CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 69 del 30/08/2021 –Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 69

 

Anno 2021


 IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE

 

 

 

composta da 

Mario Sanino - Presidente

Angelo Maietta - Relatore

Giuseppe Andreotta

Vito Branca

Guido Cecinelli - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

 

 

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 38/2021, presentato, in data 8 aprile 2021, dalla società Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Enzo Morelli, Gian Pietro Bianchi e Lorenzo Vigasio,

 

 

contro

 

 

 

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), in persona del Presidente pro tempore, non costituitasi in giudizio,

 

 

avverso

 

 

la decisione n. 108/CSA/2020-2021 della Corte Sportiva di Appello della FIGC del 16 marzo 2021.

 

 

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalla parte ricorrente;

 

 

 

uditi, nell’udienza del 4 agosto 2021, il difensore della parte ricorrente - Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A. - avv. Gian Pietro Bianchi, presente fisicamente presso i locali del CONI, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Thomas Martone, collegato in videoconferenza, mediante la piattaforma Microsoft Teams, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

 

 

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Angelo Maietta.

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

1. Con il ricorso in epigrafe, Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A. (dora in poi anche solo Atalanta) ha adito il Collegio di Garanzia al fine di ottenere l’annullamento della decisione n. 108/CSA/2020-2021 della Corte Sportiva di Appello della FIGC, che ha dichiarato inammissibile il reclamo presentato dalla medesima società avverso la decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A, di cui al C.U. n. 194 del 23 febbraio 2021, con la quale è stata inflitta, a carico del sig. Gian Piero Gasperini, allenatore dell’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., la sanzione della squalifica per una giornata effettiva di gara e l’ammenda pari ad € 15.000,00, in relazione alla gara del Campionato di calcio di Serie A Atalanta - Napoli del 21 febbraio 2021.

In particolare, il GS presso la LNPA irrogava la predetta sanzione (squalifica per una gara e ammenda di 15.000,00 euro) all’allenatore dell’Atalanta «per avere, al 25° del primo tempo, contestando una decisione arbitrale, rivolto al Quarto Ufficiale espressioni irriguardose; per avere, inoltre, allatto del provvedimento di espulsione, continuato a protestare nei confronti del direttore di gara al quale gridava espressioni di critica irrispettosa».

Decidendo sul reclamo interposto, la CSA, con la decisione quivi impugnata, lo dichiarava inammissibile.

La Corte Sportiva, sul presupposto che l’ammenda in parola costituisse «a tutti gli effetti una sanzione meramente accessoria» e che la sanzione c.d. principale della squalifica per una giornata effettiva di gara non fosse impugnabile ai sensi dell’art. 74, comma 8, CGS FIGC, si interrogava, dunque, sulla ammissibilità o meno del reclamo che sia proposto avverso la sola sanzione pecuniaria accessoria.

Secondo la CSA la risposta non poteva che essere negativa: «Dalla lettura complessiva del C.G.S., infatti, non si riscontra alcuna disposizione che preveda espressamente, e/o da cui sia possibile inferire in modo inequivoco, limpugnabilità della sola sanzione pecuniaria accessoria che si accompagni alla sanzione della squalifica, già scontata e in ogni caso non impugnabile. Una diversa conclusione potrebbe apparire giustificata solo nel caso di un intervento positivo da parte del Legislatore Federale, alla cui autorità è rimessa in via esclusiva la scelta discrezionale sulla riforma del quadro normativo vigente nellOrdinamento Federale sportivo.

Allo stato, dunque, il complesso delle norme statutarie e federali attualmente in vigore non consente di ritenere ammissibile limpugnazione, in via autonoma e disgiunta, della sola sanzione accessoria».

 

2.

 

LAtalanta ha, dunque, presentato ricorso al Collegio di Garanzia, concludendo affinché «venga accolto il presente ricorso e, per leffetto, annullata e/o riformata limpugnata decisione della Corte Sportiva dAppello della FIGC … e così: 1) nel merito, ridurre la sanzione irrogata nella sanzione di una sola giornata di squalifica; 2) nel merito in via subordinata, ridurre la sanzione nella misura che sarà ritenuta commisurata alla gravità della condotta addebitata. - In via di subordine: si chiede che venga accolto il ricorso e, ai sensi dellart. 62, comma 2 C.G.S. CONI, rinviata la decisione agli organi di giustizia FIGC, in diversa composizione, enunciando il principio di diritto al quale il giudice federale di rinvio competente dovrà attenersi».

A sostegno del ricorso la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di diritto:

i) “Violazione e/o erronea applicazione del c.g.s. fra cui dellart. 9, comma 1, c.g.s.Nella  prospettazione  della  ricorrente,  la  CSA  avrebbe  errato  nel  considerare  l’ammenda comminata quale sanzione accessoria. Invero, la stessa si porrebbe con quella della “squalifica” in termini di alternatività o cumulo e non anche in rapporto di accessorietà.

Militerebbe in tal senso non solo la lettera dell’art. 9, comma 1, CGS FIGC, ma anche una lettura analogica rispetto alla differenziazione tra pene principali e pene accessorie previste dal codice penale; queste ultime, come accade anche, ad esempio, nel codice della strada, sono quelle irrogate da giudice conseguentemente alla pena principale.

Nel caso di specie, in relazione alla condotta tenuta dal sig. Gasperini, poteva o non poteva essere comminata la sanzione dell’ammenda e quindi non vi era alcun automatismo accessorietà, ma un mero profilo di eventuale cumulo fra due sanzioni principali.

ii) “Violazione e/o erronea applicazione del c.g.s. fra cui dellart. 74, comma 8, c.g.s. 

La ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui ha interpretato erroneamente l’art. 74, comma 8, CGS FIGC.

Tale disposizione, infatti, (per cui «Il procedimento d'urgenza non può essere richiesto nel caso delle sanzioni di cui allart. 8, comma 1, lettere a), b), c) e di cui allart. 9, comma 1, lettere a), b), c), d) né nel caso di squalifica per una gara, salvo che si tratti di procedimenti nei quali è ammissibile luso di immagini televisive come fonti di prova») preclude la procedura durgenza nei casi di squalifica per una giornata, di ammonizione, di ammonizione con diffida nonché - per quello che riguarda il presente contenzioso - di ammenda e di ammenda con diffida.

Tuttavia, secondo la prospettazione della ricorrente, è la stessa CSA ad ammettere la possibilidi ricorso ordinario avverso le sanzioni della sola” ammenda o della ammenda con diffida (vengono, a tal fine, riportati taluni precedenti della Corte Sportiva).

Tale  giurisprudenza  della  Corte  sarebbe,  differentemente  dalla  decisione  quivi  impugnata, coerente con la corretta esegesi delle norme che regolano i ricorsi endofederali nel CGS FIGC. Invero, né negli articoli contenuti nelle norme generali sui procedimenti (artt. 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56 e 61 CGS FIGC), né nelle norme dedicate alla procedura ordinaria avanti alla Corte Sportiva di Appello a livello nazionale (artt. 70, 71, 72 e 73) sarebbe contenuta alcuna previsione che dichiari l’improcedibilidi un ricorso avverso la sanzione dell’ammenda.

Lunica previsione che contempli un siffatto limite è, invece, prevista da quella relativa al procedimento di urgenza ex art. 74, richiamato nella decisione impugnata dalla  CSA,  ove tuttavia non si contempla il divieto di ricorso per la sanzione per cui è causa

Il perimetro applicativo dell’art. 74, comma 8, CGS FIGC, a detta della ricorrente, deve restare confinato rispetto al procedimento speciale a cui inerisce e ciò in ossequio al canone interpretativo sotteso al noto broccardo “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

La ricorrente, da ultimo, si sofferma, “Sulla sproporzione della sanzione dellammenda pari ad euro 15.000, nell’ottica di fornire al Collegio la possibilidi decidere senza rinvio.

Vengono, dunque, allegate numerose decisioni della CSA che dimostrerebbero che la sanzione inflitta nei confronti del sig. Gasperini risulterebbe maggiormente afflittiva, in palese violazione dei canoni di coerenza e proporzionalità che governano la giustizia sportiva.

4. La Procura Generale, intervenuta ai sensi dellart. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, ha concluso per l’accoglimento del ricorso, con annullamento della decisione impugnata e rinvio alla Corte Sportiva d'Appello della FIGC.

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

Il ricorso è inammissibile.

 

Giova preliminarmente ricordare che il Codice della Giustizia Sportiva del CONI rimanda, in relazione ai principi da applicare al processo sportivo, alle norme del Codice di procedura civile in quanto compatibili (cfr. art. 2, comma 6, CGS CONI) e tale codificazione è stata più volte ribadita all’interno della giurisprudenza di Questo Collegio.

Orbene, proprio partendo da tale assunto è chiaro ed evidente che il gravame proposto, al netto dei principi di diritto che Questo Collegio comunque ritiene di dover affermare, è inammissibile e tanto perché in tema di titolarità dell’azione e della legittimazione attiva il ricorso doveva essere promosso non già dall’Atalanta quanto dall’allenatore Gasperini; invero, la sanzione impugnata spiega la sua afflittività nella sfera dei diritti dell’allenatore e non della squadra, trattandosi di una sanzione pecuniaria (l’ammenda) di euro 15.000,00 (quindicimila/00) a carico dell’allenatore e non della società. L'istituto della "legittimazione ad agire" si iscrive nella cornice del diritto all'azione, il diritto di agire in giudizio. L'azione a tutela del diritto costituisce momento essenziale di un ordinamento, perché solo per essa si può parlare di giuridicità dell'ordinamento. Se un diritto non è tutelabile, non è un diritto. Il nostro ordinamento riconosce, e pone a fondamento del suo essere, il diritto all'azione nel Codice civile e nella Costituzione. L'art. 2907 c.c., intitolato "Attivigiurisdizionale", che, all'interno del libro VI, dedicato alla "Tutela dei diritti", apre il Titolo "Della tutela giurisdizionale dei diritti", afferma: "alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorità giudiziaria su domanda della parte". L'art. 24 della Costituzione dichiara: “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". La legittimazione ad agire serve ad individuare la titolarità del diritto ad agire in giudizio. Ragionando ex art. 81 c.p.c., per il quale, "fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui", essa spetta a chiunque faccia valere nel processo un diritto assumendo di esserne titolare. Secondo una tradizionale e condivisibile definizione, la parte è il soggetto che in proprio nome domanda o il soggetto contro il quale la domanda, sempre in proprio nome, è proposta. Sul punto la giurisprudenza della Cassazione, peraltro a Sezioni Unite, ha avuto modo di affermare come “la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare. La sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Cosa diversa dalla titolarità del diritto ad agire è la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio. La relativa questione attiene al merito della causa” (Cass. Civ., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951), chiarendo che la relativa questione può essere rilevata dufficio (come nel caso di specie) anche in assenza della costituzione del convenuto, atteso che “il giudice può rilevare dagli atti la carenza di titolarità del diritto anche d'ufficio. La contumacia del convenuto non vale a rendere non contestati i fatti allegati dall'altra parte, né altera la ripartizione degli oneri probatori e non vale in particolare ad escludere che l'attore debba fornire la prova di tutti i fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio.” (Cass. Civ., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951). Milita, infine, nella direzione prospettata anche il Codice di Giustizia Sportiva della FIGC e, in particolare, l’art. 49, laddove espressamente si prevede che “sono legittimati a proporre ricorso innanzi agli organi di giustizia di primo grado e reclamo innanzi agli organi di giustizia di secondo grado, le società e i soggetti che abbiano interesse diretto al ricorso o al reclamo stesso. Per i ricorsi o i reclami in ordine allo svolgimento di gare, sono titolari di interesse diretto soltanto le società e i loro tesserati che vi hanno partecipato. Anche la lettura di questa norma, raccordata con i principi innanzi esposti, dimostra come la titolarità del diritto dazione era in capo all’allenatore Gasperini e non già all’Atalanta.

Chiarito questo aspetto processuale che, però, incide sulla sostanza, il ricorso va dichiarato inammissibile, ma non può non esprimersi, da parte del Collegio, il principio di diritto che la sanzione dellammenda non è una sanzione accessoria e tanto per  rendere omaggio alla funzione nomofilattica ed evitare distorte interpretazioni normative endofederali.

La qualificazione della sanzione dell’ammenda come sanzione autonoma e non accessoria deriva dalla corretta interpretazione sistematica delle norme del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC le quali, segnatamente gli articoli 8 e 9, disciplinanti, rispettivamente, le sanzioni a carico della società e dei dirigenti, soci e tesserati della società, recano come incipit rispettivamente le società che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, del Codice, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile, sono punibili con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura e alla gravidei fatti commessi:(omissis)e I dirigenti, i tesserati delle società, i soci e non soci di cui all'art. 2, comma 2 che si rendono responsabili della violazione  dello Statuto, del Codice,  delle norme federali  e di ogni altra disposizione loro applicabile, anche se non più tesserati, sono punibili, ferma restando lapplicazione degli articoli 16, comma 3 dello Statuto e 36, comma 7 delle NOIF, con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura e alla gravidei fatti commessi:… (omissis). Entrambe le norme richiamate continuano, poi, declinando quali sono le sanzioni da applicare e tra queste figura anche l’ammenda. Dalla lettura dei due articoli menzionati non si evince alcun richiamo alla accessorietà o meno dell’una sanzione rispetto all’altra, anzi vero è esattamente il contrario perché, laddove si legge la locuzione “sono punibili con una o più delle seguenti sanzioni, è evidente che ogni sanzione è dotata di autonomia e che le sanzioni siano, pertanto, cumulabili e/o scindibili senza avere alcun nesso di dipendenza e di accessorietà tra loro. Alla luce di tale adamantina formulazione, è evidente che la Corte Sportiva dAppello abbia commesso un grave errore interpretativo violando le norme endofederali e, pertanto, Questo Collegio dispone che vada affermato, per il futuro, il principio di diritto secondo il quale “le sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva della FIGC sono tutte autonome tra loro e come tali cumulabili e/o scindibili non essendoci alcun vincolo di dipendenza o accessorietà delle une rispetto alle altre”.

La contumacia delle parti resistenti giustifica il non riconoscimento delle spese di lite.

 

 

 PQM

 

Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 38/2020, presentato, in data 8 aprile 2021, dall'Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A. contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio avverso la decisione n. 108/CSA/2020-2021 della Corte Sportiva di Appello della FIGC, che ha dichiarato inammissibile il reclamo presentato dalla medesima società avverso la decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A, di cui al C.U. n. 194 del 23 febbraio 2021, con la quale è stata inflitta, a carico del sig. Gian Piero Gasperini, allenatore dell’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., la sanzione della squalifica per una giornata effettiva di gara e l’ammenda pari ad

€ 15.000,00, in relazione alla gara del Campionato di calcio di Serie A Atalanta - Napoli del 21 febbraio 2021.

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti, tramite i loro difensori, anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 4 agosto 2021.

Il Presidente                                                                                              Il Relatore

F.to Mario Sanino                                                                                     F.to Angelo Maietta

 

 

Depositato in Roma in data 30 agosto 2021

Il Segretario

F.to Alvio La Face

 

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