F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 059/CFA del 10 Dicembre 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 093/CFA del 31 Marzo 2016 e su www.figc.it 13. RICORSO SIG. EVANGELISTA GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 3 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2 E 5 C.G.S. – nota 6187/199pf 14-15/GC/vdb del 18.2.2015 – (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 63/LND del 6.10.2015)
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 059/CFA del 10 Dicembre 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 093/CFA del 31 Marzo 2016 e su www.figc.it
13. RICORSO SIG. EVANGELISTA GIUSEPPE AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER ANNI 3 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7, COMMI 1, 2 E 5 C.G.S. - nota 6187/199pf 14-15/GC/vdb del 18.2.2015 – (Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 63/LND del 6.10.2015)
Il sig. Giuseppe Evangelista, all’epoca dei fatti presidente della A.S.D. Sant’Elia Fiumerapido, partecipante al campionato “Promozione” della LND Comitato Regionale Lazio, con nota del 9.10.2015 ha impugnato dinanzi alla Corte Federale d’Appello la decisione assunta dal Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale suddetto, di cui al Com. Uff. n. 63/LND del 6.10.2015, con la quale l’attuale ricorrente è stato inibito, per anni tre, a svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C., a ricoprire cariche federali e a rappresentare la s ocietà nell'ambito federale, a seguito di accertata attività illecita. L’esecuzione della sanzione è posticipata ad altre in corso di espiazione. Nella documentazione in atti si espone che la Procura Federale era stata destinataria di una segnalazione del Comitato Regionale Lazio della LND, del 16.10.2014, nella quale si riferiva di aver ricevuto, in data 19.9.2014, una richiesta di tesseramento del giocatore Carlo Sacco da parte della società Pol. Fontana Liri, alla quale il Comitato era stato dato positivo esito con la stessa decorrenza. Alcuni giorni dopo, il 22.9.2014, era pervenuta un’altra richiesta di tesseramento del medesimo giocatore, questa volta da parte della società ASD Real Cassino Terra e Lavoro. Alla luce delle due richieste, quasi concomitanti, il Comitato Regionale aveva reputato di inviare tutta la documentazione in suo possesso alla Procura Federale per gli accertamenti del caso. Avviata l’istruttoria mediante acquisizione di tutti i documenti pertinenti e sentiti personalmente sia il giocatore interessato che i dirigenti ritenuti coinvolti, la Procura aveva proceduto a deferire al competente Tribunale Federale Territoriale il sig. Giuseppe Evangelista – e la società ASD Sant’Elia Fiumerapido, della quale era Presidente – per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 C.G.S.. Ciò in quanto il dirigente era stato ritenuto responsabile di aver tentato di alterare il risultato della gara Sant’Elia Fiumerapido/Fontana Liri, del 21.9.2014, attraverso l’indebito utilizzo delle credenziali informatiche di accesso al sito della FIGC-LND, riferibili alla squadra ASD Real Cassino Terra Lavoro, da lui conservate, anche dopo che la società ASD Città di Pignataro, da lui presieduta, aveva deliberato, nel giugno 2014, l’ingresso di nuovi soci con conseguente variazione della compagine dirigenziale (della quale non faceva più parte l’Evangelista) e assunzione di una nuova denominazione, appunto quella di ASD Real Cassino Terra e Lavoro. Quale dirigente della precedente squadra il sig. Evangelista aveva, illegittimamente, conservato le credenziali riferibili, ora, all’ASD Real Cassino e, con queste, nel settembre successivo avrebbe – secondo il requirente federale – inoltrato la seconda richiesta di tesseramento del giocatore Carlo Sacco a favore della società ASD Real cassino Terra e Lavoro. Attuato questo, il 26.9.2014 l’Evangelista, asserendo che gli erano giunte “voci” sul doppio tesseramento del giocatore Sacco, utilizzato dal Fontana Liri nella gara contro il Sant’Elia Fiumerapido del 21 settembre precedente, aveva inoltrato reclamo al fine di lucrare il vantaggio di una sconfitta “a tavolino” degli avversari per l’indebita presenza del Sacco nella gara. A seguito del deferimento, in data 14.5.2015 si era svolto il procedimento dinanzi al Tribunale Federale Territoriale che, condividendo la ricostruzione offerta dal requirente e la sua richiesta di sanzione, aveva inflitto al sig. Evangelista l’inibizione per anni tre (Com. Uff. n. 258/LND del 15.5.2015). Avverso tale decisione aveva proposto appello il dirigente, lamentando un vizio circa la formazione del contraddittorio e la violazione del diritto di difesa, in ragione del fatto che il dibattimento aveva avuto svolgimento malgrado egli avesse rappresentato un oggettivo impedimento, di natura medica, ad esser presente. Questa Corte, a Sezioni Unite, nella riunione del 16.7.2015, aveva accolto il reclamo e disposto la celebrazione di un nuovo giudizio “garantiti i diritti dell’incolpato” (Com. Uff. n. 025/CFA 2015/2016). Il Tribunale Federale Territoriale convocava, pertanto, nuovamente le parti per il giorno 10.9.2015 e, nelle more, la difesa del sig. Evangelisti deduceva preliminarmente l’intervenuta estinzione del giudizio disciplinare ai sensi dell’art. 34 bis previgente e, nel merito, chiedeva l’assoluzione del proprio assistito da ogni accusa. All’esito della riunione del 10.9.2015, alla quale era intervenuto personalmente il sig. Evangelista - che aveva ribadito quanto già dedotto in atti, mentre il rappresentante della Procura aveva chiesto sia il rigetto delle eccezioni di parte avversa che l’accoglimento della richiesta di condanna dell’incolpato – il Collegio riconosceva la piena responsabilità del dirigente (e della società di cui era il legale rappresentante, ovvero Sant’Elia Fiumerapido) per il tentativo di alterare fraudolentemente il risultato della gara Sant’Elia Fiumerapido – Fontana Liri del 21.9.2014, sanzionandolo con l’inibizione per anni tre (a decorrere dalla scadenza di altri provvedimenti sanzionatori in corso di progressiva esecuzione) a ricoprire cariche federali e a rappresentare la società in ambito sportivo. Avverso quest’ultima decisione il sig. Evangelista, con atto del 12.10.2015, ha proposto gravame a questa Corte Federale di Appello, articolandolo in eccezioni di rito e censure di merito. Ha, in via pregiudiziale, opposto il vizio di composizione del Collegio di rinvio, in quanto formato dagli stessi soggetti che avevano già conosciuto il ricorso proposto dalla Procura Federale, con decisione poi annullata – per imperfetta formazione del contraddittorio – da queste Sezioni Unite nella riunione del 16.7.2015. Nel chiedere la declaratoria di nullità della sentenza emessa il 10.9.2015, ha chiesto il rinvio del procedimento al primo giudice, in diversa composizione, per una nuova cognizione e, in subordine, che il procedimento disciplinare sia dichiarato estinto per superamento dei termini ex art. 34 bic C.G.S., nel testo vigente all’epoca dei fatti. Nel merito, ha instato acché il sig. Evangelista sia mandato assolto da ogni contestazione. La III Commissione della Corte Federale di Appello, riunitasi in data 25.11.2015, all’esito della discussione, ha ritenuto di dover rimettere al Presidente della Corte la valutazione circa l’opportunità di rimettere a queste Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 31, comma 6, C.G.S., la decisione sulla questione di diritto circa la corretta composizione del giudice di rinvio. E’ stata quindi fissata l’odierna seduta alla quale non ha partecipato la parte ricorrente, pur regolarmente convocata, mentre la Procura Federale, rappresentata dal dott. Giuseppe Chinè, ha chiesto che il ricorso sia respinto in toto. La Corte esaminati gli atti, ritiene che il ricorso non possa essere accolto, stante l’infondatezza delle eccezioni in rito e delle ragioni in merito addotte dal sig. Evangelista. Va affrontata e risolta, in primo luogo, l’eccezione riguardante la corretta composizione del giudice di rinvio in quanto parte ricorrente ha invocato, nel suo atto di gravame, “ragioni di tutela dell’imparzialità del collegio giudicante, nonché di opportunità” che avrebbero dovuto imporre che la nuova cognizione fosse effettuata da un collegio diverso da quello che, in identica composizione, aveva deliberato il 14.5.2015. Deve premettersi, in via generale, che il Codice di Giustizia Sportiva, nel prevedere la possibilità di annullamento del giudizio di primo grado con rinvio degli atti a quell’Organo per un nuovo procedimento, all’art. 37 C.G.S. nulla dice in ordine alle modalità di costituzione di quel Collegio. Lo stesso Codice di Giustizia Sportiva del CONI, al quale deve farsi rinvio come possibile fonte (art. 1, comma 2 C.G.S.), non prevede alcunché al riguardo, se non addirittura che in merito al procedimento da tenersi dinanzi alla Corte federale d’Appello non è consentito il rinvio al giudice di prime cure (art. 37, comma 6, C.G.S. CONI). Ai sensi dell’art. 2, comma 6, C.G.S. CONI deve farsi, allora, riferimento alle norme del processo civile. In quel contesto procedurale, il giudizio di rinvio, riassunto ai sensi dell’art. 392 c.p.c. o c.d. proprio, è un giudizio che si atteggia come prosecuzione o reintegrazione del giudizio di appello, nel quale vi è l’esigenza di accertare se la sentenza di primo grado debba essere confermata o riformata secondo i principi e nei limiti indicati dal giudice di legittimità che ha disposto il rinvio. A questo proposito l’art. 383, comma 1, c.p.c. esplicitamente dispone che il rinvio è “ad altro giudice”, con affermazione quindi del principio dell’alterità del giudice di rinvio, da rispettarsi sia quando la causa venga rinviata ad altro ufficio giudiziario sia quando il rinvio avvenga allo stesso ufficio in diversa composizione soggettiva. Cosicché un’eventuale violazione rientra nella c.d. “conversione del vizio di nullità in motivo di gravame” per cui occorre impugnare la sentenza del giudice di rinvio, senza che si debba far luogo a richiesta di ricusazione essendosi già pronunciato, in punto di alterità, il giudice di legittimità. A questa puntuale costruzione del giudizio di rinvio ex art. 383 c.p.c. si contrappone quella ex art. 354 c.p.c allorché, nei casi colà previsti, si prevede solo la rimessione della causa al “primo giudice”, nulla disponendo in ordine alla sua diversa composizione. Per completezza di ricostruzione, va detto che edificato su criteri diversi si presenta il modello penale, ex art. 623 c.p.p., ove l’alterità è regola generale, ancorché la diversità della persona fisica del giudice chiamato a decidere dopo l’annullamento con rinvio è imposta solo con riferimento alle sentenze. L’apprezzamento della fondamentale differenza tra la natura del giudizio civile (i cui principi sono qui applicabili) e quello penale è stato posto al centro della sentenza della Corte Costituzionale n. 387/1999. Quei giudici, posto che “non sono applicabili al giudizio civile ed a quello amministrativo, proprio per la particolarità e le diversità dei sistemi processuali, le regole delle incompatibilità soggettive per precedente attività (tipizzata) svolta nello stesso procedimento penale, bensì le disposizioni sull’astensione e la ricusazione del codice di procedura civile…” hanno ritenuto, come già fatto anche in precedenti e più risalenti pronunce, che “Le insopprimibili esigenze di imparzialità del giudice sono risolvibili nel processo civile, per le sue caratteristiche, attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione previsti dal codice di procedura civile”. Né tale differenziazione (e conseguente soluzione) confligge con il principio di imparzialità- terzietà della giurisdizione che, pur avendo pieno valore costituzionale (e ai sensi della Convenzione europea sui diritti dell’uomo ex art. 6 ) può e deve trovare soluzione e tutela con le peculiarità proprie di ciascun processo (Corte Cost. sentt. n. 51/1998; n. 326/1997; n. 78/2002; n. 305/2002; n. 262/2003 e, da ultimo, n. 78/2005), tanto che è stato anche affermato che le soluzioni per garantire un giusto processo non devono, per forza, seguire linee direttive necessariamente identiche per i due tipi di processo (civile e penale). Su questa direttrice si è posta anche la giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione (SS.UU.CC. n. 5087/2008) e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo (dec. 07.08.1996 Ferrantelli e altri c. Italia) che hanno avuto cura di porre al centro di ogni decisione l’esigenza di garantire l’imparzialità del giudice; garanzia che, quanto a esigenza di assicurazione, trova differenti modalità di tutela a seconda dei vari tipi di procedimento. La conclusione che ne deriva è allora che, nell’esigenza costituzionalmente garantita di un procedimento in cui sia certa l’imparzialità e la terzietà del giudice che pronunci una statuizione decisoria il legislatore, nel rispetto della razionalità e ragionevolezza delle sue elaborazioni normative, ha la discrezionalità per poter disporre mezzi differenziati di soluzione. Così ha fatto il Legislatore allorché ha approntato, anche in ragione della diversa natura degli interessi in gioco, le regole peculiari del processo civile e di quello penale; con il risultato di prevedere che per il primo valgano come strumenti idonei ad assicurare imparzialità e terzietà, rimessi alla sensibilità del giudice e dei contendenti, l’astensione e la ricusazione di cui agli artt. 51 e 52 c.p.c., beninteso ove non si versi nell’ipotesi di cui all’art. 383, comma 1, c.p.c. Peraltro, è noto che l’alteralità del giudice che si trova a conoscere, nuovamente, della stessa condotta censurata, non è necessaria conditio sine qua non per una nuova celebrazione del processo nello stesso grado anteriore, poiché la giurisprudenza è assolutamente concorde nel ritenere che il giudizio di revocazione di una decisione può celebrarsi a cura dello stesso giudice che ebbe a pronunciare quella sentenza, poi oggetto della domanda di revocazione. (Cass. Civ. II civ. n. 16861/13 e Cons. St. A.P. sent. n. 5/2014) Nella fattispecie sottoposta all’odierna cognizione deve dirsi che, in virtù dell’assenza di una specifica disciplina e del rinvio, fatto attraverso la via mediata del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, alle norme del processo civile, deve affermarsi che, in ipotesi di giudizio di rinvio, l’imparzialità e la terzietà del giudice di fronte alla fattispecie in cognizione, sono assicurate dagli istituti dell’astensione e della ricusazione (ex art. 51 c.p.c.), con relativo meccanismo processuale di attivazione ex art. 52 c.p.c.. Ora, la parte ha ritenuto, erroneamente, che potesse trovare applicazione il diverso rimedio, sopra ricordato, della conversione del vizio di nullità in motivo di gravame, senza tener conto che, al di fuori dello specifico rinvio da giudizio di legittimità, presidiato dall’art. 383 c.p.c., nel caso di specie mancava qualsiasi prescrizione precettiva circa l’obbligo di diversa composizione soggettiva del giudice del rinvio rispetto a quello che si era già pronunciato, pur potendosi convenire sulla sussistenza di presumibili motivi di opportunità a favore di un’astensione. Non essendosi il giudice astenuto, né la parte ricusato taluno dei componenti il collegio, utilizzando i mezzi processuali a sua disposizione, viene a cadere il relativo motivo di gravame per inammissibilità della conversione, nel caso specifico, dell’invocato vizio in un motivo di censura in appello. Parte ricorrente ha poi, sempre in via pregiudiziale, chiesto che sia riconosciuta “l’intervenuta perenzione/estinzione dell’azione disciplinare ai sensi dell’art. 34 bis CGS previgente, applicabile ratione temporis alla fattispecie”. A tal fine ha rappresentato che i fatti addebitati sono stati contestati, dal Procuratore Federale, con atto del 18.02.2015, con la conseguente applicabilità, ad avviso della parte stessa, delle norme del Codice di Giustizia Sportiva “illo tempore applicabile, stante la natura arbitrale irrituale del procedimento disciplinare sportivo”, non essendo applicabili le disposizioni dell’art. 34 bis CGS introdotte dal 17 luglio 2015. In estrema sintesi, secondo la tesi del ricorrente, prevedendo l’art. 34 bis CGS testo previgente, il termine di novanta giorni per la pronuncia della decisione di primo grado, il nuovo giudizio da celebrarsi a seguito di rinvio, in assenza di una puntuale, diversa disciplina, avrebbe dovuto concludersi nel termine “complessivo” di novanta giorni, utilizzando quindi, per questo secondo giudizio, i termini liberi residuati dal precedente. Invoca questa costruzione denunciando che gli organi federali, solo con la successiva modifica del testo dell’art. 34 bis CGS avrebbero introdotto un “nuovo” termine di sessanta giorni per il giudizio di rinvio, termine non esistente ante riforma. Ne deriverebbe, secondo la stessa tesi, che per effetto di questa nuova fase processuale, terminata ben oltre il termine di novanta giorni dalla contestazione (del 18 febbraio 2015), ossia il 6 ottobre 2015, il procedimento disciplinare si sarebbe estinto. Questa Corte ritiene che tale asserto non possa essere condiviso. Il Tribunale Federale Territoriale, nella decisione adottata il 10.9.2015, di cui al Com. Uff. n. 63/LND del 6 ottobre successivo, ha già affrontato la problematica, reputando che la primitiva decisione, di cui al C.U. n. 258/LND del 15.05.2015, ancorché annullata, non poteva ritenersi giuridicamente inesistente e, per l’effetto, essa conservava la sua efficacia quanto alla possibilità di interrompere la decadenza dell’azione disciplinare. Termine interrotto che riprende a decorrere, non nella sua ampiezza residuale ma in quello integrale, decorrente dalla pubblicazione della decisione di annullamento pronunciata dalla Corte Federale di Appello. Al riguardo appare opportuno puntualizzare che la tesi di parte ricorrente appare cedevole soprattutto nel punto in cui pretende di creare una cesura tra due distinti procedimenti, quello di primo grado e quello di rinvio, unendoli in una sorta di continuità che, invece, non può sussistere. Non lo può perché l’art. 34 bis, vecchio testo C.G.S., dispone, con previsione espressa, che la decisione di primo grado deve intervenire entro novanta giorni dalla data di esercizio dell’azione disciplinare e che il termine in caso di rinvio per annullamento di quella decisione da parte del Collegio di garanzia dello sport è di sessanta giorni, decorrenti dalla restituzione degli atti. Effettivamente, solo con il nuovo testo si è introdotto il giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte di organo giudicante di 2° grado della FIGC e, ad avviso del ricorrente, questa “nova” sarebbe elemento dimostrativo della volontà di porre una diversa disciplina tra il rinvio prima susseguente solo a giudizio del Collegio di garanzia dello sport e quello, attuale, disposto anche da organo giudicante di appello endofederale. Ma se ciò fosse vero bisognerebbe ammettere che, in precedenza esisteva un vuoto normativo nel caso in cui, come nella specie, il rinvio fosse stato disposto, ex art. 37 C.G.S., dalla Corte federale di Appello; vuoto che non può ammettersi in base al principio che l’ordinamento non conosce fattispecie che sfuggono ad una disciplina normativa. Va invece riconosciuto che, nel caso che precede, deve farsi luogo ad un’interpretazione analogica della norma cosicché, trattandosi di rinvio al primo giudice, trova applicazione la regola, già posta, ossia che questa nuova fase procedurale ha un “tempus deliberandi” proprio, che non può essere quello residuato dal primo giudizio (ancorché il rinvio non sia stato disposto dal Collegio di Garanzia del CONI), ma avente una propria dimensione temporale decorrente dalla pubblicazione della decisione dell’organo giudicante di appello. In questo senso l’ermeneutica induce a ritenere che l’intervento modificativo della norma non può essere assunto quale volontà di introdurre, ex novo, una diversa disciplina ma solo quale espressione di puntualizzazione ed esplicitazione di una regola già esistente, ancorché di derivazione analogica. Diversamente opinando, si dovrebbe accettare che il giudice di rinvio era subordinato, nei suoi poteri di cognizione, all’attività di altro e diverso giudice, ancorché dello stesso grado e che se, per assurdo, il giudizio primigenio si fosse concluso nell’ultimo giorno utile per evitare l’estinzione del procedimento disciplinare, il giudice del rinvio non ne avrebbe avuto alcuno per esercitare la sua funzione. La qual cosa è, in tutta evidenza, inaccettabile. Preso atto, quindi, che il giudizio “a quo” si è celebrato e concluso nei termini di cui al previgente art. 34 bis C.G.S., come integrato da interpretazione analogica, il motivo di censura introdotto dalla difesa non può essere condiviso. Ma la tesi di parte ricorrente non può essere condivisa anche perché non tiene conto che il giudizio di rinvio è, a tutti gli effetti, un “nuovo procedimento” nel quale, posta la preclusione che non può ammettersi una modifica del quadro di contestazione già delineato in precedenza, si perviene ad una originale e non replicante cognizione. Se si ammettesse diversamente, ovvero che esso costituisce un mero “prolungamento” o “appendice” del primo, per assurdo non troverebbe spazio proprio la perplessità del ricorrente circa un possibile “pregiudizio” del nuovo giudice, perché di nuovo giudice non potrebbe parlarsi. Elemento di novità che invece esiste e che la difesa coglie e sottolinea proprio allorché si duole della composizione del “nuovo” collegio, quello del rinvio. Anche per questa via la censura non si dimostra efficace e non può essere accolta. Nel merito la doglianza è sicuramente infondata. La scansione temporale dei fatti, in una valutazione unitaria con l’interesse di trarre un’utilità concreta dal meccanismo fraudolento realizzato, dimostra, al di là di ogni fondato e ragionevole dubbio, che il sig. Evangelista è l’artefice e autore dell’illecito contestatogli dalla Procura Federale. Procura Federale che, attraverso le sue puntuali indagini, ha accertato che: -non risponde al vero la circostanza che lo stesso avrebbe occasionalmente saputo, da anonima fonte e solo successivamente alla partita, che il giocatore Sacco era in posizione irregolare di tesseramento allorché disputò, tra le fila della Polisportiva Fontana Liri, la gara del 21.9.2014 contro l’ASD Sant’Elia Fiumerapido. I dirigenti della prima società hanno infatti unanimemente riferito che già durante la stessa partita l’Evangelista ebbe a lamentarsi, con loro, della presunta irregolarità. Irregolarità, per vero, che in quel momento neanche esisteva in quanto il “secondo” tesseramento porta la data del giorno successivo alla gara, 22.09.2014 ore 9.39; -il modulo relativo al “secondo tesseramento”, quello per la ASD Real Cassino Terra e Lavoro reca, palesemente, la firma apocrifa del giocatore; -il modulo è stato scaricato dal sito della LND il giorno 21.9.2014, alle ore 19,35, utilizzando le credenziali della ASD Real Cassino ma solo dopo che si era conclusa, con esito sfavorevole per l’ASD Sant’Elia Fiumerapido, la gara contro la Pol. Fontana Liri; -la richiesta di tesseramento, per la ASD Real Cassino Terra e Lavoro, come detto, è stata inviata il giorno successivo alle ore 9,39; -il calciatore interessato ha decisamente negato di conoscere quei dirigente e di aver mai ricevuto richieste di tesseramento per quel sodalizio; -il sig. Evangelista era in possesso, diversamente da quanto dallo stesso dichiarato, delle credenziali per l’accesso al sistema operativo informatico della LND attribuite a quest’ultima società per effetto dell’incorporazione della società ASD Città di Pignataro, già presieduta dall’Evangelista, e cambiate solo nel novembre successivo dai dirigenti della ASD Real Cassino; -in data 26.9.2014 il sig. Evangelista ha presentato reclamo lamentando l’irregolare posizione del giocatore Carlo Sacco. Ora, se è in ipotesi possibile che il “secondo tesseramento” possa essere stato effettuato anche da altri dirigenti della ASD Real Cassino, in possesso delle medesime credenziali, manca in capo agli stessi qualsiasi interesse, concreto e attuale, a porre in essere la manovra fraudolenta. Interesse che può ravvisarsi solo in capo all’Evangelista, nel maldestro tentativo di lucrare – col provvedimento del giudice sportivo – una vittoria in quella gara. Questa Corte e, in generale, la giurisprudenza sportiva, ha affermato che il giudizio di colpevolezza non sconta la regola, tipica del processo penale, del doveroso superamento del ragionevole dubbio attraverso la sussistenza, in mancanza di prova certa, di indizi gravi, univoci e concordanti, reputando che il livello richiesto sia quello della ragionevole certezza (vedi Com. Uff. n. 33/CGF (2012/2013). Ora, a maggior conforto, attraverso il dinamico rinvio alle regole del processo civile deve dirsi che la posizione dell’Evangelista va scrutinata alla luce della regola probatoria della c.d. “preponderanza dell’evidenza”, ossia al principio della “probabilità prevalente” (cfr. Cass. Civ. III sez. n. 2085/2012). Ne consegue che se anche può ritenersi superata la regola aristotelica del “più probabile che non” il comportamento dell’accusato dev’essere verificato in relazione agli elementi disponibili nello specifico caso, riconducendone la valutazione della loro ascrivibilità al medesimo soggetto nel quadro di quelli disponibili e attraverso l’esclusione di possibili condotte alternative. La riflessione che ne consegue che è il meccanismo illecito ordito e attuato nella circostanza non può essere ricondotto, nel suo profilo di egoistico interesse, che al sig. Evangelista, unico soggetto che attraverso la sua realizzazione poteva trarne un immediato beneficio. Non certamente il Real Cassino e i suoi dirigenti e neanche il calciatore Sacco, oggettivamente impossibilitato a gestire, anche solo nel concreto dello svolgimento del medesimo campionato, due posizioni di tesserato. Alla luce di quanto precede, per le motivazioni innanzi esposte, si ravvisa la certezza della responsabilità del sig. Evangelista nella commissione dei fatti addebitatigli, per cui dev’essere, in toto, confermata la decisione del Tribunale Federale Territoriale della LND, Comitato Regionale Lazio, adottata in data 10.09.2015, di cui al Com. Uff. n. 63/LND del 06/10/2015, di condanna del sig. Giuseppe Evangelista, per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 C.G.S., all’inibizione allo svolgimento di ogni attività in seno alla FIGC, a ricoprire cariche federali e a rappresentare società nell'ambito federale per anni tre, da scontare alla scadenza di ogni altra sanzione disciplinare in corso. Per questi motivi la C.F.A. respinge il ricorso come sopra proposto dal sig. Evangelista Giuseppe e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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