Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0081/CFA del 31 Gennaio 2024 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione  del Tribunale federale nazionale, Sezione Disciplinare, n. 0128/TFNSD-2023-2024 del 21.12.2023

Impugnazione – istanza: –  Sig. G.H./Procura Federale

Massima: …. va ricordato che lo scrutinio richiesto al giudice sportivo in materia disciplinare non comporta la celebrazione di una sorta di processo parallelo o di processo sovrapposto rispetto alla giurisdizione ordinaria (civilistica o penalistica) o alle eventuali responsabilità degli amministratori di una società sportiva. Oggetto di valutazione è invece il rispetto delle regole fondamentali che costituiscono presidio della FICG in sé considerata, e altresì presidio della regolarità di gestione delle società sportive e dei comportamenti esigibili. Il giudice sportivo non è deputato a valutare le responsabilità ordinarie. E neppure deve dimostrare una perdita economica (giacché una tale dimostrazione neppure è richiesta). Esso deve valutare il rispetto della lex specialis costituente l’ordinamento sportivo. Ed è chiamato a traguardare con tale disciplina speciale – e non con quella ordinaria – se le modalità con le quali la persona deferita si è comportata, o per il contesto nel quale ha agito, hanno determinato o meno una compromissione dei valori cui si ispira l’ordinamento sportivo (principio già contenuto nel parere del Collegio di Garanzia n. 5/2017). Per questo, le regole etiche e le clausole generali di correttezza e buona fede, in ambito sportivo, acquistano uno specifico rilievo giuridico e vanno considerate clausola di chiusura del sistema, poiché evitano di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio. Tali principi di diritto inducono, da un lato, a ritenere che tra i fatti rilevanti in ambito disciplinare sportivo si possono sussumere anche eventi non riconducibili ai consueti criteri civilistici o penalistici e, dall’altro, che una violazione degli obblighi gestionali può senz’altro costituire violazione del principio di correttezza di cui all’art. 4, comma 1, CGS della FIGC (in questo esatto senso ex plurimis cfr. Corte federale d’appello, SS.UU., n. 12/2021-2022). E lo stesso deve dirsi anche con riguardo ai principi, se si vuole “aperti”, di equilibrio economico e finanziario e di corretta gestione previsti dall’art. 19 dello Statuto F.I.G.C.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE III: DECISIONE N. 032CFA DEL  18/09/2018 (MOTIVI) CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 001 CFA DEL  05/07/2018 (DISPOSITIVO)

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Sicilia - Com. Uff. n. 406/TFT 25 dell’8.5.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL CALC. L.P.V. (ALL’EPOCA DEI FATTI TESSERATO PER LA SOCIETÀ PGS S. PIO X) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 5 CON PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN QUALSIASI RANGO O CATEGORIA DELLA FIGC INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1  BIS,  COMMA  1  C.G.S.  SEGUITO  DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  - NOTA  N. 8080/236 PFI17-18 CS/SDS DEL 5.3.2018

Massima: …. in considerazione del citato principio di autonomia, va ribadito che nessun valore nella presente sede può annettersi alla pronuncia cautelare, emessa dal TAR Sicilia, con la quale è stata disposta la revoca del DASPO inflitto dalla questura di Catania al reclamante, trattandosi di questione giuridica del tutto diversa ed estranea rispetto a quella oggetto del presente giudizio, seppure avente a fondamento i medesimi fatti materiali. (aggressione del calciatore all’arbitro)

 

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite: C. U. n. 78/CFA del 22 Gennaio 2018 (motivazioni)  - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale – Sezione DisciplinareCom. Uff. n. 11/TFN del 25.9.2017

Impugnazione – istanza: RICORSO DELLA SOCIETA’ JUVENTUS FC SPA AVVERSO LE SANZIONI:INIBIZIONE PER ANNI 1 E AMMENDA DI20.000,00 INFLITTA AL SIG. AGNELLI ANDREA, ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 12, COMMI 1, 2, 3 E 9 C.G.S.;INIBIZIONE PER ANNI 1 E  AMMENDA  DI   20.000,00  INFLITTA  AL  SIG.  M.S., ALL’EPOCA DEI FATTI DIPENDENTE  RESPONSABILE  DEL  TICKET  OFFICE  DELLA  SOCIETÀ  RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 12, COMMI 1, 2 E 9 C.G.S.; INIBIZIONE PER ANNI 1 E MESI 3 E AMMENDA DI € 20.000,00 INFLITTA AL SIG. D.A.A.N., ALL’EPOCA DEI FATTI DIPENDENTE ADETTO ALLA SICUREZZA (SECURITY MANAGER) DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 12, COMMI 1, 2, 3 E 9 C.G.S.; AMMENDA DI € 300.000,00 INFLITTA ALLA SOCIE RECLAMANTE, AI SENSI DEGLI ARTT. 4, COMMI 1 E 2 E 12, COMMI 1, 2 E 3 C.G.S.; SEGUITO  DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE   NOTA  N.  10152/101  PF  16-17  GP/BLP  DEL 18.3.2017

Impugnazione – istanza: D.A.N.,  ALL’EPOCA DEI FATTI  DIPENDENTE ADETTO  ALLA SICUREZZA (SECURITY MANAGER) DELLA SOCIETÀ RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1 E 12, COMMI 1, 2, 3 E 9 C.G.S.; E DELLA SOCIETÀ:

Impugnazione – istanza: JUVENTUS FC SPA PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 4, COMMI 1 E 2 E 12, COMMI 1, 2 E 3 C.G.S.;SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 10152/101 PF 16-17 GP/BLP DEL 18.3.2017

Massima: …. il Collegio ritiene di dover indicare alcune premesse attinenti alla esposizione dell’iter motivazionale che si intende  seguire,  nonché  alla  illustrazione  della  portata  e della funzione del presente giudizio. Sotto tale profilo, in particolare, deve, ancora una volta, ribadirsi il principio dell’autonomia  del giudizio sportivo che consente la trattazione separata di eventuale analoga vicenda processuale di carattere disciplinare, anche al fine di assicurare l’esigenza di  una  celere  e  rapida  definizione  della stessa. Del resto, le disposizioni di cui all’art. 34 bis e 38,  comma  5,  lett.  a),  codice  di  giustizia sportiva del Coni, prevedono  testualmente  una  trattazione  separata  del  procedimento  disciplinare  e del procedimento penale, e la norma contenuta nell’art. 39, comma 7, del medesimo predetto codice prevede espressamente che «in nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento, salvo che per legge debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale  di  merito  e  la relativa causa sia  stata già proposta davanti  all’autorità giudiziaria».  Circostanza che nella fattispecie non   sussiste. Si aggiunga, del resto, che la condotta di un soggetto appartenente all’ordinamento federale, fermo restando l’accertamento della stessa in sede penale, può essere diversamente valutata a fini sportivo-disciplinari, rispetto alla sede ordinaria e, pertanto, non è detto che l’eventuale decisione resa dall’Autorità giudiziaria possa utilmente riflettersi sul piano del procedimento disciplinare. Come già affermato da questa Corte è, questo, anche il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva all’ordinamento federale e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, conseguenza naturale dell’autonomia dell’ordinamento sportivo la capacità dello stesso di munirsi, in via indipendente, di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare, in linea generale, la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un lato, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che  per  esso  sono  dettate  per  governare  i  rapporti  con  altri  procedimenti,  siano  essi  civili, amministrativi, disciplinari ecc.); lo stesso ordinamento, d’altra parte, è libero di perseguire la propria pretesa punitivanei confronti dei propri appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti dell’ordinamento settorialecon autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento giuridico generale, fatta ovviamente salva la garanzia del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Non vi è, quindi, alcun bisogno di attendere l’esito di eventuali ulteriori attività dell’Autorità giudiziaria ordinaria o disporre ulteriori accertamenti e/o acquisizioni testimoniali se la pretesa punitiva federale viene esercitata sulla scorta di un materiale probatorio giudicato dagli organi di giustizia sportiva congruamente espressivo del livello di infrazioni contestate. Da questo punto di vista, non rappresenta violazione alcuna, tantomeno del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del codice di giustizia sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova, anche mediante produzione documentale, come è accaduto nel presente procedimento.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezioni Unite: Decisione n. 42 del 01/06/2017 – www.coni.it

Decisione impugnata: decisione della Corte Federale d'Appello della FIGC, di cui al C.U. n. 099/CFA del 7 febbraio 2017

Parti: Maurizio Magri/Federazione Italiana Giuoco Calcio - Susanna Ghirardi – Giovanni Schinelli/Federazione Italiana Giuoco Calcio - Pietro Leonardi/Federazione Italiana Giuoco Calcio Tommaso Ghirardi/Federazione Italiana Giuoco Calcio - Arturo Balestrieri/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Occorre, innanzitutto, soffermarsi sul profilo attinente alla violazione dell’articolo 1 del Codice di Giustizia Sportiva (in prosieguo “CGS”) FIGC, che costituisce l’aspetto fondamentale dei motivi di impugnazione articolati in tutti i ricorsi indicati in epigrafe. Come risulta dagli atti di causa, nella specie trattasi di valutare il comportamento dei soggetti facenti parte dell’ordinamento sportivo, ai fini dell’applicazione di sanzioni per violazione del CGS della Federazione Italiana Gioco Calcio e, in particolare, per la violazione dell’articolo 1 del Codice. Tale norma, inserita nel Titolo I dedicato alle “Norme di comportamento”, prescrive che “le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto … sono tenuti all’osservanza delle norme … e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”. Orbene, è noto che nel quadro del problema della pluralità degli ordinamenti giuridici va valutata la soggezione – talvolta volontaria ed elettiva, frutto di una adesione spontanea del singolo (come nel caso degli ordinamenti sportivi, sia nazionali che internazionali), talaltra necessaria ed indeclinabile – di ciascun individuo alle regole di uno od anche di più ordinamenti (si pensi al cittadino di uno Stato straniero che si trovi in Italia e viceversa; ovvero al cittadino di religione cattolica, sottoposto, in quanto fedele, all’ordinamento canonico). La pluralità possibile degli ordinamenti giuridici risulta, perciò, dalla concepibilità di più di un tipo di ordinamento (oltre quello statale). I vari tipi di ordinamenti, ossia le species del genus, risultano dalle differenze distinguibili in ciascuno degli aspetti essenziali del genus. Così sono possibili altri ordinamenti, rispetto a quello statale, ogni volta che la soggettività è diversa da quella stabilita dall’ordinamento statale (cittadinanza, riconoscimento della personalità a tutti gli esseri umani che si trovino nell’ambito dell’ordinamento statale, riconoscimento della personalità ad alcuni ben determinati gruppi di uomini – associazioni o corporazioni – o di cose unitariamente considerate e destinate – fondazioni o istituzioni  – riconoscimento di altre forme non personificate di soggettività), ogni volta che la normazione non è, almeno in parte, di provenienza statale, ma è prodotta da un’altra collettività o comunità, e dunque ogni volta che l’organizzazione è distinta, almeno in parte, da quella propriamente statale. La pluralità di ordinamenti è possibile proprio in quanto siano concepibili ordinamenti sociali, con una propria predeterminazione dei soggetti, con una propria (almeno parziale) produzione normativa, con una propria (almeno parziale) organizzazione (autorità). Sarà sufficiente rilevare come sia oggi comune la divisione degli ordinamenti giuridici in due categorie: ordinamenti  giuridici  esprimenti  interessi  collettivi  (fra  i  quali,  soprattutto,  gli  enti pubblici territoriali, e fra questi, innanzitutto, lo Stato); ordinamenti giuridici esprimenti interessi settoriali (come, ad esempio, le associazioni). Il  rapporto  tra  le  due  categorie  di  ordinamenti  deve  essere  risolto  in  termini  di  non autosufficienza degli ordinamenti settoriali, se pur autonomi sotto il profilo funzionale; e la detta mancanza di autosufficienza deve esprimersi, quanto meno nella conseguenza che gli effetti connessi ad atti provenienti da un ordinamento esprimente interessi settoriali e determinanti conseguenze contrastanti con i principi fondamentali dello Stato (o di altro ente pubblico territoriale) possono legittimamente essere conosciuti e giudicati da quest’ultimo. Deve, quindi, aderirsi alla ricostruzione secondo cui tra gli ordinamenti giuridici esprimenti interessi settoriali e gli ordinamenti giuridici esprimenti interessi collettivi, che a quelli corrispondono, si instaura un rapporto asimmetrico, in quanto i secondi hanno giuridica ragion d’essere soltanto ove riconosciuti dai primi. Sotto un profilo di assoluta generalità, è, dunque, configurabile l’ordinamento giuridico sportivo: ordinamento esprimente interessi settoriali e connotato dal carattere dell’autonomia, ma non dell’autosufficienza, dunque, necessariamente in rapporto di collegamento con il corrispondente ordinamento giuridico esprimente interessi collettivi (o con i corrispondenti ordinamenti giuridici esprimenti interessi collettivi). Il rapporto tra i due ordinamenti è stato anche puntualizzato dallo stesso legislatore ed invero l’art. 1 del D.L. 19 agosto 2003, n. 220 (“Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”), convertito con modificazioni con la legge 17 ottobre 2003, n. 280, disciplina il rapporto tra l’ordinamento statale e quello sportivo, garantendo due diverse esperienze costituzionalmente rilevanti: da un lato, quella dell’autonomia dell’ordinamento sportivo e, dall’altro, quella a che non sia lesa la pienezza della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive che, connesse con quell’ordinamento, rilevino per l’ordinamento giuridico generale; da un lato, quindi, l’art. 1, 2° co, D.L. n. 220 del 2003, citato, salvaguarda l’autonomia dell’ordinamento sportivo, dall’altro, espressamente precisa che questa autonomia non osta a che, allorché siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento generale, sia riconosciuta l’operatività della tutela giurisdizionale. Ne consegue che il comportamento dei soggetti facenti parte dell’ordinamento sportivo vanno senz’altro valutati contestualmente, in correlazione sia alle norme dell’ordinamento statale, ma sia, anche, come specificato supra, alle norme dell’ordinamento settoriale e, in particolare, alla luce dell’articolo 1 del CGS della Federazione Italiana Gioco Calcio all’inizio ricordato; con l’ulteriore specificità che l’osservanza delle norme dell’ordinamento statale non esclude che non si siano violate le norme  dell’ordinamento settoriale, con  la  necessità  di valutare il comportamento del soggetto anche alla luce dell’ordinamento di settore.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 19 novembre 2012 –  www.coni.it   

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul C.U. n. 2/CGF del 06 luglio 2012

Parti: Sig. A.F. / Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima TNAS: (3) Nonostante l’autonomia ( che non significa separatezza ) dell’ordinamento penale e di quello sportivo, il regime di formazione, acquisizione e valutazione della prova deve comunque essere ispirato a criteri ( se non di certezza oltre ragionevole dubbio ) almeno di ragionevolezza, verisimiglianza, oggettività, specificità, non apoditticità e riscontrabilità: insomma, tutti quei criteri che sono connaturali alla nozione stessa di prova in qualsiasi ordinamento giuridico.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 26 aprile 2012– www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul CU n.127/CFG del 10

gennaio 2012 e, completa di motivazioni, a mezzo di Comunicato Ufficiale n. 167/CFG del 14 febbraio 2012.

Parti: Sig. P.M. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO e U.S.D. Sa.Ma.Gor.

Massima TNAS:  (1) Il giudice sportivo non può sindacare circa la validità e/o l’efficacia delle norme federali in relazione alle norme e ai principi di carattere costituzionale o, comunque, che trovano la loro fonte nell’ordinamento statuale. Sulla scorta, infatti, del principio cardine di autonomia dell’ordinamento sportivo, il TNAS non può operare una supplenza rispetto al legislatore federale.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 29 Agosto 2011 –  www.coni.it   

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale pubblicata sul C.U. n. 78/CDN del 14 aprile 2011

Parti: Sig. L.M./FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS:  (1) Il rapporto tra il tesserato e la FIGC (o altra federazione sportiva) ha natura e valore contrattuale. La validità del contenuto di esso (pure nel punto in cui il tesserato si è – contrattualmente – impegnato a non adire l’autorità giudiziaria) deve essere valutata anche tenendo conto delle norme inderogabili dell’ordinamento generale che ad esso vogliano applicarsi. La soggezione del sistema sportivo alle regole inderogabili del diritto dello Stato non comporta di per sé che i rapporti in cui sono in gioco assetti definiti primariamente dalle regole sportive debbano essere necessariamente portati di fronte al giudice dello Stato: e dunque che le regole che “chiudono” il sistema sportivo debbano essere ineluttabilmente in contrasto con il diritto (costituzionale) alla tutela giurisdizionale. Non contrasta con i precetti costituzionali di tutela del diritto di agire in giudizio per la difesa di diritti ed interessi la regola che pone il cd “vincolo di giustizia”, secondo la quale i soggetti dell’ordinamento sportivo facente capo alla FIGC, per effetto della “costituzione del rapporto associativo”, sono tenuti a rimettere agli organi federali ogni decisione sulle “materie … riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico”, e il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria costituisce illecito disciplinare a meno che esso (i) abbia per oggetto la contestazione di un lodo reso nel sistema arbitrale CONI, oppure (ii) sia stato autorizzato dal Consiglio Federale. La rinuncia alla tutela di fronte al giudice dello Stato di diritti connessi all’ordinamento sportivo, prevista dall’art. 30 dello Statuto, trovi giustificazione negli art. 2 e 18 della Costituzione e non abbia caratteri di assolutezza. Nel sistema sportivo è data infatti la possibilità di ottenere una tutela di diritti e interessi, anche “equivalente” a quello dello Stato. In particolare, siffatta tutela (esterna al sistema federale, ma da questo riconosciuta) è offerta dai meccanismi arbitrali o di giustizia istituiti presso il CONI, ossia dai procedimenti di fronte al TNAS, ovvero, laddove la controversia sia ritenuta non arbitrabile, di fronte all’Alta Corte

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 16 Novembre 2010  –  www.coni.it   

Decisione impugnata: Delibera della Corte di Giustizia Federale pubblicata sul Comunicato Ufficiale 291/CGF del 24 giugno 2010

Parti: SIG. A.G./FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS:  (2) L’articolo 30, comma 2, dello Statuto della FIGC, che disciplina il “vincolo di giustizia”, mantiene intatta la sua portata e validità nell’ambito dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, riconosciuto e favorito dalla Repubblica, ma si infrange laddove impatta con la materia penale, e quindi con reati che, a prescindere dalla loro azionabilità per querela di parte o di ufficio, impongono l’intervento esclusivo del giudice ordinario, diversamente opinando, si finirebbe anche per affievolire lo stesso effetto di deterrenza delle norme penali nell’ambito sportivo, poiché ”subordinare l’esercizio dell’azione penale all’autorizzazione del Consiglio Federale vorrebbe dire porsi in contrasto con i principi di uno Stato costituzionale, come chiaramente esplicitati agli artt. 24 e 25 Cost.” (conforme lodo del 5.3.2009 Setten/Treviso contro FIGC, cit.); dissenting opinion di un componente: perché diverso il caso da quello Setten-Treviso/ FIGC.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 04 Giugno 2009 –  www.coni.it   

Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale pubblicato con C.U. n. 53/CGF del 27 ottobre 2008

Parti: SIG. M.F./FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (5) Ora, il principio di autonomia del diritto sportivo si estrinseca sia nell’autosufficienza procedimentale, sia nell’autonomia dei principi di diritto sostanziale sportivo. Con la conseguenza che il diritto privato o penale, sostanziale e processuale, può essere applicato solo per singoli profili e per via analogica, ove sussista una lacuna.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009 Parti: Sig. P. G. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

Massima: Il procedimento sportivo non viene sospeso in attesa dell’esito del procedimento penale. Il rapporto tra i due procedimenti (quello penale e quello disciplinare) resta governato, per espressa voluntas legis (cfr. L. 17.10.2003, n. 280), dal principio di autonomia, sicché la dedotta pendenza (in grado d’appello) del procedimento penale non può condizionare né (semplicemente) rallentare l’ordinario svolgimento del procedimento disciplinare sportivo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (cfr. come espressione del medesimo principio anche l’art. 2 della L. 13.12.1989 n. 401, rispetto ai delitti di frode in competizione sportiva).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 28 gennaio 2010– www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009 Parti: SIG. P.G./FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (4) Il rapporto tra i due procedimenti (quello penale e quello disciplinare) resta governato, per espressa voluntas legis (cfr. Legge 17 ottobre 2003, n. 280), dal principio di autonomia, sicché la dedotta pendenza (in grado d’appello) del procedimento penale non può condizionare né (semplicemente) rallentare l’ordinario svolgimento del procedimento disciplinare sportivo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (cfr. come espressione del medesimo principio anche l’art. 2 della L. 13 dicembre 1989 n. 401, rispetto ai delitti di frode in competizione sportiva).

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: Sig. A.M. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

Massima: Il procedimento sportivo non viene sospeso in attesa dell’esito del procedimento penale. Il rapporto tra i due procedimenti (quello penale e quello disciplinare) resta governato, per espressa voluntas legis (cfr. L. 17.10.2003, n. 280), dal principio di autonomia, sicché la dedotta pendenza (in grado d’appello) del procedimento penale non può condizionare né (semplicemente) rallentare l’ordinario svolgimento del procedimento disciplinare sportivo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (cfr. come espressione del medesimo principio anche l’art. 2 della L. 13.12.1989 n. 401, rispetto ai delitti di frode in competizione sportiva).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 28 gennaio 2010 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: SIG. A.M./FEDERAZIONE ITALIANA GIUCO CALCIO

Massima TNAS: (3) Per le esposte ragioni va respinta la richiesta di sospensione del presente procedimento. Sul punto, la decisione impugnata ha osservato che il rapporto tra i due procedimenti (quello penale e quello disciplinare) resta governato, per espressa voluta legis (cfr. L. 17 ottobre 2003, n. 280), dal principio di autonomia, sicché la dedotta pendenza (in grado d’appello) del procedimento penale non può condizionare né semplicemente rallentare l’ordinario svolgimento del procedimento disciplinare sportivo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (cfr. come espressione del medesimo principio anche l’art. 2 della L. 13 dicembre 1989 n. 401, rispetto ai delitti di frode in competizione sportiva).Soccorre al riguardo il principio, questo sì di carattere generale e valido per tutti i procedimenti giurisdizionali o giustiziali, secondo il quale il termine per il deposito così del dispositivo, così come quello per il deposito della sentenza, non è, in mancanza di tassative prescrizioni, considerato dalla legge come perentorio, così che la sua violazione non incide sulla validità della sentenza, ma può rilevare, eventualmente, solo sotto il profilo disciplinare per il magistrato ritardatario ovvero quello della responsabilità dell'Amministrazione, ai fini dell'azione di cui alla L. 24 marzo 2001 n. 89 (Cassazione Civile, sez. un., 12 maggio 2008, n. 11655; Consiglio di Stato, sez. IV, 22 settembre 2003, n. 5357).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 28 gennaio 2010 - www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: Sig. F. Z. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

Massima: Il procedimento sportivo non viene sospeso in attesa dell’esito del procedimento penale. Il rapporto tra i due procedimenti (quello penale e quello disciplinare) resta governato, per espressa voluntas legis (cfr. L. 17.10.2003, n. 280), dal principio di autonomia, sicché la dedotta pendenza (in grado d’appello) del procedimento penale non può condizionare né (semplicemente) rallentare l’ordinario svolgimento del procedimento disciplinare sportivo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (cfr. come espressione del medesimo principio anche l’art. 2 della L. 13.12.1989 n. 401, rispetto ai delitti di frode in competizione sportiva).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 28 gennaio 2010 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione Corte di Giustizia Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 163/CGF del 7 aprile 2009

Parti: SIG. F.Z./FEDERAZIONE ITALIANA GIUCO CALCIO

Massima TNAS: (4) Il rapporto tra i due procedimenti (quello penale e quello disciplinare) resta governato, per espressa voluntas legis (cfr. L. 17 ottobre 2003, n. 280), dal principio di autonomia, sicché la dedotta pendenza (in grado d’appello) del procedimento penale non può condizionare né (semplicemente) rallentare l’ordinario svolgimento del procedimento disciplinare sportivo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (cfr. come espressione del medesimo principio anche l’art. 2 della L. 13 dicembre 1989 n. 401, rispetto ai delitti di frode in competizione sportiva).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 04 giugno 2009 –  www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale pubblicato con C.U. n. 53/CGF del 27 ottobre 2008

Parti: M. F. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Il principio di autonomia del diritto sportivo si estrinseca sia nell’autosufficienza procedimentale, sia nell’autonomia dei principi di diritto sostanziale sportivo. Con la conseguenza che il diritto privato o penale, sostanziale e processuale, può essere applicato solo per singoli profili e per via analogica, ove sussista una lacuna. Alla luce dei principi di diritto sportivo, non si reputa sia necessaria né la certezza assoluta dell’imputabilità di una condotta – certezza che, peraltro, per quasi tutti gli atti umani sarebbe una mera astrazione, né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale principio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme antidoping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1° gennaio 2009). Il Collegio ritiene peraltro, che il principio così espresso abbia portata generale. È dunque sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. È tale il risultato logico di un procedimento conoscitivo connotato, secondo i canoni della razionalità e dell’esperienza dall’attribuzione di una condotta a un soggetto sulla base di un alto grado di probabilità.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 04 giugno 2009 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale pubblicato con C.U. n. 53/CGF del 27 ottobre 2008

Parti: SIG. M.F./FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (5) Ora, il principio di autonomia del diritto sportivo si estrinseca sia nell’autosufficienza procedimentale, sia nell’autonomia dei principi di diritto sostanziale sportivo. Con la conseguenza che il diritto privato o penale, sostanziale e processuale, può essere applicato solo per singoli profili e per via analogica, ove sussista una lacuna.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 19 giugno 2009 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale F.I.G.C., pubblicata con C.U. n° 53/CGF del 27 ottobre 2008

Parti: S. C. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Il principio di autonomia del diritto sportivo si estrinseca sia nell’autosufficienza procedimentale, sia nell’autonomia dei principi di diritto sostanziale sportivo. Con la conseguenza che il diritto privato o penale, sostanziale e processuale, può essere applicato solo per singoli profili e per via analogica, ove sussista una lacuna. Alla luce dei principi di diritto sportivo, non si reputa sia necessaria né la certezza assoluta dell’imputabilità di una condotta – certezza che, peraltro, per quasi tutti gli atti umani sarebbe una mera astrazione, né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale principio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme antidoping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1° gennaio 2009). Il Collegio ritiene peraltro, che il principio così espresso abbia portata generale. È dunque sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. È tale il risultato logico di un procedimento conoscitivo connotato, secondo i canoni della razionalità e dell’esperienza dall’attribuzione di una condotta a un soggetto sulla base di un alto grado di probabilità

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 19 giugno 2009 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale F.I.G.C., pubblicata con C.U. n° 53/CGF del 27 ottobre 2008

Parti: SIG. S.C./FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (3) Il principio di autonomia del diritto sportivo si estrinseca sia nell’autosufficienza procedimentale, sia nell’autonomia dei principi di diritto sostanziale sportivo. Con la conseguenza che il diritto privato o penale, sostanziale e processuale, può essere applicato solo per singoli profili e per via analogica, ove sussista una lacuna. Alla luce dei principi di diritto sportivo, non si reputa sia necessaria né la certezza assoluta dell’imputabilità di una condotta – certezza che, peraltro, per quasi tutti gli atti umani sarebbe una mera astrazione, né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. È dunque sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. È tale il risultato logico di un procedimento conoscitivo connotato, secondo i canoni della razionalità e dell’esperienza, dall’attribuzione di una condotta a un soggetto sulla base di un alto grado di probabilità.

Massima TNAS: (4) Anche quando il Giudice contabile si limita a escludere la sussistenza di elementi idonei a fondare la responsabilità per danno erariale, il giudice ben può pronunciarsi sulla rilevanza delle condotte dei tesserati nell’ordinamento sportivo.

Massima TNAS: (5) Ciò che nel giudizio per danno erariale non era da solo sufficiente per la condanna (la corte lo definisce un singolo “tassello”), nell’ordinamento sportivo si può rivelare idoneo a giustificare la comminazione della sanzione inibitoria.

 

Decisione Alta Corte di Giustizia Sportiva - C.O.N.I.: Decisione n. 1 del 09 giugno 2009  – www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Corte di Giustizia Federale, sezioni unite, della F.I.G.C., 28 aprile – 8 maggio 2009 – www.figc.it

Parti: Juventus F.C. s.p.a. contro della Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Non è dubbio che il CONI – istituzione inserita, ad un tempo, (come ente pubblico) nell’ordinamento della Repubblica Italiana e nell’ordinamento sportivo internazionale avente il suo vertice nel CIO – ha titolo, al pari delle Federazioni, a dar vita, avvalendosi dell’autonomia al CONI espressamente riconosciuta anche dalla legislazione statale, ad organismi di giustizia sportiva chiamati ad esercitare la propria iurisdictio a sviluppo e completamento della precedente fase di giustizia federale, in quelle ipotesi nelle quali il CONI ritenga di introdurre un’ulteriore fase di contenzioso esofederale. Confermano la spettanza al CONI degli anzidetti poteri regolatori univoci sintomi desunti dalla normativa vigente. L’art. 1 del D.L. n. 220/03 (convertito nella L. 280/03), dopo aver conclamato che “la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale…”, stabilisce, all’art. 2 lett. a (con evidente riferimento a competenze anche contenziose distribuite a più livelli dell’ordinamento sportivo: CONI, Federazioni), che l’ordinamento sportivo nazionale si scompone, a sua volta, in “interne articolazioni” (l’ordinamento facente capo al CONI e gli ordinamenti che hanno come loro punto di riferimento le Federazioni sportive nazionali). Un testuale riconoscimento del potere normativo del CONI in tema di organizzazione e funzionamento della giustizia sportiva si ricava, infine, dalla disposizione che accorda l’accesso alla giurisdizione statale, per controversie sportive rilevanti anche in quest’ultimo ordinamento, previo esperimento del contenzioso sportivo interno “secondo le previsioni degli statuti” del CONI e delle Federazioni sportive: una formula che si risolve nell’esplicito riconoscimento sia della giustizia sportiva in sede CONI che di quella di rango federale. Non contrasta con tali conclusioni l’art. 12 (nuova versione) dello Statuto del CONI (la norma sulla quale la FIGC costruisce il suo assunto in ordine alla carenza in capo al CONI di poteri normativi in tema di giustizia sportiva). A parte quanto or ora si è detto in ordine alla disciplina primaria statale, va qui ricordato che al citato art. 12 (da leggere in connessione con i successivi articoli 12 ter e 22) va conferito un significato del tutto diverso da quello postulato dalla FIGC. La norma in questione, infatti, mira solo a disporre che gli statuti e i regolamenti federali possano inserire, nella loro trama, clausole compromissorie attributive di poteri cognitori alla giustizia arbitrale gestita dal Tribunale, curando di acquisire, da parte dei propri affiliati, iscritti, ecc. (i soggetti con i quali potranno insorgere le future controversie), l’esplicita adesione alla clausola stessa. E’ fuori discussione, in un quadro siffatto, la piena riconducibilità alla normativa di paternità del CONI dei nuovi organi di giustizia e delle norme concernenti competenze e procedure contenziose destinate ad ottenere svolgimento dinanzi ai predetti organismi. Nel presupposto che le singole Federazioni abbiano titolo a decidere del regime da attribuire alle pronunce adottate in sede contenziosa, si ricorda che - ai sensi dell’art. 30 dello statuto federale, adottato dall’Assemblea Straordinaria il 22 gennaio 2007 e successivamente emendato con deliberazione del Commissario straordinario n. 80/CS del 6 marzo 2007 - restano sottratte al contenzioso della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport le pronunce contenziose federali della FIGC aventi ad oggetto sanzioni pecuniarie di importo inferiore a 50.000 euro, perdita a tavolino della gara, sottrazione di punteggi, squalifiche di campo e disputa della partita a porte chiuse. Ora – afferma la resistente FIGC – la presente controversia (rivolta contro una sanzione che impone lo svolgimento a porte chiuse di una gara) non può ottenere definizione in questa sede trattandosi di misura sanzionatorio sottratta al sindacato di questa Alta Corte. Anche tale eccezione non può essere condivisa. E’, in primo luogo, tutta da dimostrare la perdurante operatività del citato art. 30 dello Statuto federale, incidente in campo di azione riservato ai poteri regolatori del CONI che ha provveduto ad esercitare le sue competenze disponendo, con gli artt. 12, 12 bis e 12 ter del suo Statuto, che le sole decisioni federali relative a sanzioni sportive non suscettibili di reclamo innanzi ai nuovi organi di giustizia sportiva (Alta Corte e Tribunale) sono - come avanti si è ricordato – le sanzioni pecuniarie inferiori a € 10.000; le sanzioni interdittive di durata minore di 120 giorni e, secondo la linea interpretativa alla quale si è ritenuto di prestare adesione (vedi par. 1 della presente motivazione in diritto), le altre sanzioni non patrimoniali né interdittive irrogate per violazioni di modesta rilevanza. Ma, a parte questi rilievi – che pur sono decisivi ed assorbenti – resta l’osservazione che il citato art. 30 dello Statuto FIGC assume, a proprio obiettivo, quello di sottrarre ad ogni impugnazione le decisioni federali (facenti capo alla FIGC) per le quali risultava previsto il ricorso innanzi alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport. L’espresso riferimento della norma a tale organo (non più in vita), diversamente composto e con attribuzioni ben differenti da quelle dei nuovi organi di giustizia sportiva, rendono infondato l’assunto, propugnato in questa sede, secondo cui la norma sarebbe rivolta ad impedire, “al buio”, non soltanto alla soppressa Camera, ma anche a qualunque altro organismo futuro di conoscere delle decisioni un tempo sottratte al sindacato della Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 04 giugno 2009 – www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della CDN della FIGC pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 13/CDN del 6 agosto 2008, nonché decisione della C.G.F. pubblicata con C.U. n. 53/CGF – www.figc.it

Parti: M.A.  contro Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Il principio di autonomia del diritto sportivo si estrinseca sia nell’autosufficienza procedimentali e sia nell’autonomia dei principi di diritto sostanziale sportivo. Con la conseguenza che il diritto privato o penale, sostanziale e processuale, può essere applicato solo per singoli profili e per via analogica, ove sussista una lacuna. Alla luce dei principi di diritto sportivo, non si reputa sia necessaria né la certezza assoluta dell’imputabilità di una condotta – certezza che, peraltro, per quasi tutti gli atti umani sarebbe una mera astrazione, né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale principio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme antidoping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1° gennaio 2009). Il Collegio ritiene peraltro, che il principio così espresso abbia portata generale. È dunque sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. È tale il risultato logico di un procedimento conoscitivo connotato, secondo i canoni della razionalità e dell’esperienza, dall’attribuzione di una condotta a un soggetto sulla base di un alto grado di probabilità. Nel caso di specie  l’informativa del R.O.N.O. dei Carabinieri riferisce di aver individuato nell’istante l’utilizzatore delle schede con «[…] notevole grado di probabilità […]». Gli elementi indiziari offerti al Collegio dalle indagini svolte dagli organi inquirenti statali e sportivi consentono, dunque, di pervenire al sufficiente grado di certezza circa la riferibilità delle schede estere de quibus all’istante. L’alto grado di ragionevole certezza, raggiunto partendo dagli elementi indiziari di colpevolezza non è intaccato dagli elementi di dubbio suggeriti dall’istante. Da tale convincimento discende la completa irrilevanza in questa sede di eventuali condotte poste in essere dall’istante per favorire talune squadre o, in generale, influire sui risultati di taluni incontri. Infatti, ciò che qui rileva è la partecipazione a un sistema di comunicazioni privilegiate e riservate tra i soggetti menzionati. Comunicazioni volutamente articolate con schede estere per rendere non intercettabili le conversazioni, pur se effettuate sul territorio nazionale.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 04 giugno 2009 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Decisione della CDN della FIGC pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 13/CDN del 6 agosto 2008, nonché decisione della C.G.F. pubblicata con C.U. n. 53/CGF – www.figc.it

Parti: SIG. M.A. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (3) Il principio di autonomia del diritto sportivo si estrinseca sia nell’autosufficienza procedimentale, sia nell’autonomia dei principi di diritto sostanziale sportivo. Con la conseguenza che il diritto privato o penale, sostanziale e processuale, può essere applicato solo per singoli profili e per via analogica, ove sussista una lacuna. Alla luce dei principi di diritto sportivo, non si reputa sia necessaria né la certezza assoluta dell’imputabilità di una condotta – certezza che, peraltro, per quasi tutti gli atti umani sarebbe una mera astrazione, né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale.

Massima TNAS: (4) È dunque sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito.

 

Decisione C.G.F. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 163/CGF del 07Aprie 2009 n. 3 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 189/CGF del 20 Maggio 2009. n. 13  www.figc.it

Impugnazione - istanza: Deferimento del Procuratore Federale - n. 4395 n. 657-658-659-660-661- 662-663/pf 06-07/sp/ad del 6.2.2009 - a carico degli agenti di calciatori:  C. R. per violazione degli artt. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del regolamento agenti previgente, in relazione all’art. 4, comma 2 lett. c) del medesimo regolamento; M.A. per violazione degli artt. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del regolamento agenti previgente in relazione agli artt. 4, comma 2 lett. c), 10, comma 3, 12, comma 3 e 15 comma 1 del medesimo regolamento nonché dei punti iii e vi codice condotta professionale; Z. F. per violazione degli artt. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del regolamento agenti previgente, in relazione agli artt. 4, comma 2 lett. c) e 15, comma 1 del medesimo regolamento; G. P., per violazione degli artt. 1, comma 1 C.G.S. e 12 del regolamento agenti previgente, in relazione agli artt. 4, comma 2 lett. c), 10, commi 1 e 3 e 15, comma 1 del medesimo regolamento. Massima: Il procedimento sportivo nei confronti dei deferiti non può essere sospeso nell’attesa che venga definito quello, tuttora pendente, incardinato in sede penale (la sentenza del Tribunale penale, che, in primo grado, ha condannato alcuni degli odierni soggetti deferiti è stata, invero, gravata in appello). Sul punto, è sufficiente obiettare che il rapporto tra i due procedimenti (quello penale e quello disciplinare) resta governato, per espressa voluntas legis (cfr. Legge 17.10.2003, n. 280), dal principio di autonomia, sicchè la dedotta pendenza (in grado d’appello) del procedimento penale non può condizionare né (semplicemente) rallentare l’ordinario svolgimento del procedimento disciplinare sportivo dinanzi agli organi di giustizia sportiva (cfr. come espressione del medesimo principio anche l’art. 2 della L. 13-12-1989 n. 401, rispetto ai delitti di frode in competizione sportiva).

Massima: Il Collegio non ignora che, nella scansione ordinaria del procedimento di formazione della prova penale, i suddetti elementi di conoscenza, per poter assurgere a dignità di prova, debbano essere veicolati nel dibattimento e superare il vaglio critico della dialettica processuale. Ciò nondimeno, non va taciuto che il descritto approccio metodologico riflette caratteri di cogenza solo ed esclusivamente nell’ambito del procedimento penale e non può essere riproposto, con la pretesa automaticità, in altri settori dell’ordinamento, vieppiù se contraddistinti – come quello sportivo – da una spiccata autonomia. Ed, invero, già in base all’art. 2 della legge n. n. 401 del 13-12-1989, gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia, ai sensi dell'art. 116 del codice di procedura penale, degli atti del procedimento penale. La valenza dimostrativa dei suddetti elementi di prova (ancorché acquisiti nella fase delle indagini preliminari) assume nell’ambito dell’ordinamento sportivo una valenza piena in ragione del principio di autonomia che, alla stregua del richiamato provvedimento normativo, così come della legge n. 280/2003, trova applicazione in tale peculiare settore di disciplina. D’altro canto, vale per completezza aggiungere che la regola iuris che governa la formazione della prova nel processo penale nemmeno, in tale sede, ha una portata assoluta ed incondizionata: ed, invero, in disparte le plurime previsioni che consentono di veicolare singoli atti di indagine nel fascicolo dibattimentale (attraverso ad es. l’istituto delle contestazioni), va evidenziato che, all’interno del suddetto rito, la decisione finale ben può riposare interamente sugli atti acquisiti nel corso dell’indagine, come ad esempio avviene nel caso del rito abbreviato. Escluse, dunque, preclusioni di sorta nell’utilizzo, da parte della Procura Federale, degli elementi investigativi acquisiti ai sensi dell’art. 116 c.p.p., ritiene il Collegio che il problema esaurisca ogni rilievo nella diversa prospettiva – che attiene però al merito – del peso probatorio da assegnare ai singoli strumenti di prova in ragione delle peculiari condizioni che ne hanno caratterizzato il relativo processo di formazione. D’altronde, tale è stata la strategia concretamente seguita dalla difesa che, giustappunto, si è avvalsa, per confortare la propria alternativa ricostruzione dei fatti di causa, di verbali di deposizioni testimoniali resi nel corso del dibattimento dai medesimi soggetti già sentiti nel corso delle indagini preliminari e le cui dichiarazioni (rese di volta in volta, al P.M. o alla P.G.) costituivano, nell’atto di deferimento, l’unica fonte di prova. Resta, dunque, riservata a questa Corte, nella valutazione di merito dei fatti sottoposti alla sua cognizione, la doverosa verifica in ordine all’attendibilità di dichiarazioni rese in contesti diversi e tra loro contrastanti. L’esercizio delle facoltà difensive, quanto cioè alla libera selezione del materiale probatorio da produrre dinanzi a questa Corte, ancorché evinto da un parallelo processo penale avente ad oggetto (in tutto o in parte) i medesimi fatti, non può ritenersi condizionato da un superiore interesse alla conoscenza integrale di tutti gli atti che hanno formato oggetto del giudizio penale, sì da lasciar ritenere che l’utilizzabilità dei relativi verbali resti subordinata alla produzione dei medesimi nella (sola) versione integrale. Nulla vieta cioè di produrre meri stralci in luogo della versione completa ed integrale delle trascrizioni dibattimentali.

 

Decisione G.U.I.. – C.O.N.I.: Decisione n. 15/07 del 19 gennaio 2007 – www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera dalla C.A.F. (F.I.G.C.) pubblicata sul C.U. del 5 ottobre 2006 - www.figc.it

Impugnazione – istanza: Ufficio di Procura Antidoping del CONI contro dr. R. A.

Massima:L’Ordinamento sportivo è costituito da una serie di norme e da alcuni Enti ed Autorità che hanno carattere di autonomia e specificità rispetto agli altri rami del Diritto. Tale autonomia è sancita dagli artt. 1,2 e 3 della legge 17/10/2003 n. 280: “La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”. La stessa legge stabilisce i limiti di tale autonomia, che è soggetta alle norme di diritto nazionale e di diritto comunitario. Nell’ambito dell’ordinamento sportivo, il Codice Mondiale Antidoping e i vari Regolamenti nazionali antidoping dettando una serie di precetti e di relative sanzioni, hanno la finalità di tutelare il diritto fondamentale degli atleti alla pratica di uno sport libero dal doping e di promuovere la salute, la lealtà e l’uguaglianza di tutti gli atleti del mondo. Va condivisa la tesi sostenuta dalla Commissione disciplinare di primo grado che non ha ritenuto fondato l’assunto del TAS secondo cui “le leggi antidoping sancite dalle autorità sportive sono leggi di diritto privato”. E ciò perché: a) nel diritto privato i rapporti giuridici si costituiscono e svolgono tra soggetti che sono in una situazione di parità, mentre il rapporto tra atleta e giustizia sportiva riguarda soggetti e istituzioni operanti su piani diversi; b) le norme del Codice Civile italiano, come ha ben argomentato la Commissione disciplinare di primo grado, sono destinate a regolamentare diritti soggettivi, tra soggetti che si trovano su un piano di parità, mentre dinanzi agli organi della giustizia sportiva, che sono investiti di poteri autoritativi rispetto agli atleti, si discute di illeciti disciplinari. E’ perciò esatta l’affermazione della CAF, secondo cui l’ambito disciplinare è per sua natura più simile a quello penale perché basato sulla norma-precetto e sulla norma-sanzione. Nonostante tale somiglianza, comunque, il diritto sportivo conserva la sua autonomia anche nei confronti del diritto penale: vi sono casi in cui un fatto costituisce illecito sportivo e non illecito penale, e viceversa. Ciò è tanto vero che nessun regolamento sportivo né il Codice di procedura penale prevede un rapporto di pregiudizialità del processo penale rispetto al procedimento disciplinare sportivo. I due giudizi possono e devono procedere autonomamente, come in effetti è avvenuto nel caso in esame, in cui il procedimento penale e quello disciplinare sportivo a carico del medesimo hanno seguito ciascuno il rispettivo corso. La Corte di Cassazione (Sez. Un. Civili 15/07/2005 n. 14985) ha confermato che “il problema dell’abolizione del principio dell’unicità della giurisdizione o di quello della pregiudizialità penale non si pone poiché il giudicato penale non è affatto vincolante per l’Organo disciplinare, che resta libero di adottare le determinazioni che riterrà più opportune”.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale 7/C Riunione del 7/8/9 Settembre 2004 n. 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,20,21 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 30 del 25.8.2004

Impugnazione - istanza:Reclamo F.C. Modena avverso la sanzione della penalizzazione di n. 5 punti, da scontarsi nella stagione sportiva 2004-2005, per violazione degli artt. 6 Commi 2 e 4 e 2 Commi 3 e 4 C.G.S., per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore M. A. per violazione dell’art. 6 Commi 1 e 2 C.G.S. per illecito sportivo, in relazione alla gara Modena/Sampdoria del 25.4.2004, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore M. A. avverso la sanzione della squalifica di anni 3 per violazione dell’art. 6 Commi 1 e 2 C.G.S., per illecito sportivo, in relazione alla gara Modena/Sampdoria del 25.4.2004, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della A.C. Siena avverso le sanzioni delle ammende rispettivamente inflitte per violazione dell’art. 2 Commi 3 e 4 C.G.S., per responsabilità oggettiva, di: € 7.000,00 in ordine alle sanzioni inflitte ai calciatori D’A.R. e R.G., per violazione degli artt. 5 e 1 Comma 1 C.G.S.; € 30.000,00 in ordine alle sanzioni inflitte ai sigg. P.G., O. S., R. N., per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S.; a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Sig. R.N. avverso la sanzione della inibizione di mesi 7 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore D’A.R. avverso la sanzione della squalifica di mesi 6 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore R.G. avverso la sanzione della squalifica di anni 1 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. P.G. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del sig. O. S. avverso la sanzione della inibizione di mesi 6 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della U.C. Sampdoria avverso la sanzione dell’ammenda di € 15.000,00, per violazione dell’art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore B.S. per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S., a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore B.S. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione dell’art. 6 comma 7 C.G.S., a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Pescara Calcio avverso la sanzione dell’ammenda di € 5.000,00, per violazione dell’art. 2 commi 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore C. M. per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore C. M. avverso la sanzione della squalifica di mesi 6 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calcio Como S.P.A. Avverso la sanzione dell’ammenda di € 3.000,00, per violazione dell’art. 2 comma 3 e 4 C.G.S. per responsabilità oggettiva, in ordine alla sanzione inflitta al calciatore F.A. per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore F. A. avverso la sanzione della squalifica di mesi 5 per violazione degli artt. 5 e 1 comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Procuratore Federale avverso: - i proscioglimenti dell’A.C. Chievo Verona, del sig. S.G., del Sig. D.N. L., dell’A.C. Siena, del Sig. R.N.; - avverso le rispettive sanzioni inflitte al calciatore B.S., squalifica per mesi 5, e all’U.C. Sampdoria, ammenda di € 15.000,00, a seguito di proprio deferimento. Reclamo dell’ U.S. Avellino avverso le decisioni adottate nei confronti del F.C. Modena, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della A.C. Perugia avverso le decisioni adottate nei confronti dell’ A.C. Siena, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della F.C. Empoli avverso le decisioni adottate nei confronti delle società A.C. Chievo Verona, A.C. Siena, F.C. Modena e U.C. Sampdoria, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del calciatore A.S. avverso la declaratoria d’incompetenza ex artt. 23 e 37 C.G.S. per le violazioni allo stesso ascritte, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo della società F.C. Sporting Benevento avverso la declaratoria d’incompetenza ex artt. 23 e 37 C.G.S. per le violazioni alla stessa ascritta, a seguito di deferimento del Procuratore Federale. Reclamo del Procuratore Federale avverso le declaratorie: di nullità della notifica del deferimento del Sig. L.M.; - di difetto di giurisdizione in ordine al deferimento dei Sigg. Z.E. e L.M. a seguito di proprio deferimento

Massima: Il procedimento sportivo rispetta tutti i canoni che reggono la legalità, anche sotto il profilo del rispetto di principi di livello costituzionale, di analoghi procedimenti disciplinari (contestazione degli addebiti, termini a difesa degli incolpati, principio del contraddittorio, regime probatorio, terzietà dell’organo giudicante).Massima: Il processo sportivo, contrassegnato dai suoi peculiari principi (come quello di celerità), non soffre l’influenza diretta degli sviluppi del procedimento penale e questo è ribadito dallo stesso legislatore statuale (art. 2 l. 401/89). Non vi è, pertanto, alcun motivo per sospendere il processo sportivo in attesa della definizione delle indagini svolte sotto la direzione della magistratura ordinaria (per il cui esaurirsi non è possibile stilare previsioni attendibili), in quanto, al di là della carenza di una previsione normativa di riferimento, il materiale probatorio ed indiziario emerso ben può fondare, allo stato, l’assunzione di decisioni da parte degli Organi della giustizia sportiva a cui la questione è stata deferita dall’Organo federale requirente.

 

Decisione C.F.: Comunicato Ufficiale n. 16/Cf del 16 Aprile 2004 n. 2 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Procedimento interpretativo d’ufficio degli artt. 27 dello statuto federale, 10 del regolamento dell’elenco speciale dei direttori sportivi, dell’accordo collettivo dei direttori sportivi e del regolamento di funzionamento del collegio arbitrale, in ordine alla violazione o meno della clausola compromissoria nel caso di impugnazione del lodo arbitrale dinanzi al giudice ordinario senza la preventiva autorizzazione.

Interpretazione: L’autonomia dell’ordinamento sportivo configura questo come un ordinamento settoriale, dotato di proprie regole, che lo Stato riconosce in diverse occasioni come idonee a disciplinare i rapporti che si ricollegano alle attività sportive, senza intromissioni da parte dell’ordinamento generale. Gli effetti dei comportamenti tenuti dai soggetti di questo ordinamento e le misure adottate nei loro confronti non assumono rilevanza per il diritto positivo. Certo un limite a tale autonomia settoriale si rinviene nel caso in cui i rapporti insorti nell’ordinamento sportivo assumano rilevanza per l’ordinamento generale. In tal caso, qualunque siano gli effetti dell’ordinamento autonomo, lo Stato interviene con le proprie disposizioni. E ciò costituisce un limite all’autonomia. Questo è il senso dell’articolo 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, come convertito dalla legge n. 280 del 2003, laddove si esprime in termini di “riserva all’ordinamento sportivo” della disciplina di determinati rapporti.

Interpretazione: L’ordinamento statale, proprio per la tradizionale autonomia dell’ordinamento sportivo, con la legge 23 marzo 1981, n. 91, e successive modificazioni, espressamente prevede, con riferimento al rapporto di lavoro subordinato sportivo, la validità della clausola compromissoria con la quale le controversie derivanti dal rapporto tra società sportiva e sportivo siano deferite ad un collegio arbitrale. Dunque la validità della clausola compromissoria non può essere messa in discussione.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 25 febbraio 2002 – www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera dalla C.A.F. (F.I.G.C.) pubblicata sul C.U. 25/C del 21 marzo 1001 - www.figc.it

Parti: M.F. contro F.I.G.C.

Massima: Rientra nella competenza degli organi di giustizia sportiva la condotta del calciatore consistente nell’avere, “nel corridoio che collega gli spogliatoi con l’atrio, dopo circa un’ora dal termine della gara, aggredito “improvvisamente” e colpito “con un pugno al viso il calciatore avversario, che, cadendo a terra e battendo con violenza il capo sul pavimento, riportava gravi lesioni celebrali, che rendevano necessario il ricovero nella struttura sanitaria locale e il successivo trasporto presso l’ospedale, ove veniva sottoposto ad immediato intervento chirurgico”. Ciò attiene alle circostanze di tempo e di luogo in cui il comportamento addebitato al calciatore ha avuto luogo: “persona offesa” è un altro tesserato. In primo luogo il fatto è avvenuto all’interno di un impianto sportivo dopo una gara; durante quella gara tra il calciatore e l’avversario si era verificato “uno screzio”; il fatto è avvenuto allorché l’arbitro non aveva ancora lasciato il suo spogliatoio (come risulta dal rapporto steso dallo stesso direttore di gara, allegato al fascicolo del procedimento disciplinare acquisito agli atti di questo arbitrato). E di conseguenza appare chiaro come il comportamento addebitato al calciatore sia comunque ricollegabile ad una “vicenda” sportiva. In secondo luogo l’art. 1 comma 1 C.G.S., pone l’obbligo per ogni tesserato di mantenere una “condotta conforme ai principi sportivi della lealtà, della probità e della rettitudine nonché della correttezza morale e materiale in ogni rapporto di natura agonistica, economica o sociale”. In ciò la disposizione esprime un’esigenza che corrisponde allo stesso fine educativo dello sport: la lealtà, la probità, la rettitudine, la correttezza sono valori che dovrebbero derivare dalla attività sportiva ai praticanti; e che i praticanti (e soprattutto gli sportivi di vertice, idonei ad essere additati come esempio) dovrebbero esprimere non solo nell’attività sportiva e nei rapporti con i colleghi, ma anche nella vita di relazione, a prescindere dai limiti spazio- temporali (non previsti dalla norma) in cui l’attività agonistica si svolge. Non si può ritenere, dunque, che con l’adozione di tale disposizione (e con la repressione delle sue violazioni) la federazione abbia ecceduto la sfera di competenza del sistema sportivo.  Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 25/C Riunione del 29 marzo 2001 n. 1 – www.figc.it

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 25/C Riunione del 29 marzo 2001 n. 1 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C di cui al Com. Uff. n. 135/C del 31.1.2001.

Impugnazione - istanza:Appelli del Procuratore Federale, del calciatore F.M. e del Calcio Como avverso decisioni della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C, a seguito di deferimento del Procuratore Federale in relazione agli episodi verificatisi dopo la gara Como/Modena del 19.11.2000, di cui al Com. Uff. n. 135/c del 31.1.2001. F.M., squalifica fino al 31.12.2003; Calcio Como, ammenda di L. 3.000.000

Massima: Sui rapporti tra giurisdizione ordinaria e giudizio disciplinare il Collegio ritiene di dover ribadire il principio, più volte affermato, dell’autonomia dell’Ordinamento sportivo rispetto a quello statale, con la conseguenza che in sede disciplinare si possono liberamente valutare i fatti, secondo le procedure proprie delle regole dettate in materia, prescindendo dall’incidenza di un eventuale e futuro processo penale riguardante gli stessi episodi. Né può dirsi che nel giudizio disciplinare sia stato compresso, o comunque non garantito, il diritto di difesa, che anzi risulta essere stato esercitato con ampiezza di argomentazioni e con l’assistenza di valido difensore: è appena il caso di osservare che un esito difforme dalle aspettative della difesa non dimostra che sia venuta meno la garanzia del giusto procedimento.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 37/C Riunione del 25 maggio 2000 n. 9 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 409 del 14.4.2000

Impugnazione - istanza:Appelli del sig. Z.M. e dell’A.C. Venezia 1907 avverso le sanzioni della inibizione per mesi 2, a decorrere dal 18.4.2000, al sig. Z.M. e dell’ammenda di L. 25.000.000 alla società inflitte, a seguito di deferimento del 23.2.2000 del Procuratore Federale, rispettivamente per violazione dell’art. 1 comma 3 ed ai sensi dell’art. 6 comma 1 C.G.S., in relazione a dichiarazioni rese alla stampa dopo la gara Venezia/Juventus del 20.2.2000

Massima: Il rapporto tra ordinamento statale e ordinamento sportivo è caratterizzato dall'ampia autonomia che si riconosce all'organizzazione dello sport, soprattutto in fase di normazione per la regolamentazione delle attività agonistiche, sia sotto il profilo tecnico che sotto quello disciplinare ed economico, in ragione della meritevolezza sociogiuridica degli scopi perseguiti.

 

Decisione CF: Comunicato Ufficiale 12/CF del 12 febbraio 1999 n.1 – www.figc.it

Impugnazione - istanza: Deferimento del Procuratore Federale a carico del Dr. G.E., Presidente della L.N.D., e tesserati vari, per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., per comportamenti antiregolamentari tenuti in relazione alla gara Rieti/Pomezia dell’1.6.1997.

Massima: La pendenza di due distinti procedimenti penali (promossi innanzi alle Procure della Repubblica) e di un giudizio civile (risarcitorio) non comporta, in ordine alla fattispecie sottoposta agli organi di giustizia sportiva, alcun profilo di pregiudizialità, in quanto il principio dell'autonomia dei giudizi, sancito dalla Corte Costituzionale e recepito dalle recenti modifiche degli artt. 3 del Codice di Procedura Penale e 295 del Codice di rito civile, consente di rilevare l'indipendenza della presente procedura da qualsiasi accertamento condotto da giudici civili e/o penali. Non può ricorrere rispetto ad essa alcuna ipotesi di pregiudizialità o di contrasto, stante che la giurisdizione sportiva opera in un settore diverso da quelli propri della giustizia ordinaria (civile e penale).

 

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