F.I.G.C. – COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE – 1998/1999 Comunicato ufficiale 16/C Riunione del 28 Gennaio 1999 – pubbl. su www.figc.it APPELLO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ REAL TUSCOLANO CLUB, IN PERSONA DEL SUO PRESIDENTE, A SEGUITO DI DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DEGLI ART. 1 COMMA 1 E 6 COMMA 2 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 38 del 3.12.1998)

F.I.G.C. – COMMISSIONE D’APPELLO FEDERALE – 1998/1999 Comunicato ufficiale 16/C Riunione del 28 Gennaio 1999 – pubbl. su www.figc.it APPELLO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ REAL TUSCOLANO CLUB, IN PERSONA DEL SUO PRESIDENTE, A SEGUITO DI DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DEGLI ART. 1 COMMA 1 E 6 COMMA 2 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lazio - Com. Uff. n. 38 del 3.12.1998) Con atto del 24.9.1998 il Procuratore Federale deferiva alla Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lazio il Real Tuscolano Club - in persona del suo Presidente - perché rispondesse di violazione degli art. 1 comma 1 e 6 comma 2 C.G.S., avendo suoi dirigenti richiesto somme di denaro per concedere lo svincolo ai calciatori Cappelli Emanuele e Colamonico Claudio. La Commissione Disciplinare, con delibera pubblicata nel C.U. n. 38 del 3 dicembre 1998, proscioglieva la società incolpata. Osservava infatti la Commissione che l'accusa, mossa dal genitore del Cappelli, era generica e non aveva portato alla personale identificazione dei dirigenti che si sarebbero macchiati della violazione in addebito; per di più, il denunciante aveva arricchito progressivamente i suoi esposti, di fatti inizialmente non enunciati, in particolare la richiesta di denaro per concedere uno svincolo, asseritamente negato in origine, secondo la denuncia, non per la mancata corresponsione di una somma, ma per cattiva disposizione da parte della società cui il figlio era vincolato. Tale progressione accusatoria era fortemente sospetta e, per di più, aveva trovato smentita da parte del padre del calciatore Casali Fabio, il quale, secondo il Cappelli, sarebbe soggiaciuto alla identica illecita prassi. Anche il calciatore Cappelli Emanuele si era adeguato alla condotta del padre, incredibilmente asserendo, da ultimo, di avere presenziato a specifiche richieste di denaro a suo padre, da parte di dirigenti, solo alla fine nominativamente indicati. E quanto alla posizione del Colamonico, il calciatore aveva confermato il versamento di una certa somma da parte della madre, al fine di ottenere lo svincolo, senza però specificare a quale dirigente fosse stato consegnato il denaro. Avverso tale decisione si appellava il Procuratore Federale, che negava la genericità dell'assunto accusatorio, avendo i Cappelli padre e figlio infine indicato anche specifiche persone come responsabili del fatto, ed essendo comunque fondata l'accusa riguardo alla posizione del Colamonico. Conseguentemente chiedeva l'inflizione alla società deferita, dell'ammenda di L. 1.000.000. Ritiene la C.A.F. che il gravame sia solo parzialmente fondato. La motivazione della delibera impugnata è ampiamente soddisfacente, per quanto concerne la posizione del calciatore Cappelli; la Commissione Disciplinare ha invero adeguatamente dato atto del proprio convincimento in ordine alla scarsa credibilità di una denuncia che non solo si è arricchita di dati apprezzabili unicamente nel volgere del tempo (laddove, evidentemente, il denunciante era già al corrente di tutto ma, significativamente, non attribuiva, come in ultima analisi, il mancato svincolo del figlio ad una non esaudita richiesta di denaro), ma, quando ha evocato a proprio sostegno una analoga posizione - quella del Casali - è stata nettamente smentita. E d'altronde, anche nella indicazione della o delle persone responsabili, ad un iniziale silenzio è seguito un eccesso di identificazioni, che non ha consentito di fare chiarezza sul caso. In dubbio, pro reo, ovviamente. Diversa è la posizione del Colamonico; qui il tesserato, invero, ha pienamente confermato che la propria madre ebbe a versare una certa somma alla società, per ottenere lo svincolo del figlio; e anche se questi non ha saputo indicare la specifica persona che aveva avanzato la richiesta e ottenuto il pagamento, resta pur sempre provato il fatto ascritto alla società incolpata. Fatto che, chiaramente, integra una violazione dell'art. 1 comma 2 C.G.S. (del quale la società risponde ex art. 6), mettendosi in contrasto con la disciplina dello status dilettantistico del calciatore e ponendo in essere una illecita imposizione a suo carico. Tale violazione deve essere sanzionata con l'ammenda di L. 500.000; in tali limiti va accolto l'appello del Procuratore Federale. Per i suesposti motivi la C.A.F., in parziale accoglimento dell'appello come in epigrafe proposto dal Procuratore Federale, annulla l'impugnata delibera ed infligge alla Società Reat Tuscolano Club la sanzione dell'ammenda di L. 500.000.
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