CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 23 novembre 2004 – ATALANTA BERGAMASCA CALCIO SPA CONTRO F.I.G.C.

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 23 novembre 2004 - ATALANTA BERGAMASCA CALCIO SPA CONTRO F.I.G.C. COLLEGIO ARBITRALE Il Collegio arbitrale composto da Dott. Renato Papa Presidente del Collegio arbitrale Prof.Avv. Angelo Piazza Arbitro nominato dalla parte attrice Prof. Avv. Giulio Napolitano Arbitro nominato dalla parte convenuta Riunito in conferenza personale in data 23 novembre 2004, in Roma,a deliberato all’unanimità il seguente LODO ARBITRALE Nel procedimento arbitrale (prot. n. 360 del 28.04.04) promosso da: Atalanta Bergamasca Calcio SpA, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t. Sig. Ivan Ruggeri, rappresentata e difesa dall’Avv. Luisa Melara, giusta procura, ed elettivamente domiciliata presso lo studio della medesima in Via degli Scialoja n. 3 00196 Roma (tel. 0697748121 fax 0636007959) attrice contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), in persona del Presidente e legale rappresentante Dr. Franco Carraro, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno, giusta delega, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Via Po n. 9 00198 Roma (tel. 06858231 - fax 0685823200) convenuta FATTO 1. In data 22 luglio 2003 il Consiglio Direttivo della Lega Nazionale Professionisti FIGC deliberava, su parere conforme della COVISOC, di non ammettere la società AS Roma s.p.a. al campionato di competenza (serie A) per la stagione sportiva 2003/2004 per le seguenti ragioni:a) eccedenza di indebitamento per € 47.417.000,00; b) debito di cui all’art. 4 lettera b), Reg. L.N.P. € 4.285.361,64; c) debito di cui all’art. 4 lettera a) Reg. L.N.P. € 2.815.488,70;d) debito scaduto conto campionato € 844.603,90; e) omesso deposito presso la L.N.P. di numero 51 liberatorie relative a tesserati. 2. In data 24 luglio 2003 la società AS Roma s.p.a., avvalendosi della facoltà riconosciuta dal Comunicato Ufficiale n° 151/A del 28 aprile 2003, proponeva ricorso avverso la suddetta decisione della Lega avanti la FIGC. 3. In data 31 luglio 2003 il Consiglio Federale della FIGC accoglieva il reclamo ed ammetteva la società AS Roma s.p.a. al campionato di Serie A-Tim 2003/2004, sul presupposto della ritualità e regolarità della documentazione depositata, a sensi di quanto previsto dal CU n° 151/A deI 28.4.2003, e cioè nel termine del 28 luglio 2003 h 19,00. La regolarizzazione della documentazione si sostanziava con il deposito da parte della società AS Roma di fideiussione a garanzia delle contestate differenze R/l rispetto a quanto previsto dal CU n°151/A. 4. Successivamente, la FIGC disponeva una indagine federale interna, conclusasi con la relazione dell’Ufficio indagini del 19 agosto 2003, dalla quale emergeva che la fideiussione depositata dalla AS Roma s.p.a., recava una firma di soggetto non più rappresentativo (Sig.ra Ruja) della società garante (SBC s.p.a.) e che detta firma era stata disconosciuta. 5. Ai sensi dell’art. 22/CGS il Presidente della FIGC chiedeva alla Corte Federale di emettere parere in merito alla possibilità di riapertura dei termini per il deposito dei documenti per l’iscrizione ai campionati per le società Roma, Napoli e Spal. 6. La Corte Federale con CU n° 7 del 20 agosto 2003 dichiarava che: “..è principio pacifico che là dove un termine non sia stato incolpevolmente osservato, per vicende del tutto estranee al soggetto a carico del quale quel termine era stato fissato, l’organo che originariamente lo aveva fissato ben può disporre la riapertura dello stesso.. ..Per le considerazioni che precedono la Corte Federale esprime il parere che, ove sia accertata la sussistenza dei presupposti sopra specificati possa con figurarsi la possibilità di una riapertura dei termini, concedendo alle società Roma, Napoli e Spal termine simmetricamente proporzionato, e comunque non eccedente quello a suo tempo fissato con il Comunicato n. 151/A del 28 aprile 2003, per regolarizzare la loro posizione, sostituendo le fideiussioni a suo tempo presentate con altre effettivamente idonee a fornire le garanzie richieste”. 7. Il Consiglio Federale-FIGC con C.U. n° 56/A del 20 Agosto 2003 sulla base della premessa di aver preso atto del rapporto dell’Ufficio indagini e di aver udito la relazione del Gen. Pappa, e che dalla predetta relazione avuto riguardo alle garanzie fideiussorie risultava che le stesse erano state contestate nella loro autenticità e che il comportamento delle società era connotato da buona fede, e preso atto, altresì, del succitato parere della Corte Federale, così deliberava: “alle società AS Roma, SS Calcio Napoli s.p.a. e Spal s.p.a. è concesso termine fino al 26 agosto 2003 ore 19,00 per depositare presso la FIGC.-Covisoc idonee garanzie in sostituzione di quelle già presentate. Riservandosi ogni ulteriore provvedimento all’esito del parere che la COVISOC dovrà esprimere successivamente al predetto adempimento.. .” 8. Il Consiglio Federale-FIGC, con CU n° 64/A del 28 agosto 2003, preso atto del parere espresso dalla COVISOC, per la quale risultava adempiuto quanto richiesto, deliberava di confermare i provvedimenti di ammissione ai campionati di competenza delle società AS Roma, SS Calcio Napoli s.p.a. e Spal s.p.a. assunti in data 31 luglio 2003. 9. Con lettera raccomandata a/r dell’8 marzo 2004 la Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a., chiedeva alla FIGC di accertare la sussistenza di un ulteriore vizio che inficiava l’iscrizione della AS Roma Calcio s.p.a. al campionato di seria A-Tim 2003/2004 costituito dal mancato deposito nei termini perentori di cui al CU 151/A della fideiussione (poi risultata falsa) rilasciata dalla SBC. 10. Con la stessa missiva, la società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. rivolgeva istanza alla FIGC del seguente tenore letterale: “ revocare e/o annullare in sede di autotutela interna i prvvedimenti assunti in data 3 1/07/2003 (CU 20/A) e 28/08/2003 (CU 64/A) ed aventi ad oggetto l’ammissione della società AS Roma s.p.a. al campionato di Serie A-Tim 2003/2004; - disporre l’annullamento del Campionato di serie A-Tim 2003/2004 per la parte fino ad oggi disputata; - iscrivere la società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. al Campionato di Serie A-Tim 2003/2004; - in subordine a quanto sopra e nella denegata ipotesi di non annullamento del campionato in corso riconoscere: 1)la responsabilità funzionale della FIGC, diretta e/o in relazione al rapporto organico corrente con i responsabili degli Organismi Federali che vi hanno dolosamente e/o colposamente partecipato per l’illegittima ed illecita iscrizione della AS Roma s.p.a. al Campionato di Serie A-Tim 2003/2004, e quindi per la lesione del diritto della società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. a parteciparvi; 2)riconoscere che i danni subiti dalla società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. per l’illegittima esclusione ammontano al minimo ad € 25.000.000,00; 3) emanare ogni provvedimento necessario per dar corso alla immediata liquidazione del predetto danno” 11. Con lettera raccomandata a/r datata 17 marzo 2004 il Segretario Generale della FIGC, in riscontro della citata istanza, comunicava alla Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. che: “è stato ritenuto che non possono essere prese in esame le richieste dei provvedimenti di autotutela aventi ad oggetto la revoca della ammissione al Campionato della società Roma, nonché quelle risarcitorie formulate con la citata missiva”.12. La Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a., preso atto della risposta della FIGC, con istanza prot. n. 0258 del 27 marzo 2004, avviava la procedura di conciliazione presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport ai sensi dell’art. 4 del Regolamento della Camera. La procedura si concludeva con verbale del conciliatore designato, Prof. Avv. Massimo Coccia, datato 5 aprile 2004, il quale “preso atto della comunicazione inviata in data odierna dall’Avv. Mario Gallavotti in nome e per conto della FIGC, con la quale si afferma l’inammissibilità dell’istanza e l’inconciliabilità della controversia prospettata dalla Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a.; ritenuta l’inutilità e dilatorietà di una convocazione delle parti per la evidente impossibilità di addivenire ad una conciliazione, dichiara concluso il presente procedimento per mancato accordo”. IL PROCEDIMENTO ARBITRALE I. La società Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., con istanza del 28 aprile 2004, prot. 360, notificata il 29 aprile 2004, ha avviato presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport rituale procedimento di arbitrato ai sensi dell’art. 7 del Regolamento della Camera nei confronti della Federazione Italiana Giuoco Calcio chiedendo il risarcimento dei danni che l’Atalanta avrebbe subito a seguito della dedotta illiceità dei provvedimenti adottati dalla FIGC in ordine all’iscrizione al Campionato di Serie A 2003-2004 della squadra della A.S. Roma ed alla non iscrizione al medesimo campionato della società istante. Le lamentele dell’Atalanta si fondano, principalmente, su le seguenti circostanze: A. “I documenti presentati dalla AS Roma s.p.a. non erano riconducibili a fideiussioni rilasciate né da Istituti bancari, né tanto meno da compagnie assicurative giacché la SBC era ed è società che svolge attività di intermediazione finanziaria; B. Il documento depositato quale ‘fideiussione’ tale non era in quanto privo degli elementi formali e sostanziali necessari per assurgere a giuridica esistenza; C. Il “documento” è stato depositato il 29 luglio 2003, pertanto qualsivoglia atto doveva ritenersi irricevibile da parte della FIGC e suoi organi non solo per la sua giuridica inesistenza evincibile “ictu oculi”, ma anche perché presentato quando oramai spirato il termine perentorio del 28 Luglio 2003 h 1 9,00”. II. La Federazione Italiana Giuoco Calcio si costituiva in data 11.05.2004 depositando memoria di costituzione e risposta prot. n.400/ARB per chiedere la declaratoria di inammissibilità e comunque l’infondatezza in fatto e in diritto delle domande proposte dall’istante. In via pregiudiziale, la FIGC eccepiva la improponibilità o inammissibilità della domanda avversaria ritenendo la materia oggetto del contendere non compromettibile in arbitrato per una serie di ragioni: A . Il petitum azionato dalla società istante implicherebbe, secondo la difesa della FIGC, non soltanto l’accertamento dell’illegittimità dei provvedimenti adottati dalla FIGC, ma anche la dichiarazione della illiceità della condotta tenuta dalla Roma, previa verifica dello stato soggettivo di dolo o di colpa nel quale versava la società capitolina al momento della presentazione della fideiussione rilasciata dalla SBC. La richiesta di risarcimento, perciò, continua la difesa, non trova unico fondamento nell’illegittimità dei provvedimenti federali con i quali è stata disposta l’ammissione della Roma al campionato nazionale di Serie A stagione 2003-2004, ma anche nella condotta della A.S. Roma che avrebbe agito non in buona fede o incolpevolmente depositando le fideiussioni rivelatesi in un secondo momento false perché sottoscritte da un soggetto non munito di poteri vincolanti per la società garante (SBC). La domanda così proposta dall’Atalanta postulerebbe a dire della difesa della FIGC: “un litisconsorzio necessario rispetto alla Roma, titolare di una posizione individuale autonoma, insuscettibile di aggregazione unitaria in un polo omogeneo di interessi riferibile alla FIGC simmetricamente confliggente rispetto al polo opposto riferibile agli interessi dell’Atalanta. Il che impedisce, ovviamente, quello spontaneo raggruppamento in due blocchi di interessi contrapposti delle situazioni soggettive dedotte in lite, che rende possibile l’incardinamento della controversia nello schema binario costituente l’indefettibile presupposto per il deferimento della vertenza alla cognizione arbitrale”. B. La pretesa avanzata dall’Atalanta pur concretizzandosi nel risarcimento del danno per equivalente si configura come interesse legittimo pretensivo per definizione in suscettibili di essere compromesse in arbitrato, non possedendo il connotato della disponibilità. Infatti, a sostegno di tale assunto la difesa della FIGC affermava che gli atti di ammissione al campionato di Serie A, dei quali si chiede l’accertamento di illegittimità, sono stati emanati nell’esercizio dei poteri di controllo demandati alla Federazione dall’art. 12 della legge n. 91/1981, e che tali poteri sono attribuiti alle Federazioni sportive “per delega del C.O.N.I., secondo modalità e principi da questo approvati” . Pertanto, continua la difesa, in forza di tale investitura derivante dall’Ente pubblico preposto al vertice dell’ordinamento di settore, la Federazione limitatamente all’esercizio di queste attribuzioni agisce come soggetto titolare di una funzione amministrativa disciplinata da una fonte normativa primaria. Con la conseguenza che le posizioni giuridiche soggettive, che risultano incise da tali atti, vanno qualificate come interessi legittimi C. In ragione della circostanza che la domanda risarcitoria è inammissibile senza previo annullamento degli atti della FIGC, e che nel caso di specie tali atti sono orami inoppugnabili, l’istanza di arbitrato presentata dall’Atalanta è improcedibile. III. In data 28.05.2004 si costituiva il Collegio Arbitrale, che fissava per il giorno 8 Luglio 2004 la prima udienza e contestualmente concedeva alla parti termine fino al 14 Giugno 2004 per memorie e al 24 Giugno 2004 per repliche. IV. Nel rispetto del termine concesso dal Collegio Arbitrale, l’Atalanta depositava memoria autorizzata prot. n. 522 ritenendo le eccezioni sollevate dalla difesa della FIGC circa l’improcedibilità della domanda avanzata dall’istante infondate in quanto: A. Sulla necessità dell’instaurazione del contraddittorio con la A.S. Roma S.p.A., la difesa dell’istante obiettava che la partecipazione al giudizio è necessaria quando l’azione tende alla costituzione o al mutamento di un rapporto plurisoggettivo unico ed attuale e non quando si chiede in via meramente incidentale e con effetto limitato alle parti del giudizio un accertamento che riguarda anche la parte non presente. B. Sul carattere di interesse legittimo della posizione giuridica azionata dall’istante sostenuto dalla FIGC, la difesa dell’Atalanta obiettava, per confutare tale assunto, che il sindacato sulla legittimità o meno degli atti e dei comportamenti della Federazione di cui al presente giudizio, non riguarda l’attività di controllo sull’equilibrio finanziario delle società devoluto alla Federazione. Infatti, sulla base del decreto legislativo 242/99 (che ha riconosciuto la natura di associazioni con personalità giuridica di diritto privato delle Federazioni Sportive) e del decreto Legislativo 157/2004( che ha rimesso allo statuto del Coni il compito di individuare la tipologia degli atti a rilevanza pubblicistica) la difesa dell’istante riteneva che a “prescindere dalla valenza pubblicistica o meno dell’attività posta in essere dalle Federazioni gli atti da esse emanati sono assoggettati alle norme e agli istituti di diritto privato”. C. Inoltre, sosteneva che l’azione di risarcimento del danno proposta per l’esercizio illegittimo delle funzioni di vigilanza controllo e garanzia spettanti alla Federazione, concerne una questione di diritto soggettivo, azionabile a prescindere dall’accertamento dell’illegittimità dell’azione amministrativa . D. Infine, in ogni caso, secondo la difesa dell’istante, sussisteva la competenza del Giudice adito in quanto il ricorso all’arbitrato si pone come deroga alla giurisdizione statale, non rilevando la qualificazione giuridica della posizione fatta valere, posto che la Camera e l’Arbitrato attivato presso la stessa opera quale deroga all’organo giudicante statale per qualsiasi tipo di controversia sportiva rispetto ai giudici ordinari o speciali . V. In data 24 Giugno2004 la FIGC depositava memoria autorizzata prot. n. 579, con cui insisteva sull’inammissibilità della domanda azionata dall’istante in quanto: - la lesione a ristoro della quale la società bergamasca ha agito si sarebbe realizzata con l’emanazione di atti che, portando a compimento la procedura di iscrizione, hanno definitivamente individuato l’organico delle diciotto squadre, includendo tra le partecipanti anche la Roma. Di tali atti è stata data notizia con il comunicato ufficiale n. 64/A del 28 Agosto 2004, pertanto da tale data, a dire della difesa della FIGC, decorreva il termine di 60 g. previsto dall’art. 4.1 del Regolamento per adire Codesto Collegio. Pertanto, secondo la difesa della FIGC la sopravvenuta inoppugnabilità di quest’atto determina un’invalicabile cesura tra condotta ritenuta foriera di danno e la lesione patrimoniale che si assume esserne derivata. - Nel merito riteneva la mancanza di nesso eziologico fra danno lamentato e attività provvedimentale posta in essere dalla FIGC. - La difesa sosteneva, inoltre, che, anche qualora il Collegio ravvisasse nei fatti denunciati un’attività provvedimentale potenzialmente foriera di danno, sarebbe comunque necessario attendere l’esito del procedimento penale in corso promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma per far luce sulla vicenda relativa al deposito della primitiva fideiussione. Infatti, se venisse accertato che l’omessa rilevazione dell’irregolarità della fideiussione sia dipesa da comportamento infedele dell’agente della Federazione verrebbe meno la legittimazione passiva della Federazione rispetto all’azione risarcitoria proposta nei suoi confronti. - Infine, veniva eccepita l’irrilevanza della doglianza mossa da controparte circa la provenienza della fideiussione da pare di una società finanziaria, in quanto la COVISOC aveva già ritenuto idonee le fideiussioni rilasciate da soggetti in possesso dei requisiti previsti da T.U. della legge bancaria. VI .All’udienza del 08.07.2004 il Collegio preso atto dell’impossibilità di addivenire ad una conciliazione della controversia concedeva alle parti per il 15 Luglio 2004 termine per memorie e per il 22 Luglio 2004 termine per repliche. VII. Nel rispetto dei termini fissati dal Collegio entrambe le parti depositavano memorie. VIII. Con la memoria autorizzata prot. n. 704 l’Atalanta contestava le eccezioni sollevate dalla FIGC ribadendo come: A. In relazione alla presunta non ricorribilità della presente controversia in arbitrato, la difesa richiamava l’art. 27 dello Statuto della FIGC, l’art 12 dello Statuto del Coni e l’art. 7 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, dalla cui lettura congiunta risulta, secondo l’istante, che qualora la controversia riguardi una Federazione Sportiva Nazionale e sia stata accettata statutariamente la competenza arbitrale della Camera di conciliazione e arbitrato per lo Sport, la controversia può essere sottoposta ad istanza dell’affiliato ad un procedimento arbitrale presso la camera di conciliazione e arbitrato. B. In relazione, poi, alla presunta decadenza per la mancata impugnazione degli atti forieri di danno, la difesa dell’istante evidenziava che: 1) l’Atalanta non era e non è parte del procedimento che ha visto l’ammissione della AS Roma s.p.a. al campionato di serie A-Tim 2003/2004; 2) i c.d. comunicati ufficiali danno esclusiva notizia e conoscenza dell’esito positivo o negativo del procedimento che vede una data società ammessa o esclusa da un campionato sportivo, ma non è dato ovviamente conoscere che sta “a monte” dell’iter che ha condotto d una certa decis; 3) il termine di ipotetica decadenza, anche ai fini dell’art. 4.1. del Regolamento della Camera, può venire in considerazione solo quando si configura la situazione giuridica “della contrapposizione” della Federazione alla società affiliata. Secondo la difesa della società, la necessità di attivare la procedura sarebbe insorta a seguito della decisione del Consiglio Federale riunitosi in data 17 marzo 2004 con la quale si è ritenuto di non prendere in esame “le richieste dei provvedimenti in autotutela aventi ad oggetto la revoca dell’ammissione al campionato della società Roma, nonché quelle risarcitorie formulate con la citata missiva”. C. In ordine alla pretesa sussistenza di una pregiudiziale penale che darebbe luogo ad una ipotesi di sospensione necessaria del procedimento arbitrale, la difesa richiamava l’art. 295 c.p.c., laddove prevede la sospensione del processo civile quando la decisione dipenda dalla definizione di altra causa, per cui il primo giudizio, oltre ad essere pendente in concreto ed a coinvolgere le stesse parti, investa una questione a carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale pregiudichi in tutto od in parte la soluzione della causa da sospendere. Nel caso di specie la difesa sostiene che : “è più che manifesta l’insussistenza di qualsivoglia rapporto di pregiudizialità, non dibattendosi, tra l’altro sulle medesime questioni e non essendo coinvolti i medesimi soggetti”. D. In ordine al merito della questione, la difesa dell’istante sottolinea le violazioni commesse dalla FIGC, in quanto la fideiussione presentata dalla Roma non era di provenienza di un Istituto di credito o di una compagnia assicurativa come previsto dalla normativa federale che non fa riferimento alla possibilità di ritenere, sulla base di alcun parere reso dall’ufficio giuridico interno della Federazione fideiussioni idonee rilasciate da soggetti in possesso dei requisiti previsti dal T.U.B. IX. In pari data la FIGC depositava brevi note difensive prot. n. 703 ribadendo la decadenza in cui sarebbe incorsa la Atalanta per non aver adito in conformità a quanto stabilito dall’art. 4.1. la Camera nel termine di decadenza. Infatti poiché degli atti che controparte presume forieri di danno è stata data notizia nel C.U. n. 64/A del 28 agosto 2003, il termine ultimo per attivare la procedura arbitrale in oggetto sarebbe stato inderogabilmente il successivo 27 ottobre 2003. X. Con memoria di replica prot. n. 789, depositata il 22.07.2004, l’Atalanta sosteneva che l’eccezione d’improponibilità dell’istanza di arbitrato sollevata da controparte per decadenza è inammissibile in quanto non sollevata in sede di conciliazione, pertanto in detta sede a dire della difesa, qualsiasi rilievo sarebbe precluso. XI. Con memoria di replica prot.n. 798, depositata il 22.07.2004, la FIGC ribadiva come l’Atalanta avesse tardivamente attivato il rimedio arbitrale in quanto il danno asseritamene sofferto dalla stessa è da addebitare all’ammissione in serie A della Roma. Pertanto, il successivo rifiuto di agire in autotutela opposto dalla F.I.G.C. alla richiesta dell’Atalanta, volta ad ottenere la revoca del provvedimento di ammissione- “non ha dispiegato alcun effetto lesivo autonomo: è la stessa Atalanta a riconoscere nei propri scritti difensivi che la lesione patita è derivata dalla ammissione della compagine capitolina”. XII. All’udienza del 16 Settembre 2004, la difesa della FIGC depositava note di udienza in cui eccepiva la tardività delle domande svolte dalla ricorrente sulla base delle statuizioni già rese dal Collegio Arbitrale, che ha definito un’analoga controversia promossa dalla Soc. Piacenza F.C. ( lodo in data 27 aprile 2004). Infatti, la difesa della FIGC ribadiva come, nel lodo richiamato, il Collegio Arbitrale, chiamato a pronunciarsi sulla ammissibilità dell’intervento proposto in quella sede dalla Società orobica ai sensi dell’art. 105, I comma, c.p.c., dopo avere qualificato tale intervento come autonomo ovvero litisconsortile (cfr. pag. 53, I cpv., lodo sopracitato), ha correttamente osservato che “la domanda del soggetto interventore litisconsortile deve possedere tutti i requisiti per essere astrattamente dispiegata in un giudizio autonomo” . Pertanto, in applicazione di questo principio, la difesa riteneva che l’azione impugnatoria introdotta dalla Soc. Atalanta con il suo primitivo atto di intervento in quel giudizio (risalente al 21 febbraio 2004) doveva considerarsi inammissibile per tardività. Il Collegio nella stessa udienza fissava i termini al 23 Settembre 2004 per la precisazione delle istanze istruttorie, documenti e conclusione e al 30 Settembre 2004 per repliche e prove contrarie. XIII. L’Atalanta con memoria prot. n. 1349 depositata in data 23.09.2004 ribadiva l’inammissibilità dell’eccezione sollevata da controparte circa l’intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 4.1 del Regolamento, in quanto: a. i termini perentori di impugnazione rientrano nel generale istituto della decadenza i cui principi sono fissati negli artt. 2964 e ss. c.c.. Uno dei principi cardine dell’istituto della decadenza è da individuarsi, secondo la difesa, nella norma che stabilisce che la decadenza può trovare, in via esclusiva, la sua fonte o nella legge o nel contratto. Sostiene la difesa dell’Atalanta che: “Il Regolamento della Camer, Camera che è istituita presso il CONI ma che non ne costituisce un organo — non è né una legge, né, tanto meno, un contratto al quale le Federazioni sportive e le società affiliate vi aderiscono”. b. Essendo la Federazione una associazione riconosciuta regolamentata dalle norme di diritto privato l’impugnazione delle delibere (art. 23 c.c.) non è assoggettata ad alcun termine di decadenza, ritiene la difesa dell’Atalanta, bensì di prescrizione: in ipotesi di delibera annullabile cinque anni; in ipotesi di delibera nulla senza limiti di tempo. In siffatto contesto normativo, anche ove si volesse sostenere che il Regolamento della Camera è un contratto, comunque, la previsione contenuta all’art. 4 non potrebbe essere interpretata nei sensi affermati nel lodo Piacenza c/FIGC perché sarebbe nulla, a sensi dell’art. 2936 c.c., in base al quale : “è nullo ogni patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione”. c. Sempre, in tale sede, la difesa dell’Atalanta presentava istanze istruttorie consistenti: nella prova per testimoni, nell’ordine di esibizione da parte della FGCI di diversi documenti e fascicoli relativi all’iscrizione della Roma al Campionato di serie A 2003-2004, nonché nella richiesta di CTU tesa ad accertare e quantificare i danni subiti dall’istante. XIV. In data 22.09.2004 la FIGC depositava memoria autorizzata n. prot. 1338, con cui ribadiva l’infondatezza della pretesa avversaria secondo la quale l’azione risarcitoria non sarebbe sottoposta a termine decadenziale in quanto la richiesta di danni è inscindibilmente legata all’azione d’annullamento. Pertanto l’azione di annullamento sarebbe improponibile per avvenuto decorso del termine all’uopo prescritto per impugnare la decisione da parte della F.I.G.C. di ammettere la A.S. Roma al campionato di serie A valevole per la stagione sportiva 2003- 2004, rendendo conseguentemente inammissibile anche la domanda risarcitoria, non essendo più consentito al Collegio di delibare sulla legittimità di atti che, essendo divenuti intangibili, si sottraggono al suo sindacato sia ai fini di un accertamento di invalidità meramente incidentale sia ai fini della loro eventuale disapplicazione. XV. Con memoria di replica n. prot. 1424 depositata il 30.09.2004, la Atalanta bergamasca s.p.a. eccepiva l’impossibilità di richiamare in termini di giudicato processuale il lodo Piacenza/FIGC in quanto: - Secondo la giurisprudenza richiamata “..la soluzione implicita o esplicita di questioni pregiudiziali di rito, avendo funzione meramente preparatoria della decisione finale sul merito, non può formare oggetto di cosa giudicata in senso sostanziale, ma può operare soltanto con effetti limitati al processo in cui è stata pronunziata” l’autorità di giudicato presuppone che tra la precedente causa e quella in atto vi sia in modo rigoroso l’identità:dei soggetti, del “petitum” e delle “causa petendi”, situazione che non ricorre nella controversia che occupa. XVI. Con memoria di replica n. prot. 1431 depositata il 30.09.2004, la FIGC affermava che: A. La regola di giudizio resa nel lodo Piacenza circa l’inammissibilità della domanda per tardività doveva essere applicata anche nel presente procedimento. B. Anche ad ammettere che la proposizione dell’azione risarcitoria non soggiaccia alla eccepita preclusione temporale, alla proponibilità della domanda osterebbe l’indiscussa inoppugnabilità degli atti amministrativi, da cui è derivato il danno lamentato. C. L’inammissibilità dei mezzi istruttori richiesti in quanto: -quanto alla prova per testi è inammissibile perché volta a confutare le risultanze documentali emergenti dagli atti amministrativi inoppugnati, che hanno fede privilegiata del documento federale, che in quanto atto pubblico costituisce prova documentale superabile solo con la querela di falso. -quanto al preteso danno economico, la difesa della FIGC contesta ed impugna la documentazione all’uopo tardivamente prodotta. XVII. In data 5 novembre 2004, a seguito della rinuncia all’incarico del Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani, ai sensi dell’art. 15 del Regolamento della Camera, il Dott. Renato Papa era nominato Presidente del Collegio arbitrale. Il Collegio, nella nuova composizione, si riuniva il 12 Novembre 2004 e disponeva la convocazione delle parti per l’udienza del 23 Novembre 2004. XVIII. All’udienza del 23 Novembre 2004 le parti precisavano le conclusioni. In particolare, l’Avv. Melara chiedeva il rigetto delle eccezioni pregiudiziali avanzata da controparte richiamando anche il disposto dell’art. 6 del Regolamento della Camera; gli Avv.ti Gallavotti e Medugno insistevano per l’accoglimento delle eccezioni pregiudiziali. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Deve preliminarmente esaminarsi la questione relativa alla tardività dell’istanza presentata dall’Atalanta Bergamasca calcio s.p.a., ai fini della valutazione della proponibilità o meno della relativa azione. La questione è fondata nei termini di seguito illustrati. 2. La Figc muove dall’assunto che le statuizioni rese nel lodo Piacenza/Figc - laddove il collegio arbitrale ha rilevato la inammissibilità del primitivo atto di intervento dispiegato dalla società orobica per tardività della domanda autonomamente introdotta in quella sede hanno valore di giudicato tra le parti. 3. Il Collegio ritiene infondata tale tesi: manca, infatti, l’identità del petitum tra questa controversia (qui, meramente risarcitorio) e quella allora decisa (lì, demolitorio dell’atto federale e soltanto in conseguenza di ciò risarcitorio), essendo, almeno in astratto, il petitum risarcitorio separabile da quello di annullamento (fermi i necessari coordinamenti sostanziali e processuali). Anche la causa petendi, nella prospettazione di parte attrice, è diversa, traendo origine da una successiva istanza di annullamento del campionato e di risarcimento del danno in caso contrario. 4. L’eccezione relativa alla tardività dell’istanza di parte attrice, dunque, deve essere valutata con pienezza di giudizio da questo Collegio, non essendovi alcun giudicato tra le parti. Si deve, allora, esaminare la disposizione contenuta nell’art. 4, co. 1, del Regolamento della Camera (nel testo approvato dalla Giunta nazionale del CONI il 21 ottobre 2003, applicabile ratione temporis alla presente controversia): questo stabilisce che una controversia può essere sottoposta alla Camera «entro sessanta giorni dalla data di conoscenza dell’atto contestato». 5. Si tratta, evidentemente, di un termine perentorio di azione, che, come correttamente rileva parte attrice nelle sue memorie, deve essere inquadrato nel generale istituto della decadenza, disciplinato dagli artt. 2964 e ss. c.c., e valutato alla luce di tali parametri normativi. Né, a smentire questa conclusione, può valere l’argomento, sollevato peraltro soltanto nell’ultima udienza del 23 novembre, fondato sulla presunta derogabilità di tale termine, ai sensi dell’art. 6. co. 3, del Regolamento (da cui discenderebbe, ai sensi del codice di procedura civile, la inconfigurabilità dello stesso quale decadenziale). La collocazione sistematica dell’art. 6, co. 3, del Regolamento, infatti, rivela chiaramente che i termini astrattamente derogabili in base a tale previsione sono esclusivamente quelli successivi all’esercizio dell’azione e non quello per la proposizione della stessa. 6. Ai fini della soluzione della presente controversia, bisogna dunque verificare: a) se la previsione regolamentare sia idonea a stabilire un termine di decadenza, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento giuridico; b) se tale termine di decadenza sia destinato ad operare per qualsiasi controversia; c) se, nel caso in esame, tale termine sia effettivamente spirato. 7. Con riguardo al primo punto, bisogna necessariamente muovere dalla premessa che i termini i decadenza possono essere stabiliti esclusivamente dalla legge o dal contratto. Il ricorrere della prima ipotesi, come affermato giustamente da parte attrice, deve essere radicalmente escluso, non potendo certo il Regolamento della Camera configurarsi come atto avente forza di legge, né ad esso rinviando altra fonte normativa primaria o secondaria. 8. Deve, invece, affermarsi il carattere schiettamente contrattuale del rinvio che le parti del contratto associativo, nell’apposita clausola compromissoria contenuta nell’art. 27 Statuto Figc, operano al Regolamento della Camera. Questo, in tal modo, viene a costituire oggetto della volontà contrattuale delle parti, le quali, come riconosciuto dalla stessa parte attrice, ben possono prevedere consensualmente termini di decadenza. Del tutto inconferente, in proposito, è l’eccezione secondo cui una previsione del genere richiederebbe la sottoscrizione specifica della clausola, ai sensi dell’art. 1341 c.c. Secondo giurisprudenza costante della Cassazione, infatti, la disciplina delle condizioni generali di contratto non trova applicazione in caso di adesione a contratti associativi (Cass., 30 marzo 1981, n. 1826; Cass 19 giugno 1990, n. 6167; Cass. 9 aprile 1993, n. 4351). 9. La seconda questione riguarda l’applicabilità del termine di decadenza a qualsiasi genere di controversia o, invece, soltanto a quelle volte all’annullamento dell’atto federale. Il collegio, in proposito, ritiene che all’atto emanato da una federazione sportiva non possano automaticamente trasporsi le categorie interpretative e gli istituti propri dell’atto amministrativo. Il termine dei sessanta giorni, dunque, non deriva dal regime generale di impugnazione degli atti amministrativi. Si tratta, invece, di un termine coerente con il carattere endoassociativo del conflitto, che trova significative conferme in relazione ad altri fenomeni ‘comunitari’ (le delibere condominiali devono essere impugnate entro trenta giorni, quelle societarie entro novanta). 10. Proprio questi esempi confermano che l’analogo termine di decadenza introdotto contrattualmente nei confronti degli atti federali non determina la nullità del patto, ai sensi dell’art. 2965 c.c. Nei contesti ‘comunitari’, dunque, termini relativamente brevi non appaiono certo tali da rendere «eccessivamente difficile a una delle parti l’esercizio del diritto». Né alcuna confusione, in proposito, può farsi tra regime legale della prescrizione, termine legale per l’azione in giudizio e termine convenzionale per l’accesso alla procedura arbitrale (Cass., n. 8700/2000). 11. Rimane da verificare se il termine possa valere indifferentemente per le azioni volte all’annullamento dell’atto e per quelle risarcitorie. La lettera e la ratio del Regolamento della Camera depongono in questo secondo senso. Nessuna differenza, infatti, è fatta nel regolamento tra le due ipotesi: già il semplice dato letterale, dunque, suggerisce chiaramente l’indicata conclusione. Ciò, d’altra parte, appare coerente con la funzione del termine nel sistema di soluzione delle controversie amministrato dalla Camera. Il sistema, infatti, garantisce una tempestiva soluzione delle controversie, a condizione che queste siano tempestivamente proposte: ciò anche per evitare che la facilità del meccanismo procedurale e il contenimento dei costi del giudizio consentano un esasperato ricorso al conflitto, anche come mezzo improprio di pressione rispetto al normale svolgimento delle vicende federali. È, dunque, coessenziale alla natura stessa dei rimedi speciali previsti dall’ordinamento sportivo la tempestività dei relativi interventi in modo che rimanga garantito l’ordinato corso delle manifestazioni e delle competizioni agonistiche e la civile e serena convivenza all’interno della comunità sportiva. 12. Non sussiste, d’altra parte, alcuna presunta incompatibilità tra termine di decadenza ed azione risarcitoria. Proprio l’esempio evocato da parte attrice, relativo al regime delle delibere societarie di cui all’art. 2377 c.c., conferma questa impostazione. La norma, infatti, nel prevedere che «le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate dai soci assenti, dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di sorveglianza e dal collegio sindacale», nonché che «i soci che non rappresentano la parte di capitale indicata nel comma precedente e quelli che, in quanto privi di voto, non sono legittimati a proporre l'impugnativa hanno diritto al risarcimento del danno loro cagionato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto», stabilisce che «l’impugnazione o la domanda di risarcimento del danno sono proposte nel termine di novanta giorni dalla data della deliberazione». Da ciò si trae un’insuperabile conferma sistematica della piena ammissibilità di un termine di decadenza, comune alle azioni impugnatorie e a quelle risarcitorie, e relativamente breve, ma non per questo tale da rendere eccessivamente oneroso l’esercizio del diritto. 13. Bisogna, a questo punto, verificare come debba essere calcolato nella presente controversia il termine decadenziale così configurato. Afferma, in proposito, parte attrice che l’origine della controversia si radicherebbe nella comunicazione della Figc del 17 marzo 2004 con la quale essa dichiarava di non poter prendere in esame la richiesta di risarcimento avanzata dalla società. 14. Il Collegio non condivide tale assunto. La controversia, infatti, nel caso di specie, non può che trovare la sua fonte nell’atto asseritamente illegittimo di iscrizione al campionato dell’A.S. Roma. È nel termine (previsto dal Regolamento della Camera e oggetto del rinvio contenuto nella clausola compromissoria federale) di sessanta giorni dalla conoscenza di quell’atto (verificatasi il 28 agosto e pertanto trascorsi il 27 ottobre 2003) che andava proposta l’azione (attraverso, innanzi tutto, l’istanza di conciliazione, presentata, invece, soltanto in data 27 marzo 2004). Non può dunque valere a rimettere in termini l’Atalanta la richiesta successivamente avanzata di annullamento del campionato e di risarcimento del danno e la lettera di risposta della Figc. Da un lato, questa non assume alcuna valenza provvedimentale. Dall’altro, fonte della pretesa risarcitoria è l’asseritamente illegittimo atto di iscrizione al campionato dell’A.S. Roma, non il presunto diniego di annullamento del campionato in sede di autotutela (trattandosi, comunque, di legittimo atto discrezionale non potrebbe mai essere considerato ingiusto e dunque costituire fonte di risarcimento del danno). 15. Non può, poi, invocarsi la tardiva e comunque sopravvenuta conoscenza (secondo parte attrice, addirittura verificatasi all’inizio del 2004) di uno o più vizi dell’atto asseritamene illegittimo o illecito. Già nel corso della procedura di iscrizione ai campionati, infatti, erano emerse alcune anomalie (anch’esse, tra l’altro, soltanto ora denunciate nell’istanza di arbitrato) tali da consentire, almeno in termini di mero fumus, l’adozione delle opportune iniziative di tutela, che invece, non furono esperite dall’Atalanta, a differenza di altre società. Sarebbe bastata, nel caso di specie, la richiesta di accesso agli atti della procedura per verificare la regolarità della documentazione presentata e il fondamento di un’eventuale azione costitutiva o risarcitoria. Persino le notizie di stampa relative ai vizi delle procedure di iscrizione ai campionati cui fa riferimento parte attrice sono ben precedenti alla data di presunta conoscenza del vizio indicata dall’Atalanta. Non ricorrono, dunque, in alcun modo i rigorosi presupposti richiesti dalla giurisprudenza per l’eccezionale rimessione in termini del soggetto decaduto dall’azione. 16. Conclusivamente, nel caso in esame, l’istanza arbitrale avanzata dall’Atalanta bergamasca calcio s.p.a. va dichiarata improponibile, in quanto avanzata senza il rispetto del termine di cui all’art. 4, co. 1. del Regolamento sopra citato, ferma restando eventuale diversa valutazione da parte di altri ordini giurisdizionali, anche in connessione o a seguito degli esiti dei procedimenti penali in corso. La dichiarazione di improponibilità dell’istanza preclude al Collegio qualsiasi esame del merito. Spese 1. In applicazione dell’art. 23 del Regolamento della Camera, il Collegio, tenendo conto del notevole tempo occorso agli arbitri (complessivamente 60 ore), della complessità della controversia, della capacità finanziaria delle parti e della circostanza che la controversia è stata impostata in termini risarcitori e dunque come una questione di ordine commerciale, dopo aver acquisito il prescritto parere conforme del Consiglio di Presidenza della Camera, ritiene, ai sensi dell’applicabile Tabella, che gli onorari dell’organo arbitrale, vadano complessivamente determinati in Euro [...] omissis [...], oltre a Euro [...] omissis [...] per spese generali (10%), oltre agli oneri accessori dovuti e alle spese documentate effettivamente sostenute come da notule dei membri del Collegio, con deduzione di quanto già corrisposto a titolo di acconto e fondo spese. In conformità all’art. 23.2 del Regolamento della Camera, gli onorari e le spese generali vanno ripartiti nella misura del quaranta per cento per il presidente del collegio e del trenta per cento per gli altri arbitri. I totali da corrispondere a saldo ai singoli arbitri, tenuto conto di quanto sopra, sono liquidati in separata ordinanza. 2. Quanto alla ripartizione tra le parti, il Collegio ritiene che, essendo state accolte le eccezioni preliminari sollevate dalla FIGC, gli onorari e le spese dell’arbitrato, nonché le spese di difesa, da liquidare in via equitativa in complessivi Euro [...] omissis [...], e i diritti amministrativi debbano essere posti a carico dell’Atalanta Bergamasca s.p.a. P.Q.M. Il Collegio arbitrale, definitivamente pronunciando nel contraddittorio tra le parti: 1. Dichiara improponibile l’istanza arbitrale presentata dall’Atalanta Bergamasca s.p.a.. 2. Condanna l’Atalanta Bergamasca s.p.a. al pagamento degli onorari e delle spese dell’arbitrato, nonché delle spese di difesa e dei diritti amministrativi. Così deciso in Roma, il 23 novembre 2004, nella conferenza personale degli arbitri e con voti unanimi. Letto, confermato e sottoscritto. F.to Dott. Renato Papa F.to Prof.Avv. Angelo Piazza F.to Prof. Avv. Giulio Napolitano
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