F.I.G.C. – COMMISSIONE DISCIPLINARE NAZIONALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 056 del 27 Febbraio 2014 (235) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: FABRIZIO MICCOLI (Calciatore tesserato all’epoca dei fatti per la Società US Città di Palermo Spa), Società US CITTÁ DI PALERMO Spa – (nota n. 4219/1068 pf 12-13/SP/blp del 12.2.2014).
F.I.G.C. – COMMISSIONE DISCIPLINARE NAZIONALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 056 del 27 Febbraio 2014
(235) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: FABRIZIO MICCOLI (Calciatore tesserato all’epoca dei fatti per la Società US Città di Palermo Spa), Società US CITTÁ DI PALERMO Spa - (nota n. 4219/1068 pf 12-13/SP/blp del 12.2.2014).
Il Procuratore federale ha deferito a questa Commissione disciplinare nazionale Miccoli Fabrizio, calciatore tesserato, all’epoca dei fatti, per la Società US Città di Palermo, per rispondere della violazione di cui all’art. 1, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva, per avere offeso la memoria del Giudice Dr. Giovanni Falcone, pronunciando la frase, poi riportata da vari quotidiani, “quel fango di Falcone”, così gettando discredito sull’intero movimento calcistico e contrastando i valori fondanti l’attività sportiva, che dovrebbe ispirare in maniera ancora maggiore i tesserati che rivestono un ruolo di spicco nelle rispettive Società, come nel suo caso, essendo capitano della squadra; ha deferito inoltre la Società US Città di Palermo per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, per le violazioni addebitate al proprio calciatore. I difensori dei deferiti hanno fatto pervenire memorie difensive. Il difensore del Miccoli chiede il proscioglimento del proprio assistito o, in subordine, una sanzione contenuta nel minimo, anche in considerazione del comportamento tenuto dopo i fatti. Il difensore della Società US Città di Palermo eccepisce in via preliminare il “difetto di competenza e/o di potestas iudicandi” di questa Commissione; in subordine chiede il proscioglimento per insussistenza della responsabilità oggettiva o , in via gradata, l’irrogazione di una sanzione ridotta al minimo. Alla riunione del 27/2/2014 il rappresentante della Procura federale ha integrato il capo di incolpazione con le parole “comportamento rilevante per l’Ordinamento federale in quanto posto in essere quale capitano della soc. Città di Palermo e nei rapporti con soggetti che frequentavano gli allenamenti della Società” da aggiungere nell’atto di deferimento dopo le parole “capitano della squadra”. I difensori dei deferiti nulla hanno obiettato. Il rappresentante della Procura ha chiesto poi che venissero inflitte le seguenti sanzioni: una giornata di squalifica ed € 50.000,00 di ammenda per Miccoli Fabrizio e € 50.000,00 di ammenda per la Società US Città di Palermo. I difensori dei deferiti si sono riportati alle proprie memorie e hanno insistito per il proscioglimento dei propri assistiti. Il deferito Miccoli ha reso dichiarazioni spontanee. Il presente procedimento trae origine dalla notizia pubblicata nei giorni 15 e 16 giugno 2013 da numerosi quotidiani fra i quali la Gazzetta dello Sport, Repubblica - Edizione di Palermo, il Fatto Quotidiano, secondo la quale il capitano, nonché bandiera della Società US Città di Palermo, Fabrizio Miccoli, sarebbe stato indagato dalla DDA della Procura di Palermo per avere richiesto e utilizzato schede telefoniche intestate ad ignari clienti. Nel corso delle relative indagini emergeva che il Miccoli, sottoposto a intercettazione ambientali, in occasione di un colloquio con il figlio del presunto boss di mafia A. L., Mauro, avrebbe pronunciato le offensive parole “quel fango di Falcone” . Sentito in data 17/12/2013 dal sostituto Procuratore federale, il Miccoli nulla riferiva circa la questione delle schede telefoniche, in rispetto del segreto istruttorio, considerata l’indagine penale della DDA di Palermo in corso, ma ammetteva di aver pronunciato le parole “quel fango di Falcone” nel corso di un colloquio privato con il soggetto non tesserato M.L., sostenendo però che detta frase non rappresentasse il suo pensiero. Da ciò il deferimento ed il conseguente presente procedimento che, è bene precisare, riguarda solo ed esclusivamente la frase offensiva rivolta dal Miccoli alla memoria del Giudice Giovanni Falcone, unico fatto specificamente contestato al Miccoli con l’atto di deferimento. Va innanzitutto rigettata l’eccezione preliminare sollevata dal difensore della Società US Città di Palermo. Essa fa valere, sostanzialmente, un presunto difetto di giurisdizione di questa C.D.N.. L’eccezione non coglie nel segno in quanto il deferimento ipotizza la violazione di una precisa norma del CGS (l’art. 1, comma 1) da parte di un soggetto tesserato. Appare evidente la piena potestas iudicandi degli organi di giustizia sportiva su tale ipotizzata violazione regolamentare, fermo restando che qualora non sussistessero gli elementi oggettivi e soggettivi dell’illecito contestato, questa C.D.N. dovrebbe pervenire ad un proscioglimento nel merito dei deferiti. Il fatto storico appare pacifico. Il Miccoli ha ammesso di avere pronunciato la vergognosa frase ingiuriosa che gli viene addebitata nel corso di un colloquio privato con un non tesserato che, secondo le stesse dichiarazioni del calciatore, sarebbe figlio di un esponente della mafia. Dopo la pubblicazione della notizia il deferito ha più volte pubblicamente ammesso il fatto scusandosi con la famiglia Falcone e con tutta la città di Palermo. Occorre però valutare se la condotta del Miccoli, inqualificabile sotto profili civili e morali, sia rilevante disciplinarmente nell’ambito dell’ordinamento sportivo. L’art. 1 comma 1 CGS, contestato al deferito, impone ai tesserati di rispettare la normativa interna della Federazione e di comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità “in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”. E’ di tutta evidenza che l’odiosa frase pronunciata dal Miccoli violi principi morali in termini tanto più gravi in quanto non solo proveniente da soggetto particolarmente noto, assurto a simbolo della squadra di calcio della quale era capitano, ma anche indirizzata ad un eroico magistrato caduto nell’esercizio del suo dovere in difesa della legalità e del vivere civile. A tal proposito va detto anche che la tardiva resipiscenza manifestata dal deferito solo dopo che la sua sciagurata conversazione era stata resa nota, non attenua affatto il disvalore della sua condotta. Ma, ferma restando la più viva riprovazione per le parole del Miccoli, ai fini della decisione disciplinare occorre valutare se esse possano ritenersi pronunciate o, comunque, riferite ad un ambito sportivo. Il deferito ha pronunciato le parole in questione nel corso di una conversazione privata, venuta alla luce solo perché captata nel corso di un’intercettazione ambientale. L’interlocutore è un soggetto non tesserato e la conversazione è avvenuta all’interno di un’autovettura, alle cinque del mattino in periodo estivo (13 agosto) in un contesto definito dal Miccoli “goliardico”. Tale definizione può essere messa in dubbio, ma è certo che in ogni caso i due si trovavano in un contesto privato, non definibile, neppure in senso lato, sportivo. Come già detto, non ogni condotta illecita di un tesserato può essere considerata in re ipsa rilevante disciplinarmente. Ciò avviene solo allorchè tale condotta è tenuta nell’ambito di un rapporto riferibile all’attività sportiva, almeno in via mediata. Tale requisito non
appare sussistere nella fattispecie. A tal proposito nulla di rilevante aggiunge l’integrazione della contestazione operata in udienza dal rappresentante della Procura, che non ha comportato l’indicazione di specifici fatti nuovi non contestati precedentemente nel deferimento. P.Q.M. Proscioglie gli incolpati dagli addebiti loro contestati.
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