F.I.G.C. – COMMISSIONE DISCIPLINARE NAZIONALE – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 96 del 15.06.2011 (437) – DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE A CARICO DI: GIRAUDO ANTONIO (nota N°. 7405/1111pf10-11/SP/mg del 11.4.2011).
F.I.G.C. – COMMISSIONE DISCIPLINARE NAZIONALE – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 96 del 15.06.2011
(437) – DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE A CARICO DI: GIRAUDO ANTONIO (nota N°. 7405/1111pf10-11/SP/mg del 11.4.2011).
1) L’attivazione del procedimento
Con provvedimento in data 11.4.2011, il Procuratore federale ha chiesto a questa Commissione di pronunciare nei confronti del Sig. Antonio GIRAUDO la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC sulla base della decisione pubblicata sul CU n. 1/C del 14.7.2006, emessa dalla CAF, confermata sul punto con decisione pubblicata il 4.8.2006 sul CU n. 2/Cf, emessa dalla Corte Federale, decisioni con cui si è affermata la responsabilità del prevenuto e si è irrogata la sanzione di anni cinque di inibizione con proposta al Presidente Federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC.
2) Le memorie difensive
Nei termini assegnati nell'atto di convocazione, è stata depositata una memoria difensiva nella quale si rileva, innanzitutto, che nei cinque anni di inibizione il Giraudo ha scelto di rimanere estraneo al mondo del calcio e osservato in modo ineccepibile il verdetto dei giudici sportivi, meritandosi una rivalutazione positiva: specificamente, il deferito è rimasto estraneo alla rete di utenze riservate e alle altre vicende a queste collegate, che per la Procura federale rappresenterebbero l’elemento più significativo in termini di responsabilità. Inoltre, si osserva che, ogni caso, la preclusione sarebbe una sanzione non proporzionata ai fatti e irragionevole con riferimento al tempo intercorso. Di conseguenza, si chiede rigetto della richiesta della Procura.
3) Il dibattimento
Alla riunione del 19.5.2011, è comparso il Procuratore federale, con i suoi collaboratori, il quale, dopo averne illustrato le ragioni, ha chiesto la pronuncia nei confronti dei deferiti della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC. Sono comparsi altresì i difensori del deferito, i quali, dopo aver illustrato ulteriormente i motivi già esposti in memoria, si sono riportati alle conclusioni già formulate. Il Collegio si è riunito in camera di consiglio per la decisione in data 26.5.2011 e 6.6.2011.
4) I motivi della decisione
La Commissione, esaminati gli atti, rileva quanto segue, in conformità con il principio di sinteticità sancito dall’art. 34, n. 2, CGS. Secondo l’art. 14, n. 2, CGS vigente sino al 30.6.2007, in casi di particolare gravità, gli Organi della giustizia sportiva, oltre a irrogare la sanzione della inibizione nella durata massima di cinque anni, potevano anche proporre al Presidente Federale la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC. In seguito, tale potere è stato attribuito direttamente agli Organi della giustizia sportiva dall’art. 19, n. 3, del nuovo CGS entrato in vigore il 1.7.2007, il quale ha dato applicazione a quanto previsto dai principi fondamentali degli statuti federali delle Federazioni sportive dettati dal Coni. Considerato che, prima dell’entrata in vigore del nuovo CGS, erano state assunte decisioni da parte degli Organi della giustizia sportiva con proposte di preclusione sulle quali, essendo in corso l’espiazione della inibizione quinquennale, il Presidente Federale non aveva ancora adottato alcuna determinazione, con CU n. 143/A del 3.3.2011 la FIGC ha adottato una disciplina regolamentare di natura transitoria per i procedimenti di preclusione non definiti con il CGS vigente sino al 30.6.2007. In particolare, si è provveduto ad attribuire alla Procura federale il potere di iniziativa del procedimento, a individuare gli Organi della giustizia sportiva competenti a seconda delle diverse fattispecie, a definire i termini e le modalità del procedimento e a sancire il principio del doppio grado di giurisdizione, precisando che la decisione deve essere adottata “sulla base delle sentenze rese”. In definitiva, si tratta di una disciplina transitoria di natura procedimentale, diretta a definire, in applicazione dei principi sulla giustizia sportiva del Coni, la situazione venutasi a creare a seguito della entrata in vigore del nuovo CGS. Ne deriva che - come peraltro ha precisato anche l’Alta Corte di giustizia del Coni con decisione n. 11/2011 - in attuazione di quanto sancito dal CU n. 143/A del 3.3.2011, nel presente procedimento, la Commissione deve:
a) verificare se sussistano o meno le condizioni per l’applicazione della sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC;
b) procedere a tale verifica “sulla base delle sentenze rese” e dei “fatti rilevanti disciplinarmente ivi accertati”, che costituiscono il presupposto della eventuale sanzione. Questa ultima previsione preclude alla Commissione di accogliere la richiesta del deferito di valutare positivamente il comportamento dello stesso nel periodo successivo alla decisione della CAF pubblicata sul CU n. 1/C del 14.7.2006, confermata sul punto con decisione della Corte Federale pubblicata il 4.8.2006 sul CU n. 2/Cf. Infatti, tale comportamento - che certamente ha evidenziato il rispetto del deferito per la decisione stessa e, più in generale, per le regole dell’Ordinamento federale - è estraneo alle “sentenze rese” e, pertanto, non può essere preso in considerazione dalla Commissione. Nel merito, dall’esame delle decisioni in questione risulta evidente l’intrinseca gravità dei fatti e le aberranti conseguenze a cui ha condotto il modo di concepire la competizione sportiva e i rapporti tra le Società partecipanti ai campionati e tra tesserati che ha connotato l’agire del deferito. In particolare, non può non rilevarsi come le modalità stesse dell’illecito nella componente correlata alla inaccettabile violazione delle regole di lealtà, correttezza e probità abbiano suscitato un rilevante allarme sociale, tanto più a fronte delle implicazioni che il campionato di calcio comporta sul piano sociale, economico e dell’ordine pubblico. In proposito, è sufficiente considerare che nelle “sentenze rese” è stata accertata, tra l’altro, “la piena e concreta attitudine” del Giraudo “a falsare la classifica” attraverso una continua “opera di condizionamento del settore arbitrale”, attitudine che si è concretizzata in una serie di “episodi, ripetuti nel tempo e nello spazio, incontroversi nella loro storicità” tutti obiettivamente tendenti “al conseguimento dello scopo di alterazione della competizione per effetto del condizionamento della classe arbitrale”, nonché “dell’ulteriore vantaggio dell’alterazione della classifica e dell’ottenimento della vittoria del campionato, della rimarchevole e irreparabile alterazione della parità di condizioni di contendibilità del titolo sportivo rispetto a molte altre squadre”: in definitiva, una condotta illecita e antidoverosa che, seppure non formalmente idonea a dare vita a un “sistema” solo per difetto della previsione dell’illecito sportivo associativo, sicuramente era connotata dal “carattere altamente inquinante della sistematicità e della stabilità organizzativa”. In conclusione, la condotta del deferito, così come accertata nelle sentenze rese, risulta palesemente incompatibile con i principi di lealtà, correttezza e probità ai quali l’ordinamento sportivo non può abdicare, pena la sua irrimediabile caduta di credibilità e financo la sua stessa sopravvivenza. In questi termini, la richiesta della Procura federale di infliggere al deferito la sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC risulta del tutto proporzionata ai fatti commessi, tenuto conto, da una parte, della loro intrinseca gravità e delle aberranti conseguenze che hanno determinato e, dall’altra, del ruolo del deferito nell’ambiente calcistico: tali profili rendono del tutto attuale l’interesse dell’Ordinamento federale alla irrogazione della sanzione della preclusione, non rilevando in proposito il fatto che comportamenti altrettanto gravi possano eventualmente essere stati tenuti da altri tesserati. Sul punto, la Commissione Disciplinare, con l’intenzione di consolidare ulteriormente un principio al quale ha sempre ispirato le proprie decisioni, chiarisce che l’esistenza di paradigmi assiomatici quali la lealtà, correttezza e probità - non a caso inseriti nella norma di apertura del CGS - è incompatibile anche con la semplice ipotesi che la concorsualità degli illeciti e il decorso del tempo possano affievolire, sanare o determinare una sorta di “effetto oblio” per fatti i quali, proprio per la loro naturale gravità, così come accertata, mantengono persistente e attuale quella carica di disvalore delle Istituzioni che – come emerso - sono state asservite alla logica di pochi, con la conseguenza che risulta opportuno che questi ultimi non facciano più parte di quelle Istituzioni al di fuori delle quali si sono volontariamente posti, strumentalizzandole e deteriorandole. Persistenza e attualità che devono essere ribadite in questa sede, chiarendo, altresì, che la natura concorsuale delle condotte acclarate nelle “sentenze rese” non può consentire una ripartizione “pro quota” delle responsabilità, ma ne impone una valutazione individuale, di cui il vincolo associativo potrebbe costituire semmai un’aggravante. La circostanza, infine, che la sanzione venga irrogata a distanza di quasi cinque anni dalle decisioni della CAF e della Corte Federale non appare irragionevole, tenuto conto, da una parte, che il potere attribuito alla Commissione deriva da una disciplina emanata dalla FIGC e approvata dal Coni nel mese di aprile 2011, disciplina alla quale la Commissione, ricevuta l’istanza della Procura federale, ha dato tempestiva attuazione, e, dall’altra, che comunque, non era espressamente previsto un termine che imponesse l’applicazione di questo tipo di sanzione non appena formulata la proposta di preclusione. In base alla precedente normativa, pertanto, tale termine ben poteva farsi coincidere con l’espiazione della inibizione. Sebbene, di per sé, la lettura sistematica delle norme sinora fornita sia sufficiente per fugare ogni dubbio circa l’inesistenza della violazione del principio di affidamento, la Commissione rileva che quest’ultimo è legato alla situazione di chi non sia stato ancora sanzionato e non di chi lo sia già stato nel massimo grado (quanto all’inibizione) con motivazioni ampie e indicative, per la gravità dei fatti commessi, della successiva applicazione della preclusione, oggi di natura squisitamente giustiziale
5) Il dispositivo
Per tali motivi, la Commissione irroga al Sig. Antonio GIRAUDO la sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC.
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