CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 7 del 03/04/2013 – Cagliari Calcio S.p.a./A.S. Roma/Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 7 del 03/04/2013 - Cagliari Calcio S.p.a./A.S. Roma/Federazione Italiana Giuoco Calcio L’Alta Corte di Giustizia Sportiva, composta da dott. Riccardo Chieppa, Presidente, dott. Alberto de Roberto, Relatore dott. Giovanni Francesco Lo Turco, prof. Massimo Luciani, prof. Roberto Pardolesi, Componenti, ha pronunciato la seguente Decisione nel giudizio introdotto dal ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 34/2012, presentato in data 20 dicembre 2012 dalla società Cagliari Calcio S.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Mattia Grassani, contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Medugno e dall’avv. Letizia Mazzarelli e nei confronti della società controinteressata A.S. Roma S.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Saverio Sticchi Damiani, per l’annullamento della decisione resa dalla Corte di Giustizia Federale della FIGC (pubblicata sul C.U. n. 94/CGF del 20 novembre 2012), con cui è stato respinto il reclamo proposto dalla Società Cagliari Calcio per l’impugnazione del provvedimento del Giudice Sportivo Nazionale c/o LNP Serie A, avente ad oggetto la sanzione della perdita con il punteggio di 0 a 3 della gara Cagliari-Roma (23 settembre 2012), del campionato nazionale di Serie A, nonché di quest’ultimo provvedimento, adottato con C.U. n. 51 del 24 settembre 2012 e di ogni altro atto presupposto, connesso e discendente. uditi, nell’udienza del 18 marzo 2013, il Relatore, Pres. Alberto de Roberto, l’avv. Mattia Grassani per la ricorrente, l’avv. Saverio Sticchi Damiani per la società A.S. Roma S.p.a., l’avv. Luigi Medugno e l’avv. Letizia Mazzarelli per la F.I.G.C. RITENUTO IN FATTO Con C.U. n. 48 del 20 settembre 2012, il Presidente della Lega Nazionale di Serie A – preso atto della determinazione del 19 settembre 2012 dell’Osservatorio nazionale delle manifestazioni sportive sedente presso il Ministero dell’Interno e del provvedimento, emesso sotto la stessa data dal Prefetto di Cagliari, con i quali venivano segnalate le carenze sul piano della sicurezza dello stadio “Is Arenas” di Quartu S. Elena – disponeva che la gara Cagliari – Roma della quarta giornata di andata del Campionato di calcio di Serie A, si svolgesse il successivo 23 settembre 2012 nel detto stadio in assenza di pubblico, nella osservanza delle prescrizioni cautelative enunciate nei menzionati provvedimenti delle dette autorità amministrative. In data 22 settembre 2012, sul sito internet della società Cagliari appariva un comunicato a firma del Presidente della società Cagliari, Massimo Cellino, nel quale quest’ultimo – a nome dei “tesserati e di tutti coloro che lavorano per la società” - visto il perdurare di una “situazione che porta a non vedere più un futuro per via delle difficoltà burocratiche e il disinteresse collettivo delle istituzioni - invita(va) e chiede(va) ai tifosi della squadra titolari di biglietti e di abbonamento” (titoli di accesso di cui il Prefetto aveva disposto il rimborso o l’annullamento a cura della società) “a recarsi allo stadio per assistere alla partita Cagliari – Roma nel rispetto dell’ordine e della civiltà”. Si aggiungeva che la società e i suoi ingegneri ritenevano la struttura dello stadio agibile e sicura. Il comunicato si concludeva affermando che il provvedimento “assolutamente pacifico” era suscitato “dal dolore e dalla frustrazione per difendere il diritto di esistere” della società. Con atto del 22 settembre 2012 il Prefetto di Cagliari, rilevato che il comunicato diramato dalla società, che invitava la tifoseria a presenziare alla partita, da disputare a porte chiuse, era in condizione di provocare “iniziative ed atti rivolti a disattendere il provvedimento […] coinvolgendo in situazione di disordine oltre le forze di polizia, gli abitanti delle aree circostanti lo stadio e i beni pubblici e privati ivi esistenti”, disponeva il differimento della partita, per motivi di ordine pubblico, ad altra data. Il Giudice Sportivo con C.U. del successivo 24 settembre 2012 – menzionati l’originario provvedimento prefettizio con il quale si era disposto, in considerazione dei caratteri della struttura, l’espletamento della partita nello stadio di Quartu S. Elena a porta chiuse, il comunicato indirizzato dalla società Cagliari per sollecitare la presenza sugli spalti dei tifosi della squadra, la successiva determinazione prefettizia che per ragioni di ordine pubblico aveva negato l’espletamento della partita – rilevava che la “provocatoria” iniziativa assunta dalla società Cagliari, conducendo alla violazione di cogenti prescrizioni dettate, ai sensi dell’art. 16, n. 2, C.G.S., a salvaguardia della pubblica sicurezza finiva per manifestarsi come la causa “diretta ed esclusiva” della mancata disputa della gara alla data e con le modalità stabilite. La società Cagliari, responsabile della non effettuazione della competizione, andava sanzionata, pertanto, con la perdita per 0-3 della gara non disputata. Contro la detta determinazione del Giudice Sportivo è insorta la società Cagliari innanzi alla Corte di Giustizia federale, che ha respinto il ricorso. Prima della pubblicazione della motivazione della decisione della Corte federale il Cagliari ha impugnato innanzi a questa Alta Corte, con atto del 20 dicembre 2012, il dispositivo di rigetto offrendo, poi, attraverso motivi aggiunti del 23 gennaio 2013, integrazioni e più precise puntualizzazioni alle sue doglianze. Con ampie e articolate memorie la società controinteressata A.S. Roma S.p.a. e la Federazione Italiana Giuoco Calcio – F.I.G.C. - hanno diffusamente svolto, in rito e nel merito, le loro tesi difensive. In vista dell’odierna udienza di discussione tutte le parti hanno ulteriormente sviluppato le loro difese. Delle censure proposte e delle tesi difensive delle parti resistenti si darà conto nella parte in diritto della presente decisione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Sono proposte, con la presente controversia, questioni in rito e nel merito, che giustificano, per la loro rilevanza, l’intervento di questa Alta Corte. 2. La difesa della controinteressata società A.S. Roma dubita che l’impugnativa della decisione della Corte Federale, confermativa della sanzione irrogata alla Cagliari Calcio S.p.a. della perdita a tavolino della partita Cagliari - Roma, possa essere radicata innanzi a questa Alta Corte in considerazione della emanazione, in data 23 ottobre 2012, della modifica dello statuto della F.I.G.C. (art. 30, commi 2 e 3, Statuto F.I.G.C.) approvata in data 30 ottobre 2012 dalla Giunta Nazionale del CONI con la quale, in contrasto con la disciplina espressa dagli artt. 12, 12 bis e 12 ter dello Statuto CONI e dai Codici dell’Alta Corte (e del TNAS), si è sottratta, tra l’altro, alla cognizione dell’Alta Corte (e del TNAS) la sanzione della c.d. perdita a tavolino della partita (la misura sanzionatoria disposta, appunto, nei riguardi della soc. Cagliari). L’eccezione non può essere condivisa. Sul contrasto tra la normativa federale e quella dell’ordinamento del CONI questa Alta Corte ha già avuto occasione di esprimersi con la decisione n. 1/2009, dai cui princìpi ritiene di non doversi discostare. Fu rilevato, in quella occasione, nella quale questa Alta Corte veniva chiamata a pronunciarsi sugli effetti esplicati dalla nuova normativa proveniente dal CONI su preesistenti disposizioni federali di diverso tenore, che le due istituzioni (federazioni e CONI) si inserivano, entrambe, a due diversi livelli, nel più ampio ordinamento internazionale dello sport che fa capo al CIO. La collocazione dell’ordinamento del CONI in posizione di maggior grado rispetto a quello delle federazioni consentiva al primo - come è avvenuto con le modifiche degli artt. 12, 12 bis e 12 ter dello Statuto del CONI - di introdurre la previsione dello svolgimento di ulteriori fasi contenziose innanzi ad organi di giustizia del CONI (Alta Corte e TNAS) nei riguardi di decisioni federali: con conseguente venir meno di precedenti norme delle federazioni conclamanti o l’insindacabilità delle pronunce federali o la gravabilità delle stesse secondo modalità impugnatorie diverse da quelle poi stabilite nell’ambito dell’ordinamento del CONI. In una logica uguale e contraria è da ritenere che risultino incapaci di prendere il posto delle previgenti norme CONI, sovrapponendosi ad esse abrogandole, disposizioni federali contemplanti, come quelle dello scorso 12 ottobre 2012 della F.I.G.C., la sottrazione di fasce del contenzioso federale alla impugnativa prevista innanzi ad organismi giustiziali del sovraordinato ordinamento Coni (Alta Corte e TNAS). Né può sostenersi che, prevedendo lo Statuto del CONI l’intervento dei propri organi contenziosi solo per le sanzioni eccedenti i diecimila euro e le sospensioni di attività superiori ai 120 giorni, resterebbe implicitamente riconosciuta dallo stesso ordinamento CONI la non assoggettabilità agli organi di giustizia del CONI di sanzioni diverse da quelle ora ricordate. Anche a questo riguardo ha avuto occasione di pronunciarsi la citata decisione n. 1/2009 rilevando che le norme dello Statuto CONI non provvedono ad elencare, con numero chiuso, le sanzioni delle quali può conoscere l’Alta Corte (ed il TNAS), preoccupandosi piuttosto di tracciare la linea di confine tra sanzioni minori (ammonizioni, censure, sanzione patrimoniale inferiore a 10.000 €, ecc.) sottratte agli organismi di giustizia CONI e sanzioni maggiori sottoposte, invece, al detto contenzioso (sanzione patrimoniale superiore a 10.000 €, sospensione per almeno 120 giorni; altre incisive misure sanzionatorie: perdita della partita a tavolino, disputa della partita a porte chiuse, ecc.). Non vale a smentire le conclusioni raggiunte in relazione all’inattitudine della norma dell’ordinamento federale a prendere il posto di quella dell’ordinamento maggiore il fatto che le recenti norme federali che pretendono di modificare l’ordinamento CONI siano state approvate dalla Giunta del CONI. È noto che l’atto positivo di controllo non comporta la riconduzione dell’atto controllato alla paternità dell’autorità dalla quale il controllo proviene e che la Giunta che ha espresso il controllo è organo diverso e minore rispetto al Consiglio Nazionale del CONI che ha, a suo tempo, deliberato le norme statutarie che la Federazione ha tentato di modificare con la sua recente normativa. 3. Con il primo motivo la società ricorrente assume che il Giudice Sportivo è competente a pronunciare solo in relazione ad eventi verificatisi nel corso di una competizione sportiva. Nella specie, la predetta autorità ha sanzionato, invece, comportamenti del presidente della società Cagliari posti in essere al di fuori di una competizione che, per giunta, non ha mai ottenuto svolgimento (la partita Cagliari - Roma). La censura deve essere disattesa. L’art. 29, comma 3, C.G.S. dispone che i giudici sportivi sia nazionali che territoriali “giudicano […] in prima istanza […] sulla regolarità dello svolgimento delle gare”, espressione, quest’ultima, capace di accogliere nelle sue previsioni anche le ipotesi in cui – come nella specie – il regolare svolgimento della competizione (compresi il rispetto dell’ora e del giorno della stessa) sia stato impedito o ostacolato da comportamenti posti in essere anche al di fuori della gara addebitabili a fatti della società o di cui quest’ultima deve rispondere. Non va trascurato, d’altro lato - come correttamente sottolineato dalla decisione della Corte Federale impugnata in questa sede -, che la competenza del Giudice Sportivo resta individuata anche dai commi secondo e primo dello stesso articolo 29 che, con formulazione ancora più lata, chiariscono che tanto i giudici sportivi nazionali quanto quelli territoriali “giudicano in prima istanza in ordine a fatti da chiunque commessi avvenuti nel corso di tutti i campionati e le competizioni organizzate dalle leghe” e che i giudici sportivi nazionali (dei quali fa parte l’organo che ha irrogato al Cagliari la sanzione) sono competenti per i campionati e le competizioni di livello nazionale. Non è esatto, pertanto, affermare che la sanzione per il mancato svolgimento della gara alla data stabilita non potesse essere disposta dall’Autorità che l’ha pronunciata. 4- Nemmeno può essere condiviso l’assunto - formulato nella terza censura, ma racchiuso pure in taluni profili del primo mezzo - con il quale si afferma che il mancato svolgimento della partita non dovrebbe essere addebitato alla soc. Cagliari, ma fatto risalire al factum principis (il provvedimento prefettizio che ha vietato lo svolgimento della partita il 23 settembre 2012). La determinazione del Giudice Sportivo, che ha disposto la sconfitta a tavolino del Cagliari nei confronti della Roma per 0 a 3, espone con chiarezza le ragioni per le quali si riteneva di addebitare alla società Cagliari la mancata disputa della partita. Nella prima parte, di natura espositiva, dell’atto (primo e terzo periodo), si menzionano le vicende, fino a quel momento intervenute, concernenti la partita Cagliari - Roma: il provvedimento prefettizio che aveva disposto la disputa della partita a porte chiuse a salvaguardia della incolumità pubblica; il comunicato del presidente del Cagliari che istigava la tifoseria a violare le dette prescrizioni; il successivo provvedimento prefettizio con il quale, per ragioni di ordine pubblico, si negava lo svolgimento della partita. Nella seconda parte, di carattere dispositivo (secondo e, soprattutto, quarto periodo), il Giudice Sportivo - facendo leva sul fatto che il comunicato del presidente del Cagliari sollecitava i tifosi a violare norme delle quali l’art. 12, n. 2, C.G.S. impone l’inderogabile rispetto (quelle dettate a salvaguardia dell’ incolumità e della sicurezza negli stadi), riconduceva alla società Cagliari il fatto che la partita non avesse potuto conseguire svolgimento. Era, infatti, da attribuire – si legge nel provvedimento - alla “provocatoria” iniziativa assunta dalla società Cagliari, rivolta a sobillare la sua tifoseria ad infrangere la prescrizione prefettizia dello svolgimento della partita senza presenza di pubblico, dettata a salvaguardia della incolumità e sicurezza pubblica, il fattore che aveva condotto a vietare la disputa del confronto tra le due squadre il 23 settembre 2012 nello stadio “Is Arenas” di Quartu S. Elena. 5. È da negare poi che, nella specie, ricorressero le condizioni perché il Giudice Sportivo disponesse, nell’ esercizio dei poteri speciali di cui all’art. 17, quarto comma, C.G.S. (presenza di eventi di carattere non strettamente tecnico o di natura eccezionale), in sostituzione della sanzione della sconfitta a tavolino, la mera ripetizione della gara. Non è esatto anzitutto – per quanto attiene alla ricostruzione dei fatti - che la società Cagliari si sia dichiarata disponibile (come afferma, invece, oggi nelle sue difese) a rinunciare alla disputa della partita Cagliari – Roma nello stadio Nereo Rocco di Trieste (sede ordinaria delle competizioni domestiche per l’indisponibilità in Cagliari di uno stadio adeguato) solo a condizione che la disputa della partita nello stadio di Quartu S. Elena fosse stata autorizzata con accesso pur se limitato di pubblico (il c.d. pubblico fidelizzato). Dalla nota del 7 settembre 2012, proveniente proprio dalla società Cagliari, risulta che quest’ultima ha chiesto, invece, di espletare la partita allo stadio di Quartu S. Elena con le stesse modalità della partita disputata con l’Atalanta il precedente 2 settembre e, perciò, a porte chiuse. È, comunque, assorbente rilevare che, quando pure gli eventi accaduti potessero ritenersi avvenuti (e ciò non è) secondo quanto afferma la società ricorrente (rilascio di autorizzazione, da parte del Prefetto, per la disputa della partita a porte chiuse in luogo della autorizzazione richiesta per lo svolgimento della partita con presenza di pubblico sia pure limitato), in nessun caso la delusione delle aspettative della società Cagliari potrebbero farsi assurgere a causa giustificativa o attenuante di un comunicato - quale quello del Presidente del Cagliari - capace di condurre alla violazione delle norme di sicurezza e, addirittura, ad uno scontro tra la tifoseria e le forze dell’ordine tenute a far rispettare il provvedimento prefettizio che consentiva, per le condizioni di insicurezza dello stadio, la disputa della partita solo a porte chiuse. 6. È pure infondata la doglianza con la quale si sostiene che al Giudice sportivo era interdetta la facoltà di considerare disputata la partita Cagliari – Roma, con assegnazione del punteggio di 0-3, dal momento che il provvedimento autoritativo del Prefetto non aveva disposto la non disputabilità della partita (come erroneamente ritenuto dal Giudice Sportivo), ma solo il rinvio della stessa ad altra data. Negli stessi sensi si era, inoltre, espressa pure la Lega con determinazione di analogo tenore. Anche tali ulteriori affermazioni non possono essere condivise. Del provvedimento prefettizio la società ricorrente offre una lettura troppo letterale, senza conferire il necessario risalto alle competenze che sono proprie del Prefetto e agli interessi che quest’ultimo è chiamato a tutelare. Il provvedimento del Prefetto ha il suo fulcro nella statuizione che dispone la chiusura dello stadio il 23 settembre 2012 per ragioni di ordine pubblico. Il “rinvio” della partita, del quale si parla effettivamente nel provvedimento, non costituisce una statuizione autoritativa rivolta a disporre la ripetizione sotto altra data dell’incontro, ma solo l’affermazione della disponibilità del Prefetto, chiamato a garantire la sicurezza degli impianti e l’ordine pubblico, a verificare di nuovo, in caso fosse stata disposta, da parte delle autorità sportive (le sole competenti in materia), la ripetizione della gara, la sussistenza sotto la nuova data delle occorrenti condizioni di sicurezza dello stadio e dell’ordine pubblico. Quello che viene, poi, qualificato provvedimento della Lega di rinvio della partita (l’atto del 22 settembre 2012) costituisce mera comunicazione della Lega rivolta a render nota la decisione assunta dal Prefetto. 7- Sempre per contrastare la legittimità della sanzione irrogata alla società Cagliari si sostiene ancora, da quest’ultima, che il giudizio, ancora in corso, promosso dalla Procura Federale nei confronti del presidente della società Massimo Cellino avrebbe dovuto precedere quello definito nei riguardi della società, di cui si discute in questa sede, in vista di prevenire valutazioni contraddittorie sugli stessi fatti in separati giudizi. Anche tale doglianza deve essere disattesa. La sanzione della perdita della partita a tavolino risulta inflitta alla società Cagliari per fatto proprio, con riferimento a comportamenti della stessa tenuti attraverso i propri organi societari (Presidente, vice capo ufficio stampa, ecc.) chiamati ad esprimere le volizioni della società ed a manifestarne l’attività. La parallela procedura promossa nei riguardi del presidente Cellino ha per oggetto, invece, l’accertamento, sul piano soggettivo ed oggettivo, di responsabilità facenti capo a quest’ultimo come autonomo soggetto diverso e distinto dalla società, la sola sanzionata con il provvedimento di cui si discute nel presente giudizio. Ed è evidente, proprio per questa ragione, che l’’autorità che dovrà pronunciare sul Cellino potrà farlo senza soggezione a vincoli derivanti dal presente contenzioso 8. Con l’ultima memoria difensiva la società ricorrente fa presente che il 13 febbraio 2013, nell’imminenza dell’odierna udienza di discussione, il provvedimento prefettizio che ha disposto la non disputabilità della partita il 23 settembre 2012 per ragioni di ordine pubblico è stato annullato dal TAR Sardegna innanzi al quale era stato impugnato all’indomani della sua emanazione. Il detto annullamento – afferma ancora la società ricorrente - travolge pure (illegittimità caducante) la sanzione applicata alla società che nel divieto prefettizio trova il suo unico presupposto. Quantomeno l’annullamento del provvedimento del Prefetto rende invalida per illegittimità sopravvenuta (illegittimità invalidante) la sanzione irrogata dal giudice sportivo, che va, perciò, in questa sede, anche per tale ragione annullata. 9. La censura - nella sua prospettazione più radicale (caducazione automatica della sanzione per effetto dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento prefettizio di chiusura dello stadio) - va disattesa. La separazione tra ordinamento statale e ordinamento sportivo vale ad escludere ogni diretta ripercussione delle vicende che si producono nell’ordinamento statale sulle sanzioni irrogate nell’ordinamento sportivo, che restano, conseguentemente, in vita in quest’ultimo continuando a spiegare in esso i propri effetti (sent. Corte Cost. n. 59 del 2011). Deve ritenersi interdetta, in questa situazione, all’Alta Corte – giudice dell’ordinamento sportivo – ravvisare un’automatica caducazione nell’ordinamento sportivo della sanzione irrogata per l’asserito venir meno del provvedimento (la chiusura dello stadio) che ne costituiva il presupposto. 10-1. Ripiegando su di una doglianza subordinata sembra sostenersi che questa Alta Corte dovrebbe prendere atto, comunque, dell’illegittimità sopravvenuta della sanzione sportiva irrogata alla società (la perdita a tavolino della partita con la Roma) e disporre l’annullamento della sanzione stessa per il fatto nuovo dell’annullamento, da parte del TAR Sardegna, della determinazione prefettizia di chiusura dello stadio di Quartu S. Elena. L’annullamento di quest’ultima determinazione - sostiene la società - muta il quadro di circostanze in presenza delle quali si è ritenuto di poter addebitare alla soc. Cagliari, la chiusura dello stadio e la mancata disputa della partita. 10-2. La società controinteressata A.S. Roma ha avanzato, a proposito di tale doglianza, un’eccezione di inammissibilità, deducendo che la censura sarebbe tardiva perché non proposta nel precedente grado di giustizia federale, pur risultando in quel tempo già pendente il ricorso avanzato dalla società Cagliari contro il provvedimento prefettizio di divieto di disputa della partita. L’eccezione deve essere disattesa. La censura qui in discussione investe un atto (la sanzione della perdita a tavolino della partita Cagliari - Roma) impugnato, oltreché per ulteriori e diverse doglianze (quelle fin qui esaminate), anche per un altro asserito vizio di illegittimità suscettibile di sopravvenire – come è poi accaduto - nel corso del presente giudizio: l’annullamento da parte del TAR della Sardegna – su ricorso sempre della soc. Cagliari - della determinazione prefettizia che vietava l’effettuazione della partita il 23 settembre 2012. Va subito rilevato che la nuova illegittimità denunciata avrebbe potuto essere fatta valere con motivi aggiunti dopo la pubblicazione della sentenza del TAR avvenuta solo lo scorso 13 febbraio 2013. Di tali motivi aggiunti – non proposti dopo la sentenza – svolge, però, utilmente le veci la censura con la quale fu rappresentata anticipatamente a questa Alta Corte la nuova illegittimità che avrebbe potuto investire, in pendenza del giudizio, la sanzione irrogata. Resta, perciò, senza rilievo – nei riguardi di una censura che sarebbe stata tempestiva anche se proposta, in questa sede, dopo la conoscenza della sentenza del TAR Sardegna - il fatto che tale doglianza non sia stata avanzata nel precedente grado del giudizio federale. 10-3. Nel merito la censura è infondata. Va rilevato, anzitutto, che il provvedimento impugnato sembra rivolto a far risalire alla società la mancata disputa della partita non tanto per ragioni di ordine pubblico (quelle che, per timore di disordini, hanno condotto il Prefetto a disporre la chiusura dello stadio), quanto per il fatto che il comunicato della soc. Cagliari sollecitava i tifosi ad assistere ad una partita che non avrebbe potuto ottenere seguito perché da realizzare in violazione delle norme di salvaguardia della incolumità pubblica, di cui l’art 16, n. 2, C.G.S. impone l’inderogabile rispetto. Potrebbe, perciò, non arbitrariamente sostenersi l’ininfluenza, sulla sanzione irrogata alla società, della decisione giurisdizionale sopraggiunta relativa ad un presupposto (la chiusura dello stadio per motivi di ordine pubblico per il pericolo di scontri tra tifoseria e forze dell’ordine) non riconducibile tra le cause giustificative della sanzione adottata dal giudice sportivo. 10-4. Sebbene le anzidette conclusioni debbano ritenersi decisive e assorbenti, va rilevato che non farebbe approdare a conclusioni favorevoli alla società ricorrente anche una lettura del provvedimento sanzionatorio che conducesse ad affermare che la sanzione della perdita a tavolino della partita sia da attribuire alla responsabilità del Cagliari per le temute turbative dell’ordine pubblico. Le vicende poste a base, in punto di fatto, del provvedimento sanzionatorio, che la società ricorrente non è riuscita a smentire, rendono rigorosamente consequenziali le deduzioni tratte dal Giudice Sportivo in ordine alla riferibilità, alla società dalla quale proviene l’improvvida comunicazione, della responsabilità per il mancato svolgimento della partita e l’irrogazione alla stessa, per tale ragione della sconfitta a tavolino. Resta, infatti, non smentita - nonostante la caducazione nell’’ordinamento statale, in sede giurisdizionale, per un vizio formale del provvedimento prefettizio di chiusura dello stadio – l’articolato quadro di circostanze valorizzate, nell’ordinamento sportivo, dal Giudice sportivo per ricondurre alla responsabilità della società Cagliari la mancata disputa della partita. La pronuncia del TAR Sardegna non contesta, infatti, né che la partita Cagliari - Roma non abbia avuto svolgimento né che il comunicato del presidente della società Cagliari debba considerarsi la causa di quei motivi d’ordine pubblico che hanno impedito di far disputare la partita, né che i predetti accadimenti vadano ascritti in via “diretta ed esclusiva” alla responsabilità della società Cagliari. L’ autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statale non consente, poi, di mettere in discussione accertamenti e valutazioni eseguiti nell’ordinamento sportivo dal giudice sportivo –svincolato dall’osservanza di regole procedimentali dettate nell’ordinamento statale - per il solo fatto che accertamenti coincidenti nel risultato curati dall’autorità statale (Prefetto di Cagliari) siano stati annullati dal Giudice Amministrativo (TAR della Sardegna) per un vizio di carattere solo formale, incapace d’investire gli accertamenti del Giudice Sportivo (l’acquisizione, da parte del Prefetto, del parere favorevole espresso dal competente comitato provinciale in composizione irregolare). 11) Il ricorso deve essere respinto ponendosi a carico della società Cagliari soccombente le spese di giudizio che si liquidano in complessivi € 6.000 (€ 3.000 a favore di ciascuna delle parti resistenti). P. Q. M. RESPINGE il ricorso; Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in motivazione. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, il 18 marzo 2013. Il Presidente Il Relatore F.to Riccardo Chieppa F.to Alberto de roberto Depositato in Roma il 3 aprile 2013. Il Segretario F.to Alvio La Face
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