F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2018/2019 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 038CFA DEL 19 OTTOBRE 2018 CON RIFERIMENTO AL COM. UFF. N. 037/CFA DEL 17 OTTOBRE 2018 RICHIESTA DI GIUDIZIO DEL PROCURATORE FEDERALE EX ART. 34, COMMA 11, LETT. D) STATUTO FIGC IN ORDINE ALLA SUSSISTENZA DEI REQUISITI DI ELEGGIBILITÀ ALLA CARICA DI CONSIGLIERE FEDERALE DEL SIG. LOTITO CLAUDIO.

RICHIESTA DI GIUDIZIO DEL PROCURATORE FEDERALE EX ART. 34, COMMA 11, LETT. D) STATUTO FIGC IN ORDINE ALLA SUSSISTENZA DEI REQUISITI DI ELEGGIBILITÀ ALLA CARICA DI CONSIGLIERE FEDERALE DEL SIG. LOTITO CLAUDIO.

Con istanza del 15.10.2018 il Procuratore Federale, in conseguenza della nota inviata in data 11.10.2018 dal presidente della Lega Nazionale Professionisti di Serie A, ha chiesto, ai sensi dell’art. 34, comma 11, lett. d), dello Statuto della FIGC, di pronunciarsi sulla sussistenza dei requisiti di eleggibilità alla carica di consigliere federale del sig. Claudio Lotito.

In forza della citata disposizione, secondo cui “su richiesta del Procuratore federale, giudica in ordine alla sussistenza dei requisiti di eleggibilità dei candidati alle cariche federali e alle incompatibilità dei dirigenti federali”, questa Corte nella presente sede è, infatti, giudice di unico grado, conoscendo esclusivamente di una questione interna alla FIGC, rispetto alla quale  quest’ultima dispone della più completa ed assoluta autonomia. Ne consegue, peraltro, che le relative pronunce della CFA in tale materia sono, come noto, per tali ragioni, definitive e non impugnabili.

Ciò premesso, occorre muovere, in fatto, dalla “valutazione preliminare” comunicata alla FIGC con nota in data 9.10.2018, il Collegio di Garanzia dello Sport, ai sensi dell’art. 4, comma 3, NOIF, anche con riferimento a quanto enunciato, con parere n. 6 del 1°.10.2018, dalla Sezione Consultiva dello stesso predetto Collegio, ha dichiarato «Claudio Lotito: privo dei requisiti di legge, avendo già svolto tre mandati e non essendo in carica alla data di entrata in vigore della legge 11.1.2018, n. 8».

La LNPA, ritenendo che i due sopra indicati provvedimenti del Collegio di Garanzia siano privi di natura decisoria e giurisdizionale, ha quindi chiesto al Procuratore Federale di attivare, appunto, i propri poteri statutari al fine di accertare se il sig. Claudio Lotito abbia o meno i requisiti di eleggibilità alla carica di consigliere federale per la Serie A, considerato che l’elezione è già avvenuta lo scorso mese di maggio e che, come anche già affermato dalla Sezione Consultiva di questa Corte (cfr. parere pubblicato sul Com. Uff. n. 034/CFA in data 1°.10.2018), deve escludersi l’efficacia retroattiva del Com. Uff. n. 63 del 31.8.2018 del Commissario Straordinario della FIGC.

La vicenda in esame ha origine dalle modifiche normative introdotte con legge 11.1.2018, n. 8, che, all’art. 2, comma 1, così recita: «All'articolo 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242,  e successive modificazioni, il comma 2 è sostituito dal seguente: “Gli statuti  delle  federazioni  sportive nazionali e delle discipline  sportive  associate  prevedono  le  procedure  per  l'elezione  del  presidente  e dei membri degli organi direttivi, promuovendo le pari opportunita' tra donne e uomini. Il presidente e i membri degli organi direttivi restano in carica quattro anni e non possono svolgere più di tre mandati”».

Aggiunge la medesima disposizione: “Qualora le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate non adeguino i propri statuti alle predette disposizioni, il  CONI,  previa  diffida, nomina un commissario ad acta che vi provvede entro sessanta giorni dalla data della nomina. Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate possono prevedere un numero di mandati inferiore al limite di cui al presente comma, fatti salvi gli effetti delle disposizioni transitorie in vigore”.

Nonostante tale procedura di adeguamento dello statuto, prevista dalla legge come obbligatoria ed ineludibile, non sia stata espletata, il Commissario Straordinario, all’atto della emanazione del regolamento elettorale volto a disciplinare le modalità dell’Assemblea federale fissata per il giorno 22.10.2018, con Com. Uff. n. 63 del 31.8.2018, ha previsto (art. 4, comma 2) che «il Presidente federale non può svolgere più di tre mandati. La preliminare verifica dei requisiti di legge in capo ai candidati alla presidenza federale è effettuata dal Collegio di Garanzia del Comitato Olimpico Nazionale Italiano» e che (art. 4, comma 3) «non può assumere la carica di Consigliere federale, in quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia già svolto tre mandati (...) La preliminare verifica dei requisiti di legge in capo ai Consiglieri federali designati da ciascuna componente, e comunicati almeno sette giorni prima dell’assemblea elettiva, è effettuata dal Collegio di cui al precedente comma 2».

Nello stesso senso, con Com. Uff. n. 62 del 31.8.2018, il Commissario Straordinario della FIGC ha deliberato di approvare le modifiche agli artt. 2, 3 e 4 delle Norme organizzative interne federali, così stabilendo, in particolare, per quanto qui rileva, all’art. 4, comma 3: «Non può assumere la carica di Consigliere federale, in quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia già svolto tre mandati. Ciascuna componente promuove inoltre, anche in sede di elezione dei consiglieri federali, le pari opportunità tra donne e uomini. La preliminare verifica dei requisiti di legge in capo ai Consiglieri federali designati da ciascuna componente, è effettuata dal Collegio di Garanzia del Comitato Olimpico Nazionale Italiano».

È appena il caso, per inciso, di rilevare che lo Statuto della FIGC attribuisce esclusivamente alla CFA la competenza sui requisti di eleggibilità dei consiglieri FIGC. Competenza, questa, che resta, quindi, definitivamente preclusa al Collegio di Garanzia del CONI, non essendo prevista dallo stesso predetto Statuto FIGC.

Sia consentito, anzitutto, per inciso, osservare come l’art. 4, comma 3, delle NOIF, nella sua attuale formulazione, appare di dubbia legittimità, in quanto sembra violare il principio di autonomia delle Federazioni, nonché il principio di sussidiaretà orizzontale ex art. 118, ultimo comma, Costituzione – anche legislativamente alle stesse riconosciuti – nella parte in cui attribuisce ad un organo esterno (rectius: non federale) la competenza in ordine alla verifica dei requisiti di candidabilità del Presidente e dei Consiglieri federali. In contrasto, peraltro, con lo Statuto che, invece, come detto, prevede, in materia, la competenza della Corte Federale d’Appello.

Deve, poi, sul piano sostanziale, rammentarsi che le precedenti disposizioni delle NOIF prevedevano che «per la Lega Nazionale Professionisti e per la Lega Professionisti Serie C, le rispettive Assemblee propongono i candidati che conseguano almeno il quaranta per cento dei voti  espressi.  In  caso  di mancato conseguimento del quorum richiesto da parte di almeno tre candidati, si procede a  nuova votazione per l'integrazione di tale numero minimo e risultano designati coloro  che  conseguono  il maggior numero di voti. Per la Lega Nazionale  Dilettanti  le  Assemblee  delle  Divisioni  Interregionale, Calcio Femminile, Calcio a Cinque e dei Comitati Regionali della stessa propongono ciascuna due candidature» (art. 4, comma 2). E, inoltre, che «ai fini dell'art. 20, comma 1, dello Statuto, le tre Leghe eleggono i rispettivi Presidenti secondo le norme del loro ordinamento interno, approvate dal Consiglio Federale, sulla base dei principi  di  rappresentatività  e  democraticità  del  procedimento  elettorale  (…)» (art. 4, comma 3).

Orbene, ciò premesso in fatto ed in ordine al contesto normativo di riferimento, sia concesso, ancora in via preliminare, condividere qui i dubbi sulla aderenza alla Costituzione – già sollevati dalla Sezione Consultiva di questa Corte – delle disposizioni, in punto introduzione del limite ai mandati dei presidenti e dei consiglieri federali, come introdotti dalla legge n. 8 del 2018 anche per le Federazioni sportive nazionali.

Ha, a tal proposito, così osservato la Sezione Consultiva della Corte Federale d’Appello, nel parere pubblicato sul Com. Uff. n. 034/CFA del 1°.10.2018: «Per quanto non specificamente rilevanti ai fini della deliberazione del presente parere ritiene, questa Corte, opportuno svolgere, in via preliminare, anche nella prospettiva del loro possibile rilievo incidentale, alcune brevi riflessioni sulle innovazioni (segnatamente, limite dei tre mandati per i  presidenti ed i componenti degli organi  direttivi delle Federazioni sportive) apportate dalla legge 11.1.2018, n. 8.

A dispetto dell’apperente chiarezza dell’enunciazione normativa di cui alla disposizione qui  in esame, ad una più approfondita lettura la stessa sembra in realtà sollevare una molteplice serie di perplessità ed interrogativi.

In tale prospettiva, occorre, anzitutto, rammentare come le Federazioni sportive nazionali siano delle associazioni di diritto privato. Autonomia e giuridicità dell’ordinamento sportivo, unitamente alla struttura  essenzialmente  associativa  delle  Federazioni  sportive,  hanno  convinto  già  da  tempo  la dottrina a considerare privata la natura delle predette medesime Federazioni (cfr., tra gli alti, F.P. LUISO, Natura giuridica delle federazioni sportive nazionali e questioni di giurisdizione, nota a sentenza Pret. Novara, 15 dicembre 1979, in Giust. civ., 1980, I, p. 2545 ss.; P. DINI, Le basi dell’autonomia normativa nel diritto sportivo, in Riv. dir. sport., 1975, p. 229; R. PEREZ, Disciplina statale e disciplina sportiva nell’ordinamento dello sport, in Scritti in onore di M.S. Giannini, Giuffrè, Milano, 1988, p. 532 ss.).

In tale direzione, attenta dottrina ha posto anche l’accento sul momento genetico di siffatte associazioni, ossia la spontanea e volontaria aggregazione di società e persone per il perseguimento di un obiettivo comune: lo svolgimento di una data attività sportiva (cfr. I. e A. MARANI TORO, Gli ordinamenti di liberazione, in Riv. dir. sport., 1977, p. 143). Infatti, “l’ingresso di soggetti, persone fisiche o giuridiche ovvero entità non personificate, nella comunità sportiva avviene non già per atto di un’autorità dotata di poteri pubblicistici, bensì esclusivamente in base ad un atto di adesione spontanea alla comunità stessa e all’accettazione convenzionale, costituente manifestazione di autonomia negoziale privata, delle regole che gli organismi preposti alla organizzazione sportiva liberamente si sono dati” (così A. QUARANTA, Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico, in AA.VV., Saggi di diritto sportivo, Giuffré, Milano, 1999, p. 28).

Dopo alcune oscillazioni della giurisprudenza, inizialmente divisa tra tesi pubblicistica e tesi privatistica, la tesi della natura privatistica delle Federazioni sportive nazionali ha avuto un primo sostanziale avallo normativo dall’art. 14 della legge n. 91/1981, secondo cui “le federazioni sportive nazionali sono costituite dalle società e dagli organismi ad esse affiliati e sono  rette  da  norme statutarie e regolamentari sulla base del principio di democrazia interna. Alle federazioni sportive nazionali è riconosciuta l’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI”.

Il decreto legislativo n. 242/1999 ha, poi, definitivamente sancito la natura di associazioni di diritto privato delle Federazioni sportive nazionali, pur riconoscendo alle stesse “valenza  pubblicistica» (anche attesa l’ampia potestà di controllo sulle medesime attribuita al CONI). Infatti, secondo l’art. 15, comma 2, del predetto decreto legislativo, «le federazioni sportive nazionali hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto espressamente previsto nel presente decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo”.

Accanto alla natura essenzialmente privatistica delle Federazioni, pacifica (e codificata) è anche l’autonomia alle stesse riconosciuta dall’ordinamento giuridico generale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale, porta ad affermare, in linea generale, la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento federale ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie.

Ora, la materia dell’elettorato passivo è tipica delle istituzioni di diritto pubblico e, in particolare, delle cariche di natura politica o politico-amministrativa. Dunque, le limitazioni del numero dei mandati mal si prestano ad essere destinate ad un ambito la cui natura privatistica non sembra più in discussione. Occorrerebbe, dunque, sotto tale profilo, chiedersi, in via del tutto preliminare, se le disposizioni, sul punto, dettate dalla legge n. 8 del 2018 siano compatibili (rectius: costituzionalmente legittime) nella parte in cui le stesse sono (anche) indirizzate – per quanto qui interessa – alle Federazioni sportive nazionali, attesa, come detto, la loro natura di enti di diritto privato, cui l’ordinamento riconosce ampia autonomia organizzativa e normativa.

In altri termini, se la legge può legittimamente porre la limitazione (dei mandati di presidente e componente degli organi direttivi) con riferimento all’ente pubblico “CONI”, sorge il dubbio se possa fare altrettanto anche con riferimento alle associazioni private “Federazioni”. La disposizione di cui trattasi, riferita alle Federazioni, potrebbe essere, dunque, a rischio di tenuta costituzionale, non essendovi alcuna “copertura” da parte della nostra Carta fondamentale ed apparendo, quantomeno prima facie, in contrasto con le previsioni costituzionali in materia di libertà di associazione ed autonomia degli enti privatistici.

Occorre, poi, porsi il dubbio se il divieto di proposizione della candidatura alla carica di presidente federalo o componente di un organo direttivo della Federazione per chi abbia già ricoperto il medesimo ufficio per tre consiliature, non sia in contrasto con i principi costituzionali in materia e, segnatamente, con l’art. 51, comma 1, Costituzione, che in attuazione del principio di uguaglianza in materia di ammissione alle cariche elettive, assicura che alle stesse possano accedere “tutti i cittadini”. Per consolidata giurisprudenza costituzionale, infatti, “l’accesso alle cariche pubbliche deve ricevere la più ampia applicazione possibile, secondo la formula per cui “l’eleggibilità è la regola, l’ineleggibilità l’eccezione”, in quanto strettamente connesso con un diritto politico fondamentale – il diritto di elettorato passivo – cui la Corte ha riconosciuto carattere di inviolabilità.

Ragion per cui l’apposizione di un tetto ai mandati presidenziali, comprimendo di fatto la piena espansione di tale diritto, violerebbe l’articolo 51 Cost.” e sarebbe, dunque, “in forte odore di incostituzionalità” (così L. CASTELLI, Profili costituzionali del terzo mandato dei presidenti di regione).

L’attività dell’interprete non può, poi, e  comunque,  prescindere  da  un  necessario  bilanciamento degli interessi  in gioco,  nella prospettiva  della ricerca  della soluzione  ermeneutica che risulti  legittima alla luce dei principi di ragionevolezza e proporzionalità. “Vanno, in sostanza, bilanciati il  diritto  di elettorato passivo e la necessità che l’impiego pubblico debba essere ricoperto da chi abbia i requisiti necessari e adatti per espletare le funzioni di interesse pubblico che ad esso si connettono: alla discrezionalità legislativa deve accompagnarsi la ragionevolezza” (R. ROLLI, Le limitazioni al diritto di elettorato passivo, in Istituzioni del federalismo, 2017, n. 1, p. 131).

In tal ottica, su un piano più generale, non si può trascurare di considerare che la previsione della ineleggibilità è misura che comprime un diritto fondamentale di ciascun cittadino, quello dell’elettorato passivo. Nel contempo, comprime il diritto essenziale della persona di contribuire allo sviluppo del Paese ed alla piena partecipazione alla sua vita politica, economica e sociale. In sintesi, di concorrere al processo democratico.

La dottrina ha, a tal riguardo, evidenziato che “l’esercizio  di  tale  diritto  è  connesso  al conseguimento  di  ulteriori  finalità  di  rilievo  costituzionale,  in  quanto  concretizza,  insieme  con  il  diritto di voto e con gli altri diritti politici, il principio di democrazia rappresentativa e deve svolgersi, pertanto, conformemente alle condizioni  prodromiche  poste  dal  legislatore,  tese  a  garantire  anche  altre esigenze” (V. PUPO, La disciplina dell’incandidabilità alle cariche elettive regionali e locali alla luce della più recente giurisprudenza; cfr. anche V. MARCENÒ, L’indegnità morale dei candidati e il suo tempo, in Giur. cost., 2014, 1, p. 624).

“Le limitazioni al diritto elettorale passivo si pongono a garanzia del benessere della collettività tutta cui si riconnette la necessità di perseguirne gli interessi generali pur sacrificando la libertà e un diritto fondamentale della persona. Limitare questo diritto fondamentale significa limitare e impedire la partecipazione, prescritta e garantita dai testi costituzionali, di un individuo alla titolarità delle cariche pubbliche e di governo, a concorrere in maniera libera ed uguale con i suoi simili a perseguire le finalità generali. Limitare il diritto di candidarsi si traduce parimenti nell’impedire di concorrere alla determinazione della politica attraverso i fenomeni associativi come i partiti politici i quali potrebbero “rifiutare”, per motivi di opportunità politica, l’iscrizione di una persona che incorre in una delle fattispecie preclusive alla candidatura” (R. ROLLI, Le limitazioni al diritto di elettorato passivo, in Istituzioni del federalismo, 2017, n. 1, p. 133).

A fronte di ciò, la nuova regola (in materia) del tetto ai mandati sembra basarsi sull’asserito presupposto di una migliore gestione del CONI e delle Federazioni sportive nazionali.

Ora, le limitazioni di un diritto costituzionale inviolabile sono ammesse solo nella misura in cui le stesse risultino strettamente indispensabili per la tutela di altri interessi di pari rango, e si rivelino, in tal ottica, ragionevoli e proporzionali a siffatto interesse, scongiurandosi il rischio che, con la ingiustificata compressione di un diritto inviolabile, siano operate alterazioni degli ordinari meccanismi di partecipazione di ciascun cittadino alla vita socio-politica del proprio Paese.

Ciò premesso, considerato che la verifica di legittimità costituzionale deve, anzitutto, essere effettuata alla luce del diritto di elettorato passivo, che l'art. 51 della Costituzione assicura in via primaria e generale, diritto che, appunto, lo stesso Giudice della legge ha ricondotto alla sfera dei diritti inviolabili sanciti dall'art. 2 della Costituzione (cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 571 del 1989 e n. 235 del 1988), non possono non sorgere perplessità in ordine alla legittimità costituzionale della norma di cui trattasi, alla luce di un corretto contemperamento degli interessi (di rilievo costituzionale) in gioco.

Il bilanciamento effettuato, nel caso di specie, dal legislatore nell’introdurre la causa di ineleggibilità di cui trattasi, potrebbe, in altri termini, non essere ragionevole e non essere sorretto da una specifica ragion d’essere prevalente (non è chiaro quali siano i motivi di pubblico interesse idonei a giustificare la compressione di diritti costituzionalmente garantiti) alla luce degli indirizzi desumibili dalla giurisprudenza costituzionale. Del resto, anche la stessa Corte Costituzionale, ha, in tale direzione, avuto modo di affermare che “le restrizioni del contenuto di un diritto inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, e ciò in base alla regola della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tale limitazione” (Corte Costituzionale, 6 maggio 1996, n. 141).

In definitiva, l’eccezione al principio dell’elettorato passivo potrebbe, nel caso di  specie,  non rivelarsi conforme a Costituzione».

Ciò osservato in via, come detto, preliminare ed incidentale occorre ora passare all’esame dell’oggetto del giudizio richiesto a questa Corte, ossia se sussistano o meno i requisiti di eleggibilità del sig. Claudio Lotito alla carica di consigliere federale per la Lega di serie A.

Ritiene, questa Corte, che la modifica – come operata – dell’art. 4, comma 3, NOIF non possa essere interpretata nel senso di precludere l’accesso alla consiliatura a chi, già in passato, ha svolto tre mandati e, tuttavia, si trova in una situazione del tutto particolare, per essere stato già designato ed eletto prima della emanazione della modifica della norma federale prima indicata.

Ancor prima, tuttavia, si ritiene utile osservare come la modifica delle NOIF potrebbe rivelarsi in contrasto con lo Statuto.

La  novella  di  cui  trattasi,  infatti,  avrebbe  dovuto  essere  dapprima  introdotta  nello  Statuto  federale, il che avrebbe richiesto, dunque,  l’adozione  del  relativo  iter  specificamente  ed  appositamente disciplinato per le modifiche statutarie e rispettare le garanzie a tal riguardo previste dall’Ordinamento federale. Del resto, a ben vedere, la stessa disposizione legislativa di cui trattasi (legge n. 8 del 2018) si rivolge espressamente agli Statuti delle Federazioni. Infatti, l’art. 2, comma 1, così recita: «Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate prevedono …».

Sotto siffatto angolo visuale deve, dunque, ritenersi che le disposizioni della legge n. 8 del 2018 difettino di diretta efficacia precettiva nei confronti dei singoli tesserati. Come detto, infatti, i destinatari della novella legislativa sono le Federazioni e le Discipline sportive associate, che dovranno, appunto, provvedere ad apportare le relative necessarie modifiche agli Statuti, con correlata indicazione, quindi, del limite dei tre mandati.

Conferma se ne trae dalla circostanza che la medesima legge di cui trattasi prevede un meccanismo di chiusura del sistema, a garanzia dell’effettività della riforma. Così, infatti, dispone l’art. 2: «Qualora le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate non adeguino i propri statuti alle predette disposizioni, il CONI, previa diffida, nomina un commissario ad acta  che  vi provvede entro sessanta giorni dalla data della nomina. Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate possono prevedere un numero di mandati inferiore al limite di cui al presente comma, fatti salvi gli effetti delle disposizioni transitorie in vigore».

In definitiva, quindi, le Leghe e le Componenti tecniche, per quanto riguarda il contesto federale di cui trattasi, saranno tenute ad adeguare i loro rispettivi statuti e/o regolamenti elettorali che presiedono alla nomina / elezione degli organi direttivi, compresi i consiglieri federali, non appena la FIGC avrà adeguato il proprio Statuto alle disposizioni della legge sopra ricordata.

Se ne desume che la regola introdotta con il Com. Uff. n. 62 del 31.8.2018 dal Commissario straordinario della FIGC e, segnatamente, per quanto qui rileva, l’art. 4 delle NOIF («non può assumere la carica di Consigliere federale, in  quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia  già svolto tre mandati») e quella correlata di cui al Com. Uff. n. 63 del 31.8.2018 («ai sensi dell’art. 2 della Legge 11.1.2018, n. 8, non può assumere la carica di Consigliere federale, in quanto membro dell’organo direttivo, chi abbia già svolto tre mandati») appaiono in contrasto con lo Statuto federale tuttora vigente. Questo, infatti, al momento, non prevede alcuna limitazione relativa al numero dei mandati dei Consiglieri federali.

In particolare, l’art. 26, comma 4, dello Statuto FIGC così recita: «L’elezione dei Consiglieri federali da parte delle Leghe nonché da parte degli atleti e dei tecnici, avviene prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva secondo i regolamenti elettorali emanati rispettivamente dalle Leghe e dalle associazioni rappresentative delle Componenti tecniche».

Passando, ora, alla disamina della fattispecie, come detto, particolare, oggetto del presente giudizio, ritiene, questa Corte, che, una lettura costituzionalmente orientata delle regole introdotte con i sopra ricordati Com. Uff. del 31.8.2018 conduca ad affermare che le stesse non possano, nel caso di specie, rivestire efficacia retroattiva.

In tale prospettiva occorre prendere atto del fatto che in data 28.5.2018 (quindi, «prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva», come, appunto, espressamente previsto dallo Statuto federale), sulla base ed in forza delle vigenti disposizioni regolamentari interne, anche approvate dalla FIGC, la LNPA ha provveduto alla elezione, di competenza, dei due componenti del Consiglio federale (il terzo, di diritto, è rappresentato dal presidente di Lega).

Orbene, atteso che lo Statuto della FIGC dispone espressamente che l’elezione dei Consiglieri federali da parte delle Leghe avvenga, prima della data fissata per lo svolgimento dell’Assemblea federale elettiva, «secondo i regolamenti elettorali emanati rispettivamente dalle Leghe», ne consegue che le elezioni dei consiglieri di Lega A, sigg.ri Marotta e Lotito, in seno al costituendo Consiglio federale, effettuate in base al regolamento elettorale interno vigente, sono, dunque, pienamente valide ed efficaci.

Sotto tale profilo questa Corte ritiene che non vi siano ragioni per discostarsi dalla ricostruzione giuridica della fattispecie operata dalla Sezione Consultiva, che di seguito si richiama.

«Si tratta di una tipica fattispecie a formazione successiva per la cui realizzazione i due adempimenti (elezione del consigliere da parte dell’assemble di Lega ed elezione del Presidente federale, con relativa costituzione del Consiglio federale) sono entrambi indispensabili, come suoi elementi costitutivi: i consiglieri Lotito e Marotta hanno già acquisito il diritto a far parte del Consiglio federale quale conseguenza ed effetto della loro valida elezione da parte dell’assemblea di Lega A, regolarmente avvenuta in data 28.5.2018. Diritto, questo, che diviene compiutamente operante, con la costituzione del Consiglio federale, ossia all’atto della elezione del Presidente federale.

Lo scopo finale del procedimento (costituzione del Consiglio federale) si realizza attraverso le descritte (e progressive) fasi che, non sono solo funzionalmente collegate (tra di  loro  proprio  in funzione dello scopo), ma sono anche biunivocamente interdipendenti, così che la prima non è logicamente e giuridicamente concepibile senza la seconda e viceversa (cfr. Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 28.5.2012, n. 1).

Non nutre dubbio alcuno, dunque, questa Corte, che la designazione del consigliere Lotito, avvenuta in data 28.5.2018, ha ex se una propria immediata efficacia, che rimane, tuttavia, limitata in attesa dell’evento (giuridico) necessario a completare la formazione della fattispecie ed a renderne possibile la completa espansione dell’efficacia di cui la stessa è capace. Si tratta, in altri termini, di elementi (rectius: momenti) interni alla fattispecie progressiva in cui l’ordinamento federale scandisce il procedimento di nomina /elezione dei rappresentanti di ciascuna Lega e Componente tecnica che dovranno sedere al tavolo del Consiglio federale.

In altri termini, l’elezione del Presidente federale costituisce l’avveramento di quella condicio juris che consente alla nomina del singolo consigliere, già in precedenza effettuata da ciascuna Lega o Componente tecnica, di dispiegare la sua piena operatività secondo l’ordinamento federale.

Insomma, in diversi termini, la piena operatività dell’atto di designazione del sig. Claudio Lotito quale consigliere federale per conto della Lega A, legittimo (poiché effettuato in base alla regolamentazione vigente al 28 maggio 2018) e pienamente valido (poiché effettuato nei tempi e nei modi previsti dallo stesso statuto federale), è condizionata all’elezione del Presidente federale nell’Assemblea elettiva del 22 ottobre p.v., che costituirà l’evento idoneo ad integrare la fattispecie ed a realizzare la condizione che consente alla designazione / elezione di cui trattasi di spiegare pienamente l’efficacia che le è propria.

Occorre, poi, sotto altro profilo, considerare che, come già osservato dalla Sezione Consultiva di questa Corte Federale d’appello, «deve ritenersi che la legge n. 8 del 2018 abbia (e non possa avere che) disposto per il futuro. Dunque, la regola del tetto dei tre mandati non può che operare per il futuro e non può, invece, anche riferirsi a tutti coloro che abbiano già svolto in passato tre mandati quale – per quanto qui rileva – presidente o consigliere federale.

In tale direzione, del resto, non occorre dimenticare che la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che “l'eleggibilità è la regola, e l'ineleggibilità l'eccezione” (cfr., ad esempio, sentenze n. 46/1969 e n. 141/1996). Ne consegue anche che le disposizioni che  derogano al principio della generalità del diritto elettorale passivo non possono che essere di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti di quanto è necessario ai fini della soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui le medesime sono preordinate.

Proprio in tale direzione, si è – di recente – anche pronunciato, in analaga fattispecie, il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza in data 21 giugno 2018» (CFA, Sezione Consultiva, Com. Uff. n. 034/CFA del 1°.10.2018).

«Del resto», afferma ancora la Sezione Consultiva della Corte, «in una prospettiva ermeneutica, gli elementi testuali, da un lato, e quelli logico-sistematici, dall’altro, devono essere composti, in  un rapporto dialettico, in funzione della ragionevolezza della soluzione interpretativa, alla luce dei principi propri dell’ordinamento giuridico generale. Rapporto dialettico, questo, che, peraltro, affonda le sue radici e trova formale codificazione nell’art. 12 delle preleggi, che pur nella sua non perfetta formulazione, fa sicuro riferimento tanto al dato letterale, quanto alla ratio legis riassunta nella formula della “intenzione del legislatore”.

Si aggiunga, peraltro, che l’interpretazione dei profili testuali della norma deve essere condotta senza il pregiudizio che ogni e qualsiasi termine sia stato usato dal legislatore nel suo significato proprio e in modo sempre tecnico. Ogni termine, del resto, può assumere diversi significati o diverse sfumature anche in ragione del relativo contesto di riferimento.

La disposizione normativa che introduce il limite dei tre mandati non può, dunque, che essere interpretata alla luce dei consueti canoni ermeneutici. Muovendo, pertanto, dalla non rigorosa struttura letterale e linguistico-concettuale della disposizione, tenuto conto che la legge non dispone che per l’avvenire, all’esito di una analisi interpretativa che passando per la ricostruzione spazio-temporale dell’enunciato normativo, avuto anche riguardo al contesto politico-sportivo nel quale lo stesso interviene, deve giungersi, ad avviso di questa Corte, ad una interpretazione teologico-sistematica necessariamente fondata sulla ricerca della ratio della disposizione all’interno delle tradizionali regole di base dell’ordinamento giuridico e del complesso sistema logico-normativo. Tale percorso interpretativo depone nel senso che il limite all’espletamento dei mandati di cui trattasi non possa valere per il passato (per chi, cioè, abbia già svolto in passato tre incarichi quale presidente o consigliere federale) e possa (i.e. debba) essere applicato (solo) a coloro che, dal momento dell’entrata in vigore della legge di cui trattasi (o del relativo recepimento nello statuto federale) svolgeranno tre mandati».

Orbene, ciò premesso, atteso il difetto di efficacia retroattiva della disposizione della legge n. 8 del 2018, considerata la particolarità, in fatto, della fattispecie sopra descritta, occorre procedere ad una lettura della disposizione di cui al novellato art. 4, comma 3, NOIF che sia legittima ed aderente ai principi generali dell’ordinamento giuridico statale e dello stesso Statuto federale.

In difetto di una specifica regolamentazione transitoria, la disciplina del caso concreto non può, di conseguenza, che essere ricostruita dall’interprete alla luce dei principi generali sopra indicati e del criterio della interpretazione in bonam partem, anche considerato che si tratta di norme che incidono su diritti fondamentali della persona (libertà di elettorato passivo).

Percorso ermeneutico, questo prima tracciato, che conduce a ritenere che l’elezione del sig. Lotito quale consigliere federale designato per la Lega di serie A, già avvenuta – con le modalità sopra descritte – prima della entrata in vigore dei Com. Uff. del 31.8.2018, sia legittima ed efficace e non si ponga in contrasto con una lettura legittimamente orientata del disposto di cui all’art. 4, comma 3, NOIF.

In conclusione, per le ragioni sopra sinteticamente rappresentate, questa Corte condivide il parere reso dalla Sezione Consultiva (cfr. Com. Uff. n. 034/CFA del 1°.10.2018) secondo cui «la designazione, effettuata – in data 28.5.2018 – dalla LNPA, del sig. Claudio Lotito quale componente del prossimo Consiglio federale della FIGC è pienamente legittima e valida e la sua efficacia» [id est piena operatività] «sarà perfezionata all’atto della costituzione del Consiglio federale e, dunque, al momento della elezione del Presidente da parte dell’Assemblea federale».

Per questi motivi la C.F.A., su istanza del Procuratore Federale, ex art. 34, comma 11 lett. d) dello Statuto della FIGC, accerta e dichiara, per tutte le argomentazioni esposte in motivazione, che sussistono i requisiti di eleggibilità  del sig. Claudio Lotito quale Consigliere federale per la Lega Nazionale Professionisti Serie A.

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