F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2023/2024 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0063/CFA pubblicata il 13 Dicembre 2023 (motivazioni) – Sig. Michele Lombardi

Decisione/0063/CFA-2023-2024

Registro procedimenti n. 0058/CFA/2023-2024

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Salvatore Lombardo – Componente

Mauro Mazzoni – Componente

Vincenzo Barbieri – Componente

Giuseppe Castiglia - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero 58/CFA/2023-2024 proposto dal Sig. Michele Lombardi in data 13.11.2023,

per la riforma della decisione assunta dal Tribunale federale nazionale - Sezione disciplinare n. 87/TFNSD/2023-2024 del 6.11.2023;

Visti il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza dell’11.12.2023, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Giuseppe Castiglia e uditi gli Avv.ti Jacopo Tognon per il Sig. Michele Lombardi e Valerio Di Stasio per l’Associazione Italiana Arbitri; è presente altresì il Sig. Michele Lombardi; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso in data 31 luglio 2023, notificato alla Associazione italiana arbitri - AIA e alla Federazione italiana gioco calcio FIGC, il signor Michele Lombardi, associato alla Sezione di Brescia dell’Associazione, ha impugnato la delibera adottata dal Comitato nazionale dell’Associazione medesima e pubblicata con il Comunicato ufficiale n.1/2023-2024 del 1° luglio 2023, per effetto della quale, nell’ambito della “formazione dei ruoli arbitrali nazionali per la Stagione Sportiva 2023/2024”, era stata disposta la sua dismissione dall’organico degli assistenti arbitrali a disposizione della Commissione arbitri nazionale per i campionati di Serie A e di Serie B [CAN] “per motivate valutazioni tecniche” ai sensi dell’art. 25, comma 3, del regolamento degli organi tecnici dell’AIA (d’ora in poi: regolamento OT), nonché di tutti gli atti connessi, anche regolamentari, con particolare riferimento ad alcune norme del regolamento OT, chiedendo la declaratoria di nullità o invalidità o inefficacia ovvero l’annullamento dell’atto gravato e la conseguente reintegrazione nell’organico, anche in soprannumero.

Risulta dagli atti che, nella valutazione ricevuta al termine della stagione sportiva 2022-2023, il signor Lombardi ha ottenuto il punteggio medio di 8,500 classificandosi alla posizione finale n. 70 su 87 ed è stato dismesso dall’organico, per il quale il Comitato nazionale aveva previsto 13 avvicendamenti, in applicazione dell’art. 25, comma 3, lett. c), del regolamento OT, ai termini del quale non sono stati dismessi assistenti collocatisi in posizioni inferiori in graduatoria, ma al primo anno di appartenenza al CAN.

Ripercorse le scansioni della vicenda, il ricorrente ha dedotto:

(1) il difetto di motivazione, l’illegittimità e l’irregolarità del provvedimento impugnato per:

(1.1.) la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6, comma 18, del regolamento OT;

(1.2.) l’illegittimità e, in ogni caso, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 25, commi 3 e 4, del predetto regolamento;

(2) la violazione dei principi di trasparenza, imparzialità, uguaglianza ed equità ex art. 33 dello statuto CONI ed ex art. 1, comma 2, del regolamento OT, delle pertinenti norme regolamentari OT e in particolare:

(2.1.) l’illegittimità delle norme dell’art. 6, commi 4 e 10, e dell’art. 25, del regolamento OT, attinenti alle modalità e ai criteri di formazione della graduatoria finale di merito, per violazione dei generali principi di trasparenza, imparzialità, uguaglianza ed equità, in relazione alle modalità di formazione della media globale definitiva (2.1.1.) e alle modalità di esercizio delle deroghe regolamentari (2.1.2.);

(2.2.) l’illegittimità dell’art. 14 del regolamento richiamato, inerente alla determinazione del numero delle dismissioni dai ruoli arbitrali della CAN, per violazione dei principi di predeterminazione del numero delle dismissioni e per violazione dei generali principi di trasparenza, imparzialità, uguaglianza ed equità;

(2.3.) l’illegittimità dell’art. 6 di tale regolamento per contraddittorietà e violazione del principio di tutela del merito sportivo.

2. Con decisione n. 42/2023-2024, il Tribunale federale nazionale - Sezione disciplinare ha dichiarato inammissibile il ricorso per omessa notificazione ad almeno uno dei potenziali controinteressati, dallo stesso ricorrente individuati nei “soggetti attualmente presenti in graduatoria e selezionati per il ruolo di Assistenti Arbitrali C.A.N. per la stagione sportiva 2023/2024, come identificati dal Comitato Nazionale A.I.A. con Comunicato Ufficiale n. 1 del 1° luglio 2023.”

Ad avviso del Tribunale, il ricorso sarebbe stato da dichiarare inammissibile anche se fosse stato finalizzato esclusivamente alla reintegrazione in sovrannumero del ricorrente, in quanto una simile richiesta avrebbe comportato a carico dell’AIA la condanna a un facere non contemplato da alcuna norma regolamentare.

3. Sul reclamo del ricorrente, queste Sezioni unite della Corte federale d’appello - con decisione n. 41/2023-2024 - hanno annullato la decisione impugnata con rinvio degli atti al giudice di primo grado per l’integrazione del contraddittorio, a norma dell’art. 106, comma 2, ultimo periodo, CGS. Richiamando la propria giurisprudenza (in particolare, la decisione n. 27/2019-2020), le Sezioni unite hanno ritenuto che “l’accertamento della mancata evocazione in giudizio dei controinteressati avrebbe dovuto condurre il Presidente o il Collegio, in attuazione di quanto disposto dall’art. 93 CGS (di contenuto simile in parte qua all’art. 103 CGS), a disporre la trasmissione dello stesso alle parti necessarie interessate ma pretermesse”, al fine di dare piena attuazione al diritto di difesa costituzionalmente garantito.

4. Ripreso il giudizio previa regolare costituzione del contraddittorio, il Tribunale federale nazionale - Sezione disciplinare, ha respinto il ricorso nel merito con decisione n. 87/2023-2024.

5. Con reclamo del 13 novembre 2023, l’originario ricorrente ha tempestivamente impugnato la decisione di primo grado.

L’AIA si è costituita in giudizio per resistere al reclamo.

6. All’udienza dell’11 novembre 2023, svoltasi in video conferenza, il reclamo è stato chiamato e, dopo la discussione delle parti, trattenuto in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

7. In via preliminare, l’odierno appellante deduce l’inammissibilità e la tardività delle deduzioni difensive depositate dall’AIA in sede di reclamo, a suo tempo, e quindi nel giudizio di rinvio, e sottolinea la mancata contestazione dei fatti e delle circostanze da lui dedotte nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. Il Tribunale federale avrebbe errato nel superare l’eccezione relativa agli effetti preclusivi derivanti dalla mancata costituzione dell’AIA nell’originario giudizio di primo grado e, in particolare, non avrebbe vagliato la specifica eccezione inerente alla circostanza che l’assenza dell’Associazione da quel giudizio comporterebbe la mancata contestazione di tali fatti. Di conseguenza, il giudice del reclamo non potrebbe tener conto delle tardive difese di merito della controparte.

Il rilievo non appare fondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte.

In omaggio al principio di informalità, cui deve considerarsi improntato il processo sportivo, principio strumentale rispetto a quello del diritto di difesa, della parità delle armi e del contraddittorio, per realizzare il giusto processo sportivo e per assicurare la ragionevole durata del processo nell’interesse del regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento dell’attività federale (così come sancito di commi 1 e 2 dell’art. 44 CGS), la Corte è costante nell’affermare che la disposizione dell’art. 103, comma 1, CGS (“[e]ntro dieci giorni dal deposito del reclamo, il Presidente della Corte federale di appello,accertata l'avvenuta notificazione del reclamo alle parti, fissa l'udienza di discussione, che deve tenersi entro trenta giorni dal deposito del reclamo stesso. Il Presidente dispone la notificazione dell’avviso di fissazione alle parti, con l’avvertimento che gli atti relativi al procedimento restano depositati presso la segreteria della Sezione fino a tre giorni prima della data fissata per l'udienza e che, entro tale termine, il reclamante, i soggetti nei cui confronti il reclamo è proposto o comunque interessati, possono prenderne visione ed estrarne copia; entro il medesimo termine le parti possono depositare memorie, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti”) deve essere ragionevolmente intesa nel senso secondo cui lo spirare di quel termine cristallizza l’oggetto del contendere, fissando definitivamente il petitum e la causa petendi e correlativamente anche i mezzi di prova, di cui si chiede l’ammissione. La scadenza di quel termine non può invece precludere la mera costituzione in giudizio di colui che intende semplicemente difendersi dalle richieste della parte reclamante, mera costituzione che può avvenire anche direttamente e oralmente nell’udienza di trattazione del reclamo, nel corso della quale potranno essere peraltro svolte mere difese, senza sollevare eccezioni in senso stretto e senza quindi che in alcun modo possa ampliarsi la materia del contendere (Corte fed. app., Sez. I, n. 49/20212022; Corte fed. app., Sez. I, 59/2021-2022; Corte fed. app., Sez. I, n. 63/2021-2022).

Questa giurisprudenza, cui occorre dare continuità, esprime un principio generale. Si deve infatti ritenere che, in attuazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, sia consentito alla parte, che intenda (solo) replicare agli argomenti avversari, costituirsi in giudizio, a tal fine, in qualunque stato e grado del processo, con la sola limitazione della possibilità di produrre in appello nuovi documenti (da ultimo Corte fed. app., Sez. I, n. 55/2023-2024).

E poiché nella specie, nel precedente giudizio di appello, la difesa dell’AIA, assente in primo grado, si è limitata a controdedurre rispetto ai motivi del reclamo - senza ampliare la materia del contendere, introdurre eccezioni non rilevabili d’ufficio o depositare nuova documentazione - la censura non può essere condivisa.

Quanto poi alla mancata contestazione di fatti e circostanze dedotte dal reclamante nel ricorso introduttivo del giudizio, si tratta di rilievo di cui sfugge il senso, posto che - con riguardo a quanto egli osserva alla nota 2 alla pag. 6 - fra le parti non vi è contrasto circa la media globale dei punteggi conseguiti dal reclamante stesso al termine della stagione sportiva 2022-2023 e che il punto di dissenso (cioè la piena idoneità alla categoria che questa votazione di per sé garantirebbe) non è un fatto, ma un giudizio.

8. Nel merito della controversia, il signor Lombardi - come detto in narrativa - ha con distinti e articolati motivi gravato il provvedimento di dismissione e le pertinenti norme del regolamento degli organi tecnici dell’AIA.

Quanto al primo profilo, conviene rammentare che il provvedimento di dismissione degli arbitri e degli assistenti arbitrali - quale quello aggredito nel presente giudizio - va ricondotto a una spiccata discrezionalità tecnica (Corte fed. app., Sez. un., n. 49 e n. 50/2022/2023), gli atti espressione della quale sono insindacabili (Coll. garanzia sport, Sez. un., n. 25/2019; Corte fed. app., Sez. un., decisione pubblicata sul comunicato ufficiale n. 71/2018-2019 del 1° febbraio 2019) o, meglio, sono sindacabili - secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale - nei soli casi di violazione di legge o nelle ipotesi-limite di violazione di norme, errore sui presupposti, manifesta infondatezza, palese illogicità (Corte fed. app., Sez. un., n. 96/2021-2022; Coll. garanzia sport, Sez. un., n. 30 e n. 33/2023). Il corretto esercizio di tale discrezionalità tecnica neppure richiede la predeterminazione e la comunicazione dei criteri di giudizio (Coll. garanzia sport, Sez. un., n. 25/2019).

Ritiene il Collegio che, nella specie, non sussistano le circostanze che sole legittimerebbero la demolizione del provvedimento in questione, che appare congruamente motivato sulla base della proposta di dismissione in atti.

9. Con il motivo svolto al § 2.1. del reclamo, il signor Lombardi critica la decisione impugnata là dove ha respinto la censura fondata sull’asserita violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 18, del regolamento OT. Questo dispone che “[i]l Comitato Nazionale, successivamente alla delibera di avvicendamento degli Organi Tecnici Nazionali, invia ad ogni A.E., A.A. e O.A. oggetto di tale provvedimento una comunicazione, tramite il portale informatico AIA, riportante la media globale definitiva conseguita, la posizione nella graduatoria finale di merito e la causale dell’avvicendamento”. La decisione di primo grado sul punto sarebbe frutto di un approccio meramente formalistico, semplicistico, illegittimo e contraddittorio.

La censura non può essere accolta.

Anche in disparte il rilievo sul carattere sostanzialmente dovuto dell’avvicendamento in relazione al disposto dell’art. 25, comma 3, del regolamento citato, il Tribunale nazionale ha correttamente osservato che la comunicazione prevista dal precedente art. 6, comma 18, è, per testuale disposto della norma, “successiva” alla delibera di avvicendamento e che in concreto essa è avvenuta in data 8 agosto 2023, mentre il 4 agosto era stata disposta la trasmissione della copia integrale della relazione di fine stagione sportiva 2022-2023. Vero è che la comunicazione è successiva alla presentazione dell’istanza di accesso agli atti (24 luglio) e alla proposizione del ricorso (31 luglio), ma questa circostanza non integra un vizio motivazionale dell’atto, sia perché l’inosservanza di un obbligo di  sollecita comunicazione non può tradursi ex post in un vizio di motivazione dell’atto medesimo, sia perché alla supposta tardiva conoscenza delle ragioni della dismissione sarebbe stata comunque idoneo rimedio la possibilità di censurare ulteriormente questa con motivi aggiunti, dei quali il ricorrente non ha avvertito l’esigenza pur essendosene espressamente riservata la possibilità nel ricorso.

10. Al § 2.2. del reclamo, il signor Lombardi si duole della mancata lettura coordinata, da parte del Tribunale nazionale, dei commi 3 e 4 dell’art. 25, CGS FIGC (recte: regolamento OT). L’atto di avvicendamento impugnato non avrebbe carattere vincolato, in quanto le disposizioni citate andrebbero lette congiuntamente e lo scorrimento della graduatoria finale di merito ex comma 3 non sarebbe determinante ai fini delle dismissioni dall’organico degli assistenti arbitrali rivelatisi in soprannumero valendo al riguardo anche i criteri di deroga elencati dal comma 4.

Il motivo è infondato.

Ai commi 2, 3 e 4, l’art. 25 del ricordato regolamento disciplina gli avvicendamenti degli assistenti arbitri al termine di ogni stagione sportiva secondo i criteri seguenti.

“2. La C.A.N. propone, in via prioritaria, l’avvicendamento degli assistenti arbitrali per i quali ricorra una delle seguenti condizioni:

a. dimissioni dall’Associazione o dall’Organo Tecnico di appartenenza intervenute nel corso della

b. inidoneità fisica ed atletica conseguente al mancato rilascio, in assenza di regolare congedo, del prescritto certificato di idoneità ovvero alla mancata partecipazione ai test atletici o al mancato superamento dei limiti minimi per essi previsti;

c. adozione, nel corso della stagione, di uno dei provvedimenti di cui all’art. 2, comma 4.

3. Qualora, in forza dei criteri indicati nel comma precedente, non venga raggiunto il numero di avvicendamenti fissati dal Comitato Nazionale, la C.A.N. propone la dismissione di assistenti arbitrali inquadrati nel proprio organico per motivata valutazione tecnica.

Gli assistenti arbitrali da proporre per l’avvicendamento sono individuati mediante scorrimento della graduatoria finale di merito dall’ultimo posto fino alla precedente posizione necessaria per raggiungere il numero di avvicendamenti fissato ai sensi dell’art. 14.

Non possono, peraltro, essere proposti per la dismissione, nonostante la loro posizione nella graduatoria finale di merito, gli assistenti arbitrali:

a. in congedo per maternità;

b. in congedo per grave infortunio o malattia di cui al precedente art. 2, comma 3, ovvero per altra ragione, ad essi non imputabile;

c. al primo anno di appartenenza alla C.A.N., fatto salvo quanto disposto alla lettera a) del successivo comma.

4. La C.A.N. ha facoltà di proporre, con adeguata motivazione:

a. l’avvicendamento per valutazione tecnica degli assistenti arbitrali che, pur trovandosi nelle condizioni di cui alla lettera c) del precedente comma, abbiano dimostrato gravi limiti tecnici per la categoria tali da renderli non idonei alla conferma nell’organico, comprovati da una media globale altamente negativa in rapporto a quella degli altri assistenti arbitrali;

b. la conferma nell’organico di assistenti arbitrali che, al secondo anno di appartenenza alla C.A.N. ovvero in possesso della qualifica di assistente arbitrale internazionale per l’attività femminile, abbiano conseguito una posizione nella graduatoria finale di merito tale da consentirne, ai sensi del precedente comma 3, l’avvicendamento, ma abbiano dimostrato qualità tecniche tali da farli ritenere meritevoli della conferma. In tale ipotesi, l’Organo Tecnico, nella motivazione della proposta, dovrà tener conto:

i. della posizione dell’assistente arbitrale nella graduatoria finale di merito;

ii. delle risultanze tecniche emerse dalle visionature effettuate e di ogni altro aspetto idoneo a giustificare la richiesta conferma;

iii. degli esiti della comparazione delle risultanze tecniche dell’assistente arbitrale proposto per la conferma rispetto a quelle dell’assistente arbitrale che, a seguito dello scorrimento della graduatoria finale di merito, è proposto per la dismissione”.

Il reclamante sostiene che l’eventuale mancata dismissione di assistenti arbitrali al primo anno di appartenenza alla CAN implicherebbe l’accertamento della insussistenza di loro gravi limiti tecnici, sicché dalla legittimità dell’eventuale applicazione della deroga dipenderebbe la legittimità della complessiva graduatoria finale di merito.

Orbene, il Tribunale federale ha rilevato correttamente che i commi 3 e 4 dell’art. 25 si pongono su piani diversi, posto che l’uno opera per dir così automaticamente, là dove non sia risolutivo il criterio prioritario di cui al comma 2, mentre l’altro implica l’esercizio di un eventuale potere discrezionale da parte dell’AIA. E “non essendo questo potere stato esercitato e non essendo stata invero allegata alcuna censura in ordine al suo mancato esercizio, nessun vizio procedimentale ovvero provvedimentale risulta obiettivamente rappresentabile”.

11. Ancora al § 2.2., il reclamante sostiene l’illegittimità della lett. c) del comma 3 e, soprattutto, della lett. a) del comma 4 dell’art. 25, in quanto subordinerebbero la definitiva formazione della graduatoria finale di merito a canoni soggettivi, non predeterminati e non controllabili nel loro esercizio. Illegittima quest’ultima disposizione, neppure la prima potrebbe essere più applicata, essendo ormai priva del necessario contemperamento. Di conseguenza, il reclamante si collocherebbe in posizione utile nella graduatoria finale di merito e manterrebbe il proprio posto in organico.

Neppure questo rilievo può essere accolto.

Con una tecnica normativa ben nota anche nell’ordinamento generale, i criteri censurati (“gravi limiti tecnici”, “media globale altamente negativa”), in ragione della specificità della materia regolata, danno ingresso a giudizi espressione di discrezionalità tecnica che si mostrano suscettibili di essere scrutinati al solo metro della manifesta irragionevolezza, infondatezza o contraddittorietà, che qui non è dato riscontrare.

Il motivo di reclamo sub 2.2. va dunque rigettato nella sua interezza.

12. Al § 2.3. del reclamo, il signor Lombardi critica le considerazioni svolte dal TFN ai §§ 3.3. e 3.4. della decisione impugnata per respingere le censure mosse dal ricorso ad alcune norme del regolamento OT, applicate o applicabili nell’ambito del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato.

In particolare, si tratta:

dell’art. 6, comma 1, nella parte in cui non prevede che la valutazione tecnica degli assistenti arbitrali sia compiuta sulla base di un numero omogeneo di visionature;

dell’art. 6, comma 4, nella parte in cui non prevede che in ogni gara arbitrata vi sia la valutazione da parte degli osservatori arbitrali o dai competenti organi tecnici;

dell’art. 25, commi 3 e 4, nella parte in cui subordina la formazione della graduatoria a criteri collegati a deroghe non sufficientemente chiare e trasparenti;

dell’art. 14, comma 4, nella parte in cui consente che il numero degli avvicendamenti possa essere stabilito, anche in aumento rispetto al numero predeterminato indicativamente dall’art. 14, comma 3 (per gli assistenti arbitrali CAN in numero pari a dieci), a soli due mesi dalla conclusione dei campionati, in tal modo vanificando l’esigenza, riconducibile ai principi di trasparenza ed equità, di una dotazione predeterminata delle regole in funzione delle quali disporre gli avvicendamenti;

dell’art. 6, comma 7, nella parte in cui non prevede che il raggiungimento di un punteggio minimo di idoneità alla categoria contrariamente a quanto invece stabilito in caso di mancato raggiungimento della soglia minimi di valutazione indicata dal Comitato nazionale AIA (comma 11) - determini automaticamente il diritto a non essere avvicendati.

13. Il Tribunale federale ha rilevato che il regolamento risulta approvato dal Consiglio federale FIGC, predeterminato e noto a tutti gli associati, come tale accettato nell’ambito dello svolgimento delle attività sportive e non criticabile in sede giudiziaria (è citato Coll. garanzia sport, Sez. un., n. 25/2019). Ciò premesso, ha vagliato e respinto nel merito le singole articolazioni della doglianza.

Il reclamante ritiene troppo rapide le argomentazioni del giudice di primo grado, richiama i principi posti dall’art. 33 dello statuto CONI (terzietà, imparzialità e indipendenza di giudizio) e dall’art. 1, comma 2, del regolamento AIA (parità fra gli associati), considera non conclusivo il richiamo alla decisione n. 25/2019 del Collegio di garanzia dello sport. Tali principi, assieme a quello del merito sportivo, rimarrebbero fondanti dell’attività interpretativa delle norme come pure dell’attività decisionale degli organi giudicanti.

Ad avviso di queste Sezioni unite, il fatto che il regolamento OT sia stato approvato dal Consiglio federale (recte: dal Presidente federale su delega del Consiglio) non lo sottrae al sindacato giustiziale. Non è concepibile che, nell’ambito dell’ordinamento endofederale, esistano aree franche totalmente sottratte al controllo del giudice, e non questo dice la richiamata decisione del Collegio di garanzia dello sport, che - al § 2 del Considerato in diritto - richiama ad abundantiam la circostanza che i criteri predeterminati dalle norme regolamentari (regolamento AIA e NFOT) fossero “ben noti alla generalità degli  arbitri”, ma ciò fa dopo aver giudicato come la delibera dell’AIA allora impugnata fosse stata “adottata nel pieno rispetto dellenorme dell’ordinamento sportivo”.

E, d’altronde, l’art. 84, comma 1, lett. b), CGS espressamente attribuisce alla Sezione disciplinare del Tribunale federale a livello nazionale la competenza a conoscere dell’impugnazione delle delibere del Consiglio federale “contrarie alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e alle altre norme della Federazione”. In ipotesi viziata e perciò annullata la delibera di approvazione, verrebbe meno l’efficacia del regolamento in questione.

Per altro verso, ove si volesse ritenere che nel novero delle delibere impugnabili ex art. 84 CGS non rientrino quelle di adozione o approvazione di disposizioni a contenuto regolamentare, quali quelle che ora vengono in gioco, si porrebbe comunque un problema di conformità del regolamento OT a norme o a principi di livello superiore nell’ambito dell’ordinamento di settore, con la conseguente astratta possibilità di risolvere l’eventuale antinomia mediante la disapplicazione della fonte in conflitto di livello inferiore (da ultimo, diffusamente, Corte fed. app., Sez. un., n. 62/2023-2024).

Resta fermo che le norme regolamentari qui censurate sono sindacabili solo entro i ristretti e ben noti limiti nei quali sono sindacabili i provvedimenti di dismissione dall’organico che a quelle norme danno attuazione ovvero, sotto il profilo della possibile disapplicazione, unicamente nel “caso di macroscopico contrasto con la norma primaria” (Corte fed. app., Sez. un., 62/2023-2024., che cita adesivamente Cons. Stato, Sez. V, n. 4778 del 2013).

14. Nel caso di specie, come detto, il reclamante sostiene l’illegittimità delle pertinenti disposizioni regolamentari per contrasto con svariati principi dell’ordinamento sportivo.

Le censure non sono fondate, poiché le norme qui denunciate appaiono il frutto di consapevoli scelte di merito e non risultano comunque così irragionevoli o contrastanti con i principi da poter essere oggetto di censura.

15. Seguendo l’ordine espositivo del reclamante e cominciando dunque dalla allegata illegittimità dei commi 1 e 4 dell’articolo 6, il signor Lombardi si duole del fatto di essere stato valutato sulla base di un numero estremamente disomogeneo di visionature (14 gare) rispetto agli altri colleghi pur avendo potuto, in astratto, arbitrare in almeno altre 2 gare. Le relative disposizioni regolamentari, che tacciono al riguardo, violerebbero dunque i principi di imparzialità e uguaglianza.

La censura non può essere accolta.

Infatti, la necessaria omogeneità del numero delle prestazioni prese in esame non può spingersi al punto di richiedere che tutti gli arbitri e gli assistenti arbitri siano chiamati a dirigere o a partecipare allo stesso numero o un numero analogo di gare, perché ciò implicherebbe una irragionevole compressione della discrezionalità tecnica degli organi preposti alle designazioni, i quali devono essere messi in condizione di poter operare scelte adeguate al grado di difficoltà  delle gare e alle diverse fasi dei campionati, al fine di poterne consentire il regolare svolgimento; finalità questa che non può non prevalere sulla pur legittima aspirazione di arbitri e assistenti arbitri di essere impiegati nel compito loro assegnato. E’ evidente che, in un ragionevole esercizio della discrezionalità tecnica, possano venire maggiormente impiegati coloro che danno garanzia di maggior rendimento, e l’unico limite dell’esercizio di tale discrezionalità è l’abuso che nella specie non appare affatto configurarsi, anche perché il reclamante non ha contestato l’affermazione dell’AIA secondo cui “da un lato, tutti gli assistenti arbitrali dismessi hanno avuto lo stesso numero di valutazioni di osservatori arbitrali ed organi tecnici e, dall’altro lato, … altri assistenti arbitrali con lo stesso numero di valutazioni hanno riportato medie più elevate e migliori posizioni nella graduatoria finale di merito (…) così come altri assistenti arbitrali con un numero addirittura inferiore di valutazioni (…).

Al riguardo, poi, la decisione di queste Sezioni unite che il reclamante richiama (pubblicata sul comunicato ufficiale n. 71/20182019) in realtà non gli giova, in quanto non solo esclude la necessaria identità del numero degli incontri su cui effettuare la valutazione degli arbitri, ma espressamente dichiara equipollente la sussistenza di un numero minimo di valutazioni (e senz’altro congrue sono 14 partite scrutinate) a quello di “un numero di valutazioni simili che consenta una comparazione”.

16. Dell’infondatezza della censura di illegittimità mossa ai commi 3 e 4 del regolamento degli organi tecnici si è già detto prima al § 11.

17. Ancora, il reclamante censura l’art. 14, comma 4, del regolamento OT nella parte in cui stabilisce che la determinazione del numero delle dismissioni avvenga a soli due mesi dal termine della stagione sportiva e non all’inizio dei campionati di riferimento, come invece dovrebbe essere per rispetto del principio di predeterminazione dei criteri, di trasparenza e di equità. A seguito dell’illegittimità del comma 4, dovrebbe applicarsi il comma 3, lett. b), dello stesso articolo, con conseguente limitazione a dieci del numero degli avvicendamenti in ambito CAN e mantenimento nell’organico del reclamante stesso.

La doglianza è infondata.

L’art. 14 prevede un numero di dismissioni indicativo e ragionevolmente demanda la definitiva fissazione a un momento in cui la stagione sportiva si avvia al termine ed è possibile valutarne le risultanze come pure le concrete esigenze da soddisfare con la definizione degli organici per la stagione successiva.

18. Da ultimo, il reclamante sostiene che l’art. 6, comma 7, del regolamento OT confliggerebbe con il principio del merito sportivo non garantendo la permanenza in organico dei soggetti che abbiano conseguito una votazione almeno pari al voto di idoneità della categoria. Questa omissione lo avrebbe ingiustamente danneggiato, avendo egli ricevuto un punteggio medio di 8,500 corrispondente a una valutazione di “buono” secondo le linee guida per l’attribuzione del voto alle prestazioni di arbitri e assistenti.

A questo proposito, il Collegio rileva, da un lato, che stabilire un diritto alla permanenza in organico una volta raggiunto un punteggio determinato potrebbe condurre ad una disfunzionale inflazione della composizione dell’organico stesso; dall’altro, che il giudizio di “buono” non ha carattere del tutto positivo, in quanto corrisponde a una prestazione caratterizzata da, sia pur poche, manchevolezze.

E, infatti, è semmai il punteggio di 8,500 a sembrare eccessivo rispetto al contenuto della proposta di dismissione, non contestata e non contestabile nel merito, la quale ha osservato che il reclamante <<già nel campionato 2021/2022 aveva incontrato oggettive

difficoltà per le quali si era faticosamente “trascinato” fuori dalla parte bassa della classifica, posizionandosi al sessantaseiesimo posto, anche nella stagione appena conclusa purtroppo non ha saputo dare continuità alle prestazioni, con un rendimento al di sotto delle aspettative, non riuscendo di fatto a dimostrare quelle qualità necessarie per poter competere a questi livelli>>.

Infine, la riserva a favore degli assistenti arbitrali al primo anno di appartenenza alla CAN non si pone in contrasto con il fondamentale interesse alla tutela del merito sportivo (sottolineato da Coll. garanzia sport, Sez. I, n. 39/2021), perché neppure nell’ordinamento sportivo possono esservi diritti, interessi o fini tiranni (per citare Corte cost., 9 maggio 2013, n. 85), e la tutela del merito sportivo va contemperata con la condivisibile esigenza di consentire ai neo-assistenti arbitrali una stagione sportiva di transizione e acclimatamento, esigenza che cede solo a fronte del grave demerito.

19. Dalle considerazioni che precedono discende che, come anticipato, il reclamo è infondato e va perciò respinto con conferma della decisione impugnata.

P.Q.M.

Respinge il reclamo in epigrafe.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Giuseppe Castiglia                                                  Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

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