F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 33/CFA del 25 Agosto 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 147/CFA del 28 Giugno 2017 (dispositivo) – C.O.N.I. – COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT – GIUDIZIO DI RINVIO EX ART. 62 COMMA 2 C.G.S. C.O.N.I. IN ORDINE ALLA INTEGRAZIONE E RINNOVAZIONE DELLA MOTIVAZIONE SULLE AGGRAVANTI CONTESTATE TARDIVAMENTE AL SIG. FERNANDO ANTONIO ARBOTTI, SEGUITO DECISIONI DELLA CORTE FEDERALE DI APPELLO – SEZIONI UNITE – COM. UFF. N. 010/CFA DEL 22.7.2016 (Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite – Decisione n. 62/2016 del 13.12.2016)
C.O.N.I. - COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT - GIUDIZIO DI RINVIO EX ART. 62 COMMA 2 C.G.S. C.O.N.I. IN ORDINE ALLA INTEGRAZIONE E RINNOVAZIONE DELLA MOTIVAZIONE SULLE AGGRAVANTI CONTESTATE TARDIVAMENTE AL SIG. FERNANDO ANTONIO ARBOTTI, SEGUITO DECISIONI DELLA CORTE FEDERALE DI APPELLO – SEZIONI UNITE - COM. UFF. N. 010/CFA DEL 22.7.2016 (Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I. – Sezioni Unite - Decisione n. 62/2016 del 13.12.2016)
1.-Con decisione del 19.4.2017, le cui motivazioni erano pubblicate nel Com.Uff. 010/CFA del 22.7.2017, le Sezioni Unite di questa Corte, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla Procura Federale avverso la decisione resa dal Tribunale Federale nella seduta del 17.03.2016 (motivazioni pubblicate nel Com.Uff. n.65 del successivo 24 marzo), affermava la responsabilità di Arbotti Fernando Antonio ai sensi degli artt. 9, 7, commi 1, 2 e 6 C.G.S., infliggendogli la sanzione dell’inibizione per cinque anni, con la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, nonché l’ammenda di Euro cinquantamila.
2.- Avverso questa decisione l’Arbotti proponeva ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport con atto dell’8.8.2016, affidandolo a quattro motivi.
All’udienza del 3.10.2016 il Collegio adito, ritenuto parzialmente fondato il gravame, con decisione n.62 Anno 2017, depositata il successivo 13 dicembre, accoglieva il quarto motivo del gravame e rinviava al questa Corte Federale d’Appello (testualmente) “per l’integrazione e la rinnovazione della motivazione sulle aggravanti contestate tardivamente”.
4.- Fissata l’udienza del 28 giugno 2017 ai fini della discussione del giudizio di rinvio, ex art. 62, comma 2 CGS CONI, nei termini concessi (tre giorni dalla comunicazione dell’8 giugno) l’Arbotti ha depositato note a difesa.
3.- Nella riunione del 28.6.2017, la Procura Federale ha illustrato le sue tesi in ordine alla fondatezza del suo cennato ricorso ed ha concluso per la conferma delle sanzioni comminate da questa Corte, rimotivando la decisione.
Il Patrono di Arbotti ha illustrato le argomentazioni esposte nelle richiamate note a difesa del 12 giugno ed ha concluso chiedendo:
- in via principale, dichiarare estinto il procedimento disciplinare, per decorso dei termini, con conseguente inefficacia dell’intera sanzione comminata;
- in via subordinata, dichiarato estinto il procedimento disciplinare, rideterminare la sanzione in confronto del suo Assistito;
- in via ulteriormente subordinata, dichiarare l’inammissibilità della richiesta di applicazione dell’aggravante , con conseguente rideterminazione della sanzione impugnata, con sua congrua riduzione.
A conclusione delle repliche questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo.
4.- Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione formulata da Arbotti, secondo cui si sarebbe verificata l’estinzione del giudizio disciplinare promosso nei suoi confronti, ai sensi e per effetto degli artt. 34bis CGS e 38 CGS CONI, risultando violato il termine di sessanta giorni per far luogo alla pronuncia nel giudizio di rinvio.
Sul punto necessita fare chiarezza, ricostruendo cronologicamente l’evoluzione della vicenda:
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- in data 13.12. 2016 era depositata la decisione n.26/2016, pronunciata il 3.10.2016 dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport;
- in data 26.5.2017, con pec in pari data, il citato Collegio trasmetteva a questa Corte (così testualmente) “il testo delle motivazioni della decisione….” di cui sopra;
- con comunicazione 8 giugno 2017, questa Corte comunicava ad Arbotti che era stata fissata per il 28 giugno successivo la riunione ai fini della discussione del giudizio di rinvio, ex art. 62, comma 2 CGS CONI.
Rileva annotare che il CGS CONI dispone che le decisioni del Tribunale Federale (art. 35, punto 7) e della Corte Federale d’Appello (art. 37, punto 10) devono essere “senza indugio” comunicate alle parti e pubblicate.
L’art. 34, comma 2 C.G.S., inoltre, prescrive che le decisioni degli Organi della giustizia sportiva devono essere motivate e pubblicate, nella loro integrità, a mezzo di comunicato ufficiale, sul sito internet della Federazione.
Tale pubblicità ha luogo attraverso l’utilizzo dei “comunicati ufficiali”della FIGC, i cui contenuti “…si intendono conosciuti, con presunzione assoluta, a far data dalla loro pubblicazione”, come prescritto dall’art. 2, punto 3 CGS.
Questa forma di pubblicità notizia è utilizzata anche per l’osservanza dei termini dei reclami (Art. 36bis, punto 2 CGS) e dei ricorsi (Art. 37, punto 1, lettera a) CGS), al fine di cadenzare le varie fasi di un’ordinata e celere giustizia sportiva.
Il CGS CONI non contempla, per converso, un analogo strumento di pubblicità notizia per rendere note le decisioni del Collegio di Garanzia dello Sport, sicché a tanto si provvede mediante comunicazione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
5.- La norma di riferimento per vagliare l’eccepita violazione dei termini è l’art. 38, punto 3, CGS CONI, lì dove si prescrive che (testualmente) “Se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso al Collegio di garanzia dello sport, il termine per la pronuncia nell’eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dal Collegio di garanzia dello sport”. In tale segno è anche l’art. 34bis, punto 3 CGS, ove si legge che (testualmente) “Se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso all’Organo giudicante di 2° grado o al Collegio di Garanzia dello Sport, il termine per la pronuncia nell’eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento al giudicante che deve pronunciarsi nel giudizio di rinvio”.
Se è vero, com’è vero ed ammesso anche da Arbotti al punto 1.8 del suo libello, che il testo delle motivazioni della decisione di rinvio è stata trasmessa a questa Corte il 26.5.2017, è questa la data da considerare quale termine iniziale per verificare il rispetto del termine di sessanta giorni per far luogo alla pronuncia nel giudizio di rinvio, apparendo l’individuazione di un’altra data un evidente fuor d’opera.
Erra palesemente l’Arbotti allorché sostiene che il dies a quo vada individuato in quello della pubblicazione della decisione di rimessione, sostenendo che (così testualmente) “Appare chiaro, quindi, che una diversa interpretazione della norma che non facesse decorrere il dies a quo per la conclusione del giudizio rinvio dalla pubblicazione della decisione di annullamento, bensì lasciasse alla piena discrezionalità dell’organo rimettente la determinazione del predetto termine di decorrenza, determinerebbe una ^sperimentabilità sine die del procedimento^ come tale incompatibile con i principi di celerità e speditezza a cui è informato il processo sportivo, nonché del principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. (cfr Corte Cost. 22.12.1988, n.1128, cit)”.
De iure condendo l’osservazione è da condividere pienamente, stante la necessità di assicurare tempi celeri e certi alla conclusione dei procedimenti, ma l’Arbotti omette di considerare che, nel caso che occupa, manca la pubblicazione della decisione, come si è innanzi illustrato, sicché torna impossibile prendere a riferimento un fatto e una data mai venuti ad esistenza (pubblicazione e data dell’adempimento).
E’ certo, per converso, che questa Corte ha avuto contezza della decisione in tema il 26 maggio e solo da quel momento, e non già prima, poteva attivare le iniziative di rito per definire il giudizio di rinvio, avvenuto il 28 giugno 2017 con la pubblicazione della decisione nel Com.Uff. 147/CFA e, quindi, con ampio anticipo rispetto al ricordato termine di sessanta giorni fissato dalle norme innanzi richiamate.
L’eccezione, quindi, non ha fondamento alcuno e va respinta.
6.- E’ compito di questa Corte, come sancito nella motivazione del Collegio rimettente, integrare e rinnovare la motivazione sulle aggravanti contestate tardivamente. A tal fine appare conducente richiamare all’attenzione che:
- con atto 31.3.2016 la Procura Federale impugnava nanti questa Corte la decisione del Tribunale Federale Nazionale, pubblicata nel Com.Uff. n.65/TFN del 24.03.2016, chiedendo la sua riforma parziale sulla base di due motivi: 1) “Erronea valutazione delle risultanze del processo sportivo ed errata applicazione della norma di cui all’art.7 CGS, in relazione alla riqualificazione giuridica dei fatti ai sensi dell’art. 1, comma 1bis CGS; 2) Erronea valutazione della effettiva gravità della condotta posta in essere dal signor Arbotti Antonio Fernando in seno all’associazione, ai fini dell’accertamento della sussistenza dell’aggravante di cui al comma 2 dell’art.9 CGS”.
In conclusione la Procura chiedeva che,confermata la responsabilità del prefato Arbotti come già accertata dal giudice di primo grado (partecipazione agli illeciti commessi in occasione di cinque gare) e, in parziale riforma della decisione, accertarsi e dichiararsi la responsabilità disciplinare del predetto per violazione dell’art.7, commi 1 e 5 CGS, con l’aggravante di cui al comma 6 e, inoltre, la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 9, comma 2 CGS, quale organizzatore dell’associazione;
- dopo aver analizzato approfonditamente tutti gli elementi versati agli atti e valutate le eccezioni avanzate in tema, questa Corte così concludeva testualmente a pagg. 40/41 della decisione impugnata avanti il Collegio rimettente: “Ciò premesso ed evidenziato questa Corte ritiene, come è già sopra cenno, che il contesto probatorio complessivo acquisito al presente procedimento sia solido e del tutto sufficiente ai fini dell’affermazione delle responsabilità, come di seguito meglio precisate, del sigg.ri Delli Carri, Impellizzeri ed Arbotti. La Procura Federale ha, infatti, supportato la propria costruzione accusatoria con materiale probatorio solido e copioso, consistente nelle risultanze di numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, nell’esito di diverse perquisizioni, nelle risultanze dei tabulati telefonici relative alle utenze dei soggetti coinvolti nella vicenda processuale, nell’esito di specifiche attività di osservazione e nelle dichiarazioni rilasciate nel corso di alcuni interrogatori. Dalla complessiva mole probatoria acquisita al procedimento emerge che il presidente della società Catania Calcio (Pulvirenti) dava mandato di alterare la competizione sportiva in cui sarebbe stata impegnata la squadra etnea nella successiva partita di campionato. In particolare, lo stesso contattava, da un lato, il direttore sportivo Daniele Delli Carri, conferendogli l’incarico di attivarsi in vista dell’obiettivo indicato e, dall’altro, Gianluca Impellizzeri, all’epoca dei fatti titolare di una società di scommesse sportive e sponsor del Calcio Catania spa, il quale aveva il compito di fornire la provvista di denaro necessaria a ^comprare^ i favori dei calciatori delle squadre con cui il Catania avrebbe disputato le successive partite. Da quel momento Impellizzeri veniva messo a conoscenza dell’attività illecita manifestando e confermando, ove necessario, la propria disponibilità economica. Delli Carri, investito dell’affare, contattava tale Piero Di Luzio (già giudicato responsabile nel sopra menzionato giudizio sportivo), amico conosciuto quando era calciatore nel Pescara Calcio, affinché utilizzasse i suoi contatti e si rivolgesse ad un terzo soggetto, Fernando Arbotti, procuratore sportivo Fifa, il quale aveva il compito e le conoscenze necessarie per contattare direttamente e mettersi d’accordo con alcuni calciatori tesserati presso le squadre che sarebbero state avversarie del Catania.Arbotti, in seguito, comunicava a Di Luzio, che a sua volta comunicava a Delli Carri, i numeri dei calciatori interessati alla combine. Quest’ultimo riportava al presidente Pulvirenti l’informazione ricevuta che, a sua volta, la girava ad Impellizzeri, il quale ricevuta conferma, essendo agente di scommesse sportive, scommetteva direttamente e/o dava mandato ad una serie di soggetti a lui sottoposti o collegati, di scommettere sulla vittoria del Catania. Nei giorni successivi alla gara, a risultato e vittoria conseguiti, il gruppo catanese (Pulvirenti-Delli Carri e Impellizzeri) predisponeva un viaggio per consegnare a Di Luzio la somma di denaro pattuita. Quest’ultimo, in collaborazione con altro soggetto (tale M.F.), in cambio di una remunerazione per la mediazione effettuata, consegnava il denaro di cui trattasi ad Arbotti, che, infine, distribuiva la stessa ai giocatori interessati alla combine.
Risulta accertato che tutte le gare contestate sono state effettivamente alterate, con l’unica eccezione della partita Catania-Avellino del 29.3.2015 (peraltro, sempre esclusa dal dichiarante Pulvirenti quale gara oggetto di combine), come correttamente ritenuto dal TFN. …Solidi, numerosi e convergenti, invece, gli elementi probatori atti a dimostrare l’effettiva partecipazione alla realizzazione degli illeciti di cui trattasi dei sigg.ri Delli Carri, Impellizzeri, come di Arbotti (diversamente da quanto affermato dal Giudice di primo grado )per le altre gare contestate….
Siffatte in equivoche dichiarazioni, auto ed etero accusatorie, chiudono il quadro probatorio a supporto dell’affermazione delle responsabilità per gli illeciti ex art.7, comma 1, CGS contestati, in relazione alle predetti cinque gare, ai sigg.ri Delli Carri, Impellizzeri e Arbotti. Dichiarazioni, quelle rese da Antonio Pulvirenti, che proiettano una luce chiarificatrice, di natura in equivoca, come detto, sugli illeciti disciplinari posti in essere anche dai deferiti – odierni appellanti e che appaiono idonee a superare ogni eventuale qualsivoglia dubbio in ordine alla responsabilità degli stessi “
7.- Le argomentazioni qui riportate, che tutte si condividono nella loro interezza, danno piena contezza del granitico impianto accusatorio che recepisce le osservazioni critiche mosse dalla Procura nel suo ricorso, con il primo motivo.
Si sostiene in esso che l’Arbotti avrebbe svolto un ruolo attivo e determinante per il compimento dei cennati atti fraudolenti volti allo scopo alterare l’esito delle gare e che il Tribunale sarebbe incorso (così testualmente a pag. 5 del gravame) “…in tre errori di valutazione: considera necessario al perfezionarsi dell’illecito l’identificazione dei calciatori coinvolti; considera uniche condotte dell’Arbotti rilevanti ai fini dell’illecito, quelle di avvicinamento dei giocatori, ignorando tanto l’esito di tale iniziative quanto la riscossione delle somme di denaro; considera, infine, rilevanti ex art. 7 CGS solo quelle condotte che varchino la soglia della materiale idoneità dell’atto ad alterare l’incontro”.
E più oltre, a gag. 9 del citato ricorso, si legge: “…la circostanza che non siano stati identificati i calciatori avvicinati dall’Arbotti –già oggetto di precedente considerazione- è del tutto irrilevante agli effetti dell’addebito, a carico del prevenuto, della violazione di cui all’art. 7 CGS posto che, venendo in parola la proiezione soggettiva dell’atto finalizzato ad incidere sul risultato della gara, lo schema mandato a corrompere – contatto – manifestata disponibilità – alterazione del risultato- corrispettivo soddisfa ampiamente l’esigenza di riscontrare la volontà dell’Arbotti di concorrere ad alterare il risultato delle gare contestate”.
Nelle sette pagine dedicate all’illustrazione del motivo, la Procura ha sostenuto che la condotta dell’Arbotti integrava, senza tema di smentita, la fattispecie di cui all’art. 7 CGC, avendo fornito un contributo determinante alla consumata frode sportiva, ed ha così concluso: “accertare e dichiarare la responsabilità disciplinare dell’Arbotti, per le cinque gare richiamate, per violazione dell’art.7, commi 1 e 5, del CGS, con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6 del CGS della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato finale delle gare in oggetto e della pluralità degli illeciti posti in essere”.
8.- La difesa dell’Arbotti, con il 4° motivo del suo ricorso al Collegio rimettente, ha eccepito che li ricorso della Procura era privo di motivazioni a sostegno della richiesta di applicazione dell’aggravante ex art. 7, comma 6 CGS.
Occorre considerare che le circostanze del reato sono disciplinate, nel vigente codice penale, da norme comuni a tutti i reati, o raggruppate sistematicamente come negli artt. 61 e 62 cp, o inserite nel quadro di più generali principi diversi o, anche, inserite in specifiche figure criminose.
Attingendo alla giurisprudenza e alla dottrina specialistica, occorre rammentare che le circostanze sono tipiche situazioni di fatto, di carattere oggettivo e soggettivo e non essenziali per l’esistenza del reato a cui si aggiungono per qualificarlo e per determinare l’entità dell’infrazione. A differenza degli elementi costitutivi di un fatto criminoso, che non possono dissociarsi dal relativo schema tipico senza escluderlo o modificarlo; le circostanze sono in definiva elementi accidentali, accessori del reato cui si riferiscono: la loro effettiva sussistenza consente, fondamentalmente, un più concreto adeguamento della pena al disvalore del reato commesso e una migliore individualizzazione di essa.
Come per gli elementi costitutivi, anche per le circostanze vige, nel nostro sistema penale, il principio di legalità (tipicità e classificazione), ai fini di una loro esatta individuazione, principio questo non presente nel vigente CGS che non dedica al tema una specifica disciplina, fatta eccezione per l’art. 13 CGS, ove sono trattate (così il titolo) “Esimente e attenuanti per comportamenti dei propri sostenitori”.
L’assenza è bilanciata dalla previsione contenuta nell’art. 16 CGS, punto 1, ove si prevede, in termini generali, che nell’esercizio dei poteri disciplinare (testualmente) “Gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva”.
Incombe sugli Organi della giustizia sportiva, quindi, qualificare le situazioni di fatto come attenuanti o aggravanti, attingendo di volta in volta ai “principi di giustizia sportiva” del CONI, fuori dai casi in cui sia la stessa norma CGS ad attribuire alla circostanza “aggravante” un ruolo essenziale nella configurazione di una fattispecie.
E’ il caso che occupa, lì dove all’art.7, punto 6, è espressamente contemplato un aggravamento della pena in presenza di tre alternative ipotesi: pluralità di illeciti; alterazione del risultato della gara; vantaggio in classifica conseguito.
Tenuto conto che il Legislatore sportivo ha sancito testualmente che, ricorrendo una delle tre ipotesi “le sanzioni sono aggravate”, l’Organo di giustizia sportiva è vincolato a detto precetto nella quantificazione della sanzione, non essendo rimesso alla sua valutazione discrezionale il potere di qualificare diversamente le tre dette ipotesi e di non sanzionare più adeguatamente e più incisivamente il disvalore della violazione commessa.
9.- In presenza di un riscontro oggettivo non suscettibile di valutazione, qual è per esempio la “pluralità di illeciti”, torna assai difficile immaginare quale motivazione la Procura avrebbe dovuto specificatamente articolare al riguardo, atteso che nel suo ricorso, con il 1° motivo, aveva ampiamente illustrato le ragioni per cui l’illecito doveva essere inquadrato nella fattispecie dell’art.7 CGS.
A ben vedere, infatti, il ricorso poteva riguardare solo il punto 1 dell’art 7 CGS, e non già il successivo punto 6 (per il quale non vi era l’obbligo di motivazione, ex art. 33, punto 6 CGS), atteso che destinatario di questo punto era e poteva essere la sola Corte, cui il Legislatore sportivo imponeva l’adozione di una più afflittiva sanzione, in merito alla quale non vi era spazio, per la difesa dell’Arbotti, di discettare sull’ obbligatorietà di un simile vincolo e conseguire una sua ipotetica disapplicazione.
A ciò si aggiunga che, quand’anche la Procura non avesse instato per l’applicazione della citata aggravante, accertata la ricorrenza di uno dei presupposti –quale quello della pluralità degli illeciti- la Corte sarebbe stata obbligata a comminare una sanzione aggravata, stante il ricordato precetto.
E a tanto si attenuta questa Corte che, inquadrato il fatto come illecito sportivo ai sensi dell’art. 7, punto 1 CGS e una volta accertata la pluralità degli illeciti, ha applicato il disposto dell’art. 7, punto 6 CGS, ed ha comminato all’Arbotti la sanzione dell’inibizione per anni 5, con la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, più l’ammenda di
€50.000,00, sanzione che questa Corte condivide e conferma.
Per questi motivi nei termini che precedono, la C.F.A. integra e rinnova la motivazione.
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