Decisione C.F.A. – Sezione I : Decisione pubblicata sul CU n. 0032/CFA del 15 Ottobre 2025 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale assunta nella riunione del 30 luglio 2025 e pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 31 del 22 agosto 2025, nella parte in cui dispone la sanzione di n. 3 mesi di squalifica nei confronti di G.L., D.A. e P.I.
Impugnazione – istanza: – Sigg.ri G.L., D.A. e P.I.
Massima: E’ inammissibile il ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 63, comma 1, lett. c), d), e), C.G.S. della decisione del Tribunale Federale Territoriale assumendo i deferiti in primo luogo di non avere conosciuto, per fatto ascrivibile a terzi e segnatamente alla società della pendenza del procedimento che li coinvolgeva e dell’adozione della decisione di primo grado che li sanzionava, senza poter avere la possibilità di difendersi nel corso del procedimento e durante il giudizio e senza la possibilità di impugnare (adeguatamente) in via ordinaria la decisione assunta in prime cure e, in secondo luogo, per avere acquisito (nuovi) elementi a discarico solo in epoca successiva rispetto allo spirare del termine per l’impugnazione in via ordinaria della ridetta sentenza, quand’essa dunque era divenuta inappellabile. Detti “fatti nuovi” consistono nell’aver avuto consapevolezza solo in data 30 agosto 2025 della circostanza che i signori … e …, che operavano quali allenatori della Scuola calcio della società…, riconosciuti in via generale come tali e così operanti da tempo, in realtà non erano stati mai tesserati nella qualità di allenatori, in quanto non si era completato il relativo procedimento, essendo lo stesso rimasto sospeso in conseguenza di richieste istruttorie formulate dalla Federazione alla società di appartenenza, per come gli odierni ricorrenti hanno potuto apprendere in data 20 agosto 2015 in seguito a precise richieste rivolte fagli stessi alla suddetta società….In punto di diritto è utile, in via preliminare, rammentare alcuni principi che sottendono alla proposizione del ricorso per revocazione nei confronti delle decisioni degli organi della giustizia sportiva ormai passate in cosa giudicata perché non oggetto di ordinario rimedio impugnatorio, tornando anche a puntualizzare quali sono i presupposti per l’esercizio dell’azione per revocazione nei confronti delle decisioni degli organi della giustizia sportiva e richiamando (riproducendoli per stralci, in buona parte) i passaggi rilevanti delle più recenti decisioni assunte in materia dalla Sezione (cfr., tra le più recenti, Corte federale d’appello, Sez. I, n. 19/CFA/2025-2026). Orbene, come è noto, per la costante interpretazione delle Sezioni unite (cfr., tra le molte, Corte federale d’appello, Sez. un, n. 13/2023-2024) alla quale il Collegio ritiene, convintamente, di dare continuità, non palesandosi considerazioni di diverso tenore da valorizzare e facendo così richiamo ai principi elaborati in materia dalla giurisprudenza federale: - la revocazione e la revisione costituiscono un mezzo di impugnazione a carattere eccezionale e straordinario, che risponde alle esigenze di porre rimedio ai casi in cui un giudizio si manifesti affetto da patologie che ne hanno turbato il percorso e l’esito e in cui, in assenza di tali turbative, la decisione avrebbe potuto essere diversa (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 5/CFA/2025-2026). In questi casi, eccezionalmente, l’ordinamento può considerare che il bisogno di giustizia prevalga su quello della stabilità della decisione (Corte federale d’appello, Sez. un, n. 29/2023-2024). I due istituti sono modellati sull’analogo istituto del Codice di procedura civile per la revocazione e su quello di procedura penale per la revisione. Secondo i principi generali, anche l’art. 63 C.G.S. prevede per la revocazione e per la revisione una valutazione preliminare di verifica sulla ammissibilità (fase rescindente) e, in caso positivo, una nuova richiesta del merito (fase rescissoria) (Corte federale d’appello, Sez. un, n. 102/2023-2024). - recita l’art. 63, comma 1, C.G.S.: “Tutte le decisioni adottate dagli Organi della giustizia sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate per revocazione innanzi alla Corte federale di appello, entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti: a) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno all'altra; b) se si è giudicato in base a prove riconosciute false dopo la decisione; c) se, a causa di forza maggiore o per fatto altrui, la parte non ha potuto presentare nel precedente procedimento documenti influenti ai fini del decidere; d) se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia; e) se nel precedente procedimento è stato commesso dall’organo giudicante un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa”; - come è noto, con riferimento al giudizio per revocazione di cui all’art. 63, comma 1, C.G.S., esso si articola in due distinte fasi: A) una fase rescindente, intesa ad accertare la sussistenza dei presupposti di ammissibilità della domanda; B) una fase rescissoria successiva di riapertura della valutazione di merito, possibile solo quando il riscontro preliminare si sia concluso in senso positivo. Lo scrutinio positivo circa la sussistenza di una delle cause di revocazione consente quindi al giudice sportivo di riaprire il giudizio. Solo se in esito a tale esame preliminare si accerta che sussiste una causa di revocazione, la decisione viene “revocata” e si passa alla seconda fase, in cui viene rinnovato il giudizio, emendando i vizi di quello precedente. Il giudizio preliminare di ammissibilità costituisce, dunque, un filtro funzionale a non consentire la celebrazione del giudizio di revocazione qualora questo già risulti all’evidenza inutile perché i nuovi elementi, per come prospettati, appaiono inconferenti o inidonei, per il loro contenuto, ad intaccare la tenuta del compendio probatorio originario; - sul piano della prova, il soggetto che ricorre per revocazione, invocando l’applicazione dell’art. 63 C.G.S., deve dimostrare inequivocabilmente che i nuovi elementi posti a sostegno della impugnazione straordinaria siano stati acquisiti per cause di “forza maggiore” solo in momento successivo rispetto al termine per proporre l’ordinaria impugnazione. In sostanza, deve essere portata all’attenzione dell’organo decidente l’oggettiva impossibilità di acquisire gli elementi a discarico dei soggetti colpiti dalla decisione in contestazione nel termine “ordinario” suddetto. Pertanto, l’omesso esame di fatto decisivo acquista rilevanza solo se la mancata conoscenza del fatto stesso sia stata determinata da ragioni oggettive, e non già dall’inerzia della parte incolpata; - in particolare va ricordato che sia nel giudizio di revisione che in quello di revocazione il relativo ricorso può ritenersi ammissibile solo se la “nuova prova” posta a suo fondamento sopraggiunga o venga scoperta in un momento successivo al passaggio in giudicato della pronuncia di condanna, poiché, se così non fosse, il giudizio ex art. 63 C.G.S. sostanzialmente si trasformerebbe in un’inammissibile e non prevista possibilità di appello sine die, in violazione dei termini processuali (e perentori) di decadenza, e, in ultima analisi, del principio di certezza e definitività delle pronunce giurisdizionali. Pertanto, le decisioni per le quali è scaduto il termine per l’impugnazione ordinaria possono essere impugnate per revisione o per revocazione soltanto se i presupposti che giustificano il ricorso a detti rimedi siano sopravvenuti o divenuti conoscibili e conosciuti dopo la scadenza del termine medesimo. Sul piano della prova, chi intenda avanzare una richiesta di revisione o di revocazione ex art. 63 C.G.S. è tenuto a dimostrare inequivocabilmente che i nuovi elementi posti a sostegno della impugnazione straordinaria siano stati acquisiti, per cause di forza maggiore, solo in momento successivo rispetto al termine per proporre l’ordinaria impugnazione. In sostanza, deve essere fornita la prova rigorosa della oggettiva impossibilità di acquisire gli elementi a discarico dei soggetti colpiti dalla decisione in contestazione nel termine “ordinario”. L’omesso esame di fatto decisivo, dunque, acquista rilevanza solo se la mancata conoscenza del fatto stesso sia stata determinata da ragioni oggettive e non già dall’inerzia della parte incolpata (in tale senso, sebbene affrontando soprattutto il rimedio della revisione, ma esprimendo principi plasticamente riferibili alla revocazione, cfr. Corte federale d’appello, Sez. I, n. 9/CFA/2025-2026); - una diversa interpretazione in merito alla “rigidità” dei presupposti del giudizio “rescindente”, determinerebbe altrimenti il rischio che il semplice rinvenimento di nuove opportunità istruttorie travolga la certezza e definitività delle decisioni federali. Pertanto la revocazione ai sensi dell’art. 63 cit. deve dichiararsi inammissibile, allorché il “nuovo” documento sia stato richiesto dopo il deposito della decisione impugnata, senza che vi sia stata alcuna precedente attivazione della parte onerata, in base a canoni di ordinaria diligenza e in assenza di “forza maggiore” o “fatto altrui” incontrollabili dall’interessato ovvero in presenza di eventi imponderabili, sottratti alla volontà e alla disponibilità della parte (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 39/CFA/2020-2021). Tenuto conto dei suddetti principi il ricorso per revocazione qui in scrutinio non può che essere dichiarato inammissibile. Ed infatti: - i reclamanti intendono affermare di non essersi potuti adeguatamente difendere nel corso del procedimento presso la Procura federale e in occasione dell’udienza del Tribunale territoriale del 30 luglio 2025, per non essere stati notiziati tempestivamente sia della pendenza del procedimento sia della data di celebrazione dell’udienza, atteso che tali informazioni avevano raggiunto solo la società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, che colpevolmente non aveva ritenuto di informare gli altri tesserati coinvolti, i quali, in particolare i tre odierni ricorrenti, proprio per il ritardo con il quale avevano ricevuto tali informazioni, non erano stati obiettivamente in grado di proporre tempestiva impugnazione ordinaria nei confronti della sentenza di prime cure con la quale ad essi era stata inflitta la sanzione della squalifica per tre mesi; - tuttavia i ricorrenti non hanno chiarito al Collegio, con adeguata credibilità, per quale ragione le informazioni, che apprenderanno in data 28 agosto 2025 dalla chat whatsapp “collaboratori scuola calcio”, essi non avevano avuto modo di conoscerle in epoca precedente, dovendosi immaginare che, naturalmente, essendo calciatori tesserati con la società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, frequentassero “ordinariamente” l’ambiente afferente alla società sportiva, nel senso di luoghi, persone, contesti e strumenti social; - appare perciò fortemente inverosimile che i signori …abbiano acquisito la consapevolezza di avere posto in essere una violazione del Codice della giustizia sportiva per avere collaborato nello svolgimento dell’attività di allenatore con i signori .. e …, che operavano quali allenatori della Scuola calcio della ridetta società senza essere tesserati in tale qualità, solo in seguito alla lettura delle notizie divulgate sulla chat di whatsapp in data 28 agosto 2025, proprio in ragione della verosimile consueta frequentazione dell’ambiente societario da parte dei tre odierni ricorrenti, tanto che non è dimostrato che tale informazione costituisca un “fatto nuovo” acquisito solo all’esito di una richiesta di informazioni rivolta alla società sportiva e alla conseguente risposta intervenuta solo in data 30 agosto 2025. Ciò fa sì che debba affermarsi come il ricorso per revocazione non possa offrire alcun elemento utile volto a dimostrare l’inconsapevolezza del comportamento tenuto dagli esponenti e neppure è idoneo a prospettare nuovi “fatti” la cui conoscenza sia sopravvenuta in un tempo successivo alla pronuncia, basandosi sull’affermazione della condotta incolpevole tenuta dai ricorrenti anteriormente alla pronuncia di primo grado e che ben poteva essere dedotta nel termine ordinario quale motivo di impugnazione della pronuncia medesima. Il che per quanto si è già detto e per quel che emerge in atti non è avvenuto; - il Collegio intende significativamente rilevare che - come costantemente affermato dalla giurisprudenza civile e da quella amministrativa - la revocazione non costituisce un ulteriore grado di giudizio, ma un rimedio a carattere eccezionale e a critica vincolata, nel senso che non è ammesso rimettere in discussione decisioni inappellabili, se non per ragioni tassative indicate dalla norma. Ne consegue che, laddove ben poteva farsi ricorso ad un ordinario rimedio impugnatorio contro la decisione (poi) oggetto del ricorso per revocazione, all’indomani del passaggio in giudicato di tale decisione la revocazione non può più essere ammissibile. E’ evidente, infatti, che in tal caso (e diversamente opinando) la revocazione da rimedio straordinario si trasformerebbe in un rimedio ordinario la cui proponibilità non può però essere ammessa fuori dai termini entro i quali l’ordinamento ne consente la proposizione. Non risultando dimostrato “oltre ogni ragionevole dubbio” (in ragione di quanto si è sopra ampiamente riferito) che gli odierni ricorrenti non fossero in grado, utilizzando la normale diligenza dell’uomo comune, di conoscere tempestivamente e utilmente, al fine di poter esercitare appieno i propri diritti di difesa, le informazioni sulla pendenza del processo e sulla data della celebrazione dell’udienza e, così anche, sulla data di pubblicazione della decisione di primo grado, stante la consueta frequentazioni degli ambienti societari e, ancora, di sapere, nel corso dell’attività collaborativa contestata come violativa del C.G.S. dalla Procura federale, che i signori … e … non fossero forniti dell’abilitazione tecnica quali allenatori, pare evidente che i presupposti per la proponibilità del ricorso per revocazione non sussistono; - sotto un diverso versante prospettico va evidenziato del resto che, se è vero che il soggetto ricorrente ex art. 63 C.G.S. deve dimostrare inequivocabilmente che i nuovi mezzi di prova posti a sostegno della impugnazione siano stati acquisiti per cause di “forza maggiore” solo in momento successivo rispetto al termine per proporre ordinaria impugnazione, ciò vuol dire che egli dovrà portare all’attenzione del giudicante l’oggettiva impossibilità di acquisire gli elementi a discarico del soggetto sanzionato dalla decisione in contestazione, nel termine “ordinario” di impugnazione. Appare dunque evidente che la scoperta o la sopravvenienza delle nuove prove in un termine successivo a quello ordinario devono essere determinate da ragioni oggettive e non già all’inerzia del soggetto sanzionato; - sotto un ulteriore versante prospettico, ai fini rescindenti, l’esito delle nuove prove prospettate deve essere idoneo a scardinare la valenza degli elementi probatori che avevano dimostrato e determinato la colpevolezza del condannato. Il Giudice della revocazione è tenuto, preliminarmente, a verificare l’attitudine dimostrativa dei nuovi fatti o documenti, congiuntamente alla decisione del precedente giudizio, rispetto al risultato finale della invocata revisione dello stesso. Nella specie gli elementi probatori dedotti in giudizio dai ricorrenti non hanno valore sufficiente a disarticolare il compendio posto a fondamento della pregressa condanna. In particolare l’ammissione (sulla differenza tra comportamento omissivo, ammissione e confessione e sulla indubbia valorizzazione quale prova privilegiata dell’ammissione si veda Cass., Sez. I, ord. 5 maggio 2021 n. 11808) dei fatti contestati dalla Procura federale da parte del Presidente della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, signor …, non lascia spazio a dubbi. Infatti l’ammissione dei fatti contestati effettuata durante l’audizione dal signor … nella parte in cui ammette che “(…) L’U14 la segue il sig. …, e per la Scuola Calcio i tecnici sono i sigg.ri … che fa anche da coordinatore, il sig. …e 4 ragazzi che militano in prima squadra e seguono gli allenamenti della Scuola Calcio e sono i sigg.ri …, (che studia Scienze Motorie e ne approfitta per fare del tirocinio), il sig. …, il sig. … ed il sig. …. (…) per ciò che concerne la Scuola Calcio riconosco la nostra posizione irregolare non avendo ancora tesserato tecnici abilitati (…) e quelli titolati, ovvero i sigg.ri …, … e …, sono forse rimasti CRL 31 LND/5 bloccati dalla richiesta di integrazione effettuata dal Settore Tecnico e a noi evidentemente sfuggita. (…)” mostra una situazione difficilmente contestabile o ribaltabile e determina inevitabilmente il coinvolgimento consapevole degli odierni ricorrenti, richiamati espressamente per nome e cognome, quali tesserati che “seguono gli allenamenti”. Ora, a voler escludere che tale espressione possa consistere nell’attività di “assistere quali spettatori agli allenamenti”, atteso che sarebbe irragionevole che calciatori della prima squadra assistano “meramente” agli allenamenti dei giovani aspiranti calciatori che frequentano la Scuola calcio, non può che ragionevolmente ritenersi che l’assistenza non fosse “passiva” ma “attiva” e si concretizzasse in una forma di “collaborazione” con soggetti non tesserati come allenatori, ma operanti come tali; - l’esplicita ammissione del Presidente della società in questione, assume dunque un ruolo dirimente nel coinvolgimento dei tre odierni reclamanti e costituisce indizio grave, se non addirittura accertamento effettivo, della condotta a loro ascritta nel capo di incolpazione. Come è noto, infatti, secondo principi pacifici, “nel procedimento disciplinare non è richiesta la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento del ragionevole dubbio, come previsto nel processo penale, essendo, invece, sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata sicché la ragionevole certezza in ordine alla commissione dell'illecito può essere anche provata mediante indizi, qualora essi siano gravi, precisi e concordanti e la prova del nesso causale tra la condotta dell'agente e la violazione della fattispecie regolamentare può essere raggiunta sulla base della regola della preponderanza del ragionevole dubbio o del più probabile che non” (cfr. CFA, Sez. I, n. 116/CFA/2022-2023/A e n. 142020/2021). Nel medesimo senso si sono espresse anche le Sezioni Unite, con decisione n. 0002/CFA/2023-2024 ove si ribadisce che “(i)l valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (come invece è previsto nel processo penale), nel senso che è necessario e sufficiente acquisire - sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti - una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr., ancora, CFA, Sez. I, n. 24/2022-2023; Sez. IV, n. 18/20222023; CFA, Sez. I, n. 87/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 81/2021-2022; CFA, sez. I, n. 76/2021- 2022; CFA, Sez. III, n. 68/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022 nonché CFA, Sez. un., n. 105/2020-2021); - d’altronde, a voler ulteriormente valorizzare la portata probatoria dell’ammissione resa dal Presidente della società in sede di audizione, va ricordato che questa Corte, in più di una occasione, ha chiarito come la dichiarazione di un solo teste ben possa essere posta a base di una sentenza di condanna se scrupolosamente vagliata sotto ogni profilo (cfr. tra le molte, (CFA, Sez. I, n. 59/CFA2023-2024). E tanto vale finanche nell'ipotesi in cui l'accusa provenga da chi è portatore di un chiaro interesse contrastante con lo stesso accusato, precisando la Suprema Corte: “(i)n tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa, la cui deposizione, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva” (cfr. CFA, Sez. un., n. 114 /2020-2021nonché CFA, Sez. I, n. 52/2022-2023, n. 92/2021- 2022 e n. 118-2019/2020); - inoltre la dichiarazione del Presidente della società trova conferma nella relazione di indagine…
Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0009/CFA del 23 Luglio 2025 (motivazioni) - www.figc.it
Decisione Impugnata: Revisione della decisione del Giudice sportivo LND, Divisione Calcio a 5, n. 576 del 06.02.2025 di cui al Com. Uff. n. 576 del 06.02.2025
Impugnazione – istanza: – sig. A.B.-PF
Massima: E’ inammissibile l’istanza di revisione perché nessuno degli elementi offerti può definirsi nuovo o sopravvenuto o comunque assurgere alla dignità di prova, ai sensi dell’art. 63, comma 4, lett. a) C.G.S e quindi difetta la fondamentale condizione per l’ammissibilità della domanda consistente nella necessità che siano dedotti elementi tali da dimostrare, se accertati, che il sanzionato doveva essere prosciolto. E’ inammissibile l’istanza proposta dall’allenatore per la revisione la decisione del Giudice sportivo, con cui gli è stata irrogata la sanzione dell’inibizione sino al 31 dicembre 2026 perché al termine della partita, protestava nei confronti dell’arbitro ponendosi di fronte alla porta di ingresso dello spogliatoio, impedendogli l’ingresso con il proprio corpo, desistendo da tale comportamento solo dopo l’intervento del presidente della società ospitante che lo allontanava a forza. All’uscita dell’impianto avvicinava nuovamente il direttore di gara minacciandolo e, una volta che gli ufficiali di gara avevano lasciato il Palasport con la loro auto, a bordo del proprio autoveicolo, accompagnato da altro dirigente della società, si metteva all’inseguimento del mezzo sul quale viaggiavano, cercando in più occasioni di affiancarlo per bloccarne la corsa. Dopo vari tentativi, riusciva nell’intento tagliando la strada all’auto condotta dall’arbitro, costringendolo ad arrestare la marcia. Una volta sceso dalla propria auto, si avvicinava all’abitacolo dell’autovettura condotta dall’arbitro, riuscendo ad impossessarsi del suo telefono cellulare, strappandoglielo con la forza dalle mani, impedendogli di chiamare le forze dell’ordine. Consegnava il cellulare al dirigente che era seduto nel proprio veicolo impedendo per oltre trenta minuti agli ufficiali di gara di riprendere la marcia. Trascorsi quaranta minuti dall’arresto forzoso, l’arbitro riusciva a convincere l’allenatore alla restituzione del cellulare e a liberare la strada, permettendogli di raggiungere la più vicina caserma dei carabinieri dove, presenti tutti i soggetti coinvolti, esponevano i fatti. Gli ufficiali di gara, “espletata la denuncia”, facevano ritorno alle rispettive abitazioni scortati dai carabinieri…La domanda del reclamante va ricondotta all’ipotesi di cui all’art. 63, comma 4, lett. a) del CGS, diretta alla revisione della decisione irrevocabile di condanna del Giudice sportivo per la scoperta o la sopravvenienza di “nuove prove” che dimostrerebbero, secondo l’assunto della parte istante, l’innocenza del sanzionato. Orbene, la giurisprudenza federale ha elaborato, su tale istituto, taluni principi il cui richiamo appare necessario ai fini decisori (ex multis: CFA, SS.UU., n. 102/2023-2024). Il giudizio di revisione ex art. 63 CGS, così come quello di revocazione, è articolato in due distinte fasi: una preliminare e rescindente, volta ad accertare la sussistenza dei presupposti di ammissibilità della domanda, e una successiva e rescissoria, con riapertura della valutazione nel merito, possibile unicamente qualora il riscontro preliminare sul profilo rescindente si sia concluso in senso positivo. E solo il vaglio in senso positivo della sussistenza di una delle cause di revisione può consentire all’organo giudicante sportivo di riaprire il giudizio e, ove ne sussistano i presupposti, di emendare i vizi di quello precedente. Il vaglio rescindente di ammissibilità costituisce quindi un filtro che è funzionale a consentire la celebrazione del giudizio di revisione, nel caso appunto in cui emergano sopravvenienze fattuali suscettibili di indurre il giudice della revisione a riconsiderare alla loro luce il precedente assetto decisorio di condanna. Quello di revisione è un rimedio di natura eccezionale e straordinario, poiché tende a rimettere in discussione una decisione di condanna irrevocabile, per esigenze di giustizia sostanziale ed all’esclusivo fine di porre rimedio ad un errore giudiziario che abbia portato alla condanna di un soggetto che risulti estraneo ai fatti a lui ascritti. Inoltre, la richiesta di revisione è ammissibile solo se la “nuova prova” posta a suo fondamento sopraggiunga o venga scoperta in un momento successivo al passaggio in giudicato della pronuncia di condanna, poiché, se così non fosse, il giudizio ex art. 63 CGS sostanzialmente si trasformerebbe in un’inammissibile e non prevista possibilità di appello sine die, in violazione dei termini processuali (e perentori) di decadenza, e, in ultima analisi, del principio di certezza e definitività delle pronunce giurisdizionali. La revisione, dunque, può dichiararsi ammissibile soltanto qualora la nuova prova assunta a sostegno dell’impugnazione straordinaria sia conosciuta dopo il decorso del termine per l’appello della decisione impugnata, in base a canoni di ordinaria diligenza ovvero in presenza di eventi imponderabili, sottratti alla volontà e alla disponibilità della parte. Il giudizio di revisione (così come quello di revocazione), è infatti configurato dall’ordinamento sportivo quale rimedio per situazioni straordinarie che - proprio perché tali non possono essere fronteggiate mediante il ricorso ai mezzi ordinari di impugnazione. Pertanto, le decisioni per le quali è scaduto il termine per l’impugnazione ordinaria possono essere impugnate per revisione soltanto se i presupposti che giustificano il ricorso a detto rimedio siano sopravvenuti o divenuti conoscibili e conosciuti dopo la scadenza del termine medesimo. Sul piano della prova, chi intenda avanzare una richiesta di revisione ex art. 63 CGS è tenuto a dimostrare inequivocabilmente che i nuovi elementi posti a sostegno della impugnazione straordinaria siano stati acquisiti, per cause di forza maggiore, solo in momento successivo rispetto al termine per proporre l’ordinaria impugnazione. In sostanza, deve essere fornita la prova rigorosa della oggettiva impossibilità di acquisire gli elementi a discarico dei soggetti colpiti dalla decisione in contestazione nel termine “ordinario”. L’omesso esame di fatto decisivo, insomma, acquista rilevanza solo se la mancata conoscenza del fatto stesso sia stata determinata da ragioni oggettive, e non già dall’inerzia della parte incolpata. Alla luce di questi incontroversi principi, la Corte – giudicando in fase rescindente - reputa inammissibile il gravame in revisione. Il reclamante, a fronte della decisione irrevocabile del Giudice sportivo, ha attivato il giudizio di revisione e con la relativa istanza ha rappresentato di non aver mai tenuto le condotte che gli vengono ascritte dallo stesso. Parte ricorrente individua in alcuni file video, in diversi articoli di giornali on line, in referti ospedalieri e nell’atto di citazione a giudizio del direttore di gara sig. Andrea Antagonista da parte del Pubblico ministero di Frosinone in data 30 aprile 2025, per comparire davanti al Giudice di pace di Frosinone per il reato di cui all’art. 582 c.p., le nuove prove scoperte o sopravvenute per la ricostruzione dei fatti e per l’accoglimento dell’istanza di revisione. Appare quindi necessario esaminare i singoli documenti prodotti, al fine di verificare l’astratta idoneità degli elementi posti a fondamento dell’istanza di riapertura del procedimento a rendere possibile la rimozione della decisione del Giudice sportivo e una sua diversa conclusione, tenuto doverosamente conto anche della circostanza che i mezzi di prova posti a sostegno della revisione sono stati offerti solo in un momento successivo rispetto al termine per proporre ordinaria impugnazione, pur trattandosi di atti già esistenti in quanto addirittura precedenti o concomitanti alla pronuncia del giudice sportivo. I file video prodotti (due per la parte che qui rileva) sembrano eseguiti la sera stessa della gara (2 febbraio 2025) nei pressi della Stazione dei Carabinieri (come parrebbe dal cartello della segnaletica stradale che appare in una immagine); uno da soggetto che si trovava nel veicolo del sig. …, accanto alla sua persona, la cui auto si nota essere strettamente affiancata a quella dell’…, e riproducono sia la scena di diverse frasi anche offensive rivolte dal … al direttore di gara, sia quella della sottrazione del telefono cellulare in danno dello stesso (una volta che è stato aperto il finestrino lato passeggero dell’auto dell’…); l’altro, di pochi secondi, in cui la stessa voce che accompagna la precedente ripresa, sembra invitare ironicamente il direttore di gara, una volta sceso dalla sua auto, a recarsi dai Carabinieri dicendogli: “Vai, vai dai Carabinieri ..mi vuoi menare un’altra volta e poi dici in Federazione t’ho menato io”. Da tali riprese audiovisive, in particolare dalle dichiarazioni accusatorie provenienti dallo stesso …, questi vorrebbe provare l’essere stato l’… a colpirlo e ad offenderlo (“..mi ha dato una capocciata”, “mi ha detto pezzo di m..a, ti aspetto fuori”). A parte la considerazione che le riprese audiovisive depositate appaiono confuse, non facilmente decifrabili e non risultano riprodotte da un operatore autorizzato che offra piena garanzia tecnica e documentale, secondo il disposto dell’art. 61, comma 2, CGS - il che già ne precluderebbe l’utilizzo - va osservato che l’istante non ha di certo acquisito dai filmati la consapevolezza di non essere l’autore dei comportamenti violenti ed offensivi, non essendo verosimile che non avesse coscienza della propria condotta sin dal momento in cui la stessa si è consumata. Difetta quindi il requisito della mancata conoscenza originaria del fatto, che integra il presupposto per la proponibilità del rimedio straordinario in presenza di fatti nuovi sopravvenuti al passaggio in giudicato della decisione, la cui conoscenza avrebbe comportato una pronuncia diversa. L’istanza di revisione non prospetta quindi nuove prove la cui conoscenza sia sopravvenuta in un tempo successivo alla pronuncia, ma si basa sull’affermazione della condotta incolpevole tenuta dal reclamante anteriormente alla pronuncia e che ben poteva essere dedotta quale motivo di impugnazione della pronuncia medesima. Iniziativa che non è stata percorsa. Parte istante ha prodotto diversi articoli di testate giornalistiche locali (…. ed altre) datate 6 e 7 febbraio 2025, nei quali è riprodotta la decisione del Giudice sportivo. In uno di tali articoli è anche riportato il comunicato ufficiale della società Conit Cisterna secondo cui: “…..il Club respinge le dimissioni postume dei due dirigenti poiché aveva già deciso di interrompere qualsiasi tipo di rapporto con i due interessati, … e …….”. Ritiene la Corte che tali documenti (a prescindere da valutazioni in ordine alla loro valenza probatoria che non sembrerebbero particolarmente favorevoli per l’istante) non rivestano il carattere di nuove prove e che potevano essere comunque dedotte in sede di impugnativa della decisione del Giudice sportivo. Parte reclamante ha prodotto la seguente documentazione sanitaria: - cartella clinica di Pronto soccorso dell’Ospedale S. Maria Goretti datata 07.02.2025, priva della seconda pagina e delle firme sia del sanitario che del paziente; - referto di Pronto soccorso all’Autorità giudiziaria datato 07.02.2025 in cui le cause dell’evento sono state individuate come segue: “aggredito da persona a lui nota che lo colpiva con una porta e chiave auto al volto e all’addome”; - cartella clinica di Pronto soccorso datata 08.02.2025 (visita medica otorinolaringoiatrica). Tale documentazione è successiva di ben cinque giorni allo svolgimento della gara e di tre giorni alla comunicazione ufficiale della sanzione; pertanto, non può di certo definirsi nuova o sopravvenuta ai fini del giudizio rescindente per ragioni temporali, tenuto anche conto che, per sua scelta, l’interessato non si era ancora recato al pronto soccorso ed era nei termini per interporre appello. Parte istante ha infine depositato atto di citazione a giudizio del Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone del 30.04.2025 del sig. …. in ordine al reato di cui all’art. 582 c.p. (Lesione personale). Tale atto è l’unico che potrebbe qualificarsi “nuovo” sotto il profilo temporale rispetto alla data di comunicazione della sanzione, ma sotto un profilo contenutistico non può assurgere al rango di prova. Trattasi infatti di atto di parte del p.m., emesso a seguito di querela sporta dal sig. …., di mera convocazione del direttore di gara per l’udienza del 30.07.2025 nel corso della quale dovrà svolgersi l’istruttoria dibattimentale per la verifica dell’ipotesi accusatoria che, allo stato, si fonda sui soli atti depositati dalla parte. Non ha quindi natura decisoria. Facendo difetto il richiesto requisito della sopravvenienza della prova, discende l’inidoneità della stessa ai fini del giudizio rescindente.
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. – Sezione Seconda: Decisione n. 52 del 23/06/2025
Decisione impugnata: Decisione n. 0043/CFA-2024-2025, Registro procedimenti n. 0039/CFA/2024-2025, della Corte Federale di Appello Nazionale presso la FIGC, resa in data 31 ottobre 2024 e notificata in pari data, che ha dichiarato inammissibile il ricorso del suddetto ricorrente, ex art. 63, comma 1, lett. c) ed e), CGS, per la revocazione della decisione della Corte Federale d’Appello, Sezioni Unite, n. 69/CFA/2023-2024 del 27 dicembre 2023, con la quale, in accoglimento del reclamo del Presidente Federale, ex art. 102 CGS, è stata riformata la decisione della Corte Sportiva d’Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Lombardia FIGC - LND, di cui al C.U. n. 18 del 28 settembre 2023 (con la quale era stata disposta la riduzione della sanzione della squalifica irrogata nei confronti del sig. [omissis] fino al 3 settembre 2024) e, per l'effetto, è stata irrogata, a carico del medesimo sig. [omissis], la sanzione della squalifica per anni 4; nonché per l'impugnazione del dispositivo 0042/CFA2024-2025, Registro procedimenti n. 0039/CFA/2024-2025, emesso dalla CFA FIGC all’esito dell’udienza del 23 ottobre 2024.
Impugnazione Istanza: omissis / FIGC
Massima: Rigettato il ricorso con il quale è stata impugnata la decisione della CFA che ha dichiarto inammissibile la revocazione della decisione…In base alla lettera c) dell’art. 63.1, cit., il presupposto di accesso al rimedio sta in ciò, che “a causa di forza maggiore o per fatto altrui, la parte non ha potuto presentare nel precedente procedimento documenti influenti al fine del decidere”. Sennonché, il ricorrente non ha allegato alcun documento influente al fine del decidere, convalidando in tal modo la tesi dell’uso inappropriato del rimedio. Peraltro, mutuando il tema dal vicino art. 395, comma 1, n. 3, c.p.c., che prevede espressamente il caso che “dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario”, nulla consta della decisività delle virtuali allegazioni nuove, né a proposito della loro idoneità a provocare una decisione diversa quale ulteriore elemento dirimente (cfr. Cass., S.U., n. 5990/1984). In sintesi, appare evidente come il sig. [omissis] non avrebbe potuto utilizzare il mezzo di impugnazione previsto dalla lett. c) del comma 1 dell’art. 63 CGS FIGC, in quanto lo stesso è rimasto assolutamente alieno dall’allegazione degli essentialia actus. Alla medesima conclusione si giunge anche laddove si faccia riferimento alla lettera e) dell’art. 63, comma 1, CGS FIGC, quale altra norma richiamata dal ricorrente per legittimare l’utilizzo del mezzo, e cioè per l’ipotesi che “nel precedente procedimento è stato commesso dall’organo giudicante un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa”. L'errore revocatorio, notoriamente, è un errore non di valutazione, ma di percezione: si tratta di una falsa percezione della realtà, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia condotto il giudice, per effetto di una sorta di abbaglio, a supporre un fatto decisivo invece incontestabilmente escluso dagli atti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo, che dagli stessi atti risulti, al contrario, positivamente accertato (cfr. Cass., n. 6669/2015; Cass., n. 321/2015; Cass., n. 17443/2008). Tuttavia, affinché sia ammissibile tale ricorso per revocazione è necessario che ogni valutazione vera e propria di corretta instaurazione del rapporto processuale sia rimasta estranea all’ errore, altrimenti l’errore prendendo natura di giudizio, segnatamente in iudicando de iure procedendi per avere ritenuta valida una notifica altrimenti invalida. La Corte di cassazione, richiamando casi del genere, ha espressamente statuito, in relazione all’art. 395, n. 4, c.p.c., che “aver considerato valida una notifica altrimenti invalida” non può considerarsi errore di fatto (cfr. Cass., n. 14610/2021). E ancora: “in tema di revocazione della sentenza, l'omesso rilievo di un vizio concernente la ritualità della notificazione dell'atto di impugnazione, sotto il profilo del luogo in cui è stata eseguita, non integra un errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c., il quale, pur potendo cadere sul contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice, deve consistere in un errore di natura meramente percettiva, cioè in una svista materiale, e non in un errore di diritto da far valere, invece, con gli ordinari mezzi di impugnazione” (Cass., n. 26278/2016).
