F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0101/CFA pubblicata il 11 Maggio 2023 (motivazioni) – Monterosi Tuscia FC S.r.l./Procura Federale
Decisione/0101/CFA-2022-2023
Registro procedimenti n. 0121/CFA/2022-2023
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Roberto Caponigro – Componente
Mauro Mazzoni – Componente
Vincenzo Barbieri – Componente
Tommaso Mauceri - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero n. 0121/CFA/2022-2023, proposto dalla società Monterosi Tuscia FC S.r.l.
contro
la Procura Federale della FIGC;
e nei confronti
della S.S. Turris Calcio S.r.l.,
per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale, Sezione Disciplinare, di cui al Com. Uff. n. 149 del 5 aprile 2023;
visto il reclamo e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza del 05.05.2023, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Tommaso Mauceri e uditi gli Avv.ti Leonardo Testi e la Dott.ssa Roberta Mauri per la società Monterosi Tuscia FC S.r.l., il Dott. Luca Scarpa per la Procura Federale e l’Avv. Eduardo Chiacchio per la società S.S. Turris Calcio S.r.l.; è intervenuto altresì l'Avv. Anthony Hernest Aliano;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Con atto di deferimento della Procura Federale del 3 marzo 2023 (n. 20517/571pf22-23/GC/blp), per quel che qui rileva, la Società Monterosi Tuscia FC è stata chiamata a rispondere a titolo di responsabilità diretta per la violazione dell'art. 6, comma 1, del CGS, per il comportamento del Suo Presidente e del Suo Amministratore Delegato, entrambi con poteri di legale rappresentanza, e a titolo di responsabilità propria per la violazione dell'art. 33, comma 4, del CGS in relazione all'art. 85, lett. C), par. V), delle NOIF. Al contempo, per i medesimi fatti, venivano contestate ulteriori violazioni alle persone fisiche dei predetti organi societari la cui posizione è stata tuttavia stralciata avendo loro concordato con la Procura Federale, ai sensi dell'art. 127 CGS, la commutazione della sanzione inizialmente richiesta dalla Procura, di due mesi di inibizione, in un’ammenda di Euro 6.000,00; accordo sancito con sentenza definitiva del Tribunale Federale nazionale, sezione disciplinare, del 29 marzo 2023 n. 0143/TFNSD-2022-2023.
Il fatto oggetto di contestazione emerge da una segnalazione della Covisoc del 2 febbraio 2023 (comunicazione Prot. n. 181/23) ed è costituito dal mancato versamento da parte della società reclamante, entro il termine del 16 dicembre 2022, delle ritenute Irpef relative alle mensilità di settembre e ottobre 2022 per gli emolumenti netti che erano stati oggetto di corresponsione ai beneficiari nei mesi di novembre e dicembre 2022, per un importo di Euro 83.789,04.
A propria discolpa la società reclamante ha dedotto che il mancato versamento è dovuto ad errore scusabile o comunque a errore ad essa non imputabile in quanto commesso da una commercialista estranea alla società, che nella gestione di una complessa procedura di sospensione e rateizzazione di versamenti dovuti, ha reputato erroneamente che i versamenti in contestazione rientrassero nella procedura dilatoria e non fossero quindi dovuti alla scadenza del 16 dicembre 2022. Più precisamente, il sodalizio si era avvalso delle facoltà concesse dalle disposizioni di cui all'art. 1, commi 923 e 924, L. n. 234/2021, all'art. 7, commi 3-bis e 3ter, L. n. 34/2022, all'art. 39, comma 1, L. n. 91/2022 e all'art. 1, c. 160, L. n. 197/2022 relativamente agli emolumenti dovuti a tesserati, lavoratori dipendenti, collaboratori addetti al settore sportivo e corrisposti nel bimestre 1 settembre-31 ottobre 2022. L’errore in cui la società ha dichiarato di essere incorsa, per il tramite della predetta commercialista (che ha reso dichiarazioni conformi), consiste nell’aver erroneamente supposto che nella definizione degli importi rientranti nella dilazione-rateizzazione si dovesse tenere conto del periodo di riferimento (c.d. «criterio di competenza» ovvero di «maturazione al periodo d’imposta di riferimento») e non quello, in realtà corretto, nel quale scatta il termine effettivo di pagamento (c.d. «criterio di cassa» ovvero di «maturazione al pagamento»), e di avere pertanto ritenuto che le ritenute Irpef relative alle mensilità di settembre e ottobre 2022 rientrassero nel bimestre oggetto della sospensione-rateizzazione (sett./ott. 22), mentre, in realtà, essendo i rispettivi emolumenti netti oggetto di corresponsione nei mesi di novembre e dicembre 2022, anche le ritenute avrebbero dovuto essere collocate in quest’ultimo periodo (escluso dal beneficio della sospensione-rateizzazione).
Il Tribunale, pur riconoscendo la lealtà e la cooperatività del contegno processuale della società deferita (in adesione anche a una prospettazione in tal senso da parte della procura federale) e pur ammettendo in via di ipotesi il riferito errore (secondo anche le reiterate, ammissioni da parte della consulente-commercialista), lo ha ritenuto non scusabile in base al criterio della diligenza e comunque irrilevante ai fini dell’irrogazione della sanzione, nella cui quantificazione ha altresì ritenuto di non poter derogare rispetto al minimo edittale di 2 punti, imposto dall’art. 33, comma quarto, lettera b, CGS.
La società Monterosi Tuscia ha proposto l’odierno reclamo facendo leva sulla scusabilità dell’errore, sulla circostanza che essa ha dimostrato (diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale federale) che al momento dell’inadempimento essa godeva della provvista necessaria sui proprio conti correnti/depositi bancari, sul contegno cooperativo tenuto in tutta la vicenda con l’effettuazione, in particolare, del pagamento dei tributi inevasi lo stesso giorno della ricezione della segnalazione Covisoc. A quest’ultimo riguardo, e in subordine al mancato accoglimento della richiesta di assoluzione, la reclamante invoca una riduzione della penalizzazione in applicazione delle attenuanti di cui all’art. 13, comma 2, ed all’art. 16, comma 1, del C.G.S., nonché in ossequio al precetto di cui all’art. 12, comma 1, del C.G.S.
La S.S. Turris Calcio S.r.l., ammessa dal Collegio a intervenire nel presente giudizio ai sensi dell’ art. 104 del C.G.S. visto l’evidente interesse dalla medesima coltivato (con la squadra nel medesimo girone che ha chiuso il campionato un punto sopra la squadra della reclamante) e senza che la società reclamante o la Procura abbiano sollevato eccezioni al riguardo, ha chiesto il rigetto del reclamo, in primo luogo rilevando la corresponsabilità, nella gestione della richiesta di sospensione-rateizzazione, degli amministratori e, in secondo luogo, deducendo altresì che non può configurarsi come causa di esonero da responsabilità da mancato assolvimento di specifici obblighi di fonte normativa l’affidamento del relativo incarico a consulenti esterni a costo, altrimenti, che «risulterebbe sin troppo semplice, difatti, aggirare le regole finanziarie…».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1) Sulla richiesta, in via principale, di rimozione della sanzione per la buona fede della reclamante e/o per errore scusabile ovverosia per insussistenza del requisito del criterio di imputazione della responsabilità
Costituisce circostanza ampiamente documentata e, del resto, pacifica, in quanto ammessa e non contestata dalla società reclamante il mancato versamento dell’importo di euro 83.789,04 entro il termine del 16 dicembre 2022 e che tale versamento era invece dovuto ex art. 33, comma quarto, lettera b, CGS per le ritenute Irpef relative alle mensilità di settembre e ottobre 2022 sugli emolumenti netti da corrispondersi ai beneficiari nei mesi di novembre e dicembre 2022.
La società, nell’ammettere l’infrazione richiamata, chiede tuttavia di esserne mandata assolta per la ragione che tale infrazione sarebbe stata commessa in buona fede, nella convinzione che i tributi non versati rientrassero nel piano di sospensione e rateizzazione (meglio specificato in punto di fatto) curato da un consulente esterno alla società, anch’esso in buona fede, e del cui operato la società non potrebbe essere chiamata a rispondere.
Tale prospettazione è destituita di fondamento.
Ammesso anche che i fatti si siano svolti nel modo riferito dalla reclamante – la lealtà del contegno processuale della quale pare opportuno ribadire e attestare anche in questa sede – resta tuttavia fermo che non si ravvisa alcuna valida ragione, in punto di diritto, perché la riferita infrazione non debba «comporta[re] l’applicazione, a carico della società responsabile, della sanzione di cui all’art. 8, comma 1, lett. g), a partire da almeno due punti di penalizzazione in classifica» così come richiesto espressamente e tassativamente dall’ art. 33, comma quarto, lettera b, CGS.
Né, del resto, in punto di diritto, risulta essere prospettata dalla stessa società reclamante alcuna attendibile argomentazione giuridica volta a sostenere che nell’accertamento dell’infrazione de qua occorrerebbe altresì riscontrare la colpa e/o la mala fede della società responsabile, eccezion fatta per alcuni richiami, in realtà non pertinenti, al principio di responsabilità personale e soggettiva nell’applicazione di sanzioni amministrative per violazione di normative pubblicistiche (con il richiamo al precedente di Cass., 22 giugno 2021, n. 17822, in tema di indebita installazione e utilizzo in esercizio pubblico di insegna -R.D. n. 773 del 1931, art. 110, comma 9, lett. e) o tributarie (col richiamo, in generale, agli artt. 5 e 6, comma 3 del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472).
Orbene, tali accostamenti non risultano pertinenti considerata la differenza sostanziale nel conflitto di interessi enucleabile quando, da una parte, c’è la pubblica amministrazione che esercita il proprio potere pubblico sanzionatorio nei confronti del cittadino e del contribuente rispetto a quando, invece, ad agire sono gli organi di una federazione sportiva, che è pur sempre un ente privato, nei confronti di un club affiliato, nella preservazione della genuinità del rapporto associativo e dell’equità delle competizioni. Soltanto nel secondo caso si riscontrano esigenze di certezza, celerità e uniformità di trattamento che impongono di avvalersi di criteri oggettivi; e soltanto nel secondo caso, d’altra parte, v’è stato un previo atto di autonomia di accettazione delle regole inerenti il procedimento disciplinare. È, infatti, incontroverso che la giustizia sportiva opera in via generale e tipica sulla base della mera integrazione della fattispecie prevista come infrazione disciplinare e a prescindere dalla concreta configurabilità del dolo e/o della colpa (CGF n. 43/2011/2012; CFA n. 124/2015-2016; CFA n. 90/2019-2020). Siffatta connotazione in chiave oggettivistica viene usualmente giustificata proprio in considerazione, da un lato, del principio di autonomia e, dall’altro, delle necessità operative ed organizzative di semplificazione degli accertamenti e di celerità dei tempi, a tutela di un ordinato svolgimento e prosieguo dell’attività sportiva e della regolarità delle competizioni e dei campionati, senza rinuncia, al contempo, all’effettività del rispetto dei principi dell’ordinamento sportivo che ne verrebbero, altrimenti, pregiudicati (CGF n.56/2011-2012; CFA n.78/2017-2018; CFA n. 33/2017-2018; CFA n. 90/2019-2020).
Respinte attraverso le superiori, accreditate considerazioni i riferimenti in diritto contenuti nel reclamo, con specifico riguardo all’infrazione in esame e al contesto in cui si è verificata, occorre piuttosto osservare quanto segue.
Per prima cosa, va evidenziato che l’infrazione in esame è costituita da una condotta omissiva (il mancato versamento…). Rispetto a una condotta omissiva non è proponibile il quesito su chi sia l’autore materiale della condotta e se la sua condotta sia riferibile alla società oppure no. Le obiezioni sollevate dalla ricorrente, se mai, dovrebbero servire a sostenere la tesi della impossibilità dell’adempimento dovuta a causa sopravvenuta a loro non imputabile. Ma non appena si inquadra la condotta della consulentecommercialista esterna dentro tale istituto ci si rende subito conto di come la posizione assunta dal Tribunale federale, col ritenere che non ricorrono i requisiti né dell’impossibilità né della non imputabilità, è in realtà ineccepibile. Gli amministratori della società avrebbero potuto ben rendersi conto, con l’ordinaria diligenza, della permanenza dell’obbligo contributivo per il bimestre sett.-ott. 22, e il pagamento era e restava certamente possibile (come la provvista monetaria sui c/c tenuti dalla società comprova ulteriormente).
Questa Corte, proprio con riferimento a un caso analogo, ha già affermato il principio secondo il quale non può ravvisarsi un caso fortuito o una forza maggiore in un omesso adempimento di un commercialista preposto alla gestione di oneri a carico della società dovendosi intendere per «forza maggiore, sempre secondo la consolidata giurisprudenza, … una vis maior cui resisti non potest e, quindi, un evento originato dalla natura o dal fatto dell’uomo che non può essere preveduto o che, anche se preveduto, non può essere impedito, precludendo così di esplicare quella ordinaria diligenza che sarebbe sufficiente per adeguarsi al precetto violato» (CFA n. 121/ 17-18 e già, nello stesso senso, CFA n. 120/17-18).
Del resto, anche a volere ritenere che sull’infrazione de qua abbia inciso positivamente il contegno della consulente esterna, giova richiamare le regole e i principi racchiusi negli artt. 2, 4 e 6 del C.G.S. per rilevare come la responsabilità della società non venga meno per il sol fatto che un’attività (o una parte di un’attività) rilevante sul piano disciplinare sia stata svolta da terzi, sia pure estranei all’organigramma strutturato della società sportiva, e tale principio di responsabilità è corrispettivo al principio di autonomia nella strategia gestionale, sulla quale, nel caso come il nostro di soggetti estranei all’ordinamento sportivo, agli organi di giustizia sportiva non è consentito alcun controllo preventivo né interferenza (eius commoda et eius incommoda).
Più precisamente, l’art. 2 C.G.S. (ambito di applicazione soggettivo) prevede che il codice si applichi tra l’altro «… ad ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale» (comma uno), «alle persone comunque addette a servizi delle società stesse e a coloro che svolgono qualsiasi attività all'interno o nell'interesse di una società o comunque rilevanti per l'ordinamento federale» (comma secondo). L’art. 4, comma terzo dispone che «l'ignoranza dello Statuto, del Codice e delle altre norme federali non può essere invocata a nessun effetto»; l’art. 6 («responsabilità delle società») prevede tra l’altro che «la società risponde ai fini disciplinari dell'operato dei …. e dei soggetti di cui all'art. 2, comma 2 [v. supra]» (comma secondo) e che «le società rispondono anche dell'operato e del comportamento …, delle persone comunque addette a servizi della società…» (comma terzo).
Alla stregua di tali principi non v’è dubbio che la società debba rispondere dell’operato della consulente-commercialista che ha agito nella gestione degli adempimenti fiscali della società stessa.
Proprio in tema di adempimenti fiscali occorre infatti rimarcare l’importanza di un controllo rigoroso e attento che non sarebbe garantito se si consentisse ai gruppi sportivi di addebitare la colpa a terzi estranei e, in tal modo, sottrarsi alle proprie responsabilità.
Sulla imprescindibilità di un controllo rigoroso in tale campo va richiamato il consolidato orientamento della Corte Federale e, in particolare, la decisione a Sezioni unite, n. 46/CFA/2020-2021 secondo la quale «il mancato pagamento degli emolumenti nei confronti dei dipendenti e collaboratori è assunto dall’ordinamento sportivo a indicatore della stabilità economica e finanziaria delle società sportive, tanto da presidiarne il regolare adempimento con l’indicazione di precisi termini di adempimento e obblighi di comunicazione all’autorità federale di controllo (Co.Vi.So.C.). La ragione di tale interesse, anche con riferimento all’adempimento di prestazioni pur formalmente rientranti nel novero dei rapporti privati con terzi, risiede nella esigenza di garantire la stabilità economica e finanziaria dei partecipanti ai campionati nazionali come parametro fondamentale da monitorare e verificare nel continuo, attraverso l’informativa periodica, nonché come precondizione per l’ottenimento del titolo idoneo all’iscrizione al campionato successivo» (analogamente, CFA, sez. un., n. 78/ 2022-2023).
2) Sulla richiesta, in via subordinata, di applicazione degli artt. 12 comma 1, 13 comma 2 e 16 comma 1 del C.G.S. e di riduzione della penalizzazione
Quanto alla richiesta di attenuazione della sanzione in applicazione delle attenuanti di cui all’art. 13, comma 2, ed all’art. 16, comma 1, del C.G.S., nonché in ossequio al precetto di cui all’art. 12, comma 1, del C.G.S., questo Collegio non ritiene di poter prescindere dal principio ormai consolidato (e che del resto non risulta scalfito nemmeno dalle doglianze dei reclamanti) secondo il quale, per quanto riguarda le sanzioni previste a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di “punti negativi” in classifica, non è possibile una graduazione che tenga conto della gravità dell’infrazione (così come avviene per le persone fisiche), né è consentito al giudice sportivo quantificare una sanzione inferiore al minimo edittale previsto puntualmente dalla normativa federale e ciò in ossequio al principio della parità di condizioni tra i gruppi sportivi in competizione e all’esigenza di non creare indebite distorsioni nei campionati (CFA, sez. un., nn. 88 e 89/ 2019-2020 e, di recente, CFA, sez. un., n. 78/ 2022-2023).
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Tommaso Mauceri Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce