T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 12413/ 2016

Pubblicato il 13/12/2016

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Micaela Rossi e Pasquale Napolitano, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via dell’Argilla, 4;

contro

Federazione Italiana Sport Equestri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Gianfranco Tobia, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Mazzini, 11;

nei confronti di

OMISSIS non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- del comportamento della Federazione Italiana Sport Equestri per avere ottemperato solo in parte alla richiesta del ricorrente di ottenere copia dei verbali della Commissione Esaminatrice relativi alla sessione d’esame per istruttore federale di equitazione di terzo livello;

nonché per l'annullamento

- della procedura d’esame adottata dalla FISE per l’ottenimento della qualifica di istruttore federale di terzo livello in data 25-26 marzo 2013, e della Delibera Federale (rif. 0019174) del 26 marzo 2016 con la quale la FISE dichiarava il ricorrente non idoneo al rilascio della qualifica di istruttore federale di terzo livello;

per l’accertamento

- della sussistenza dei requisiti per l’attribuzione al ricorrente della qualifica di istruttore federale di equitazione di terzo livello

per la condanna

- della FISE al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Federazione Italiana Sport Equestri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2016 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

L’odierno ricorrente, istruttore federale di equitazione di secondo livello, decideva di intraprendere l’iter formativo necessario per il conseguimento della qualifica di istruttore di terzo livello, iter consistente nella partecipazione e superamento di sette unità didattiche e di un esame finale di carattere teorico e pratico.

Dopo aver superato le sette unità didattiche, l’ OMISSIS partecipava in Roma, presso il Centro Federale Equestre dei Pratoni del Vivaro, al prescritto esame finale nella sessione del 25-26 marzo 2013.

Ricevuta la comunicazione dell’esito insufficiente del proprio esame finale di cui alla Delibera Federale (rif. 0019174) del 26 marzo 2016, il ricorrente, con missiva datata 29.03.2013, richiedeva al Dipartimento Formazione della FISE il rilascio di copie dei verbali della Commissione Esaminatrice relativi alla sessione d’esame in oggetto.

Con e-mail datata 24.04.2013, il Dipartimento Formazione inviava al ricorrente le sole copie dei verbali delle prove sostenute dallo stesso con esito insufficiente.

Ritenendo l’ OMISSIS illegittimo il provvedimento di esito insufficiente del proprio esame, richiedeva alla FISE, con missive datate 07.05.2013 e 17.05.2013, di modificare tale provvedimento in autotutela o di comunicare eventuali strumenti di ricorso interno, senza ricevere risposta dalla FISE.

Deduce il ricorrente l’illegittimità della procedura di esame, della relativa delibera conclusiva, nonché del regolamento a monte del 16.01.2013 e del successivo comportamento della FISE, ritenuti viziati per a) indeterminatezza dei criteri di valutazione, b) eccesso di potere, c) difetto di motivazione, d) arbitrarietà della valutazione e violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione.

Si è costituita in giudizio, con memoria del 17.07.2013, la Federazione resistente, deducendo l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza del ricorso, chiedendone pertanto il rigetto.

Alla camera di consiglio del 2-3.07.2013 il Collegio giudicante rigettava l’istanza cautelare dell’ OMISSIS, ed anche l’istanza di accesso incidentale, con ordinanza n. 2602/2013, appellata dal ricorrente innanzi al Consiglio di Stato, che respingeva l’appello alla camera di consiglio del 10-11.09.2013.

All’udienza del 21 novembre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.

Il ricorso è inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione.

Il D.L. n. 220 del 2003, conv. in L. n. 280 del 2003, stabilisce, all'art. 1, comma 1, che i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia "salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo".

Il successivo art. 2, in applicazione di tale principio, riserva all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.

L'art. 3, infine, occupandosi specificamente della giurisdizione prevede che, "esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della L. 23 marzo 1981, n. 91".

Come è stato chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, gli articoli riportati prevedono tre forme di tutela: una limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario; una relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all'art. 2, non apprestata da organi dello Stato ma da organismi interni all'ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta "giustizia associativa"; una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) - demandati al giudice ordinario -, per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell'art. 2, D.L. n. 220 del 2003, sono riservate all'esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva.

Da tale ripartizione si evince che la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole sportive, mentre quella statale è chiamata a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi (Cons. St., sez. VI, 9 luglio 2004 n. 5025).

Tutto ciò premesso, il ricorso in esame ha ad oggetto il mancato superamento, da parte del ricorrente, di un esame interno di avanzamento alla qualifica di istruttore federale di equitazione di terzo livello; tale mancato superamento costituisce l’esito di un giudizio fondato esclusivamente su criteri tecnico-sportivi di valutazione delle qualità tecniche espresse dal ricorrente in sede di esame, e peraltro non determina la perdita dello status di tesserato in capo allo stesso, il quale potrà continuare a svolgere la propria attività di istruttore federale di secondo livello, così come potrà ancora, previa ripetizione delle prove d’esame risultate insufficienti, conseguire la qualifica di istruttore di terzo livello.

Dunque, appare evidente come le doglianze sollevate dal ricorrente rientrino pienamente nelle questioni interne alla giustizia sportiva, soggette agli strumenti di tutela propri del relativo ordinamento.

Ciò in quanto la procedura d’esame e la relativa valutazione risultano basati, come detto, su un giudizio relativo alle qualità tecniche, privo di rilevanza esterna all'ordinamento sportivo, non avendo alcun riflesso, né diretto né indiretto, nell'ordinamento statale il giudizio di inidoneità tecnica allo svolgimento dell’attività di istruttore federale di terzo livello (Cons. St., sez. VI, n. 2333/2009; TAR Lazio, sez. III-ter, n. 10911/2007).

Per completezza deve poi rilevarsi che il ricorso sarebbe in ogni caso anche improcedibile, non avendo il ricorrente rispettato il vincolo della pregiudiziale sportiva, che avrebbe richiesto il previo esperimento di tutti i rimedi offerti dall'ordinamento sportivo dinanzi ai propri organi di giustizia sportiva, salvo poi eventualmente adire questo giudice (Cons. St., sez. VI, 31 maggio 2013, n. 3002; Tar Lazio, sez III ter, n 11125/2013; Tar Lazio, sez. III quater, 21 giugno 2013, n. 6258; id., sez. III ter, 25 maggio 2010, n. 13266; 31 maggio 2005, n. 4284 e 15 giugno 2006, n. 4604).

Va quindi esaminata la domanda risarcitoria, in relazione alla quale è preliminare l'esame della questione di giurisdizione.

Sul punto occorre richiamare quanto statuito nella citata sentenza della Corte Costituzionale n. 49/2011 con riferimento alla seconda categoria di controversie, quelle interne all'ordinamento sportivo.

La giustizia sportiva costituisce infatti l'unico strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole sportive e tecniche, ovvero delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, rilevanti nel caso di specie.

Secondo la Corte non può, "in questi casi, in cui, per la tutela della situazione di cui si lamenta la violazione, è escluso un intervento della giurisdizione statale, invocarsi la violazione dell'art. 24 Cost., dato che è proprio la situazione che si pretende lesa che non assume la consistenza del diritto soggettivo o dell'interesse legittimo".

La sentenza ha citato, in proposito, due precedenti arresti delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la prima antecedente alla legge n. 280 del 2003 (sentenza n. 4399 del 1989) e la seconda successiva alla sua entrata in vigore (sentenza n. 5775 del 2004); in quest'ultima, in particolare, si è affermato che tali questioni "non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base alle regole promananti dall'associazionismo sportivo sono collocate in un'area di non rilevanza per l'ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l'ordinamento statuale di tali norme e della loro violazione conduce all'assenza della tutela giurisdizionale statale".

In linea con tali interpretazione deve quindi concludersi che anche la domanda risarcitoria, ove collegata alla violazione delle regole tecniche come nel caso di specie, esula dalla giurisdizione amministrativa in quanto afferente la lesione di posizioni soggettive non qualificabili come diritto soggettivo o interesse legittimo.

In ogni caso, poi, secondo l'orientamento dominante della giurisprudenza in materia, anche per le controversie risarcitorie opera il c.d. vincolo della giustizia sportiva, con la conseguenza che le stesse possono essere instaurate solo una volta "esauriti i gradi della giustizia sportiva", così come prevede l'art. 3 (Consiglio di Stato, sent. n. 3002/2013).

Anche sotto tale aspetto, quindi, il mancato previo esperimento dei diversi rimedi approntati dalla giustizia sportiva non consentirebbe di esaminare la domanda risarcitoria.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, sia nella parte impugnatoria che in quella risarcitoria, per difetto assoluto di giurisdizione.

La peculiarità della questione controversa giustifica comunque la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto assoluto di giurisdizione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore

Francesca Romano, Referendario

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