CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 21 dicembre 2012 promosso da: Dott. Pierandrea Semeraro e U.S. Lecce SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio, Lega Nazionale Professionisti Serie B, Lega Italiana Calcio Professionistico e Vicenza Calcio Spa
CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 21 dicembre 2012 promosso da: Dott. Pierandrea Semeraro e U.S. Lecce SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio, Lega Nazionale Professionisti Serie B, Lega Italiana Calcio Professionistico e Vicenza Calcio Spa
Il Collegio Arbitrale
Composto dai signori:
Prof. Franco MODUGNO
Dott. Antonio CAMOZZI
Dott. Giancarlo CASTIGLIONE
In data 21 dicembre 2012, presso la sede dell’arbitrato in Roma, ha deliberato il
seguente
LODO
Nel procedimento di arbitrato prot. n. 2123 del 24 agosto 2012 – 638 – promosso da
- Dott. Pierandrea SEMERARO, nato a Lecce il 29 aprile 1973;
- U. S. LECCE S.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore,
Amministratore delegato Ing. Renato CIPOLLINI, con sede in Lecce, Via dei
Templari n. 11;
entrambi rappresentati e difesi dal Prof. Avv. Franco COPPI, dall’Avv. Andrea
SAMBATI, dal Prof. Avv. Saverio STICCHI DAMIANI, ed elettivamente
domiciliati nello studio di quest’ultimo in Roma alla Via Bocca di Leone n. 78
Parti istanti
Contro
- Federazione Italiana Gioco Calcio - F. I. G. C. – con sede in Roma, Via Gregorio
Allegri n. 14, in persona del Presidente p.t. Dott. Giancarlo Abete, rappresentata e
difesa dagli Avv. Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli ed elettivamente domiciliata
nel loro studio in Roma, Via Panama 58;
Parte intimata
- Lega Italiana Calcio Professionistico, con sede in Firenze, Via Jacopo da Diacceto
n. 19, in persona del Presidente p.t. Rag. Mario Macalli;
Parte intimata non costituita
E nei confronti di
- Vicenza Calcio SPA, con sede in Vicenza, Via Schio 21, in persona del legale
rappresentante Dott. Dario Cassingena, rappresentata e difesa dagli Avv. Antonino
De Sivestri, Andrea Fabris e Gian Luigi Polato ed elettivamente domiciliata nello
studio di quest’ultimo in Vicenza, Viale Mercato Nuovo n. 44/F;
altra parte intimata
- Lega Nazionale Professionisti Serie B, con sede in Milano, Via Rossellini n. 4, in
persona del Presidente p.t. Dott. Andrea Abodi;
altra parte intimata non costituita
Visti gli articoli 1, comma 5 lett. e), e 30, comma 3 (clausola compromissoria), dello
Statuto della F.I.G.C. approvato dall’Assemblea straordinaria del 20 giugno 2011;
Ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO
Il 25 luglio 2012 , sulla base delle emergenze del procedimento penale per
frode sportiva pendente presso la Procura della Repubblica di Bari, nonché di propria
autonoma istruttoria riguardante sei gare disputate dal BARI nei campionati di serie
A delle stagioni 2009/2010 e 2010/2011, il Procuratore della F. I. G. C. deferiva alla
Commissione Disciplinare Nazionale, con n. 42 capi di incolpazione, n. 29 soggetti
fra dirigenti, tecnici, calciatori e Società, ivi compresi:
- il presidente e legale rappresentante pro tempore della U.S. LECCE spa
SEMERARO Pierandrea, per avere posto in essere atti diretti ad alterare lo
svolgimento e il risultato della gara Bari – Lecce del 15 maggio 2011, con le
aggravanti della effettiva alterazione del risultato e del conseguimento del vantaggio
in classifica, in particolare corrispondendo la complessiva somma di € 200.000,00 per
il tramite di soggetti non tesserati al calciatore del Bari Masiello Andrea e ad altri
soggetti non tesserati;
- la stessa Spa a titolo di responsabilità diretta, oggettiva e presunta in ordine agli
addebiti contestati rispettivamente al Presidente SEMERARO ed ai calciatori VIVES
(del Lecce) e MASIELLO (del Bari) – capi di incolpazione n. 31 e n. 33 - .
La C. D. N. col CU n. 12 del 10 agosto 2012, prosciolti una Società e sei
giocatori (in particolare VIVES Giuseppe del Lecce), sanzionava n. 22 soggetti, e fra
essi la Società U. S. LECCE spa, ed il suo presidente pro tempore SEMERARO:
a) la Società con l’esclusione dal campionato di competenza di serie B 2012/2013
ed assegnazione a categoria inferiore, oltre l’ammenda di € 30.000,00, sanzioni
irrogate a titolo di responsabilità diretta e presunta di cui all’art. 4, commi 1 e 5
del Codice di Giustizia Sportiva;
b) il SEMERARO con l’inibizione di cinque anni per il comportamento sopra
descritto, rientrante nella figura dell’illecito sportivo di cui all’art. 7.
Nel compendio, le sanzioni inflitte riguardarono n. 7 soggetti. Per gli altri 15 le stesse
furono applicate a seguito di patteggiamento. E furono ben 10 i patteggiamenti con
ammissione di colpa, fra i quali quelli della A. S. BARI spa e dei calciatori del Bari
Masiello Andrea, Parisi Alessandro e Rossi Marco.
Avverso la decisione venivano proposti n. 9 ricorsi in appello davanti alla
Corte di Giustizia Federale, promossi dal SEMERARO, dalla Società LECCE, da tre
giocatori, da altra Società, e dal Procuratore federale (tre ricorsi).
La C. G. F. col CU n. 30 del 22 agosto 2012 recante il solo dispositivo
respingeva tutti i ricorsi.
Le motivazioni di rigetto degli appelli SEMERARO e LECCE spa [ capi 4) e 5) ]
saranno pubblicate cinque giorni più tardi, il 27 agosto 2012, nel CU n. 035 CGF. Da
esso si apprende che le sanzioni alla Società sono inflitte a titolo di responsabilità
diretta ex art. 4, comma 1, C. G. S. reputandosi assorbita la responsabilità presunta di
cui al comma 5.
Con istanza di arbitrato prot. 2123, depositata nella Segreteria del TNAS il 24
agosto 2012 – 638 (giorno di apertura del campionato di Serie B), il dott. Pierandrea
SEMERARO e la U. S. LECCE spa, come in epigrafe rappresentati e difesi, hanno
chiesto l’annullamento per illegittimità e la sospensione ad horas dei capi 4) e 5) del
CU n. 30 sopra citato, fermo il tentativo obbligatorio di conciliazione. In subordine
hanno chiesto la riduzione delle sanzioni nella misura ritenuta di giustizia.
L’istanza,contenente riserva di motivi aggiunti e comunicata ritualmente agli enti
destinatari, era stata rivolta nei confronti di F. I. G. C. ; Lega Nazionale Professionisti
Serie B; Lega Italiana Calcio Professionistico; Vicenza calcio spa, quest’ultima
subentrata al posto del Lecce nel campionato di serie B 2012/2013.
Nell’istanza le censure sono formulate con riferimento al contenuto della
decisione della Commissione Disciplinare Nazionale, in assenza di motivazione
dell’atto impugnato, il CU n. 30 CGF consistente nel solo dispositivo.
In estrema sintesi alla C. D. N. viene mosso addebito di insufficienza di prova circa
il coinvolgimento del Semeraro nell’illecito riguardante la partita di serie A Bari –
Lecce del 15 maggio 2011 che, si concluse col risultato 0 – 2, determinante per la
salvezza del Lecce nella stagione sportiva 2010/2011.
La difesa esamina diffusamente la decisione della C. D. N. rilevandone incongruenze
e contraddizioni con riguardo:
al ruolo svolto nella vicenda da Carlo Quarta, e da altri soggetti come lui estranei
all’ordinamento sportivo;
alla partita, che si sarebbe svolta in maniera assolutamente regolare;
alla sproporzione delle sanzioni inflitte al Semeraro e di conseguenza al Lecce,
rispetto a quelle assai più tenui applicate ad altre Società e tesserati per alterazione
effettiva di partite;
al proscioglimento di Vives Giuseppe, unico incolpato fra i calciatori del Lecce;
alla inconcludenza dei riscontri bancari e telefonici.
In definitiva la Procura federale non avrebbe assolto l’onere di provare la sussistenza
dell’elemento materiale e psicologico di cui all’art. 7 C. G. S. in capo all’allora
presidente del LECCE, fra l’altro omettendo le audizioni di Carlo Quarta e di altro
leccese non tesserato: Andrea Starace. Di qui l’illegittimità delle sanzioni.
Con deposito del 24 agosto 2012 si è costituita la F.I.G.C. la quale ha osservato
che il giudizio verte sul provvedimento della C. G. F. noto nel solo dispositivo, ed ha
pertanto rinviato le proprie repliche a quando la parte istante avrà formulato i
preannunciati motivi di ricorso sulla detta decisione in forma integrale.
Il 30 agosto 2012 –prot. n° 2183- le parti istanti hanno comunicato alle
controparti e depositato un atto rubricato “Deposito documentale e brevi note
integrative relative al provvedimento cautelare richiesto” :
è allegato il Comunicato Ufficiale n° 035 della C. G. F. del 27 agosto, capi 4, 5 e 6,
recante il testo integrale in parte qua della decisione sanzionatoria definitiva; mentre
le brevi note sulla domanda cautelare contengono nella parte destinata alla
illustrazione del fumus boni iuris la critica specifica degli argomenti addotti dalla C.
G. F. a sostegno delle responsabilità accollate al dott. Pierandrea SEMERARO ed alla
U. S. LECCE spa.
L’atto processuale comunicato alle controparti, e contenente censure avverso la
motivazione testé conosciuta della decisione impugnata ben avrebbe potuto
configurare i motivi aggiunti annunciati nell’originaria istanza arbitrale. L’atto è
peraltro sottoscritto dalle parti personalmente, ma non dai difensori.
L’atto stesso in linea di massima e nella sostanza ripropone contro la decisione
confermativa di seconda istanza le censure già formalmente rivolte all’operato della
C. D. N.
Il 31 agosto 2012 la F. I. G. C. ha depositato un dischetto (CD) contenente gli
atti della Procura Federale.
La domanda cautelare è stata respinta in via d’urgenza dal Presidente del
TNAS con ordinanza 31 agosto 2012, prot. n. 2191, fatta salva la competenza del
Collegio arbitrale.
Con memoria 11 settembre 2012 F. I. G. C. eccepisce in via pregiudiziale la
inammissibilità dell’istanza arbitrale proposta da Semeraro e Lecce spa nella forma
dell’impugnazione collettiva e cumulativa, per annullamento di decisioni disciplinari
(capi 4 e 5 del CU n° 35 CGF) che pur contenute in unico atto restano oggettivamente
e soggettivamente distinte. Nel merito la Federazione sostiene la piena legittimità
delle sanzioni inflitte, avuto riguardo alla mole di elementi gravi, univoci e
concordanti che convergono nella ricostruzione logica dei fatti operata dalla Corte.
Vicenza Calcio spa si è costituita con memoria in data 11 settembre 2012
depositata il giorno 14 successivo, con la quale ha chiesto il rigetto integrale delle
domande delle parti istanti, ed ha sostenuto, fra l’altro, la inattendibilità della
versione dei fatti esposta da Carlo Quarta in sede di colloquio col difensore del
Semeraro, avvenuto il 13 agosto 2012 ai sensi dell’art. 391 bis c. p. p. Secondo tale
ricostruzione egli nella vicenda avrebbe agito da solo e per suoi interessi personali,
all’insaputa del Semeraro.
All’udienza convocata per il 12 ottobre 2012 sono presenti le parti costituite, le
quali preliminarmente dichiarano di aderire alla procedura arbitrale ed accettano la
composizione del Collegio.
Viene esperito il tentativo di conciliazione che si conclude con esito negativo.
Alla detta udienza la difesa delle parti istanti, a stagione calcistica in corso, ha
chiesto il rinvio al merito della domanda cautelare.
Il Presidente apre la discussione sulle questioni preliminari: Vicenza Calcio eccepisce
inesistenza ed inammissibilità dell’atto processuale prot. 2183 del 30 agosto 2012
(Deposito documentale e brevi note integrative…) per omessa sottoscrizione dei
difensori; F. I. G. C. sul medesimo rilievo chiede lo stralcio dell’atto. Le parti istanti
chiedono termine a difesa, che viene concesso come da verbale, con la proroga
contestuale del termine di pronuncia del lodo fino al 31 gennaio 2013.
Con memoria del 26 ottobre 2012 la difesa delle parti istanti replica alle
eccezioni pregiudiziali sollevate da F.I.G.C. e Vicenza Calcio sostenendo
l’ammissibilità dell’istanza arbitrale collettiva e cumulativa, nonché la piena validità
dell’atto prot. 2183 del 30 agosto 2012 sottoscritto personalmente dalle parti.
Osserva a tal proposito come la giurisprudenza del TNAS sarebbe costante nel
ritenere applicabile, in quanto richiamato, l’art. 816 bis, comma 2, c. p. c. , e quindi
ammissibile l’atto processuale sottoscritto personalmente dalla parte senza la firma
del difensore, l’assenza di questa rilevando alla stregua di mera irregolarità dell’atto,
sanabile col riconoscimento dell’errore scusabile , che viene a tal uopo invocato.
Ad ogni buon conto la difesa ripropone estensivamente in punto di merito le
osservazioni contenute nell’atto 2183, ed effettua nuovo deposito del CU n. 035 CGF
del 27 agosto 2012, capi 4, 5 e 6 (il capo 6 reca il rigetto dell’appello proposto dalla
Procura Federale avverso il proscioglimento del calciatore del Lecce Giuseppe
VIVES). La memoria infine dà conto della rinuncia alla domanda cautelare.
Con produzione del 7 novembre 2012 F. I. G. C. insiste sull’irritualità dell’atto
prot. 2183 non sottoscritto dai difensori: afferma al riguardo che innanzi al TNAS
vige l’obbligo della difesa tecnica a mezzo di avvocato iscritto agli albi professionali,
desumibile dalle disposizioni degli articoli 9 (contenuto dell’istanza) e 30 (patrocinio
gratuito) del relativo Codice; in fattispecie inoltre le parti istanti erano comunque
inabilitate a compiere personalmente atti del processo avendo nell’atto introduttivo
conferito la procura ad un collegio di difesa.
Ancora, l’ istanza arbitrale anticipata contro la decisione nota nel solo dispositivo
sarebbe essa stessa inammissibile mancando la contestazione specifica sulla
motivazione addotta dalla C. G. F.; né a tanto potrebbe supplire la memoria 26
ottobre 2012, contenente la detta contestazione specifica, ma trasmessa oltre il
termine decadenziale di 30 giorni, di cui all’art. 10 del richiamato Codice dei giudizi
innanzi al TNAS. L’istanza arbitrale formulata “al buio” e non seguita dai motivi
aggiunti sarebbe inammissibile perché si ridurrebbe alla sola domanda cautelare, poi
rinunciata.
Nel merito F.I.G.C. chiede il rigetto dell’istanza riportandosi alla propria precedente
memoria.
VICENZA CALCIO spa deposita memoria 9 novembre 2012 con la quale
ripercorre le eccezioni pregiudiziali sollevate da F. I. G. C. chiedendone
l’accoglimento, mentre riguardo alla sottoscrizione dell’atto 2183 del 30 agosto
“mera dimenticanza conseguente errore scusabile” definisce siffatta eccezione
avversaria ictu oculi infondata.
All’udienza collegiale del 21 dicembre 2012 sono presenti le parti costituite.
L’avv. Saverio Sticchi Damiani preliminarmente dà atto della elezione di domicilio
delle parti istanti nel suo studio in Roma, come in epigrafe, e formula istanza
istruttoria per l’audizione di Carlo Quarta e Andrea Starace; insiste nella richiesta
(contenuta nell’atto introduttivo del 24 agosto, pagina 61) di acquisizione del
fascicolo di parte depositato avanti alla Corte di Giustizia Federale, contenente il
verbale delle dichiarazioni rese dal Quarta il 13 agosto 2012 al difensore in sede
penale del Semeraro, ai sensi dell’art. 391 bis c. p. p. (v. CU 035 pag 8).
Le controparti si oppongono, fra l’altro richiamando l’art. 22 del Codice TNAS.
Il Collegio esamina le istanze attoree e le rigetta ritenendo sufficientemente istruita la
causa.
Indi, sentiti sul merito i patroni delle parti, e su conforme loro richiesta, il ricorso è
stato assunto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, in applicazione dell’art. 89 c. p. c. , il Collegio ordina la
cancellazione della parola “risibile” a rigo 1 pag. 6 della memoria 9 novembre 2012
di Vicenza Calcio spa, trattandosi di espressione sconveniente riferita ad una
eccezione di parte.
Prima di accedere all’esame del merito è necessario risolvere le questioni
processuali sollevate dalle costituite controparti.
Nell’ordine temporale:
- F.I.G.C. oppone inammissibilità dell’istanza arbitrale proposta in forma di domanda
collettiva e cumulativa da due soggetti, contro due distinte sanzioni irrogate dalla
Corte di Giustizia Federale;
- Vicenza Calcio spa eccepisce inammissibilità ed inesistenza dell’atto processuale
prot. 2183 del 30 agosto 2012 sottoscritto personalmente dalle parti istanti, ma non
dai costituiti difensori;
- si associa F. I. G. C. la quale soggiunge che innanzi al TNAS vige l’obbligo di
difesa tecnica;
- F. I. G. C. eccepisce altresì inammissibilità dell’istanza arbitrale originaria,
formulata contro il solo dispositivo sanzionatorio (CU n. 030 CGF), in assenza di
rilievi di censura specifici riguardanti il CU n. 035 CGF corredato della motivazione;
rileva inoltre la tardività della memoria 26 ottobre 2012 recante le censure contro il
detto CU n. 035;
- Vicenza Calcio spa osserva che l’errore riguardante la sottoscrizione dell’atto 30
agosto 2012 è inescusabile.
- Viene per prima nell’ordine logico la questione sulla esistenza dell’obbligo di
difesa tecnica nell’arbitrato amministrato dal TNAS questione che, se pur non
strettamente attinente alla controversia, è affrontata nell’intento di risolvere un
diffuso stato di incertezza collegato sia a decisioni non univoche della giurisprudenza
arbitrale –per la inesistenza dell’obbligo: lodo ASD Buguggiate contro F .I. G. C. e
LND del 3 novembre 2009; lodo Morandi contro F. I. G. C. del 2 febbraio 2010-, sia
ad obiettive difficoltà di interpretazione delle norme del Codice.
Al riguardo è di fondamentale importanza che l’art. 24 della Costituzione garantisca
il diritto di difesa in giudizio non come semplice autodifesa, bensì al grado più
elevato di difesa tecnica assicurata a tutti, anche ai non abbienti attraverso l’istituto
del gratuito patrocinio. Ne segue che l’obbligo della difesa tecnica, sancito dalla
Carta, assurge nell’ordinamento dello Stato al rango di principio al quale le varie
leggi processuali devono ispirarsi; ed in effetti è dato osservare che ciò effettivamente
avviene, con maggior rigore per la difesa dell’imputato nel processo penale, ma non
senza eccezioni, variamente gradate nei diversi processi, dove l’autodifesa è
consentita in genere qualora si agisca de minimis –come ad esempio nell’art. 82,
primo e secondo comma, c. p. c. -, ma anche per altre causali a seconda del tipo di
processo.
Nell’arbitrato amministrato dal TNAS e nell’ambito della giustizia disciplinare non
solo le questioni de minimis sono escluse –art. 3, comma 1, del Codice-, ma
addirittura la competenza del Tribunale è riservata ai casi di maggiore rilevanza
(sanzioni pecuniarie a partire da diecimila euro; sospensioni da 120 giorni in su); per
di più la situazione dell’incolpato non è strutturalmente dissimile da quella
dell’imputato. Ne discende l’esistenza dell’obbligo della difesa tecnica nel giudizio
arbitrale, giacché diversamente opinando il Codice TNAS si porrebbe in contrasto
con la Costituzione e con le leggi dello Stato: per queste segnatamente con l’art. 7
lettera h bis) del D. Lgs. 23 luglio 1999, n. 242 (Riordino del CONI) introdotta
dall’art. 1, comma 14, del D. Lgs. 8 gennaio 2004, n. 15, disposizione che nel porre
limiti all’autonomia dell’ordinamento sportivo sancita dalla legge n. 280 del 2003,
vincola i procedimenti di giustizia sportiva al rispetto del diritto di difesa, oltre che
dei principi della ragionevole durata, del contraddittorio, della terzietà ed imparzialità
degli organi giudicanti, della motivazione ed impugnabilità delle decisioni. Tal che
ove mai contemplata nel Codice TNAS, la clausola di ammissibilità della difesa
personale delle parti nell’arbitrato disciplinare sarebbe passibile o di auto
annullamento per violazione di legge da parte del CONI, o di annullamento
giurisdizionale davanti al giudice amministrativo.
Peraltro le disposizioni del Codice TNAS appaiono a questo Collegio perfettamente
in linea con l’approdo interpretativo qui proposto, e ciò vale segnatamente per l’art.
4, comma 2, che opera il rinvio alle disposizioni del c. p. c. in tema di arbitrato.
Ora è ben noto che nell’arbitrato civile è sempre ammessa l’autodifesa delle parti –
art. 816 bis-; se non che il Codice TNAS nell’operare il rinvio formale al Titolo VIII
Libro IV del codice del rito fa salve le deroghe ed integrazioni dettate dalla fonte del
rinvio: fra queste l’art. 9, primo comma lett. i), che comprende fra gli elementi
obbligatori dell’istanza arbitrale la sottoscrizione del difensore della parte dotato di
procura. Ben vero, il Codice non contiene una formula sacramentale corrispondente a
quella dell’art. 82, terzo comma, c. p. c. (“le parti debbono stare in giudizio col
ministero di un procuratore legalmente esercente”); cionondimeno l’obbligo della
difesa tecnica è sancito nel citato art. 9 in via di deroga all’art. 816 bis, deroga che si
coglie con chiarezza inquadrando la norma sezionale del Codice sportivo nel contesto
delle disposizioni dell’ordinamento statale che lo riguardano (art. 24 Cost.; Legge 17
ottobre 2003, n. 280; art. 7 D. Lgs. n. 242/1999 sopra citati).
Tale obbligo emerge poi in modo irrefutabile dal raffronto testuale fra l’art. 27 del
Codice TNAS e l’art. 823 c. p. c. : laddove vige l’obbligo della difesa tecnica il lodo
deve contenere il “nome e cognome dei difensori delle parti” (art. 27 cit. primo
comma lett. b); dove è invece consentita l’autodifesa, fra gli elementi necessari del
lodo non figura la indicazione dei difensori delle parti (art. 823, comma 2, c. p. c.).
In sunto panoramico: la materia della giustizia disciplinare devoluta all’arbitrato del
TNAS non lascia spazio alla difesa personale delle parti in quanto limitata alle
questioni di notevole rilievo, ed avuto riguardo alla peculiarità della situazione
dell’incolpato. Ad analoga conclusione può giungersi per le controversie di tipo
amministrativo, riguardanti l’applicazione delle norme organizzative dell’attività
sportiva, che coinvolge per sua natura interessi pregnanti di enti, società e tesserati.
In materia economica pure devoluta al TNAS l’autodifesa in linea teorica potrebbe
essere considerata, non però senza limiti di valore ai sensi dell’art. 816 bis, norma
non operante nell’arbitrato amministrato, bensì nell’ambito delle disposizioni dell’art.
82, primo e secondo comma, c. p. c. ; disposizioni che peraltro non trovano de facto
possibilità di applicazione, riferendosi a cause di valore minimale.
In conclusione può affermarsi che nell’arbitrato sportivo del TNAS vige un obbligo
generalizzato di difesa tecnica, e nei sensi suesposti è fondata l’eccezione sollevata
da F. I. G. C.
- L’atto processuale 30 agosto 2012 sottoscritto personalmente dalle parti
istanti, alla stregua delle considerazioni appena svolte, è inammissibile; ma lo sarebbe
stato comunque, anche ammessa la possibilità della difesa personale, perché nel caso
in esame l’arbitrato era stato introdotto mediante procura ad un collegio di difensori,
e non sussistevano revoca, o rinuncia alla procura. In siffatto contesto va accolta
l’eccezione formulata da Vicenza Calcio spa circa la carenza di sottoscrizione
dell’atto, mentre non giova il richiamo all’errore scusabile, formulato ex adverso per
invocarne la sanatoria: le parti erano in giudizio col ministero di avvocato e non
potevano sorgere incertezze sui soggetti legittimati a compiere gli atti del
procedimento.
- Quanto alla dedotta preclusione in ordine alle censure specifiche sulla
motivazione dell’atto impugnato, si osserva che la memoria autorizzata del 26 ottobre
2012, che le contiene, è stata proposta quando era ormai decorso dalla conoscenza
della decisione in forma integrale il termine decadenziale di trenta giorni di cui
all’art. 10 del Codice, pur computando la sospensione feriale dei termini processuali
fino al 15 settembre stabilita dalla legge n. 742 del 1969. Ed infatti l’ultimo giorno
utile per notificare motivi aggiunti sarebbe stato il 15 ottobre 2012. La memoria
pertanto è irricevibile nella parte in cui riproduce le critiche al CU 27 agosto 2012 n.
035 della Corte di Giustizia Federale, già enunciate nelle “brevi note integrative” del
30 agosto a firma personale degli istanti. Ne segue che i temi in merito della
controversia sono necessariamente ristretti a quanto dedotto nell’istanza arbitrale del
24 agosto.
- Ed a tal proposito è da respingere l’eccezione che predica inammissibilità
della detta domanda proposta contro il dispositivo dell’atto impugnato, in base
all’assunto secondo cui, in carenza di motivi aggiunti, mancherebbero censure
specifiche contro la motivazione, che era ignota al momento della introduzione
dell’arbitrato.
Siffatta eccezione che pur presenta in astratto aspetti di validità non tiene però conto
delle peculiarità della fattispecie e si appoggia a richiami non pertinenti della
giurisprudenza di legittimità.
Qui l’atto impugnato non è una sentenza, ma una decisione giustiziale di conferma in
secondo grado, atto dell’ordinamento sportivo; e non si vede ragione per la quale il
ricorso formulato “al buio” debba ritenersi inammissibile a priori, compresa l’ipotesi
in cui la conferma fosse passibile delle stesse critiche rivolte alla motivazione della
decisione confermata (il CU n. 12 CDN del 10 agosto 2012). Non senza soggiungere
che la tematica dei “motivi specifici” di censura propria del giudizio amministrativo
–artt. 40 e 101 del Codice della Giustizia Amministrativa -e delle impugnazioni civili
-artt. 342, 366, 398, 404 e segg. c. p. c. – non è trasferibile tal quale nell’arbitrato e
nel giudizio civile di primo grado, dove all’attore è richiesto di esporre i fatti ed
indicare l’oggetto e le ragioni giuridiche della domanda – art. 9, lett. e) Codice
TNAS; art. 163 c. p. c -.
Ben vero la specificazione dei motivi resta pur sempre necessaria, ma secondo un
regime meno rigoroso e formalistico, rispetto a quello dettato per le impugnazioni e
per il processo amministrativo, che bada più al contenuto che non alla forma della
allegazione.
Il Collegio dunque non si può esimere dalla verifica di congruenza dell’istanza
arbitrale del 24 agosto (62 pagine in grafia stretta) rispetto alla motivazione postuma
delle sanzioni irrogate dalla Corte di Giustizia Federale, ciò che però appartiene al
merito della domanda; mentre un problema di improcedibilità delle censure formulate
il 24 agosto si porrebbe eventualmente in presenza di conferma per motivi totalmente
diversi da quelli contemplati nella decisione emessa in prime cure dalla Commissione
Disciplinare Nazionale: il che non è, come emerge dall’esame comparato delle due
decisioni, le quali nell’infliggere le stesse sanzioni adducono argomenti analoghi di
valutazione in ordine al materiale probatorio offerto dalla Procura Federale e circa le
difese degli incolpati. D’altro canto è la stessa Corte a dichiarare (alle pag. 10 e 27
del CU n. 035) che la decisione della C. D. N. regge anche grazie a semplici
integrazioni argomentative in risposta alle osservazioni critiche ad essa rivolte.
- Da ultimo va respinta l’eccezione di inammissibilità della domanda perché
proposta in forma collettiva e cumulativa.
F. I. G. C. dubita che la struttura del giudizio arbitrale sportivo sia compatibile con la
presenza di una pluralità di parti nel lato attivo del rapporto processuale, fermo
restando per il lato passivo il rispetto del contraddittorio; sostiene che il Codice
TNAS non conterrebbe alcuna disposizione che disciplini il litisconsorzio facoltativo
a latere actoris; afferma ancora che la la lex specialis del procedimento arbitrale si
limiterebbe a regolare il litisconsorzio necessario a latere rei; ammette peraltro che la
giurisprudenza conosce il modulo impugnatorio collettivo, ed anche cumulativo, ma a
date condizioni, che non sussisterebbero nel caso in esame. Di qui l’inammissibilità
dell’istanza arbitrale.
Osserva il Collegio che è anzitutto errata l’affermazione secondo cui la lex specialis
dell’arbitrato sportivo contemplerebbe il litisconsorzio necessario con riguardo alle
sole parti intimate: tanto perché l’espressione contenuta nel Codice richiama
inevitabilmente l’art. 102 c. p. c. , che considera l’azione, oltre al contraddittorio. E
del resto sul punto la disciplina dell’arbitrato sportivo –art.7 Codice TNAS- e di
quello civile –art. 816 quater c. p. c. - coincidono perfettamente nello stabilire che il
giudizio arbitrale è procedibile in caso di pluralità di parti alla duplice condizione che
le stesse siano tutte vincolate dalla convenzione di arbitrato; e che si renda possibile
la nomina degli arbitri, o perché devoluta a un terzo, o per accordo delle parti.
Nell’arbitrato sportivo con pluralità di parti il terzo designatore degli arbitri è
precostituito nella figura del Presidente del TNAS, salva la facoltà delle parti di
procedere alla nomina “di comune accordo”.
In assenza delle due indicate condizioni l’arbitrato, sia esso civile o sportivo, è
improcedibile se si versa in caso di litisconsorzio necessario (art. 816 quater citato,
comma 3).
La compresenza della pluralità di parti istanti e di parti intimate, prevista
esplicitamente dal Codice TNAS (e dal c. p. c.) nei casi di litisconsorzio necessario, è
stata pacificamente estesa dalla giurisprudenza arbitrale anche alle fattispecie di
litisconsorzio facoltativo, giustificata dalle esigenze processuali contemplate nell’art.
103 c. p. c. - ammettono l’istanza collettiva proposta dalla Società assieme al suo
tesserato fra i tanti: lodo Isola Farnese FCD e Bellarosa contro F. I.G.C. del 14
maggio 2009; lodo Amodio e Soc. Juve Stabia contro F.I.G.C. del 10 febbraio 2012-.
Con la differenza che nel litisconsorzio facoltativo l’assenza del vincolo arbitrale o
dell’accordo sugli arbitri comporterà la scissione dei procedimenti per le parti non
legate dalla convenzione, o non concordi nella nomina degli arbitri, con salvezza
dell’arbitrato per le altre parti –art. 816 quater, comma 2, c. p. c. -.
Nel caso in esame F. I. G. C. nega l’esistenza in concreto del litisconsorzio
facoltativo delle parti istanti. Il Collegio per contro è dell’avviso che la connessione
delle cause sia talmente stretta da attingere quasi il litisconsorzio necessario. Ed
infatti, se l’oggetto è duplice (due sanzioni comminate a due destinatari), il fatto
generatore delle responsabilità è uno solo: il comportamento del Semeraro, che si
riverbera direttamente anche sulla Società in forza dell’art. 4, comma 1, del Codice di
Giustizia Sportiva. Inoltre le questioni da risolvere sono le stesse, in un caso e
nell’altro dovendosi stabilire se sussista o non il detto comportamento: ne è prova la
motivazione delle sanzioni, che è identica nei due casi (si confrontino le pagg. 1 – 17
per il capo 4 del provvedimento impugnato e le pagg. 17 – 33 per il capo 5).
Il dimostrato litisconsorzio facoltativo giustifica il ricorso collettivo, mentre la
connessione degli atti impugnati, che hanno in comune il fatto generatore delle
responsabilità e delle sanzioni, rende ammissibile l’istanza cumulativa.
********
Le considerazioni fin qui svolte danno ingresso all’esame nel merito della
controversia.
Per rispondere ai quesiti posti con l’istanza arbitrale il Collegio deve verificare:
a) se l’accertamento da parte della Corte di Giustizia Federale dell’illecito sportivo
nei confronti del tesserato SEMERARO Pierandrea, presidente p. t. della U. S.
LECCE spa, poggi sulla ragionevole certezza raggiunta circa il compimento da
parte dello stesso di atti diretti ad alterare lo svolgimento della partita Bari – Lecce
del 15 maggio 2011;
b) se sia stata attinta dalla Corte la certezza ragionevole in ordine alla effettiva
alterazione della partita;
c) se la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte e la conseguente determinazione
delle sanzioni resistano alle critiche contenute nella domanda di arbitrato del 24
agosto, in quanto riferibili al C U n. 035 del 27 agosto 2012.
Ora, l’esistenza del complotto sulla partita de qua è fatto acquisito per
ammissione della stessa difesa delle parti istanti (pag. 7 dell’atto introduttivo), la
quale infatti si limita ad affermare la totale estraneità del Semeraro.
Carlo Quarta (non tesserato) e il gruppo di Bari formato dal calciatore
Masiello Andrea e dai non tesserati Giovanni Carella, Fabio Giacobbe e Marcello
Di Lorenzo sarebbero gli autori del tentativo di alterazione della partita, senza
coinvolgimento del Semeraro.
Di contro, la Corte di Giustizia ritiene sussistente il concorso nell’illecito,
realizzato dal Semeraro mediante i contatti e gli accordi col Quarta, e con l’esborso di
200.000 euro fatti pervenire al gruppo di Bari allo scopo di assicurare al Lecce la
vittoria nella partita e la salvezza nel campionato 2010 – 2011 (nella ricostruzione
della Corte il gruppo di Lecce è composto, oltre che da Semeraro e Quarta, da Andrea
Starace che compare alla conclusione della vicenda all’hotel Tiziano di Lecce il 22
agosto 2011).
Depongono in danno del Semeraro gli elementi gravi, precisi e concordanti sia
desunti dal materiale probatorio formato nel procedimento penale per frode sportiva
che vede il Quarta e il Semeraro coimputati con altri, materiale messo a disposizione
degli organi federali dalla Procura della Repubblica di Bari; sia emergenti dalle
audizioni dirette di soggetti tesserati e non.
Fra altri numerosi elementi considerati dalla Corte, sono di particolare rilievo:
- i tabulati telefonici raccolti nelle indagini di polizia giudiziaria che attestano
contatti frequenti nei giorni cruciali precedenti la partita fra Quarta-Carella e Quarta-
Semeraro: il mattino e la sera del 12 maggio 2011; il primo pomeriggio del giorno 13;
il pomeriggio del giorno 14. Nelle chiamate il Quarta si colloca sempre al vertice
della possibile trattativa Carella-Semeraro scongiurando con triangolazione telefonica
il contatto diretto fra i due;
- l’incontro a piazza Mazzini a Lecce alle ore 14 – 14,30 del 14 maggio durato circa
un’ora, dove Carella, accompagnato da Giacobbe e Di Lorenzo, viene raggiunto dal
Quarta. Qui la triangolazione va in scena dal vivo nella cornice della piazza. Riferisce
Carella di aver trattato l’affare in disparte con Quarta per circa 20 minuti; di essere
ritornato dai propri amici fermi in piedi sulla piazza ad una ventina di metri; mentre
conferiva con loro di aver visto Semeraro parlare con Quarta per qualche minuto ed
andare via; dopo tale colloquio, di essersi intrattenuto nuovamente col Quarta, che gli
consegnerà il proprio assegno a garanzia posdatato al 15 giugno 2011 di euro
300mila, pretium sceleris pattuito. La chiamata in correità del Carella nei confronti
del Semeraro non è de relato, ma diretta, de visu; il Semeraro nella successiva
audizione innanzi alla P. F. non ha escluso la sua presenza a piazza Mazzini in quella
circostanza;
- la disponibilità del denaro contante per provvedere ai pagamenti eseguiti tramite
il Quarta nel periodo fra il 28 maggio e il 22 agosto 2011: la Corte esamina
puntigliosamente gli accertamenti bancari di cui all’informativa dei Carabinieri di
Bari del 6 giugno 2012, ed altrettanto puntigliosamente la difesa del Semeraro porta
giustifiche sull’impiego del denaro, ma resta che la provvista di duecentomila euro in
contanti era largamente accessibile per il Semeraro; non altrettanto alla portata del
Quarta;
- il movente che è di peso per il Semeraro: ottenere i consistenti vantaggi
patrimoniali connessi alla permanenza in serie A della propria squadra; molto
problematico al confronto quello del Quarta: millanteria agli occhi dell’amico e/o
scommesse, queste ultime peraltro a quanto risulta nemmeno effettuate dal Quarta
sulla partita in esame.
Masiello Andrea giocatore del Bari contando di reclutare tre compagni di
squadra (Bentivoglio Simone, Parisi Alessandro e Rossi Marco) propone all’amico
scommettitore Carella di Bari di avvicinare la dirigenza del Lecce per sondare la
possibilità di vendere la partita, contro mercede di seicentomila euro. Carella
chiama l’amico Quarta di Lecce, scommettitore come lui, e contiguo al presidente
del Lecce, Semeraro. Dopo vari contatti, il patto fra Semeraro e Carella tramite
Quarta si stipula a Lecce, Piazza Mazzini, alla vigilia della partita, al prezzo di
trecentomila euro. Seguono dopo la vittoria del Lecce dazioni rateali della mercede
fino a concorrenza di duecentomila euro sborsati dal Semeraro. Un assegno
posdatato del Quarta di trecentomila euro, dato in garanzia a Carella il 14 maggio,
viene restituito il 22 agosto 2011, in concomitanza dell’ultima rata.
Questo lo schema ricostruttivo della vicenda operato dalla Corte che non è
scalfito dalle critiche mosse dalle parti istanti.
Queste ultime propongono, come già detto, un diverso schema ricostruttivo,
incentrato anzitutto sul ruolo di Carlo Quarta, il quale è abituale scommettitore, per
notevoli importi presso le ricevitorie site in Lecce e in Bari. Egli sarebbe stato,
unitamente al Carella e al c.d. gruppo di Bari, il vero e solo agente, sul versante
leccese, della combine; e non già quale “emissario” o “intermediario” del Semeraro.
Il Quarta sarebbe stato cioè portatore di un interesse esclusivamente personale
consistente, da un lato, nella prosecuzione della sua abituale attività di scommettitore
su competizioni sportive e, dall’altro, nella volontà di dare maggiore credibilità al
proprio operato col dichiarare di agire in nome e per conto del Semeraro e di
accreditarsi di fronte a quest’ultimo come promotore di un’azione che avrebbe
assicurato al Lecce la permanenza nella massima serie. Inoltre le circostanze della
vicenda avrebbero condotto al fallimento della combine, risolvendosi in una truffa e
in un ricatto ai danni del Quarta da parte del c.d. gruppo di Bari che deteneva “come
garanzia” un assegno postdatato di 300.000 euro emesso dallo stesso Quarta.
Tuttavia tale schema ricostruttivo è molto meno convincente di quello assunto dalla
Corte di giustizia federale (confermativo in tutto e per tutto della decisione della
Commissione disciplinare nazionale).
Fra la ipotesi degli appellanti che il Quarta <> (l’emissione dell’assegno di 300.000 euro) e la
ipotesi assunta dalla Corte di giustizia <> è certamente più convincente la seconda.
Il Quarta ha bensì testualmente affermato (nell’ambito delle dichiarazioni rese ex
art. 391 bis cod. proc. pen. in data 13 agosto 2012) di aver vinto nel periodo tra il
maggio e il luglio 2011 oltre 80 mila euro, ma la differenza tra questa somma e quella
della provvista finanziaria postulata dall’emissione dell’assegno di 300mila euro è
così rilevante da non giustificare che egli non abbia agito con una copertura ulteriore.
Il ragionamento della Corte di giustizia federale è difficilmente contestabile: <>. E v’è di più: <>; ossia << Quarta avrebbe corrisposto 200mila euro
in contanti, avendo ottenuto la restituzione dell’assegno solo a solutio definitiva,
senza prospettarsi non solo un’utilità di ritorno ma nemmeno la remota possibilità
della restituzione della cifra>>.
* * *
Nel confronto fra i due schemi ricostruttivi (degli appellanti e della decisone della
Corte di giustizia federale) il presente collegio ritiene senza dubbio molto più
convincente quello assunto dalla Corte, pur senza poter condividere in pieno la
perentoria deduzione secondo la quale <<è del tutto certo, a questa stregua, che
mandante e titolare di un interesse personale e societario proprio fosse Semeraro, che
fornì a Quarta la provvista necessaria a effettuare i pagamenti da quest’ultimo
promessi agli altri associati>>.
È vero che il movente imputabile al Semeraro e alla società Lecce è certamente
costituito dal <>: il Lecce
si sarebbe certamente salvato dalla retrocessione nella serie inferiore, il Semeraro ne
avrebbe conservato i conseguenti vantaggi economici; ma non può sottacersi che un
movente sarebbe pure possibile riconoscere al solo Quarta (e non anche
necessariamente al Semeraro), che avrebbe originariamente aderito al tentativo di
combine per ottenere un vantaggio economico scommettendo sull’evento avendo
acquisita la certezza dell’alterazione della partita in tempi utili per effettuare
scommesse anche ingenti.
Se non che, tramontata in maniera quasi definitiva la possibilità di combinare
l’incontro solo il sabato sera [come risulta dall’audizione innanzi alla Procura
federale dell’8 giugno 2012 del Bentivoglio – calciatore del Bari – il quale riferisce
che lui stesso, unitamente ai calciatori Parisi e Rossi, rifiutarono l’offerta di combine;
nonché dall’audizione innanzi alla Procura federale del 12 giugno 2012 dello stesso
Parisi; e soprattutto dalla audizione innanzi alla medesima Procura del 10 luglio 2012
del (non tesserato) Carella, il quale dichiara che <> ] e quindi anche la possibilità di
organizzare le relative (si presume ingenti) scommesse, il Quarta, avendo appreso dal
Carella, che seguì il suggerimento di Masiello, di una residua possibilità di alterare
l’incontro di calcio, avrebbe proposto - come risulta sempre dall’audizione del
Carella – oltre la riduzione dell’importo da 300mila euro a 270mila euro, <>.
In altri termini, il Quarta, non potendo più scommettere nelle poche ore che
precedevano la partita, una somma che gli garantisse di recuperare un importo pari ai
300mila euro indicati nell’assegno già dato in garanzia, introduce per la prima volta,
comunicandolo telefonicamente ai suoi interlocutori, il segnale della “pacca a Vives”,
segnale facilmente verificabile dai beneficiari di tale sua condotta (i calciatori del
Lecce o il Presidente Semeraro) in modo da acquisire importanti meriti nella vittoria
del Lecce nel derby e quindi, conseguenzialmente ed eventualmente, i relativi
vantaggi economici.
Non può dunque escludersi che, improponibile ormai il movente delle ingenti
scommesse, un altro movente potrebbe pur riconoscersi nel comportamento del
Quarta: quello di acquisire crediti di fronte alla società Lecce e al Semeraro in ordine
al favorevole esito del derby.
Movendo da questa ipotesi, la ricostruzione degli appellanti, secondo la quale il
Quarta ha agito da solo e non quale intermediario del Semeraro, riceve una sia pur
labile conferma <>. Infatti, soltanto due mesi dopo il
derby (il 14 luglio 2011) il Quarta, in un incontro casuale con il Vives (riferito
nell’interrogatorio reso dal Vives ai PM di Bari) apprende che questi non ha ricevuto
alcun segnale da Masiello (il Vives anzi dichiara, nell’audizione innanzi alla Procura
federale del 16 luglio 2012, di non conoscerlo e di non aver avuto con lui alcun
rapporto), e quindi di essere stato truffato. Conseguentemente chiede a Carella la
restituzione di quanto ha già versato.
Questi nell’audizione del 10 luglio 2012 innanzi alla Procura federale riferisce che
solo a luglio, e dopo avere pagato una parte del compenso pattuito, il Quarta
(coinvolgendo, a suo dire, anche il Semeraro) avanzava <>
(….)<>
e dopo il chiarimento, sempre a dire del Carella, <>
Tornando agli appellanti essi scrivono: <<è evidente che se davvero fosse stato
coinvolto Semeraro, un simile riscontro sarebbe stato chiesto a Vives subito dopo il
derby e prima del pagamento della “tangente” e non certo affidato alla casualità di un
incontro avvenuto a luglio (due mesi dopo il derby) in un ristorante, per giunta a
pagamento già effettuato>>.
E a tal proposito la Commissione disciplinare, nel motivare il proscioglimento del
Vives, asserisce che <>. Se non che, replica la difesa degli
appellanti, <>. In
definitiva, la tesi degli appellanti che il Quarta, in tutta la vicenda, abbia agito da
solo, e che il movente (o i moventi) a lui imputabili non mancano, non può scartarsi a
priori. La circostanza che il Quarta abbia agito ed operato da solo è confessata dallo
stesso Quarta nelle due dichiarazioni, rese ai sensi dell’art. 391 bis del cod. proc.
pen., in data 31 luglio 2012 e 13 agosto 2012, dichiarazioni che, sia pure a diverso
titolo, sono state ritenute <> o, comunque sia, <> dalla stessa decisione della Corte di
giustizia federale.
La tesi della difesa peraltro, per quanto abilmente costruita, non sta in piedi senza il
movente della scommessa, perché come ha giustamente osservato la C. D. è assurdo
immaginare che il Quarta abbia dilapidato un capitale solo per ingraziarsi il
Semeraro.
* * *
A rendere invece più credibile la ricostruzione della vicenda offerta prima dalla
Commissione Disciplinare Nazionale e pienamente confermata dalle Sezioni Unite
della Corte di giustizia federale (atta a ritenere coinvolto il Semeraro nell’illecito),
sono gli indizi, molteplici e convergenti, che risultano sia da riscontri telefonici, sia
dai movimenti bancari del Semeraro.
Non si può negare che vi sia stata una puntuale e significativa triangolazione
telefonica tra Carella, Quarta e Semeraro nei giorni compresi tra il 12 e il 14 maggio
2011, giorni precedenti l’incontro di calcio svoltosi il 15 maggio 2011.
Se pure è possibile sostenere, in generale, sulla base della stessa giurisprudenza
federale, che <> (CAF in C.U. n. 7 riunione del 7-8 settembre 2004; conformemente CD
presso Lega Nazionale Professionisti, in C.U. n. 30 del 25 agosto 2004), e che quindi,
nella fattispecie che ci occupa, dai tabulati telefonici si ha soltanto <>, come già sottolineato nell’istanza di arbitrato degli attuali appellanti; non
di meno ciò non esime dall’effettuare riscontri sulla scansione dei contatti telefonici
nel periodo rilevante ai fini dell’accertamento di un illecito, ossia, nella fattispecie,
nel periodo immediatamente precedente lo svolgimento dell’incontro di calcio Bari-
Lecce del 15 maggio 2011.
Poiché, <> (dec. Corte di giustizia federale, in C.U. N. 035, P. 11-
12), non può non sorgere veramente il sospetto che il contenuto delle comunicazioni
telefoniche tra Carella e Quarta sia stato ricompreso nel contenuto delle
comunicazioni tra Quarta e Semeraro; ossia che quest’ultimo sia stato, quanto meno,
“avvertito” della proposta combine, anche solo in ragione “del consolidato rapporto
di amicizia e di lavoro” tra il Quarta e il Semeraro.
Il fatto che l’analisi dei tabulati non sia stata estesa anche a periodi diversi al fine di
dimostrare la frequenza quasi giornaliera dei contatti tra il Quarta e il Semeraro (che
giocano a calcetto insieme quasi ogni domenica), come assume la difesa degli
appellanti, non toglie pregio al rilievo della scansione di contatti telefonici
“trilaterali” (Carella- Quarta- Semeraro) che vennero tenuti nelle ore anti e post
pomeridiane della vigilia della partita. Come rileva la decisione della Corte di
giustizia federale, << Semeraro viene chiamato da Quarta (alle12, 01, 38) subito
prima che questi (alle 12, 10, 12) parlasse con Carella. Alle 13, 04, 47, e cioè non
molto tempo prima dell’arrivo a Lecce di Carella, Quarta richiama per 23 secondi
Semeraro>>. Non solo, ma <>. Il sospetto che questa triangolazione di incontri
vertesse proprio sulla combine induce ragionevolmente la Corte di giustizia federale
a concludere che <>.
La presente ricostruzione sembra, nel suo complesso, ad avviso di questo Collegio,
plausibile e convincente. Ed anche se si può non condividere l’assunto che <>, tuttavia non
si può negare che il Semeraro sia stato almeno tempestivamente informato della
combine ed abbia verisimilmente, quale indubbio beneficiario finale dell’accordo
corruttivo, promesso la relativa copertura finanziaria.
* * *
Per quanto concerne i riscontri risultanti dai movimenti bancari del Presidente
Semeraro in quanto destinati ai pagamenti illeciti, a fornire cioè la provvista
finanziaria per addivenire all’accordo, la difesa degli appellanti contesta la tesi
assunta dalla Corte di giustizia sulla non credibilità delle causali date da Semeraro ai
propri movimenti bancari.
Anzitutto, i prelevamenti di ingenti somme in contanti effettuati dal Semeraro nel
periodo in cui si sarebbe approntato ed eseguito il pactum sceleris non rappresentano
affatto per il medesimo una circostanza eccezionale, bensì costituiscono normale
routine, dato tra l’altro che il Semeraro dispone di un notevolissimo patrimonio
valutato nell’ordine di decine di milioni di euro.
È documentato che i prelievi in contanti del Semeraro per l’anno 2011 non sono
superiori a quelli riferibili al precedente anno 2010 (euro 282.000,00 come si legge a
pag 33 dell’istanza arbitrale). Tuttavia, è di pregio l’osservazione della Corte di
giustizia secondo la quale i movimenti bancari del 2010 e del 2011 non sono tra loro
comparabili, poiché mentre i primi coprono l’intero anno 2010, i secondi sono in
massima parte concentrati nel periodo di meno di 60 giorni corrente tra la seconda
metà di maggio e la metà di luglio. Come testualmente detto nella decisione
impugnata <>. (Sestuplo è lapsus
calami e sta per sesto).
Cade pertanto l’argomento invocato dalla difesa a giustificazione della entità dei
prelevamenti, collegabili al normale “tenore di vita” del Semeraro. Sul punto il
Collegio arbitrale non può convenire con la tesi difensiva, atteso che risulta
inconfutabile un anomalo flusso di denaro con notevoli prelievi in contanti nel breve
periodo di circa due mesi, interessato dalla vicenda, da parte del Presidente del Lecce
e di persone a lui molto vicine. Risulta al riguardo dal rapporto di polizia giudiziaria
del 6 giugno 2012 che, in base ai documenti bancari acquisiti agli atti dell’inchiesta,
il Semeraro sul proprio conto corrente intrattenuto presso il Monte dei Paschi di
Siena aveva tratto assegni per 160 mila euro (€ 50mila a Carlo Quarta; € 110mila a
Claudia Nervino subito monetizzati) e prelevato in contanti 105 mila euro, per un
totale di 265 mila euro in 53 giorni, dal 27 maggio al 18 luglio 2011. La ricostruzione
puntuale dei prelievi intervenuti e della loro destinazione è ineccepibile e vede al
vertice delle operazioni bancarie proprio il Semeraro. Né le giustificazioni rese dalla
difesa circa il diverso uso del denaro prelevato (provvista alla compagna Claudia
Nervino,acquisto di regali,prestito all’amico Quarta ) possono ribaltare le conclusioni
a cui è pervenuta la Corte federale appalesandosi i chiarimenti forniti in merito
scarsamente persuasivi e comunque privi di adeguata documentazione. Va anche
detto, quanto all’indagine sulle finalità d’impiego delle somme nel periodo
susseguente all’incontro di calcio, che è di pregio (in disparte la grammatica) la
precisazione dirimente offerta dalla Corte di Giustizia secondo cui <> ma <>.
In ogni modo, l’analisi puntigliosa effettuata dalla Corte di giustizia sembra a
questo collegio sufficiente a non ritenere convincenti e soprattutto concludenti le
giustificazioni addotte dalla difesa del Semeraro, anche per la rilevata coincidenza
delle somme prelevate con quelle che avrebbero dovuto essere versate al c.d. gruppo
di Bari, nella fase esecutiva dell’accordo, nonché, da un lato, per la mancata
giustificazione di parte di esse e, dall’altro per la dubbia e comunque non
dimostrabile giustificazione della restante parte.
In particolare, gli appellanti hanno dato le seguenti giustificazioni: - 50mila euro
corrisposti con assegno di conto corrente a Quarta sarebbero serviti ad un prestito per
la stipulazione di un contratto preliminare di compravendita (privo di data certa in
quanto non registrato né trascritto) concluso peraltro ben tre settimane dopo
l’emissione dell’assegno, ma che prevedeva al momento della stipulazione un
versamento di soli 10mila euro. Tra l’altro, della somma trasferita al Quarta il
Semeraro ha sorprendentemente dichiarato alla Procura federale il 19 luglio 2012
(oltre un anno dal mutuo) di non aver né sollecitato né ottenuto la restituzione;
- 110mila euro furono emessi dal Semeraro a favore della sua compagna Claudia
Nervino tramite due assegni; il primo in data 27 maggio 2011, per un ammontare di
40mila euro; ed il secondo, in data 13 giugno 2011, di 70mila euro. Entrambi gli
assegni furono in brevissimo tempo convertiti in contanti: il primo entro la stessa data
dell’emissione del secondo, quest’ultimo l’indomani stesso della sua emissione. È
significativo notare che il periodo in cui la Nervino disponeva di una tale liquidità
(110mila euro) coincide con il mese successivo alla disputa della gara Bari- Lecce, e
che i primi quaranta mila euro furono ricevuti con assegno il giorno prima del
versamento iniziale di Quarta a Carella.
Vero è che tale versamento, nella ricostruzione del Carella (riscontrata a traverso i
tabulati telefonici) sarebbe stato effettuato il 28 maggio 2011, per l’importo di 70mila
euro, per cui, secondo la difesa degli appellanti (p. 33 e 34 dell’istanza arbitrale),
anche sommando un prelievo del Semeraro da UNICREDIT del 23 maggio, di
40mila euro, al primo prelevamento della Nervino di 15mila euro sull’assegno di
40mila euro, non si sarebbe raggiunta la somma di 70mila euro che il Quarta avrebbe
versato al Carella. Ma, a parte che la differenza, ammontando a soli 15mila euro,
potrebbe comunque essere stata già nella disponibilità del Semeraro o, più
verisimilmente, essere apprestata dallo stesso “scommettitore” Quarta, il quale, in
occasione della successiva assunzione di informazioni ex art. 391 bis c.p.p. del 13
agosto 2012, ha spiegato la sua ampia disponibilità di danaro in contante (80mila e
più euro) nel periodo in cui Carella ha percepito le somme oggetto dell’accordo
illecito, non sembra al presente collegio che questa differenza – rilevata dalla difesa
degli appellanti – possa condurre a fugare ogni sospetto sulla contribuzione del
Semeraro (e della sua compagna Nervino) alla provvista finanziaria necessaria per
effettuare i versamenti del Quarta al Carella. Si consideri che con questo prelievo
del 23 maggio, non rilevato nell’informativa 6 giugno 2012 della polizia giudiziaria
di Bari, relativa ai movimenti sul Monte dei Paschi di Siena, la coppia Semeraro –
Nervino si munisce di denaro contante per 215mila euro fra il 23 maggio ed il 14
giugno 2011, cui si aggiungono altri 40mila euro il 18 luglio, per una dote
complessiva in carta moneta di 255mila euro. A questa va sommato l’assegno al
Quarta di 50mila euro del 30 maggio per formare la provvista liquida di 305mila
euro cumulata nel giro di 57 giorni, da considerarsi sostanzialmente nella
disponibilità del Semeraro. La prova di questi fatti è confessoria per il prelevamento
del 23 maggio 2011; fondata su estratti conto bancari acquisiti dalla polizia
giudiziaria quanto al resto.
Cionondimeno, non è dimostrabile, né è stato dimostrato, che tutta la provvista
necessaria a soddisfare le pretese del Carella e del c.d. gruppo di Bari sia stata
sempre anticipata dal Semeraro. Tra le due ricostruzioni, quella più convincente dei
giudici federali, e l’altra degli appellanti, non è inverosimile ipotizzarne una terza:
che il Semeraro, informato dal Quarta dell’accordo intercorso con il c.d. gruppo di
Bari, abbia lasciato agire il Quarta, appoggiando anzi tutta l’operazione, anche a
traverso la provvista di mezzi finanziari atti a “coprire” totalmente o parzialmente gli
impegni assunti da quest’ultimo; ma è anche immaginabile una quarta ipotesi: che il
Semeraro, in diverse riprese fra maggio e luglio 2011, abbia dato al Quarta
esattamente 270mila euro (compreso l’assegno di 50mila), corrispondenti all’importo
promesso ai baresi dopo la riduzione estorta dallo stesso Quarta la mattina del 15
maggio 2011, quando egli apprese la notizia, fabbricata da Masiello, che i giocatori
corrotti del Bari, da quattro, si erano ridotti a tre –audizione Carella del 10 luglio
2012-.
In realtà come sappiamo Andrea Masiello, promotore della combine, era rimasto
solo, e dubbioso: nessuno dei compagni di squadra interpellati aveva aderito
all’imbroglio, per paura, trattandosi del derby da giocare in casa, nonostante le
banconote sventolate da Carella nella camera dell’Hotel Vittoria, nel ritiro della
squadra, a tarda sera del 14 maggio 2011.
Il Semeraro è certamente responsabile, in quanto ha preso parte all’illecito. Oppure
quanto meno potrebbe aver tollerato o concorso a determinare la esecuzione del
medesimo, con un’attività tesa a supportare l’altrui proponimento criminoso,
rafforzando e rendendo definitivo il proposito di altri soggetti (il Quarta e lo stesso
c.d. gruppo di Bari), agevolando la preparazione e la consumazione dell’illecito, o
anche, più semplicemente, limitandosi a prestare una adesione o autorizzazione o
approvazione onde rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di un disegno
criminoso ideato da altri soggetti.
Nessuna delle alternative riduttive anzi dette è stata analiticamente presa in
considerazione dalla decisione impugnata ma, premesso che ciascuna di esse
fonderebbe comunque una responsabilità del Semeraro pur variamente gradata,
l’opzione più grave accolta ed avallata dalla Corte di Giustizia, nel senso della
partecipazione alla combine attraverso i contatti col Quarta e con l’accollo della
somma erogata (200mila euro), pur non sorretta dalla certezza oltre ogni ragionevole
dubbio richiesta nel procedimento penale ai fini della prova del reato, attinge per
quanto sopra esposto il valore della certezza ragionevole cui si attiene il giudice
sportivo.
Il grado di prova necessario e sufficiente per fondare la responsabilità del soggetto
incolpato di violazione disciplinare sportiva, attenuato rispetto al criterio vigente nel
processo penale, è codificato, e si rinviene nelle Norme Sportive Antidoping del
CONI: art. 4 versione n. 1/2009; art. 23 versione n. 1/2013 -giurisprudenza pacifica:
si veda fra tanti il lodo Ceravolo contro FIGC del 29 ottobre 2012-.
Correttamente dunque la C. G. F. ha riconosciuto il Semeraro colpevole dell’illecito
sportivo di cui all’art. 7 del Codice di Giustizia sportiva in concorso con altri
soggetti, ed ha ritenuto la U. S. Lecce spa responsabile diretta della condotta del suo
presidente, in applicazione dell’art. 4, comma 1, stesso codice.
* * *
Ma, a questo punto, il presente collegio si domanda se il disegno criminoso sia stato
realizzato fino in fondo; se lo svolgimento e il risultato della gara siano stati
effettivamente alterati e ad opera di quali agenti, ossia se l’illecito sportivo sia stato
aggravato dall’evento. Ammettere che l’evento esista, come presumono ed accertano
sia la Commissione disciplinare sia la Corte di giustizia, urta contro rilievi e
argomenti addotti dalla attenta difesa Semeraro-Lecce e non supera le conseguenti
censure.
È possibile articolare il discorso su tre punti fondamentali: 1) la partita è stata
giocata regolarmente; 2) l’autogol di Masiello è stato casuale; 3) il proscioglimento di
Vives da parte della Commissione disciplinare non risulta spiegabile e costituisce un
elemento discordante con l’assunto della irregolarità della partita.
1) La regolarità dello svolgimento della partita può desumersi sia dalla preliminare
considerazione che è difficilissimo, se non impossibile, che un solo giocatore su
ventidue possa unilateralmente alterare lo svolgimento e l’esito di una gara; sia, in
particolare, dalle dichiarazioni rese negli interrogatori degli stessi protagonisti della
vicenda davanti all’autorità giudiziaria e in sede di audizione dinanzi alla Procura
federale.
Come risulta, inequivocabilmente, sia dall’audizione del 10. 7. 2012, del Carella
davanti alla Procura federale, sia dalle dichiarazioni del Bentivoglio (non coinvolto
nell’illecito) rese, in sede di esame, sempre davanti alla Procura federale, sia dalle
stesse ammissioni di Masiello, riportate da Giacobbe (interrogatorio del 6.4. 2012), la
partita si è svolta in modo regolare. Tra le censure proposte dalla difesa degli
appellanti contro la decisione della Commissione disciplinare figura quella riassunta
al punto 9 della decisione della Corte di giustizia impugnata (v. pag. 10): <>, censura che la decisione impugnata non
prende nella minima considerazione appiattendosi sul convincimento della
Commissione disciplinare.
E’ verisimile ritenere che la partita si sia svolta regolarmente, anche considerando il
contesto in cui essa si è svolta: davanti alla “vivace” tifoseria del Bari, a fronte della
quale il Masiello (il solo dichiaratamente disposto a tentare di alterarne l’esito) deve
essere stato ben attento a giocare invece in modo normale. Poiché l’autogol deve
essere sembrato casuale alla tifoseria, che altrimenti si sarebbe “scatenata” e solo ex
post il Masiello ne ha approfittato per conseguire il denaro pattuito nel corso della
formazione del pactum sceleris, il tentativo di combine, pur essendo stato posto in
essere, non si è in alcun modo realizzato.
2) La casualità dell’autorete di Masiello costituisce un ulteriore argomento
contrario alla tesi della irregolarità della partita. Sul punto vi è addirittura una voluta
contraddizione tra la prima dichiarazione di Masiello circa la casualità dell’autorete
<>
(interrogatorio reso al p.m. di Bari il 24.2.2012) e la seconda dichiarazione del
medesimo (successivo interrogatorio reso al p.m. di Bari il 4.4. 2012) in cui riferiva
di aver assicurato all’ “amico di Carella”, dietro richiesta di quest’ultimo, che
l’autorete era stata volontaria.
È evidente che la voluta contraddizione è spiegabile, come rilevato dalla decisione
della Commissione disciplinare, <>.
Del resto che l’autorete fosse da reputare casuale risulta altresì da quanto dichiarato
da Vives, in sede di audizione dinanzi alla Procura federale il 16.7.2012: <>.
3) Quanto al proscioglimento del Vives, mentre la Commissione disciplinare lo
giustifica con il fatto <> che <>, poiché <>, la difesa degli appellanti replica che <>. Ad opinione del presente collegio,
questa replica prova troppo. Il fatto che il sospetto della mancata effettuazione del
segnale convenuto abbia preso corpo a distanza di mesi e in modo meramente casuale
prova piuttosto che il tentativo criminoso di alterare la partita non si sia concretizzato
e che l’incontro Bari- Lecce si sia svolto correttamente; mentre il mancato interpello
del Semeraro al Vives non prova nulla, essendo spiegabile col comportamento
prudenziale mantenuto durante tutta la vicenda dallo stesso Semeraro, che agì
sempre e solo per interposta persona. Dunque non il Semeraro, ma il Quarta tardò ad
indagare sul comportamento di Vives, e a scoprire la presunta truffa ai suoi danni
ordita dal duo Masiello-Carella. Non senza soggiungere che per non avere
scommesso sulla partita, lo stesso Quarta doveva avere fiutato aria di fallimento della
combine.
* * *
Conclusivamente, poiché il fatto che l’effettiva alterazione della partita rappresenta
soltanto una circostanza aggravante dell’illecito sportivo e che questo fatto non è
stato dimostrato (né sembra allo stato degli atti dimostrabile) col prescritto grado di
certezza, si impone una valutazione in termini di proporzionalità della sanzione
applicata dalla Commissione disciplinare e confermata dalla decisione della Corte di
giustizia, nei confronti del Semeraro e del Lecce.
Conseguentemente questo collegio ritiene non applicabile per insufficienza di prova
la disposizione dell’art. 7, 6° comma, del codice di giustizia sportiva della FIGC,
secondo il quale <<(….) se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato
(….), le sanzioni sono aggravate>>. Pertanto accoglie in parte la domanda di
Semeraro e dell’U.S. Lecce s.p.a., riducendo per il primo la sanzione alla inibizione
di anni 4 (quattro) e per la seconda annullando la sanzione dell’ammenda di 30mila
euro, ma confermando l’esclusione dal campionato di competenza di serie B 2012-
2013.
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Le parti istanti lamentano –pag 23 e 24 dell’atto introduttivo- che pur avendo
l’organo di giustizia sportiva accertato l’effettiva alterazione di decine di partite
indagate dalla Procura Federale, solo il Semeraro e la U. S. Lecce siano stati
pesantemente sanzionati sebbene la combine non si sia concretizzata, mentre la quasi
totalità delle società e dei tesserati coinvolti in partite truccate avrebbe subito
sanzioni lievissime. La censura non può essere esaminata in quanto inammissibile per
genericità assoluta, mancando ogni indicazione riguardo alle partite alterate, ai
soggetti puniti, ai comportamenti ed alle sanzioni, applicate o inflitte.
Il Collegio pertanto non prende in considerazione ulteriori riduzioni delle sanzioni,
oltre quelle sopra riconosciute.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione fra le parti delle spese e
competenze del giudizio.
P. Q. M.
Il Collegio arbitrale definitivamente pronunciando sulle domande in epigrafe
così decide:
1. disattesa ogni altra eccezione in rito, dichiara inammissibile l’atto prot. n. 2183
del 30 agosto 2012 ed irricevibile in parte qua nei sensi e per gli effetti di cui in
motivazione la memoria prot. n. 2937 del 26 ottobre 2012.
2. Accoglie in parte la domanda di SEMERARO Pierandrea, e per l’effetto riduce
la sanzione alla inibizione di anni 4 (quattro).
Accoglie in parte la domanda di U. S. Lecce spa, e per l’effetto annulla la
sanzione dell’ammenda di € 30.000,00 confermando l’esclusione dal
campionato di competenza di serie B 2012/2013.
3. Compensa integralmente fra le parti le spese del giudizio.
4. Pone a carico di tutte le parti costituite, con il vincolo di solidarietà, il
pagamento degli onorari del Collegio Arbitrale, che liquida in € 3.000,00 (€
tremila/00), oltre al rimborso delle spese documentate sostenute dal Collegio.
5. I diritti amministrativi del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport restano
a carico delle parti che li hanno anticipati.
6. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti
amministrativi versati dalle parti.
MANDA
Alla Segreteria in sede di provvedere alla cancellazione della parola“risibile” a pag. 6
rigo 1 della memoria 9 novembre 2012 prodotta dalla difesa di Vicenza Calcio spa.
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Così deciso in ROMA, il 21 dicembre 2012, nella conferenza personale degli arbitri,
e sottoscritto in numero di cinque originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati.
F.to Franco MODUGNO
F.to Antonio CAMOZZI
F.to Giancarlo CASTIGLIONE
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