F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2023/2024 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0080/CFA pubblicata il 30 Gennaio 2024 (motivazioni) – Procura Federale Nazionale dello Sport/sig. Massimo Ferrero

 

 

Decisione/0080/CFA-2023-2024

Registro procedimenti n. 0056/CFA/2023-2024

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Salvatore Lombardo – Componente

Mauro Mazzoni – Componente

Vincenzo Barbieri – Componente

Antonio Maria Marzocco - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero 0056/CFA/2023-2024 proposto dalla Procura Federale Nazionale dello Sport in data 08.11.2023,

contro

il sig. Massimo Ferrero

per la riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare n. 0084/TFNSD del 02.11.2023;

Visto il reclamo e i relativi allegati,

Visti tutti gli atti della causa,

Relatore all’udienza del 18.01.2024, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Antonio Maria Marzocco, udito l’Avv. Federico Vecchio per la Procura Federale Nazionale dello Sport e preso atto della dichiarazione dell’Avv. Pietro Sommella, per il Sig. Massimo Ferrero, di volersi riportare agli scritti depositati, a seguito di ripetuti ma infruttuosi tentativi di collegamento all’udienza telematica Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di deferimento n. 5665/SS 23-24 del 31 agosto 2023 il Procuratore nazionale dello sport applicato deferiva dinanzi al Tribunale federale nazionale – Sezione Disciplinare il sig. Massimo Ferrero, all’epoca dei fatti Presidente della U.C. Sampdoria S.p.A., per rispondere della pretesa violazione dell’art. 4, 1° co., CGS FIGC, «ovvero del dovere fatto a tutte le persone e agli organismi soggetti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale in ogni rapporto di natura agonistica, economica e/o sociale, per la fuoriuscita dalla UC Sampdoria S.p.A. di fondi societari utilizzati dall’entourage sociale per ripianare i debiti di alcune attività del Gruppo Ferrero intestate all’allora socio di maggioranza ed ex Presidente Massimo Ferrero». Più in dettaglio, il Procuratore nazionale dello Sport applicato ha ritenuto che potesse configurarsi a carico del sig. Massimo Ferrero la violazione dell’art. 4, 1° co., CGS FIGC perché dalla documentazione acquisita sarebbe emerso che la UC Sampdoria spa, dopo aver ricevuto in data 26 novembre 2020 un finanziamento con garanzia pubblica SACE (“Finanziamento SACE”) pari ad 25.000.000 (venticinquemilioni/00) - secondo le prescrizioni del D.L. n. 23 dell’8.04.2020 convertito nella legge n. 40 del 05.06.2020 - provvedeva in data 30 novembre 2020 ad effettuare un bonifico di 400.000 (quattrocentomila/00) in favore del socio unico Sport Spettacolo Holding srl (SSH srl) – fondi dapprima trasferiti alla società Holding Max srl – società capogruppo – e successivamente utilizzati per concludere accordi transattivi con le procedure fallimentari riguardanti la Blu Cinematografica srl, la Blu Line srl e la Maestrale srl – tutte società facenti parte del Gruppo Ferrero. Secondo la Procura, nonostante che il trasferimento della somma di 400.000 (quattrocentomila/00) fosse stato effettuato dalla UC Sampdoria spa alla SSH srl in forza di regolare continuativo rapporto sottostante tra le due società, cui ha fatto seguito l’emissione di una fattura da parte della SSH srl, le risultanze documentali avrebbero dimostrato come parte dei fondi ottenuti dal “Finanziamento SACE” fossero stati volontariamente utilizzati non per la gestione finanziaria della società calcistica bensì per far fronte agli accordi transattivi in scadenza il 5 dicembre 2020 relativi ai fallimenti delle società Blu Cinematografica srl e Blu Line srl. Questo sarebbe avvenuto in spregio di quanto previsto dall’art. 1, comma 2, lettera n), del D.L. n. 23 dell’8.04.2020, convertito nella Legge n. 40 del 05.06.2020 e, per quello che rileva in questa sede, dell’art. 4, 1° co., CGS FIGC.

1.1. La Procura federale, nel febbraio 2022, apprendeva di un procedimento penale pendente in danno dell’ ex Presidente dell’U.C. Sampdoria, sig. Massimo Ferrero, avente ad oggetto il presunto utilizzo di somme di denaro della Sampdoria impiegate per ridurre le esposizioni della fallita “Sport Spettacolo Holding Srl”, società facente parte del Gruppo Ferrero, riferibile al già Presidente della Sampdoria. La Procura, inoltre, apprendeva che il Tribunale di Catanzaro aveva accertato, in sede di riesame dell’ordinanza pronunciata in data 30 novembre 2021 dal GIP di Paola, quanto ipotizzato dalla stampa. Pertanto, in data 7 febbraio 2022 inviava una nota alla Procura della Repubblica di Paola chiedendo di ricevere copia dell’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria e copia degli atti del procedimento penale. La Procura di Paola replicava in data 1 marzo 2022 rimettendo alla Procura Federale la copia del solo dispositivo del provvedimento del Tribunale del riesame, recante la data del 23 dicembre 2021, spiegando che le motivazioni non erano ancora note e quindi erano indisponibili. In data 15 dicembre 2022 la Procura federale reiterava la richiesta alla Procura della Repubblica di Paola che, in data 13 gennaio 2023, rilasciava copia delle motivazioni adottate dal Tribunale del riesame, depositate sin dal 18 gennaio 2022, e un’informativa di Polizia Giudiziaria del 17 dicembre 2020 estratta dal fascicolo del procedimento penale che constava di oltre venti faldoni di atti e documenti custoditi in due armadi. In data 16 gennaio 2023 la Procura federale, a seguito dell’acquisizione documentale anzidetta, iscriveva nel relativo registro il procedimento disciplinare n. 494pf22-23, avente ad oggetto “Atti dell’indagine della Procura della Repubblica di Paola inerente il Sig. Massimo Ferrero, all’epoca dei fatti, Presidente della Società U.C. Sampdoria S.p.A.”.

1.2. Il successivo 27 gennaio 2023 la Procura federale, avendo appreso che il procedimento penale promosso nei confronti del Sig. Ferrero era giunto alla fase dibattimentale, chiedeva nuovamente alla Procura della Repubblica di Paola di poter acquisire copia integrale degli atti di indagine poiché, dalla lettura degli atti inviati in precedenza, sembrava emergere che il sig. Massimo Ferrero, ex Presidente della Sampdoria, avesse illegalmente destinato i fondi della società “Unione Calcio Sampdoria SpA” per coprire il dissesto delle società fallite del Gruppo Ferrero, circostanza che, ove dimostrata, sarebbe stata di rilevante interesse sotto il profilo disciplinare. La Procura di Paola rimetteva copia degli gli atti richiesti in data 16 febbraio 2023 e 14 marzo 2023 e la Procura Federale, ottenuta una prima proroga del termine di indagine ai sensi dell’art. 119, 4° e 5° co., del CGS FIGC e dell’art. 47, 3° co.,

CGS CONI, provvedeva, nel nuovo termine assegnato, all’acquisizione di documentazione inerente alla Società U.C. Sampdoria SpA e all’audizione dei sigg.ri Alberto Bosco e Alberto Marangon, entrambi, all’epoca dei fatti, tesserati quali dirigenti della Sampdoria, il primo quale Direttore operativo e il secondo quale Team Manager. In esito alla propria audizione il sig. Bosco faceva pervenire all’Organo inquirente documentazione circa i rapporti intercorrenti fra una società del Gruppo Ferrero e la Sampdoria.

1.3. La Procura federale, ritenendo istruito il procedimento e non ravvisando elementi che le avrebbero consentito di validamente supportare l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di soggetti coinvolti, con nota del 10 maggio 2023, accompagnata da provvedimento motivato, comunicava alla Procura Generale dello Sport del CONI (di seguito: PGS) il proprio intendimento di archiviare il procedimento.

Con nota del successivo 18 maggio 2023 la PGS comunicava alla Procura federale che “non si condivide l’intendimento di archiviazione ritenendo che le valutazioni in merito alla procedibilità debbano svolgersi nella sede naturale, costituita dal Tribunale federale”. La Procura federale replicava alla PGS, con altra nota del 23 maggio 2023, di non poter provvedere alla notifica della comunicazione di chiusura delle indagini agli interessati in quanto i termini per tale adempimento erano spirati in data 16 maggio 2023 e la nota del 18 maggio 2023, con la quale veniva rappresentata la non condivisione dell’intendimento di archiviare, era intervenuta a termini oramai scaduti. Di conseguenza, la Procura federale chiedeva alla PGS di voler “adottare le opportune determinazioni di propria competenza”.

1.4. La PGS, con provvedimento del 5 giugno 2023 prot. n. 0617/2023/D, «CONSIDERATO che in data 10.05.2023, il Procuratore Federale, Cons. Giuseppe Chinè, all’esito delle attività di indagine, formulava intendimento di archiviazione alla Procura Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 47, comma 4, del Codice della Giustizia Sportiva»; … CONSIDERATO che, all’esito della valutazione dell’intendimento di archiviazione, la Procura Generale dello Sport, nell’ambito delle attribuzioni conferitele dalle normative in vigore, in data 18.05.2023 (ns. prot. n. 2932) non condivideva l’intendimento di archiviazione, ritenendo che le valutazioni circa la procedibilità dovessero svolgersi dinanzi al Tribunale Federale; … PRESO ATTO che la Procura Federale, in data 23.05.2023, argomentava circa l’impossibilità di poter esercitare validamente l’azione disciplinare; RAVVISATA la necessità di procedere a ulteriori attività di indagine relativa al procedimento disciplinare; RITENUTO, pertanto, ravvisarsi gli estremi per l’avocazione del procedimento da parte della Procura Generale dello Sport, ai sensi del combinato disposto dell’art. 12 quater, comma 4, dello Statuto e dell’art. 51, comm 6, del Codice della Giustizia Sportiva, con conseguente applicazione di un Procuratore Nazionale dello Sport, secondo qu nto disposto ai sensi dell’art. 12 quater, comma 7, dello Statuto e dell’art. 52, comma 1 e comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva; INDIVIDUATO nell’Avv. Dora Mantovano, precedentemente delegata alla valutazione degli intendimenti di archiviazione, il Procuratore Nazionale dello Sport da applicarsi al procedimento», ha avocato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 12 quater, 4° co., Statuto CONI e 51, 6 ° co., CGS CONI, il procedimento iscritto dalla Procura federale della FIGC al n. 494 PF22-23 – p.i. FIGC/2023/0040 – e, conseguentemente, ha applicato «ai sensi del combinato disposto degli artt. 12 quater, comma 5, dello Statuto e 52, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva, l’Avv. Dora Mantovano, Procuratore Nazionale dello Sport, al procedimento iscritto dalla Procura Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio al n. 494 PF 22-23 – p.i. FIGC/2023/0040 – ns. prot. n. 0264 del 16.01.2023 con decorrenza, a far data dell’assunzione del presente provvedimento, del nuovo termine per il compimento delle indagini pari alla metà di quello ordinariamente previsto».

1.5. Il Procuratore Nazionale dello Sport applicato al procedimento, l’Avv. Dora Mantovano, manifestava al Procuratore Generale dello Sport «profili di opportunità al conferimento dell’incarico, tali da poterne vanificare l’attività », per questo la PGS, in data 6 giugno 2023, ritenuto «… di dover provvedere, in conseguenza alla già disposta avocazione del procedimento (…) all’applicazione di un altro Procuratore Nazionale dello Sport (…) CONFERMA per le motivazioni espresse nel provvedimento n. 0617/2023, l’avocazione del procedimento iscritto dalla Procura Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio al n. 494 PF22-23 (…) REVOCA l’applicazione dell’Avv. Dora Mantovano (…) APPLICA (…) l’Avv. Federico Vecchio, Procuratore Nazionale dello Sport, al procedimento iscritto dalla Procura Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio al n. 494 PF 22-23 – p.i. FIGC/2023/0040 – ns. prot. n. 0264 del 16.01.2023 con decorrenza, a far data dell’assunzione del presente provvedimento, del nuovo termine per il compimento delle indagini pari alla metà di quello ordinariamente previsto».

In conseguenza di ciò, il Procuratore Nazionale dello Sport applicato, senza ulteriori indagini rispetto a quelle compiute dalla Procura federale, provvedeva, con atto del 24 luglio 2023, a notificare al sig. Massimo Ferrero la comunicazione di chiusura delle indagini (nel prosieguo anche “CCI”) contestando allo stesso quanto oggetto del presente procedimento e invitandolo a usufruire dei mezzi e dei termini consentiti dal CGS FIGC per svolgere le proprie difese. In assenza di richieste di audizione o di memorie difensive il Procuratore Nazionale dello Sport applicato si determinava, con atto del giorno 31 agosto 2023, a deferire innanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare il sig. Massimo Ferrero, ascrivendo allo stesso le contestazioni di cui si è detto in precedenza.

2. Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare con decisione n. 0084/TFNSD del 2 novembre 2023 ha dichiarato, per le ragioni che saranno in dettaglio illustrate nella motivazione di questa decisione, il deferimento improcedibile e, comunque, infondato nel merito.

3. Avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale ha proposto il reclamo numero 0056/CFA/2023-2024 la Procura Federale Nazionale dello Sport, in data 8 novembre 2023, articolando due motivi di reclamo, che saranno analiticamente illustrati ed esaminati in motivazione.

3.1. Con la memoria difensiva depositata ha resistito il Sig. Massimo Ferrero, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Sommella, chiedendo, per i motivi che saranno illustrati ed esaminati in motivazione, il rigetto del «reclamo proposto dal Procuratore Nazionale con funzione di Procuratore Federale e, comunque, qualora accolto il motivo di gravame afferente la dichiarata improcedibilità del deferimento emesso nei confronti del sig. Massimo Ferrero, dichiarare lo stesso improcedibile, inammissibile e comunque infondato nel merito.

4. All’udienza del 18 gennaio 2024, tenutasi in videoconferenza, l’Avv. Federico Vecchio per la Procura Federale Nazionale dello Sport ha ribadito oralmente il contenuto dell’atto di reclamo. L’Avv. Pietro Sommella, a seguito di ripetuti ma infruttuosi tentativi di collegamento all’udienza telematica, ha dichiarato di riportarsi agli scritti difensivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Con il primo motivo di reclamo il Procuratore nazionale dello sport applicato ha censurato la decisione di primo grado resa dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, nella parte in cui ha ritenuto «il deferimento “improcedibile per lo spirare del termine, perentorio, previsto dall’art. 123, primo comma, del CGS per la notifica all’interessato della comunicazione di conclusione delle indagini”». In particolare, il reclamo censura la decisione di primo grado nella parte in cui ha affermato che «malgrado “Apparentemente … sembrerebbero rispettati i termini perentori di cui al primo comma dell’art. 123 C.G.S. (art. 44, comma 4, CGS CONI) per la notifica all’interessato della CCI”, così non sarebbe stato, perché “la PGS, nel provvedimento finale di avocazione del procedimento, datato 6.06.2023, ha ritenuto di far decorrere il nuovo termine per il compimento delle indagini, pari alla metà di quello ordinariamente previsto e quindi di 30 giorni, “a far data dall’assunzione del presente provvedimento” e dunque dal 6.06.2023 e non dal 17.05.2023, in aggiunta, senza soluzione della continuità, al termine per la notifica della CCI, così prolungando di oltre 20 giorni, al di là del consentito, il termine appena menzionato”».

In questo modo la decisione di primo grado avrebbe violato, secondo la prospettazione della Procura reclamante, il testo dell’art. 52, 1° co., CGS CONI, secondo cui «In tutti i casi in cui è disposta l’avocazione il Procuratore generale dello sport applica un Procuratore nazionale dello sport alla Procura federale per la trattazione del procedimento della cui avocazione si tratta. L’applicazione, limitatamente al procedimento al quale si riferisce, determina il decorso di un nuovo termine per il compimento delle indagini preliminari (…)».

5.1. Non ha ritenuto, invece, la Procura reclamante di articolare alcuna specifica censura in ordine alle motivazioni del Tribunale federale relative alla diversa individuazione del dies a quo del termine di trenta giorni attribuito dall’art. 52, 1° co., cit., al Procuratore nazionale applicato, che in concreto decorrerebbe, secondo la decisione del Tribunale, dal giorno successivo alla scadenza del termine entro cui la Procura federale avrebbe dovuto notificare l’avviso di conclusione delle indagini, con l’effetto che, secondo il Tribunale, nel caso di specie il reclamo dovrebbe essere considerato «improcedibile per lo spirare del termine, perentorio, previsto dall’art. 123, primo comma, del CGS per la notifica all’interessato della comunicazione di conclusione delle indagini».

Secondo la Procura reclamante, la «asserita necessità di evitare una “incertezza” nella durata del procedimento e delle indagini», quale motivazione del diverso dies a quo del termine come individuato dal Tribunale federale, «in questa sede, non rilevano», perché «è sufficiente evidenziare, per confutare il ragionamento cristallizzato nella motivazione, che l’art. 52 del CGS CONI stabilisce, nero su bianco, che il calcolo del nuovo termine per il compimento delle indagini preliminari decorra, ma non potrebbe essere altrimenti, a far data dall’adozione del provvedimento di avocazione». Dal testo della norma «emerge, senza ombra di dubbio, che il nuovo termine decorra dal momento dell’intervenuta applicazione, e non da un momento antecedente ad essa, proprio perché la norma, da un lato, lo specifica (“L’applicazione, limitatamente al procedimento al quale si riferisce, determina il decorso di un nuovo termine …”) e, dall’altro, semmai avesse voluto, cosa che non è stata, prevedere il contrario, l’avrebbe espressamente indicato, stabilendo che quel nuovo termine sarebbe dovuto decorrere non dal provvedimento di applicazione, ma da un momento antecedente ad esso».

La correttezza di tale interpretazione troverebbe sostegno, secondo la Procura reclamante, anche in «una considerazione logica». Se il termine di trenta giorni attribuito al Procuratore nazionale applicato per poter notificare la comunicazione di conclusione delle indagini decorresse «da un momento antecedente alla data di sua applicazione, si giungerebbe al paradosso che questi avrebbe, e nemmeno troppo per assurdo, una manciata di giorni per esaminare il fascicolo, disporre eventuali nuovi accertamenti, notificare la CCI. Scendendo nel dettaglio, nel caso di specie, per tutta questa attività, il Procuratore nazionale, seguendo l’errato ragionamento del Tribunale Federale, avrebbe avuto, in totale, invece che trenta giorni, soltanto nove. È evidente, quindi, che, seguendo la tesi indicata nella decisione impugnata, l’istituto dell’applicazione verrebbe svuotato di ogni contenuto, divenendo, nella realtà, praticamente impossibile dargli un utile significato».

5.2. In senso contrario alle doglianze della Procura la difesa del Sig. Massimo Ferrero ha richiesto – in parte cumulando eccezioni relative alla procedibilità del procedimento disciplinare ed eccezioni relative all’ammissibilità dello stesso, in particolare fondando l’improcedibilità e, a monte, l’inammissibilità stessa dell’azione disciplinare sulla pretesa illegittimità del provvedimento di avocazione adottato dalla Procura Generale dello Sport, v. infra § 6 ss. – la conferma della improcedibilità del deferimento dichiarata dal Tribunale federale, eventualmente anche per altre motivazioni già sollevate dalla stessa difesa in primo grado, osservando quanto segue:

a) che il reclamo della Procura nazionale rappresenterebbe, per le argomentazioni su cui si fonda, «più che uno strumento per censurare l’illegittimità di una decisione (tutt’altro che illegittima), un tentativo di impedire che un tale provvedimento, certamente conforme e in linea con tutti i principi fondamentali fatti propri dal legislatore sportivo e correttamente applicati dall’Autorità giudicante al caso di specie, possa cristallizzare un principio di diritto che funga da monito per le future decisioni del Tribunale, pregiudicando, qualora definitivo, i termini di proroga in caso di avocazione del procedimento. Il reclamo si duole, pertanto, dell’affermato principio secondo cui il “… nuovo termine per il compimento delle indagini preliminari pari alla metà di quello ordinariamente previsto per le medesime indagini …” di cui al primo comma dell’art. 52 del Codice CONI deve avere decorrenza dalla scadenza del termine per la notifica della CCI di cui al primo comma dell’art. 123 del CGS (art. 44, comma 4, CGS CONI) e in continuità con lo stesso.” (pag. 5 decisione impugnata). Dall’atto di reclamo è tangibile la preoccupazione della Procura, nell’ipotesi – auspicabile per questa difesa – di rigetto dello stesso, e di conferma della decisione del Tribunale, di incorrere in una limitazione nell’esercizio del potere di avocazione»;

b) che in ragione dell’illegittimità (sostenuta dalla difesa del sig. Ferrero) del provvedimento di avocazione, perché motivato sulla necessità di compiere ulteriori indagini in realtà non compiute dal Procuratore nazionale, «il termine per la notificazione dell’avviso di conclusione non può intendersi legittimamente prorogato essendo solo apparente la proroga (non finalizzata al ritenuto necessario approfondimento di indagine) e, pert nto la notifica effettuata solo in data 24.07.2023 dovrà intendersi intempestiva rispetto all’originario termine imposto. Tale è l’e cezione che la difesa ha sollevato nel primo punto della memoria depositata per il primo grado di giudizio e che qui si ripropone, avendo il Tribunale, ritenuto di dover analizzare in via preliminare la questione procedurale della decorrenza dei termini sotto altro profilo».

In questo modo, dunque, la difesa del Sig. Ferrero reitera un argomento esposto in primo grado ma non fatto proprio dal Tribunale, che ha indicato una diversa motivazione circa la improcedibilità del procedimento disciplinare (fondandola, come si è detto, su una diversa individuazione del dies a quo del termine di trenta giorni concesso al Procuratore nazionale applicato dall’art. 52, 1° co., CGS CONI);

c) inoltre, in critica al motivo di reclamo sollevato dal Procuratore nazionale applicato avverso la dichiarazione di improcedibilità dell’azione disciplinare resa dal Tribunale federale, la difesa del Sig. Ferrero sottolinea che nel caso di specie l’istituto della avocazione è stato ridotto «ad un sotterfugio per aggirare la perentorietà di termini». Pertanto, nella memoria difensiva si chiede la conferma della pronuncia di improcedibilità del deferimento adottata dal giudice di primo grado per i motivi da quest’ultimo affermati, con conseguente rigetto del motivo di reclamo. In particolare si osserva che, «come ha ben evidenziato il Tribunale, si è proprio verificata la inammissibile ipotesi che il Procuratore Federale comunichi alla PGS l’intendimento di archiviazione, che quest’ultima non lo condivida e non comunichi tale dissenso nel termine utile per la notifica della CCI, che nelle more, quindi, detto termine venga a spirare, che la Procura Federale non possa perciò più procedere né all’archiviazione né, tantomeno, alla notifica della CCI, con la conseguenza che il procedimento rimarrebbe sospeso, senza nessuna previsione normativa, per un tempo indefinito e cioè fino a quando la PGS, di sua libera iniziativa, non abbia a provvedere all’avocazione riaprendo i termini di indagine per ulteriori trenta giorni»;

d) in via subordinata, qualora fossero «ritenute erronee le motivazioni del provvedimento impugnato» in ordine all’improcedibilità, la difesa del Sig. Ferrero chiede che quest’ultima sia dichiarata sulla base delle già ricordate diverse motivazioni fatte valere sin dalla memoria difensiva di primo grado e reiterate nel presente grado di appello. Più in dettaglio, in ragione del «non corretto esercizio del potere di avocazione» che emergerebbe dalle seguenti argomentazioni della difesa: «il provvedimento di avocazione adottato il 6 giugno 2023 troverebbe fondamento nella “necessità di procedere a ulteriori attività di indagine, relativa al procedimento disciplinare”; senonché, nessuna attività di indagine suppletiva è stata effettuata, restando, pertanto, immutato il quadro indiziario prospettato inizialmente dalla Procura Federale e ritenuto dalla stessa insufficiente a supportare un’azione disciplinare nei confronti del mio assistito. Nel caso che ci occupa, in spregio a tutti quei principi sanciti a chiare lettere dalle pronunce della Suprema Corte, il mio assistito risulta soggetto indagato dal 16.1.2023, data di iscrizione nel registro dei procedimenti della Procura Federale. Tale termine si è illegittimamente protratto fino al 24.7.2023 (giorno in cui viene emessa la comunicazione delle conclusioni delle indagini) per effetto di un provvedimento di proroga del 9 marzo 2023 e del provvedimento di avocazione del 6 giugno 2023, potere esercitato, solo ed esclusivamente per consentire alla Procura Generale di procedere alla notifica dell’avviso di conclusione indagini. Una conclusione, questa, pacificamente desumibile dalla circostanza che nessuna attività di indagine è stata eseguita successivamente al 6 giugno, nonostante la ravvisata necessità di cui si dà atto nel provvedimento summentovato. Per tale motivo, non essendosi svolta alcuna attività di indagine successivamente all’avocazione, è logico ritenere il termine per la notificazione dell’avviso di conclusione non può intendersi legittimamente prorogato essendo solo apparente la proroga (non finalizzata al ritenuto necessario approfondimento di indagine) e, pertanto la notifica effettuata solo in data 24.07.2023 dovrà intendersi intempestiva rispetto all’originario termine imposto».

5.3. Il motivo di reclamo in esame sollevato dalla Procura, relativo all’improcedibilità dell’azione disciplinare dichiarata dal Tribunale federale nazionale per decorrenza del termine previsto dall’art. 123, 1° co., CGS FIGC ai fini della notifica all’interessato della comunicazione di conclusione delle indagini, merita accoglimento, sia pure per motivazioni in parte diverse.

5.3.1. L’art. 52, 1° co., CGS CONI è chiaro nell’affermare che «L’applicazione, limitatamente al procedimento al quale si riferisce, determina il decorso di un nuovo termine per il compimento delle indagini preliminari pari alla metà di quello ordinariamente previsto per le medesime indagini e, in ogni caso, legittima l’esercizio di poteri corrispondenti a quelli del Procuratore federale sostituito». Il termine, dunque, è pari a trenta giorni, visto il dettato dell’art. 119, 4° co., CGS FIGC, che recita: «La durata delle indagini non può superare sessanta giorni dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante».

Si tratta dunque di un nuovo termine e non della proroga di un precedente termine, in particolare del termine attribuito alla Procura federale per la notificazione dell’eventuale comunicazione di conclusione delle indagini. Sia la decisione di primo grado, sia la difesa del Sig. Ferrero adottano, di fatto, più volte la prospettiva della proroga del termine. Sulla base di un’analisi sostanziale, si sostiene che nel caso di specie la avocazione avrebbe operato come un meccanismo volto a determinare la proroga del termine, ormai spirato per la Procura federale, volto a notificare l’avviso di conclusione delle indagini. Il testo della norma, tuttavia, è chiaro nel qualificare il termine come un «nuovo termine». Una chiarezza confermata dalla circostanza che quando il legislatore federale ha inteso utilizzare il termine «proroga» lo ha fatto in modo esplicito, come nel precedente art. 51, 6° co., CGS CONI, in relazione alla proroga del termine per le indagini del Procuratore federale.

5.3.2. Dopo aver stabilito che si stratta necessariamente di un nuovo termine e non della proroga di un precedente termine, bisogna stabilire quale ne sia il dies a quo.

La risposta discende, ancora una volta, direttamente dal testo dell’art. 52, 1° co., CGS CONI, secondo cui « L’applicazione, limitatamente al procedimento al quale si riferisce, determina il decorso di un nuovo termine (…)». Di conseguenza, il termine deve decorrere dall’«applicazione» di un Procuratore nazionale dello Sport. Non è pertanto condivisibile la tesi del Tribunale federale, seppure meritevole per il tentativo di colmare in via interpretativa un chiaro vuoto di disciplina, secondo cui il dies a quo del termine di trenta giorni attribuito per le indagini al  Procuratore nazionale applicato dovrebbe essere individuato nel giorno 17 maggio 2023, quindi in continuazione con il termine, scaduto il 16 maggio 2023 entro cui il Procuratore federale avrebbe dovuto notificare la comunicazione di conclusione delle indagini. Il termine, lo si ribadisce, deve decorrere dall’applicazione di un Procuratore nazionale dello Sport e, più precisamente, dalla prima applicazione. Nel caso di specie, dunque, dal 5 giugno 2023, contrariamente a quanto di fatto sostiene la Procura reclamante, che fa decorrere il termine dal 6 giugno 2023, data di applicazione del secondo Procuratore Nazionale in sostituzione del primo. Se si opinasse in tal senso, la Procura generale potrebbe procedere alla proroga del termine provvedendo ogni volta alla sostituzione del Procuratore nazionale nominato con l’originario provvedimento di avocazione.

Pertanto, il termine dovrà decorrere nel caso di specie dal 5 giugno 2023, senza che ciò determini comunque ritardo nel procedimento. In applicazione del principio secondo cui soltanto il “dies a quo non computatur in termino”, ne discende quanto segue al fine di dimostrare la procedibilità dell’azione disciplinare nel caso in esame:

1) dal giorno 5 giugno 2023, data del provvedimento di avocazione e contestuale prima nomina di un Procuratore nazionale applicato, decorre, in applicazione dell’art. 52, 1° co., CGS CONI, il termine di trenta giorni per le indagini (id est: termine di sessanta giorni previsto dall’art. 119, 4° co., CGS FIGC ridotto alla metà).

2) dalla scadenza del suddetto termine, avvenuta il 5 luglio 2023, decorre il termine di venti giorni prescritto dall’art. 123, 1° co., CGS FIGC, per la notifica all’interessato dell’avviso della conclusione delle indagini, assegnandogli un termine, nel caso di specie quindici giorni, per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria. Il termine di venti giorni per la notifica, dunque, sarebbe scaduto il 25 luglio 2023 e nel caso di specie la notificazione risulta tempestivamente avvenuta in data 24 luglio 2023;

3) Ai sensi dell’art. 125, 2° co., CGS FIGC l’atto di deferimento deve intervenire entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all’art. 123, 1° co., CGS FIGC, a cui deve essere aggiunto il termine di 15 giorni attribuito, nel caso di specie, all’interessato con la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini. Di conseguenza, nel caso concreto, 25 luglio 2023 + 15 giorni per le difese. Dalla scadenza del termine complessivo appena indicato, decorrono i 30 giorni entro cui deve intervenire l’atto di deferimento ai sensi dell’art. 125, 2° co., CGS FIGC. Nel caso in esame l’atto di deferimento è stato adottato in data 31 agosto 2023, dunque ampiamente entro il termine prescritto.

5.3.3. Si deve, pertanto, ribadire la procedibilità dell'azione disciplinare, in accoglimento del motivo di reclamo. Nè la improcedibilità potrebbe essere fondata, come prospetta in subordine la difesa del sig. Ferrero, sulla pretesa illegittimità dell'atto di avocazione, che aveva indicato la necessità di compiere ulteriori indagini senza che risultino essere state compiute. Questo ulteriore e subordinato motivo di improcedibilità dell'azione disciplinare si fonda sulla tesi secondo cui il potere di avocazione sarebbe stato utilizzato soltanto al fine di prorogare il termine, già spirato per la Procura federale, entro cui notificare l'avviso di conclusione delle indagini, dal momento che il provvedimento di avocazione sarebbe esclusivamente motivato con la necessità di compiere ulteriori indagini in concreto non compiute. Di questo profilo si tratterà funditus nell'esaminare la questione successiva ( § 6 ss.), dove saranno chiarite le motivazioni che spingono questa Corte ad affermare la legittimità nel caso di specie del provvedimento di avocazione alla luce del contesto normativo vigente.

Questa Corte ritiene comunque di dover sottolineare che se la lettera dell'art. 52, 1° co., conduce, inevitabilmente, al risultato appena indicato, anche in virtù della interpretazione sistematica della norma, resta però la condivisibile preoccupazione fatta propria dal Tribunale federale circa il vulnus che tale meccanismo può determinare per l'assenza di un dies ad quem entro il quale la Procura generale dello sport deve esercitare il potere di avocazione. L'interpretazione correttiva accolta dal giudice di primo grado, nell'intento di colmare un'evidente lacuna, ha tentato di trovare una soluzione facendo decorrere il termine attribuito al Procuratore nazionale dalla scadenza - recte: dal giorno successivo alla scadenza, secondo la prospettazione del Tribunale - del termine entro il quale la Procura federale avrebbe dovuto notificare l'avviso di conclusione delle indagini. L'intento, meritevole perchè fa emergere un vuoto normativo e il bisogno di colmato nell'ottica della perentorietà dei termini, affermata in generale dall'art. 44, 6° co., CGS FIGC, e dei principi del giusto processo, evitando che l'interessato possa essere sine die sottoposto al rischio di subire un procedimento disciplinare, contrasta tuttavia con il testo dell'art. 52, 1° co., CGS CONI che discorre, come si è chiarito, di un nuovo termine e non della prorog di un precedente termine ed individua chiaramente il dies a quo nell'applicazione del Procuratore nazionale dello sport (da intend rsi, per le ragioni già chiarite, come prima applicazione).

Un dies ad quem per l'esercizio del potere di avocazione, oltre a tutelare il soggetto sottoposto ad indagini, non rappresenterebbe affatto un ostacolo all'esercizio dell'azione disciplinare, dal momento che, in un'esigenza di equilibrio tra le posizioni delle parti, è consentita al ricorrere di precise circostanze la riapertura delle indagini quando emergano, eventualmente anche da un provvedimento che disponga il giudizio penale, nuovi fatti o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore federale non era a conoscenza ( cfr. amplius art. 44, 5° co., CGS CONI e art. 122, 4° e 5° co., CGS FIGC).

6. Dall’accoglimento del motivo di impugnazione relativo alla procedibilità dell’azione disciplinare, riformando sotto tale profilo la decisione di primo grado, consegue la riemersione dell’interesse del Sig. Ferrero all’esame, da parte di questo Collegio, dell’eccezione di illegittimità del provvedimento di avocazione per illegittimo e, in particolare, immotivato esercizio del relativo potere, con conseguente pretesa inammissibilità dell’azione disciplinare. Le motivazioni poste a fondamento dell’eccezione di illegittimità del provvedimento di avocazione sono state utilizzate dalla difesa, come si è ricordato nell’esaminare la precedente questione, anche quale fondamento ulteriore della pretesa improcedibilità, qui disattesa, dell’azione disciplinare.

6.1. La questione è stata esaminata brevemente in via incidentale dall’Organo di giustizia di primo grado, che l’ha ritenuta assorbita, affermando: «Quanto sin qui detto consente al Collegio di ritenere assorbita la seconda eccezione sollevata dal deferito circa il fatto che la PGS abbia avocato il procedimento “ravvisata la necessità di procedere a ulteriori attività di indagine” senza, di fatto, aver poi svolto alcuna attività in tal senso. Tuttavia, in proposito e incidentalmente, il Tribunale non può esimersi dall’osservare come il provvedimento di avocazione, certamente carente sotto il profilo motivazionale se si ha riguardo al dettato del comma 6 dell’art. 51 del Codice CONI, nel momento in cui evidenzia la necessità di ulteriori indagini, appaia in palese contraddizione con il precedente invito fatto alla Procura Federale di procedere nell’azione disciplinare sulla base delle indagini fin lì espletate che poi sono state ritenute esaustive per procedere oltre disciplinarmente».

Il carattere meramente incidentale della decisione sul punto dimostra che il Tribunale Federale l’aveva ritenuta, come espressamente dichiara, assorbita, in virtù dell’accoglimento della questione della improcedibilità dell’azione disciplinare dovuta al decorso del termine previsto per la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini, che in evidente applicazione del principio della soluzione più liquida ha consentito di definire direttamente il giudizio di primo grado.

L’accoglimento, da parte di questa Corte, del primo motivo di reclamo del Procuratore nazionale ha determinato la riemersione dell’interesse del Sig. Ferrero all’esame della questione della legittimità del provvedimento di avocazione della Procura Generale, questione riproposta nella memoria difensiva depositata nel presente giudizio dalla difesa del Sig. Ferrero. La questione era stata, come si è ricordato, esaminata soltanto incidentalmente e ad abundantiam dal Tribunale federale nel giudizio di primo grado; pertanto correttamente la difesa del Sig. Ferrero l’ha riproposta nel presente grado di giudizio al fine di escludere che questa Corte potesse ritenerla una eccezione rinunciata.

Anche se per ragioni di ordine logico questa Corte avrebbe dovuto esaminare, in primo luogo, la questione della legittimità dell’atto di avocazione compiuto dalla Procura generale dello sport, dal momento che l’eventuale illegittimità dello stesso inficerebbe l’intero procedimento disciplinare rendendolo inammissibile, le ragioni appena esposte spiegano l’ordine logico seguito dalla presente decisione.

6.2. Secondo la prospettazione della difesa del Sig. Ferrero, il provvedimento di avocazione della Procura generale sarebbe illegittimo perché motivato sulla base della necessità di compiere ulteriori indagini, che in concreto non risultano effettuate dal Procuratore Nazionale da essa applicato. Un motivo già indicato dalla difesa quale ragione ulteriore, rispetto a quella indicata dal Tribunale Federale Nazionale, della pretesa improcedibilità dell’azione disciplinare, perché l’avocazione sarebbe divenuta, nel caso di specie, uno strumento di illegittima proroga di termini perentori posti a tutela del soggetto sottoposto ad indagini. Si afferma nella memoria difensiva di secondo grado: «Le modalità di esercizio del potere di avocazione assumono rilevanza anche sotto il profilo dell’ammissibilità del deferimento, che non sono passate inosservate dinnanzi al Tribunale. E invero, sotto tale profilo nel provvedimento si legge “il Tribunale non può esimersi dall’osservare come il provvedimento di avocazione, certamente carente sotto il profilo motivazionale se si ha riguardo al dettato del comma 6 dell’art. 51 del Codice CONI, nel momento in cui evidenzia la necessità di ulteriori indagini, appaia in palese contraddizione con il precedente invito fatto alla Procura Federale di procedere nell’azione disciplinare sulla base delle indagini fin lì espletate che poi sono state ritenute esaustive per procedere oltre disciplinarmente”. Dunque, carente motivazione dell’atto di avocazione ed esercizio dello stesso in violazione delle norme che disciplinano l’istituto. E sul punto la norma è molto chiara, prevedendo due ipotesi in cui l’esercizio di tale potere può essere esplicato: irragionevolezza della richiesta di archiviazione e necessità di compiere ulteriori indagini, e, in entrambi i casi, l’atto di avocazione deve essere motivato».

L’illegittimità del provvedimento di avocazione discenderebbe, secondo la difesa del Sig. Ferrero, dalle seguenti circostanze:

a) «Nelle motivazioni dell’atto di avocazione si fa espressamente riferimento all’esigenza di svolgere ulteriori indagini che, di fatto, non sono mai state effettuate»;

b) «la Procura Generale altro non fa che esercitare l’azione disciplinare nei confronti del sig. Ferrero, sulla scorta dei medesimi atti d’indagine che erano stati valutati dal Procuratore Federale non idonei a supportate e/o giustificare l’esercizio di tale potere; una valutazione questa, che del resto era stata fatta propria anche dal Procuratore Generale, il quale, se avesse diversamente opinato, non avrebbe avocato disponendo nuove e ulteriori indagini, ma lo avrebbe fatto dichiarando l’irragionevolezza della richiesta di archiviazione, con conseguente immediato esercizio dell’azione disciplinare».

6.2.1. Sul tema nulla deduce l’atto di reclamo del Procuratore nazionale (non onerato, del resto, dell’impugnazione sul punto avverso la decisione di primo grado, che dichiara di occuparsi del tema incidenter tantum ritenendo la questione assorbita, dal momento che aveva già dichiarato l’improcedibilità dell’azione disciplinare); né il Procuratore nazionale ha sollevato difese o eccezioni sul punto nell’udienza di discussione dopo aver avuto modo di esaminare la memoria difensiva della controparte.

6.3. L’eccezione di inammissibilità dell’azione disciplinare per illegittimo esercizio del potere di avocazione non è meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito illustrate.

Dal punto di vista normativo, devono essere presi in esame l’art. 51, 6° e 7° co., CGS CONI; l’art. 12 quater, 4° co., del vigente Statuto CONI (indicato, ratione temporis, come art. 12 ter nel testo dell’art. 51, 6° co., CGS CONI); e l’art 52, 1° co., CGS CONI.

L’art. 51, 6° e 7° co. Codice di giustizia sportiva CONI disciplina il potere di avocazione nei seguenti termini: «6. La Procura generale dello sport può disporre, per atto motivato sottoscritto dal Procuratore generale, l’avocazione nei casi previsti dall’art. 12 ter dello Statuto del Coni. La motivazione deve dare conto delle ragioni specifiche per le quali la proroga del termine per le indagini del procuratore federale non appare misura adeguata ovvero della concreta omissione che espone a pregiudizio la concludenza dell’azione disciplinare o, infine, delle circostanze la cui gravità e concordanza fanno escludere la ragionevolezza dell’intendimento di procedere all’archiviazione.

L’avocazione non può essere disposta se non dopo che la Procura generale dello Sport abbia invitato il Procuratore Federale ad adottare, entro un termine ragionevole, specifiche iniziative o concrete misure ovvero, in generale, gli atti in difetto dei quali l’affare può essere avocato. Nel caso di superamento della durata stabilita per le indagini preliminari, la Procura generale dello Sport, con tale invito, può rimettere in termini il Procuratore federale per un tempo ragionevole e comunque non superiore a venti giorni, ove ritenga utilmente praticabili nuovi atti.»

Il rinvio dell’appena riportato art. 51, 6° co., all’art. 12 ter dello Statuto CONI al fine di individuare i casi di avocazione deve essere ora riferito all’art. 12 quater, 4° co., del vigente Statuto CONI, che così recita: «Nei casi di avvenuto superamento dei termini per la conclusione delle indagini, oppure di richiesta di proroga degli stessi, la Procura generale dello sport può avocare, con provvedimento motivato, l’attività inquirente non ancora conclusa. Il potere di avocazione può essere altresì esercitato nei casi in cui emerga un’omissione di attività di indagine tale da pregiudicare l’azione disciplinare e nei casi in cui l’intenzione di procedere all’archiviazione sia ritenuta irragionevole».

Infine, l’art 52, 1° co., CGS CONI, già ricordato nell’esame della procedibilità dell’azione disciplinare, prevede che: «In tutti i casi in cui è disposta l’avocazione il Procuratore generale dello sport applica un Procuratore nazionale dello sport alla Procura federale per la trattazione del procedimento della cui avocazione si tratta. L’applicazione, limitatamente al procedimento al quale si riferisce, determina il decorso di un nuovo termine per il compimento delle indagini preliminari pari alla metà di quello ordinariamente previsto per le medesime indagini e, in ogni caso, legittima l’esercizio di poteri corrispondenti a quelli del Procuratore federale sostituito. Il Procuratore nazionale dello sport in applicazione rimane soggetto nei confronti della Procura generale dello sport, in quanto compatibili, ai doveri del Procuratore federale sostituito. L’applicazione, nei casi in cui è disposta l’avocazione di cui al presente comma, si intende cessata quando il procedimento o il processo viene definito in sede federale».

I tre gruppi di norme appena indicati hanno la capacità di individuare: i) i casi in cui può essere disposta la avocazione (art. 12 quater, 4° co., del vigente Statuto CONI); ii) le modalità secondo cui la Procura Generale dello Sport deve disporre l’avocazione (art. 51, 6° e 7° co., CGS CONI); iii) il potere attribuito al Procuratore nazionale dello sport che è applicato per la trattazione del procedimento della cui avocazione si tratta e al quale, per effetto dell’applicazione, è attribuito, in tutti i casi di avocazione indicati dall’art. 12 quater, 4° co., Statuto CONI - dunque non soltanto in caso di attività inquirente non ancora conclusa e superamento dei termini per la conclusione delle indagini o di richiesta di proroga degli stessi o in caso di omissione di un’attività di indagine, ma anche quando l’intenzione di procedere all’archiviazione sia ritenuta irragionevole - un nuovo termine «per il compimento delle indagini preliminari».

6.3.1. Il motivo di illegittimità è individuato dalla difesa del Sig. Ferrero - e soltanto in via incidentale anche dal Tribunale federale nella decisione di primo grado, dal momento che la questione era stata assorbita - nella carenza motivazionale del provvedimento di avocazione in relazione a quanto disposto dall’art. 51, 6° co., CGS CONI, perché avrebbe evidenziato la necessità di compiere ulteriori indagini in contraddizione con il precedente invito fatto alla Procura federale di procedere all’esercizio dell’azione disciplinare invece che all’archiviazione; e nell’aver in seguito ritenuto esaustive le indagini senza compierne ulteriori al fine di esercitare l'azione disciplinare.

Inoltre, la memoria difensiva del sig. Ferrero sottolinea che il citato art. 51, 6° co., prevede due ipotesi in cui il potere di avocazione può essere esercitato: l’irragionevolezza della richiesta di archiviazione e la necessità di compiere ulteriori indagini e in entrambi i casi l’atto di avocazione deve essere motivato. Secondo la difesa del signor Ferrero, l’atto di avocazione è illegittimo perché nella sua motivazione fa riferimento alla esigenza di svolgere ulteriori indagini, in concreto mai effettuate, dal momento che l’azione disciplinare è stata esercitata sulla base degli stessi atti di indagine valutati dal Procuratore federale come inidonei all’esercizio dell’azione disciplinare. La difesa osserva, di conseguenza, che il Procuratore generale avrebbe dovuto, se non avesse condiviso le conclusioni del Procuratore federale e l’intento di archiviazione, disporre la avocazione non per svolgere ulteriori indagini ma per la ritenuta irragionevolezza dell’intento del Procuratore federale di procedere all’archiviazione.

Secondo questa Corte, la motivazione del provvedimento di avocazione non è nel caso di specie rappresentata soltanto dalla ravvisata esigenza di compiere ulteriori indagini.

L’esame del contenuto del provvedimento di avocazione lascia chiaramente emergere che esso è motivato, da un lato, con la generica ravvisata «necessità di procedere a ulteriori attività di indagine relativa al procedimento disciplinare», affermazione il cui significativo deve essere chiarito alla luce delle norme di riferimento in materia di avocazione poco sopra ricordate; dall’altro, con una serie di «considerato che» in cui il provvedimento di avocazione descrive tutta l’attività presupposta che ha condotto, e anch’essa motivato, l’avocazione quale esito finale. Tra i «considerato che» del provvedimento di avocazione sono espressamente indicati i seguenti: a) «CONSIDERATO che in data 10.05.2023, il Procuratore Federale, Cons. Giuseppe Chinè, all’esito delle attività di indagine, formulava intendimento di archiviazione alla Procura Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 47, comma 4, del Codice della Giustizia Sportiva»; b) «CONSIDERATO che, all’esito della valutazione dell’intendimento di archiviazione, la Procura Generale dello Sport, nell’ambito delle attribuzioni conferitele dalle normative in vigore, in data 18.05.2023 (ns. prot. n. 2932) non condivideva l’intendimento di archiviazione, ritenendo che le valutazioni circa la procedibilità dovessero svolgersi dinanzi al Tribunale Federale».

Pertanto, il provvedimento di avocazione espressamente indica anche l’invito rivolto al Procuratore federale ad esercitare l’azione disciplinare, in contrasto con l’intento di quest’ultimo di procedere all’archiviazione, evidentemente ritenuto irragionevole per la necessità, reputata dalla Procura Generale, che «le valutazioni circa la procedibilità dovessero svolgersi dinanzi al Tribunale Federale». Un’ipotesi in cui l’art. 12 quater, 4° co., Statuto CONI consente di esercitare il potere di avocazione («casi in cui l’intenzione di procedere all’archiviazione sia ritenuta irragionevole»).

La necessità di leggere unitariamente il provvedimento di avocazione, comprendendo gli atti preparatori che conducono alla sua adozione, emerge direttamente dal ricordato art. 51, 6° e 7° co., CGS CONI, nella parte in cui disciplina il modo secondo cui la Procura Generale dello Sport deve esercitare il potere di evocazione nei casi previsti dall’art. 12 quater Statuto CONI. Più precisamente, il comma 7 dell’art. 51 chiarisce che la avocazione non può essere disposta se non dopo che la Procura Generale dello Sport abbia invitato il Procuratore Federale «ad adottare, entro un termine ragionevole, specifiche iniziative o concrete misure ovvero, in generale, gli atti di difetto dei quali l'affare può essere avocato». Soltanto nell’ipotesi di «superamento della durata stabilita per indagini preliminari» la Procura generale dello sport con tale invito può anche rimettere in termini il Procuratore federale per un tempo ragionevole e comunque non superiore a 20 giorni dove ritenga utilmente praticabili nuovi atti (così ancora l’art. 51, 7° co., cit.).

Nel caso di specie l’invito da parte della PGS al Procuratore federale, prima di disporre la avocazione, è avvenuto con la nota del 18 maggio 2023, con la quale di fatto la PGS invitava il Procuratore federale ad adottare un atto o, se si preferisce, una concreta misura, vale a dire la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini e l’esercizio dell’azione disciplinare. Nel caso di specie la nota della PGS perveniva, come è emerso già nella descrizione del fatto e nell’esaminare la precedente questione della procedibilità dell’azione disciplinare, alla Procura federale quando ormai era già spirato il termine per la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini (16 maggio 2023). La Procura federale con nota del 23 maggio 2023 ne dava notizia alla Procura generale invitandola ad «adottare le opportune determinazioni di propria competenza».

Quanto appena descritto consente di affermare che l’esercizio del potere di avocazione rispetta, nel caso di specie, il comma 7 dell’art. 51 CGS CONI, circa l’attività preliminare da compiere prima di poter eventualmente disporre la avocazione. Inoltre, nel caso in esame la Procura generale dello sport non avrebbe potuto rimettere in termini il Procuratore federale, dal momento che il potere di rimessione in termini le è attribuito dal co. 7 dell’art. 51 in caso di superamento della «durata stabilita per le indagini preliminari», mentre nel caso in esame era stato superato il termine per la notificazione della comunicazione di conclusione delle indagini. Peraltro, la rimessione in termini non è, secondo il dettato dell’art. 51, 7° co., un’attività dovuta ma un potere il cui esercizio è rimesso alla valutazione della Procura generale, come denota l’utilizzo del verbo potere («… può rimettere in termini il Procuratore federale per un tempo ragionevole che comunque non superiore a 20 giorni, ove ritenga utilmente praticabili nuovi atti»).

Di tutta l’attività anteriore al provvedimento di avocazione è data pienamente traccia nel provvedimento stesso, indicando precisamente il contenuto degli atti. In particolare l’invito, rivolto alla Procura federale, a far compiere l’accertamento circa la procedibilità dell’azione disciplinare dal Tribunale federale, quindi un invito all’esercizio dell’azione disciplinare non condividendo l’intenzione di archiviare.

Si può, pertanto, ritenere che nel caso di specie il provvedimento di avocazione sia motivato anche dalla ritenuta irragionevolezza, da parte della Procura generale, dell’intenzione del Procuratore federale di procedere all’archiviazione, posizione chiaramente manifestata con la nota del 18 maggio 2023, indicata tra i “Considerato che” (e quindi tra i presupposti) del provvedimento di avocazione del 5 giugno 2023. Si può affermare, dunque, che il provvedimento di evocazione nel caso di specie è stato motivato sia sulla base della ritenuta irragionevolezza dell’intenzione di procedere all’archiviazione, sia sulla ravvisata «necessità», secondo quanto si legge nel provvedimento di avocazione, «di procedere ad ulteriori attività di indagine».

6.3.2. Il riferimento, tuttavia, alla ravvisata necessità di compiere ulteriori indagini è utilizzato nel provvedimento di avocazione in modo certamente carente dal punto di vista motivazionale, dal momento che l’art. 51, 6° co., CGS CONI richiede che nel provvedimento di avocazione siano indicate le ragioni specifiche, la concreta omissione di attività di indagine tale da pregiudicare l’azione disciplinare; mentre più motivata appare l’indicazione del motivo di ritenuta irragionevolezza dell’intendimento di procedere all’archiviazione, dal momento che la Procura generale indica la necessità che l’accertamento in ordine alla procedibilità dell’azione disciplinare sia svolto dinanzi al Tribunale.

Fermo, dunque, che il provvedimento di avocazione trova fondamento, per quanto già chiarito, sia nella ritenuta irragionevolezza dell’intento di procedere all’archiviazione, sia nella ravvisata necessità di procedere ad ulteriori attività di indagine, la circostanza che quest’ultima attività non sia stata dettagliata nel suo contenuto non consente di ritenere illegittimo, alla stregua dell’art. 51, 6° co., CGS CONI, il provvedimento di avocazione. Inoltre, alla luce dei casi di avocazione indicati dall’art. 12 quater, 4° co., Statuto Coni, la necessità di compiere ulteriori indagini non rappresenta di per sé un caso di avocazione se non è riferita all’ipotesi dell’art. 12 quater, 4° co. (primo periodo) Statuto CONI, vale a dire l’avvenuto superamento dei termini per la conclusione delle indagini oppure la richiesta di proroga degli stessi (ipotesi che nel caso di specie non ricorrevano dal momento che la Procura federale aveva concluso le indagini e ottenuto anche una prima proroga del termine senza richiederne una ulteriore perché aveva maturato l'intenzione di procedere all'archiviazione); o se non è riferita all’ipotesi che «emerga un’omissione di attività di indagine tale da pregiudicare l’azione disciplinare», prevista dal secondo periodo dell’art. 12 quater, 4° co., Statuto Coni.

Sembra, in realtà, che nel provvedimento di avocazione il riferimento alla necessità di compiere ulteriori attività di indagine in relazione al procedimento disciplinare sia stato compiuto nel modo generico in cui è compiuto anche dal ricordato art. 52, 1° co., CGS CONI. Quest’ultimo prevede che in tutti i casi in cui è disposta la avocazione, dunque anche quando la avocazione sia stata disposta perché non si concorda con l’intendimento della Procura federale di disporre l’archiviazione, l’applicazione di un Procuratore nazionale dello sport determina il decorso di un nuovo termine (dimidiato) «per il compimento delle indagini preliminari».

6.3.3. Nel caso di specie si può affermare che la mancata indicazione nel provvedimento di avocazione della concreta omissione di attività di indagine che espone a pregiudizio la concludenza dell’azione disciplinare, come avrebbe richiesto l’art. 51, 6° co., CGS CONI non determini un vizio motivazionale del provvedimento di avocazione, perché il provvedimento di avocazione è fondato anche sulla ritenuta non ragionevolezza dell’intenzione della Procura federale di disporre l’archiviazione, quale motivo concorrente di avocazione espressamente indicato tra i “considerato che” del provvedimento di avocazione.

Inoltre, la circostanza che in concreto dopo l’avocazione non siano state compiute ulteriori indagini da parte del Procuratore Nazionale applicato, oltre che giustificata dall’individuazione, quale fondamento del provvedimento di avocazione, anche della intenzione, non reputata ragionevole dalla Procura generale, di procedere all’archiviazione, non determina l’illegittimità del provvedimento di avocazione anche in forza dell’art. 52, 1° co., CGS CONI. Quest’ultima norma prevede che in tutti i casi di avocazione, quindi anche quando quest’ultima non sia motivata dalla necessità di compiere effettivamente ulteriori indagini, sia comunque attribuito al Procuratore nazionale applicato un nuovo termine (dimidiato) «per il compimento delle indagini preliminari». Ciò consente di ritenere che la ritenuta necessità di compiere «ulteriori attività di indagine», espressamente indicata nel provvedimento di avocazione, possa consistere anche soltanto nella necessità di riesaminare il materiale di indagine già raccolto dalla Procura Federale, senza dover procedere necessariamente a nuove indagini. Ciò concorre a dimostrare che il provvedimento di avocazione non può, in ragione dell’assenza di nuove indagini, essere ritenuto nel caso di specie uno strumento volto ad ottenere un’artificiosa proroga del termine per la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini, fermo l’auspicio, già manifestato nell’esame della prima questione pregiudiziale, che sia individuato un dies ad quem per l’esercizio del potere di avocazione da parte della Procura Generale dello Sport.

7. Per quanto attiene al merito, il Procuratore nazionale dello Sport applicato ritiene che possa configurarsi a carico del sig. Massimo Ferrero la violazione dell’art. 4, 1° co., CGS GIGC «ovvero del dovere fatto a tutte le persone e gli organismi soggetti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità e correttezza in ogni rapporto di natura agonistica, economica e/o sociale, per la fuoriuscita dalla UC Sampdoria spa di fondi societari utilizzati dall’entourage sociale per ripianare i debiti di alcune attività del Gruppo Ferrero intestate all’allora socio di maggioranza ed ex Presidente Massimo Ferrero».

Secondo la Procura, il Tribunale avrebbe erroneamente affermato la infondatezza nel merito del deferimento «perché i pagamenti, che hanno formato oggetto di contestazione, sarebbero “perfettamente coerenti con il dettato normativo dell’art. 1, comma 2 lett. n) e n bis) D.L. 23/2020 …” trattandosi “di debiti di natura commerciale (derivanti dal contratto di sfruttamento del marchio e dalla locazione di immobili) che in quanto rientranti nella nozione di “capitale circolante” soddisfano pienamente il vincolo di destinazione previsto dal “Finanziamenti SACE”».

Inoltre, secondo la Procura reclamante il ragionamento non è condivisibile perché «malgrado sia emerso che il trasferimento della somma di Euro 400.000/00 sia stato effettuato dalla Sampdoria alla SSH in forza di un regolare e continuativo rapporto sottostante tra le due società a cui ha fatto seguito l’emissione di una fattura da parte della SSH, le risultanze documentali agli atti dimostrano come parte dei fondi ottenuti dalla SAMPDORIA in forza del Finanziamento SACE” siano stati volontariamente utilizzati non per la gestione finanziaria della società calcistica ma per fare fronte agli accordi transattivi, in scadenza al 5 dicembre 2020, relativamente ai fallimenti delle società Blu Cinematografica S.r.l. e Blu Line S.r.l.. Questo, non solo in spregio di quanto previsto dall’art. 1, comma 2, lettera n), del Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (convertito Legge 5 giugno 2002, n. 26), ma, per quello che in questa sede rileva, dell’art. 4 C.G.S., che prevede l’obbligo anche dei dirigenti delle società calcistiche di osservare “i principi della lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”».

Infine, la Procura reclamante sostiene che «i resoconti delle intercettazioni telefoniche agli atti e dei documenti allegati al fascicolo dell’indagine confermano - al di là di ogni considerazione, che qui non interessa, in merito alla sussistenza, o meno, di una qualche fattispecie penale – che la società Sampdoria era divenuta un “veicolo” per l’ottenimento di somme da far transitare, anche attraverso atti negoziali formalmente legittimi, in favore delle altre società del Gruppo Ferrero. Ed è in questo, e soltanto in questo, che risiede la violazione dell’art. 4 C.G.S. contestata nel presente procedimento, proprio perché, e le vicende societarie della Sampdoria, a tutti note, ne hanno dato conferma, uno degli obblighi dei dirigenti delle società calcistiche è quello di osservare “i principi della lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”».

7.1. Il motivo di reclamo non è meritevole di accoglimento.

Questa Corte, confermando la decisione di primo grado e in accoglimento degli argomenti sollevati dalla difesa del sig. Ferrero, osserva che dagli atti di indagine disponibili risulta dimostrato, come riconosce la stessa Procura reclamante, che il trasferimento della somma di 400.000/00 effettuato dalla UC Sampdoria S.p.A. alla Sport Spettacolo Holding s.r.l. (SSH) è avvenuto in forza di un regolare e continuativo rapporto sottostante tra le due società a cui ha fatto seguito l’emissione di una fattura da parte della SSH.

Il pagamento avvenuto il 30.11.2020 per l’importo di 400.000 (quattrocentomila/00) dalla UC Sampdoria spa a favore della SSH srl (società controllante) riguarda un acconto della fattura n. 1/2020, emessa da quest’ultima in data 10.02.2020 ed avente ad oggetto la terza rata del contratto di sfruttamento del marchio “Sampdoria” per la stagione sportiva 2019/2020. Il pagamento di 400.000 (quattrocentomila/00) del 30.11.2020, così come quelli indicati nell’atto di deferimento – 25.000 (venticinquemila/00) il 15.10.2020, causale pagamento acconto ft. 1/2020 e ft. 12/2019, 20.000 (ventimila/00) il 13.11.2020, causale pagamento acconto ft. 1/2020, 100.000 (centomila/00) il 23.11.2020, causale pagamento acconto ft. 1/2020, 30.000 (trentamila/00) il 09.12.2020, causale pagamento acconto ft. 1/2020 – risultano non soltanto legittimi ma anche dovuti, in quanto corrispettivi di prestazioni ricevute e regolamentate in contratti stipulati dalla precedente proprietà.

Inoltre, condividendo pienamente quanto affermato dalla decisione di primo grado, i fondi ottenuti dalla UC Sampdoria S.p.A. in forza del Finanziamento SACE sono stati lecitamente utilizzati per il pagamento di debiti nei confronti di Sport Spettacolo Holding S.r.l., in modo coerente con il dettato normativo dell’art. 1, 2° co., lett. n) e n bis) D.L. 23/2020 (convertito nella Legge n. 40/2020), dal momento che, come afferma la decisione di primo grado, «si tratta infatti di debiti di natura commerciale (derivanti dal contratto di sfruttamento del marchio e dalla locazione di immobili) che in quanto rientranti nella nozione di “capitale circolante” soddisfano pienamente il vincolo di destinazione previsto dai “Finanziamenti SACE”».

7.2. Il prudente apprezzamento dei fatti appena indicati, rimesso all’organo giudicante in sede di procedimento disciplinare, non consente di ritenere sussistente nel caso in esame la prospettata violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, né si può considerare in alcun modo raggiunta la soglia di prova ritenuta sufficiente al fine di poter affermare una possibile responsabilità disciplinare.

P.Q.M.

In riforma parziale della decisione impugnata dichiara la procedibilità del deferimento nei confronti del sig. Massimo Ferrero e, nel merito, lo proscioglie dalle incolpazioni ascritte.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Antonio Maria Marzocco                                        Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

 

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