CONI – Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale – coni.it – atto non ufficiale – Lodo Arbitrale n. 1 del 13/01/2021 – Pietro Parente/Claud Adjapong
Lodo n. 1
Anno 2021
COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT DEL CONI LODO ARBITRALE
COLLEGIO ARBITRALE COMPOSTO DA
Cons. Alfredo Storto
PRESIDENTE designato ex art. 3 del Regolamento arbitrale
Avv. Cristina Mazzamauro
ARBITRO nominato dall’istante
Prof. Avv. Laura Santoro
ARBITRO nominato dall’intimato
Nel procedimento arbitrale, iscritto al R.G. Arbitrati n. 18/2020, promosso, in data 2 settembre 2020, dall’Agente Sportivo Sig. Pietro Parente, rappresentato e difeso dall'avv. Gianandrea Pilla, con studio in Milano, Corso di Porta Vittoria, n. 28, ed ivi elettivamente domiciliato,
- Parte istante -
contro
il calciatore Claud Adjapong, rappresentato e difeso dall'avv. Vittorio Rigo e dall’avv. Massimo Diana, con studio in Vicenza, viale Giuseppe Verdi, n. 4, ed ivi elettivamente domiciliato
- Parte intimata -
***
-
- Sede dell’Arbitrato
La sede dell’Arbitrato è stata fissata in Roma, presso il CONI. Le udienze arbitrali si sono svolte con modalità telematiche su piattaforma Microsoft Teams.
2. Regolamento arbitrale
Il presente procedimento è stato instaurato in virtù del Regolamento arbitrale (approvato con deliberazione del Consiglio Nazionale CONI n. 1654 del 17 dicembre 2019) dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all’art. 12 bis dello Statuto del CONI, in funzione arbitrale irrituale, per la risoluzione delle controversie previste dall’art. 22, comma 2, del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, approvato con deliberazione n. 1630 del Consiglio Nazionale del 26 febbraio 2019.
In Fatto
a) Il sig. Pietro Parente ha chiesto al Collegio di Garanzia per lo Sport presso il CONI, la condanna del sig. Claud Adjapong al versamento in suo favore della somma di Euro 26.132,40 oltre interessi moratori o, in subordine, di quella diversa somma maggiore o minore che dovesse risultare al termine dell’istruttoria, oltre al pagamento delle spese ed onorari e dei diritti amministrativi del Collegio Arbitrale.
A sostegno della propria domanda, parte ricorrente ha prodotto il contratto di mandato sottoscritto in data 2 agosto 2019 e valido sino al 31 dicembre 2019, con il quale il calciatore Claud Adjapong ha conferito l’incarico allo stesso avente ad oggetto l’opera di consulenza nelle trattative dirette alla stipula del contratto di prestazione sportiva con espresso riferimento al regolamento per i servizi di Agente Sportivo della FIGC, prevedendo, quale corrispettivo, l’erogazione di una somma determinata nella misura percentuale del 3% sul reddito lordo complessivo del calciatore, risultante da ciascun contratto di lavoro sottoscritto dallo stesso nel corso della durata dell’incarico, da corrispondersi entro il 30 giugno 2020.
L’attività oggetto del mandato è stata regolarmente compiuta e portata a termine con l’effettivo trasferimento, in data 21 agosto 2019, del calciatore Claud Adjapong da U.S. Sassuolo Calcio
S.r.L a Hellas Verona F.C. S.p.A. con la stipula del contratto di cessione temporanea con opzione e variazione di tesseramento, entrambi allegati alla produzione documentale.
In data 29 giugno 2020, il sig. Pietro Parente ha emesso fattura per Euro 26.132,40, IVA inclusa, per il pagamento del corrispettivo dovuto e, non ricevendo riscontro alcuno, in data 13 luglio 2020, ha provveduto ad inoltrare un sollecito di pagamento con raccomandata a.r. anticipata via e.mail; documenti anch’essi versati in atti.
Perdurando l’inadempimento del calciatore, il sig. Pietro Parente, in data 2 settembre 2020, ha formulato istanza di arbitrato, ai sensi dell’art. 22, comma 2, del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, avviando il presente procedimento.
Il sig. Pietro Parente ha nominato quale arbitro di parte la componente del Collegio di Garanzia dello Sport, Avv.to Cristina Mazzamauro, che ha accettato l’incarico il 4 settembre 2020.
b) Il sig. Claud Adjapong si è costituito in giudizio con memoria del 21 settembre 2020, eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del Collegio di Garanzia dello Sport in ragione della ritenuta vessatorietà della clausola compromissoria contenuta nel contratto di mandato (art. 5), ai sensi dell’art. 33, lett. t), del D.Lgs. n. 206/2005, nonché della nullità della stessa, ai sensi dell’art. 1341, co. 2, c.c..
L’intimato ha, inoltre, eccepito l’intervenuta decadenza dal diritto di adire il Collegio di Garanzia dello Sport ex art. 3 del Regolamento arbitrale per la risoluzione delle controversie previste dall’art. 22, co. 2, del Regolamento CONI degli Agenti sportivi.
L’intimato ha poi eccepito l’inadempimento da parte del sig. Pietro Parente della prestazione oggetto dell’incarico conferitogli, nonché l’inefficacia delle clausole del contratto di cui agli artt. 3 e 3.4.
In via di ulteriore subordine, l’intimato ha eccepito la sproporzione dell’importo richiesto rispetto all’attività svolta ed al risultato conseguito.
In via riconvenzionale, ha chiesto che venga accertata l’esistenza di un controcredito dell’importo di Euro 8.000,00 in dipendenza di un prestito erogato in favore del sig. Pietro Parente in data 22 marzo 2020 e mai restituito e, infine, ha eccepito l’inammissibilità della richiesta alla condanna degli interessi moratori ex D.Lgs. 231/2002, stante l’inapplicabilità della disciplina ivi contenuta alla fattispecie in esame.
In conclusione, l’intimato ha chiesto in via pregiudiziale che sia dichiarato il difetto di giurisdizione per violazione della normativa di cui al D.Lgs. n. 206/2005, ovvero, in subordine, per violazione degli artt. 1341 c.c. e 28 c.p.c.. Ha chiesto inoltre che sia dichiarata l’intervenuta decadenza dal diritto di adire il Collegio di Garanzia dello Sport per decorso del termine di cui all’art. 3 del Regolamento arbitrale.
Nel merito, ha chiesto il rigetto dell’istanza del sig. Pietro Parente; in via subordinata, l’accertamento della somma dovuta dall’intimato sulla base del reddito da quest’ultimo effettivamente percepito dalla società Hellas Verona e, in via ulteriormente subordinata, l’accertamento del diritto dell’intimato alla riduzione del compenso, ai sensi dell’art. 2233 c.c. Ha chiesto, inoltre, in via riconvenzionale l’accertamento della sussistenza del diritto di credito dell’intimato per la somma di Euro 8.000,00 oltre la condanna alle spese di lite e delle spese di funzionamento del Collegio Arbitrale.
L’intimato ha nominato, quale arbitro di parte, la componente del Collegio di Garanzia dello Sport, Prof.ssa Laura Santoro, che ha accettato l’incarico in data 15 settembre 2020.
c) Gli arbitri delle parti, ai sensi dell’art. 2, comma 6, del Regolamento arbitrale, hanno proposto, come terzo arbitro con funzioni di Presidente del Collegio Arbitrale, il componente del Collegio di Garanzia dello Sport, Cons. Alfredo Storto, il quale ha accettato l’incarico il 26 ottobre 2020.
d) In data 5 novembre 2020, si è svolta l’udienza per l’esperimento del tentativo di conciliazione, all’esito infruttuoso del quale il Collegio ha assegnato termine per memorie, rinviando all’udienza del 23 novembre 2020 per la discussione. Parte istante, in data 16 novembre 2020, ha depositato memoria difensiva in cui, replicando alle eccezioni avversarie, ha insistito per l’accoglimento delle domande formulate in seno all’atto introduttivo del giudizio, depositando al contempo altra documentazione probatoria.
e) In data 23 novembre 2020, alle ore 15:00, giusta la convocazione disposta dall’Organo Arbitrale, si è tenuta in videoconferenza, sulla piattaforma Microsoft Teams, l'udienza di discussione del giudizio di cui in epigrafe.
L’udienza si è svolta alla presenza, in videoconferenza, dei componenti del Collegio Arbitrale, del difensore della parte istante Avv. Gianandrea Pilla, nonché dell’Avv. Vittorio Rigo, assistito dal dott. Marco Dal Corobbo, per l'intimato; con l’assistenza della Segreteria del Collegio di Garanzia rappresentata dal dott. Gabriele Murabito e del dott. Dario Bonanno.
In apertura di udienza, il Presidente del Collegio Arbitrale ha rilevato, in via preliminare, la mancata ricezione della prova dell'avvenuto pagamento, da parte dell’istante e dell’intimato, dei diritti amministrativi all’uopo previsti, la cui corresponsione costituisce condizione di procedibilità dell’istanza arbitrale.
Il Collegio Arbitrale, pertanto, onde consentire alle parti di verificare e provvedere ai suddetti adempimenti, ha aggiornato l’udienza al giorno 25 novembre 2020, ore 18:30, con le stesse modalità telematiche.
f) All’udienza del 25 novembre 2020, tenutasi in videoconferenza sulla piattaforma Microsoft Teams, hanno partecipato - oltre ai componenti del Collegio Arbitrale ed ai componenti della Segreteria dell’Organo Arbitrale, dott. Gabriele Murabito e dott. Dario Bonanno, l’Avv. Gianandrea Pilla, per la parte istante, e gli Avv.ti Vittorio Rigo e Massimo Diana, con la presenza altresì del dott. Marco Dal Corobbo, ai fini della pratica forense, per l'intimato.
In apertura di udienza, il Collegio ha verificato con la Segreteria l’effettivo versamento da entrambe le parti dei diritti amministrativi di cui ai punti 1.2.a e 1.2.b della Tabella.
Aperta la discussione, l’Avv. Gianandrea Pilla ha esibito e si è dichiarato pronto a depositare in atti, qualora il Collegio intendesse procedere con un approfondimento istruttorio, una documentazione afferente alle dichiarazioni del Direttore Sportivo della società Hellas Verona
F.C. S.A. che proverebbero l’operato svolto dall’Agente Sportivo assistito.
Gli Avv.ti Massimo Diana e Vittorio Rigo hanno eccepito l’inammissibilità del deposito di quest’ultima produzione documentale, in quanto determinerebbe l’introduzione tardiva di nova nel procedimento arbitrale
L’Avv. Pilla ha replicato precisando che non si tratta di una produzione di atti tendenti a dimostrare fatti nuovi, bensì di una produzione ad adiuvandum, pro veritate.
Per quanto non ulteriormente esplicitato apertis verbis, entrambe le parti si sono riportate ai propri scritti difensivi insistendo per le conclusioni ivi rassegnate.
g) A seguito di Camera di Consiglio, il Collegio Arbitrale ha emesso, in pari data, il dispositivo, riservandosi la pubblicazione delle motivazioni che qui di seguito si precisano.
In Diritto
1) In ordine all’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione sollevata dalla parte intimata, questo Collegio ritiene che essa non sia accoglibile per le seguenti ragioni.
Parte intimata ha lamentato che la clausola compromissoria contenuta nell’art. 5 del contratto di mandato, costituente il titolo sul quale parte istante ha fondato la pretesa creditizia azionata nel presente giudizio, sarebbe da ritenersi “vessatoria ai sensi dell’art. 33, lett. t), D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e quindi nulla perché non oggetto di specifica sottoscrizione da parte del Calciatore/consumatore”, anche in virtù di quanto previsto dall’art. 1341, co. 2, c.c..
Nella ricostruzione della fattispecie operata dall’intimato, pertanto, l’Agente rivestirebbe la qualifica di professionista, a fronte del calciatore che rivestirebbe la qualifica di consumatore, in ragione, peraltro, dello status di lavoratore subordinato da quest’ultimo rivestito nel contratto di lavoro sportivo alla cui stipulazione è riferito l’incarico oggetto del contratto di mandato intercorso con l’agente. Sul punto la difesa dell’istante ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui la qualità di consumatore è esclusa soltanto nelle ipotesi in cui il soggetto persona fisica agisca per uno scopo relativo ad attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale e il rapporto di lavoro subordinato non integri “attività professionale” idonea a far ritenere sussistente la qualità di professionista e, per converso, escludere quella di consumatore.
Parte istante ha richiamato, inoltre, la sentenza del Tribunale di Nola (17 maggio 2019) che, pronunciandosi sull’eccezione di incompetenza del Tribunale adito, sollevata da un calciatore nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da un procuratore sportivo per il pagamento del compenso pattuito nel contratto di mandato intercorso con lo stesso calciatore, ha fondato la decisione di accoglimento della predetta eccezione sull’applicabilità, nella fattispecie al suo esame, del Codice del Consumo. La predetta decisione si fonda sulla motivazione che può ricondursi alla qualità di “professionista” "la posizione dell’opposto ai sensi dell’art. 3, lett. c), D.lgs. n. 206/2005 (…) atteso che in base agli artt. 1 e 3 del Reg. Agenti di calciatori FIGC e dalla lettura del contratto di mandato depositato in atti l’agente sportivo può ritenersi libero professionista deputato, a titolo oneroso, a prestare opera di consulenza in favore del calciatore professionista, curando e promuovendo i rapporti tra quest’ultimo e la società di calcio”, mentre, d’altro canto, “la posizione soggettiva dell’opponente appare riconducibile a quella di consumatore ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a, del citato decreto (…) emergendo la qualità di lavoratore subordinato con qualifica di calciatore di società sportiva ai sensi dell’art. 3 della legge 1981/91”.
In ordine alla superiore eccezione di parte istante ed alla richiamata giurisprudenza questo Collegio, osserva che la posizione del calciatore, ai fini dell’eventuale inquadramento del negozio stipulato con l’Agente entro lo schema della causa di consumo, va in primis riferita non già al contratto di lavoro intercorrente con la società sportiva, bensì al suddetto negozio intercorrente con l’Agente. Le considerazioni riferite allo status di lavoratore subordinato in capo al calciatore, per affermarne la qualifica di consumatore nel rapporto negoziale con l’Agente, risultano quindi inconferenti. Al contrario, si deve osservare che il calciatore, in quanto tesserato e, come tale, soggetto dell’ordinamento sportivo, è tenuto a conoscere la normativa federale e, in specie, quella concernente i contratti di lavoro sportivo e di cessione del contratto di lavoro sportivo, nonché la normativa federale che regola la stipula del contratto di mandato che si correla ai contratti sopra detti.
Non può, pertanto, ravvedersi in seno al contratto di mandato intercorrente tra Agente e calciatore l’asimmetria informativa che giustifica l’applicazione della normativa del Codice del Consumo.
Analoghe considerazioni possono svolgersi, peraltro, anche volendo riferirsi al contratto di lavoro intercorrente tra calciatore e società sportiva, ovvero anche alla cessione del contratto di lavoro intercorrente tra società cedente e società cessionaria, ma al cui procedimento, com’è noto, partecipa anche il calciatore tramite la sottoscrizione della Variazione di tesseramento e la stipula del nuovo contratto di lavoro con la cessionaria.
Il riferimento a tali contratti risulta fondato sulla circostanza che il mandato intercorrente tra Agente e calciatore è funzionalmente diretto alla stipula dei predetti contratti; ma è dato osservare che neppure rispetto ad essi è configurabile la qualità di consumatore in capo al calciatore, così da giustificare l’applicazione della normativa di cui al Codice del Consumo.
A parte il rilievo preliminare in ordine alla necessaria appartenenza all’ordinamento sportivo di entrambe le parti contrattuali, donde discende che esse sono tenute a conoscere parimenti la normativa di fonte federale, va, peraltro, osservato come non possa assegnarsi generale validità all’argomento secondo cui la qualifica di consumatore in capo al calciatore discenderebbe dallo status di lavoratore subordinato assegnatogli dalla legge n. 91/1981.
In proposito va osservato, infatti, che la stessa legge n. 91/1981, dopo avere all’art. 3 stabilito che “la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato”, ha previsto che la stessa costituisca, “tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra uno dei seguenti requisiti: a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;
c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno”.
La previsione legislativa, quindi, sebbene in via eccezionale, che il contratto intercorrente tra calciatore e società sportiva possa essere riferito alla causa del contratto d’opera, priva di generale validità l’argomentazione espressa dalla giurisprudenza di legittimità fatta propria dalla parte istante.
Neppure condivisibile appare l’argomento contrario che, a prima vista, potrebbe opporsi circa la necessità di operare una valutazione, case by case, che tenga conto in concreto della natura della prestazione convenuta a carico del calciatore, sicché la qualifica di consumatore andrebbe assegnata in tutti i casi in cui non ricorrano le eccezioni sopra dette.
Va, infatti, di contro osservato che la diversa connotazione del rapporto di lavoro, in senso subordinato ovvero autonomo, non incide sulla sostanza della prestazione del calciatore, bensì soltanto sulle modalità e i tempi di effettuazione di tale prestazione.
La qualificazione in senso subordinato ovvero autonomo, al di fuori dell’ambito di cui ci si occupa, ha invece generale rilievo nella configurazione sostanziale della prestazione lavorativa, in ragione, prima di tutto, del vincolo di subordinazione e dei conseguenti obblighi che ne discendono a carico del lavoratore subordinato.
Il calciatore, anche là dove inquadrato in un rapporto di lavoro autonomo, ricorrendo una delle tre eccezioni sopra dette, non ha comunque autonomia nella scelta delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, se non limitatamente all’eccezione di cui alla lett. b per l’attività complementare di allenamento, ma, in riferimento alla attività propria in cui si esplica la prestazione lavorativa, non v’è alcuna differenza tra l’essere calciatore in campo in una manifestazione una tantum, ovvero l’esserlo in una partita di campionato.
Non si ritiene condivisibile neppure il richiamo alla normativa sulle clausole vessatorie, di cui all’art. 1341, 2° comma, c.c., al fine di affermare la nullità della clausola compromissoria pattuita in seno al contratto di mandato intercorrente tra agente ed assistito, in ragione del difetto della specifica approvazione per iscritto della stessa clausola.
Si osserva, infatti, al riguardo che, com’è noto, la normativa di cui all’art. 1341, 2° comma, c.c., rientra nella più generale materia delle condizioni generali di contratto, vale a dire nell’ipotesi della predisposizione unilaterale del contenuto contrattuale, che giustifica la particolare disciplina per essa prevista dal legislatore a tutela della parte che non partecipa alla formazione del contenuto del contratto.
Tale ipotesi non ricorre nella fattispecie per cui è causa, giacché il contratto non è predisposto unilateralmente da una delle parti. In proposito, va per di più osservato che il rapporto negoziale intercorrente tra Agente ed assistito non è frutto della libera autodeterminazione delle parti, bensì deve rispettare le prescrizioni di forma e di sostanza stabilite dalla normativa federale, nonché, a seguito dell’entrata in vigore della disciplina sulla professione di Agente Sportivo di cui all’art. 1, comma 373, della L. n. 205/2017 (Legge di Stabilità 2018), anche quella di fonte statale ivi contenuta e la normativa CONI che ne è seguita (Regolamento degli Agenti Sportivi e Regolamento arbitrale per la risoluzione delle controversie ex articolo 22, comma 2, Regolamento CONI Agenti Sportivi).
In proposito, l’art. 22, comma 2, del Regolamento CONI Agenti Sportivi, dispone che “Salvo espressa deroga contenuta nel contratto di mandato, sono (…) devolute al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, ai sensi dell’art. 54, comma 3, del Codice di Giustizia sportiva tutte le controversie aventi ad oggetto la validità, l’interpretazione e l’esecuzione dei contratti di mandato stipulati dagli agenti sportivi nonché le relative controversie di carattere economico” (nel testo del Regolamento CONI Agenti Sportivi, vigente al tempo di conclusione del contratto di mandato tra le parti in causa, approvato con deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1630 del 26 febbraio 2019, non si prevedeva la facoltà di deroga, che è stata invece inserita nel testo approvato successivamente con deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1649 del 29 ottobre 2019).
Va altresì ricordato che, ai sensi dell’art. 5, co. 8, del predetto Regolamento Agenti Sportivi, “Con la domanda di iscrizione l’agente sportivo si impegna a rispettare le norme dell’ordinamento statale e dell’ordinamento sportivo, quali, a titolo esemplificativo, le norme statutarie, i regolamenti, le direttive e le decisioni del CONI, degli organismi sovraordinati, delle federazioni sportive nazionali professionistiche e delle federazioni sportive internazionali nell’ambito delle quali presta la propria attività professionale ..” e che, d’altra parte, ai sensi dell’art. 1, co. 2, “L’iscrizione al registro è obbligatoria per tutti coloro” che svolgono l’attività propria dell’Agente, quale viene specificamente definita dalla L. n. 205/2017 e ripetuta nel citato Regolamento CONI.
Per quel che riguarda specificamente l’Agente Sportivo di calciatori, il Regolamento Agenti Sportivi FIGC (approvato con C.U. n. 137/A del 10 giugno 2019) prescrive, all’art. 5.1, che “Nell’ambito dell’esercizio della sua attività, l’Agente Sportivo iscritto al Registro federale o alla Sezione speciale deve rispettare le disposizioni del Regolamento CONI degli Agenti sportivi, del presente Regolamento….”. Esso non contiene un’espressa disposizione in ordine alla devoluzione delle controversie tra Agente ed assistito al Collegio di Garanzia dello Sport, ma il richiamo generale, contenuto nelle Disposizioni finali e transitorie, per quanto non espressamente previsto alle norme del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, rende applicabile la disposizione di cui all’art. 22, comma 2, sopra citata alle controversie tra Agenti di calciatori ed assistiti.
La devoluzione delle controversie relative al contratto di mandato tra Agente ed assistito alla cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport ha fonte, quindi, non già propriamente nel suddetto contratto, ma nella normativa che regolamenta la figura dell’Agente e l’esercizio della sua attività, che si applica all’Agente in quanto iscritto nel relativo Registro.
Quanto detto è in linea con la considerazione che, sebbene l’Agente Sportivo nell’ambito della Federcalcio non possa rivestire la qualità di tesserato e, dunque, non sia soggetto dell’ordinamento sportivo, gli si riconosca comunque una sorta di soggettività riflessa che comporta l’assoggettamento alla normativa regolamentare sugli Agenti Aportivi nonché, in primis, come statuito dall’art. 17, co. 2, del Regolamento CONI Agenti Sportivi, all’obbligo del rispetto del principio di lealtà, correttezza e probità, che rappresenta il principio fondamentale cui deve conformarsi l’operato di tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo.
La necessaria conformità del contratto intercorrente tra l’Agente Sportivo e l’assistito alle prescrizioni, di sostanza e di forma, dettate dalla normativa federale è stata affermata anche dalla giurisprudenza di legittimità là dove, con riferimento al caso di un contratto di Agente stipulato da un avvocato senza il rispetto della modulistica prescritta dalla FIGC, ha escluso che spetti all’Agente alcun compenso, né in veste di Agente, né di avvocato, poiché si sarebbe in presenza di un contratto ex se invalido e inefficace per l’ordinamento sportivo, nonché inidoneo a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico statale (Cass. civ., 19 maggio - 20 settembre 2012, n. 15934). Ricorre, pertanto, secondo il giudizio della Corte di Cassazione, l’efficacia integrativa delle norme dell’ordinamento sportivo rispetto al contratto tra Agente ed assistito, in virtù della “equità contrattuale sportiva”. Più di recente il principio è stato nuovamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità allorché si è riconosciuta l’invalidità del contratto di mandato, concluso in violazione delle norme dell’ordinamento sportivo, anche per l’ordinamento statale, in quanto dette norme “incidono necessariamente sulla funzionalità del contratto medesimo, vale a dire sulla sua idoneità a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico” (Cass. civ., 17 marzo 2015, n. 5216).
2) In ordine all’eccezione di decadenza sollevata da parte intimata, questo Collegio ritiene che essa vada accolta per le seguenti ragioni.
L’art. 3, co. 2, del Regolamento arbitrale per la risoluzione delle controversie ex articolo 22, comma 2, Regolamento CONI Agenti Sportivi, com’è noto, dispone che la procedura arbitrale debba essere introdotta “entro il termine perentorio di venti giorni dalla violazione contestata”.
Il dies a quo viene, dunque, ancorato dal Legislatore sportivo alla “violazione contestata”, e non già alla “contestazione della violazione”. Ne consegue che, come affermato in un precedente lodo di altro Collegio Arbitrale, costituito ai sensi dell’art. 22, comma 2, del Regolamento CONI Agenti Sportivi (n. 6/2020), il cui contenuto questo Collegio dichiara di condividere, laddove la “violazione contestata” si compendi, come per l’appunto nel caso di specie, nell’inadempimento di una obbligazione pecuniaria, il principio della mora ex re che presidia questo genere di obbligazioni (art. 1219, comma 2, n. 3) impone di ancorare il dies a quo di che trattasi al momento in cui la violazione si consuma e, dunque, all’atto della scadenza della pertinente obbligazione che, dovendo essere eseguita presso il domicilio del creditore, non necessita di apposita (ed autonoma) “contestazione”, diffida o messa in mora.
Pertanto, giacché il contratto di mandato intercorso tra le parti in causa, all’art. 3.2 prevedeva espressamente quale termine per l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria il giorno 30 giugno 2020 e la domanda di arbitrato è stata presentata il 2 settembre 2020, anche applicando il termine di sospensione feriale, risulta pur tuttavia inutilmente decorso il termine decadenziale di venti giorni per l’instaurazione della procedura arbitrale.
In conseguenza, l’istanza di arbitrato va dichiarata inammissibile, ciò che ad avviso di questo Collegio non preclude, per la natura pregiudiziale della pronuncia in rito, la cognizione della vicenda di merito da parte del giudice statuale che le parti dovessero successivamente investire.
3) Tenuto conto del fatto che l’orientamento arbitrale in tema di decadenza dell’istanza arbitrale sopra richiamato e qui condiviso si è formato in data successiva alla proposizione dell’istanza per l’odierno arbitrato, possono essere compensate tra le parti le spese arbitrali, comprensive dei diritti amministrativi previsti dalla "Tabella dei diritti amministrativi, onorari e spese", approvata con deliberazione della Giunta Nazionale del CONI n. 4 del 27 gennaio 2020 e delle spese di difesa con gli accessori di legge, mentre possono essere poste in parti uguali a carico delle stesse gli onorari del Collegio arbitrale nella liquidazione fattane in dispositivo.
Va inoltre stabilito a carico di Pietro Parente e di Claud Adjapong, col vincolo della solidarietà e salvo rivalsa, il pagamento, in favore del CONI, delle spese generali di cui al punto 2.b.2.2, lettera b), della Tabella.
P.Q.M.
Il Collegio, definitivamente pronunciando all'unanimità:
- dichiara inammissibile l'istanza arbitrale e compensa tra le parti le spese arbitrali, comprensive dei diritti amministrativi previsti dalla "Tabella dei diritti amministrativi, onorari e spese" approvata con deliberazione della Giunta Nazionale del CONI n. 4 del 27 gennaio 2020 e delle spese di difesa con gli accessori di legge;
- stabilisce in parti uguali a carico di Pietro Parente e di Claud Adjapong, col vincolo della solidarietà e salvo rivalsa, il pagamento in favore del Collegio Arbitrale degli onorari all'uopo previsti (punto 2.b.2.1 della Tabella), liquidati in complessivi € 3.500,00, così ripartiti: al Presidente € 1.400,00 e, a ciascun Arbitro, € 1.050,00, oltre IVA e CPA, nella misura di legge per l’arbitro nominato dall’istante, da versare secondo le modalità che verranno comunicate dalla Segreteria del Collegio di Garanzia dello Sport;
- stabilisce a carico di Pietro Parente e di Claud Adjapong, col vincolo della solidarietà e salvo rivalsa, il pagamento, in favore del CONI, delle spese generali di cui al punto 2.b.2.2, lettera b), della Tabella, pari ad € 350,00;
- dispone la comunicazione del presente lodo alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso nella sede arbitrale di Roma, in data 25 novembre 2020.
Il Presidente
F.to Alfredo Storto
Roma, 12 gennaio 2021
L’Arbitro
F.to Cristina Mazzamauro
Roma, 13 gennaio 2021
L’Arbitro
F.to Laura Santoro
Palermo, 24 dicembre 2020
Pubblicato in data 13 gennaio 2021.
La Segreteria del Collegio di Garanzia dello Sport