termini) per le società italiane non quotate. Ma, allora, il sospetto che eventualmente può inferirsi con riguardo alle suddette società non è sufficiente a determinare una condanna. […] Infine, poco o nulla è provato dalla Procura federale con riguardo alle società FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Pisa Sporting Club ed Empoli FC, società sostanzialmente non presenti nelle intercettazioni della FC Juventus S.p.A., fatta sola eccezione per un cenno operato nei confronti del Genoa, ma senza la partecipazione diretta di alcun responsabile di tale società e in forma oggettivamente generica (senza cioè alcuna indicazione di giocatori specifici)”.

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In data 28 febbraio 2023 venivano promossi diversi ed autonomi ricorsi al Collegio di garanzia dello sport del CONI da parte di: F.C. Juventus spa (RG 13/2023); Andrea Agnelli (RG 14/2023); Fabio Paratici (RG 15/2023); Federico Cherubini (RG 16/2023); Enrico Vellano (RG 17/2023); Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo e Francesco Roncaglio (RG 18/2023) e Maurizio Arrivabene (RG 19/2023).

Il Collegio di garanzia, con la decisione n. 40, pubblicata in data 8 maggio 2023, respingeva tutti i motivi di censura articolati dalle varie parti costituite ed individuati dal punto 1 (pag. 25) al punto 12 (pag. 66), confermando tutte le statuizioni della decisione resa dalla CFA in sede di revocazione.

In particolare, secondo l’ordine di numerazione dei punti impiegato dal Collegio di garanzia:

1. relativo all’ammissibilità della revocazione;

2. relativo alla violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo;

3. relativo alla insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta violazione disciplinare ex art. 4 CGS – FIGC in rapporto ad un principio contabile (IAS 38&45 e seg.), non rilevante e nemmeno accertato come applicabile;

4. relativo alla violazione del principio di legalità, con l’affermazione di un illecito non previsto dall’ordinamento sportivo;

5. relativo alla omessa motivazione ed alla mancata valutazione di elementi decisivi rappresentati nell’interesse dei deferiti;

6. relativo al mancato deposito da parte della Procura Federale della nota 14/04/2021 contenente le “indicazioni interpretative” con conseguente decadenza dell’azione disciplinare e, comunque, inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo il 14/07/2021;

7. relativo alla omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni in relazione alla violazione dell’art. 12 CGS – FIGC per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio (fatto salvo quanto osservato ai successivi punti 13.1 e seg.);

8. relativo alla condanna della società per l’illecito di cui all’art. 4 CGS – FIGC senza fare alcun riferimento al successivo art. 6;

9. relativo al difetto di motivazione in relazione al fatto che la Juventus F.C. spa si fosse dotata di un modello ex art. 231/2021 rilevante quale scriminante o almeno attenuante ai sensi degli artt. 6 e 7 CGS – FIGC;

10. relativo alla omessa motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità del Presidente, pro tempore, del CdA di Juventus F.C. spa.

11. relativo alla omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni irrogate in relazione alla violazione dell’art. 12 CGS – FIGC ed alla violazione di norme di diritto per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio;

12. relativo alla omessa motivazione circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del sig. Fabio Paratici nelle vicende contestate.

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Per quanto di interesse, del presente giudizio di rinvio, rilevano i punti 13 e 14 (da pag. 66 a pag. 74) della decisione, con i quali il Collegio di Garanzia ritiene di accogliere parzialmente i gravami iscritti al R.G. n. 17/2023 (Enrico Vellano/FIGC e altri), al R.G. n. 18/2023 (Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo e Francesco Roncaglio/FIGC e altri) e, “per trascinamento” al R.G. n. 13/2023 (F.C. Juventus spa/FIGC e altri), nei termini e nei limiti di cui in motivazione, e rinvia alla Corte Federale di Appello perché, in diversa composizione, rinnovi la sua valutazione, in particolare, in ordine alla determinazione dell’apporto causale dei singoli amministratori, fornendone adeguata motivazione e traendone le eventuali conseguenze anche in ordine alla sanzione irrogata a carico della società Juventus F.C. S.p.A..

In particolare, osserva il Collegio di Garanzia che:

1) “la valutazione di accoglimento concerne, nello specifico, il motivo n. VI di entrambi i ricorsi (pagg. 76-79), a mezzo del quale i citati amministratori privi di deleghe hanno rilevato, pur con distinti gravami, l’omessa motivazione della Corte Federale di Appello in ordine alla asserita responsabilità dei singoli consiglieri derivante della diffusa consapevolezza, in capo agli stessi, della illiceità delle operazioni sportive oggetto di contestazione, in forza della quale è stata irrogata, a ciascuno dei ricorrenti, la sanzione dell’inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, per la violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché́ dei doveri di lealtà̀, correttezza e probità di cui all’art. 4, comma 1, e dell’art. 31, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale. L’esame del citato motivo di ricorso, in uno al capo della sentenza impugnata, determina l’accoglimento del motivo de quo, atteso che la decisione della Corte di merito non ha fornito adeguato supporto motivazionale in ordine al profilo della acclarata responsabilità dei consiglieri di amministrazione, affermando – invero apoditticamente – che “il consiglio di amministrazione nel suo complesso ha condiviso, o quanto meno sopportato, la violazione dei principi sportivi” oggetto dell’iniziale deferimento della Procura Federale (pag. 33 della sentenza)”.

In altri termini la CFA, ad avviso del Collegio di Garanzia, non ha motivato il proprio convincimento: “sul rilevante profilo afferente all’ipotetica consapevolezza e responsabilità in ambito sportivo, ai sensi dell’art. 4, comma 1, Codice di Giustizia Sportiva FIGC dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe, essendosi (invero) limitata ad affermare – in via del tutto generica – di essersi riferita alle intercettazioni poste alla base della sentenza impugnata, pur connotate da gravi ed evidenti criticità, ma senza indicare in realtà, le ragioni dell’affermato coinvolgimento effettivo e concreto dei soggetti incaricati della gestione societaria della Juventus F.C. S.p.A. nelle operazioni sportive di compravendita di calciatori che hanno generato le più volte citate plusvalenze.

Il presupposto da cui è necessario avviare lo scrutinio in parte qua della pronuncia resa in ambito federale è quello che concerne la distinzione e le differenze tra gestione societaria e gestione sportiva di una società calcistica – anche nelle ipotesi in cui questa venga quotata nei mercati regolamentati, come la Juventus S.p.A. - che si riverbera coerentemente nella distinzione tra le posizioni dei dirigenti, che hanno posto in essere le operazioni di natura sportiva, e degli amministratori, che in quelle operazioni non appaiono risultare coinvolti o pienamente consapevoli o informati, e che, comunque, non risulta vi abbiano partecipato”.

“La plusvalenza, quale componente positiva del reddito, in ambito prettamente sportivo, si realizza nel caso di cessione delle prestazioni di un calciatore, laddove l’ammontare che viene riconosciuto alla società cedente dall’acquirente sia superiore al valore iscritto in bilancio”.

2) “L’effettiva partecipazione e/o la effettiva consapevolezza dei componenti del CdA – con compiti di gestione societaria e non sportiva – in relazione alle operazioni di natura tipicamente sportiva contestate alla Juventus F.C. S.p.A. e, quindi, la responsabilità personale di costoro in ambito sportivo per le descritte operazioni, avrebbe dovuto essere specificamente valutata dalla Corte Federale di Appello in relazione al modello organizzativo adottato dalla stessa società con attento scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F.C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi”.

In particolare, osserva il Collegio di Garanzia, va attenzionata la figura del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili ex art. 154-bis T.U.F. “la cui posizione non è stata vagliata dalla Corte Federale di Appello ed il cui operato risulterebbe, quindi, in linea con l’inconsapevolezza di tutti i ricorrenti membri del CdA, non esecutivi, della Juventus S.p.A. in relazione alle contestate operazioni”.

Prosegue il Collegio osservando che: “L’analisi del disposto di cui all’art. 154- bis del TUF mostra come il legislatore abbia istituzionalizzato il processo interno di predisposizione del progetto di bilancio, atteso che per gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse sul mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società medesima, è prevista una dichiarazione scritta di accompagnamento del Direttore Generale e del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri ed alle scritture contabili. In sintesi, al Dirigente preposto per la redazione dei documenti contabili societari spetta una funzione societaria sostanziale – che si affianca a quello dell’organo amministrativo – che si identifica nella predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili, ed in una diversa, ed aggiuntiva, ma non meno rilevante funzione di controllo e assurance non solo dell’effettiva applicazione delle procedure di cui sopra, ma anche della conformità dei documenti ai principi contabili internazionali, della corrispondenza dei documenti alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e delle ulteriori attività previste espressamente al quinto comma dell’art. 154-bis: a tali funzioni corrisponde uno specifico ambito e perimetro di responsabilità”. “Si tratta, in conclusione, di una figura (sottoposta al regime di responsabilità degli amministratori di cui agli artt. 2391 e seg. e 2434 c.c.) dotata di oggettivo rilievo all’interno di una società quotata nei mercati regolamentati – essendo, peraltro, prevista unicamente per tale tipologia di soggetti economici - il cui ruolo ed il cui operato avrebbe dovuto essere oggetto di specifico scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F. C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi”.

3) “Ultimo – ma non meno rilevante – profilo che la Corte Federale ha omesso di vagliare nella decisione impugnata, sempre con riferimento alla posizione dei Consiglieri di Amministrazione di cui ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023, concerne gli obblighi, le attribuzioni ed i limiti di responsabilità degli amministratori nelle società di capitali il cui impianto normativo è rinvenibile negli artt. 2381 e 2392 del codice civile”. Il cd “obbligo di agire informati” che incombe su ciascun amministratore con particolare riferimento “all’omesso intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico”.

Dal combinato disposto delle due norme, a dire del Collegio, ne deriva che: “anche gli amministratori privi di deleghe sono responsabili verso la società ma nei limiti delle attribuzioni loro proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa: dunque, non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di questi ultimi in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”.

Entro questo perimetro, “osserva il Collegio che la sentenza impugnata, resa a carico degli amministratori privi di deleghe operative, è, quindi, carente nella propria parte motiva laddove la Corte Federale – con motivazione da ritenere apparente – ha fatto riferimento ad una generica, ma indimostrata, “consapevolezza diffusa”, ovvero ad una asserita condivisione, da parte di detti amministratori, dei concreti dettagli e delle finalità delle operazioni sportive scrutinate, omettendo di fornire adeguato supporto motivazionale di tali affermate ed indimostrate circostanze”.

“Peraltro, il rispetto del criterio dell’agire informato in capo a ciascun amministratore di cui all’art. 2381 c.c., valutato esclusivamente per il rilievo in ambito sportivo ed in relazione alle specifiche operazioni contestate, deve necessariamente tener conto che tali operazioni di scambio di calciatori definite “a specchio” ed il c.d. sistema delle plusvalenze (cfr. ex multis TFN – Sezione Disciplinare, C.U. n. 16, c.d. caso Chievo; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 9/2019), generato dalle medesime operazioni, costituisce un tema ricorrente e già dibattuto nell’ambito della giustizia sportiva i cui precedenti avrebbero, comunque, dovuto indurre gli amministratori non esecutivi della Juventus S.p.A. ad una maggiore prudenza e cautela sul piano gestionale, sempre in ossequio al criterio della corretta e sana amministrazione societaria”.

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Conclusivamente il Collegio di Garanzia dello Sport in relazione ai ricorsi 17/2023 e 18/2023: “dispone l’annullamento della decisione impugnata in parte qua, rinviando alla Corte Federale di Appello, in diversa composizione, affinché rinnovi la valutazione con particolare riferimento alla determinazione dell’eventuale apporto causale dei singoli amministratori e con riferimento alle singole posizioni, valutandone le conoscenze ad ognuna di esse attribuibili in base all’art. 2392 c.c., fornendone adeguata motivazione ed attribuendo un coerente rilievo sanzionatorio che risulti in linea con l’assenza di violazioni riferibili all’attività gestionale/sportiva in capo ai ricorrenti”.

Precisa altresì il Collegio che laddove l’annullamento intervenga pe mancanz o manifesta illogicità della motivazione, “la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio, che conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al capo della sentenza oggetto del giudizio di legittimità”.

4) L’annullamento parziale della decisione della CFA, in relazione al profilo sanzionatorio, riverbera i suoi effetti anche sulla posizione della F.C. Juventus spa atteso che l’art. 6, comma 2 del CGS-FIGC sancisce il principio della responsabilità della società non solo per l’operato di chi la rappresenta, ma anche per l’operato dei dirigenti, dei tesserati.

“Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus F.C. S.p.A. risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l’accertato vizio motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte Federale d’Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi anche della stessa società Juventus F.C. S.p.A”.

“Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di accoglimento sui ricorsi n. 17/2023 e n. 18/2023 si estendono, per trascinamento, alla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. (ricorso n. 13/2023), nei cui confronti il Giudice del rinvio dovrà compiere le sue valutazioni in ordine alla conseguente misura della irrogata sanzione”.

Conclude da ultimo il Collegio che: “spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”. Spetta, quindi, al Giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e, poi, accertati nel giudizio”.

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Incardinato d’ufficio il giudizio di rinvio, nei termini concessi con il Decreto presidenziale del 10 maggio 2023, in data 17/05/2023 hanno depositato distinte memorie e documenti Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli-Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo, Francesco Roncaglio ed Enrico Vellano, nonché il F.C. Juventus spa in persona del legale rappresentante pt.

In particolare, i primi, in sintesi hanno evidenziato:

a. l’assenza di alcun apporto causale ai fatti da parte dei Consiglieri non esecutivi;

b. l’estraneità ai fatti dei singoli componenti il CdA, anche in ragione dell’esclusiva competenza dell’Area sport in relazione alla materia nel cui ambito si inseriscono le operazioni oggetto di contestazione;

c. la mancanza di segnali d’allarme e il corretto esercizio del dovere di agire informati da parte dei componenti del CdA; concludendo per il proscioglimento da ogni contestazione.

Il F.C. Juventus spa ha nella propria memoria rassegnato le seguenti conclusioni:

a. in via principale il proscioglimento in ragione dell’applicazione dell’esimente ex art. 7 CGS a seguito dell’adozione del modello di prevenzione;

b. in via subordinata l’applicazione della sanzione pecuniaria dell’ammenda ex art. 8, comma 1, lett. b) CGS nella misura non superiore ad euro 500.000,00;

c. In via ulteriormente subordinata l’applicazione ex art. 8, comma 1, lett. g) della sanzione della penalizzazione di punti in classifica fino ad un massimo di 5 punti, da scontare nel presente campionato oppure nella prossima stagione sportiva.

La Procura Federale non ha depositato memoria.

A conclusione dell’udienza, il Procuratore federale ha eccepito l’inammissibilità della produzione documentale allegate alle memorie sia dai Consiglieri di amministrazione che dalla società F.C. Juventus spa ed ha rassegnato le seguenti conclusioni:

“irrogarsi ai consiglieri di amministrazione senza delega, la sanzione della inibizione, ex art 9, comma 1, lett. h) CGS, di 8 (otto) mesi ciascuno e per la società Juventus spa, ex art. 8, comma 1, lett. g) CGS la sanzione della penalizzazione di 11(undici) punti da scontarsi nella corrente stagione sportiva”.

I difensori dei Consiglieri di amministrazione e della società Juventus spa hanno richiamato le conclusioni rassegnate nelle rispettive memorie pocanzi illustrate.

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Con Dispositivo n. 0112/CFA-2022-2023 pubblicato in data 22 maggio 2023 veniva statuito quanto segue: la Corte Federale di Appello – sezioni unite:

“a) proscioglie dalle incolpazioni ascritte i sigg.ri Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli-Venier, Caitlin Mary Hughes,

Daniela Marilungo, Francesco Roncaglio e Enrico Vellano;

b) irroga alla società F.C. Juventus spa la sanzione della penalizzazione di punti 10 (dieci) in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva”. 

per i seguenti motivi 

CONSIDERATO IN DIRITTO

Preliminarmente appare necessaria una premessa di ordine metodologico e sistematico.

1) Il giudizio di rinvio

L’art. 3, comma 2, CGS, rinvia, per, per quanto non previsto dal codice, alle disposizioni del codice della giustizia sportiva adottato dal Coni, il quale all’art. 2, comma 6, testualmente dispone: “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la

propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile”.

Facendo corretta applicazione di tale principio la disciplina del “giudizio di rinvio” trova la sua collocazione nell’art. 394 cpc.

 Quest’ultimo, nell’interpretazione oramai consolidata che ne ha dato, nel tempo la Suprema Corte di cassazione (tra le tante Cass., sezione II, 5 maggio 2022, n. 14249; sez. II, 30/11/2021, n.37469) ha portato alla definizione di alcuni principi.

a) Il giudizio di rinvio è un processo “chiuso” tendente ad una nuova statuizione (nell'ambito fissato dalla sentenza di cassazione), in sostituzione di quella cassata: perciò comportante che i limiti e l'oggetto restano fissati dalla sentenza di annullamento, che non può essere né sindacata, né elusa dal giudice di rinvio, neppure in caso di constatato errore.

b) Nel giudizio di rinvio resta preclusa alle parti la proposizione di questioni che non soltanto introducano un thema decidendum diverso da quello discusso nelle precedenti fasi processuali, ed in relazione al quale la Corte di Cassazione ha enunciato il principio di diritto, ma che detto thema decidendum tendono a rimettere in discussione onde conseguire statuizioni correttive, modificative o sostitutive di quelle cui è pervenuto il giudice di legittimità.

c) La funzione prosecutoria del giudizio di rinvio comporta che la designata Corte distrettuale sia tenuta ad emanare una pronuncia di merito che, applicando i criteri di giudizio indicati dalla Suprema Corte remittente, sostituisca quella cassata, beninteso limitatamente alle questioni decise nei capi cassati ed in quelli dipendenti.

d) Dal carattere predeterminato dell'oggetto del giudizio di rinvio discende il divieto alle parti di formulare nuove conclusioni e, quindi, di proporre domande ed eccezioni nuove, a meno che queste ultime non si correlino allo jus superveniens, oppure attengano a nuovi fatti impeditivi, modificativi, estintivi verificatisi in un momento successivo a quello della loro possibile allegazione nelle pregresse fasi di merito. Resta, per ciò stesso, preclusa la riproponibilità di questioni involte dal giudicato formatosi sui restanti capi non cassati.

e) Il carattere c.d. "chiuso", del giudizio di rinvio, si riflette sul patrimonio probatorio acquisito agli atti, posto che la controversia va riproposta nello stato di istruzione nel quale fu pronunciata la sentenza cassata; ne consegue che non è consentita la produzione di nuovi documenti, salvo che fatti sopravvenuti o la stessa pronuncia di cassazione rendano necessaria un'ulteriore attività probatoria ovvero la produzione investe documenti che non sono stati prodotti per causa di forza maggiore.

Facendo corretta applicazione di detti principi al caso di specie ne consegue che:

Nei confronti di Andrea Agnelli, Fabio Paratici, Federico Cherubini e Maurizio Arrivabene devono ritenersi definitive e quindi passate in giudicato, limitatamente al giudizio sportivo, tutte le statuizioni di condanna della decisione resa dalla CFA in sede di revocazione, n. 63/CFA/2022/2023, e conseguentemente ai sensi dell’art. 31, comma 1 quella propria della società ed ai sensi dell’art. 6, comma 1 CGS anche quella, di natura diretta ed oggettiva della società Juventus, in relazione all’an, salvo quanto si dirà in prosieguo, per effetto della pronuncia di rinvio, in ordine al quantum della sanzione.

2) L’art. 4, comma 1, CGS – Doveri di lealtà, correttezza e probità

I doveri di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art.4, comma 1, C.G.S., si connotano, nei confronti dei soggetti dell’ordinamento sportivo, in maniera più intensa rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento. Infatti, la diposizione di cui all’art. 4 del Codice della giustizia sportiva non si risolve in una norma di tipo residuale, alla cui applicazione dovrebbe ricorrersi in mancanza di previsioni specifiche, ma costituisce, al contrario, una “clausola generale” al cui contenuto precettivo i soggetti dell’ordinamento sportivo devono ineludibilmente conformare la propria condotta.

I principi di correttezza e lealtà sportiva rinviano a norme sociali o di costume da autorevole dottrina paragonate a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la normativa all’evoluzione della realtà sociale di riferimento e di recepire e salvaguardare i valori comunemente avvertiti come irrinunciabili dalla comunità degli sportivi (Cfr. CFA, sezione I, n. 682022/2023).

La disposizione, la cui violazione è stata formalmente contestata agli amministratori della società condannati in via definitiva, che rileva in maniera pregnante nel presente giudizio, per quanto si dirà in seguito in ordine al quantum della sanzione, non ha “natura e funzione residuale”, ma come ripetutamente chiarito da questa Corte: “costituisce, al contrario, clausola generale, nella quale sono enunciati detti doveri, cui i soggetti dell’ordinamento sportivo devono ineludibilmente conformare la propria condotta: “l’art. 4, comma 1, del CGS, lungi dal costituire una norma in bianco, non può essere ricostruito e applicato secondo i canoni propri del diritto penale e, in specie, di quelli di determinatezza e tassatività. Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione a esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di aderire a una diversa prospettiva e di dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte. Si spiega così la presenza di disposizioni, quale l’art. 4, comma 1, del CGS, caratterizzate dalla enunciazione di principi e da un certo grado di flessibilità, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza. L’art. 4, comma 1, redatto secondo la tecnica della normazione sintetica, sfugge a una descrizione puntuale delle singole tipologie di comportamento, che presenterebbe l’inconveniente dell’eccesso casistico, per ricorrere a elementi normativi che rinviano a una fonte esterna come parametro per la regola di giudizio da applicare al caso concreto (la lealtà, la probità, la correttezza) secondo il prudente apprezzamento del giudice. Si tratta (per utilizzare una classificazione propria del diritto penale, senz’altro riferibile anche all’illecito sportivo) di elementi normativi extragiuridici che rinviano a norme sociali o di costume e da autorevole dottrina paragonati a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la disciplina trattata all’evoluzione della realtà sociale di riferimento in questo caso, alla realtà propria dell’ordinamento sportivo” (Cfr. CFA, S.U., n. 902022/2023; sez. I, n. 52-2022/2023).

3) L’art. 6, comma 1, CGS – Responsabilità diretta della società

L’art. 6, comma I, del CGS, che, per quanto di interesse, è oggetto di applicazione nel presente giudizio, assurge a referente di carattere generale per quanto concerne la responsabilità disciplinare dei sodalizi sportivi scaturente dalla inosservanza dei comportamenti imposti dalla normativa di settore per assicurare la salvaguardia e la conservazione dei valori fondamentali che informano lo sport e la sua pratica, distingue differenti ipotesi. In particolare, quanto alla fattispecie in esame, il primo comma, configura la responsabilità c.d. “diretta” della società, la quale risponde direttamente dell’operato di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali. Essa trova fondamento nel rapporto di immedesimazione organica che lega il sodalizio sportivo a (colui o) coloro che, al suo interno, sono investiti del potere di agire in nome di questo. Affinché la responsabilità possa trasmettersi e risalire dal rappresentante al rappresentato non è necessaria alcuna indagine circa l’effettiva utilità per l’ente della condotta antisportiva (che si presume iuris et de iure). Tale ipotesi di responsabilità è stata sempre inquadrata dalla giurisprudenza sportiva come ipotesi di responsabilità oggettiva (Cfr. CFA sez. I, n. 52-2022/2023).

Tale responsabilità opera, per sua natura, per la semplice ricorrenza del nesso formale che lega il tesserato responsabile di un’infrazione dei precetti disciplinari e la società cui è contrattualmente legato, all’accertata condizione che l’infrazione stessa sia commessa durante, o trovi causa o possibilità di esplicazione nella attività sportiva cui il tesserato è tenuto; nessuna delle forme di elemento soggettivo (dolo o colpa) necessarie per integrare le figure tipiche della responsabilità previste da altri rami dell’ordinamento di diritto comune è prevista in ambito sportivo; la responsabilità oggettiva trova fondamento nella centralità assunta nel diritto sportivo dal principio di precauzione, che impone l’adozione delle misure idonee, prima che a sanzionare, a prevenire la possibilità di commissione di illeciti che influiscano negativamente sul corretto svolgimento dell’attività sportiva; nella responsabilità oggettiva vale infatti anche il cd. principio di prevenzione, per cui l’esigenza di prevenire pericoli derivanti da illeciti è prevalente rispetto al criterio di imputazione della responsabilità a carico della società calcistica; tali assiomi svolgono altresì il compito di responsabilizzare le società in modo che pongano in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare che accadano fatti reputati illeciti dall’ordinamento sportivo e scelgano con accortezza i propri tesserati, al fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi (Cfr. CFA - Sezioni unite, n. 58-2021/2022; sezione I, n. 77-2021/2022; sezione I, n. 52-2022/2023).

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4) Ammissibilità/ricevibilità di nuova produzione documentale nel giudizio di rinvio

Le difese dei Consiglieri non muniti di delega e della società sportiva F.C. Juventus spa hanno prodotto, a corredo delle memorie, nuovi documenti.

Tale deposito deve ritenersi irricevibile e, pertanto, va stralciato dagli atti del giudizio di rinvio e non sarà oggetto di esame da parte di questa Corte per le seguenti ragioni.

Al riguardo, in disparte l’eccezione sollevata dalla Procura federale nel corso dell’udienza, la questione è rilevabile anche d’ufficio.

Come chiarito al punto 1), i margini operativi del giudizio di rinvio sono molto stretti, trattandosi di un sistema come detto “chiuso”, dove la produzione di nuovi documenti è consentita solo in tre distinte ipotesi: 1) fatti sopravvenuti; 2) la pronuncia di cassazione rende necessaria la produzione documentale; 3) causa di forza maggiore (Cassazione civile sez. I, 02/09/2021, n.23799).

Nessuna delle tre situazioni è rinvenibile nel caso di specie.

Peraltro, trattasi di deposito eseguito in aperta violazione del decreto presidenziale del 10 maggio 2023 con il quale, nel disporre l’abbreviazione dei termini, era stato concesso alle parti solo un termine per la produzione di memorie difensive e non di documenti.

5) La posizione dei Consiglieri di amministrazione non muniti di deleghe - Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli-Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo, Francesco Roncaglio ed Enrico Vellano -

Il Collegio di garanzia dello Sport ha annullato in parte qua, la decisone della Corte Federale di appello n. 63-2022/2023, nella misura in cui è carente la motivazione nel declinare la responsabilità degli amministratori privi di deleghe operative, disponendo che “il giudice del rinvio debba rinnovare la valutazione con particolare riferimento alla determinazione dell’eventuale apporto causale dei singoli amministratori e con riferimento alle singole posizioni, valutandone le conoscenze ad ognuna di esse attribuibili in base all’art. 2392 c.c.”.

La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che l'obbligo imposto dall'articolo 2381, ultimo comma, del codice civile agli amministratori delle società per azioni di “agire in modo informato”, pur quando non siano titolari di deleghe, si declina, da un lato, nel dovere di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare ovvero attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui siano, o debbano essere, a conoscenza; dall'altro, in quello di informarsi, affinché tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che gli stessi possano procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze (Cassazione civile sez. II, 16/05/2022, n.15585).

In altri termini, ha chiarito il Collegio di garanzia dello Sport, richiamando anche l’orientamento della Suprema Corte, che la responsabilità degli amministratori privi di specifiche deleghe operative non può discendere da una generica condotta di omessa vigilanza, tale da trasmodare nei fatti in responsabilità oggettiva, ma deve riconnettersi alla violazione del dovere di agire informati, sia sulla base delle informazioni che a detti amministratori devono essere somministrate, sia sulla base di quelle che essi stessi possono acquisire di propria iniziativa. In definitiva, gli amministratori (i quali non abbiano operato) rispondono delle conseguenze dannose della condotta di altri amministratori (i quali abbiano operato) soltanto qualora: a) siano a conoscenza di necessari dati di fatto tali da sollecitare il loro intervento, ovvero: b) abbiano omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire informati.

Ne discende che, nel contesto normativo attuale, gli amministratori non operativi rispondono per non aver impedito "fatti pregiudizievoli" dei quali abbiano acquisito in positivo conoscenza (anche per effetto delle informazioni ricevute ai sensi dell'articolo 2381, terzo comma, c.c.), ovvero dei quali debbano acquisire conoscenza, di propria iniziativa, ai sensi dell'obbligo posto dall'ultimo comma dell'articolo 2381 c.c.: per il che occorre che la semplice facoltà di “chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società” sia innescata, così da trasformarsi in un obbligo positivo di condotta, da elementi tali da porre sull'avviso gli amministratori alla stregua della "diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze": altrimenti si ricadrebbe nella configurazione di un generale obbligo di vigilanza che la riforma ha invece volutamente eliminato (Cass., sez. I, 31/08/2016, n. 17441).

Anche la giurisprudenza penale richiamata dal Collegio remittente ha chiarito che il concorso per omesso impedimento dell'evento dell'amministratore privo di delega è configurabile quando, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle condotte illecite tenute dai consiglieri operativi in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell'effettiva conoscenza di fatti pregiudizie oli per l società o, quanto meno, di "segnali di allarme" inequivocabili dai quali desumere, secondo i criteri propri del dolo eventuale, l'accettazione del rischio del verificarsi dell'evento illecito e, dall'altro, della volontà, nella forma del dolo indiretto, di non attivarsi per scongiurare detto evento, dovendosi infine accertare, sulla base di un giudizio prognostico controfattuale, la sussistenza del nesso causale tra le contestate omissioni e le condotte delittuose ascritte agli amministratori con delega (Cassazione penale sez. V, 13/06/2022, n.33582).

Facendo applicazione di detti principi il Collegio di Garanzia dello Sport ha distinto tra la gestione societaria e quella sportiva di una società calcistica, anche laddove quotata in borsa come la società F.C. Juventus spa, evidenziando una distinzione tra la posizione dei dirigenti che hanno posto in essere operazioni di natura sportiva (tra le quali, per quanto di interesse, l’acquisizione e cessione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori, demandata e delegata esclusivamente all’area sportiva, che ha generato plusvalenze ed oggetto del presente giudizio) e gli amministratori, che in quelle operazioni non appaiono risultare coinvolti o informati e che, comunque, non vi abbiano partecipato.

Sotto diverso profilo, il collegio di Garanzia dello Sport, ha evidenziato che l’effettiva partecipazione e consapevolezza dei componenti del CdA, non muniti di deleghe, con compiti di gestione societaria e non sportiva, in relazione alle operazioni di natura sportiva di che trattasi, sconta anche l’esame del modello organizzativo adottato dalla società calcistica con riferimento al ruolo ed alla funzione del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili ex art. 154-bis del D.lgs. 24/02/1998, n. 58 (T.U.F.), il cui operato “risulterebbe in linea con l’inconsapevolezza di tutti i membri del CdA, non esecutivi, della Juventus spa, in relazione alle operazioni contestate”.

Il comma 2 del citato articolo 154-bis dispone che: “Gli atti e le comunicazioni della società diffusi al mercato, e relativi all'informativa contabile anche infrannuale della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri e alle scritture contabili”.

Osserva il Collegio di Garanzia al riguardo che la figura del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili svolge una funzione societaria sostanziale di attestazione di “conformità dei documenti ai principi contabili internazionali ed alle risultanze dei libri e delle scritture contabili”.

Il ruolo e la funzione di tale figura professionale andava valutato, al fine di escludere o meno, la responsabilità dei consiglieri non muniti di delega operativa.

All’interno di questo stretto perimetro si pongono le considerazioni di competenza di questa Corte, in ordine alla valutazione “dell’apporto causale” degli amministratori del CdA senza delega.

Al riguardo nessun riscontro oggettivo è rinvenibile nell’atto di deferimento del 1° aprile 2022 che nel richiamare la relazione di indagine, individua, genericamente (pag. 114/118), la violazione dell’art. 4, CGS nell’aver disatteso l’obbligo di “agire informato”, nella mera approvazione delle trimestrali e dei bilanci interessati dalle plusvalenze.

In tal senso risulta obliterato il principio di contestazione, quanto meno sotto il profilo probatorio, di cui all’art. 125, comma 4 CGS secondo cui “nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono

violate, indicate le fonti di prova acquisite”.

Del resto, l’atto di deferimento venne disatteso sia in I che in II grado rispettivamente dal TFN – sezione disciplinare - con decisione n. 128/2021-2022 e dalla CFA con pronunzia n. 89/2021/2022 (poi oggetto di revocazione).

Analogamente, nessun riscontro oggettivo, per come richiesto dal Collegio di Garanzia dello Sport è rinvenibile, con riferimento alla posizione dei consiglieri non operativi, nel ricorso per revocazione, che svolge peraltro il ruolo di atto di deferimento integrativo, che assorbe, anche per relationem, la relazione della Procura federale del 20/12/2022 e tutti gli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino (circa 14mila pagine).

Nella revocazione gli elementi di novità (pag. 29 e seguenti) erano rappresentati dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali, dai documenti oggetto di sequestro giudiziario e dagli atti di indagine della Consob.

Il processo sportivo è retto “latu sensu” dal principio inquisitorio (CFA S.U. n. 105-2020/2021) e le prove sono acquisite anche su iniziativa del giudice, che ha poteri di ricerca autonomi delle fonti materiali di prova e dei fatti ritenuti rilevanti e che può e deve accertare qual è effettivamente la verità (ovviamente di carattere processuale), al di là di là di quanto indicato dalle parti. In definitiva, i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini disciplinari presenti in altri processi, non possono essere tout court utilizzati nel processo sportivo, stante l’autonomia degli organi di giustizia sportiva e del relativo strumento processuale rispetto agli organi giurisdizionali civili, penali e amministrativi.

Tuttavia, dalla documentazione probatoria offerta dalla Procura Federale e, comunque, dalla mole di documentazione allegata al fascicolo di causa non risulta evidenza della responsabilità dei Consiglieri non operativi nei termini richiesti dal Collegio di Garanzia dello Sport.

Tutte le intercettazioni, quasi sempre de relato, non consentono di individuare alcun elemento che dia conto di consapevolezza o condivisione da parte dei consiglieri non delegati, in ordine ai fatti oggetto di deferimento.

La Procura federale ravvisa nel concetto di “responsabilità da posizione” il fondamento del comportamento colpevole dei consiglieri non operativi.

In altri termini, soprattutto l’approvazione dei bilanci, riferiti alle annualità in contestazione, genera, secondo la Procura federale, la violazione dell’obbligo di agire informato.

Ma tale tesi risulta superata dal Collegio di Garanzia dello Sport ed entro i limiti delineati da quest’ultimo deve svolgersi l’analisi di questa Corte sul riscontro “dell’apporto causale” dei consiglieri non operativi al fine di arrivare ad una statuizione di condanna. 

In altri termini, non si rinviene dalla complessa attività di indagine la presenza di “segnali d’allarme” idonei ad incidere negativamente sul dovere di agire informati dei componenti del CdA della Juventus sia nella forma: a) di essere a conoscenza di necessari dati di fatto tali da sollecitare il loro intervento; sia nell’ipotesi: b) di aver omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire informati.

Del resto, come osservato anche dal Collegio di Garanzia (pag. 69), il Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili (e nemmeno i revisori dei conti, come si afferma nella memoria dei Consiglieri – circostanza questa non smentita dalla Procura) nelle relazioni periodiche al bilancio o nelle altre informative al CdA non ha (e non hanno) mai sollevato criticità in merito alla presenza in bilancio delle poste oggetto di deferimento.

Analogamente le intercettazioni riferite a Pavel Nedved, Enrico Vellano e Francesco Roncaglio, che per doveri di sinteticità della motivazione imposto dall’art. 51, comma 1, CGS non si riportano, non consentono di dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, l’apporto causale alle operazioni di gestione sportiva, che ha portato alla condanna dei consiglieri muniti di delega operativa.

Quanto agli altri componenti del CdA non muniti di delega, non risulta traccia di alcun elemento di prova a loro carico se non la “responsabilità da posizione” di cui si è ampiamente detto, ritenuta insufficiente dallo stesso Collegio di Garanzia dello Sport.

In definitiva, il materiale probatorio offerto, anche letto alla luce della difesa conclusiva svolta all’udienza odierna dalla Procura federale, non raggiunge lo standard probatorio richiesto per l’affermazione della responsabilità in ambito sportivo, seppure detto standard, come è noto, si attesti ad un livello inferiore rispetto ad altri ambiti processuali (CFA, Sez. I, n. 24/2022-203; CFA, Sez. IV, n. 18/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 87/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 81/2021-2022; CFA, sez. I, n. 76/2021-2022; CFA, Sez. III, n. 68/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022; dettagliatamente, CFA, SS. UU., n. 105/2020-2021, § 3) e ciò vale, in generale, per tutti i consiglieri del CdA non esecutivi e, in particolare, per il consigliere Pavel Nedved, la cui posizione la Procura federale, sia in sede di deferimento che della successiva istanza di revocazione, non aveva in alcun modo differenziato rispetto agli altri consiglieri di Amministrazione non provvisti di delega.

Conclusivamente, nessun documento di indagine è idoneo a dimostrare il concorso dei Consiglieri senza delega alla gestione delle operazioni sportive che hanno determinato “plusvalenze da operazioni incrociate”, e quindi la violazione dell’obbligo di agire informato, sia nella forma attiva che in quella omissiva di cui si è già dato conto.

Ne consegue il proscioglimento degli stessi dalle accuse loro ascritte.

***

6) La posizione della società F.C. Juventus spa

Come già esposto, per effetto del giudicato sportivo formatosi sulle parti della decisione della n. 63-2022/2023 della CFA, non cassate dal Collegio di Garanzia dello Sport, alla condanna di Andrea Agnelli, Fabio Paratici, Federico Cherubini e Maurizio Arrivabene, quali Presidente e consiglieri muniti di delega, ne consegue, anche in termini di giudicato, ai sensi dell’art. 6, comma 1, CGS anche quella, di natura diretta ed oggettiva della società Juventus, in relazione all’an.

Va rimarcato che anche la contestazione della violazione dell’art. 31, comma 1, CGS in punto di gestione economica è passato in giudicato.

In ordine al quantum il Collegio di garanzia, avendo cassato con rinvio la posizione dei Consiglieri non delegati, ha annullato “per trascinamento” la sanzione irrogata dalla CFA in sede di revocazione di punti 15 di penalizzazione, invitando il giudice del rinvio a rivalutare la misura della sanzione da irrogare alla società di calcio.

La società sportiva sia nella memoria difensiva che a conclusione dell’udienza ha declinato le seguenti conclusioni:

a. in via principale il proscioglimento in ragione dell’applicazione dell’esimente ex art. 7 CGS a seguito dell’adozione del modello di prevenzione;

b. in via subordinata l’applicazione della sanzione pecuniaria dell’ammenda ex art. 8, comma 1, lett. b) CGS nella misura non superiore ad euro 500.000,00;

c. In via ulteriormente subordinata l’applicazione ex art. 8, comma 1, lett. g) della sanzione della penalizzazione di punti in classifica fino ad un massimo di 5 punti, da scontare nel presente campionato oppure nella prossima stagione sportiva.

6.1 L’esimente o in subordine l’attenuante del modello di prevenzione ex art. 7 CGS

L’art. 7 del CGS, che si applica a tutte le ipotesi di cui all’art. 6, rubricato “ Scriminante o attenuante della responsabilità della società”, prevede che il Giudice Sportivo, al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società, valuti l’adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all’art. 7, comma 5 dello Statuto FIGC.

In attuazione di tale ultima disposizione, il Consiglio Federale ha approvato le linee guida (C.U. n. 131/L del 4 ottobre 2019), dettando una serie principi ai quali le società dovranno attenersi nell’adozione di c.d. “Modelli di prevenzione”. Il rispetto delle linee guida consente di accertare un’assenza di colpa in capo alle società. Queste ultime dovranno, dunque, provare di aver attivato ed effettivamente, correttamente ed appropriatamente utilizzato un modello organizzativo ed un organismo di vigilanza, controllo e prevenzione tali, da consentire da un esame concreto della fattispecie un esimente o attenuazione di responsabilità. Laddove adottato viene demandato agli organi di giustizia sportiva la verifica in concreto se il modello adottato e le relative cautele prese possano costituire un esimente o un’attenuazione della responsabilità ex art. 7 CGS (Cfr. CFA, S.U. n. 58/2021-2022; CFA, S.U. n. 912022/2023).

La società invoca l’esimente, ovvero l’attenuante ex art. 7 CGS, avendo adottato in data 28 maggio 2020 il modello di prevenzione e la nomina dell’organismo di garanzia.

In disparte che si dubita della “idoneità ed efficacia” del modello adottato, attesa la gravità dei fatti per i quali si è formato un giudicato di condanna in sede sportiva nei confronti del Presidente e dei Consiglieri muniti di delega, il motivo con cui si invoca l’applicazione dell’art. 7 CGS è inammissibile per due ordini di ragioni.

a) Innanzitutto, la produzione documentale delle parti (tra cui il Modello di prevenzione) è stata dichiarata irricevibile e quindi stralciata dagli atti del giudizio di rinvio per le considerazioni espresse al punto 4) della presente decisione.

b) Inoltre, la medesima questione era stata già sollevata dalla Juventus come motivo IX di ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia ed espressamente scrutinato (punto 9 della decisione).

Quest’ultimo ha dichiarato la censura in parte inammissibile ed in parte infondata per due motivi.

c) Mancanza della dimostrazione che quel modello fosse idoneo in concreto a prevenire i comportamenti quali quelli verificatisi e contestati e che pertanto valga ad escludere o ad attenuare la responsabilità della società.

d) Irrilevanza della questione tenuto conto che, la vicenda è emersa in tutta la sua rilevanza, non in forza del contributo fornito dagli organi di vigilanza, ma in forza dell’apporto di soggetti esterni (Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, Conso e Covisoc).

In forza della statuizione del Collegio di Garanzia dello Sport, si è formata una preclusione di ordine processuale, in quanto sulla questione è maturato il giudicato, non rientrando nello stretto perimetro degli argomenti oggetto del giudizio di rinvio.

6.2 L’applicazione della sanzione pecuniaria dell’ammenda ex art. 8, comma 1, lett. b) CGS nella misura non superiore ad euro 500.000,00.

In via subordinata la società sportiva invoca per la responsabilità ex art. 6, comma 1, CGS, di cui l’aspetto relativo all’ an è passato in giudicato, l’applicazione della sanzione pecuniaria dell’ammenda ex art. 8, comma 1, lett. b), CGS nella misura non superiore ad euro 500.000,00.

Premesso che, come evidenziato a pag. 149 dell’atto di deferimento e per quanto di interesse, alla società Juventus risulta contestata sia la responsabilità propria ai sensi dell’art. 31 comma 1, del CGS per avere alterato sistematicamente i documenti contabili depositati presso la Co.Vi.So.C. a partire almeno dalla situazione trimestrale al 31 marzo 2019 ed almeno fino alla situazione trimestrale al 31 marzo 2021; sia quella diretta ai sensi dell’art. 6, comma 1, del CGS per gli atti e comportamenti posti in essere dagli amministratori così come riportati nei rispettivi capi di incolpazione.

Va rilevato altresì che la sanzione dell’ammenda con diffida è prevista dal comma 1 dell’art. 31 per le violazioni in materia di gestione economica, mentre l’art. 8 CGS in ordine alle sanzioni da irrogare alle società sportive, contempla alla lettera g) anche la penalizzazione di uno o più punti in classifica.

Si osserva al riguardo che dal combinato disposto dell’art. 12, comma 1 e 44, comma 5 CGS la misura della sanzione deve tener conto della natura e della gravità dei fatti commessi (art. 12) e deve avere carattere di effettività ed afflittività (art. 44).

Circostanza questa che trova conferma anche nella decisione del Collegio di garanzia che nel rigettare il secondo motivo di ricorso (pag. 36) ha ribadito che “non è fondata la questione riguardante la tipologia della sanzione irrogata in concreto dalla CFA nella contestata decisione, tenuto conto che è nelle prerogative dell’organo giudicante irrogare una sanzione adeguata tra quelle previste per l’illecito accertato dal CGS”.

Al riguardo il Collegio di Garanzia (punto 7.2.1) ha già delibato, nel respingere il motivo di ricorso che “la sentenza è ampiamente motivata anche sulla necessità di irrogare una sanzione severa a causa della gravita dei fatti emersi e che la penalizzazione in classifica è fra le sanzioni previste, all’art. 8, lettera g) del CGS per il caso della violazione dell’art. 4, comma 1 CGS e che ai sensi della stessa disposizione la sanzione deve essere afflittiva”.

Le considerazioni del Collegio, unitamente a quanto si dirà in seguito in ordine all’irrogazione della sanzione della penalizzazione, escludono in radice, atteso anche il giudicato maturato sul punto, che possa avere ingresso la subordinata avanzata dalla società sportiva di irrogazione della sola ammenda per carenza del requisito dell’afflittività e della proporzionalità.

Peraltro, non coglie nel segno l’obiezione della società laddove osserva che nei primi due gradi di giudizio la Procura federale aveva invocato l’applicazione della sola sanzione pecuniaria per euro 800.000,00.

Tale misura era conseguente alle risultanze probatorie rinvenute prima del giudizio di revocazione e quindi prima dell’acquisizione della documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino.

6.3 Il riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 7 CGS 

Il Collegio, nel rigettare la richiesta richiama quanto detto al punto 6.1.

6.4 Il riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 13, comma 1 lettera c) CGS e/o ex art. 13 comma 2 CGS

La Juventus, rilevato che in data 28/11/2022 si è dimesso l’intero CdA e che in data 18/1/2023 è entrato in carica il nuovo “Board” e che, per effetto di tali cambiamenti, non sono più in carica tre dei quattro deferiti per i quali è intervenuta la decisione di condanna, invoca l’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 13, comma 1 lettera c), ovvero dall’art. 13, comma 2, CGS.

La richiesta non è suscettibile di favorevole scrutinio.

Il presupposto per l’applicazione dell’attenuante in esame è rappresentato dal fatto che “l’essersi adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose dell’infrazione”, intervenga “prima del giudizio”.

Nella fattispecie in esame, per contro, il deferimento reca la data del 1° aprile 2022, mentre l’atto di dimissione dell’intero CdA è intervenuto il 28/11/2022, quando il processo sportivo era da tempo iniziato.

6.5 La sanzione di punti 10 di penalizzazione in classifica alla società sportiva Juventus spa.

6.5.1 L’annullamento parziale della decisione della CFA, n. 63-2022/2023, in relazione al profilo sanzionatorio, riverbera i suoi effetti anche sulla posizione della F.C. Juventus spa atteso che l’art. 6, comma 2, del CGS sancisce il principio della responsabilità della società non solo per l’operato di chi la rappresenta, ma anche per l’operato dei dirigenti, dei tesserati.

Osserva al riguardo il Collegio di Garanzia che: “Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus F.C. S.p.A. risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l’accertato vizio motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte Federale d’Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi anche della stessa società Juventus F.C. S.p.A”.

“Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di accoglimento sui ricorsi n. 17/2023 e n. 18/2023 si estendono, per trascinamento, alla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. (ricorso n. 13/2023), nei cui confronti il Giudice del rinvio dovrà compiere le sue valutazioni in ordine alla conseguente misura della irrogata sanzione”. Conclude da ultimo il Collegio che: “spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”. Spetta, quindi, al Giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e, poi, accertati nel giudizio”.

Conseguentemente, in forza del principio fissato dal Collegio di Garanzia, ed atteso che con la presente decisione (punto 5) questa Corte Federale ha prosciolto dalle accuse mosse tutti i consiglieri di amministrazione senza delega, si impone la necessità di (ri)determinare, anche ai sensi dell’art. 12, comma 1, CGS, in relazione alla posizione della Juventus, la tipologia e l’ammontare della sanzione in relazione alla natura e gravità dei fatti commessi e accertati in giudizio.

***

6.5.2 Al riguardo si dà atto che la Procura Federale a chiusura dell’udienza ha chiesto, nei confronti della società F.C. Juventus spa ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera g) CGS, “sulla base dei principi indicati dal Collegio di Garanzia, nonché tenuto conto della classifica del campionato in corso e del principio di afflittività, irrogarsi la sanzione della penalizzazione di punti 11 (undici) da scontarsi nella corrente stagione sportiva portando quindi la società da 69 a 58 punti. Ogni diversa sanzione che permettesse alla società di partecipare alle competizioni europee sarebbe inutiliter data”.

Il difensore della società sportiva ha concluso, come meglio articolato nella memoria, “per il proscioglimento della Juventus in relazione all’idonea, efficace ed efficiente applicazione del modello 231; in subordine chiede l'applicazione di una sanzione pecuniaria come da conclusioni scritte ed in estremo subordine una penalizzazione di punti in classifica non superiore a 5” (Per entrambe le richieste vedasi il verbale di udienza).

***

6.5.3 Tanto premesso, come chiarito al punto 3) della presente decisione, la responsabilità del sodalizio sportivo trova fondamento nell’art. 6, I comma, CGS il quale prescrive che “La società risponde direttamente dell’operato di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali”.

Come già chiarito, essa si colloca nel rapporto di immedesimazione organica che lega il sodalizio sportivo a (colui o) coloro che, al suo interno, sono investiti del potere di agire in nome di questo. Affinché la responsabilità possa trasmettersi e risalire dal rappresentante al rappresentato non è necessaria alcuna indagine circa l’effettiva utilità per l’ente della condotta antisportiva (che si presume iuris et de iure). Tale ipotesi di responsabilità è stata sempre inquadrata dalla giurisprudenza sportiva come ipotesi di responsabilità oggettiva.

Conseguentemente, atteso che la statuizione di condanna nei confronti dei Consiglieri muniti di delega, incluso il Presidente del CdA, (Andrea Agnelli, Fabio Paratici, Maurizio Arrivabene e Federico Cherubini) sancita dalla CFA con decisione n. 63-2022/2023 è divenuta definitiva in ambito sportivo, a seguito del rigetto del loro ricorso da parte del Collegio di Garanzia dello Sport con la decisione n. 40 dell’8/05/2023, è definitiva anche la responsabilità diretta della società sportiva, nei cui confronti è da (ri)determinare solo la tipologia e l’ammontare della sanzione per le ragioni chiarite all’inizio del presente punto 6.5.

6.5.4 Al riguardo, richiamando quanto esposto al punto 2) della presente decisione, i doveri di lealtà, correttezza e probità sanciti dall’art. 4, comma 1, C.G.S., (in violazione dei quali è stato censurato l’operato dei Consiglieri “operativi”) si connotano, nei confronti dei soggetti dell’ordinamento sportivo, in maniera più intensa rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento. Infatti, la diposizione di cui all’art. 4 del Codice della giustizia sportiva costituisce una “clausola generale” al cui contenuto precettivo i soggetti dell’ordinamento sportivo devono ineludibilmente conformare la propria condotta.

I principi di correttezza e lealtà sportiva rinviano a norme sociali o di costume che consentono di adeguare costantemente la normativa all’evoluzione della realtà sociale di riferimento e di recepire e salvaguardare i valori comunemente avvertiti come irrinunciabili dalla comunità dello sport.

6.5.5 Pertanto, la violazione dei principi codificati dall’art. 4 CGS, da parte dei Consiglieri operativi e le sanzioni loro irrogate costituisce, come meglio si specificherà in seguito, un parametro di riferimento in termini di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza in ordine alla sanzione da irrogare al sodalizio sportivo.

6.5.6 Quanto alla tipologia di sanzione da infliggere, si è già chiarito al punto 6.2 perché ai sensi del combinato disposto degli artt. 12, comma 1 e 44, comma 5 CGS non sia condivisibile l’applicazione della sola sanzione dell’ammenda ex art. 8 comma 1, lettera b) CGS, come proposta in via subordinata dalla Juventus spa.

Ritiene il Collegio che la sanzione da applicare al caso in esame, per come si specificherà in seguito, è quello della penalizzazione di punti in classifica ex art. 8, comma 1 lettera g) CGS.

6.5.7 Costituisce pacifica giurisprudenza di questa Corte che l’entità della sanzione va commisurata in primo luogo alla gravità dell’illecito - nel quadro delle circostanze di fatto - in quanto la sua efficacia deterrente, per poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo (Cfr. CFA, sezione I, n. 31-2022/2023; sezione I n. 70-2022/2023; sezione I° n. 7-2022/2023; sezione IV, n. 55-2020/2021).

6.5.8 Quanto alla gravita dei fatti – ex art. 12, comma 1 CGS - valga quanto delibato dalla CFA nel giudizio di revocazione (CFA n. 63-2022/2023): “a) la natura ripetuta, su più esercizi, del comportamento censurato e, dunque, la relativa effettiva qualificazione come sistematica; (b) la rilevanza del comportamento sulla ripetuta violazione dei principi di verità e correttezza dei bilanci interessati dalle operazioni sopra descritte, anche indipendentemente da una specifica quantificazione numerica della alterazione (comunque oggettivamente rilevante) ed anche indipendentemente dalla qualificazione di detti bilanci come falsi; (c) la particolare rilevanza che deve essere assegnata ad un tale comportamento di inattendibilità dei bilanci rispetto al grado specifico di lealtà che deve essere richiesto ad una società sportiva, a maggior ragione ove essa abbia deciso di quotarsi; (d) la già richiamata invasività della consapevolezza a più livelli dirigenziali e societari di un comportamento non corretto (sul piano quanto meno sportivo); (e) le modalità specifiche con le quali il comportamento ha costantemente alterato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, essendo emersi episodi di oggettiva opacità rispetto alla natura coeva e permutativa delle operazioni di scambio, così come episodi di mancata comunicazione di carteggi ritenuti dalla stessa FC Juventus S.p.A. rilevanti per la determinazione dei corretti valori delle operazioni compiute o addirittura episodi di modificazione delle fatturazioni al fine di non far emergere i fenomeni integralmente compensativi delle operazioni condotte; (f) lo stesso necessario intervento della Consob a fini di enforcement dell’informazione contabile (con una delibera Consob che non risulta impugnata dalla FC Juventus S.p.A.), misura quest’ultima che, benché non impugnatoria dei bilanci della FC Juventus S.p.A., ha particolare valenza di comunicazione al pubblico del comportamento corretto (invece inadempiuto) che l’emittente avrebbe dovuto avere”.

Tutti i citati indici di riferimento, se si esclude in parte il punto d) limitatamente ad i dirigenti non operativi la cui statuizione di condanna è stata dapprima annulla e poi riformata, trovano tuttora conferma e piena validità nel giudicato formatosi sulla questione alla luce della statuizione del Collegio di Garanzia (pag. 62) che per comodità si trascrive: “11.1.5. Ciò premesso, le censure sollevate risultano evidentemente infondate. Non sussiste, poi, la dedotta violazione di carenza di motivazione della sanzione perché i parametri di riferimento per l’irrogazione della sanzione sono una serie complessa di elementi, analiticamente elencati nelle lettere da a) a f), alle pagine 33 e 34 della sentenza impugnata, e che non si trascrivono per evidenti ragioni di brevità. Essi rappresentano altrettanti tasselli del complessivo ragionamento seguito dalla Corte Federale d’Appello. Al fine di irrogare la sanzione, la Corte ha tenuto espressamente conto della “particolare gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione che il quadro probatorio emerso è in grado di dimostrare”, nonché della stessa “intensità e diffusione di consapevolezza” che dallo stesso quadro probatorio sono emerse”.

 6.5.9 Quanto all’afflittività, proporzionalità e ragionevolezza, della sanzione, ex art. 44, comma 5 CGS, si osserva quanto segue.

a) Afflittività: Afflittive, sono le sanzioni, le quali si riflettono sul soggetto che ha agito incidendo su di un bene giuridico del tutto diverso da quello oggetto dell'obbligo.

Le sanzioni afflittive, (Cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 giugno 2020, n. 4068), sono quelle definite dal diritto europeo e, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ha contributo a configurare uno statuto di regole fondato su garanzie convenzionali di natura sostanziale e processuale (artt. 6 e 7).

I criteri per individuare tale tipologia di sanzioni sono costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione, di carattere generale, della norma che lo prevede (deve essere rivolto alla generalità dei consociati) e dallo scopo perseguito che deve essere non risarcitorio ma afflittivo; iii) dal grado di severità della sanzione, che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata (Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Bassi).

b) Proporzionalità: Il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Alla luce di tale principio, nel caso in cui siano coinvolti interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi.

Il principio in esame impone un’indagine trifasica che si articola nell’accertamento dell’idoneità della misura allo scopo da raggiungere, della necessità della misura stessa e della proporzionalità con il fine, riconoscendo preferenza alla misura più mite che permetta, comunque, il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla norma. Si tratta, appunto, del principio del minimo mezzo, che costituisce un importante parametro di riferimento per verificare la legittimità di un atto delle istituzioni. Irragionevole, e perciò sanzionabile sotto il profilo dell’eccesso di potere sarebbe quindi una misura incidente nella sfera privata non giustificata da specifiche e motivate esigenze di interesse pubblico.

Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione e, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità.

In definitiva, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015 n. 284).

c ) Ragionevolezza: Parallelamente, la ragionevolezza costituisce un criterio al cui interno convergono altri principi generali (imparzialità, uguaglianza, buon andamento): l’amministrazione e/o il giudicante in forza di tale principio, deve rispettare una direttiva di razionalità operativa al fine di evitare decisioni arbitrarie od irrazionali.

In virtù di tale principio, l’azione dei pubblici poteri non deve essere censurabile sotto il profilo della logicità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti dal caso concreto: da ciò deriva che l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere, non può applicare meccanicamente le norme, ma deve necessariamente eseguirle in coerenza con i parametri della logicità, proporzionalità ed adeguatezza (Consiglio di Stato, sezione V, 20 febbraio 2017, n. 746 e sezione IV, 22 maggio 2013, n. 964).

Facendo corretta applicazione dei suddetti principi, in un’ottica di contemperamento dei diversi interessi contrapposti, la sanzione, come detto deve poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo e da ultimo deve essere suscettibile anche di una valutazione di natura equitativa (CFA, S.U. n. 67-2022/2023)

6.5.10 Sanzione di 10 punti di penalizzazione

Ritiene il Collegio, come anticipato al punto 6.5.6 che la sanzione da applicare al caso in esame è quella della penalizzazione di punti 10 (dieci) in classifica ex art. 8, comma 1 lettera g) CGS, da scontarsi nella stagione sportiva in corso, in forza della seguente motivazione.

Come chiarito al punto 3) della presente decisione, la responsabilità del sodalizio sportivo trova fondamento nell’art. 6, I comma, CGS il quale prescrive che “La società risponde direttamente dell’operato di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali”.

Pertanto, la violazione dei principi codificati dall’art. 4 CGS, da parte dei Consiglieri operativi e le sanzioni loro irrogate costituisce, un parametro di riferimento in termini di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza in ordine alla sanzione da irrogare al sodalizio sportivo.

La CFA, con la decisione n. 63-2022/2023, come ampiamente detto definitiva, ha condannato:

“a. Fabio Paratici: inibizione temporanea di mesi 30 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

b. Federico Cherubini: inibizione temporanea di mesi 16 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

c. Andrea Agnelli: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

h. Maurizio Arrivabene: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA”.

Al fine di definire il quantum della sanzione da irrogare alla F.C. Juventus spa, occorre far riferimento, in un’ottica comparativa, al contributo causale di ciascuno, in ragione del ruolo rivestito nella vicenda in esame, ed alle sanzioni irrogate ai quattro Consiglieri operativi, tra cui il Presidente della società sportiva, Andrea Agnelli.

Ne consegue che un criterio di imputazione delle relative responsabilità personali si riflette sul quantum della sanzione da irrogare al sodalizio sportivo, nei seguenti termini:

1) Fabio Paratici, 30 mesi di inibizione: pesano 4 punti di penalizzazione;

2) Andrea Agnelli, 24 mesi di inibizione: pesano 3 punti di penalizzazione, atteso il ruolo rivestito di Presidente del CdA e legale rappresentante della società;

3) Maurizio Arrivabene, 24 mesi di inibizione: pesano 2 punti di penalizzazione;

4) Federico Cherubini 16 mesi di inibizione: pesa 1 punto di penalizzazione.

Conclusivamente la sanzione della penalizzazione di 10 (dieci) punti in classifica da scontare nella stagione sportiva in corso, anche in un’ottica equitativa, si rivela del tutto idonea a soddisfare i criteri di afflittività, proporzionalità e ragionevolezza come innanzi enunciati.

P.Q.M.

a) proscioglie dalle incolpazioni ascritte i sigg.ri Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli-Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo, Francesco Roncaglio e Enrico Vellano;

b) irroga alla società F.C. Juventus spa la sanzione della penalizzazione di punti 10 (dieci) in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                                          IL PRESIDENTE

Marco Stigliano Messuti                                                                  Ida Raiola

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

 

 

 

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