F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione IV – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0013/CFA pubblicata il 31 Agosto 2021 (motivazioni) – Bologna F.C. 1909 S.p.A./A.C Chievo Verona S.r.l.
Decisione/0013/CFA-2021-2022
Registro procedimenti n. 0007/CFA/2021-2022
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
IV SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Marco Lipari – Presidente
Domenico Luca Scordino - Componente
Alfredo Vitale - Componente (relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul reclamo numero n. 0007/CFA/2021-2022 proposto dalla società Bologna FC 1909 Spa
Contro
la società A.C. Chievo Verona Srl per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione Vertenze Economiche n. 0012/TFNSVE/2021-2022 del 21 luglio 2021; visto il reclamo e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 23 agosto 2021 Alfredo Vitale e udito l’Avv. Mattia Grassani per Bologna FC 1909 S.p.a. e l’Avv. Claudia Renzulli per A.C. Chievo Verona Srl;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
La presente controversia origina dal ricorso proposto dalla società Bologna F.C. 1909 S.p.A innanzi al Tribunale Federale Nazionale – sezione Vertenze Economiche, per ottenere la declaratoria di mancato avveramento, nella stagione sportiva 2020 – 2021, delle “condizioni del premio e/o indennizzo di cui al modulo n. 0001786560/19 inserito nell’accordo in bollo n. 0001786560/19 in favore della società A.C. Chievo Verona s.r.l. per l’importo di Euro 200.000,00 (+ I.V.A.) con pagamento in unica soluzione”; nonché, se del caso, per l’annullamento della determinazione della Lega Nazionale Professionisti Serie A del 25 maggio 2021, con cui si è reso noto che le predette condizioni “risultano essersi verificate”.
In particolare, la società ricorrente ha esposto: di aver sottoscritto, in data 20 gennaio 2020, con la società A.C. Chievo Verona s.r.l., il contratto avente ad oggetto il trasferimento, a titolo definitivo, del calciatore Emanuel Vignato; che sul modulo n. 0001786560/19 le parti hanno previsto, a titolo di premi e/o indennizzi, il riconoscimento, in favore del Chievo Verona, di determinati importi, correlati – per quanto interessa il presente giudizio – al “raggiungimento della 10a, 15a, 20a, 25a presenza da almeno 15 (quindici) minuti del calciatore Vignato con il Bologna o altra squadra di Serie A”; che nel contratto le parti hanno soggiunto che i predetti premi sarebbero stati “validi per ogni stagione sportiva di contratto del Bologna con il calciatore Vignato”, oltre che “cumulabili e possono maturare una sola volta per l'intera durata del contratto stesso. I premi se maturati, verranno pagati tramite stanza di compensazione, ai sensi dell'art. 100.3 - 100.4 101.7 -102.5 - 103.3 NOIF entro il termine successivo al 30/06”: condizione da verificare sulla scorta di quanto sarebbe risultato dalle “Fonti: Gazzetta dello Sport, sito Lega Serie A”.
La Lega Nazionale Professionisti Serie A (LNPA), con comunicazione del 25 maggio 2021, ha reso noto che “ risultano essersi verificate le condizioni del premio e/o indennizzo di cui al modulo n. 0001786560/19 inserito nell'accordo in bollo n. 0001786560/19 in favore della società A.C. Chievo Verona s.r.l. per l’importo di Euro 200.000,00 (+ IVA) con pagamento in unica soluzione”, e ciò in relazione al ritenuto raggiungimento della “ 25a (venticinquesima) presenza da almeno 15 (quindici) minuti del calciatore Vignato con il Bologna o altra squadra di Serie A”.
L’avveramento di tali condizioni è stato contestato dalla società Bologna F.C. 1909 S.p.A., la quale ha dedotto innanzi al Tribunale Nazionale Federale i seguenti motivi:
1°) erronea interpretazione della condizione sul conteggio del minutaggio e, di conseguenza, del numero di partite.
Premettendo che “le fonti individuate inter partes per verificare l'avveramento della condizione non giungono al medesimo risultato, poiché, con riferimento alla stagione sportiva 2020/2021, la LNPA ritiene che il Calciatore abbia raggiunto le 25 (venticinque) presenze da almeno 15 minuti (…), mentre la Gazzetta dello Sport attesta che il numero di gare complessive da almeno 15 minuti sia pari a 23 (ventitré)”, la ricorrente ha osservato che tale discrasia deriverebbe “dal riconoscimento o meno, ai fini della quantificazione del numero delle gare, dei minuti di recupero che in ogni gara possono, o meno, essere concessi dal direttore di gara”, nel senso che il calciatore Vignato “nella stagione sportiva 2020/2021, ha disputato con la maglia del Bologna n. 2 gare in Coppa Italia partendo da titolare e rimanendo in campo più di 15 minuti e n. 38 gare in Campionato, di cui 11 da titolare”; in tale prospettiva, la ricorrente ha evidenziato che sarebbe incerta la clausola apposta al contratto di trasferimento relativamente alla considerazione dei “minuti di recupero di una gara ufficiale per far maturare il lasso temporale (“almeno 15 minuti”) utile a conteggiare una presenza ai fini del riconoscimento del premio in favore del Chievo”; ha richiamato a supporto dei propri argomenti difensivi la regola n. 7 del regolamento del gioco del calcio, che dispone, per quanto concerne i periodi di gioco, che “una gara si compone di due periodi di gioco di 45 minuti ciascuno, che possono essere soltanto ridotti se una diversa durata viene convenuta di comune accordo tra l'arbitro e le due squadre prima dell'inizio della gara e ciò in conformità con il regolamento della competizione ”: il che equivarrebbe a prospettare l’estensione del tempo di gioco (ossia il recupero) quale misura di compensazione del tempo non giocato, con la conseguenza che “la previsione di un tempo extra, dopo il novantesimo minuto, è ammessa, quindi, solo quale strumento per rimediare alle perdite di tempo, i.e. ai momenti in cui il gioco è fermo”.
La ricorrente ha, pertanto, censurato l’interpretazione della Lega Nazionale Professionisti Serie A, la quale riterrebbe che “ sino al fischio finale di una gara, tutti i minuti - comprensivi anche di quelli a gioco fermo e quindi non disputati - siano da conteggiare, a fini statistici, nel minutaggio di un atleta”, come già riconosciuto per altri calciatori.
Di converso, “il concetto di presenza in campo rilevante in base ai minuti della gara per il riconoscimento di una indennità premiale”, e dunque anche il subordinato premio di rendimento in favore della società cedente quale parte variabile del prezzo di trasferimento, dovrebbe essere ricondotto ad un “evento positivo legato, appunto, al rendimento del calciatore secondo l’unico dato temporale prevedibile ex ante tra le parti, i.e. i 90 minuti di gioco”; in sostanza, “la ratio della pattuizione premiale si fonda sul presupposto che il calciatore raggiunga determinati risultati, in questo caso legati alla presenza in campo di almeno 15 minuti, che non può slegarsi dal concetto di partita secondo il tempo di gioco regolare di 90 minuti”.
Ad avviso della ricorrente, in particolare, “nell'individuare i minuti di gioco ritenuti rilevanti per riconoscere la presenza in campo del calciatore”, le parti avrebbero fatto riferimento, “in assenza di una previsione diversa”, al concetto di partita giocata sui 90 minuti, “stabilendo che almeno 1/3 di un tempo di gioco e, quindi, poco più del 15 % della durata totale di una gara – sempre secondo il parametro dei 90 minuti - avrebbe configurato una presenza rilevante ai fini del premio”, senza, perciò, prendere in esame “la variabile imprevedibile dei minuti di recupero” (cfr. pag. 6).
Ciò, pertanto, spiegherebbe la ragione per cui la Gazzetta dello Sport avrebbe calcolato il minutaggio stagionale del calciatore Vignato pervenendo al computo di “23 gare di almeno 15 minuti l’una disputate”: criterio non condiviso dalla Lega.
2°) Applicazione del criterio dei parametri oggettivi.
Con tale motivo la ricorrente ha sostenuto che, sebbene “i rilievi della LNPA sono indicati tra le fonti per l'accertamento della condizione di maturazione del premio, tuttavia il parametro dei minuti totali, compresi quelli di recupero, portano evidentemente ad un esito contrario alle esigenze di certezza del sistema”.
In sostanza, il riconoscimento del premio in favore del Chievo Verona avrebbe dovuto ancorarsi alla “applicazione di criteri e parametri "certi" e, quindi, non soggetti a variabili”, concludendo che “la combinazione tra minuti di gioco (in proporzione ai tempi regolamentari del match stabiliti dal regolamento) e presenze è l'unico idoneo a soddisfare tali esigenze”.
Si è costituita in giudizio la società A.C. Chievo Verona s.r.l., la quale ha precisato che “ le parti (Bologna/Chievo) indicavano la Gazzetta dello Sport e il sito della Lega Serie A, quali fonti per la verifica degli eventi dedotti in condizione”; nel merito ha opposto: che “come correttamente certificato dalla LNPA, per stabilire il minutaggio, vanno conteggiati i minuti fino alla fine della gara, come analiticamente individuati nel report gara”; che la clausola contestata “ privilegia e dà rilievo al concetto di presenza in campo, di almeno 15 minuti del calciatore, indipendentemente dal tempo di durata della gara”, e che, ove davvero fosse stata ritenuta applicabile l’interpretazione fatta propria dalla ricorrente, le parti avrebbero formulato diversamente il testo della predetta clausola; che, inoltre, nel calcolo progressivo delle presenze del calciatore Vignato si sarebbe tenuto conto di gare (Benevento/Bologna, nel corso della quale il calciatore è subentrato al 78° del secondo tempo ed è rimasto in campo fino al 96°;
Fiorentina/Bologna, nel corso della quale il calciatore è subentrato al 76° del secondo tempo ed è rimasto in campo fino al 93°;
Bologna/Udinese, nel corso della quale il calciatore è subentrato al 76° del secondo tempo ed è rimasto in campo fino al 94°; Napoli/Bologna, nel corso della quale il calciatore è subentrato al 76° del secondo tempo ed è rimasto in campo fino al 95°) nelle quali il tempo di recupero sarebbe stato considerato; ha, pertanto, chiesto il rigetto della domanda e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
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Con Decisione/0012/TFNSVE-2021-2022, Registro procedimenti n. 0144/TFNSVE/2020-2021, il Tribunale Nazionale Federale ha respinto il ricorso proposto dal Bologna F.C. 1909 S.p.A. ritenendo che la pur affermata discrasia tra le fonti convenzionalmente individuate dalle parti per l’identificazione del minutaggio rilevante ai fini dell’avveramento della condizione contrattuale (i.e. Gazzetta dello Sport e sito Lega Serie A) potesse trovare un componimento n i più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità (cfr. Corte Suprema di Cassazione, ordinanza 25 febbraio 2021, n. 5234), secondo cui la centralità della ricerca della comune volontà delle parti nell’interpretazione del contratto - in applicazione dell’art. 1362 c.c. – implica che “non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti (Cass. 28 agosto 2007, n. 18180; Cass. 21 agosto 2013, n. 19357)”.
Sulla base di tale premessa ricostruttiva, il Tribunale è pertanto pervenuto ad affermare che il concetto di presenza del calciatore, correlato al minutaggio identificante l’evento dedotto in condizione, “[…] non possa essere disancorato dal tempo di recupero ai fini del raggiungimento della soglia di 15 minuti che il calciatore che il calciatore Vignato ha trascorso in campo nel corso delle partite considerate”.
Ciò, in primis, in considerazione del fatto che “[…] la previsione contestata non è stata affatto legata ad una performance sportiva, ma, più banalmente, alla presenza del calciatore sul rettangolo verde, cioè come uno degli undici giocatori della squadra di calcio del Bologna; ne deriva che l’incidenza del tempo effettivamente giocato è, nella specie, del tutto irrilevante, il che ad avviso del Collegio contribuisce a spiegare il motivo per cui i contraenti, al momento della conclusione del contratto di trasferimento, non abbiano formulato in modo chiaro e dettagliato come dovesse intendersi il concetto di “presenza”, nonostante a tale concetto dovesse riferirsi la liquidazione di un rilevante importo a titolo di premio (Euro 200.000,00 + IVA).” Invero, sempre nella prospettiva fatta propria dal Tribunale, “[…] il tempo recuperato, pur mirando a compensare il tempo non giocato, resta, comunque, rilevante ai fini della regolarità della partita e del risultato e, a fortiori, della presenza (oltre che delle prestazioni) dei calciatori.”
Inoltre, alle predette conclusioni supportanti la decisione di rigetto del ricorso proposto dal Bologna F.C. 1909 S.p.A., il Tribunale è altresì pervenuto evidenziando come “[…] non è ravvisabile, nel regolamento del gioco del calcio, un principio di corrispondenza
cronometrica tra tempo non giocato e tempo recuperato”.
Di contro, “[…] il regolamento del calcio prevede che “ciascun periodo di gioco deve essere prolungato dall’arbitro per recuperare tutto il tempo perduto per: le sostituzioni, l’accertamento e/o l’uscita dal terreno di gioco dei calciatori infortunati, le manovre tendenti a perdere tempo, i provvedimenti disciplinari, le interruzioni per ragioni mediche consentite dal regolamento della competizione, ad esempio per dissetarsi (che non devono superare un minuto) o per rinfrescarsi (“cooling break” da novanta secondi a tre minuti), controlli e revisioni VAR, qualsiasi altra causa, compreso ogni significativo ritardo in occasione delle riprese di gioco (ad esempio, festeggiamenti per la segnatura di una rete)”; è, inoltre previsto che “il quarto ufficiale indica il recupero minimo deciso dall’arbitro al termine dell’ultimo minuto di ciascun periodo di gioco. Il recupero può essere aumentato dall’arbitro, ma non può essere ridotto”; e si precisa, soprattutto, che “l’arbitro deve recuperare il tempo perso alla fine di ciascun periodo di gioco. Tuttavia, la durata del tempo da recuperare è a discrezione dell’arbitro”, in quanto “molte interruzioni di gioco sono del tutto normali (ad esempio, rimesse laterali, calci di rinvio). Un recupero deve essere assegnato soltanto quando tali perdite di tempo sono eccessive”.
Sulla scorta di quanto rilevato, il Collegio registra che non è stata allegata prova, da parte della società ricorrente, che la partecipazione del calciatore Vignato, nel corso dei minuti di recupero ulteriori rispetto alla sua presenza in campo durante i 90 minuti regolamentari, sia il risultato – o meno – di interruzioni suscettibili di essere compensate con il recupero (cioè in caso di “perdite di tempo (…) eccessive ”): il che mina in radice la persuasività della tesi su cui è incentrato il ricorso.”
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Avverso tale decisione ha proposto rituale reclamo il Bologna F.C. 1909 S.p.A., rilevando come la statuizione resa dal Tribunale, pur qualificando le fonti convenzionalmente individuate per stabilire l’effettivo minutaggio della presenza in campo del calciatore Vignato (i.e. Gazzetta dello Sport e Lega Serie A) come “equipollenti” e “alternative”, non conterrebbe, poi, motivazione circa l’affermata prevalenza della seconda (i.e. il report della Lega Serie A) sulla prima di matrice giornalistica.
Inoltre, sempre nella prospettiva del reclamante, il concetto di “presenza” – a differenza di quanto statuito dal Tribunale – dovrebbe essere correlato alla “[…] partecipazione significativa, proattiva e performante del Calciatore al gioco per almeno 15 minuti su 90 totali, quindi una performance sportiva che non si deve limitare alla “presenza” bensì ad una presenza qualificata sotto il profilo temporale”, individuata nei soli 90 minuti di gioco, senza considerate il minutaggio c.d. di recupero.
Tale ultima affermazione trova ulteriore sviluppo nell’ulteriore motivo di censura del reclamante secondo cui, onde escludere qualsiasi profilo di incertezza ermeneutica della clausola contrattuale oggetto di controversia, non si potrebbe che interpretare la stessa nel senso che “[…] al netto dei minuti di recupero che possono o non possono essere concessi in ogni partita e che rappresentano quindi una variabile imprevedibile, il calcolo del periodo rilevante debba essere effettuato considerando esclusivamente il tempo regolamentare di 90 minuti”, ciò essendo altresì – sempre secondo quanto affermato nel reclamo – “[…] l’unica soluzione percorribile al fine di garantire un’interpretazione oggettiva che rispecchi le intenzioni dei contraenti, legando il concesso di presenza all’interno del periodo regolamentare di una partita (90 minuti)”.
Si è costituita in giudizio la società A.C. Chievo Verona s.r.l., con controdeduzioni ai sensi dell’art. 103, comma 1 Codice della Giustizia Sportiva, la quale, nell’aderire alla soluzione interpretativa accolta dal Tribunale Federale (i.e. identificazione della presenza in campo del calciatore Vignato come indipendente dal tempo di durata della gara e, quindi, inclusiva anche degli eventuali minuti di recupero), ha concluso chiedendo la conferma della decisione qui gravata.
All’udienza del 23 agosto 2021, svoltasi in videoconferenza, i difensori dell parti hanno ribadito le rispettive posizioni riportandosi alle conclusioni rassegnate nei propri scritti; in esito alla discussione la Corte si è riservata per la decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il reclamo è infondato e, pertanto, va respinto.
Come evidenziato nella parte in fatto, la questione controversa è essenzialmente riducibile alla interpretazione della clausola contrattuale con la quale le parti hanno identificato l’evento da cui far scaturire l’obbligo di corresponsione della maggiorazione del prezzo pattuito per la compravendita del calciatore Vignato (per euro 200.000,00) “Alla 25^ (venticinquesima) presenza da almeno 15 (quindici) minuti del calciatore Vignato con il Bologna o altra squadra di Serie A”, individuando quali fonti per la determinazione del minutaggio rilevante ai fini dell’avveramento della condizione “Gazzetta dello Sport, sito Lega Serie A”.
Con il primo motivo di gravame, il Bologna F.C. 1909 S.p.A. deduce a carico della decisione resa dal Tribunale il vizio di difetto di motivazione in relazione alla modalità con cui il Giudice di prime cure ha ritenuto di superare la pur rilevata antinomia tra le predette fonti - scaturente dalla diversa considerazione da ciascuna attribuita ai minuti di recupero, eccedenti la durata ordinaria di 90 minuti della partita – a fronte della qualificazione di tali fonti come “alternative ma, comunque, equipollenti”.
Il motivo è infondato.
A dispetto della operata parcellizzazione della decisione di primo grado operata dal reclamante, la motivazione giustificante l’affermata prevalenza della fonte “sito Lega Serie A” rispetto a quella alternativa di matrice giornalistica è chiaramente identificabile nel complessivo ragionamento svolto dal Tribunale Federale, la cui sintesi può essere individuata:
nell’operato richiamo al criterio ermeneutico della ricerca della comune intenzione delle parti (art. 1362, comma 1 c.c.), avendo il Tribunale constatato che, nel caso di specie, l’interpretazione della lettera del testo contrattuale determinava risultati interpretativamente ambigui; nell’individuazione della concorde volontà pattizia nella genericità dell’evocazione del concetto di presenza (del calciatore), che pertanto non poteva intendersi legato ad una performance sportiva dello stesso, con conseguente neutralizzazione di qualsiasi riferimento alla incidenza del tempo effettivamente giocato;
nel dato extratestuale, cui necessariamente riferirsi per conseguire l’obiettivo della ricerca della effettiva volontà contrattuale comune in mancanza di ulteriori appigli testuali nel testo del contratto, costituito dall’oggettività della regola n. 7 del Regolamento del Giuoco del Calcio, carente di qualsiasi considerazione del tempo effettivamente giocato e, in particolare, di qualsiasi differenziazione tra la durata ordinaria (pari a 90 minuti) ed il tempo di recupero.
La decisione impugnata ha correttamente rilevato che il contratto stipulato dalle parti individua due distinte fonti destinate all’accertamento del verificarsi, o meno, della condizione prevista per l’attribuzione del premio. In modo altrettanto chiaro, la pronuncia ha preso atto della circostanza che sussiste un’oggettiva discrasia tra la fonte costituita dalla Gazzetta dello Sport e l’attestazione proveniente dalla Lega.
Per risolvere la prospettata antinomia, il Tribunale ha applicato i generali principi in materia di ermeneutica contrattuale, ricostruendo la volontà comune delle parti, secondo un criterio di ragionevolezza e di coerenza con gli obiettivi perseguiti attraverso la clausola negoziale regolante i presupposti costitutivi del diritto al premio.
È forse possibile ritenere che questo snodo della motivazione non sia stato analiticamente sviluppato nella pronuncia impugnata, ma il ragionamento del Tribunale risulta comunque lineare e completo. D’altro canto, nemmeno il reclamante indica un metodo alternativo per comporre il contrasto tra le due fonti.
Sotto questo profilo, quindi, il primo mezzo di reclamo non può trovare accoglimento.
Dal che consegue l’infondatezza altresì degli ulteriori motivi di censura.
Ed infatti, a smentita di quanto dedotto con il secondo motivo di censura, l’identificazione della comune volontà delle parti manifestata con la definizione della clausola controversa (e, in particolare, dell’identificazione del concetto di “presenza” del calciatore Vignato) non può che essere correlata, come correttamente statuito dalla decisione impugnata, appunto alla regola del gioco al quale il predetto calciatore doveva attenersi.
Invero, in mancanza di diverse specificazioni testuali della nozione di presenza (propriamente qualificata dal Tribunale come “[…] di tenore generale ma non generico […]”), deve ritenersi che sia proprio il complessivo contenuto precettivo della regola n. 7 del Regolamento del Giuoco del Calcio ad identificare – per riprendere l’espressione utilizzata dalla stessa reclamante - i “dati di fatto e [sul]le nozioni conosciute e conoscibili dalle parti al momento della formalizzazione” e che, pertanto, non possa ritenersi ragionevole che le parti, all’atto della sottoscrizione del contratto, avessero inteso attribuire al concetto di presenza un significato ed una estensione diversi rispetto a quelli desumibili alla stregua del citato riferimento precettivo, ad esse comune in quanto regolante il settore sportivo nel quale operano.
Orbene, appare anche in tale sede utile rammentare che dalla ricostruzione della regola n. 7 del Regolamento del Giuoco del Calcio, come detto costituente il cardine normativo alla stregua del quale identificare la modalità di computo della durata regolamentare della partita ed a sua volta referente temporale dell’evento dedotto in condizione dalle parti, non può che pervenirsi alla conclusione per cui anche il tempo di recupero costituisce fattore essenziale d lla regolare e complessiva durata della singola
partita e, quindi, della complessiva presenza (o prestazione) del calciatore Vignato.
Invero, la Regola n. 7 (recante disciplina de “La durata della gara”), dopo aver previsto che “1. PERIODI DI GIOCO Una gara si compone di due periodi di gioco di 45 minuti ciascuno, che possono essere soltanto ridotti se una diversa durata viene convenuta di comune accordo tra l’arbitro e le due squadre prima dell’inizio della gara e ciò è in conformità con il regolamento della competizione”, poi statuisce che “3. RECUPERO DELLE PERDITE DI TEMPO Ciascun periodo di gioco deve essere prolungato dall’arbitro per recuperare tutto il tempo di gioco perduto per: le sostituzioni • l’accertamento e/o l’uscita dal terreno di gioco dei calciatori infortunati • le manovre tendenti a perdere tempo • i provvedimenti disciplinari • le interruzioni per ragioni mediche consentite dal regolamento della competizione, ad esempio per dissetarsi (che non devono superare un minuto) o per rinfrescarsi (“cooling break” da novanta secondi a tre minuti) • controlli e revisioni VAR • qualsiasi altra causa, compreso ogni significativo ritardo in occasione delle riprese di gioco (ad esempio, festeggiamenti per la segnatura di una rete)”.
Inoltre, occorre altresì considerare come il medesimo Regolamento chiarisca, quale indicazione pratica a beneficio dell’operato dell’ufficiale di gara, che “6. È a discrezione dell’arbitro decidere se recuperare o no il tempo perso per infortuni e/o per altre cause? No. L’arbitro deve recuperare il tempo perso alla fine di ciascun periodo di gioco. Tuttavia, la durata del tempo da recuperare è a discrezione dell’arbitro.”
Orbene, l’utilizzo reiterato della declinazione del verbo modale “deve” chiaramente esprime la necessità (rectius, doverosità) dell’estensione temporale della durata ordinaria del tempo di gioco, al ricorrere delle circostanze individuate dal regolamento come atte a giustificare tale prolungamento temporale della partita, attribuendo ad esso esattamente la medesima natura dell’ordinario tempo di gioco.
Peraltro, quale ulteriore conferma di tale assunto, non può non evidenziarsi come l’indicazione dell’effettiva durata della partita, pertanto inclusiva altresì del tempo di recupero partitamente disposto dall’arbitro per la prima e la seconda frazione di gioco, costituisca elemento che deve essere puntualmente indicato in sede di refertazione da parte dell’ufficiale di gara.
Se ne desume in definitiva che, diversamente da quanto prospettato dalla reclamante, il tempo di recupero non possa essere considerato quale entità temporalmente autonoma rispetto all’ordinaria durata della partita e, quindi, elemento eterogeneo rispetto alla durata regolare della partita.
Parimenti infondato è altresì il terzo motivo di impugnazione, con cui la reclamante ha censurato la decisione del Tribunale Federale evidenziando come esso avrebbe errato nel considerare che il Bologna F.C. 1909 S.p.a. abbia evocato un’interpretazione della clausola contrattuale rilevante nel senso della partecipazione effettiva del calciatore Vignato ad una gara ai fini del computo delle relative presenze.
Invero, come si evince dalla piana lettura della decisione impugnata, il principio della mancanza nel gioco del calcio del riferimento al tempo effettivamente giocato è stato evocato dal Tribunale non già per distorcere il contenuto dell’argomentazione difensiva svolta dall’odierna reclamante in sede di ricorso di primo grado ma esclusivamente al fine di motivare ulteriormente come il riferimento alla presenza in campo del calciatore Vignato fosse “[…] il risultato di una consapevole pattuizione tra le parti contraenti, queste ultime essendosi, invero, risolute a ritenere rilevanti le “presenze” in campo del calciatore Vignato indipendentemente dal recupero del tempo di gioco e, perciò, in piena coerenza con la causa del contratto”. E ciò anche nella prospettiva, anch’essa non adeguatamente censurata dalla reclamante, di aderire ad una lettura della clausola controversa altresì aderente al principio generale di buona fede secondo il canone ermeneutico dell’art. 1366 c.c.
Peraltro, neanche conferente appare il richiamo alle indicazioni eterogenee dei minuti di recupero riportate da diverse testate giornalistiche con riferimento ad una medesima gara calcistica (i.e. gara di Coppa Italia tra Inter e Milan del 26 gennaio 2021 nonché gara tra Bologna ed Hellas Verona del 17 maggio 2021).
Invero, nel caso di specie si discute delle risultanze tra fonti convenzionali (i.e. Gazzetta dello Sport e Sito Lega Serie A) discordanti non già nel computo dei minuti di recupero ma, come reiteratamente evidenziato, nello stesso criterio di determinazione della durata della singola partita. Sicché, proprio in considerazione della acclarata rilevanza regolamentare (anche) dei minuti di recupero e nella medesima prospettiva di delineare un’interpretazione del contratto che sia coerente con l’effettiva volontà comune delle parti, l’esempio evocato dalla reclamante potrebbe addirittura costituire ulteriore criterio per risolvere la rilevata discordanza tra le evocate fonti convenzionali, a beneficio dell’unica (i.e. sito Lega Serie A) recante indicazione della durata complessiva della gara, in quanto unica fonte esprimente un contenuto coerente con il referente normativo dell’art. 7 del Regolamento del Giuoco del Calcio.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe. Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori con PEC.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alfredo Vitale Marco Lipari
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce