CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 6 del 26/02/2014 – A.S. Roma/Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 6 del 26/02/2014 – A.S. Roma/Federazione Italiana Giuoco Calcio L’Alta Corte di Giustizia Sportiva, composta da dott. Franco Frattini, Presidente e Relatore dott. Dante D’Alessio, prof. Massimo Zaccheo prof.ssa Virginia Zambrano prof. Attilio Zimatore, Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 6/2014, presentato, in data 15 febbraio 2014, dalla società A.S. Roma S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Conte, contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, per la sospensione dell’esecuzione, l’annullamento e comunque la riforma/revisione del C.U. n. 206/CGF del 14.02.2014, nonché del C.U. n. 123 LNP del 06.02.2014, con cui il Giudice Sportivo ha comminato alla società ricorrente l’ammenda di euro 50.000, con l’obbligo di disputare una gara con i settori denominati “Curva Sud” e “Curva Nord” privi di spettatori, disponendo la revoca della sospensione della sanzione comminata con provvedimento del 21 ottobre 2013 (CU 63). visti tutti gli atti e i documenti di causa; udito il Relatore, Presidente Franco Frattini. Ritenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fatto Ritenuto in fatto Ritenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fattoRitenuto in fatto Il 18 ottobre 2013, in occasione della gara Roma - Napoli, a cagione di reiterati cori discriminatori (“lavali, lavali o Vesuvio lavali col fuoco ” e “Napoli m..., Napoli colera sei la vergogna dell’Italia intera”), provenienti dalle curve Nord e Sud dello Stadio Olimpico, perfettamente percepiti dai collaboratori della Procura federale presenti, il Giudice Sportivo ha sanzionato l’AS Roma con “l’ammenda di 50.000 euro e l’obbligo di disputare una gara con i settori denominati Curva Sud e Curva Nord privi di spettatori”. Con la medesima decisione, in applicazione della previsione di cui all’art. 16.2 bis CGS (introdotta soltanto pochi giorni prima proprio per depotenziare il fenomeno della discriminazione, offrendo ai tifosi ed alle società una possibilità di riscatto etico), il GS ha sospeso per anni 1 l’esecuzione delle sanzioni irrogate, “con l’avvertenza che, nel caso di specifica recidività nell’ambito di tale periodo, la sospensione verrà revocata e la sanzione si aggiungerà a quella deliberata per la nuova violazione”. Tale decisione è rimasta inoppugnata. La situazione si è riproposta nel corso della gara Milan - Roma del 16 dicembre 2013, allorquando alcuni tifosi provenienti dal settore ospiti sembrerebbero (il condizionale è imposto dalla decisione della CGF che ha disposto una integrazione istruttoria su fatti) avere intonato cori di discriminazione razziale. Con decisione pubblicata sul C.U. n. 94 del 17.12.2013 il Giudice Sportivo, ritenuti acclarati i fatti, ha sanzionato l’AS Roma con “l’ammenda di 50.000 euro e l’obbligo di disputare una gara con il settore denominato Curva Sud privo di spettatori, nonché disposto ex art. 16.2 bis la revoca della sospensione dell’esecuzione della sanzione deliberata con C. U. n. 63 del 21 ottobre 2013 [... ]”. In occasione della semifinale di andata della TIM CUP del 5 febbraio presso lo stadio Olimpico “spettatori occupanti i settori Curva Nord e Curva Sud” hanno nuovamente intonato cori identici a quelli già oggetto di “diffida” in occasione della gara Roma - Napoli del 18 ottobre precedente. Di conseguenza il Giudice Sportivo, rilevato che la Roma era “già incorsa nella medesima violazione (gara Roma- Napoli del 18 ottobre 2013 — CU 63 del 21 ottobre 2013)”, ha sanzionato la società “con l’ammenda di 50.000 euro e con l’obbligo di disputare una gara con i settori denominati Curva Sud e Curva Nord privi di spettatori, disponendo la revoca della sospensione della sanzione disposta con provvedimento del 21 ottobre 2013 (CU 63)” (cfr. C.U. n. 123 del 6.2.2014). Tale decisione è stata gravata con procedura ordinaria dinanzi alla CGF che ha respinto il reclamo dell’AS Roma, con decisione, dapprima, resa nota nel solo dispositivo (C.U. n. 206 del 14.2.2014) e, poi, in forma integrale (C.U. n. 210 del 18 febbraio seguente). L’AS Roma fa valere cinque articolati motivi di censura, che possono così sintetizzarsi: insussistenza della violazione, non potendo i cori intonati dai propri tifosi configurare ipotesi di discriminazione territoriale, per come definita dalla norma di riferimento (art. 11 CGS); erroneità della procedura di infrazione, dovendosi la sanzione se del caso scontare nel Torneo di Coppa Italia, nel corso del quale si è verificato l’episodio di recidiva e non anche in campionato, così come previsto espressamente per i tesserati (art. 19 CGS); impossibilità di valutare, essendo ancora pendente il procedimento sui fatti occorsi durante la partita Milan - Roma del 16 dicembre 2013, la sanzione precedentemente irrogata e sospesa in applicazione dell’art. 16.2 bis CGS per i fatti di Roma Napoli del 18 ottobre 2013; assenza di proporzionalità, risultando il coro proveniente dalla curva sud intonato soltanto da circa un quinto dei presenti nel suddetto settore; erronea individuazione della decorrenza della sanzione, dovendosi, in applicazione dell’art. 22.1 CGS (disciplinante la distinta ipotesi della squalifica del campo), la sanzione scontare nella seconda gara casalinga successiva alla pubblicazione del provvedimento del GS che irroga la sanzione e, dunque, nel caso di specie nella partita contro l’Internazionale in programma per il 1 marzo 2014 e non in quella contro la Sampdoria del 16 febbraio 2014. Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto Considerato in diritto 1. SULL’INTERVENTO DEL CODACONS Il ricorso del CODACONS, per intervento di terzo nel presente giudizio, è inammissibile per difetto di legittimazione attiva. La Corte ritiene, in proposito, che i principi elaborati nella precedente decisione n. 27/2012 vadano riaffermati. Ogni ordinamento particolare è caratterizzato dall’elemento soggettivo (plurisoggettivo per definizione, trattandosi di “associazione”) rigorosamente circoscritto a coloro che, in vario modo, operano all’interno dello stesso e a tal fine (attraverso il tesseramento) accettano integralmente i principi e la giurisdizione del rispettivo statuto. Detti ordinamenti, per la completezza della propria strutturazione come entità autonome e circoscritte, sono generalmente dotati di una giurisdizione “domestica”, una giurisdizione cioè che ha come ambito soggettivo esclusivamente gli appartenenti all’ordinamento, e, da un punto di vista oggettivo, l’inerenza della controversia all’attività e alle relazioni proprie dell’ordinamento stesso. La esclusione di ogni legittimazione ad adire la giurisdizione sportiva, da parte di soggetti estranei allo specifico ordinamento settoriale, non lascia prive di tutela quelle possibili situazioni soggettive nascenti da (o comunque ricollegate ad) attività o illeciti che sotto il profilo soggettivo spettano in via esclusiva alla giurisdizione sportiva giacché, come sopra illustrato, il quadro normativo vigente in materia, quale risulta dagli interventi interpretativi ed applicativi della Corte Costituzionale e degli organi di giurisdizione amministrativa, è tale da assicurare comunque ampia ed esaustiva tutela a dette situazioni soggettive, sia pure esclusivamente avanti alle giurisdizioni statuali (ordinaria civile e penale o amministrativa), evitando così ogni possibile lesione alle tutela delle situazioni di diritto che è costituzionalmente garantita. Nella fattispecie in esame (relativa all'ordinamento sportivo e della F.I.G.C.) occorre richiamare l'art. 1, comma 2, del d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito con la L.17 ottobre 2003, n. 280, che dispone che “i rapporti fra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvo i casi di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo”. Per garantire l'esigenza di tutelare l'ordinamento dello Stato e, nel contempo la pienezza della tutela delle situazioni giuridiche rilevanti per l'ordinamento giuridico dello Stato (ancorché connesse con quelle sportive) soccorrono gli articoli 2 (“è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e le applicazioni delle norme regolamentari organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive” e 3 (“esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali fra società, associazioni ed atleti, ogni altra controversia avente ad aggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo”). I rapporti fra giurisdizioni (nella fattispecie fra quella esclusiva del Giudice Amministrativo e quella sportiva e dell'Ordinamento federale) sono stati, altresì, chiariti nella sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49. Ha posto in rilievo la Corte Costituzionale che la mancata tutela impugnatoria avanti al giudice dello Stato delle controversie riservate alla giurisdizione sportiva non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo non siano adeguatamente tutelati innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria. Le considerazioni di ordine generale che precedono consentono di decidere con maggiore chiarezza e, ovviamente, in senso negativo la questione se un soggetto estraneo possa essere legittimato ad adire una giurisdizione dell'ordinamento sportivo dotato di piena autonomia, ordinamento che, come accennato, ha tra le sue peculiarità quella di giudicare controversie in cui siano parti esclusivamente soggetti appartenenti a detto specifico ordinamento. 2. SULLA COMPETENZA DELL’ALTA CORTE La FIGC deduce l’incompetenza dell’Alta Corte a decidere sulla sanzione della chiusura temporanea di settori dell’impianto sportivo. L’eccezione è infondata. Sul contrasto tra la normativa federale e quella dell’ordinamento del CONI questa Alta Corte ha già avuto occasione di esprimersi con la decisione n. 1/2009 e con la decisione n. 7/2013, dai cui princìpi ritiene di non doversi discostare. La collocazione dell’ordinamento del CONI in posizione di maggior grado rispetto a quello delle federazioni consentiva al primo - come è avvenuto con le modifiche degli artt. 12, 12 bis e 12 ter dello Statuto del CONI - di introdurre la previsione dello svolgimento di ulteriori fasi contenziose innanzi ad organi di giustizia del CONI (Alta Corte e TNAS) nei riguardi di decisioni federali: con conseguente venir meno di precedenti norme delle federazioni conclamanti o l’insindacabilità delle pronunce federali o la gravabilità delle stesse secondo modalità impugnatorie diverse da quelle poi stabilite nell’ambito dell’ordinamento del CONI. In una logica uguale e contraria è da ritenere che risultino incapaci di prendere il posto delle previgenti norme CONI, sovrapponendosi ad esse abrogandole, disposizioni federali contemplanti, come quelle dello scorso 12 ottobre 2012 della F.I.G.C., la sottrazione di fasce del contenzioso federale alla impugnativa prevista innanzi ad organismi giustiziali del sovraordinato ordinamento Coni (Alta Corte e TNAS). Non vale a smentire le conclusioni raggiunte in relazione all’inattitudine della norma dell’ordinamento federale a prendere il posto di quella dell’ordinamento maggiore il fatto che le recenti norme federali che pretendono di modificare l’ordinamento CONI siano state approvate dalla Giunta del CONI. È noto che l’atto positivo di controllo non comporta la riconduzione dell’atto controllato alla paternità dell’autorità dalla quale il controllo proviene e che la Giunta che ha espresso il controllo è organo diverso e minore rispetto al Consiglio Nazionale del CONI che ha, a suo tempo, deliberato le norme statutarie che la Federazione ha tentato di modificare con la sua recente normativa. Questa Alta Corte ha già, con decisione n.1 del 2009, chiarito ed ampiamente motivato la propria competenza a giudicare sulle controversie relative alla chiusura temporanea al pubblico di un impianto sportivo in occasione di una gara. Da un lato infatti, la sanzione comminata ha incidenze economiche rilevanti, composta danno all’immagine della squadra e della sua tifoseria, e determina effetti decisamente afflittivi per lo svolgimento della gara nel silenzio di una parte significativa degli spalti. D’altro canto, anche per gli aspetti sostanziali la misura ha particolare rilevanza, essendo la chiusura dei settori motivata come effetto di riscontrati cori discriminatori: problematica, questa, particolarmente avvertita nell’intero sistema sportivo del calcio. La controversia assume quindi il carattere della “particolare rilevanza” di cui agli artt.12 ter Statuto CONI e art.1 cod. dell’Alta Corte. 3. SUL MERITO DELLA CONTROVERSIA 3.1- La società Roma contesta la sanzione sostenendo che dalla norma incriminatrice, l’art. 11 del C.G.S., non sarebbero identificabili i presupposti e le condizioni al verificarsi dei quali può ricorrere una “discriminazione”, e mancherebbe altresì il parametro normativo identitario del “territorio” offeso o discriminato dai comportamenti sanzionabili. Va anzitutto sgombrato il campo dall’argomento, che la ricorrente propone, secondo cui la stessa società Roma, le sue tifoserie, l’immagine della città di Roma, sarebbero spesso oggetto di cori e offese altrettanto gravi in molte occasioni, e che tali manifestazioni insultanti non verrebbero mai, o quasi mai, sanzionate e neppure rilevate. E’ evidente che non si può dedurre l’illegittimità della sanzione comminata a carico della Roma per il fatto che altri cori sanzionabili, e deprecabili, in alte gare, non siano stati rilevati e sanzionati (si pensi, ad esempio, alla deprecabile esibizione di uno striscione che evocava, contro i giocatori torinesi, la immane tragedia aerea di Superga). Eventuali omissioni di rilievo e di sanzione, certo gravi e censurabili, non si riverberano sulla legittimità della sanzione oggi contestata e applicata alla società ricorrente come “responsabilità oggettiva” per il comportamento della sua tifoseria. 3.2- Nella sostanza, dimensione, portata e percepibilità, il coro più volte intonato dai tifosi della Roma durante la partita Roma-Napoli di Coppa Italia del 5/02/2014 ha carattere insultante e discriminatorio nei confronti degli abitanti della città di Napoli. In primo luogo, i tre rappresentanti della Procura responsabili del controllo gara hanno rilevato che il coro” lavali, lavali, lavali col fuoco o Vesuvio lavali col fuoco” è stato intonato, più volte, sia durante il 1° che durante il 2° tempo, dai tifosi della intera curva sud (che era occupata per intero dagli spettatori) e da tifosi collocati nella Curva Nord e costituenti circa 1/5 degli spettatori di quel settore. Dunque, ai circa ottomila tifosi della Curva Sud, vanno aggiunti almeno altri 1400/1500 tifosi della Curva Nord (che era occupata all’incirca per 2/3 della sua capienza massima). Non si è trattato perciò né di manifestazione episodica né proveniente da una esigua minoranza, essendo il coro ripetuto più volte e da settori in un caso (curva Sud) al completo e nell’altro (curva Nord) con presenza comunque non marginale. La portata discriminatoria è, egualmente, riconoscibile nel carattere del coro sanzionato. In primo luogo per la immediata identificabilità territoriale dei destinatari, giacché solo gli abitanti della città di Napoli potrebbero essere “destinatari” di un “lavaggio col fuoco” se vi fosse l’eruzione del vulcano Vesuvio, che appunto sovrasta Napoli. In secondo luogo, il coro evoca concetti gravemente insultanti sia per il decoro e la dignità dei cittadini di Napoli (la sottolineatura del “lavaggio”) sia l’eventualità di una devastante e tragica “purificazione” conseguente ad una eruzione di lava del Vesuvio, il che certamente implica anche l’auspicio di una calamità sui napoletani. Concetti, auspici, auguri ed evocazioni che, tutti, andrebbero espunti – ovvero sanzionati, come è stato secondo le norme – dal normale e corretto spirito sportivo, e persino goliardico, che deve ispirare il giusto sostegno delle tifoserie alla propria squadra. 3.3- Non sfuggono, peraltro, a questa Corte alcune problematiche sollevate dalla Società Roma con riguardo all’impianto normativo che regola la vicenda in esame. Detto impianto normativo è stato costruito, ed anche di recente integrato, sulla base dell’art.14 del Codice disciplinare UEFA. In verità, l’art.11 del CGS ha introdotto riferimenti a comportamenti ulteriori rispetto a quelli indicati nell’art. 14 Cod. UEFA (che, ad esempio, non menziona la “origine” o motivazione “territoriale” del comportamento insultante). Né il CGS, disciplinando la fattispecie dell’art. 11 co. 3 CGS in termini di responsabilità oggettiva, ha introdotto alcuna previsione volta ad una ancora più stringente verifica della corrispondenza tra gruppi di tifosi responsabili e applicazione della chiusura allo specifico settore da cui i cori provengono. Ciò, nella vicenda in esame, non avrebbe conseguenze per la Curva Sud – essendo i cori “addebitabili” all’intera curva – ma forse ne avrebbe per la Curva Nord, ove i controllori di gara hanno imputato i cori non consentiti a circa 1/5 degli spettatori di quel settore. Cosicché, non essendo il settore “Curva Nord” parcellizzato o parcellizzabile in settori più ristretti, l’intero settore è stato chiuso per la responsabilità di 1/5 degli spettatori. Trattandosi però di critiche relative alla norma, alla sua congruità e difficoltà applicative, questa Corte deve limitarsi a segnalare alla Giunta Nazionale del CONI, ai sensi dell’art.1, comma 5 lett. d) del Codice, la problematica nel suo complesso per le valutazioni e determinazioni che la stessa Giunta e la competente Federazione riterranno di adottare, anche in ordine a modifiche od integrazioni della normativa applicabile, sia per quanto attiene alla definizione dei comportamenti sanzionabili che in relazione alla più definita individuazione dei responsabili, i cui atti fanno applicare la misura con responsabilità oggettiva della società. 4. SULLA ERRONEITA’ DELLA PROCEDURA DI IRROGAZIONE DELLA SANZIONE 4.1 - Non può condividersi la censura mossa dalla ricorrente, che sostiene la necessità di applicare la sanzione della chiusura parziale ad altra gara del medesimo torneo – e cioè la Coppa Italia - in cui il comportamento censurato è stato posto in essere (si trattava appunto della semifinale Roma – Napoli della Coppa Italia). La regola generale, esattamente ricordata dalla Corte Federale nella decisione impugnata, è quella della applicabilità delle sanzioni senza alcuna distinzione tra manifestazioni o fasi di esse. E’ vero che, per alcune sanzioni (quelle inflitte ai soli tesserati) e per alcune manifestazioni (la Coppa Italia, le Coppe Regioni e le fasi di play-off e play-out nei campionati che le prevedono) il principio derogatorio di cui all’art. 19, co. 11.1, 11.2, 12 e 13 CGS va nella direzione indicata dalla ricorrente. Ma, appunto, si tratta di un principio derogatorio introdotto dal CGS e dunque non estensibile, in assenza di una norma ad hoc, ad altra fattispecie, quale è quella in esame della sanzione per responsabilità oggettiva ex art.11 CGS. 4.2 - Anche in questo caso, nelle proprie censure alla misura impugnata e alla decisione della C.F. che l’ha confermata, la Società Roma muove critiche sostanziali all’impianto normativo, che certo questa Corte non può seguire attraverso una applicazione analogica di norme derogatorie relative a fattispecie diverse. Ma, in principio, è innegabile che in una partita di Coppa Italia, rispetto ad una gara di Campionato, i settori che tradizionalmente accolgono le tifoserie (nel nostro caso, le curve) sono occupati ed occupabili da “platee” di spettatori diverse almeno in parte tra loro, giacché per il campionato si tratta di abbonati mentre per la Coppa Italia si tratta di acquirenti dei biglietti. La conseguenza, secondo cui gli abbonati, che si vedono precluso l’ingresso alla curva per un fatto almeno astrattamente “imputabile” ad una diversa platea di spettatori (cioè quelli, paganti, della partita di Coppa Italia), costituisce un elemento su cui solo una modifica normativa – che certo la Corte non può proporre né invocare – potrebbe intervenire. Tanto, dunque, nel respingere anche questo motivo del ricorso sulla base delle norme in vigore, la Corte può limitarsi a segnalare, ai sensi dell’art.1 co.5, lett.d) del Codice, alla Giunta Nazionale del CONI e, per suo tramite, alla FIGC per le valutazioni di rispettiva competenza. 5. SULLA REVOCA DELLA SOSPENSIONE 5.1 Infondato è anche il motivo di ricorso con cui la Società Roma afferma che la revoca della precedente sospensione della sanzione inflitta il 21 ottobre 2013 non avrebbe potuto essere disposta, giacché è attualmente pendente un giudizio in cui tale sospensione sarebbe data revocata per effetto della medesima violazione commessa dai tifosi romanisti durante l’incontro Milan-Roma del 16 dicembre 2013. La decisione impugnata, richiamando l’art. 16 co. 2bis CGS, giustamente afferma che il periodo di “osservazione” di un anno si interrompe allorché una nuova violazione è commessa, ed in tal caso la precedente sanzione sospesa si applica in via automatica. Ovviamente, l’esistenza di una ulteriore istruttoria in corso per altro comportamento in una diversa gara non può in alcun modo porre al riparo la società dalla – si ripete automatica – applicabilità della sanzione sospesa, per effetto della caducazione immediata dell’effetto sospensivo condizionato. 6 SULLA PROPORZIONALITA’ TRA FATTO E SANZIONE 6.1 - Il motivo è palesemente infondato. La Società Roma indica, per la provenienza dei cori, i soli tifosi costituenti 1/5 della curva Nord, occupata non per intero (e cioè circa 1500 persone). Ma, “per tabulas” risulta che anche dall’intera Curva Sud, occupata da 8000 spettatori, erano stati intonati analoghi cori, in entrambi i tempi della partita. La sanzione, dunque, appare ben commisurata alla entità del comportamento vietato, posto in essere da quasi 10.000 tifosi. 7 SULLA DECORRENZA DELLA SANZIONE Anche questo motivo di ricorso è infondato. L’esecuzione differita è espressamente prevista dall’art. 22 CGS per la squalifica del campo. Si tratta, in questo caso, di una norma speciale e derogatoria, rispondente alla esigenza di dare alla società che abbia subito la squalifica il tempo di reperire un altro campo di gara. Trattandosi di norma derogatoria e speciale, di essa non è consentita l’applicazione analogica al caso di chiusura di settori – che è quello in esame – anche perché le esigenze giustificative della deroga (tempi più lunghi per la ricerca di un altro campo di gara) qui non ricorrono. P.Q.M. L’Alta Corte respinge il ricorso, e contestualmente, come da motivazione, trasmette alla Giunta Nazionale del CONI copia della presente decisione, ai sensi dell’art.1, co 5, lett. d) del Codice dell’Alta Corte, per le determinazioni di competenza. Considerata la complessità delle questioni esaminate, si ritiene di compensare le spese del giudizio. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 25 febbraio 2014. Il Presidente e Relatore F.to Franco Frattini Depositato in Roma in data 26 febbraio 2014. Il Segretario F.to Alvio La Face
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