CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 29 del 11/11/2013 – Gianluigi Giancecchi/Federazione Italiana Pallacanestro
CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 29 del 11/11/2013 – Gianluigi Giancecchi/Federazione Italiana Pallacanestro
L’Alta Corte di Giustizia Sportiva
composta da
Dott. Riccardo Chieppa, Presidente,
Dott. Alberto De Roberto,
Prof. Massimo Luciani,
Prof. Roberto Pardolesi, relatore,
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio, iscritto al R.G. ricorsi n. 27/2013, presentato in data 17 settembre dal sig. Gianluigi Giancecchi contro la Federazione Italiana Pallacanestro per l’annullamento della delibera n. 68 del Comitato Italiano Arbitri, di cui al C.U. n. 1815 del 25 giugno 2012, e il conseguente inserimento del ricorrente nella lista degli arbitri di Divisione Nazionale A della stagione 2012/2013.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
vista la memoria di costituzione della resistente Federazione Italiana Pallacanestro;
uditi, all’udienza pubblica del 3 ottobre 2013, l’Avv. Roberto Afeltra per il ricorrente e gli Avv. ti Paola Vaccaro e Guido Valori per la Federazione resistente;
visti tutti gli atti e i documenti di causa;
udito il relatore Prof. Roberto Pardolesi.
Ritenuto in fatto
1.- Gianluigi Giancecchi propone a questa Alta Corte, “in riassunzione”, il ricorso originariamente intentato innanzi al TNAS avverso la Delibera n. 68 del Comitato Italiano Arbitri della FIP (d’ora in avanti, CIA), del 25 giugno 2012, in forza della quale veniva collocato al 36° posto nella graduatoria finale degli arbitri DNB nell’anno sportivo 2011-2012, con conseguente preclusione di un inserimento in posizione utile per la promozione alla Divisione Nazionale A.
2.- Il TNAS era stato adito dopo l’espletamento dei ricorsi endofederali, esitati in pronunce, entrambe negative per l’odierno ricorrente, della Commissione Giudicante Nazionale FIP, comunicata in data 14 settembre 2012, e della Corte Federale FIP, comunicata in data 8 novembre 2012. Quali motivi di censura - si noti, proposti per l’annullamento e la riforma della delibera n. 68 del C.I.A. della F.I.P. (C.U. n. 1815 del 25 giugno 2012) ed in via principale per ottenere la rielaborazione della graduatoria, “tenendo conto della corretta applicazione dei criteri di impiego e valutazione a suo tempo stilati, in via subordinata per accertare il diritto del ricorrente ad un punteggio di 74,85 rispetto a 73,85 indicato in graduatoria” - erano stati dedotti:
I) violazione nel “procedimento seguito dai giudici federali laddove hanno ritenuto corretto e rituale un riscontro probatorio tra giudizi espressi in crocette e punteggio, effettuato al di fuori del contraddittorio”; procedimento e verifica sarebbero stati effettuati al di fuori del contraddittorio, non risultando da alcun atto e nella più totale ignoranza, da parte dell’interessato, anche del convertitore, non reso pubblico; violazione decisiva perché impedirebbe una valutazione sull’applicazione dei criteri di valutazione con illegittimità delle graduatorie;
II) disparità tra quanto indicato nella valutazione e quanto attribuito in fase di punteggio dal medesimo osservatore all’arbitro; l’organo contenzioso sarebbe legittimato a conoscere il dettaglio della valutazione, non impedito dall’art. 75 Regolamento C.I.A. e consentito dal successivo art. 86 per l’incidenza sulla promozione o sulla retrocessione. Da notare come, a differenza di quanto avvenuto nel primo e secondo grado endofederale, si facesse riferimento alle valutazioni degli osservatori Vaccarini, Terranova, Siciliano, Sardella, Pellicioli, Mustaro, Basso, Bacci e Abbiati. Invece, nei due ricorsi avanti agli organi di giustizia endofederale (Commissione Giudicante Nazionale e in secondo grado Corte Federale F.I.P.), risultavano specifiche deduzioni riguardo alla valutazione dell’osservatore Vaccarini, mentre per gli altri si dava solo una generica indicazione globale, senza alcuna specificazione concreta o indicazione nominativa.
3.- Il TNAS decideva la controversia con lodo comunicato in data 20 luglio 2013. Vi si statuiva, alla luce della decisione n. 1/2013 di questa Alta Corte, l’opportunità di rimettere alla stessa la controversia, “al fine di ogni valutazione in merito, innanzi tutto relativa alla natura del diritto fatto valere e all’ammissibilità della domanda con la quale viene esercitato”.
4.- La decisione del TNAS non aveva precedenti specifici anche in ordine alla applicazione di termini e di formalità per la riassunzione avanti all’Alta Corte a seguito di dichiarazione di incompetenza arbitrale.
L’odierno ricorrente provvedeva, in data 8 agosto 2013, a formulare un semplice atto di impulso processuale per la prosecuzione del giudizio avanti all’Alta Corte. Con comunicazione del 30 agosto 2013 la segreteria dell’Alta Corte segnalava la necessità di introdurre il procedimento secondo le norme in punto di ricorso principale alla Corte stessa.
5.- Di qui, appunto, il vero e proprio ricorso in riassunzione, oggi in esame, depositato il 13 settembre 2013, con riproduzione pedissequa dell’istanza di arbitrato e richiamo al lodo comunicato in data 20 luglio 2013.
5.1.- Nel primo motivo di detto ricorso, il Giancecchi ricorda come, posteriormente al deposito dell’istanza di arbitrato, fosse stato reso noto il dispositivo della decisione n. 1/2013 di questa Alta Corte; sottolinea come il caso odierno sia analogo, se non identico, a quello cui si riferisce la predetta decisione; chiede che, pertanto, sia assunta, nei suoi riguardi, eguale decisione, con conseguente annullamento della graduatoria e sua rinnovazione.
5.2.- La seconda censura riguarda la palese erroneità delle valutazioni degli osservatori, nel presupposto che esse siano sindacabili, ex art. 86 Reg. C.I.A., in vista della loro incidenza sulla mancata promozione del ricorrente.
6.- La FIP si è costituita in giudizio con memoria depositata il 20 settembre 2013.
6.1.- La Federazione eccepisce, in primo luogo, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse ad agire. Il ricorrente è stato, infatti, abilitato per la stagione 2013/14 ad arbitrare le gare di campionato di serie DNB, con graduatoria pubblicata il 26 luglio 2013, nei confronti della quale non è stato sollevato alcun reclamo; mentre l’originaria istanza di inserimento nella lista arbitrale DNA si riferiva alla stagione 2012/13, ormai compiuta e conclusa.
6.2.- Il lodo reso dal TNAS in data 7 luglio 2013 era provvedimento definitivo, che chiudeva il giudizio, senza lasciare margine per un’irrituale riassunzione innanzi all’Alta Corte. L’odierno ricorso deve, pertanto, ritenersi inammissibile, vertendo su questione già oggetto di decisione definitiva, e comunque tardivo. La tardività sussisterebbe persino ove fosse ammessa la possibilità di traslazione dal TNAS all’Alta Corte: la relativa istanza è stata depositata ben oltre il termine del 30° giorno dalla pubblicazione del lodo.
6.3.- La FIP ritiene, peraltro, che il ricorso sia infondato nel merito.
6.3.1. Nessuna contestazione era stata avanzata dall’odierno ricorrente in merito ai criteri di valutazione, meno che mai al momento della proposizione del proprio ricorso ai giudici sportivi. La decisione 1/2013, che si vorrebbe estesa all’odierna fattispecie, riguarda una situazione completamente diversa e non è, quindi, in alcun modo pertinente.
6.3.2.- La contestazione delle valutazioni rese dagli osservatori sono insindacabili a norma dell’art. 86 Reg. C.I.A. Dette valutazioni non appaiono, in ogni caso, afflitte da irragionevolezza.
7.- Il ricorso è stato ritualmente discusso nell’udienza del 3 ottobre 2013.
Considerato in diritto
1.- Va preliminarmente esaminata l’eccezione sollevata dalla Federazione in ordine al difetto d’interesse al ricorso da parte dell’odierno ricorrente.
L’eccezione non può essere accolta. E’ vero, infatti, che l’originaria richiesta d’inserzione nella lista arbitrale della Lega Due per la stagione 2012/2013 non potrebbe comunque avere di fatto concreta attuazione, essendo terminata la stagione sportiva per cui si discute. Tuttavia permane, in ogni caso, l’interesse dell’attore a veder riconosciuto, sul piano reputazionale o del riconoscimento del titolo anche per eventuali profili patrimoniali, il suo diritto all’inclusione in quella lista di merito, con tutte le conseguenze che ne sarebbero potute derivare, a prescindere dalla concreta praticabilità della pretesa di arbitrare in una stagione ormai conclusa.
2.- Va ulteriormente esaminata l’eccezione sollevata dalla FIP in ordine alla tardività dell’odierno ricorso.
Al riguardo, occorre riconoscere che il lodo del TNAS presenta caratteri equivoci. Dal suo tenore complessivo è peraltro plausibile dedurre che, sia pure con qualche incertezza, il collegio arbitrale abbia inteso rimettere la controversia nella sua integrità allo scrutinio di questa Alta Corte: da un lato, infatti, si riscontra una determinazione di difetto di competenza arbitrale, con devoluzione a questa Alta Corte, dall’altro manca qualsivoglia determinazione in ordine ai profili di merito della materia contenziosa (eccezion fatta per quelle, soltanto strumentali, relative alla tempestività o attinenti alla compensazione delle spese e al pagamento degli onorari agli arbitri).
Si è realizzata, a seguito della declinatoria della competenza arbitrale e della rimessione all’Alta Corte, una translatio iudicii, priva di precedenti – come sopra accennato - in quanto disposta per la prima volta dal TNAS e per la quale mancano puntuali riferimenti normativi in ordine ai termini e formalità della riassunzione. Si deve ritenere, pertanto, che detti termini e le formalità possano essere individuati sulla base di quelli vigenti per adire il giudice ad quem, trattandosi di rimessione per semplice difetto di competenza da un organo giudicante ad un altro (di ultimo grado) nel medesimo ordinamento sportivo. Nel caso in esame, dunque, il termine di 30 giorni dalla conoscenza dell’atto impugnato, secondo quanto disposto dall’art. 4, comma 1, Codice A.C.G.S.
Nella specie, come rilevato da parte resistente, detto termine non è stato rispettato, posto che il lodo è stato pubblicato il 7 giugno 2013 e comunicato in pari data, laddove il ricorso alla Corte, di là da contatti prodromici con la Segreteria e da una prima bozza d’istanza di calendarizzazione, è stato presentato il 13 settembre 2013, a termine largamente scaduto.
Questa Corte ritiene, tuttavia, che l’assoluta novità della circostanza e la soggettiva e giustificata incertezza circa le modalità con cui procedere alla traslazione del giudizio comportino l’esigenza di verificare la sussistenza dell’applicabilità dell’istituto dell’errore scusabile, idoneo a precludere la tardività del ricorso. Infatti, come già statuito in precedenza (Decisione n. 25/2012),
anche nei procedimenti di giustizia sportiva può essere applicato l’istituto dell’errore scusabile, originato nella giurisdizione amministrativa, e man mano utilizzato in via generale, come elemento di ragionevole temperamento volto a garantire una effettività di tutela e un giusto procedimento, quando il giudicante rilevi, anche d’ufficio, una situazione di mancanza di responsabilità nella erronea applicazione di disposizione processuale ad opera della parte che subisce gli effetti preclusivi del ritardo o dell’erronea applicazione addebitabile ad altri (alla controparte, compresa l’amministrazione, o al giudice, per oscillazioni o cambiamento di giurisprudenza, o all’autore della stessa normativa, per obiettiva incertezza e scarsa chiarezza). Nel caso di specie può pertanto essere concesso d’ufficio il beneficio dell’errore scusabile esclusivamente in ordine al termine per gli adempimenti della riassunzione.
3.- Nel merito, risulta inconferente, ai fini delle censure validamente introdotte nel presente giudizio, il richiamo del ricorrente al decisum con la sentenza n. 1/2013.
E’ controverso tra le parti se vi sia stata, o non, contestazione in ordine ai criteri di valutazione degli arbitri nei ricorsi endofederali. Tuttavia non vi è dubbio che la questione, nei termini cui si riferisce la precedente decisione di questa Corte, non sia stata sollevata nei giudizi di impugnazione avanti ai giudici federali, essendovi censure su specifici profili di applicazione dei criteri stessi. In detti giudizi, si noti di impugnazione, risultano circoscritti, a seguito delle preclusioni verificatesi, sia il perimetro sia le censure del contenzioso suscettibile di essere portato all’esame dell’Alta Corte.
Inoltre, mentre nell’atto di riassunzione in questa sede vi è uno specifico riferimento alle valutazioni dei Commissari Vaccarini, Terranova, Siciliano, Sardella, Pellicioli, Mustaro, Basso, Bacci e Abbiati, nei due ricorsi avanti agli organi di giustizia endofederale (Commissione Giudicante Nazionale e in secondo grado Corte Federale F.I.P.) figuravano specifiche deduzioni solo rispetto alla valutazione dell’osservatore Vaccarini, mentre per le valutazioni degli altri osservatori emergeva nulla più che una generica indicazione globale, senza alcuna specificazione concreta di contraddittorietà o illogicità ovvero indicazione nominativa.
D’altro canto, anche negli atti introduttivi delle domande avanzate in sede di TNAS vi sono state contestazioni relative alla corretta applicazione dei criteri, nonché una sommaria enunciazione di contraddittorietà in singole valutazioni di osservatori, peraltro estranee, tranne una, all’ambito delle contestazioni nei giudizi endofederali, così come riprese nell’atto di riassunzione in questa sede, e tali, in ogni caso, da non superare una preclusione processuale già verificatasi nelle fasi processuali precedenti all’arbitrato.
Ne consegue la preclusione in questa sede sui predetti profili. Tanto più che, come già specificato nella sentenza n. 13 /2013, l’invocata pronuncia dell’Alta Corte n. 1 del 2013 ha ad oggetto una procedura separata e distinta, inidonea, per la natura dell’atto impugnato e per il limitato contraddittorio, ad incidere direttamente o a produrre effetti a cascata su altre procedure distinte e riferite ad anni diversi, pur se rette, in ipotesi, da autonome regole di analogo contenuto.
4. – Appaiono del pari inaccoglibili le censure del ricorso in ordine all’erroneità delle valutazioni operate dagli osservatori, che tuttavia devono ritenersi ammissibili, come sopra rilevato, nei limiti in cui sono state dedotte nei due giudizi di impugnazione endofederali. Tali valutazioni, ricevute dagli arbitri, esprimono, all’evidenza, una discrezionalità tecnica nell’ambito di un procedimento complesso, avente un effetto e una rilevanza autonomi e una sindacabilità solo ed esclusivamente a conclusione dell’iter procedimentale, con una errata compilazione della graduatoria che abbia determinati effetti negativi per l’arbitro valutato. Infatti la rilevanza (come limite per riconoscere un interesse a ricorrere) viene espressamente prevista in determinati casi, che producano un concreto effetto negativo e così in caso di esclusione dalle liste di fine anno sportivo, di revoca, di retrocessione o di mancata promozione (questo è il caso di specie: argomentando dal combinato disposto degli articoli 75 e 86 Regolamento C.I.A.).
Ovviamente, proprio in relazione alla natura delle valutazioni, come sopra indicate, il sindacato è ammesso, in questa sede, sul piano logico-giuridico (manifesta contraddittorietà o illogicità o arbitrarie discriminazioni di trattamento) nei casi sopraindicati, e nei riguardi del giudizio sintetico nelle singole voci e al commento relativo per la singola scheda compilata, nella specie, dagli osservatori.
Da tenere presente che il commento della singola voce di valutazione non è rigido, ma comprende una serie variabile di elementi e aggettivazioni non prefigurate nella dizione, da considerarsi nel loro complesso e non nella singola espressione verbale, per poter valutare la manifesta illogicità rispetto al giudizio, espresso con crocetta entro una serie tassativa di previsioni di giudizi sintetici (migliorabile, adeguato, buono, ottimo), ciascuno autonomo nelle singole voci di valutazione.
Nel caso indicato dal ricorrente (beninteso entro i limiti delle censure in sede endofederale, come sopraindicato), deve escludersi la sussistenza di alcun vizio sotto il profilo della manifesta illogicità o contraddittorietà, così correggendo sul punto la motivazione della decisione della Corte Federale impugnata.
Giova altresì rilevare, ai fini della esclusione della possibilità di accoglimento dei motivi proposti e ritenuti ammissibili, che il ricorrente non ha impugnato i criteri e le modalità di valutazione, fissati con atto con prescrizioni a contenuto generale, né ha chiamato in giudizio alcuno dei contraddittori necessari per un annullamento dei criteri.
Sulla base delle predette considerazioni, ciascuna autonoma, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile, in parte infondato.
Sussistono giusti motivi, in relazione al complessivo esito del gravame e alla parziale novità di alcune questioni, per compensare per due terzi le spese del giudizio, liquidate in complessive Euro 3000 (tremila) e così poste a carico del ricorrente nella misura di un terzo, oltre accessori (Iva, Contributi Cassa Avvocati e rimborsi diritti amministrativi corrisposti dalla parte resistente).
P.Q.M.
Dichiara in parte inammissibile il ricorso ed in parte lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in motivazione, con compensazione di 2/3.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 ottobre 2013 e (in via telematica) dell’11 novembre 2013.
Il Presidente Il Relatore
F.to Riccardo Chieppa F.to Roberto Pardolesi
Depositato in Roma in data 11 novembre 2013.
Il Segretario
F.to Alvio La Face