CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 55 del 21/07/2017 – Procura Generale dello Sport CONI- Procura Federale Federazione Italiana Tennis/ AD Sport Club Nuova Casale/Società Canottieri Casale ASD e altri
Decisione n. 55
Anno 2017
IL COLLEGIO DI GARANZIA
QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Alfredo Storto - Relatore
Giovanni Iannini
Cristina Mazzamauro
Laura Santoro - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 58/2017, presentato congiuntamente, in data 8 maggio 2017, dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, in persona del Procuratore Generale dello Sport, Gen. Enrico Cataldi e del Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Giontella, con la Procura Federale della Federazione Italiana Tennis (F.I.T.), rappresentata dal Procuratore Federale Aggiunto, avv. Guido Cipriani, e dal Sostituto Procuratore Federale, avv. Alessandro Granieri,
per l’annullamento della decisione della Corte Federale d’Appello della FIT n. 6/2017, pubblicata il 10 aprile 2017, con la quale è stata confermata l’estinzione del procedimento per inosservanza del termine, come statuito nel giudizio di primo grado dal Tribunale Federale FIT, nell’ambito del procedimento n. 101/2015, aperto dal Procuratore Federale della FIT nei confronti degli incolpati, sigg. Paolo Cavaglià, Luigi Mombello, Angelo Bongiovanni, Gianfranco Ansaldo, Romano Occelli, Giancarlo Mazzucco, Claudio Migliorini, Antonio Carbone, Maurizio Einaudi, Franco Allegra, Andrea Mantillaro, Ferruccio Nominelli, Antonio Argellini, Gabriele Nuvolone, Michele Pezzana, Lorella Boeris, nonché nei confronti della AD Sport Club Nuova Casale e del suo legale rappresentante p.t., sig. Lorenzo Tiengo, e della Società Canottieri Casale ASD e del suo legale rappresentante p.t., sig. Giuliano Cecchini, per l’asserita violazione dell’art. 1, commi 1 e 2, del Regolamento di Giustizia FIT, in relazione all’art. 4 del Regolamento Tecnico Sportivo, all’art. 13 del Regolamento di Giustizia e all’art. 67, comma 2, lett. a), del Regolamento Settore Arbitrale.
Uditi, nell'udienza del 6 luglio 2017, il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Giontella, per la ricorrente Procura Generale dello Sport, ed il Procuratore Federale Aggiunto, avv. Guido Cipriani, per la ricorrente Procura Federale FIT; nonché l’avv. Stefano Bagnera, per i resistenti (AD Sport Club Nuova Casale, in persona del legale rappresentante p.t., sig. Lorenzo Tiengo, Società Canottieri Casale ASD, in persona del suo legale rappresentante p.t., sig. Giuliano Cecchini, nonché sigg. Andrea Mantillaro, Michele Pezzana, Lorella Boeris, Antonio Argellini e Luigi Mombello);
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, Cons. Alfredo Storto.
Ritenuto in fatto
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- A seguito di una denuncia che segnalava una manifestazione organizzata nel settembre 2015 dall’Unione Nazionale Veterani dello Sport, priva della necessaria autorizzazione federale, la Procura della Federazione Italiana Tennis (F.I.T.), il 20 novembre 2015, aveva avviato un’articolata indagine culminata, in data 23 settembre 2016, con la comunicazione, da parte del Sostituto Procuratore FIT, di conclusione delle indagini, ai sensi dell’art. 98 del Regolamento di Giustizia federale, ritualmente portata a conoscenza degli interessati meglio indicati in epigrafe. Veniva quindi promossa l’azione disciplinare mediante notifica a questi del deferimento innanzi al Tribunale Federale, il quale celebrava l’udienza il 26 novembre 2016 e definiva il giudizio con la decisione resa il 14 gennaio 2017 (erroneamente in atti 2016) e pubblicata il 26 gennaio immediatamente successivo, che dichiarava estinto il giudizio.
1.1. In particolare, il Giudice di prime cure – rilevato: a) che l’ultimo atto d’indagine era stato compiuto dalla Procura Federale il 20 gennaio 2016 e che nessuna ulteriore attività era stata posta in essere fino al 20 (23 ad avviso della Procura) settembre 2016, data nella quale era stata data comunicazione agli incolpati della conclusione delle indagini; b) che il 27 aprile 2016 era frattanto entrato in vigore il nuovo Regolamento di Giustizia FIT il quale, addizionando il previgente art. 112, comma 4, aveva previsto, al comma 4 dell’art. 98 (rubricato, come il precedente, “Azione del Procuratore Federale”), che «quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore federale entro venti giorni dalla conclusione delle indagini informa l’interessato dell’intendimento di procedere al deferimento e gli comunica gli elementi che lo giustificano, assegnandogli un termine per presentare una memoria ovvero, se questi non sia stato già udito, per chiedere di essere sentito (…)»; c) che il successivo comma 5 dell’art. 98 dispone che
«qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando, nei casi previsti dallo Statuto o dalle norme federali, l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (…)»; d) che l’art. 99 (rubricato
«Prescrizione dell’azione») del medesimo Regolamento dispone, al comma 1, che «il potere di sanzionare i fatti disciplinarmente rilevanti si estingue quando il Procuratore federale non lo eserciti entro i termini previsti dal presente Regolamento» – ha considerato come la Procura Federale, la quale avrebbe dovuto rispettare i termini previsti dall’art. 98, sia per l’invio della comunicazione di conclusioni delle indagini, sia per i successivi incombenti previsti, aveva, invece, lasciato il procedimento in stato di quiescenza da gennaio a settembre 2016, cosicché la lettura combinata degli evocati artt. 98 e 99 non poteva che condurre alla dichiarazione di estinzione del procedimento in questione per superamento dei termini regolamentari.
2. Avverso tale decisione interponeva reclamo innanzi alla Corte Federale d’appello la Procura Federale, la quale richiamava le conclusioni e le difese articolate innanzi al Tribunale Federale, non riproducendole in secondo grado.
2.1. Per parte loro, gli incolpati deducevano, in primo luogo, la nullità del reclamo per la mancata riproduzione dei capi di incolpazione e delle specifiche sanzioni richieste in primo grado, che determinerebbe un vulnus alle prerogative della difesa. Nel merito chiedevano la conferma della decisione di prime cure.
2.2. La Corte Federale, con decisione n. 6 resa il 21 marzo 2017 e pubblicata il 10 aprile immediatamente successivo, superata l’eccezione pregiudiziale col richiamo al principio di informalità che pervade l’ordinamento della giustizia sportiva, confermava la pronuncia di estinzione resa in primo grado.
In particolare, richiamata una precedente decisione di questa Sezione (n. 23 del 2017), la quale avrebbe concluso per la perentorietà del termine previsto dall’art. 98, comma 5, R.G. FIT, il Giudice d’appello aveva deciso di mutare la propria precedente giurisprudenza, confermando infine la decisione del Tribunale Federale, non senza notare alcune incongruenze residue, sommamente rinvenibili: a) nella permanenza nel R.G. FIT dell’art. 101, comma 3, che continua a sanzionare l’inosservanza del termine di durata delle indagini con la mera inutilizzabilità degli atti d’indagine tardivi e nell’art. 51, comma 7, del Codice di Giustizia del CONI, che, nel caso di superamento dei termini delle indagini preliminari, prevede che la Procura Generale dello Sport, con invito prodromico all’esercizio del potere di avocazione, «può rimettere in termini il Procuratore Federale per un tempo ragionevole e comunque non superiore a venti giorni, ove ritenga utilmente praticabili nuovi atti»; b) nel pendant costituito dall’art. 13-ter, comma 4, dello Statuto CONI, il quale, nel caso di superamento dei termini di conclusione delle indagini, consente alla Procura Generale dello Sport di avocare motivatamente l’attività inquirente non ancora conclusa.
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- Hanno presentato ricorso innanzi a questo Collegio la Procura Generale dello Sport presso il CONI e la Procura Federale della Federazione Italiana Tennis, lamentando: 1) l’errata interpretazione dell’art. 98 del Regolamento di Giustizia della F.I.T., in quanto il termine di 20 giorni previsto dal comma 4 di quella norma, in mancanza di una previsione espressa di estinzione, non potrebbe assumere carattere perentorio, come avvalorato anche dal richiamato art. 101, comma 3; 2) l’errata applicazione dell’art. 99, comma 1, del R.G. FIT, posto che questa norma, la quale disciplina l’eterogenea ipotesi della prescrizione, si riferisce al «potere di sanzionare i fatti disciplinarmente rilevanti» riservato agli Organi di giustizia tra i quali non vi è la Procura e, essendo presente immutata (art. 113, comma 1) anche nel previgente regolamento nel quale, per le attività di cui all’art. 112, comma 4 (oggi 98, commi 4 e 5), non era previsto alcun termine, non può essere certo intesa ora, per la prima volta, come facente rinvio ai nuovi termini introdotti per le predette attività del Procuratore Federale; 3) violazione dell’art. 2, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva in relazione all’art. 152, comma 2, c.p.c., errata applicazione analogica dell’art. 89 R.G., in quanto proprio tale ultima norma processuale civile, richiamabile nell’ordinamento sportivo, ai sensi dell’art. 2, comma 6, del C.G.S. CONI, laddove prevede che, in mancanza di una espressa previsione di perentorietà, tutti i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, porta a concludere, nel raffronto tra l’art. 89 R.G. FIT (evocato dalla Corte Federale e che sanziona con l’estinzione la violazione dei termini del giudizio disciplinare) e l’art. 98, comma 4, del medesimo Regolamento (il quale nessuna sanzione prevede in proposito), che i termini inseriti in quest’ultimo articolo dalla novella regolamentare entrata in vigore il 26 aprile 2016 non possono essere considerati perentori; 4) omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, posto che la decisione della Corte Federale di Appello di mutare la propria precedente giurisprudenza, per uniformarsi alla pronuncia di questa Sezione n. 23 del 2017, sarebbe stata accompagnata da tante riserve e perplessità e dal dichiarato intento di non «provocare una inutile disputa interpretativa tra Organi di Giustizia» che, di fatto, la configurerebbero come un mero acritico assoggettamento al decisum dell’Organo di Giustizia di vertice; 5) errato riferimento al termine di cui all’art. 98, comma 5, R.G. FIT, omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in quanto, benché la pronuncia di prime cure avesse avuto ad oggetto il termine ex art. 98, comma 4, assegnato alla Procura Federale per la comunicazione all’interessato dell’intendimento di procedere al deferimento, la Corte Federale ha fatto ruotare il proprio ragionamento esclusivamente intorno alla portata del diverso termine che l’art. 98, comma 5, prevede per l’esercizio dell’azione disciplinare; 6) che la questione della perentorietà del termine assegnato alla Procura per la conclusione delle indagini sarebbe stata ormai risolta definitivamente dalle Sezioni Unite di questo Collegio che, con la decisione n. 25 del 2017, l’avrebbe categoricamente esclusa.
Pertanto, le ricorrenti chiedono che il Collegio, riformata la decisione di secondo grado nel senso di non ritenere estinta l’azione della Procura Federale, rimetta il procedimento innanzi alla Corte Federale di Appello, in diversa composizione, per decidere nel merito il giudizio, con la conferma dell’irrogazione delle sanzioni già chieste nei due gradi.
3.1. Si sono difesi gli incolpati deducendo che, in primo luogo, le pronunce di merito sarebbero state rese sulla base del combinato disposto degli artt. 98, comma 5, e 99, comma 1, R.G. FIT, con un riferimento, quindi, sia al termine di venti giorni per la conclusione delle indagini, sia a quello di trenta per l’esercizio dell’azione disciplinare.
3.2. Gli stessi deducenti hanno anche proposto ricorso incidentale avverso la decisione di secondo grado, per sentir dichiarare nullo il reclamo per violazione di legge, mancata declaratoria di nullità del reclamo proposto il 4 febbraio 2017 dalla Procura Federale FIT alla Corte Federale d’Appello, ex artt. 342 e 164 c.p.c., in quanto l’atto non conteneva le conclusioni della Procura la quale, invece, aveva inammissibilmente chiesto l’accoglimento di quelle «che verranno formulate dalla Procura dopo l’esame del merito, in relazione all’atto di deferimento datato 28/10/2016 che qui di seguito si riporta integralmente».
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- All’udienza del 6 luglio 2017, sentite le parti comparse, il giudizio è stato posto in decisione.
Considerato in diritto
1. Va in primo luogo delimitato l’oggetto delle decisioni, di primo e di secondo grado, che vengono oggi in rilievo.
1.1. Quanto alla decisione del Tribunale Federale, non v’è dubbio che questa abbia preso in esame e ritenuto violati sia il termine di cui all’art. 98, comma 4, R.G. FIT, sia quello previsto dal successivo comma 5, ricavandone la conclusione dell’estinzione del procedimento in questione alla luce di quanto disposto dal successivo art. 99 del medesimo Regolamento.
Dopo aver passato in esplicita rassegna entrambe le norme, il Giudice di prime cure ha, infatti, concluso nel senso che «la Procura Federale, dall’entrata in vigore del nuovo Regolamento di Giustizia (27 aprile 2016) avrebbe dovuto rispettare i termini previsti dall’art. 98 per l’invio dell’avviso di conclusione delle indagini e per i successivi incombenti previsti».
1.2. Quanto alla decisione d’appello essa, pur avendo mosso dal dato per cui «il Tribunale Federale, invero, ha dichiarato estinto il procedimento per violazione dei richiamati artt. 98 e 99
c.1 R.G., non avendo la Procura “esercitato l’azione disciplinare nel termine di giorni trenta fissato dall’art. 98, c. 5 R.G.”», ha, tuttavia, concluso nel senso che «nel frattempo è entrato in vigore il nuovo Regolamento di Giustizia che all’art. 98, commi 3, 4 e 5 prevede una serie di termini, nella specie, disattesi dalla Procura con una inutile quiescenza del procedimento dal gennaio 2016 al settembre 2016».
1.3. Si può, pertanto, concludere nel senso della sostanziale sovrapponibilità oggettuale e motiva delle pronunce di merito, le quali hanno argomentato circa la natura, perentoria o meno, dei termini previsti dall’art. 98, commi 4 e 5, del Regolamento di Giustizia FIT e con riguardo al loro rapporto con la previsione dell’art. 99, comma 1, del medesimo Regolamento.
1.4. Con l’odierna impugnativa, le ricorrenti – ancorché non sempre in modo perspicuo a causa della motivazione della decisione d’appello, come visto, afflitta a tratti da mancanza di linearità argomentativa – ripropongono comunque chiaramente e in chiave critica i temi giuridici, più sopra richiamati, che hanno costituito oggetto delle pronunce di merito e che, pertanto, possono essere unitariamente trattati.
- A tal fine, non si può che procedere da una lettura sistematica proprio della decisione n. 23 del 2017 di questa Sezione che, nella prospettazione sia della Corte Federale, sia delle Procure ricorrenti, confliggerebbe con la successiva decisione a Sezioni Unite n. 25 del 2017.
A ben guardare, la pronuncia n. 23/2017 – occupandosi segnatamente del rapporto tra l’art. 98, comma 5, e l’art. 99, comma 1, R.G. e con argomentazioni senz’altro trasferibili anche al precedente comma 4 – considera come, anche a prescindere dall’applicabilità diretta del comma 1, dell’art. 99, ai termini di esercizio dell’azione disciplinare, non «si può ritenere privo di effetti l’eventuale superamento, da parte della Procura Federale, del termine di trenta giorni assegnato da tale disposizione per il promovimento dell’azione disciplinare».
Segnatamente sul tema dell’allegata natura ordinatoria del termine di cui all’art. 98, comma 5 (ma uguale è l’argomentare per il comma 4), la Sezione ha considerato, in prospettiva sinottica, una pluralità di argomenti.
In primo luogo, il dato storico: non è senza significato che il termine di trenta giorni (e quindi quello di venti giorni, che nel precedente art. 112, comma 4, non erano contemplati) sia stato introdotto per novellazione soltanto nel nuovo regolamento.
La finalità di cadenzare, in armonia col principio di celerità che innerva il sistema di giustizia sportiva, l’attività procedimentale in funzione di garanzia delle prerogative defensionali dell’incolpato, che non può rimanere assoggettato per un tempo indefinito alle indagini della Procura Federale, costituisce dunque il primo rilevante indizio normativo che depone nel senso della necessaria ragionevolezza dei tempi di azione del Procuratore Federale; ciò che resta appunto scolpito con chiarezza anche dall’art. 98, comma 4, il quale prevede l’incombente (il termine di deposito di memoria ovvero di audizione dell’interessato) che identifica il momento di decorso del successivo termine di trenta giorni, come libero nei tempi i quali, tuttavia, devono essere necessariamente ragionevoli.
Viene poi in rilievo l’argomento sistematico: l’art. 152, secondo comma, c.p.c. – che è costantemente interpretato, dall’Accademia e dai Giudici, «nel senso che la natura perentoria di un termine deve essere espressamente prevista dalla legge oppure può essere desunta dallo scopo e dalla funzione che il termine adempie» – ha indotto peraltro la cruciale considerazione, puntualmente dispiegata nella parte motiva della decisione n. 23/2017, per cui «la differenza tra l’inosservanza di un termine perentorio e quella di un termine ordinatorio non consiste nelle conseguenze che da tale inosservanza si producono, bensì nel fatto che, nel primo caso, la decadenza è un effetto ope legis, che si produce, dunque, ipso iure alla scadenza del termine, senza possibilità di diversa soluzione, mentre, nel secondo caso, è un effetto ope iudicis, giacché spetta al giudice, una volta constatata d’ufficio la mancata osservanza del termine, pronunciare l’avvenuta decadenza».
Dall’insieme della trama argomentativa del precedente di questa Sezione, emerge dunque con chiarezza che la linea di demarcazione tra perentorietà e ordinarietà dei termini si alimenta del dato funzionale ricavabile di volta in volta dal contesto normativo nel quale è calata la singola previsione e finisce per adattarsi, inevitabilmente, alle proteiformi sfumature ricavabili dall’analisi teleologica del testo.
Non sempre dunque un confine ontologico netto, quanto piuttosto un mutevole limes capace di cogliere, in chiave di garanzia dell’interessato e secondo canoni di ragionevolezza, la diversa gradazione delle esigenze di certezza e di celerità connaturate a ciascun ordinamento giuridico.
2.1. Così correttamente inteso il precedente di Sezione, appare senz’altro in continuità il ragionamento ulteriormente sviluppato, sugli stessi temi, dalle Sezioni Unite con la decisione n. 25 del 2017.
Il trait d’union tra le due pronunce emerge, infatti, con forza da alcune icastiche affermazioni dell’Organo nomofilattico, tra le quali spicca senz’altro quella per cui, se la natura perentoria di termini di indagine sostanzialmente analoghi a quelli oggi in discussione «rischierebbe di compromettere il contemperamento delle esigenze di accertamento della responsabilità dell’indagato e di garanzia dell’indagato stesso dal resistere ad un processo manifestamente infondato» e «si porrebbe in contrasto anche con l’interesse dell’indagato a non essere condotto dinnanzi ad un giudice federale sulla base di un quadro probatorio sprovvisto di concreti elementi di fondatezza», con possibile compromissione addirittura delle garanzie difensive di questi, compresso nella produzione e nella valutazione di memorie o di audizioni, tuttavia, «con particolare riferimento alle attività inquirenti della fase istruttoria, è, altresì, necessario escludere che i termini applicati siano puramente ordinatori».
Il concetto di «pura ordinatorietà» è quindi esemplarmente collegato dalle Sezioni Unite, in una evidente circolarità col cuore della decisione n. 23 del 2017 di questa Sezione, al fatto che «nel momento preprocessuale è opportuno che i tempi in cui si definiscono gli addebiti a carico degli indagati siano ragionevolmente brevi, in ossequio alle esigenze di celerità e speditezza poste a garanzia del procedimento di giustizia sportiva», per cui, in conclusione, «la durata delle indagini antecedente al deferimento non gode, dunque, della discrezionalità del Procuratore Federale, ma deve rispettare un determinato percorso temporale che può essere adeguato in relazione alla complessità del caso e alle eventuali difficoltà nei rilievi probatori. Infatti, se la Procura Federale dovesse disattendere sistematicamente il rispetto del termine di cui si tratta, la norma risulterebbe inadeguata alla funzione cui è deputata o l’attività investigativa si rivelerebbe inadatta alla tutela dell’ordinamento sportivo».
Il distillato di questo lungo e ponderato percorso ermeneutico può allora essere riassunto nel senso per cui i nuovi termini previsti dai commi 4 e 5 dell’art. 98 R.G. FIT, non scrutinabili secondo criteri di rigida perentorietà, debbono invece essere sottoposti, di volta in volta, alla delibazione dell’Organo di Giustizia, per cogliere se, nella specie, il tempo sia stato amministrato dalla Procura Federale cum grano salis, nel rispetto, cioè, del delicato equilibro tra esigenze investigative e garanzie di difesa.
Ove ciò non avvenga, residua dunque un sicuro margine di applicabilità dell’estinzione del procedimento, quale indispensabile istituto di garanzia e chiusura del sistema in parola.
- Facendo applicazione di questi principi alla fattispecie oggi in rilievo, non può non considerare il Collegio come la Procura Federale – secondo quanto posto in evidenza da entrambe le pronunce di merito – non ha compiuto alcuna attività investigativa tra gennaio 2016 (quando ha posto in essere l’ultimo atto d’indagine) e settembre 2016 (data nella quale è stata data comunicazione agli incolpati della conclusione delle indagini), relegando di fatto il procedimento in uno stato di quiescenza non predicato né giustificato da alcuna complessità dell’indagine. Pertanto, la plateale e ingiustificata violazione dei termini scolpiti dall’art. 98, commi 4 e 5, R.G. FIT (decorrenti da aprile 2016, data di entrata in vigore della relativa modifica regolamentare più sopra esaminata), non può che condurre a ritenere l’illegittimità della condotta serbata dall’inquirente, con conseguente estinzione del relativo procedimento correttamente dichiarata dai giudici di merito.
L’odierno ricorso va dunque respinto.
- La reiezione del ricorso principale fa venir meno, in capo ai ricorrenti incidentali, l’interesse alla decisione di quest’ultima impugnativa che, pertanto, deve essere dichiarata improcedibile.
- Le spese del giudizio possono tuttavia essere compensate.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Respinge il ricorso principale.
Dichiara improcedibile il ricorso incidentale. Spese compensate.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 6 luglio 2017.
Il Presidente Il Relatore
F.to Dante D’Alessio F.to Alfredo Storto
Depositato in Roma in data 21 luglio 2017.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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