CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 50del 15/06/2021 – SSd Roma Waterpolo/Federico Parrini/Federazione Italiana Giuoco Calcio
Decisione n. 50
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Mario Sanino - Presidente
Giuseppe Musacchio - Relatore
Vito Branca
Guido Cecinelli
Pier Giorgio Maffezzoli - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 12/2020, presentato, in data 21 febbraio 2020, dalla SSD Roma Waterpolo, rappresentata e difesa dall’avv. Luca Ranalli,
nei confronti
del sig. Federico Parrini, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Trotta, Maria Rosaria Colombo, Carlo Gallavotti e Stefano La Porta;
nonché nei confronti
della Federazione Nazionale Nuoto (FIN), in persona del legale rappresentante pro tempore,
non costituitasi in giudizio;
avverso
la sentenza n. 1/20 emessa, il 22 gennaio 2020, nell’ambito del procedimento n. 7490/2019, dalla Corte Federale di Appello, Seconda Sezione, della FIN, notificata a mezzo PEC in data 22 gennaio 2020, con la quale è stato respinto il ricorso della società ricorrente avverso la decisione n. 8/2019 del 30 ottobre 2019, resa dal Tribunale Federale, Seconda Sezione, nei procedimenti n. 5655, 5657 e 5658/2019, che aveva accolto il ricorso del sig. Parrini, svincolandolo dalla società SSD Roma Waterpolo e dichiarandolo libero di iscriversi con altra società.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 23 luglio 2020, celebrata in videoconferenza, tramite la piattaforma Microsoft Teams, il difensore della parte ricorrente - SSD Roma Waterpolo - avv. Luca Ranalli; gli avv.ti Maria Rosaria Colombo, Carlo Gallavotti e Stefano La Porta, per il resistente, sig. Federico Parrini, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Alessandra Flamminii Minuto, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell'art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Giuseppe Musacchio.
Ritenuto in fatto
Con ricorso depositato in data 21 febbraio 2020, la SSD Roma Waterpolo ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport chiedendo l’annullamento della decisione emessa dalla Corte Federale d'Appello presso la FIN, Sezione Seconda, n. 1/2020 del 13 gennaio 2020, nell’ambito del procedimento n. 7490/2019, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla stessa SSD Roma Waterpolo avverso la decisione del Tribunale Federale, Sezione Seconda, n. 8/2019, emessa il 30 ottobre 2019, nell’ambito dei procedimenti riuniti n. 5655, 5657 e 5658/2019, con cui il Giudice di primo grado, nell’accogliere il ricorso proposto dal sig. Federico Parrini avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’odierna ricorrente alla richiesta di nulla osta al trasferimento presso altra SSD affiliata FIN, ha disposto lo svincolo dell’atleta.
Il sig. Federico Parrini, affetto da diabete mellito di tipo 1, nel 2017, trasferitosi da Taranto a Roma, decise di aderire alla Roma Waterpolo, presso la quale praticavano la pallanuoto i cugini Gioele e Alessio Lombardi i quali, come care givers, hanno coadiuvato l’atleta a seguire la terapia, consentendogli di coltivare la propria passione sportiva.
In considerazione del crescente coinvolgimento dell’atleta nell’attività agonistica, quest’ultimo ha ritenuto fosse necessario che la Waterpolo avesse un approccio più strutturato nei suoi confronti, in modo da garantirgli un’adeguata assistenza in acqua, prima e dopo gli allenamenti e durante le gare e, tanto, in considerazione dei numerosi impegni agonistici settimanali. Ritenendo, quindi, il sodalizio ormai inadeguato rispetto alle specifiche esigenze di assistenza, i genitori dell’atleta, con nota A/R del 29 luglio 2019, hanno formulato richiesta di nulla osta al trasferimento presso altra società affiliata in grado di assicurare maggiore attenzione e fornire piena partecipazione nella gestione delle criticità legate al quadro clinico.
Analoga richiesta di nulla osta hanno presentato anche i cugini dell’atleta Alessio e Gioele Lombardi quali suoi care givers.
A fronte del silenzio-rifiuto opposto dall’odierna ricorrente, l’atleta ha proposto ricorso al Tribunale Federale chiedendo, ex art. 16.8, lett. d) ed e), del Regolamento Organico FIN, di disporre l’annullamento del silenzio-rifiuto e, conseguentemente, di concedere il nulla-osta al trasferimento in altra società.
A sostegno del ricorso, l’atleta ha rappresentato che, nel corso dell’ultima stagione agonistica, a causa del suo crescente coinvolgimento nelle attività agonistiche, si era riscontrata la necessità di adottare un approccio più strutturato per la gestione della patologia e per assicurare un’assistenza più adeguata e che tale esigenza era stata più volte rappresentata dai genitori dell’atleta ai dirigenti della società, senza che quest’ultima facesse alcunché, mostrando, di converso, disinteresse, oltre a considerare la gestione del diabete in acqua come un profilo di esclusiva pertinenza della famiglia; atteggiamento, quest’ultimo, che, in considerazione delle evidenze scientifiche inerenti la patologia, rappresenta la condizione di natura oggettiva di cui alla citata disposizione regolamentare che giustifica la concessione del nulla-osta al trasferimento.
La Roma Waterpolo non si è costituita in giudizio ed il Tribunale Federale, dopo aver disposto la riunione del giudizio con quelli promossi dai cugini Gioele e Alessio Lombardi e, dopo aver audito i ricorrenti, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere relativamente alle posizioni dei signori Gioele e Alessio Lombardi (in favore dei quali l’odierna ricorrente aveva concesso i richiesti nulla osta dopo l’udienza di discussione e nelle more della pronuncia della decisione) e, con decisione n. 8/2019, ha accolto il ricorso, disponendo lo svincolo del resistente ai sensi del citato art. 16.8 del Regolamento.
Avverso la decisione del Tribunale Federale, la Roma Waterpolo ha proposto appello dinanzi alla Corte di Appello Federale deducendo la violazione della normativa sull’acquisizione della prova nonché l’errata applicazione ed interpretazione della normativa specifica di cui all’art. 16.8, lett. d) ed e), del Regolamento Organico.
Quanto all’acquisizione della prova orale, la Roma Waterpolo ha sostenuto la violazione degli art.li 246 e 251, primo comma, c.p.c., applicabili al giudizio sportivo in virtù del rinvio contenuto nell’art. 2.6 del CGS CONI, in quanto i cugini Gioele e Alessio Lombardi avevano un interesse specifico, per essere all’epoca anche loro ricorrenti e perché i testimoni erano contemporaneamente presenti allorché il Tribunale assumeva la deposizione del Parrini. Quanto al merito, l’appellante, oltre a contestare la fondatezza del ricorso di primo grado e, quindi, la sussistenza delle condizioni di natura oggettiva, ha censurato la sentenza del Tribunale anche nella parte in cui ha posto a fondamento della decisione circostanze non dedotte nel ricorso introduttivo, ma acquisite nella fase istruttoria.
Costituitosi in giudizio il sig. Parrini, la Corte, assunte le dichiarazioni del presidente dell’appellante e dei genitori dell’atleta, con decisione n. 1/2020 del 13 gennaio 2020, ha rigettato il gravame sia in quanto, sulla base delle dichiarazioni di entrambe le parti, ha ritenuto provata la circostanza che “i tre ragazzi si allenavano insieme e che i due cugini dell’atleta svolgevano funzione di assistenza quale care giver circostanza che oggi trova conferma nella situazione attuale”, sia in considerazione del fatto che la motivazione del diniego del nulla-osta, rappresentata dal legale rappresentante della società (….il signor Olivola dichiara che non è stato dato il nulla osta al Parrini al fine di non far passare un messaggio fuorviante con giudizi negativi a carico della società a tal fine precisa di contestare quanto viene addebitato all’allenatore…) nulla aveva a che vedere con la ratio della noma regolamentare, evidenziando, altresì, che “la motivazione riportata dal legale rappresentante della società certamente non può assurgere ad un valore preminente e sovraordinato rispetto al diritto alla salute dell’atleta che per effetto di questa patologia non può fare a meno di svolgere l’attività fisica da egli ritenuta idonea e in un ambiente consono nel senso più generale del termine, e con l’ausilio dei suoi familiari che svolgono la funzione di care giver”.
Avverso detta decisione, la SSD Roma Waterpolo ha proposto, dunque, ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, articolando i seguenti motivi di ricorso.
1) “In via preliminare. Violazione di norme di diritto di natura processuale”.
La ricorrente reitera le medesime censure già proposte in secondo grado relativamente all’acquisizione in primo grado delle dichiarazioni da parte dei cugini Gioele e Alessio Lombardi, nonché alla contestuale presenza del sig. Parrini.
2) “Omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”.
Secondo la ricorrente, nella decisione impugnata sarebbero stati del tutto omessi o, comunque, non sufficientemente motivati vari aspetti della vicenda assolutamente centrali al fine di ritenere concretizzata la fattispecie normativa invocata e, in particolare, dopo aver negato arbitrariamente il diritto di prova contraria alla difesa della società, sarebbe stato violato il dovere di motivare su un punto decisivo della vicenda, ovvero quello relativo ai presunti e lamentati comportamenti negligenti della società su cui il Parrini aveva fondato la domanda.
Si duole, ancora, la ricorrente che la Corte non avrebbe motivato in ordine alla contestata discrasia tra quanto lamentato nel ricorso dall’atleta, la cui versione sarebbe rimasta indimostrata nel corso dell’istruttoria dinanzi al Tribunale, e quanto emerso nel corso dell’istruttoria, tanto da rendere infondata la domanda avversaria.
- “Omessa ed insufficiente motivazione con riferimento all’applicazione nel caso specifico dell’art. 16.8 lett.d) ed e) Reg. Organico FIN”.
Sostiene la ricorrente che la Corte in motivazione non avrebbe fatto esplicito riferimento alla normativa invocata dall’atleta, né avrebbe argomentato sulle eccezioni svolte nel secondo motivo di appello in merito all’erronea applicazione della norma regolamentare effettuata dal Tribunale in relazione al caso in esame, in quanto non sussisterebbero: né le oggettive rilevanti e reiterate condizioni di incompatibilità ambientale [lett. d) dell’art. 16.8]; né le altre ragioni che l’atleta ha ritenuto determinanti, a suo favore, in merito al diritto all’ottenimento del nulla osta rifiutato [lett. e) dell’art. 16.8].
Con memoria depositata il 2 marzo 2020, si è costituito in giudizio il sig. Parrini, impugnando il contenuto del ricorso ed insistendo per il rigetto dello stesso.
All’udienza del 23 luglio 2020, le parti hanno insistito nell’accoglimento delle già rassegnate rispettive conclusioni.
La Procura Generale dello Sport ha concluso per l'inammissibilità del ricorso e, in via subordinata, per il suo rigetto.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile e, comunque, infondato.
Parte ricorrente, pur rubricando i motivi di ricorso come vizi di legittimità dai quali sarebbe affetta la decisione impugnata, critica, sostanzialmente, sia la decisione della Corte Federale d’Appello che quella del Tribunale Federale, sostenendo l’insussistenza del presupposto “di merito” legittimante il diritto dell’atleta allo svincolo e di cui all’art. 16.8 del Regolamento Organico FIN. Con il ricorso di primo grado, l’atleta, oltre a specificare il petitum (provvedimento di svincolo), ha, altresì, ben circoscritto la causa petendi (diritto alla salute nell’ambito della specifica attività sportiva, ritenuto non sufficientemente garantito dall’odierna ricorrente).
Il procedimento di primo grado si è svolto nella contumacia della società sportiva e, nell’ambito dello stesso, il Tribunale Federale, riuniti i giudizi riguardanti anche i cugini Gioele e Alessio Lombardi, i quali avevano avanzato analoga richiesta di svincolo in quanto care giver dell’odierno resistente, dopo aver ascoltato le parti, ha accolto il ricorso, ritenendone, evidentemente, fondati i motivi.
È pacifico il presupposto, condiviso anche da parte ricorrente, che, così come nel giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia, anche nei gradi di giudizio in ambito federale si applicano, in quanto compatibili, le norme del Codice di procedura civile, in forza del richiamo fatto dall’art. 2, comma 6, del medesimo CGS CONI, e che tra i principi sicuramente applicabili vi è quello della
c.d. “non contestazione”, di cui all’art. 115 c.p.c.
Anche prima della novella del 2009, che, nel riformare l’art. 115 c.p.c., ha normativamente disciplinato il c.d. “principio della non contestazione”, la giurisprudenza di gran lunga prevalente ha sempre riconosciuto il principio della non contestazione in base al quale la mancata contestazione di fatti giuridicamente rilevanti costituisce prova ai fini della decisione.
Più in particolare, la Suprema Corte, rifacendosi a quanto affermato dalle Sezioni Unite, con sentenza 23 gennaio 2002 n. 761, ha più volte ribadito, per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge 353/1990, il principio di diritto dell’onere della contestazione specifica e non generica dei fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, per cui, qualora non siano contestati tempestivamente dal convenuto, debbono essere considerati incontroversi e non richiedenti una specifica dimostrazione (ex plurimis Cass. civ., SS.UU., 17 giugno 2004, n. 11353, Sez. III, 19 agosto 2009 n. 18399, 5 marzo 2009, n. 5356).
Il Tribunale Federale, quindi, attesa la mancata contestazione e trovata ulteriore conferma, con l’audizione dei ricorrenti, dei motivi posti a fondamento del ricorso di primo grado, lo ha accolto esattamente per le stesse motivazioni rivendicate dall’atleta; ovvero, la dedotta inidoneità della società odierna ricorrente ad assicurare un’adeguata tutela del diritto alla salute dell’atleta affetto da diabete mellito.
D’altronde, che l’odierna ricorrente fosse consapevole che la gestione di una patologia come quella sofferta dall’atleta necessitasse di un approccio più strutturato e scientifico, lo si evince dalla stessa ammissione da parte del Presidente del sodalizio, quando afferma che “la società stava partecipando ad un progetto con l’ospedale Gemelli di Roma finalizzato ad una migliore organizzazione strutturale nell’esclusivo interesse della salute dell’atleta”; progetto che, però, dagli atti non risulta essere mai stato concretamente avviato.
Del pari, la Corte Federale d’Appello, dopo aver audito il Presidente dell’odierna ricorrente ed i genitori dell’atleta e, dopo aver rigettato la richiesta istruttoria, “in quanto inammissibili e comunque ininfluenti ai fini del decidere, all’esito della ampia ed articolata discussione e delle dichiarazioni rese dalle parti”, ha rigettato il ricorso con motivazione articolata e non contraddittoria, nella quale si valorizza non soltanto il fondamentale diritto alla salute ed alla pratica sportiva da parte dell’atleta, ma anche il ruolo di care giver svolto dai cugini (in favore dei quali, nelle more del giudizio di primo grado, la società aveva rilasciato il nulla osta al tesseramento con altra società), nonché la piena consapevolezza della società sia dell’importanza dell’attività sportiva per l’atleta rispetto alla patologia sofferta, sia della necessità che la gestione della patologia potesse essere valorizzata “anche con l’ausilio di un idoneo sponsor”; ciò, a dimostrare che c’era ancora da fare.
Alla luce di quanto sopra, quindi, è evidente come il ricorso sia stato proposto in violazione del disposto di cui agli art.li 12 bis Statuto CONI e 54 CGS CONI, a mente dei quali al Collegio di Garanzia, quale organo di ultimo grado della giustizia sportiva, è consentito un sindacato limitatamente alla violazione di norme di diritto e/o all’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia (Collegio di Garanzia, Sez. I, n. 22 del 22 marzo 2019) e che, quanto alla motivazione, i difetti di omissione e/o insufficienza della stessa sono configurabili solo quando dall’esame del ragionamento del giudice di merito, esplicitato in sentenza, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza del procedimento logico che, sulla base degli elementi acquisiti, ha indotto il giudice al suo convincimento (Collegio di Garanzia, Sez. II, n. 82 del 13 novembre 2017).
Nel caso che ci occupa, invece, la ricorrente, con i motivi di ricorso, propone esclusivamente una diversa considerazione degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione impugnata che, conseguentemente, farebbero apparire sia un difetto di motivazione che una violazione tanto della norma sostanziale (art. 16.8 del Regolamento Organico FIN) che delle norme processuali civili in tema di assunzione delle prove.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Dichiara il ricorso inammissibile e, comunque, infondato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di € 2.000,00, oltre accessori di legge, in favore del resistente sig. Federico Parrini.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 23 luglio 2020.
Il Presidente Il Relatore
F.to Mario Sanino F.to Giuseppe Musacchio
Depositato in Roma, in data 15 giugno 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face