F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0051/CFA pubblicata il 31 Dicembre 2021 (motivazioni) – Walter Giuffrida/Procura federale
Decisione/0051/CFA-2021-2022
Registro procedimenti n. 0065/CFA/2021-2022
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello - Presidente
Salvatore Casula - Componente
Mariangela Caminiti - Componente
Vincenzo Barbieri - Componente
Maurizio Fumo - Componente (relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo n. 0065/CFA/2021-2022, ex art. 63, comma 4, lettera b), C.G.S., proposto dal sig. Walter Giuffrida
contro
Procura Federale
per la revisione
della decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare n. 15 del 29.7.2021 e della decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare n. 020 del 9.8.2021;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 7 dicembre 2021 – tenutasi anche in video conferenza - il dott. Maurizio Fumo e uditi, per il reclamante, l’avv. Walter Giuffrida, che si difende in proprio e, per la Procura Federale, l’avv. Alessandro Avagliano.
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1. Walter Giuffrida, all’epoca dei fatti Direttore generale della A.S.D. TROINA, chiamato a rispondere di plurime violazioni dell’art. 30, comma 7, CGS, perché, pur essendo venuto a conoscenza della esistenza di condotte dirette ad alterare lo svolgimento e il risultato di alcune gare che la sua squadra si accingeva a disputare, ometteva di informare senza indugio la Procura Federale, decideva di accogliere la proposta del’Organo dell’accusa e si determinava quindi a chiudere la procedura a suo carico ai sensi dell’art. 127 CGS, “concordando” la sanzione di mesi otto di inibizione.
2. Con Decisione n. 15/TFN-SD, del 29.07.2021, il Tribunale federale nazionale, ritenuta l’applicabilità dell’art. 127 CGS e congrua la sanzione, dichiarava l’efficacia dell’accordo e disponeva l’applicazione della sanzione nella misura stabilita.
3. Gli altri soggetti nei cui confronti si erano sviluppate le indagini subivano, viceversa, il deferimento a giudizio innanzi al Tribunale federale nazionale, sez. disciplinare, che, con decisione n. 020/TFNSD 2021-2022, del 10.08.2021, definiva il primo grado del procedimento. Successivamente, in data 19.08.2021, la Corte federale di appello decideva sui ricorsi (riuniti) proposti dai vari interessati (decisione n. 0016/CRA- 2021- 2022).
4. Sul presupposto che tale ultima decisione, ormai passata in giudicato, sia, nella sua parte assolutoria, ritenuta incompatibile con le statuizioni precedentemente assunte, nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 127 CGS, il Giuffrida propone (personalmente, essendo avvocato) reclamo per revisione ai sensi dell’art. 63, comma 4, lett. b), del CGS.
5. Sostiene, innanzitutto, il reclamante, l’ammissibilità dello straordinario mezzo di impugnazione attivato, sia perché si è in presenza di atti terminativi del procedimento sportivo che, a pieno titolo, possono definirsi “decisioni”, sia perché entrambe (vale a dire: quella a seguito di “patteggiamento” del luglio 2021 e quella a seguito di applicazione del rito ordinario del successivo mese di agosto) devono ritenersi irrevocabili. È, d’altronde, pacifico che tanto l’istituto ex art. 127, quanto quello ex art. 63 CGS sono modellati sugli analoghi istituti del vigente codice di procedura penale (artt. 444 ss. e 629 ss.), così come per altro già sancito da alcune decisioni del giudice sportivo. Ebbene il giudice penale di legittimità ha, anche recentemente, ribadito che la revisione è consentita anche per quanto riguarda le sentenze di applicazione della pena su richiesta. Il principio di diritto e le connesse argomentazioni appaiono pacificamente applicabili anche alla revisione codificata dall’art. 63 del CGS, atteso che non esiste alcuna norma nell’ordinamento sportivo che esplicitamente lo neghi, mentre, ad evidenza, sussiste la eadem ratio.
6. Tanto premesso, è palese - sostiene il reclamante - l’inconciliabilità tra le decisioni in esame.
6.1. Quanto alle incolpazioni nn. 36 e 32 (relative, rispettivamente, alle gare Sancataldese-Troina del 14.04.2019 e Gela-Troina del 03.02.2019), il Tribunale federale ha disposto il proscioglimento (confermato in secondo grado) di tutti i deferiti, tra i quali il Boncore Giuseppe, ritenendo che, dalla disamina dei fatti e degli elementi di prova, non sussistessero le condizioni perché potesse ritenersi perfezionata la fattispecie di illecito sportivo e, conseguentemente, quella dell’obbligo di denuncia, in considerazione della non univocità delle dichiarazioni dell’allenatore Boncore, riferite poi dal Giuffrida in sede di audizione.
6.2. Quanto all’incolpazione n. 13 (relativa alla gara Acireale-Troina del 22.09.2019), è da rilevare che essa è stata formulata nei confronti di alcuni soggetti, tra i quali il Giuffrida e, ancora una volta, il Boncore. Ebbene, anche in questo caso, Boncore è stato prosciolto (con decisione passata in giudicato). Si legge nella decisione del Tribunale che doveva certamente essere valorizzata la buonafede del predetto alla luce del fatto che lo stesso aveva “… proceduto ad esporre i fatti, a breve distanza dalla loro effettiva conoscenza all’ispettore di polizia Mantrino ed a collaborare, poi, attivamente con la polizia giudiziaria nel corso delle indagini. Appare oltremodo verosimile” - prosegue il giudice di primo grado - “perché, tra l’altro, imposto dalla legge, che al Boncore sia stato richiesto il rispetto del segreto istruttorio. Pertanto, la dinamica dei fatti induce a ritenere un’assenza totale di colpa nell’operato del Boncore, tale da escludere la sua responsabilità nella fattispecie in questione”. Tanto premesso, sostiene il reclamante che, a maggior ragione, avrebbe dovuto andare esente da responsabilità il Giuffrida, atteso che egli, nella vicenda in questione, ha assunto un ruolo perfettamente sovrapponibile e, per certi versi, ancora più attivo e tangibile rispetto a quello del Boncore, dal momento che la denuncia su tali fatti, datata 23 novembre 2019, presso gli uffici della Digos di Enna, reca la firma proprio di Walter Giuffrida.
6.3. Quanto all’incolpazione n. 25 (relativa alla gara Corigliano Calabro-Troina del 22.09.2019), l’ipotesi di accusa si fonda essenzialmente sul contenuto di intercettazioni telefoniche. Ebbene, in nessuna di tali conversazioni il Giuffrida è intervenuto, né in alcuna conversazione egli è indicato come consapevole di eventuali accordi truffaldini. In merito, per altro, sono state valutate anche le dichiarazioni di tale Romano Giuseppe che ebbe ad affermare di essere stato avvicinato - ma solo pochi minuti prima della partita - da uno sconosciuto, sedicente dirigente del Corigliano, che gli aveva avanzato una richiesta di combine. All’uomo (mai identificato) il Romano aveva risposto che avrebbe dovuto parlare ai dirigenti del Troina, avvertendolo, per altro, che, per tale condotta, sarebbe stato denunciato. La cosa non aveva avuto seguito alcuno. Lo stesso reclamante, ascoltato in data 05.03.2021, ebbe modo di riferire testualmente: “solo pochi giorni fa ho saputo che in quel frangente Nucaro avrebbe chiesto l’intermediazione di Dell’Arte – ormai fuori dal Troina – e che questi avrebbe telefonato ad Alì ma non so quali sviluppi abbia avuto detto interessamento”. È dunque evidente che egli, solo in un secondo tempo (in realtà solo a seguito della lettura degli atti dell’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna), fu raggiunto da sospetti circa le manovre che i dirigenti della squadra avversaria avevano tentato.
6.4. Quanto alla incolpazione n. 69 (relativa alla gara Troina-San Tommaso Calcio del 02.02.2020), va innanzitutto chiarito che l’attività di indagine (come del resto nei casi sopra sintetizzati) ebbe origine dalle denunzie proposte e dalle dichiarazioni rese proprio dal Giuffrida. Proprio il reclamante, infatti, aveva riferito alla PG inquirente dei contatti telefonici con i dirigenti del San Tommaso Calcio, Cucciniello Marco e Del Gaudio Franco e della proposta di un incontro da lui respinta per il mero sospetto che gli avversari volessero parlare della gara da disputare. E dunque, proprio per essersi il Giuffrida sottratto a tali contatti, Cucciniello e Del Gaudio non furono messi nella condizione di prospettare alcun accordo preventivo sul risultato della partita. Lo stesso deve dirsi sia circa l’interlocuzione avuta pochi istanti prima della gara dal reclamante con un accompagnatore della squadra del San Tommaso, sia con riferimento al contatto tra i due allenatori. Infatti, dall’esame della conversazione intercettata in data 03.02.2020, si evince con chiarezza che Boncore aveva riferito che la richiesta del “collega” Liquidato sarebbe stata formulata, non prima, ma durante la gara e che essa aveva ad oggetto il mantenimento del risultato di pareggio (per altro non conseguito perché la partita terminò con la vittoria del San Tommaso). Ebbene Boncore è stato prosciolto dal Tribunale in quanto, come si legge, le dichiarazioni del Giuffrida non erano state ritenute sufficienti per il raggiungimento di un apprezzabile livello di gravità indiziaria circa il tentativo di illecito; ciò anche in considerazione del fatto che, in realtà il Giuffrida, a ben vedere, riferì di sue soggettive impressioni, non di precise richieste da parte degli avversari.
7. Conclusivamente ritiene il reclamante che non si possa negare che la decisione n. 20/2021 del Tribunale si ponga in frontale contrasto con l’intera precedente decisione (assunta ex art. 127 CGS) n. 15/2021 del medesimo Organo giudicante, anche in considerazione del fatto che proprio la Corte di appello federale a sezioni unite (decisione n. 63/2018-19) ha chiarito che “l’istituto della revisione si fonda sull’esigenza di correggere un errore giudiziario e su un principio di razionalità dell’ordinamento che, in casi eccezionali, consente di giustificare il sacrificio del giudicato dinanzi ad un interesse superiore che attiene a diritti di dignità e di libertà della persona”; ciò in quanto il giudizio di revisione deve essere condotto “in una prospettiva che valorizza i profili sostanziali della vicenda, nell’ambito del principio di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva.” (così ancora la Corte federale di appello nella decisione 11/2021).
8. In data 23.12.2021 la Procura federale ha depositato memoria con la quale, in via preliminare, assume la inammissibilità per tardività del reclamo per revisione. Infatti il termine di 30 giorni dalla data dalla quale è divenuta conoscibile la pronuncia della Corte federale di appello (termine previsto dall’art. 63 CGS per la proposizione della impugnazione straordinaria in questione) era ampiamente scaduto, atteso che la detta pronuncia è del giorno 19.08.2021, mentre la richiesta di revisione è stata proposta solo in data 01.12.2021.
8.1. La Procura poi prospetta una seconda ragione di inammissibilità in quanto, la pronuncia di cui viene chiesta la revisione ha semplicemente dichiarato l’efficacia dell’accordo ai sensi dell’art. 127 del CGS, raggiunto dal Giuffrida con la Procura federale. Ebbene l’art 63 del medesimo codice prevede che il mezzo straordinario di impugnazione de quo possa essere proposto solo avverso decisioni di “condanna” (cfr. comma 4 norma citata). In altre parole, la pronuncia della quale viene chiesta la revisione non ha espresso alcun accertamento sul fatto posto a base della contestazione formulata nei confronti dell’odierno reclamante, che - a sua volta - non ha ammesso il compimento di atti disciplinarmente rilevanti, ma ha liberamente acceduto a un accordo che lo stesso, nel proprio reclamo, definisce per lui utile al fine di non sopportare i tempi di un procedimento disciplinare di rilevanza mediatica. Va dunque esclusa la possibilità di sottoporre a revisione una decisione che non ha espresso alcuna valutazione sul fatto oggetto dell’addebito disciplinare, ma ha semplicemente recepito e reso efficace l’accordo tra le parti sull’applicazione di una sanzione. D’altra parte, se fosse consentito attivare tale mezzo di impugnazione avverso gli accordi raggiunti ai sensi dell’art. 127 del CGS, si giungerebbe all’effetto aberrante di consentire la revisione a qualsiasi soggetto che, accordatosi in un primo momento per l’applicazione di una sanzione, finirebbe per sottrarsi, in tal modo, all’esame del merito della propria posizione per poi trarre elementi a discolpa dalla pronuncia, eventualmente positiva, riguardante le posizioni di altri corresponsabili nella commissione delle condotte oggetto di incolpazione.
8.2. In via subordinata e quanto al merito, l’Organo dell’accusa assume la assoluta infondatezza dei motivi e delle argomentazioni posti a fondamento della chiesta revisione, atteso che la sentenza divenuta ormai definitiva attiene alle posizioni di altri soggetti. E tuttavia la valutazione delle altre posizioni è propria delle stesse e non può trovare immediata applicazione e riverbero su quella dell’odierno reclamante. E invero, nello stesso reclamo, il Giuffrida si impegna nel tentativo di dimostrare la sovrapponibilità della propria posizione alle altre per le quali è intervenuto proscioglimento da parte del Tribunale. Ed è proprio tale argomentazione che dà atto del fatto che il reclamante finisce per chiedere di valutare nel merito la sua posizione riconoscendola simile e sovrapponibile ad altre ai fini di un proscioglimento da una incolpazione per la quale, peraltro, non è mai stato giudicato nel merito ma ha raggiunto, come si è premesso, un accordo per l’applicazione di una sanzione.
8.3. Tutto ciò senza contare che in ogni caso - ad avviso della Procura federale - certamente nel caso di specie sussistono le violazioni ascritte con l’atto di deferimento al Giuffrida, tutte per omessa denuncia su fatti dallo stesso tempestivamente conosciuti in quanto oggetto di propalazione alla Polizia Giudiziaria (con piena contezza, pertanto, dell’antigiuridicità degli stessi).
9. In data 26.12.2021 ha depositato memoria difensiva il Giuffrida, con la quale: a) contesta che sia previsto un termine per il deposito della richiesta di revisione; b) contesta che l’istituto della revisione sia inapplicabile alla procedura ex art. 127 CGS, trattandosi comunque di una pronunzia che ha il carattere della definitività; c) contesta che l’istituto della revisione sia inapplicabile per il solo fatto che le decisioni non siano tutte relative al medesimo soggetto, atteso che l’unico requisito richiesto nel caso in esame è il contrasto tra i diversi giudicati relativi alla medesima vicenda, oggetto di differenti procedimenti; d) contesta di aver tenuto una condotta integrante le fattispecie disciplinari a lui ascritte, atteso che, come accertato dal Tribunale e confermato dalla Corte federale di appello, gli addebiti mossi all’allenatore Boncore (alla cui posizione la sua è strettamente connessa) non sono stati ritenuti sussistenti e che la non tempestiva segnalazione agli organi di giustizia sportiva fu motivata dalla ragione di tutelare il segreto della indagine penale che la Polizia giudiziaria di Enna stava svolgendo, per altro su denunzia proprio del Giuffrida.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Come è ovvio, vanno affrontate preliminarmente le questioni in rito, vale a dire, nel presente procedimento, quelle relative alla ammissibilità della revisione nel caso che occupa.
2. La Procura federale, innanzitutto, eccepisce la inammissibilità della richiesta di revisione per sua tardività. Secondo la resistente, la richiesta in questione avrebbe dovuto essere proposta entro 30 giorni dalla conoscenza della decisione che si giudica incompatibile con quella (sfavorevole) precedentemente emessa a carico dell’interessato.
2.1. L’assunto è manifestamente infondato.
In base a una propria scelta, il normatore sportivo ha voluto riunire in un unico articolo due istituti differenti per origine e contenuto. Infatti l’art. 63 CGS, avente come rubrica “revocazione e revisione”, ai commi 1, 2, 3 tratta della revocazione; al comma 4 della revisione (il comma 5 è comune ai due istituti).
Orbene è evidente che la revocazione è modellata sull’analogo istituto del codice di procedura civile (artt. 391 bis e ter, artt. 395 ss.), mentre la revisione ha quale modello il codice di procedura penale (artt. 629 ss.). Per la revocazione, il rito civile prevede un termine; per la revisione, il rito penale non prevede un termine (l’art. 629 cpp recita: “è ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione […] anche se la pena è già stata eseguita”).
2.2. A ben vedere, d’altronde, anche l’art. 63 CGS prevede un termine solo per la revocazione, infatti il comma 1, che solo ad essa si riferisce, impone che la relativa richiesta sia proposta entro 30 giorni “dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti”; il comma 4 (dedicato - come si è anticipato - esclusivamente alla revisione) non pone alcun termine per la proposizione di tale mezzo straordinario di impugnazione.
Si può dunque ragionevolmente concludere, concordando con le considerazioni formulate dal Giuffrida, che tanto il tenore letterale della norma, quanto l’interpretazione della stessa in base al suo “modello di riferimento” non prevedono un termine per la proposizione della richiesta di revisione.
3. La seconda eccezione in rito avanzata dalla Procura riguarda, come si è anticipato, l’ammissibilità della procedura di revisione nei confronti di un dispositivo emesso ai sensi dell’art. 127 CGS, cioè, come si usa correntemente dire, a seguito di “patteggiamento”. Si assume, in sintesi, che la decisione ex art. 127 CGS non può essere qualificata come “condanna” in quanto essa è semplicemente il frutto di un accordo tra le parti per “chiudere” consensualmente una vicenda disciplinare sportiva. Lo stesso Giuffrida, d’altronde - argomenta la Procura - ha affermato di essere addivenuto al “patteggiamento” unicamente per porre un freno alla eco mediatica che la vicenda aveva suscitato all’interno dell’universo calcistico (di serie D, ovviamente).
3.1. Tali argomentazioni si contrappongono a quelle a suo tempo sviluppate dal reclamante, il quale - come si è visto - sostenendo che il dettato dell’art. 127 CGS costituisce niente altro che la trasposizione nell’ordinamento sportivo dell’istituto regolato nel codice di procedura penale agli artt. 444 ss., chiede che si faccia applicazione anche della relativa elaborazione giurisprudenziale, che, all’esito di un percorso di riflessione, è giunta ad affermare che può essere soggetta a revisione anche la sentenza di “patteggiamento” se, tra l’altro, contenutisticamente incompatibile con altre sentenze definitive passate in giudicato.
3.2. Al proposito rileva il Collegio che effettivamente la giurisprudenza penale di legittimità, a far tempo dalla fine del primo decennio degli anni duemila, ha operato “l’apertura interpretativa” ricordata dal reclamante, precisando, tuttavia, che la revisione della sentenza di patteggiamento, richiesta per la sopravvenienza o la scoperta di nuove prove, comporta una valutazione di queste ultime alla luce della regola di giudizio posta per il rito alternativo in questione, con la conseguenza che le stesse devono consistere in elementi tali da dimostrare la sussistenza di cause di proscioglimento dell'interessato secondo il parametro di giudizio dell'art. 129 cpp, così come applicabile nel patteggiamento (Cass. Sez. 5, sent. 10167 del 24.11.2009, dep. 12.03.2010, Cass. Sez. 6, sent. 5238 del 29.1.2018, dep. 2.2.2018). Ha inoltre sostenuto la Suprema corte (Cass. Sez. 5, sent. 12096 del 20.1.2021, dep. 30.3.2021) che la predetta limitazione appare del tutto logica e coerente, atteso che il consenso prestato per la definizione del processo con l'applicazione della pena implica l'accettazione integrale del relativo "statuto" anche per la fase di revisione.
3.3. Ebbene, come è noto, l’art. 129 del codice di rito penale prevede, al primo comma, che il giudice, in ogni stato e grado del procedimento, se “riconosce”: a) la mancata previsione del fatto come reato; b) l’insussistenza dello stesso; c) l’estraneità dell’imputato (o dell’indagato) alla sua commissione; d) la mancanza di una condizione di procedibilità; e) l’operatività di una causa di giustificazione; f) il verificarsi di un evento estintivo del reato (prescrizione, morte dell’imputato ecc.), deve pronunziare sentenza di proscioglimento. La giurisprudenza (e la dottrina) penalistica concordano nell’affermare che le predette condizioni che obbligano a una immediata pronunzia di sentenza di proscioglimento, devono risultare ictu oculi, vale a dire, senza necessità alcuna di compiere attività di accertamento e/o approfondimento, tanto che la verifica demandata al giudicante ha, in realtà, i connotati di una mera constatazione, ossia di immediata percezione di un dato fattuale e non di una valutazione dello stesso (Cass. Sez. unite, sent. n. 35490 del 28.05.2009, dep. 15.09.2009).
Applicando allora tale principio all’istituto del “patteggiamento”, si è ritenuto che il giudice, pur in presenza dell’accordo tra le parti, sia tenuto a respingere la richiesta e a prosciogliere l’imputato (solo) se ritenga ricorrente una delle situazioni processuali sopra elencate (cfr. Cass. Sez. unite sent. n. 3 del 25.11.1998, dep. 22.02.1999, conf. Cass. Sez. 5, sent. n. 39212 del 07.04.2003, dep. 17.10.2003). Conseguentemente, alla luce della giurisprudenza sopra citata in tema di revisione di una sentenza emessa ai sensi degli artt. 444 ss. cpp, deve giungersi alla conclusione che tale straordinario mezzo di impugnazione possa trovare accoglimento solo se le prove sopravvenute (o le successive decisioni passate in giudicato che su tali prove si fondino) rendano evidente che il soggetto, pur avendo concordato la pena, avrebbe dovuto, in realtà, essere prosciolto, per la ricorrenza di una delle condizioni sopra elencate.
Invero: l’effettiva natura della sentenza di applicazione di pena, emessa su accordo delle parti, è tutt’ora controversa, ma, se pure si acceda alla concezione che essa non è una sentenza di condanna, in quanto non consegue a un accertamento di responsabilità (per il comma 1 bis dell’art. 445 cpp, come è noto, la predetta sentenza è “equiparata” a una pronuncia di condanna, pur non avendo efficacia nei giudizi civili o amministrativi), non di meno essa implica che, almeno, il fatto storico in relazione al quale si “patteggia” si sia effettivamente verificato. Vale a dire che il negozio processuale che poi riceve riconoscimento da parte del giudicante deve pur avere un oggetto, costituito dal fatto-reato; in altre parole: si può patteggiare senza dichiararsi colpevoli, ma non è ragionevole patteggiare in relazione a un reato che non è stato commesso o, addirittura, a un non-reato. Pertanto, se successivamente si accertasse la insussistenza del fatto, non vi dovrebbe essere ragione di negare il rimedio della revisione all’improvvido “patteggiante”.
La riflessione appena sviluppata consente anche di superare qualsiasi dubbio interpretativo che possa sorgere in ordine alla compatibilità della vigente normativa con le previsioni dell’art. 63 del C.G.S. CONI, che, al comma 1, ammette la revisione solo “quando la sanzione è stata applicata sulla base di prove successivamente giudicate false o in difetto di prove decisive successivamente formate o comunque divenute acquisibili” e non anche, dunque, per il “caso di inconciliabilità dei fatti posti a fondamento della decisione con quelli di altra decisione irrevocabile”. E ciò per l’ottima ragione che, nel caso in esame (e in quelli analoghi che dovessero presentarsi), non si controverte circa la falsità, l’incidenza o la risolutività di una prova relativa alla colpevolezza dell’incolpato, ma circa la sussistenza dello stesso fatto oggetto dell’incolpazione.
3.4. Orbene, se questa è l’evoluzione giurisprudenziale in tema di revisione della sentenza di applicazione concordata della pena come prevista dal codice di rito penale, non sussiste ragione, a parere del Collegio, per la quale essa non debba essere recepita nell’ordinamento sportivo, atteso che l’art. 127 CGS (non meno del 126) è pacificamente modellato sul “sistema” degli artt. 444 ss. del cpp.
Sarebbe, invero irragionevole (e forse addirittura paradossale) se un ordinamento improntato a maggiore snellezza e semplicità e attento alla applicazione di criteri di giustizia sostanziale, quale è quello sportivo, dovesse poi soffrire di incomprensibili rigidità applicative quando si tratta di rimediare a (e correggere un) errore di giudizio, sia pure indotto dall’acquiescenza dell’incolpato alla proposta di “patteggiamento” avanzata dall’Organo dell’accusa. Come, d’altronde, è stato già chiarito proprio dalle Sezioni unite di questa Corte (decisione n. 63/2018/2019), l’istituto della revisione si fonda anche su un principio di razionalità dell’ordinamento che, in casi eccezionali, consente di giustificare il sacrificio del giudicato dinanzi ad un interesse superiore che attiene a diritti di dignità e di libertà della persona.
4. Applicando, pertanto, i principi sopra enucleati alla vicenda processuale in esame, si deve, innanzitutto, constatare che, per quel che riguarda le gare Gela-Troina e Sancataldese-Troina, la decisione del Tribunale n. 20/2021 è sostanzialmente nel senso della insussistenza del fatto e che tale decisione non ha subito riforma in sede di giudizio di appello. Si legge infatti nella decisione di primo grado, con riferimento alla partita col Gela, “non si rivengono, invece, sufficienti elementi per poter ritenere sussistente l’illecito contestato nel capo in questione” e con riferimento alla partita con la Sancataldese: “ la disamina dei fatti, elencati da pag. 76 a pag. 78 cui si rimanda, induce a ritenere, anche in tal caso, non sufficientemente provata la condotta illecita contestata al Dell’Arte, all’epoca direttore sportivo del Troina. Dalla testimonianza del Giuffrida, non sembrano emergere elementi tali da far ritenere perfezionata la fattispecie di cui all’art. 30 CGS-FIGC. Le dichiarazioni del Giuffrida, sia pure credibili, non possono, da sole, integrare la sussistenza di plurimi indizi gravi, precisi e concordanti, idonei a far ritenere più che probabile quantomeno l’avvenuto tentativo di alterare il risultato della gara. D'altronde alcun ulteriore riscontro probatorio – pure utile – risulta in atti”.
Ne consegue che la decisione di applicazione di sanzione concordata, emessa, a suo tempo, ai sensi dell’art. 127 CGS, va revocata in parte qua, essendosi, per quanto sopra si è detto, verificato il previsto contrasto tra giudicati (art. 63, comma 4, lettera b, CGS) per la precipua ragione che il secondo giudicato ha riconosciuto insussistente il fatto posto alla base della procedura concordata sfociata nella prima decisione (il patteggiamento, appunto).
5. Medesima conclusione si deve raggiungere per quel che riguarda la gara Troina-San Tommaso, in merito alla quale il Tribunale ritiene che “le dichiarazioni auto ed etero accusatorie dell’avv. Giuffrida, sia pure credibili, non siano da sole sufficienti al fine di raggiungere quegli indizi precisi, gravi, concordanti circa il tentativo di illecito anche in considerazione del fatto che egli stesso riferisce di sue impressioni, ma non è in grado di testimoniare precise richieste”. Per tale ragione il primo giudice conclude che i fatti accertati debbano più correttamente essere inquadrati nella fattispecie di cui al comma 1 dell’art. 4 CG e non in quella originariamente contestata, non potendosi comunque ritenere corretto il comportamento dei dirigenti di una società che, prima della gara, contattano la compagine avversaria per motivi non meglio chiariti. Ne consegue che il “patteggiamento” concluso sul punto dal Giuffrida non avrebbe dovuto esser ratificato dal giudicante per l’erronea qualificazione giuridica della condotta; dunque, anche in tal caso, si deve giungere, per quanto di rilievo, alla revoca della “porzione” di sanzione applicata in relazione alla suindicata partita.
6. Tutt’altra decisione va assunta, invece, per quel che riguarda le gare Acireale-Troina e Corigliano Calabro-Troina.
6.1. Con riferimento alla prima competizione (Acireale-Troina), sulla base delle ricordate decisioni del Tribunale e di questa Corte, deve ritenersi passata in giudicato l’affermazione di responsabilità nei confronti del Serenari, del Ciadamidaro, del Calaciura, del Compagno, del Fricano e del Gagliardi; il solo Boncore risulta essere stato prosciolto in quanto i giudicanti ne hanno riconosciuto la “buona fede”, vale a dire che, pur ritenendo che la condotta dello stesso integrasse oggettivamente quella descritta nel capo di incolpazione, si è ritenuto insussistente l’elemento psicologico (in ultima analisi, il dolo) che tale condotta deve connotare. Orbene, è del tutto evidente che una tale valutazione non può essere estesa “meccanicamente” al Giuffrida, in quanto occorrerebbe condurre un approfondito accertamento in merito e ciò contrasta con la ricordata vincolatività dei criteri ex art. 129 cpp, che, per pacifica giurisprudenza di legittimità (quella sopra citata), deve trovare ingresso in sede di revisione di una decisone “patteggiata”. In sintesi: la sentenza del Tribunale (confermata in appello) non afferma la insussistenza del fatto, ma semplicemente nega la colpevolezza del Boncore.
6.2. Quanto alla partita col Corigliano, si evince dalla lettura della decisione di primo grado (e dalle stesse argomentazioni che il Giuffrida porta a sostegno della sua richiesta) che l’affermazione di responsabilità si fonda essenzialmente sul contenuto di intercettazioni telefoniche (disposte nel corso del “parallelo” procedimento penale), oltre che su alcune dichiarazioni di persone informate sui fatti. La circostanza che in dette conversazioni non sia mai coinvolto il Giuffrida, né che di lui si parli in termini di corresponsabilità, attiene, con tutta evidenza, al merito e, in quanto tale non rientra - ancora una volta - nel perimetro delle constatazioni (più che delle valutazioni) che il giudicante può assumere ai sensi dei criteri enunciati nell’art. 129 del codice di rito penale. Né può soccorrere la giustificazione in base alla quale il Giuffrida bene fece a non segnalare i fatti alla Procura federale, perché era in corso una indagine penale (e dunque per non violare il segreto di indagine). Come correttamente osservato dal Tribunale, tale circostanza non solleva il tesserato dall’obbligo di denuncia alla competente autorità sportiva, anche in ragione della tempestività con la quale deve essere effettuata tale segnalazione “interna”, spettando, poi alla Procura federale il dovere di coordinarsi con la Procura della Repubblica. Diversamente opinando, l’obbligo di “denuncia sportiva” perderebbe di significato, atteso che l’illecito sportivo quasi sempre ha rilevanza tanto sportiva, quanto penale.
7. Conclusivamente, la richiesta di revisione va accolta parzialmente (cosa ritenuta possibile dalla stessa giurisprudenza penale, cfr. Cass. Sez. 6, sent. 40685 del 30.10.2006, dep. 13.12.2006); di conseguenza, va revocata “parte” della sanzione a suo tempo concordata tra la Procura federale e il Giuffrida e precisamente quella relativa alle gare Gela-Troina, Sancataldese-Troina e TroinaSan Tommaso.
Poiché la sanzione di mesi 8 di inibizione era stata determinata muovendo dalla sanzione base anni 2 di inibizione, diminuendola di un terzo per il rito, diminuendola ulteriormente ai sensi dell’ari. 128 CGS per la collaborazione offerta dall’incolpato, la Corte ritiene equo rideterminarla - alla luce della disposta revisione - in mesi 3 di inibizione.
P.Q.M.
Accoglie in parte il reclamo in epigrafe e, per l'effetto, ridetermina la sanzione dell'inibizione nella misura di mesi 3 (tre). Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori con PEC
L'ESTENSORE
Maurizio Fumo
IL PRESIDENTE
Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce