F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sui Comunicati ufficiali n. 002/CGF del 2 -3- 5 e 6 Luglio 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 13/CGF del 20 Luglio 2012 9) RICORSO DEL CALC. ALESSANDRO ZAMPERINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 5 ANNI CON PRECLUSIONE, INFLITTA PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 9, 7 COMMI 1, 2 E 5 , 1 COMMA 1 E 6 C.G.S., IN RELAZIONE ALLE GARE CESENA – GUBBIO DEL 30.11.2011 E ALBINOLEFFE – PIACENZA DEL 20.12.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sui Comunicati ufficiali n. 002/CGF del 2 -3- 5 e 6 Luglio 2012 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 13/CGF del 20 Luglio 2012 9) RICORSO DEL CALC. ALESSANDRO ZAMPERINI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER 5 ANNI CON PRECLUSIONE, INFLITTA PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 9, 7 COMMI 1, 2 E 5 , 1 COMMA 1 E 6 C.G.S., IN RELAZIONE ALLE GARE CESENA – GUBBIO DEL 30.11.2011 E ALBINOLEFFE – PIACENZA DEL 20.12.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Con atto dell'8 maggio 2012 il Procuratore Federale – ricevuta la relazione del proprio ufficio del giorno precedente – deferiva, tra gli altri, alla Commissione Disciplinare Nazionale Luigi Sartor (che riteneva assoggettato alla giurisdizione disciplinare federale, ai sensi dell'art. 4 del Regolamento FIFA sullo status e sul trasferimento dei calciatori, per le condotte poste in essere fino al 19 ottobre 2011, e cioè allo spirare dei trenta mesi decorrenti dalla disputa della sua ultima gara per la società Ternana Calcio S.p.A.), Alessandro Zamperini (analogamente sottoposto alla giurisdizione federale per le condotte poste in essere fino al 26 ottobre 2011, e cioè allo spirare dei trenta mesi decorrenti dalla disputa della sua ultima gara per la Società G.S. Fidene) e Mario Cassano (tesserato, tra il 2005 ed il 2010, per le Società Piacenza F.C. S.p.A., Reggina Calcio S.p.A e U.C. Sampdoria S.p.A, questi due ultimi trasferimenti in prestito dalla prima società) per la violazione dell'art. 9 C.G.S. per essersi associati tra loro ed anche con altri soggetti (alcuni dei quali già definitivamente giudicati in sede federale), allo scopo di commettere una serie indeterminata di illeciti disciplinari, fra i quali illeciti sportivi ex art. 7 C.G.S. ed effettuazione di scommesse illecite ex artt. 1 e 6 C.G.S., avvalendosi di un assetto stabile e della distribuzione di ruoli (a titolo di responsabilità oggettiva venivano chiamate a rispondere anche le società per le quali i deferiti erano stati durante il periodo rilevante tesserati). Ai deferiti Zamperini e Cassano venivano contestati, nel medesimo atto di deferimento, ulteriori condotte illecite, rispettivamente consistenti nella violazione dell'art. 7 C.G.S. in relazione alla gara di Coppa Italia Cesena – Gubbio del 30 novembre 2011 (in vista della quale avrebbe infruttuosamente preso contatti diretti allo scopo alterativo del risultato della gara con il calciatore del Gubbio Simone Farina) ed in quella degli articoli 1 e 6 dello stesso codice (per aver accettato ed essersi adoperato per effettuare scommesse quale interposta persona in relazione alla gara Albinoleffe – Piacenza del 20 dicembre 2010) e, quanto a Cassano, nella violazione dell'art. 7, comma 6, C.G.S. in relazione alla gara prima indicata ed alla gara Atalanta - Piacenza del 19 marzo 2011 (della violazione veniva chiamato a rispondere in concorso con altri tesserati) e degli articoli 1 e 6 C.G.S. in relazione alla sola menzionata gara Albinoleffe – Piacenza. Nell'atto di deferimento, dopo il richiamo alle pronunce definitive rese nell'agosto 2011 in ambito federale con riguardo ad altri, connessi procedimenti per violazioni analoghe, si dava conto degli esiti fino ad allora prodotti dall'indagine svolta dagli uffici giudiziari di Cremona ed in particolare dell'attività d'indagine anteriore e successiva all'emanazione, in data 9 dicembre 2011 da parte del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di quella sede, di un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti, tra gli altri, di Luigi Sartor ed Alessandro Zamperini, cui veniva contestato, con altre persone sottoposte ad indagini, il delitto associativo di cui agli articoli 416, commi 1,2,3 e 5 c.p. e 3 e 4 L. 16 marzo 2006 n. 146 rivolto allo scopo di realizzare, anche a livello transnazionale, delitti di frode in competizione sportiva, alterandone i risultati, sì da conseguire vincite in scommesse effettuate avvalendosi dello strumento della “corruzione” di partecipanti a vario titolo alle competizioni. Nel provvedimento giudiziario, analiticamente illustrato nell'atto di deferimento, si contestava: a) a Zamperini l'attività di reclutamento di calciatori per la manipolazione delle partite su cui scommettere – come nel caso, peraltro non coronato da successo, della gara Cesena – Gubbio – nonché di aver intrattenuto numerosi contatti telefonici con altri associati (Gervasi, Tan Seet , Ilievski), “con evidenti finalità corruttive”; b) a Sartor di avere costituito il contatto stabile tra il gruppo italiano (facente capo a Giuseppe Signori, già dichiarato responsabile delle violazioni ascrittegli in sede disciplinare sportiva nell'agosto 2011) e quello di Singapore dei partecipanti al sodalizio nonché di aver accompagnato dall'aeroporto di Milano alla abitazione bolognese di Signori l’altro associato Kheng Pho Hock. Sulla base di queste premesse il Procuratore Federale poneva in rilievo, da un canto, il carattere internazionale dell'associazione per cui si procedeva penalmente e della quale avrebbero fatto parte i deferiti Zamperini e Sartor, e, d'altro canto, l'articolata struttura, determinata secondo i canoni della previsione dell'art. 9 C.G.S., dell'organizzazione, di cui si sottolineavano le ramificazioni territoriali, le forme di finanziamento e di promozione delle attività illecite, la distribuzione dei compiti tra i partecipanti. Veniva anche sottolineato l'apporto interattivo sussistente tra il ramo italiano dell'associazione ed il suo centro ideativo ed operativo, sito in Singapore, che operava anche attraverso agenti slavi. Quanto a Sartor si diceva dei frequenti contatti con cittadini di Singapore e della conversazione telefonica con altra persona (Antonio Bellavista), già condannata lo scorso anno in sede sportiva; nell'atto di deferimento si richiamavano, inoltre, le dichiarazioni di Massimo Erodiani (anch'egli interessato dal precedente giudizio disciplinare), che aveva appreso dal gruppo dei “bolognesi” (su cui si sono soffermate le decisioni del 2011) che Sartor intratteneva per il gruppo rapporti con gli affiliati di Singapore ed altri contatti telefonici (inizialmente avvenuti con utenze, nel tempo abbandonate). Quanto a Zamperini il Procuratore Federale fondava, in primo luogo, la propria pretesa punitive sulla denuncia del calciatore Simone Farina del Gubbio in merito all'offerta – immediatamente denunciata – di somme di denaro in vista dell'alterazione della gara di Coppa Italia con il Cesena. Venivano, ulteriormente, segnalata la copiosa attività di contatti telefonici con altri accusati in sede penale di partecipazione all'associazione (Gervasoni). Quanto a Cassano, il deferimento si concentrava sulla gara Atalanta – Piacenza e sulla circostanza – appresa attraverso le dichiarazioni di Zamperini – che egli presentò allo stesso Zamperini il calciatore (e concorrente) Gervasoni: quanto alla ricorrenza delle fattispecie di cui all'art. 7 C.G.S. in relazione alle gare in questione, ed alla nozione di illecito associativo in ambito federale, si faceva rinvio ai precedenti provvedimenti del 2011. In ordine alla posizione assunta in fase istruttoria dagli incolpati il Procuratore Federale precisava che: a) Zamperini confermava l'incontro con Farina, pur negando qualsiasi finalità illecita e chiarendo di essersi limitato a prospettare all’altra parte l'interesse di alcuni scommettitori a “fare dei regali”; b) Sartor escludeva la sussistenza della giurisdizione sportiva, in quanto privo di tesseramento all'epoca di commissione dei fatti rilevanti; c) Cassano respingeva ogni addebito e negava di aver riferito a Gervasoni circa accordi alterativi del risultato di Albinoleffe – Piacenza nonchè di aver scommesso, tramite Zamperini, su tale gara. Nel corso delle udienze davanti alla Commissione Disciplinare Nazionale tutti i deferiti respingevano le accuse, mentre Sartor ribadiva preliminarmente il difetto di giurisdizione federale. Con decisione pubblicata il 18 giugno 2012 la C.D.N. dichiarava tutti e tre i deferiti colpevoli delle violazioni loro ascritte e condannava ciascuno alla squalifica per cinque anni con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.. Osservavano i primi giudici che era da ritenersi provata la ricorrenza dell'associazione prevista dall'art. 9 C.G.S. e la partecipazione ad essa dei tre deferiti, in forma organica e non occasionale, alla stregua delle risultanze delle indagini penali e della Procura Federale. In particolare, quanto alla posizione di Cassano la C.D.N. rilevava che il suo ruolo associativo si desumeva dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti il 2 febbraio 2012 dal GIP del Tribunale di Cremona per il delitto di associazione per delinquere in cui gli veniva rivolta l'accusa di aver, nell'aprile del 2011, messo in contatto, al fine di consentire la manipolazione di partite di calcio di serie A, il coincolpato Zamperini e Hristian Ilievski, appartenente al gruppo dei cosiddetti “zingari” (e sottoposto, a propria volta, ad indagini penali a Cremona sempre per delitti associativi). Altri elementi assertivi della responsabilità di Cassano erano costituiti, ad avviso della C.D.N., dalle seguenti circostanze: a) la dichiarazione giudiziale di Zamperini secondo cui Cassano gli aveva presentato Gervasoni attraverso il collegamento Skype, allo scopo di creare una rete di collegamento con altri calciatori; b) le dichiarazioni giudiziali di Gervasoni secondo cui egli stesso e Cassano avrebbero raggiunto accordi con Alma Gegic (sottoposto ad indagini penali per delitti associativi in materia di frode sportiva) per l'alterazione della gara Atalanta – Piacenza del 19 marzo 2011, ricevendone una somma compresa tra € 80.000,00 e 90.000,00, nonché con altra “cordata”; c) la partecipazione del deferito ad altra condotta alterativa di gara, esattamente quella tra Albinoleffe e Piacenza del 20 ottobre 2010, in concorso con altri tesserati, sulla quale anche Cassano aveva effettuato scommesse per interposta persona. Quanto alla responsabilità di Sartor ex art. 9 CGS la C.D.N., premessa la giurisdizione federale alla luce della giurisprudenza di questa Corte e dell'art. 4 del regolamento FIFA, poneva in rilievo le seguenti circostanze: a) la provata (in sede di indagini penali) serie di contatti con Giuseppe Signori ed Antonio Bellavista, già condannato ai sensi dell'art. 9 CGS in via definitiva; b) la altrettanto provata ricorrenza di contatti, anche in Italia, con cittadini di Singapore, appartenenti all'associazione internazionale contro cui si procede penalmente; c) la frequenza di comunicazioni telefoniche con utenze del paese asiatico; d)la natura della conversazione telefonica del 24 marzo 2011 con Bellavista in cui si esprimono delusione per taluni inattesi risultati di gare e preoccupazioni per i possibili riflessi; e) dalle dichiarazioni del consulente fiscale di Signori e da quelle di Erodiani – già condannato definitivamente ex art. 9 C.G.S. in sede sportiva – che ne mettevano in rilievo, rispettivamente, la funzione di “contatto con Signori” e di “contabile del gruppo” incaricato di “gestire in prima persona i rapporti con i soggetti di Singapore”; f) il cambio di utenze telefoniche dopo la diffusione della notizia dell'esistenza di indagini penali. Quanto alla responsabilità di Zamperini in ordine all'illecito associativo i primi giudici ravvisavano le seguenti circostanze: a) la deposizione di Simone Farina con riguardo alla proposta corruttiva di circa € 200.000,00 per un risultato Over rivoltagli, alla presenza di altra persona, dal deferito per la gara Gubbio – Cesena, con la precisazione che vi era “un gruppo di persone che scommetteva in Asia e che il capo era un indonesiano, che a sua volta si avvaleva di un macedone”; b) l’ammissione di contatti con Gervasoni e Ilievski grazie all’iniziativa di Cassano; c) la conoscenza di particolari sulla vita dell'associazione solo accessibili a chi ne faccia attivamente parte. Quanto alla responsabilità di Cassano in relazione alla gara Albinoleffe – Piacenza del 20 dicembre 2010 la C.D.N. ha ritenuto provato, alla stregua in particolare delle dichiarazioni (sostenute dal riscontro di altre) rese da Gervasoni sia all'autorità giudiziaria sia alla Procura Federale, che egli – come avrebbe confidato allo stesso Gervasoni – avrebbe concordato con altri coincolpati il risultato della gara, comunicando la decisione al proprio Direttore sportivo, per poi scommettere direttamente sul relativo esito. Sempre con riguardo alla gara da ultimo menzionata è stata in primo grado affermata, sulla base delle medesime dichiarazioni accusatorie appena citate, la responsabilità di Zamperini per aver accettato, ed essersi adoperato per effettuare, scommesse quale soggetto interposto di altri scommettitori. Ed infine, la responsabilità di Cassano quanto all'alterazione del risultato Albinoleffe - Piacenza è stata affermata alla luce degli elementi di giudizio già espressi da questa Corte nella propria decisione definitiva del 18 agosto 2011 e delle dichiarazioni accusatorie di altri coincolpati, a propria volta munite di ulteriore riscontro. Contro la decisione del 18 giugno 2012 ciascuno dei deferiti ha proposto autonoma impugnazione a questa Corte, chiedendone l’integrale riforma. Con il proprio atto d’appello Alessandro Zamperini, riaffermata la necessità che, al fine di un adeguato svolgimento delle proprie difese si attendesse l’esito del procedimento penale avente natura pregiudiziale rispetto a quello disciplinare, rinnovava le proprie censure alle ordinanze rese dai Giudici di primo grado reiettive delle sue istanze istruttorie e, quindi, pregiudizievoli del diritto di difesa. Nel merito contestava la propria partecipazione alla associazione e, comunque, lamentava l’eccessività della sanzione inflittagli, anche sotto il profilo che egli non era stato chiamato a rispondere di alcun altro episodio illecito all’infuori di quello relativo alla gara Cesena – Gubbio. Chiedeva, pertanto, l’esclusione dell’addebito associativo e una sensibili riduzione della pena. All’udienza di discussione il difensore insisteva in tutti i motivi di gravame, ponendo, tra l’altro, in rilievo che il contatto tra i tesserati Cassano e Gervasoni non era avvenuto attraverso Zamperini. La Procura Federale, dopo aver in via generale chiarito che gli elementi caratterizzanti l’associazione per delinquere sono estensibili alla sede disciplinare sportiva, in particolare sotto il profilo del carattere permanente dell’illecito e della necessità della prova da fornirsi da parte dell’associato della fuoriuscita dal sodalizio, metteva in rilievo l’infondatezza del gravame, di cui chiedeva il rigetto. MOTIVI DELLA DECISIONE In via logicamente preliminare, va esaminata la questione, sollevata con i primi motivi d’appello, della legittimità delle ordinanze dibattimentali di primo grado con cui, rispettivamente negata la sussistenza della pregiudiziale influenza del procedimento penale su quello disciplinare sportivo e riaffermata l’applicabilità in questo di regole autonome di formazione e valutazione delle prove secondo le linee direttrici dettate dal Codice di Giustizia Sportiva, sono state rigettate le richieste difensive – oggi ribadite – di sospensione del presente giudizio e di ammissione di mezzi di prova, in particolare consistenti nell’escussione di coincolpati. La Corte non ha dubbi nel ritenere che le ordinanze non meritino alcuna censura, essendosi motivatamente mosse nel solco della costante giurisprudenza federale. Ed infatti, è storicamente radicato il principio secondo cui all’autonomia degli ordinamenti settoriali riconosciuti, come l’ordinamento sportivo, da quello generale debba corrispondere la libera determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con in equivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orienta,menti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore. Il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazione che si dovessero verificare al suo interno. E’, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connessa con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare in linea generale la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Non vi è, quindi, alcun bisogno di sospendere il procedimento disciplinare se la pretesa punitiva federale viene esercitata sulla scorta di un materiale probatorio già giudicato dagli organi di giustizia sportiva congruamente espressivo del livello di infrazioni contestate, senza subordinare all’esito di un procedimento che si svolge in ambiti e tempi sensibilmente diversi, con parametri e criteri di raccolta e valutazione degli elementi di giudizio non coincidenti, la propria esigenza di pronto ristabilimento dell’ordine violato, a beneficio degli altri consociati ed a difesa del bene comune. D’altra parte, la tesi dell’obbligatoria sospensione del procedimento sportivo in attesa della definizione con sentenza irrevocabile di quello penale non riesce a superare la controprova logica della sua fondatezza, e cioè della diretta vincolatività per l’ordinamento sportivo di ogni pronuncia penale e della conseguente, obbligatoria conformazione ad essa: una costruzione così radicale finirebbe per contraddire o vanificare l’essenza stessa dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, degradandolo a semplice recettore di regole e disposizioni eteronome. Non può, in ogni caso, dimenticarsi che, nell’ipotesi di sopravvenuto mutamento del quadro fattuale posto a fondamento dei provvedimenti degli organi di giustizia sportiva, l’Ordinamento federale – in ciò spontaneamente adattatosi alle scelte compiute da quello generale – ha saputo predisporre rimedi adeguati, quali la revisione e la revocazione dei provvedimenti giustiziali. Sulla scorta delle precedenti considerazioni, la Corte risolutamente esclude che il presente procedimento debba essere sospeso e rileva che, tra i valori fondativi dell’ordinamento sportivo, campeggia quello della celere definizione dei procedimenti disciplinari: tale valore, che palesa l’esigenza di certezza e stabilità delle posizioni soggettive dei tesserati, dati i loro riverberi sull’assetto dell’intero ordinamento, sarebbe sicuramente compromesso dalla soluzione opposta. Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riguardo alle richieste istruttorie ripetute dall’appellante. Ad esse ha esattamente, ed in omaggio ad una giurisprudenza che ha resistito nel corso di lunghi anni, replicato la Commissione di primo grado osservando che le regole del procedimento sportivo, cui gli organi di giustizia sono tenuti ad uniformarsi, non prevedono il dovere del giudicante di allargare l’orizzonte del materiale probatorio già acquisito, se questo soddisfa a suo avviso le esigenze del giudizio, né di sottoporre – come nel caso di specie – ad interrogatorio altri coincolpati, in ipotesi indisponibili a sostenerlo. Del resto, è appena il caso di osservare che l’eventuale insufficienze del materiale probatorio non potrebbe che risolversi negativamente per l’accusa, nel caso essa non riuscisse a provare la colpevolezza del deferito alla luce degli atti e dei documenti prodotti: su essa naturalmente grava l’onere di dimostrazione della responsabilità dei tesserati. Da questo punto di vista, non rappresenta in alcun modo violazione del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del Codice di Giustizia Sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova mediante produzione documentale, come è reiteratamente accaduto nei due gradi del presente giudizio. Venendo adesso al merito, il primo compito che attende la Corte consiste nella individuazione del filo conduttore che deve guidare l’interprete nella ricerca degli elementi costitutivi della fattispecie di illecito associativo previsto e punito dall’art. 9 C.G.S.. La questione ha già trovato esame e risposta da queste Sezioni Unite nel corso dei procedimenti svoltisi davanti ad essa il 18 agosto 2011, poi definiti con una pluralità di decisioni. In particolare, come emerge dal Com. Uff. n. 30/CGF della medesima data, relativo alla posizione del tesserato Marco Paoloni, è da ritenere che a dar vita al sodalizio riconducibile alla previsione dell’art. 9 più volte citato concorre una pluralità di elementi materiali, psicologici, causalmente orientati, strumentali, finalistici (rinvenibili nell’uso di mezzi idonei a favorire la costante e assidua comunicazione tra gli associati, nella pluralità di contatti tra essi, nel ricorso a modalità comunicative auspicabilmente capaci di sfuggire a captazione o decifrazione, nella consapevolezza del fine e del perimetro dell’azione propria e di quella degli associati – o dell’associato – di riferimento, nella vastità e cospicuità degli interessi patrimoniali implicati nell’attività di scommessa, nell’abitualità di quest’ultima, nella finalizzazione ad essa – ed ai desiderati benefici pecuniari - delle condotte degli associati in modo tanto intenso da caratterizzarla come stile di vita). Da questa giurisprudenza, cui, sia pur senza esplicitamente menzionarla, si sono sostanzialmente attenuti i Giudici di primo grado nelle premesse al proprio provvedimento e nell’esame delle posizioni dei singolo accusati di partecipazione all’associazione illecita, occorre, pertanto, tener conto nella decisione del presente appello. Va, peraltro, ricordato che è stato, altresì affermato, da queste Sezioni Unite nella prima ricordata pronuncia che né la lettera né lo spirito della disposizione di cui all’art. 9 C.G.S. predicano la necessità tra ciascuno degli associati debbano intercorrere rapporti diretti e che il vincolo nascente dal sodalizio debba stringere ognuno dei partecipanti con tutti gli altri, essendo, piuttosto, necessaria la stipulativa convergenza di più energie individuali verso un comune scopo illecito, conseguibile attraverso apporti personali variamente combinati tra loro e certo non postulanti la simultanea partecipazione ad ogni dispiegamento di condotta. È , quindi, da ritenere che la radice della figura di illecito federale di recente conio consista nella esigenza punitiva di condotte frutto di un patto antigiuridico, rivolte al conseguimento, tramite circoscritti apporti individuali, di un comune, illecito vantaggio. Si è parimenti affermato da queste Sezioni Unite che la comunanza di scopi e la solidità dell’assetto costituiscono, nel disegno della normativa federale, gli elementi costitutivi della figura di cui si tratta. Va preliminarmente osservato che il riferito orientamento giurisprudenziale endofederale si pone in linea di continuità con il consolidato indirizzo assunto a proposito del delitto di cui all’art. 416 c.p. dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria. E ciò sia con riguardo agli elementi costitutivi ed alla struttura dell’illecito sia con riguardo al rapporto tra illecito-mezzo ed illecito-fine sia, infine, con riguardo ai canoni probatori utilizzabili nel processo di verifica della sussistenza degli elementi costitutivi dell’associazione. Quest’ultima notazione esclude, come potrà agevolmente rilevarsi dal prosieguo del ragionamento, l’ipotesi di inconciliabilità tra principi posti dalla giurisprudenza ordinaria e criteri di giudizio stabiliti da quella sportiva, anche in relazione ai rapporti di inerenza al sodalizio di singole condotte illecite sfociate nella commissione di atti costituenti mezzo per la consecuzione del progetto vietato. Ciò premesso in via generale è da rilevare che, in merito alla specifica posizione dell’appellante in seno all’associazione, le ragioni incriminatrici sono state individuate nei termini che di seguito ci si accinge ad esporre. E ciò, anche grazie a dichiarazioni accusatorie provenienti da altri appartenenti all’associazione, come Gervasoni, la cui credibilità intrinseca va dedotta non soltanto dall’assenza di ragioni di malanimo o rancore nei confronti delle persone (come l’appellante) di cui hanno contribuito a rivelare o chiarire aspetti di condotte illecite e dalla ricchezza delle narrazioni e dei dettagli, tipicamente riferibili ai conoscitori della vita dell’associazione per averne fatto parte. La credibilità è ulteriormente rafforzata dai significativi riscontri che le dichiarazioni hanno ottenuto in forma oggettiva, come quelli relativi alle gare Atalanta – Piacenza e Piacenza – Albinoleffe, per ciò che attiene - come già - visto sia alle testimonianze di Doni, Erodiani e Federico Cossato sia all’accertata anomalia dell’ammontare di scommesse effettuate sulle seconda delle due partite. Dall’ordinanza restrittiva della libertà personale dell’Autorità giudiziaria cremonese del 9 dicembre 2011 più volte citata si ricava che a Zamperini, accusato ai sensi dell’ art. 416 c.p., sarebbe stato attribuito in ambito associativo il compito di reclutare calciatori da attrarre alla comune causa dell’alterazione di gare. In particolare, egli si sarebbe adoperato a questo scopo con il tesserato del Gubbio Simone Farina, cui aveva offerto € 200.000,00 per combinare il risultato della gara contro il Cesena del 30 novembre 2011, destinando la somma al portiere e a due difensori centrali da scegliersi da parte dell’oblato. Avrebbe fatto parte dell’accordo corruttivo la promessa di favori sportivi al Gubbio in gare successive. Allo Zamperini veniva anche addebitata la pluralità di apporti con altri associati tesserati (Carlo Gervasoni) e non (Eng Tan Zet e Hristian Ilievski), anch’essi sottoposti ad indagine penale per il medesimo delitto associativo. La parabola investigativa nei confronti di Zamperini prese le mosse dalle dichiarazioni rilasciate il 29 settembre 2011 alla Procura Federale da Simone Farina, che riferiva di avere incontrato due giorni prima a Gubbio lo Zamperini (che lo aveva chiamato al telefono il giorno prima per fissare un incontro di cui non avevano specificato l’oggetto), alla presenza di altra persona sottoposta alle indagini, Paolo Roberto Palmieri. Dalla deposizione di Farina si ricavava che Zamperini avrebbe agito in rappresentanza di un gruppo di persone che scommetteva in Asia e “che il capo era un indonesiano che a sua volta si avvaleva di un macedone che portava i soldi in Italia”. Le indagini penali esprimevano la convinzione che il calciatore “fosse effettivamente inserito all’interno di un contesto criminoso già specializzato in simili condotte delittuose”. L’analisi dei tabulati di traffico telefonico di Zamperini e l’attività di intercettazione telefonica della sua utenza faceva concludere gli inquirenti nel senso che vi fosse la prova della sua attività all’interno del gruppo criminale riconducibile al cartello di Singapore: venivano riportati gli estremi identificativi di plurimi contatti telefonici con utenze straniere riconducibili ad altri concorrenti nell’organizzazione criminale di Singapore; venivano accertati anche 117 contatti con Gervasoni. Gli inquirenti risalivano, inoltre, a contatti tra Zamperini (e la persona che lo aveva accompagnato a Gubbio, Palmieri) con lo Ilievski: gli stessi avevano, in particolare, alloggiato a Lecce in prossimità dell’arrivo in quella città il 19 maggio 2011 dello stesso Ilievski. Proprio Zamperini, interrogato dal Procuratore della Repubblica di Cremona il 27 dicembre 2011, ammetteva di conoscere Ilievski e di averlo incontrato a Lecce. Dalle dichiarazioni rese nella stessa data alla medesima Autorità Giudiziaria da Carlo Gervasoni si evince che, con riguardo alla partita Piacenza – Albinoleffe del 20dicembre 2010, Cassano gli aveva detto dell’esistenza di un accordo alterativo del risultato della gara e di aver piazzato una scommessa sul relativo esito attraverso l’intermediazione di Zamperini. Gervasoni riferì, inoltre, di aver presentato Zamperini a Gegic in quanto quest’ultimo gli aveva chiesto “di metterlo in contatto con qualcuno che avesse delle conoscenze con giocatori di serie A”. Il dichiarante aggiungeva di aver conosciuto Zamperini attraverso Cassano e di aver ricevuto dal primo la richiesta del se conoscesse “qualcuno disposta finanziare la sconfitta di una squadra qualunque nei confronti della Lazio”. Nel successivo interrogatorio del 12 marzo 2012 al Procuratore della Repubblica di Cremona Gervasoni riferiva di ulteriori interventi a scopi alterativi di gare estranee al presente procedimento da parte di Zamperini. Sempre nel corso di quest’ultimo interrogatorio Gervasoni aggiungeva, con riferimento alla gara Albinoleffe – Piacenza sulla quale Zamperini interpose la propria persona alla scommessa effettuata da Cassano, che questi gli disse che alcuni giocatori del Piacenza avevano chiesto al direttore sportivo De Falco l’approvazione in ordine alla decisione di perseguire un risultato di parità. Ciò premesso, in punto di sintesi dei principi che governano la fattispecie dell’illecito associativo di cui all’art. 9 C.G.S. e delle risultanze istruttorie, già passate in rassegna in forma criticamente argomentata, la Corte non ha dubbi nel ritenere che la pronuncia impugnata sfugga a ciascuna delle critiche ad essa mosse nell’atto di appello, che va rigettato, con conseguente conferma della decisione di primo grado. Ed invero, è del tutto fuori discussione la partecipazione di Zamperini alla fattispecie associativa, peraltro di recente ribadita dallo stesso Tribunale del Riesame di Brescia che ha deciso in forma diversa per altra persona sottoposta alle indagini, la cui posizione è del tutto ininfluente ai presenti fini. Le circostanze prima menzionate, sia nella parte espositiva, sia in quella precedente di questa parte motiva, danno ragione della pluralità, intensità, sistematicità, organicità dei rapporti intrattenuti dall’appellante con altri appartenenti all’associazione, tanto tesserati (Gervasoni e Cassano), tanto non tesserati ( Eng Tan Zet e Hristian Ilievski). La cerchia delle frequentazioni dell’appellante si è pericolosamente estesa anche ad altra persona sottoposta alle indagini penali, Gegic. L’appellante è risultato poi solitamente frequentare, assieme a persona, Roberto Palmieri, di cui si è già parlato, ritiri di squadre di calcio. Ed ancora, dichiarazioni esterne e disinteressate, in quanto rese in sede di autoaccusa, quali quelle provenienti da Gervasoni, servono a stabilire il ruolo di tramite svolto da Zamperini tra associati ( Gervasoni e Cassano) nonché del particolare credito di cui l’appellante godeva nell’ambiente delle scommesse per ciò che atteneva alla vastità delle sue conoscenze con giocatori di serie A: fu, infatti, questa la ragione che indusse Gegic a chiedere a Gervasoni di presentargli Zamperini. Anche la partecipazione di Zamperini all’attività di scommesse illecite e di alterazione di gare è solidamente confermata dalle puntuali dichiarazioni di Gervasoni con riferimento alla gara Piacenza – Albinoleffe su cui, come provato attraverso le relazioni di organi pubblici, venne a convergere un’elevatissima quantità di somme di denaro per scommesse. Di Zamperini si è, così, saputo che egli esercitò il ruolo di collettore di scommesse per conto del suo intimo amico Cassano. Ad ulteriore dimostrazione della costanza dei rapporti endoassociativi di Zamperini sta la accertata sussistenza di molteplici contatti telefonici con utenze straniere, di cui si è dimostrata la riconduzione all’organizzazione di Singapore. Numerosissimi anche i contatti con Gervasoni che, in forma indiretta ma logicamente inoppugnabile, rendono chiaro di quale preziosissima messe di informazioni Gervasoni stesso potesse disporre prima di collaborare con l’Autorità Giudiziaria, alla quale evidentemente trasmise tale cospicuo patrimonio informativo. Di carattere centrale, e connotativo della propensione all’illecito dell’appellante, è poi la vicenda alterativa in relazione alla gara Gubbio – Cesena. L’episodio è stato chiarito in tutti i suoi penosi risvolti dalla pronta e lodevole denuncia del tesserato Simone Farina. Questi ha rivelato con quanta tracotante iattanza Zamperini gli propose di tradire i propri colori sociali in cambio di denaro e di possibili, futuri favori illeciti. Zamperini disse anche a Farina che egli non parlava solo per sé, ma quale esponente di un gruppo che preferiva agire attraverso di lui, avendogli affidato il compito di tutelarne gli interessi illeciti. Alle puntuali, credibili e logicamente argomentate accuse di Farina si sono contrapposte le goffe, frammentarie ed incongrue, ostinate difese di Zamperini che non ha saputo dare una spiegazione dell’incontro capace di allontanare dallo stesso lo spettro del fine alterativo chiaramente desumibile dalla denuncia del primo. Quest’episodio, che ovviamente radica la responsabilità anche ai sensi dell’art. 7 a carico del’appellante, rileva come spia della completa dedizione dell’appellante alla causa associativa e della costanza e stabilità dell’apporto ad essa dato. In conclusione, nessun dubbio può minimamente residuare sulla piena e completa responsabilità dell’appellante in relazione a ciascuno degli illeciti contestati, come esattamente rilevato dalla Commissione Disciplinare Nazionale, la cui decisione va anche confermata in punto di entità della pena. Ed infatti, essa non può che consistere nella dichiarazione di assoluta, definitiva, irredimibile incompatibilità della permanenza nei ranghi federali di una persona proclive alla violazione sistematica e per puro calcolo di convenienza delle regole comportamentali di etica sportiva. Le condotte del tipo di quelle qui esaminate costituiscono una grave minaccia per la credibilità dello sport, per il regolare svolgimento delle sue manifestazioni, per la buona fede di appassionati e sostenitori, per le legittime aspettative degli scommettitori secundum legem:l’autore non può, pertanto, che essere immediatamente rimosso da quel mondo che ha dimostrato, senza mostrare scrupoli o segni di resipiscenza, di disprezzare. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Alessandro Zamperini e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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