CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 26/04/2005 TRA ANTONIO PASSALACQUA contro FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 26/04/2005 TRA ANTONIO PASSALACQUA contro FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
Il Collegio Arbitrale composto da:
Avv. Marcello de Luca Tamajo Presidente Prof. Avv. Massimo Coccia Arbitro Avv. Ciro Pellegrino Arbitro ha deliberato all’unanimità il seguente
nel procedimento arbitrale promosso da:
LODO
ANTONIO PASSALACQUA, direttore sportivo della Società U.S. Scalea 1912 e U.S. SCALEA 1912, nella persona del suo Presidente, sig. Antonio Mingrone, entrambi rapp.ti e difesi dall’avv. Tiziana Papasergio ed elett.te dom.ti presso il suo studio in Sangineto (CS) alla Via Litoranea Tirrenica, 37
contro
- ricorrenti –
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona del Presidente, dr. Franco Carraro, rapp.to e difeso dall’avv. Mario Gallavotti ed elett.te dom.to presso il suo studio in Roma alla Via Po, 9
FATTO E SVOLGIMENTO DELL’ARBITRATO
- resistente –
Con istanza di arbitrato ex art. 7 del Regolamento della Camera di Conciliazione e
Arbitrato per lo Sport presso il C.O.N.I., la società U.S. Scalea 1912 e il Sig.
Passalacqua, esauriti i gradi interni della Giustizia Federale, impugnavano la decisione
della C.A.F. pubblicata nel Comunicato ufficiale n. del 24.9.2004.
Con detta decisione, alla società Scalea veniva inflitta la sanzione della penalizzazione
di punti 4 nella classifica della stagione 2004/5 e dell’ammenda di euro 300,00, e al Sig.
Passalacqua la sanzione della inibizione di anni 3. La C.A.F., con la decisione
impugnata, aveva comminato le sanzioni suddette, in accoglimento del ricorso proposto
dal Procuratore Federale della F.I.G.C. avverso la decisione della Commissione
Disciplinare, Com. Reg. Calabro del 9.9.2004, che disponeva “il proscioglimento da
ogni addebito” della società Scalea e del Sig. Passalacqua.
La presente procedura arbitrale veniva avviata a seguito della conclusione, in data
11.2.2005, per mancato accordo, del procedimento di conciliazione instaurato su istanza
della società Scalea e del Sig. Passalacqua in data 4.10.2004 (n. prot. 1453).
La vicenda trae origine dagli accertamenti effettuati dall’Ufficio Indagini della F.I.G.C.
che acquisiva la documentazione nell’ambito del procedimento pendente presso le
Procure della Repubblica di Napoli ed Ancona, nel quale si dava conto di alcune
intercettazioni telefoniche, ed in particolare, per quanto qui rileva, quella tra il Sig.
Farinella, calciatore tesserato con la società U.S. Scalea 1912 e il Sig. Ambrosino,
calciatore tesserato con la società Grosseto (telefonata avvenuta in data 18.4.2004). Nel
corso della conversazione telefonica il Sig. Farinella riferiva all’Ambrosino che la sua
squadra, lo Scalea, aveva perso in casa perché “abbiamo dovuto dare la partita alla
squadra della regina per farla salvare”. La procura federale contestava allo Scalea la
responsabilità oggettiva ai sensi degli artt. 6, commi 2, 4 e 6 e 2, commi 3 e 4, del codice
di giustizia sportiva, in ordine agli addebiti contestati ai propri tesserati, Sig. Farinella,
che era chiamato a rispondere della violazione dell’art. 6, comma 7 del codice di
giustizia sportiva per non aver informato senza indugio gli organi federali competenti in
ordine ai fatti riguardanti la gara Scalea-Vallatabagaladi, e Sig. Passalacqua, per
violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e per aver compiuto atti diretti ad
alterare lo svolgimento della gara stessa.
Nell’istanza arbitrale le parti sostenevano che la decisione della C.A.F., oltre ad essere
“illegittima, non motivata ed errata”, in quanto non aveva correttamente applicato le
norme del C.G.S. della F.I.G.C. In particolare, a giudizio delle parti istanti, la sentenza
era stata emessa sulla base di un quadro probatorio inconsistente, perché mancante della
prova della condotta colpevole del Sig. Passalacqua. Asserivano, quindi, che dalle
affermazioni fatte dal Sig. Farinella innanzi all’Ufficio Indagini (“Ho saputo di questo
accordo dal direttore sportivo dello Scalea Antonio Passalacqua”) si poteva evincere
solo che il d.s. fosse a conoscenza dell’accordo, ma non che egli avesse in concreto
posto in essere una condotta colpevole. Si dolevano, inoltre, che la C.A.F. non avesse
esaminato le prove offerte dalla difesa, in particolare la relazione medica attestante
l’infortunio del Sig. Farinella e la sua conseguente impossibilità di disputare la gara
“incriminata”, nella quale venne inserito nella distinta di gara solo “per motivi di
completezza della squadra” ed, in ogni caso, “non era previsto che giocasse”, come
confermato dall’allenatore della squadra Sig. Luigi Infantino. Ancora, la difesa delle
parti istanti richiamava il “precedente” della stagione 2003-2004, nel quale la
Vallatabagaladi non era in condizione di “concedere favori”, trovandosi in una
situazione di classifica peggiore dello Scalea, ed, infatti, ottenne la salvezza solo in esito
alla disputa dei “play out”.
Le parti istanti segnalavano, inoltre, una giurisprudenza inerente alle intercettazioni
telefoniche, secondo la quale gli indizi raccolti con tale mezzo istruttorio possono
costituire fonte di prova di colpevolezza dell’imputato solo qualora siano gravi, precisi e
concordanti, elementi non presenti nel caso di specie e quindi erroneamente elevati a
rango di “prova piena” dalla C.A.F.
Le parti istanti chiedevano, in conclusione, l’annullamento della decisione emessa dalla
C.A.F., ovvero, in via subordinata, la riduzione della sanzione (anche mediante
conversione), con vittoria di spese e competenze di giudizio.
Si costituiva ritualmente in giudizio la F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio,
contestando la domanda della società Scalea e del Sig. Passalacqua, rilevando la
correttezza della decisione della C.A.F. e chiedendone l’integrale conferma.
La difesa della F.I.G.C., in particolare, sosteneva la piena attendibilità del Farinella, in
quanto soggetto terzo indifferente rispetto ai fatti di causa, le cui prime dichiarazioni
risultavano essere state pronunciate in un contesto di assoluta attendibilità (propria del
soggetto che ignora di essere intercettato e nell’immediato dopo-gara), poi confermate
innanzi agli organi inquirenti della F.I.G.C.. Inoltre, la difesa contestava le
argomentazioni delle parti istanti, ritenendole mere congetture ed ipotesi, o comunque
prive di pregio, come per esempio quelle relative alle precedenti gare tra le squadre in
questione.
Il Collegio si costituiva formalmente in data 21.3.2005 e fissava la prima udienza per il
15.4.2005, invitando le parti ad integrare i rispettivi atti difensivi entro il 5.4.2005.
In data 12.4.2005 il Collegio emetteva una ordinanza con la quale ammetteva la prova
testimoniale – limitatamente ad un capitolo delle richieste istruttorie di parte istante - e
rigettava le altre richieste poiché irrilevanti.
All’udienza del 21.4.2005 il Collegio ascoltava i difensori delle parti, nonché il Sig.
Farinella, il quale spiegava il “senso” della telefonata intercettata e precisava le sue
dichiarazioni dinanzi all’Ufficio Indagini Federale, sostanzialmente smentendole;
successivamente i difensori discutevano la causa.
All’esito della discussione il Collegio, riunito in conferenza personale in data 26.4.05
emetteva la decisione per i motivi di seguito esposti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve darsi atto della ritualità dell’istanza di arbitrato presentata dalla
società Scalea e dal Sig. Passalacqua: la procedura di arbitrato dinanzi a questa Camera
è prevista espressamente dallo statuto della F.I.G.C.; risultano previamente esauriti i
ricorsi interni alla Federazione sportiva nazionale; l’oggetto della controversia rientra tra
le materie di competenza della Camera; è stato infruttuosamente esperito, in data
11.2.2005, il tentativo di conciliazione di cui all’art. 3 del Regolamento della Camera.
Venendo al merito, la controversia in esame ha ad oggetto la corretta applicazione o
meno da parte della C.A.F. delle norme di giustizia sportiva della F.I.G.C., ed in
particolare degli artt. 1, comma 1, e 6 commi 1, 2 e 6 del Codice di Giustizia Sportiva
nei confronti del Sig. Passalacqua e artt. 6, commi 2, 4 e 6, e 2, commi 3 e 4 del codice
di giustizia sportiva nei confronti della società Scalea.
Le posizioni delle due parti istanti – il Sig. Passalacqua, direttore sportivo della società
Scalea e la società stessa – devono essere considerate separatamente, anche se legate
dall’unicità dell’episodio, oggetto della presente indagine, cioè il preteso illecito
intervenuto nella gara Scalea-Vallatabagaladi in violazione dei principi di lealtà,
correttezza e probità, cui va improntato, ai sensi del suddetto art. 1, ogni rapporto
comunque riferibile all’attività sportiva.
Nel caso di specie la C.A.F. ha ritenuto sussistente l’accordo illecito nella gara disputata
il 18.4.2004 tra Scalea e Vallatabagaladi, terminata 1 a 3, ed ha ritenuto il direttore
sportivo Sig. Passalacqua “l’artefice della combine sulla base delle dichiarazioni del
Farinella”.
L’assunto della C.A.F. non è condiviso da questo Collegio per la sostanziale carenza di
una prova certa e rigorosa in ordine alla commissione, da parte del sig. Passalacqua,
dell’illecito contestatogli, e ciò alla luce delle seguenti osservazioni:
a) nell’intercettazione telefonica, che viene giudicato il momento più “genuino”
dell’intera vicenda, il Farinella non fa alcun riferimento, diretto o indiretto, a
qualsivoglia partecipazione, intervento o interesse del Passalacqua. Stante la comprovata
familiarità di rapporti con il sig. Ambrosino, appare quanto meno strano che il Farinella
non abbia ritenuto di rendere edotto il suo amico anche del ruolo rivestito dal
Passalacqua nella vicenda;
b) solo nella deposizione del Farinella resa davanti all’Ufficio Indagini, lo stesso ha
dichiarato: “Ho saputo di questo accordo dal direttore sportivo dello Scalea Antonio
Passalacqua”. Da tale dichiarazione non si può però in alcun modo evincere che il
Passalacqua avesse “organizzato” l’accordo illecito, ma tutt’al più che fosse a
conoscenza della “combine” (e in tal caso sarebbe al più ipotizzabile una sanzione per
mancata denuncia di illecito altrui);
c) nell’ulteriore deposizione resa dal Farinella davanti a questo Collegio il 21.4.05
nonché dall’interrogatorio delle parti è apparsa evidente l’esistenza di un contrasto con il
d.s. Passalacqua. E’ emerso infatti con carattere di verosimiglianza che il Farinella
avesse motivi di rancore nei confronti del Passalacqua per non avere quest’ultimo
provveduto a corrispondergli il compenso pattuito per le prestazioni sportive nonostante
le numeroso promesse in tal senso. In particolare il Farinella ha testualmente affermato
che le dichiarazioni rese dinanzi all’Ufficio Indagini della FIGC sono state dettate dal
risentimento nei confronti del Sig. Passalacqua per il credito da lui vantato e non onorato
pari ad euro 3.000.
Orbene, pur stigmatizzando il comportamento del Farinella in relazione alle differenti
versioni da questi fornite e sulle quali si dirà in seguito, non può dirsi comunque
raggiunta alcuna prova in ordine alla responsabilità personale e diretta del sig.
Passalacqua, nel senso del “compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare
lo svolgimento o il risultato di una gara” (art. 6, comma 1).
Neppure può ritenersi raggiunta una prova piena ed esauriente in relazione alla
responsabilità del Passalacqua ex art. 6, comma 2, riguardante società, dirigenti, soci e
tesserati “che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro
nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1”: infatti nessun coinvolgimento del
Passalacqua, né a livello di compimento diretto di atti illeciti e neppure a livello di
assenso alla realizzazione di tali atti, è emerso con sufficiente chiarezza dall’istruttoria.
Passando ora ad esaminare la posizione della società Scalea, al fine di valutare
compiutamente la legittimità delle decisioni assunte dagli organi di giustizia sportiva
federali, occorre verificare se nella fattispecie in esame può rinvenirsi in capo alla detta
società una responsabilità oggettiva così come delineata dalle norme del Codice di
Giustizia Sportiva ed in particolare dall’art. 2, commi 3 e 4.
La prima (comma 3) di tali disposizioni recita: “Le società possono essere ritenute
responsabili anche a titolo di responsabilità oggettiva o di responsabilità presunta nei
casi previsti dal presente codice”; la seconda (comma 4): “Le società . . . . sono
oggettivamente responsabili agli effetti disciplinari dell’operato dei propri dirigenti, soci
di associazione e tesserati”.
Attraverso tali norme è stata introdotta nell’ordinamento sportivo un’ipotesi di
responsabilità oggettiva delle società anche per illeciti sportivi commessi dai propri
tesserati. Si tratta di una previsione che, seppur criticata da più parti, si giustifica sotto
un duplice profilo: essa, infatti, da un lato, è diretta a presidiare la regolarità delle gare
e, dall’altro, consente di sanzionare anche le società sul presupposto che negli sport di
squadra, ove i valori delle singole compagini sono espressi in termini di punti e
classifiche, la sanzione inflitta al solo dirigente o tesserato si rivelerebbe scarsamente
efficace.
In tale quadro normativo, la responsabilità oggettiva della società consegue
automaticamente a quella personale dell’autore materiale e non può quindi essere in
alcun modo esclusa, ma soltanto misurata e graduata. Da tale automaticità deriva altresì
che l’accertamento di siffatta responsabilità postula criteri d’indagine meno rigorosi
rispetto a quelli previsti in materia di responsabilità presunta (art. 9 comma 3 C.G.S.).
Nel caso di specie, se non può dirsi accertata con sufficiente certezza l’esistenza di uno
specifico accordo tra le due società teso ad alterare il risultato della gara, può invece
ritenersi sufficientemente provato che il comportamento della squadra dello Scalea non
sia stato in linea con i fondamentali principi di lealtà e correttezza cui deve essere
ispirato l’esercizio dell’attività sportiva.
A tale conclusione deve pervenirsi procedendo ad un esame delle varie dichiarazioni
rese dal Farinella. Questo Collegio ritiene che possa attribuirsi maggiore attendibilità a
quelle rilevate con l’intercettazione telefonica rispetto alle altre, profondamente
contraddittorie, effettuate davanti alla Procura ed in sede di audizione davanti a questo
Collegio.
Invero, la frase “abbiamo dovuto dare la partita alla squadra della regina [leggi:
“squadra reggina”] per farla salvare” – utilizzata dal calciatore Farinella in un contesto
di assoluta attendibilità, dato che egli era ignaro dell’intercettazione, non aveva
partecipato alla partita e raccontava l’episodio ad un amico nell’immediato dopo gara –
attesta con certezza unicamente che il punteggio della partita Scalea-Vallatabagaladi
(società, quest’ultima, della provincia di Reggio Calabria) è stato frutto di una sorta di
“regalo” da parte dello Scalea e non prova in modo sufficiente che vi fosse un accordo
tra le due società. In sostanza, dalle dichiarazioni intercettate si può al più dedurre con
certezza il comportamento antisportivo, consistente in un impegno agonistico ridotto,
tenuto dalla squadra dello Scalea.
Nessun pregio, a parere del Collegio, può essere riconosciuto alla ritrattazione del
Farinella innanzi alla Camera, il quale ha cercato di sostenere la falsità della sua
confidenza telefonica, adducendo di averla fatta per non fare brutta figura e per non
essere preso in giro dall’amico. Lo stesso Farinella, peraltro, aveva cercato di ribaltare
le proprie dichiarazioni già innanzi all’ufficio indagini della FIGC – confirmatorie in
ordine al fatto che fosse stata “data” la partita - sostenendo diversamente che, in tale
occasione, sarebbe stato invece mosso dal rancore verso il Passalacqua.
Appaiono dunque poco credibili le dichiarazioni rese dal Farinella sia dinanzi alla
Procura sia dinanzi a questo Collegio, proprio per l’assoluta e totale contraddittorietà tra
le stesse.
Allo stesso modo, le argomentazioni sostenute dalla difesa della società - volte a
confutare le conclusioni del provvedimento impugnato sulla base di un disconoscimento
della veridicità delle affermazioni fatte dal Farinella - sono, in realtà, fragili ed inidonee
a tale scopo. Infatti:
- quanto al presunto infortunio del suddetto calciatore, suscita più di qualche perplessità
il documento che ne dovrebbe costituire la prova: si tratta, infatti, di una dichiarazione, a
firma del medico sociale, redatta su carta intestata della stessa società in epoca di gran
lunga posteriore al momento in cui si sarebbe verificato l’episodio dell’infortunio;
- sulla presenza in squadra del Farinella per la partita contro la Vallatabagaladi soltanto
per esigenze di completezza della distinta da consegnare all’arbitro, va poi detto che
tale circostanza è smentita dal fatto che, in base alla normativa vigente e come
confermato peraltro dalle parti, nella distinta possono essere inseriti anche solo undici
giocatori;
- infine, per quanto riguarda l’inverosimiglianza dell’accordo tra Scalea e
Vallatabagaladi se basato sulla restituzione di un favore concesso l’anno precedente a
parti invertite, quando però la squadra della Vallatabagaladi si trovava, oggettivamente,
in condizioni di classifica così precarie da non poter regalare punti a chicchessia, occorre
sottolineare che questa circostanza comunque non può inficiare l’affermazione
principale sull’“aver dato la partita”. D’altro canto, l’“aver dato la partita” è un fatto che
può avere le più diverse motivazioni e non presuppone necessariamente un accordo.
Peraltro, è fatto notorio che al termine del campionato le squadre che non hanno più
nulla da chiedere alla classifica si impegnino relativamente. Si tratta in ogni caso di un
comportamento da stigmatizzare e sanzionare, in quanto i superiori valori sportivi
richiedono sempre il massimo impegno in campo da parte di tutti, anche per non falsare
l’esito dei campionati rispetto alle squadre terze.
Per tutto quanto fin qui osservato, si deve affermare la responsabilità oggettiva della
U.S. Scalea 1912 in occasione della gara fra tale società e la Vallatabagaladi, per avere i
suoi giocatori “dato via la partita”, e tuttavia si ritiene più congrua e proporzionata la
sanzione di tre punti di penalizzazione in classifica perché pari ai punti in palio nella
suddetta partita. Non si reputa invece opportuno convertirla, così come richiesto dallo
Scalea, in sanzione pecuniaria. D’altra parte, l’art. 6 comma 4 del C.G.S. per le ipotesi di
responsabilità oggettiva delle società per illecito sportivo fa esplicito riferimento alle
sanzioni previste dall’art. 13 comma 1 lett. f), g), h) ed i), tra le quali non rientra quella
pecuniaria.
Una particolare considerazione merita infine la posizione del calciatore Italo Farinella,
sebbene la stessa non costituisca oggetto della presente controversia.
Il Collegio ritiene che il comportamento complessivamente assunto da questi, consistito
nell’aver rilasciato davanti ad organi della Giustizia sportiva (Ufficio Indagini e questo
Collegio Arbitrale) dichiarazioni nettamente antitetiche tra loro, sia meritevole di
approfondita valutazione da parte dei competenti organi della Federazione Italiana
Giuoco Calcio. Infatti, delle due l’una: o egli ha mentito all’Ufficio Indagini al solo
scopo, come dallo stesso dichiarato, di arrecare danno ad altro tesserato e quindi alla
propria società, oppure ha mentito clamorosamente in sede di interrogatorio reso davanti
a questo Collegio. In entrambi i casi, non v’è dubbio che una simile condotta non sia in
linea con i principi di lealtà, correttezza e buona fede previsti dall’art. 1 del Codice di
Giustizia Sportiva.
Pertanto il Collegio dà mandato alla segreteria della Camera di Conciliazione ed
Arbitrato per lo Sport di trasmettere agli organi competenti della Federazione Italiana
Giuoco Calcio il presente lodo unitamente ai verbali di interrogatorio del sig. Farinella.
PQM
Il Collegio Arbitrale all’unanimità, definitivamente pronunciando, così decide:
Accoglie parzialmente il ricorso e per l’effetto:
1) Annulla la sanzione irrogata al Sig. Passalacqua con la decisione della
Commissione di Appello Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio di cui
al comunicato ufficiale 10/c del 23/24.9.2004;
2) Riduce la sanzione inflitta alla società U.S. Scalea 1912 con la decisione della
Commissione di Appello Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio di cui
al comunicato ufficiale 10/c del 23/24.9.2004 e ridetermina tale sanzione nella
penalizzazione di numero 3 punti nella classifica della stagione 2004-5,
confermando l’ammenda di euro 300;
3) Compensa tra le parti le spese di lite e dispone di porre a carico della Federazione
Italiana Giuoco Calcio nella misura del 50%, e a carico del sig. Passalacqua e
della società U.S. Scalea 1912 nella misura del restante 50%, le spese per il
funzionamento del Collegio Arbitrale, che saranno liquidate come da separata
ordinanza.
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2005, nella conferenza personale degli arbitri e con
voti unanimi.
F.to Avv. Marcello de Luca Tamajo
F.to Prof. Avv. Massimo Coccia
F.to Avv. Ciro Pellegrino