CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 59 del 09/08/2017 – Procura Generale dello Sport del CONI/Procura Federale FISE/Giuseppe Felici/Federazione Italiana Sport Equestri
Decisione n. 59
Anno 2017
IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE
composta da
Franco Frattini - Presidente
Mario Sanino - Relatore
Attilio Zimatore
Massimo Zaccheo
Dante D’Alessio - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 64/2017, presentato congiuntamente, in data 7 giugno 2017, dalla Procura Generale dello Sport presso il C.O.N.I., in persona del Procuratore Generale dello Sport, Gen. Enrico Cataldi, e del Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Alessandra Flamminii Minuto, con la Procura Federale della Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.), in persona del Procuratore Federale, avv. Anselmo Carlevaro, e del Sostituto Procuratore Federale, avv. Angelo Martucci,
nei confronti
del sig. Giuseppe Felici, rappresentato e difeso dall’avv. Flaminia Longobardi,
nonché della Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.), non costituitasi in giudizio;
per la riforma della decisione n. 02/2017 della Corte Federale di Appello della F.I.S.E. del 17 maggio 2017, pubblicata in data 18 maggio 2017, che, in accoglimento del reclamo proposto dal sig. Giuseppe Felici, ha sancito l’intervenuta estinzione del giudizio per l’asserita violazione dell’art. 56, comma 1, R.G. FISE, ritenendo non rispettato il termine di 90 giorni entro il quale il Giudice di primo grado endofederale avrebbe dovuto emettere la decisione impugnata.
Uditi, nell'udienza del 26 luglio 2017, il Procuratore Generale dello Sport, Gen. Enrico Cataldi, ed il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Alessandra Flamminii Minuto, per la ricorrente Procura Generale dello Sport; il Procuratore Federale, avv. Anselmo Carlevaro, per la ricorrente Procura Federale FISE; nonché l’avv. Flaminia Longobardi, per il resistente, sig. Giuseppe Felici;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, avv. prof. Mario Sanino.
Ritenuto in fatto
1 – Con comunicazione trasmessa alla Procura Federale il 21.12.2015, il signor Amos Cisi segnalava che dal sito del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali risultava che il cavallo Van Gogh di Vallerano, di proprietà del tesserato FISE, signor Domenico Merlani, in occasione dei Campionati Giovani Cavalli di Arezzo dell'11.10.2015, sottoposto a prelievo antidoping, veniva trovato positivo alla sostanza "BENZOILECGONINA" ed aveva, per questo, ottenuto un periodo di sospensione fino al 13.12.2015.
La Procura Federale procedeva, quindi, all'istruzione del procedimento, acquisendo dal Ministero delle Politiche Agricole copia della documentazione relativa alla sospensione dallo stesso disposta.
La Procura Federale chiedeva, inoltre, un parere tecnico alla Commissione Veterinaria della F.I.S.E., dal quale emergeva che: a) la benzoilecgonina è il metabolita principale della cocaina; b) in ogni caso, la presenza dei metaboliti citati può variare anche in funzione della concentrazione dell'analita rilevato e del tempo trascorso dalla somministrazione; c) la rilevabilità della cocaina, anche a distanza di quattro/cinque giorni, produce, immediatamente o a distanza di tempo, i suoi effetti, a seconda della presenza di numerosi fattori, quali la via della somministrazione utilizzata, il dosaggio somministrato, il numero delle somministrazioni effettuate, le capacità di escrezione individuali del cavallo.
2 - Con atto di incolpazione e deferimento, depositato il 16.05.2016, la Procura Federale deferiva il tesserato, signor Giuseppe Felici, "per la violazione dell'artt. 2 del Regolamento di Giustizia F.I.S.E. e del Regolamento EAD - ECM, per quanto applicabile", contestualmente chiedendo al Tribunale Federale F.I.S.E. di fissare l'udienza di discussione del procedimento disciplinare, che veniva fissata per il giorno 12.07.2016.
Con memoria difensiva dell’8.07.2016, il deferito, signor Felici, eccepiva la violazione dell'art. 65, comma 3, R.G. F.I.S.E., per mancato rispetto dei termini di chiusura delle indagini e contestuale avviamento del procedimento disciplinare; la violazione dell'art. 47, comma 1, R.G. F.I.S.E., per tardiva fissazione dell'udienza di discussione oltre il decimo giorno dal deferimento; la carenza di giurisdizione del Tribunale Federale, non essendo stati svolti i controlli antidoping dalla Procura antidoping, bensì dal MIPAAF; nel merito, contestava ogni addebito, deducendo, altresì, che l'infrazione contestata veniva imputata al signor Felici soltanto sulla base di semplici presunzioni, non essendo sussistenti prove idonee ad accertare la positività o meno del cavallo.
All'udienza del 12.07.2016 - su richiesta dell'incolpato, che chiedeva la sospensione del procedimento, ai sensi dell'articolo 56, comma 5, del Reg. di Giustizia F.I.S.E., per consentire il deposito delle controanalisi (richiesta alla quale la Procura Federale non si opponeva) - il Tribunale Federale disponeva la sospensione del procedimento. A quella data erano, quindi, trascorsi 56 giorni.
Con successivo provvedimento del 16.01.2017, il Presidente del Tribunale Federale fissava l'udienza di discussione del 20.02.2017.
All'udienza del 20.02.2017, l'incolpato insisteva nelle proprie eccezioni e depositava il provvedimento con il quale il MIPAAF aveva disposto l'archiviazione del procedimento n. 106/16, relativo al sig. Merlani, per decorrenza dei termini di prescrizione, e la conseguente conferma dell'ordine di arrivo della gara della seconda prova “6 anni Criterium Arezzo” dell’11.10.2015. Le parti precisavano, quindi, le rispettive conclusioni.
3. – Con decisione del 23.03.2017, pubblicata sul sito federale il 25.03.2017, il Tribunale Federale F.I.S.E., rilevato che, in sede di interrogatorio, il signor Merlani aveva dichiarato di essere il proprietario del cavallo Van Gogh di Vallerano, ma di non aver mai avuto la gestione diretta dei cavalli di sua proprietà; che il signor Felici, in sede di interrogatorio, aveva dichiarato di aver montato il cavallo Van Gogh di Vallerano in occasione del Campionato Giovani Cavalli di Arezzo dell’11 ottobre 2015; che il cavallo gli era stato consegnato dal proprietario, signor Merlani, il 5.10.2015 e che era sempre stato gestito dal medesimo cavaliere, signor Felici;
- rigettava le eccezioni preliminari dell'incolpato, relative alla violazione dell'art. 65, comma 3, R.G. F.I.S.E. e dell'art. 47, comma 1, R.G. F.I.S.E.;
- nel merito, applicava al sig. Giuseppe Felici la sanzione della sospensione per mesi 6 della autorizzazione a montare.
4. – Con reclamo, datato 05.04.2017 e depositato il 06.04.2017, il signor Giuseppe Felici impugnava la sentenza del Tribunale Federale eccependo, preliminarmente, l'estinzione del procedimento disciplinare per superamento del termine utile ad assumere la decisione. Nel merito, deduceva che lo stesso MIPAAF aveva archiviato il procedimento a carico del dott. Merlani per prescrizione (mentre il signor Felici non era mai stato neppure indagato dal MIPAAF) e, di conseguenza, non era stato rilevato alcun elemento idoneo ad accertare i fatti oggetto di incolpazione.
La Corte Federale di Appello F.I.S.E. - con decisione resa il 17.05.2017, depositata in pari data, pubblicata sul sito federale il 18.05.2017 - accoglieva il motivo di reclamo relativo all'intervenuta estinzione del giudizio, per violazione dell'art. 56, comma 1, R.G., ritenendo non rispettato il termine di 90 giorni entro il quale il Giudice di primo grado avrebbe dovuto emettere la decisione impugnata.
Considerato in diritto
1) Sugli effetti della sospensione in relazione alla decorrenza del termine di estinzione del procedimento
La decisione della Corte di Appello Federale viene impugnata dalla Procura Generale dello Sport e dalla Procura Federale FISE con ricorso, in data 7 giugno 2017.
Ritengono i ricorrenti che la pronuncia di estinzione del giudizio in primo grado, contenuta nella decisione della Corte Federale di Appello, è stata resa in violazione dell'art. 56, comma 1 e comma 5, lett. c), R.G. F.I.S.E. 2015 (oggi confluito nell'art. 57 R.G.).
Secondo quanto emerso dalla ricostruzione della C.F.A. F.I.S.E., il provvedimento di riassunzione del procedimento sarebbe di per sé sufficiente ad interrompere la sospensione e a far correre nuovamente i termini, portando all’estinzione del medesimo procedimento per inosservanza delle relative prescrizioni normative. Seguendo una simile impostazione il provvedimento del Tribunale, con cui viene comunicata la data della nuova udienza, assumerebbe efficacia procedimentale e sarebbe, quindi, idoneo a produrre l’interruzione della sospensione.
Non può essere condivisibile la medesima interpretazione in quanto il provvedimento del Presidente della C.F.A. – adottato con la forma del decreto – ha natura ordinatoria e, pertanto, è finalizzato alla determinazione di un fatto processuale, in questo caso rappresentato dall’udienza di comparizione del 20.02.2017, la quale fissa la ripresa della contesa e la contestuale riattivazione del contraddittorio tra le parti, necessariamente interrotto durante il periodo di sospensione del processo. Di conseguenza, il principio del contraddittorio avrebbe subito un’evidente limitazione nel caso in cui il provvedimento della C.F.A. fosse stato idoneo ad interrompere la sospensione del procedimento disciplinare. Infatti, le parti avrebbero visto trascorrere inutilmente il periodo intercorrente tra la data di riassunzione e quella dell’effettiva udienza, senza poter svolgere alcun tipo di attività che influisse sul decorso del tempo.
Giova, pertanto, richiamare le norme che regolano il fenomeno sospensivo all’interno del procedimento di giustizia sportiva. Infatti, ai sensi dell’art. 56, com. 1, R.G. F.I.S.E. del 2015 (applicato al caso in esame e vigente al momento del fatto), il termine stabilito dal legislatore sportivo per giungere alla decisione del giudizio di primo grado si computa in novanta giorni dal momento in cui viene esercitata l’azione disciplinare. Il successivo comma 4 del medesimo articolo specifica che il termine di cui sopra assume valenza perentoria in quanto la sua mancata osservanza dichiara estinto il procedimento disciplinare.
Il corso dei termini può, altresì, arrestarsi e lasciare il procedimento in uno stato di quiescenza per vari motivi, elencati al comma 5 dell’art. 56 del R.G. F.I.S.E. del 2015 (specularmente ripreso dal vigente R.G. F.I.S.E., all’art. 57). In particolare, il procedimento può sospendersi in seguito all’avvio dell’azione penale ovvero quando l’incolpato viene arrestato o si trova in stato di custodia cautelare; quando siano necessari accertamenti di particolare complessità; quando il rinvio è richiesto dall’incolpato o è reso necessario a causa di un suo impedimento, ovvero quando il Collegio Giudicante subisce gravi impedimenti soggettivi.
Nel caso in esame la sospensione del procedimento disciplinare è stata richiesta dal difensore dell’incolpato alla prima udienza di comparizione del 16 luglio 2016, ai sensi dell’art. 56, com. 5, lett. b) e c), R.G. F.I.S.E., al fine di ottenere e depositare come elemento probatorio i risultati delle controanalisi relative al controllo antidoping che ha segnalato la positività del cavallo Van Gogh di Vallerano. La Procura Federale non si è opposta alla richiesta, manifestando tacitamente il consenso alla sospensione del procedimento. Il Tribunale Federale ha aderito alla richiesta e ha disposto la sospensione.
Il punto controverso della questione nasce in questo momento. Se si dovesse aderire alla tesi della C.F.A. F.I.S.E., il procedimento disciplinare sembrerebbe aver maturato i termini che lo conducono ad estinzione. Infatti, i due spazi temporali che lo compongono, separati dal periodo sospensivo disposto dal Tribunale Federale, producono il superamento del termine perentorio di 90 giorni necessario alla sua conclusione, se si considera come dies a quo interruttivo della sospensione la data del 16 gennaio 2017, giorno in cui il medesimo Tribunale adottava il provvedimento di fissazione dell’udienza di discussione al 20 febbraio 2017.
Secondo le argomentazioni seguite dalla C.F.A. F.I.S.E. che ha disposto l’estinzione del procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 56, com. 1, R.G. F.I.S.E., dal 16 gennaio 2017 il Presidente del Tribunale avrebbe avuto la possibilità di espletare qualsiasi attività istruttoria e le parti avrebbero potuto depositare documentazioni utili all’udienza successiva (i.e. il 20 febbraio 2017). A sostegno della tesi, la C.F.A. F.I.S.E. ha richiamato i principi di celerità e speditezza che informano tutti i procedimenti di giustizia sportiva.
La soluzione non può essere di certo condivisibile. Infatti, la decisione emessa dal Tribunale Federale rientra tempestivamente nei termini per la conclusione del procedimento disciplinare di primo grado, salvandone, dunque, i suoi effetti sanzionatori. Secondo il Collegio, appare inevitabile identificare come momento di ripresa del processo sportivo in esame il 20.02.2017, giorno nel quale si è svolta la nuova udienza di discussione, considerando il provvedimento di fissazione (adottato il 16.01.2017) un puro atto endoprocessuale e, pertanto, incapace di produrre effetti interruttivi della sospensione. La conclusione a cui si è giunti è giustificata dal richiamo delle norme che regolano l’istituto della sospensione nel processo civilistico (artt. 295 e ss.), che operano in via sussidiaria all’interno della giustizia sportiva quando la materia procedimentale presenta lacune di disciplina.
Orbene, il decreto del 16.01.2017 di fissazione dell'udienza di discussione al 20.02.2017 nulla dispone in ordine alla cessazione della causa di sospensione, né il Regolamento di Giustizia F.I.S.E. – così come il Codice di Giustizia Sportiva CONI – nulla dispone in ordine alla ripresa dei termini di estinzione del procedimento.
Pertanto, appare logico chiamare a sussidio le norme generali del processo civile in tema di sospensione per integrare la disciplina che regola il procedimento sportivo, in virtù del richiamo operato dall’art. 21, com. 6, R.G. F.I.S.E., come interamente mutuato dall’art. 2, com. 6, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI.
Secondo l’impostazione civilista la sospensione del processo è resa necessaria solo quando la preliminare definizione di altre controversie civili, penali o amministrative, pendenti davanti ad altro giudice, rappresenta un antecedente logico-giuridico dal quale dipende la decisione della controversia principale. Nel caso in esame la sospensione del procedimento di giustizia sportiva è stato interrotto su richiesta di una parte e con tacito assenso dell’altra, al fine di ottenere i risultati delle controanalisi di un controllo antidoping a cui era stato sottoposto il cavallo, risultato in un primo momento positivo. La questione assume i caratteri della pregiudizialità, per cui la sua soluzione appare necessariamente prodromica al prosieguo del procedimento sportivo.
In base all’art. 298, com. I, c.p.c. la sospensione del processo civile conserva la pendenza giuridica della controversia, ma vi è divieto di compiere qualsiasi tipo di attività di natura processuale. La dottrina, unanimemente, ritiene che tale divieto sia assoluto, precludendo il compimento sia di atti di natura decisoria, che rappresentano il potere decisionale da parte del giudice, sia gli atti di impulso processuale, che rientrano nelle disponibilità delle parti. Al riguardo, la giurisprudenza assume orientamenti oscillanti tra un’interpretazione più restrittiva e una più estensiva sul divieto di compimento di atti processuali. In particolare, un recente arresto della Suprema Corte ha affermato che, durante la sospensione del processo, ai sensi dell’art. 298, com. I, c.p.c., non possono essere compiuti atti del procedimento, con la conseguenza che è inefficace, in quanto funzionalmente inidonea a provocare la riattivazione del processo, nonché causa di nullità per derivazione di tutti gli eventuali atti successivi, l'istanza di riassunzione proposta prima della cessazione della causa di sospensione, ovvero prima del passaggio in giudicato della sentenza che abbia definito la controversia pregiudiziale, senza che rilevi, al fine del superamento di detta sanzione, il sopravvenuto venir meno della medesima causa (Cass. Civ., n. 3718/2013).
Seguendo, dunque, un’impostazione letterale della norma in esame si può a buon diritto propendere per il divieto assoluto di compimento di atti di natura processuale. Al suo interno infatti non compare alcuno tipo di deroga che possa mitigare la rigidità del disposto normativo.
Anche secondo un’interpretazione funzionale dell’art. 298, com. I, c.p.c. si può giungere alla medesima conclusione. Infatti, se fosse possibile compiere atti di impulso nel periodo in cui il processo si arresta temporaneamente, verrebbe vanificata la ratio dell’istituto della sospensione, che si incentra sul consolidamento di determinati aspetti processuali, ovvero consente una pausa di riflessione sulla vicenda, solitamente perché le parti stanno per addivenire ad un accomodamento.
In secondo luogo, lo stesso art. 298 c.p.c. risulta essere ancora più incisivo al comma II. I termini processuali interrompono la loro sospensione e cominciano a decorrere solo dal giorno della nuova udienza, fissata per la riassunzione del caso con provvedimento dell’organo giudicante. Una simile impostazione letterale porta necessariamente ad escludere che la decorrenza dei termini riprenda da un momento diverso da quello della nuova udienza. Nel caso di specie, infatti, sembra che il provvedimento con cui il Tribunale Federale decide di riassumere la causa in un’udienza pianificata in un momento successivo non rappresenti un atto idoneo ad interrompere il periodo sospensivo e a far scattare nuovamente la decorrenza dei termini.
A sostegno di questa impostazione sembra, altresì, logico evocare un’interpretazione funzionale dell’art. 298, com. II, c.c. Infatti, se il periodo sospensivo si interrompesse in un momento antecedente alla prima udienza di riassunzione, sarebbe vanificata la portata fondamentale del principio del giusto processo. Le parti subirebbero il trascorrere del tempo senza poter legittimamente compiere alcun tipo di attività processuale fino all’udienza stabilita, rimanendo impossibilitate nel prevenire eventuali effetti negativi. La decorrenza dei termini, infatti, è strettamente connessa all’onere in capo alle parti di porre in essere le proprie attività processuali, la cui inerzia è sanzionata con la decadenza.
Pertanto, se il periodo di tempo che intercorre tra il provvedimento che fissa l’udienza di riassunzione del procedimento e l’udienza stessa dovesse essere computato nei termini di estinzione del procedimento, il principio del giusto processo - tutelato dall’art. 21, com. 6, R.G.
F.I.S.E. - si svuoterebbe del suo significato, dal momento che si ridurrebbe il tempo a disposizione delle parti a garanzia di un’efficace difesa. Infatti, in questo lasso temporale, le parti si troverebbero nella situazione di non poter compiere alcun tipo di attività processuale per impedire che il decorso del tempo generi cause di decadenza o, addirittura, l’estinzione del processo, come statuito – erroneamente - dalla C.F.A. F.I.S.E.
Ricapitolando, quindi, i vari accadimenti, corredati razionalmente dalle date, può rilevarsi quanto segue.
L’atto di incolpazione è del 16 maggio 2016.
All’udienza del 12 luglio 2016 veniva disposta la sospensione del procedimento.
A seguito di istanza, in data 16 gennaio 2017, si fissava una nuova udienza di discussione il 20 febbraio 2017; la sentenza veniva pubblicata il 24 marzo del 2017. Lo spazio temporale che intercorre tra il 16 maggio 2016 e il 12 luglio 2016, nonché tra il 20 febbraio 2017 e il 24 marzo 2017, non supera i 90 giorni indicati dalla norma del Regolamento FISE (art. 56), più volte richiamata.
Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto, è possibile ragionevolmente dedurre che la decisione della CFA FISE si fondi su un’interpretazione fuorviante della norma che dispone la prosecuzione del procedimento di giustizia sportiva a seguito del periodo sospensivo. Infatti, in carenza di un’esplicita disposizione, sia all’interno del R.G. F.I.S.E. del 2015 (oltreché in quello attuale), sia nel Codice della Giustizia Sportiva CONI, il ricorso in via complementare all’art. 298
c.p.c. giustifica la riassunzione del processo alla prima udienza. Pertanto, anche il decorso dei termini riprende da quel preciso momento processuale.
Qualora l’interruzione della sospensione dovesse cadere in un momento antecedente, verrebbe compromesso il diritto della difesa delle parti, in quanto sarebbero soggette al decorso del tempo senza poterne influenzare l’andamento attraverso la normale attività processuale rientrante nelle loro facoltà.
In conclusione, assumendo come legittima la ripresa del procedimento dal giorno dell’udienza di riassunzione (20 febbraio 2017), la conclusione della controversia rientra pienamente nel termine di novanta giorni indicato dall’art. 56, comma 1, R.G. F.I.S.E. e, pertanto, il procedimento non può essere dichiarato estinto.
Va, quindi, accolto l’appello della Procura Generale dello Sport e della Procura Federale FISE.
2) Sull’annullamento senza rinvio della decisione della C.F.A. F.I.S.E.
Il Collegio, quindi, ritiene fondati i motivi di censura avanzati dalla Procura ricorrente e sancisce l’annullamento senza rinvio della decisione della C.F.A. F.I.S.E con cui è stato dichiarato estinto il procedimento di primo grado per intervenuta scadenza del termine di novanta giorni necessario al completamento dell’iter decisionale, per assenza di necessità di ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 62 C.G.S. CONI. Ritiene, di conseguenza, del tutto superfluo operare un rinvio ed instaurare la fase rescissoria dell’annullamento in capo alla
C.F.A. F.I.S.E. per le ragioni che seguono.
In primo luogo, la C.F.A. F.I.S.E. si è limitata all’esame della doglianza sulla presunta violazione di rito avanzata dalla parte reclamante. Pertanto, appurata – erroneamente – la mancanza del rispetto dei termini per addivenire ad una decisione da parte del T.F. F.I.S.E., la valutazione della questione nel merito non è stata ritenuta meritevole di un ulteriore esame, dal momento che la medesima è stata travolta dall’accoglimento dell’unico motivo di doglianza sul rito.
In secondo luogo, la conseguenza logica dell’assunto porta a ritenere che il silenzio della C.F.A. F.I.S.E. riguardo le questioni di merito giustifica un loro tacito accoglimento, per effetto della mancanza di sindacato sul punto, la cui rilevanza è stata superata dagli asseriti vizi procedimentali. Ciò significa che l’attività istruttoria svolta dal giudice di primo grado, che ha portato alla condanna del deferito, conserva i propri caratteri di completezza ed esaustività anche nel secondo grado, in quanto la decisione nella medesima sede adottata non avanza censure in merito, limitandosi a statuire sulla sola questione della presunta violazione dei termini, ex art. 56 R.G. F.I.S.E.
Pertanto, risulta evidente che l’annullamento della pronuncia della C.F.A. F.I.S.E. comporta la reviviscenza della decisione del Tribunale Federale, che aveva portato alla condanna in sede sportiva del sig. Felici. Questa scelta è dettata, altresì, dal rispetto dei caratteri di celerità e speditezza che informano l’ordinamento sportivo ed in particolare il settore della giustizia sportiva. Infatti, un rinvio ad altro giudice comporterebbe un prolungamento della fase giurisdizionale non giustificata dagli elementi e dalle risultanze emersi nei precedenti gradi di giudizio, compromettendo, al contempo, la certezza del diritto appurata in questa sede.
A completare il ragionamento è opportuno segnalare che l’annullamento senza rinvio della decisione della C.F.A. F.I.S.E. si conforma al rispetto del principio di economia processuale che sottende all’intento di favorire la rapida definizione dei procedimenti e, più in generale, allo scopo di decongestionare il funzionamento complessivo degli organi di giustizia. In tal senso, un rinvio al giudice di secondo grado, al fine di dar seguito al momento rescissorio dell’annullamento, è da ritenersi superfluo in quanto l’attività istruttoria definita in primo grado è esente da censure e, pertanto, acquisita a tutti gli effetti all’interno del procedimento.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla senza rinvio la decisione della Corte Federale d’Appello e conferma la condanna irrogata in primo grado endofederale.
Nulla per le spese.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 26 luglio 2017.
Il Presidente Il Relatore
F.to Franco Frattini F.to Mario Sanino
Depositato in Roma in data 9 agosto 2017.
Il Segretario
F.to Alvio La Face