CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE LAVORO, Sentenza del 13/01/2017 n. 803
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Presidente VENUTI PIETRO
Relatore LORITO MATILDE
– OMISSIS –
SENTENZA
sul ricorso (…) proposto da:
(...), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio dell'avvocato BARTOLO SPALLINA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ISABELLA ALBERTINI, LUIGI ALBERTINI, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
(...) ASSOCIAZIONE CALCIO S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA;
- intimata -
Nonché da:
(...) ASSOCIAZIONE CALCIO S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA C.F. 02242970347, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. POMA 2, presso lo studio dell'avvocato GREGORIO TROILO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ELENA BERNARDI, giusta delega in atti;
controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
(...), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio dell'avvocato BARTOLO SPALLINA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ISABELLA ALBERTINI, LUIGI ALBERTINI, giusta delega in atti;
- controrícorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 18/2015 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 09/01/2015 R.G.N. 1019/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/10/2016 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;
udito l'Avvocato ALBERTINI ISABELLA;
udito l'Avvocato SPALLINA LORENZO per delega Avvocato ALBERTINI LUIGI;
udito l'Avvocato TROILO GREGORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e assorbimento del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(...) adiva il Tribunale di Parma chiedendo di essere ammesso, al passivo della procedura di Amministrazione Straordinaria di Parma (...) Calcio s.p.a. in via privilegiata, ai sensi dell'art.2751 bis c.c. Il credito vantato concerneva differenze retributive relative ad emolumenti non corrisposti nella stagione sportiva 2001-2002 relativi ai ratei mensili 1/11/2001-30/6/2002 per la somma lorda di euro 805.893,88.
La Procedura si costituiva in giudizio contestande il fondamento del ricorso e chiedendone
la reiezione.
Il giudice adito respingeva la domanda con pronuncia che veniva confermata dalla Corte
d'Appello di Bologna.
Il giudice dell'impugnazione osservava, in premessa, che nel contratto stipulato dalle parti
in data 20/7/2001 era prevista la corresponsione in favore del calciatore professionista, della somma di U.S.D. 2.000.000 netti per ogni stagione sportiva. Un pagamento, dunque,
in valuta estera. Deduceva pertanto che la pretesa azionata dal ricorrente di ottenere il pagamento di tali emolumenti in valuta legale, quindi in euro, nella misura indicata in atto
introduttivo del giudizio, era da ritenersi infondata. Al professionista erano stati, pervero,
regolarmente corrisposti gli emolumenti pattuiti, pari a due milioni di USD computati al
valore di cambio al momento della scadenza, in coerenza coi dettami di cui all'art.1278 c.c.
Il maggiore importo richiesto dal ricorrente, corrispondeva, invece, al controvalore in moneta legale corrente in Italia, dei due milioni di dollari USA al corso del cambio alla data di conclusione del contratto che era di entità superiore rispetto a quella corrisposta, perché calcolato con riferimento ad epoca in cui non si era ancora verificato il fenomeno della svalutazione della moneta statunitense.
La cassazione di tale pronuncia è domandata da (...) sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la s.p.a. (...) Associazione Calcio in Amministrazione Straordinaria che propone ricorso incidentale condizionato al quale replica con controricorso il (...) il quale ha depositato memoria illustrativa ex art.378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo del ricorso principale (è denunciato omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art.360 comma primo n.5. Ci si duole che
la Corte territoriale abbia omesso ogni pronuncia sui motivi di cui ai paragrafi C e D del ricorso in appello, e relativi alla richiesta di pagamento dei ratei di retribuzione corrispondenti ai mesi di maggio e giugno 2002, che si assumevano non corrisposti.
2. Il motivo presenta evidenti profili di inammissibilità, essendo stato introdotto mediante
non appropriato strumento di impugnazione.
Non può tralasciarsi di considerare che la differenza fra l'omessa pronuncia ai sensi dell'art.112 cod. proc. civ. e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia
di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. consiste nei fatto che, nel primo caso, l'omesso esame concerne direttamente una domanda od un'eccezione introdotta in causa, autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata, mentre nel
secondo, l'omessa trattazione riguarda una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe
comportato una diversa decisione (cfr. ex plurimis, Cass. 4/12/2014 n.25714).
Nello specifico il ricorrente, per il tramite della denuncia di un vizio motivazionale, ha inteso sottoporre a censura l'omesso scrutinio da parte della Corte distrettuale, di una specifica domanda proposta in primo grado e reiterata in grado di appello — avente ad oggetto il pagamento degli emolumenti relativi ai mesi di maggio e giugno 2002 - e, certamente, non la mera valutazione di una circostanza fattuale di valenza decisiva ai fini
della soluzione della delibata questione. Il ricorrente avrebbe dovuto dedurre, quindi, la violazione dell'art.360 comma primo n.4 c.p.c..
3. Ed invero, come questa Corte ha più volte affermato, e va qui ribadito, l'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello - così come, in genere, l'omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio - risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività
del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 c.p.c., n.3 o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n.5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l'abbia .risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo - ovverosia della violazione dell'art.112 cod. proc. civ., in relazione all'art.360 c.p.c. n.4 - la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità - in tal caso giudice anche . del fatto processuale - di effettuare l'esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell'atto di appello.
La mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro "ex actis" dell'assunta omissione, rende, pertanto, inammissibile il motivo (cfr. Cass. 27/1/2006 n.1755, cui adde, ex aliis, Cass. 27/10/2014 n.22759).
4. Con il secondo mezzo di impugnazione si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art.2697 c.c. e degli artt.115 e 116 c.p.c. in relazione all'art.360 comma primo n.3 c.p.c. circa la disponibilità delle prove offerte dalle parti e la loro rilevanza ai fini della decisione.
Si critica il malgoverno disposto dai giudici della impugnazione, circa il principio dell'onere
probatorio, sempre in relazione al dedotto mancato pagamento delle retribuzioni inerenti ai mesi di maggio e giugno 2002, giacchè la società non avrebbe fornito prova, secondo l'onere sulla stessa gravante, di aver adempiuto ai relativi pagamenti. Sempre sotto il medesimo versante, si lamenta che la Corte distrettuale non abbia conferito adeguato rilievo alla documentazione prodotta dal ricorrente (modelli CUD anni 2002 e 2003) dalla
quale sarebbe stato chiaramente desumibile il. mancato pagamento dei due ratei di retribuzione oggetto della pretesa azionata.
5. Il motivo va disatteso per le ragioni di seguito esposte.
Non può sottacersi, invero, che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provveffimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del n. r.g. 8711/2015 giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. 16/7/2010 n.16698).
Nello specifico, il prospettato vizio di violazione di legge, non appare pertinente rispetto al motivo di censura in concreto rivolto alla sentenza, che concerne, invece, doglianze riferite alla motivazione ed al valore probatorio attribuito agli elementi posti a base della decisione, secondo modalità inammissibili nella presente sede di legittimità, in quanto non è consentito confondere i profili del vizio logico della motivazione e dell'errore di diritto (vedi ex plurimis, Cass. 18/11/2011 n.24253). Il ricorrente ha, infatti, dedotto la erronea applicazione della legge in ragione della non condivisa valutazione delle risultanze di causa, assumendo essenzialmente, che la Corte di appello avrebbe omesso di valutare taluni dati documentali acquisiti in giudizio, con approccio, per quanto sinora detto,inammissibile nella presente sede giacchè tende a pervenire ad una rinnovata valutazione del merito della questione dibattuta, già esaustivamente esaminata dalla Corte di merito che ha ritenuto integralmente adempiuta l'obbligazione di pagamento da parte della società, risultando, dunque, inibita nella presente sede di legittimità.
6. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art.1362 e segg. c.c., dell'art.2077 c.c. e degli artt. 6 e 7 c.c.n.l. di settore, in relazione all'art.360 comma primo n.3 c.p.c. Si duole, in sintesi, che la Corte distrettuale sia pervenuta ad una non corretta interpretazione del contratto inter partes laddove ha accertato che l'obbligazione assunta dalla società fosse di corrispondere gli emolumenti del calciatore in valuta estera, vulnerando altresì i dettami del cohtratto collettivo di settore secondo cui le società sportive sarebbero state tenute a commisurare la retribuzione dei calciatori professionisti in valuta nazionale.
7. Il motivo è privo di pregio.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (vedi Cass. 26/5/2016 n.10891, Cass. 10/2/2015 n.2465). Ed, ancora, sullo stesso tema, si è confermato che l'attività di esegesi del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per inadeguatezza della motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione antecedente alla novella di cui al di. n. 83 del 2012, oppure - nel vigore del novellato testo di detta norma nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (vedi Cass. 14/7/2016 n. 14355).
8. Nello specifico, la Corte distrettuale ha fatto richiamo al tenore del contratto inter partes in data 20/7/2001 secondo cui "la società si impegna a corrispondere al sig. (...) il compenso annuo lordo di USA DOLL. 2.000.000 netti per ogni stagione sportiva (01/02-03/04-04/05-05/06), pari a lit. 4.400.000.000 =nette= a Lit. 8.124.907.000 lorde per ogni stagione sportiva".
Ha, quindi argomentato, in coerenza con le regole ermeneutiche dettate dagli artt.1362 e seguenti c.c., che il pagamento delle prestazioni del professionista era stato pattuito in valuta straniera. Valorizzando i principi sanciti ex art.1278 cod. civ. secondo cui se la somma dovuta è determinata in moneta non avente' corso legale nello Stato, è nella scelta
del debitore la facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nei giorno della scadenza e nel luogo del pagamento - ha congruamente dedotto che la pretesa attorea di ottenere il pagamento di tali emolumenti in valuta legale era infondata, giacchè, per il principio nominalistico, la eventuale mora debenli non può trasformare il debito di valuta estera in debito di valuta nazionale. Si tratta di un iter argomentativo che, pur nelle essenziali modalità espressive, appare del tutto congruo e completo, oltre che conforme a
diritto (vedi sul punto Cass. 28/11/2008 n.28420, nonché Cass. 17/7/2003 n.11200 secondo cui la mora debendi non può importare il mutamento dell'oggetto dell'obbligazione, che rimane sempre la moneta estera per il principio della perpetuatio obligationis), onde resiste alle censure all'esame.
9. Del pari inidoneo ad inficiare gli approdi ai quali è pervenuta la Corte distrettuale è il richiamo del ricorrente alla contrattazione collettiva di settore in tema di pattuizione della
retribuzione in valuta nazionale, giacchè dal testo degli artt. 6 e 7 riportato in ricorso per il principio di autosufficienza, non si evinceva alcun obbligo per le società sportive di pattuire la retribuzione in valuta nazionale, né alcuna prevalenza, in generale, della retribuzione indicata in valuta nazionale rispetto a quella indicata in valuta estera.
In definitiva, alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso principale è respinto. Resta, pertanto, assorbito il ricorso incidentale condizionato spiegato dalla controricorrente, ed avente ad oggetto l'accertamento della intervenuta prescrizione del diritto ex adverso azionato.
Il governo delle spese del presente giudizio di legittimità segue il principio" della soccombenza nella misura in dispositivo liquidata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente
al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida euro 100,00 per, esborsi ed in euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater d.p.r. n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma il 26 ottobre 2016.