F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2023/2024 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0059/CFA pubblicata il 7 Dicembre 2023 (motivazioni) – Procuratore Federale/Sig. Lorenzo Biagioni-A.C.F. Fiorentina S.r.l.
Decisione/0059/CFA-2023-2024
Registro procedimenti n. 0053/CFA/2023-2024
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Paola Palmieri – Componente
Massimo Galli - Componente (relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0053/CFA/2023-2024 proposto dal Procuratore federale in data 30.10.2023
contro
il Sig. Lorenzo Biagioni e la società ACF Fiorentina Srl;
per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale –sezione disciplinare n. 78 del 26.10.2023;
visti il ricorso e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza del 29.11.2023, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Massimo Galli e uditi gli Avv.ti Enrico Liberati per la Procura federale e Nicola Siggillino per il sig. Lorenzo Biagioni e per la società A.C.F. Fiorentina S.r.l. (Under 16).
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Con decisione del 19.10.2023 il Tribunale federale nazionale, Sezione disciplinare, proscioglieva il calciatore Lorenzo Biagioni e la società ACF Fiorentina che erano stati deferiti in data 26.09.23, rispettivamente, per la violazione degli art. 4, co. 1, e 28 del CGS e, a titolo di responsabilità̀ oggettiva, ex artt. 6, co. 2, stesso codice, per un episodio di razzismo verificatosi in occasione della gara Napoli – Fiorentina del 17 maggio 2023, valevole per il campionato nazionale "under 16”, nel corso della quale il calciatore avrebbe esultato per la segnatura di un gol della propria squadra pronunciando nei confronti dei tifosi del Napoli, squadra ospitante, la frase “terroni di merda”.
Le motivazioni di tale decisione si articolavano, in sintesi, come segue:
1) la Procura ha evidenziato come elementi di accusa, A) la testimonianza diretta di un tifoso del Napoli, tale Pietro Pieri, che dichiarava di aver sentito dalla tribuna, a circa 15 metri di distanza, il calciatore Biagioni proferire a gran voce in occasione del primo gol della propria squadra, la frase “terroni di merda”, B) le dichiarazioni di Danilo De Falco, collaboratore della testata giornalistica online “Spazionapoli.it”, che affermava di aver ricevuto la "notizia dell’insulto" tramite un messaggio di un imprecisato spettatore, pervenuto ad altro collaboratore della testata; C) la deposizione di tale Dario Spiezia, dirigente accompagnatore del Napoli, che in quell’occasione avrebbe sentito delle persone sugli spalti richiamare l’arbitro affermando: “arbitro, no al razzismo”; D) le dichiarazioni del responsabile tecnico del settore giovanile del Napoli, Gianluca Grava, che avrebbe notato “un certo fermento da parte di persone presenti sugli spalti, tanto da ipotizzare che fosse in atto una discussione tra sostenitori delle due squadre”.
2) a fronte di tali emergenze si evidenziano tuttavia numerosi elementi di " segno del tutto opposto", quali: 1) la dichiarazione dell’assistente di gara Giovanni Di Meglio, che era nelle vicinanze del luogo ove sarebbe stata proferita la frase offensiva, il quale ha dichiarato di non aver sentito alcunché in merito a quanto oggetto del deferimento, escludendo anche che qualcuno del pubblico avesse, nell'occasione, richiamato la sua attenzione; 2) il filmato della gara (depositato in atti) da cui si evince che il predetto assistente era ben vicino ai giocatori della Fiorentina nel momento in cui gli stessi festeggiavano la realizzazione della prima rete; 3) le dichiarazioni del medesimo Grava, che ha affermato di aver chiesto ad alcune persone che occupavano la medesima tribuna se realmente il calciatore avesse pronunciato la frase discriminatoria, ottenendone risposta negativa; 4) le dichiarazioni dello Spiezia, che ha confermato come l’assistente di gara si trovasse vicino al luogo ove si sarebbe verificata la condotta in esame, ed ha affermato inoltre di aver chiesto al proprio padre, presente in quel settore degli spalti ove si trovavano le persone che avrebbero richiamato l’arbitro, se avesse sentito qualcosa, ricevendone risposta negativa; 5) la deposizione dell’allenatore della Fiorentina, Alessandro Mogherini, che ha dichiarato che nessuna frase discriminatoria era stata pronunciata;
3) un tale quadro probatorio dunque non consente di "ritenere provati i fatti oggetto del deferimento con quel grado di certezza necessario per poter approdare ad una decisione di colpevolezza".
Avverso tale decisione proponeva tempestivo reclamo il Procuratore federale con unico motivo, rubricato "Violazione ed erronea applicazione degli artt. 4 co.1 e 28 co.1 CGS. Omessa ed insufficiente motivazione. Erronea valutazione delle risultanze di indagine e degli elementi probatori acquisiti e conseguente erroneo proscioglimento dei deferiti".
Il Procuratore evidenziava:
1) nell'ambito della giustizia sportiva “per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato per una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito disciplinare né il superamento del ragionevole dubbio, come nel penale. E’ dunque sufficiente un grado inferiore di certezza ottenuta sulla base di indizi gravi e precisi in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione del fatto”;
2) la dichiarazione del Pieri ha valore di "prova piena e diretta" così come hanno valore di prova indiziaria le dichiarazioni del De Falco circa il messaggio dal contenuto inequivoco inviato al giornale on line, quelle dello Spiezia, che confermava di aver sentito che dal settore vicino all'angolo di campo dove i calciatori della Fiorentina esultavano per un gol, alcuni spettatori gridavano all'arbitro "no al razzismo", e quelle del Grava, che pure aveva notato un fermento tra le persone dello stesso settore della tribuna, tale da avergli fatto ipotizzare una discussione tra opposti tifosi. Ciò comprova la sussistenza di un sufficiente quadro probatorio a sostegno della ipotesi di accusa.
3) E ciò senza considerarsi che, a differenza di quanto sostenuto dal Tribunale, le immagini versate in atti non provano affatto che l'assistente si trovasse vicino ai calciatori della Fiorentina che festeggiavano la rete messa a segno, poiché, di contro, da esse emerge che, mentre ciò accadeva, il predetto assistente, come normalmente avviene dopo una segnatura, si stava riportando verso il centrocampo e poiché il Biagioni - come precisato dal Pieri - raggiunse i compagni festanti in un secondo momento rispetto ad altri, e quando ciò avvenne (ed il Biagioni pronunciò la fase di cui all'incolpazione) l'assistente si era già ben allontanato, sicché in nulla incide la circostanza che lo stesso ha dichiarato di non aver sentito nulla di particolare.
4) Le fondamentali e riscontrate dichiarazioni del Pieri, infine, non sono inficiate da conclamati motivi di astio e nulla depone per l'ipotesi di un suo intento 'calunniatorio'.
In data 24.11.2023 veniva depositata memoria difensiva per la ACF Fiorentina s.r.l. e per il calciatore Lorenzo Biagioni.
Premessa una generica contestazione della fondatezza del reclamo del Procuratore federale ed una sintesi dei fatti con cui si precisava che il Biagioni aveva appreso di essere accusato di aver pronunciato la frase discriminatoria da una telefonata con i propri familiari, che gli riferivano dell'articolo apparso sul sito Spazionapoli.it, con tale memoria si eccepiva innanzitutto l'inammissibilità "dell'unico motivo di reclamo" della Procura, evidenziando come lo stesso risultasse "carente dei requisiti di cui all'art. 103, comma 3 CGS, atteso che in esso altro non si coglie se non una mera "richiesta di riesame del materiale istruttorio presentato dalla parte in sede di primo grado".
Si lamentava inoltre una rappresentazione erronea delle circostanze di fatto, in riferimento alla deduzione relativa alla posizione del guardalinee Di Meglio che, dalla documentazione foto/video depositata - contrariamente all'assunto del reclamante - appare ben vicino ai calciatori della Fiorentina festanti per la rete messa a segno. E si riportavano poi le varie emergenze già evidenziate dal Tribunale, che le aveva identificate tuttavia come 'elementi di segno opposto' a quanto riferito dal Pieri.
Da ultimo, con la memoria, si sottolineava comunque l'insussistenza della prova che la frase fosse stata pronunciata dal Biagioni e che a costui fosse stato rimesso incomprensibilmente l'onere di provare l'infondatezza dell'accusa, per essere stato ritenuto che non vi fossero elementi per ipotizzare la mala fede del suo accusatore.
All'udienza del 29.11.2023 all'esito della discussione, sulle conclusioni delle parti come trascritte a verbale, questa Corte pronunciava la sua decisione come da dispositivo depositato in pari data.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il reclamo è fondato.
Deve preliminarmente osservarsi che l'eccezione dell'inammissibilità del reclamo in riferimento al disposto di cui all'art. 103, comma 3, CGS formulata dalla difesa dei deferiti non è condivisibile.
Nel caso in esame la richiesta di una revisio prioris instantiae è legittimata dalla denuncia di specifici vizi della motivazione, sia sotto il profilo della sua logicità e sufficienza, che su quello del travisamento della prova. Sul primo fronte si evidenzia invero l'omessa considerazione della sussistenza di una vera e propria prova piena, diretta e sorretta da diversi riscontri, illogicamente svalutata a fronte di elementi di diversa natura, peraltro non scrutinati in ragione della specificità del caso; nel secondo si denuncia un errore (quello concernente l'esame della documentazione foto/video) che, se accertato - come precisa la Corte di Cassazione appare idoneo a disarticolare anche da solo l'intero ragionamento probatorio proposto dal giudice di prime cure (cfr. Sez. 6 - , Sentenza n. 10795 del 16/02/2021).
Del resto, come rilevato già da questa Corte (Sez. I, decisione n. 0057/CFA/2023-2024), "L’art. 101 comma 3, CGS, nella parte in cui dispone che “Il reclamo deve contenere le specifiche censure contro i capi della decisione impugnata”, non va letto in modo formalistico, in quanto la finalità della norma è che siano sviluppate adeguate argomentazioni critiche, corredate di puntuali ragioni di fatto e di diritto idonee a giustificare la censura e porre in risalto l’erroneità della decisione. E l’onere di detta specificazione deve ritenersi assolto qualora la parte abbia argomentato le ragioni di dissenso dalla soluzione adottata in prime cure".
Ciò chiarito:
1. Vanno innanzitutto corrette talune inesattezze emerse nella motivazione adottata dal Tribunale, che sembra abbiano inciso sulla valutazione del compendio probatorio quale operata in primo grado.
Ed invero:
1.1
- il teste Pieri è stato indicato come appassionato tifoso del Napoli. Dagli atti tuttavia non emerge tale circostanza (e, per essa, l'esclusione della natura di teste estraneo ed indifferente del Pieri), pur essendo pacifico che il predetto fosse l'amministratore della pagina Instagram "giovanilinapoli" e che abbia egli pubblicato il post che denunciava l'accaduto;
- per i testi Spiezia e Grava, menzionati in motivazione, il primo in merito alle sue dichiarazioni circa le frasi urlate dal pubblico verso l'arbitro, del tipo "no al razzismo", e il secondo perché ricordava, subito dopo la (prima) rete della Fiorentina, "un certo fermento ...sugli spalti come di un' improvvisa discussione tra opposti tifosi", il Tribunale ha utilizzato il 'condizionale': lo Spiezia avrebbe sentito, il Grava "avrebbe notato". In effetti dai verbali delle rispettive dichiarazioni si evince come lo Spiezia (pagg 7 e segg. degli 'Atti istruttori') abbia dichiarato ".....in occasione di una delle tre reti della Fiorentina, mentre i calciatori della squadra ospite esultavano nei pressi della bandierina del calcio d'angolo, sotto la tribuna coperta, alcune persone presenti sugli spalti reagivano, richiamando l'attenzione dell'arbitro per segnalare una frase dal contenuto razzista pronunciata da un calciatore della squadra avversaria, infatti ho sentito le persone dire 'arbitro no al razzismo'. Dal canto suo il Grava (pagg. 11 e segg.) precisava testualmente "insieme ad altri dirigenti della società prendevo posto in un container chiuso, ubicato nei pressi della tribuna scoperta ma defilato rispetto alla stessa con entrata autonoma.....dopo la realizzazione della prima rete da parte della formazione ospite, i calciatori della Fiorentina si portavano sotto la tribuna coperta per esultare e nella circostanza ho avuto modo di notare un certo fermento da parte delle persone presenti sugli spalti tanto da ipotizzare che fosse in atto una discussione tra sostenitori delle due squadre..... Io personalmente per la posizione che occupavo nel container non ho sentito nulla".
Dunque, al Pieri non può negarsi la qualifica di teste comunque estraneo, e per gli altri non possono in alcun modo cogliersi incertezze nelle rispettive precisazioni, come sembra comprendersi nella motivazione: essi hanno sentito e notato quanto poi dichiarato, riferendo con logica, coerenza e precisione quanto oggetto delle proprie percezioni.
2. Ciò premesso, in punto di diritto deve ricordarsi come una pluralità di testimonianze deve essere valutata alla luce delle circostanze di accadimento dei fatti e delle condizioni concrete nelle quali ciascun testimone ha acquisito cognizione degli accadimenti rilevanti, considerandosi anche la possibilità di parziali divergenze tuttavia inidonee a scalfire la complessiva attendibilità dei narrati e la ricostruzione dei fatti.
Tale principio è stato più volte ribadito dalla Corte di Cassazione secondo cui, infatti, "In tema di valutazione di una pluralità di prove testimoniali concernenti un medesimo fatto, la valenza probatoria delle dichiarazioni non è compromessa dal fatto che una o più circostanze siano riferite da alcuni testimoni e non da altri, se non a condizione che sia rigorosamente dimostrato che tutte le fonti orali, presenti in "loco criminis", abbiano avuto la completa percezione del fatto nella interezza di tutti i segmenti della concorsuale azione delittuosa" (cfr. Cass. Pen. Sez. 1, Sentenza n. 34473 del 27/05/2015, dep. 06/08/2015, Rv. 264276 - 01, nonché Sez. 5, Sentenza n. 15669 del 24/02/2020, dep. 21/05/2020, Rv. 279162 - 01)
2.1 Di tale principio, cui invero pacificamente può e deve ricorrere anche il giudice disciplinare sportivo, il Tribunale impugnato non ha tuttavia tenuto conto.
Ed invero, la sentenza individua "elementi di segno opposto" a quelli individuabili nelle dichiarazioni del Pieri e degli altri testi prima citati:
A) nel fatto che l'assistente di gara Di Miglio non abbia sentito la frase offensiva pronunciata dal Biagioni, né le proteste del pubblico riferite dallo Spiezia. E ciò sebbene fosse "nelle vicinanze del luogo" dove erano i calciatori. Ma tale vicinanza e, per essa, la ricordata 'completa percezione dei fatti nella loro interezza' da parte del Di Miglio, è tutt'altro che rigorosamente dimostrata. Nè il frame estratto dal video versato in atti in allegato alla memoria difensiva supera tale obiezione, mostrando lo stesso solo che alcuni giocatori della Fiorentina si trovassero, a poca distanza dall'assistente nel mentre festeggiavano la rete messa a segno, ma non chiarendo se e quando si avvicinò ad essi il Biagioni (che comunque avrebbe potuto pronunciare la frase prima o dopo). Ed anzi, dall'intero filmato si vede distintamente che lo stesso assistente, al convergere dei calciatori festanti verso la zona della bandierina del calcio d'angolo, si allontanava con veloce corsa in direzione opposta per poi fermarsi solo successivamente e percorrere qualche passo indietro;
B) nella circostanza che lo Spiezia non abbia avuto conferme di quanto sentito gridare da alcuni tifosi, da suo padre che pure era in tribuna. Ma anche questo mancato riscontro non prova affatto in modo indiscutibile che il genitore del teste - posto che si trovasse in una posizione tale da vedere e sentire bene quello che gli accadeva intorno - avesse avuto precisa contezza di tutta la vicenda. Di contro, sul piano logico, la circostanza spontaneamente riferita dal medesimo Spiezia sulla sua ricerca di conferme alla sua percezione, depone per l'assoluta sincerità della sua propalazione;
C) nella dichiarazione dell'allenatore della Fiorentina, Mogherini Alessandro, che escludeva di avere udito frasi discriminatorie di alcun tipo. L'allenatore della Fiorentina, tuttavia, risulta dal referto essere stato Capparella Marco e la motivazione non considera come più di un teste (cfr. anche dichiarazioni di Annunziata e Spiezia) abbia precisato che le panchine erano poste sul lato opposto del luogo del fatto a circa sessanta metri dallo stesso. Semmai dal Capparella (pag. 19/21 atti) non è pervenuta conferma di aver ricevuto il messaggio di protesta che il Pieri ha dichiarato di avergli subito spedito, ma anche in questo caso è risultato, a riscontro da quanto dichiarato dal Pieri stesso, che il messaggio era stato certamente spedito e che il Capparella non lo aveva visualizzato (cfr. all. dich. Peri), circostanza quest'ultima, peraltro, comunque dubbia perché è notorio che 'gli avvisi di lettura' dei messaggi possono essere disattivati.
Per completezza va comunque detto che la Difesa ha allegato un verbale di dichiarazioni del 15.09.23 di Magherini Alessandro "dirigente accompagnatore" (e non allenatore) della Fiorentina, che ha precisato di essersi trovato proprio nei pressi dell'angolo di campo dove i giocatori della sua squadra si erano riuniti ad esultare per la prima rete segnata, e di non avere udito alcuna frase discriminatoria, aggiungendo che al termine della successiva gara di ritorno, svoltasi il 21.05.23, l'allenatore del Napoli Annunziata Raffaele ed il dirigente Spiezia ebbero un colloquio con il calciatore Biagioni nel corso del quale l'Annunziata, dopo aver chiesto se il fatto fosse vero, alla risposta negativa del Biagioni, gli diceva di credere in lui perché lo riteneva un ragazzo serio ed onesto. Ma l'Annunziata (dich. del 26.07.23) ha negato totalmente tale circostanza aggiungendo di non conoscere affatto il Biagioni ("aggiungo che questo calciatore non lo conosco e non lo potevo nemmeno riconoscere in quanto dopo la doccia non indossando più la divisa di gara, per me sono tutti eguali"). E analoga secca smentita alle dichiarazioni del Magherini proveniva altresì dallo Spiezia (dich. 26.07.23) che precisava solo di avere chiesto al Biagioni se avesse pronunciato la frase razzista;
D) nel fatto che il Grava avesse chiesto ad alcune persone che occupavano la stessa tribuna se realmente il calciatore avesse pronunciato la frase discriminatoria, ottenendone peraltro risposta negativa; ma anche questo non dimostra l'assunto posto nella motivazione impugnata (atteso peraltro che il Grava stesso ha detto di non avere sentito alcunché ma solo di avere notato 'un certo fermento' tra i tifosi) poiché non è dato sapere se gli 'intervistati' avessero visto ed udito con certezza tutti i momenti della vicenda oggetto di disamina.
3. Dunque non si è affatto in presenza di elementi tali da superare il principio di diritto prima ricordato, evidenziando, di contro, il compendio probatorio acquisito, una testimonianza diretta precisa, reiterata, logica e sufficientemente circostanziata, quale quella del Pieri, nonchè significativi riscontri alla stessa quali: l'immediata pubblicazione del post con la descrizione da parte del citato teste di quanto da lui visto e sentito; il messaggio spedito alla testata on-line Spazionapoli, l'altro messaggio di protesta spedito allo stesso allenatore della Fiorentina nel quale si riportava l'accaduto; la dichiarazione dello Spiezia sulle proteste di chi gridava "no al razzismo"; la preoccupazione del Grava sullo strano fermento tra i tifosi nelle stesse circostanze di tempo indicate dal Pieri e, da ultimo, il rilievo logico, dato sia dal disinteresse del Pieri medesimo e l'assurdità di un'accusa montata ad arte da lui e da chi in parte gli ha fatto eco, sia dal silenzio dell'accusato, che non riteneva di dovere esternare pubblicamente la sua estraneità ai fatti e che, di contro, è stato del tutto smentito da chi egli aveva indicato - dich. del 12.07.23 - come persone che gli avevano manifestato solidarietà per un'accusa falsa (l'allenatore del Napoli e il dirigente accompagnatore Spiezia).
E tutte tali emergenze sono di certo idonee a confortare e riscontrare la credibilità della testimonianza del Pieri, che di per sé stessa - come detto - ha comunque natura di prova specifica diretta.
L'unico elemento 'in teoria' di segno contrario alle dichiarazioni del Pieri potrebbe ravvisarsi in quelle dichiarazioni del Magherini, asseritamente trovatosi nelle immediate vicinanze del luogo ove i calciatori festeggiavano, che ha affermato di non avere sentito il Biagioni proferire parole discriminatorie. Ma a prescindere dal fatto che questi potrebbe avere lanciato il suo insulto ai tifosi prima di avvicinarsi ai compagni, sta di fatto che il Magherini si è disvelato sicuramente inattendibile rimanendo totalmente smentito come si è visto - dai testi da lui stesso chiamati in causa (Annunziata e Spiezia).
4. Giovi ricordare ancora un pacifico principio affermato dalla Giudice di legittimità secondo cui la dichiarazione di un solo teste ben può essere posta a base di una sentenza di condanna se scrupolosamente vagliata sotto ogni profilo. E tanto vale finanche nell'ipotesi in cui l'accusa provenga da chi è portatore di un chiaro interesse contrastante con lo stesso accusato, precisando la Suprema Corte: "In tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa, la cui deposizione, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (Cass.. Pen. Sez. 5 - , Sentenza n. 12920 del 13/02/2020 Rv. 279070 - 01 - cfr anche il conforme orientamento di questa Corte CFA cfr. CFA, Sez. I, n. 52/2022-2023; Id., Sez. I, n. 92/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 114 /2020-2021; sez. IV, n. 66-2019/2020; sez. I, n. 118-2019/2020).
Orbene, nel caso in esame il Pieri ha riferito di avere udito la frase incriminata, di averne ben individuato l'autore, da lui peraltro già conosciuto, ricordandone anche il numero di maglia; a tal fine ha descritto i fatti collocandoli con precisione nel tempo e nello spazio, sia in riferimento al campo di gioco che alla tribuna dove egli si trovava, ha ricordato anche il tentativo di colloquio chiarificatore avuto con il medesimo Biagioni alla fine del primo tempo (mentre lo stesso si avviava negli spogliatoi); ha poi immediatamente raccontato l'accaduto con un post su un canale social (ed un messaggio, sia pure anonimo ma dello stesso tenore, era già pervenuto al giornale on line Spazionapoli"), ha spedito un messaggio di protesta all'allenatore della Fiorentina Capparella dal quale non riceveva risposta, ed ha reiterato con precisione le sue accuse in sede di audizione. Altro testimone - lo Spiezia - ha riscontrato tale accusa affermando di avere udito taluni spettatori rivolgersi all'arbitro con l'invocare "no al razzismo". E il Grava ha confortato l'accusa ricordando di un particolare agitarsi degli spettatori che avevano preso posto nelle vicinanze della parte del campo da dove l'offesa era stata lanciata. Così come il Capparella non ha potuto non ammettere che il messaggio inviatogli risultava effettivamente trasmessogli dal Pieri sulla sua pagina Instagram.
4.1 La testimonianza e tali verifiche sulla stessa inducono a ritenere del tutto credibile il Pieri e provato l'addebito, indipendentemente dalla circostanza - pure evidenziata dalla Difesa - che il referto arbitrale non reca riferimento alcuno alla sussistenza del fatto di cui alla incolpazione, atteso che "Il referto arbitrale, pur facendo piena prova di quanto attesta essere avvenuto, non può assurgere a prova legale anche del quod non, cosicché il solo fatto che un evento non sia documentato nella relazione dell’arbitro o negli altri atti provenienti dai suoi collaboratori non implica di necessità che l’evento non si sia verificato e che la sua prova non possa essere desunta aliunde, in particolare dagli atti di indagine della Procura federale" (CFA, Sez. I, n. 52/ 2022-2023; n. 77/CFA/2022-2023/E ; Sez. I, decisione n. 0058/CFA/2023-2024).
4.2 Nel giudizio sportivo, del resto, lo standard probatorio necessario non richiede la certezza assoluta, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale (cfr. CFA, SS.UU., n. 19/2020-2021; n. 105/2020-2021).
E' ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza federale secondo cui, per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva, può ritenersi sufficiente un grado inferiore alla valenza assoluta delle prove, ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (Corte federale d’appello, Sezioni Unite, registro decisioni n. 019/2020-2021). E si è anche precisato che «la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale» (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 47/CGF del 19 settembre 2011).
4.3 Questa Corte ha, in proposito, altresì sottolineato come tale definizione dello standard probatorio abbia anche ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, "per potersi ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio", così concludendo come a tale principio debba oramai assegnarsi una portata generale (CFA 2021-2022, n. 105/CFA/2020-2021/B).
5. Nè dubbi sorgono sul contenuto razzista della indicata frase offensiva, posto che - come ha esattamente ricordato dal Procuratore federale nell'atto di deferimento- la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che l’espressione terrone di merda sia, oltre che obiettivamente insultante, anche odiosamente razzista in quanto con la tecnica dell’assimilazione denigratoria il destinatario dell’offesa viene paragonato non solo a un rifiuto organico ma anche a un individuo che per la sua origine è evidentemente ritenuto inferiore (cfr C.Cass., sez. V pen., sent. n.42933/11).
6. La comprovata condotta assunta dal Biagioni (che era anche il capitano della squadra Fiorentina) è dunque tale da apparire come certamente idonea a configurare a suo carico una responsabilità disciplinare nei termini quali contestati.
Essa invero ha violato innanzitutto i principi di lealtà, probità e correttezza sportiva di cui all’art. 4 co.1 del CGS.
Tale disposizione non si risolve in una norma di tipo residuale, alla cui applicazione dovrebbe ricorrersi in mancanza di previsioni specifiche, ma costituisce, al contrario, una clausola generale al cui contenuto precettivo i soggetti dell’ordinamento sportivo devono ineludibilmente conformare la propria condotta. Come precisa la giurisprudenza di questa Corte federale "Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione ad esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di.....dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte. Si spiega così la presenza di disposizioni, quale l’art. 4, comma 1, del CGS, caratterizzate dalla enunciazione di principi e da un certo grado di flessibilità, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza". (cfr. Corte Federale d’Appello, sez. I, decisione n. 70/CFA/2021-2022; Id., sez. I, decisione n. 74/CFA/2021-2022; 0016/CFA-2022-2023).
6.1 La violazione della predetta disposizione è disciplinarmente rilevante in via autonoma -come esattamente precisato dal reclamante - ed è ravvisabile dunque in tutti quei casi nei quali soggetti appartenenti all’ordinamento federale pongano in essere comportamenti che violino i principi di lealtà, probità e correttezza posti a fondamento dell’ordinamento sportivo, ivi compresa, evidentemente, la condotta offensiva volta alla denigrazione altrui per motivi legati al luogo di nascita o di vita.
Si ricordi la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui "L’art. 4, comma 1, CGS è norma perfettamente autosufficiente e opera da norma di chiusura del sistema. Il dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva in senso stretto (c.d. “fair play)”, ha assunto una dimensione più ampia, che si estende anche oltre l’ambito della competizione sportiva in sé e per sé considerata e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva. La “lealtà sportiva” costituisce “una clausola generale che si sostanzia, da un lato, in una regola di comportamento oggettivamente valutabile e, dall’altro, in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo”. Non è dunque necessaria alcuna concorrente violazione di altra norma del CGS perché possa dirsi violato il dovere di lealtà e correttezza. Un tale dovere è autonomamente e oggettivamente valutabile. (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 53/2021-2022)
7. Ma nel caso di specie essa concorre con la disposizione di cui all'art. 28, comma 1, CGS parimenti contestata, che vieta e punisce "ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale...".
7.1 Tale disposizione costituisce realizzazione concreta di quella di cui all'art. 2, comma 5, dello Statuto della FIGC che, tra gli altri, declina proprio il principio di non discriminazione (“La FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza”). Dall'ordito di tali norme "traspare la volontà dell’ordinamento federale di contrastare e punire tutti i comportamenti discriminatori, di ogni genere e tipologia, volti a negare il diritto di ciascuno ad essere riconosciuto quale persona libera ed eguale, anche in attuazione del principio del mutuo rispetto, posto a base di ogni convivenza civile e democratica. La condotta discriminatoria, del resto, si sostanzia in ogni forma di discriminazione dei diritti fondamentali della persona, che non può non provocare una dura reazione da parte non solo dell'ordinamento giuridico generale, ma anche da parte di quello sportivo, anche alla luce degli inequivoci principi posti dalla Costituzione in materia" (Sezioni unite n.105/CFA/2020-2021).
8. Della condotta tenuta dal Biagioni, al momento del fatto anche capitano della squadra ACF Fiorentina s.r.l. Under 16, deriva a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 6, comma 2, C.G.S., la responsabilità della stessa società.
9. In accoglimento del reclamo, la decisione gravata va, dunque, riformata con conseguente irrogazione:
- della sanzione della squalifica per 10 (dieci) giornate effettive di gara per il sig. Lorenzo Biagioni;
- della sanzione dell'obbligo di disputare 2 (due) gare a porte chiuse nella corrente stagione sportiva, per la società A.C.F. Fiorentina S.r.l. (Under 16).
9.1 Tali sanzioni appaiono proporzionate ai fatti e rispondono a criteri di congruità ed al principio di giusta afflittività.
Non pare possano ricorrere invero, per il Biagioni in particolare, circostanze attenuanti derivanti dalla sua giovane età. Questa non può essere assunta come attenuante ma, semmai, come sintomo della necessità di una profonda riflessione sullo spirito e sui valori che debbono permeare, sempre e comunque, l’attività sportiva. (Corte di giustizia federale, Sez. II, n. 105/2010-2011).
La giovane età del calciatore, lungi dal costituire un elemento attenuante, rappresenta, con la sua implicita negazione dei canoni di lealtà e correttezza, un disvalore aggiunto (Corte di giustizia federale, Sez. IV, n. 213/2010-2011; Corte di giustizia federale, Sez. I, n. 123/2012-2013).
Questa Corte ha già più volte avallato la legittimità, nei limiti della sindacabilità concessa nella determinazione della pena concretamente inflitta - che deve peraltro rispondere sempre a criteri di ragionevolezza e proporzionalità - della funzione “educatrice” delle pene inflitte ai giovani calciatori, che si affacciano al mondo professionistico e nei confronti dei quali deve essere inculcato fin dall’inizio il senso del rispetto delle regole sportive di comportamento, secondo principi di lealtà, rispetto e correttezza (Corte di giustizia federale, Sez. I, n. 20/2013-2014).
Risulta particolarmente censurabile tuttavia che un atleta in giovane età possa tenere condotte aggressive o violente anche se in modo non fisico ma solo verbale. Dinanzi a comportamenti di tal genere una attenuazione della sanzione in ragione della giovane età dell’aggressore risulterebbe del tutto ingiustificata e anzi sarebbe contraria allo spirito di una corretta educazione sportiva (Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., n. 46/2017; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, n. 102/2021).
I fenomeni di violenza di ogni tipo devono essere valutati con rigore giacché ledono tutti i principi che sono alla base delle competizioni sportive. E se è certamente vero che la giovane età del colpevole deve spingere a sottolineare, per quanto possibile, il ruolo educativo della sanzione (invero concretamente inflitta nel suo minimo edittale), detto elemento da solo - e in assenza di qualunque altra motivazione che possa attenuare la gravità dei fatti - non può portare ad un risultato che determini un effetto sostanzialmente contrario al rispetto delle regole (Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 35/2022-2023).
P.Q.M.
Accoglie il reclamo in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, irroga le seguenti sanzioni:
- per il sig. Lorenzo Biagioni la squalifica per 10 (dieci) giornate effettive di gara;
- per la società A.C.F. Fiorentina S.r.l. (Under 16), obbligo di disputare 2 (due) gare a porte chiuse nella corrente stagione sportiva.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Massimo Galli Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce