CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 2 del 02/12/2014 – Giorgio Confalonieri/Federazione Italiana Tennis

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 2 del 02/12/2014 – Giorgio Confalonieri/Federazione Italiana Tennis IL COLLEGIO DI GARANZIA composta da prof. Attilio Zimatore - Presidente avv. Vincenzo Nunziata - Relatore avv. Gabriella Palmieri Sandulli avv. Maurizio Bellacosa avv. Maurizio Benincasa - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio iscritto al R.G. n. 3/2014, presentato, in data 25 agosto 2014, dal sig. Giorgio Confalonieri, rappresentato e difeso dall’avv. Micaela Pozzoli, contro la Federazione Italiana Tennis (FIT), rappresentata e difesa dall’avv. Ciro Pellegrino e dall’avv. Massimo Proto, per l’integrale riforma della decisione della Corte D’Appello Federale FIT dell’11 luglio 2014, che ha dichiarato inammissibile la richiesta di revocazione della decisione del giudice sportivo nazionale FIT n. 19/2005 del 19 maggio 2005; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell'udienza del 13 novembre 2014, l'Avv. Fabio Azzolini per il ricorrente, giusta delega allo stesso conferita dall’avv. Micaela Pozzoli, nonché l'avv. Ciro Pellegrino e l'avv. Massimo Proto per la resistente Federazione Italiana Tennis - F.I.T.; udito il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Ieradi; udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Vincenzo Nunziata. Ritenuto in fatto Con ricorso proposto ai sensi dell'art. 99 del Regolamento Federazione Italiana Tennis, Confalonieri Giorgio premetteva: 1) di essere tesserato FIT dal 1982 all'attualità; 2) di essere stato collaboratore presso la segreteria del Comitato Regionale Lombardo FIT dal 1992 al 2004; 3) di avere presentato esposto al Presidente della FIT, pervenuto in data 21 gennaio 2014 alla Segreteria Federale, perché fosse dichiarata la inesistenza del procedimento disciplinare n. 29 del 2004, esposto al quale non veniva dato riscontro. La ragione dell’esposto consisteva in sostanza nella deduzione della posizione irregolare di due dei tre componenti della Corte Federale che avevano all'epoca giudicato in quel procedimento, conclusosi con la sanzione a carico dell'attuale ricorrente (decisione 19/2005). In particolare, l’istante deduceva in quella sede che i componenti della Corte Federale avvocato Giovanni Rizzo e avvocato Marco Catelli all'epoca dei fatti (agosto 2005) rivestivano entrambi un ruolo dirigenziale (tesoriere il primo, consigliere il secondo) nell'ambito della associazione denominata AIAT (associazione italiana avvocati tennisti), con sede in Palermo, regolarmente affiliata alla FIT. Nel ricorso per revisione ora all’esame si richiamavano nella sostanza i principi generali in materia di giustizia sportiva, che prevedono la separazione dei poteri tra la gestione sportiva e la giustizia federale (art. 3), nonché la norma dello Statuto della FIT (art. 53) che prevede la incompatibilità tra la carica di componente degli organi di giustizia sportiva con ogni altra carica federale o sociale nell'ambito della FIT. Il ricorso concludeva chiedendo la revisione del giudizio precedente e, sulla base della asserita giuridica inesistenza della decisione 19 del 2005 della Corte Federale (e di ogni atto successivo), la revoca del provvedimento disciplinare su indicato, "in quanto pronunciato in conseguenza di false attestazioni in atti". Con la decisione ora impugnata n. 2/2014 la Corte d’Appello Federale dichiarava inammissibile il ricorso. Osservava la Corte innanzitutto la evidente tardività del mezzo introdotto, a distanza di quasi un decennio dalla decisione contestata, senza alcun cenno alle motivazioni giustificative (in ipotesi, il tardivo rinvenimento, invero neanche esso almeno asserito, di atti o documenti) di una tale iniziativa processuale. In ogni caso, la Corte lo dichiarava inammissibile, osservando che la revisione, come mezzo eccezionale dì impugnazione di precedenti decisioni, può essere proposta, ai sensi dell'invocato articolo 99, soltanto per gli specifici vizi ivi indicati, tra i quali non si rinviene la ragione consistente nell'asserita incompatibilità di taluni dei componenti dell'organo giudicante. La Corte in particolare rilevava che, sia a voler ritenere dedotto un motivo di incompatibilità dei componenti del collegio, che di illegittima composizione dello stesso, il ricorrente era comunque decaduto dal proporre la relativa eccezione. Quanto alla prima ipotesi, infatti, il regolamento federale prevede che almeno cinque giorni prima della udienza si debba proporre la eventuale ricusazione avverso un componente dell’organo di giustizia ritenuto incompatibile (il codice di procedura civile, come è noto, all'art. 52 prevede che la ricusazione debba essere proposta entro due giorni antecedenti la data dell'udienza se al ricusante è noto il nome dei giudici o al massimo al momento della discussione in caso contrario). Quanto alla seconda, il vizio di irregolare costituzione dell'organo decidente, per i principi generali del processo (si veda il combinato disposto degli articoli 158 e 161 del codice di procedura civile), è in ogni caso un vizio sanzionato con la nullità sanabile, se non fatta valere in tempi decadenziali a mezzo di rimedi impugnatori, non potendosi essa ricomprendere tra le gravissime e residuali ipotesi di giuridica inesistenza della decisione. Ha proposto ricorso il sig. Giorgio Confalonieri. 1) In via preliminare, viene dedotto un vizio della decisione impugnata, che sarebbe “suscettibile di futura revocazione”, e ciò perché il componente del collegio giudicante avv. Massimo Picchioni ed il sostituto procuratore federale avv. Guido Cipriani sarebbero entrambi aderenti all’AIAT, ed avrebbero dunque omesso di astenersi in presenza di gravi ragioni di opportunità; per giunta, si deduce, nelle proprie deduzioni il sostituto procuratore federale avrebbe dedotto un fatto di sua personale conoscenza (e precisamente il non essere l’AIAT affiliata alla FIT); 2) nel merito, sotto il profilo dell’errore di diritto e del vizio motivazionale, si deduce che erroneamente la sentenza avrebbe confuso i concetti di incompatibilità ed illegittima composizione del collegio (per intervenuta decadenza). Si ribadisce inoltre l’esistenza del vizio di erronea composizione del collegio, per intervenuta decadenza dei componenti del collegio. Considerato in diritto Ritiene il Collegio che il ricorso proposto sia infondato. Occorre preliminarmente chiarire che l’istante non deduce alcuna specifica ragione di “opportunità” che avrebbe dovuto indurre il componente del collegio ed il sostituto procuratore federale ad astenersi, non essendo essa semplicemente e genericamente deducibile dalla circostanza di mero fatto che essi sarebbero aderenti alla AIAT, e che in tale Associazione rivestissero asseritamente ruoli di vertice i due componenti della Corte Federale Catelli e Rizzo. Il relativo motivo è pertanto infondato. Quanto alle ulteriori censure formulate, esse sono infondate e tali dunque da indurre il Collegio a confermare la decisione di inammissibilità della Corte Federale. Questa ha infatti correttamente motivato sul disposto dell’articolo 99 del Regolamento federale e sulla insussistenza delle ipotesi previste dal comma 2 del medesimo articolo, a nessuna delle quali appare riconducibile, neppure in astratto, la dedotta incompatibilità o decadenza dei componenti del collegio a suo tempo giudicante. Né, evidentemente, può ritenersi dimostrata – e neanche dedotta per la verità – la sussistenza di circostanze o prove nuove, o di falsità in atti o in giudizio. Ed ancora, come correttamente rilevato dalla difesa federale, neanche era stata dedotta a sostegno della revisione la imprescindibile condizione prevista dal comma 3 dell’articolo 99, a mente del quale “gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto”. Né, comunque, la sussistenza di tale presupposto è dato dedurre dagli atti. Conclusivamente, la sentenza gravata, che ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione, merita conferma. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate tenendo conto del comportamento processuale delle parti e del tenore della controversia, oltre che del carattere assai risalente della medesima. P.Q.M. IL COLLEGIO DI GARANZIA – SEZIONE SECONDA rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 2000 (duemila). Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 13 novembre 2014. Il Presidente F.to Attilio Zimatore Il Relatore F.to Vincenzo Nunziata Depositato in Roma in data 2 dicembre 2014 Il Segretario F.to Alvio La Face
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