CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 27 aprile 2004 – PIACENZA FOOTBALL CLUB S.P.A.CONTRO F.I.G.C. + ALTRI

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 27 aprile 2004 – PIACENZA FOOTBALL CLUB S.P.A.CONTRO F.I.G.C. + ALTRI C O L L E G I O A R B I T R A L E Il Collegio arbitrale composto da PROF. AVV. PIER LUIGI RONZANI – PRESIDENTE DEL COLLEGIO PROF. AVV. MAURIZIO BENINCASA – ARBITRO AVV. CIRO PELLEGRINO - ARBITRO Lodo Arbitrale nel procedimento di Arbitrato promosso da: Piacenza Football Club S.p.a., con sede in Piacenza, Via Gorra n. 25, in persona del Presidente Dott. Fabio Grilli, ed elettivamente domiciliata in Piacenza, Via Cavour n. 24, presso e nello Studio dell’Avv. Claudio Borgoni, che la rappresenta e difende giusta delega in calce alla memoria prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n. 0049 del 15.01.2004 - ATTRICE – CONTRO Federazione Italiana Giuoco Calcio, con sede in Roma, Via A. Allegri n. 14, in persona del Presidente Dott. Franco Carraro, ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Po n. 9, presso e nello Studio dell’Avv. Mario Gallavotti, che la rappresenta e difende giusta delega contenuta nell’atto di costituzione prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n. 1547 del 24.12.2003 - CONVENUTA - E NEI CONFRONTI DI Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a., con sede in Ciserano (BG), Corso Europa – Zingonia, in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, sig. Ivan Ruggeri, ed elettivamente domiciliata in Roma, via degli Scialoja n. 3, presso e nello Studio dell’avv. Luisa Melara, che la rappresenta e difende giusta delega in calce all’atto di intervento prot. C.O.N.I. C.C.A. Sport n. 164 del 21.02.2004 - INTERVENTORE FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO In data 17.10.2003, Piacenza Football Club S.p.a.(di seguito anche «Piacenza») ha dato corso alla procedura di Conciliazione innanzi alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, con il deposito di istanza relativa ad una controversia insorta nei confronti della F.I.G.C., riguardante l’organizzazione del Campionato di Calcio di Serie A della stagione 2003/2004. In data 21.11.2003, il Conciliatore, prof. avv. Massimo Coccia, preso atto del mancato accordo tra le parti, ha dichiarato estinta la procedura di conciliazione. Successivamente, con atto depositato presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport il 20.12.2003, prot. n. 1544/723, il Piacenza Football Club S.p.a. ha proposto istanza di arbitrato ex artt. 7 ss. del Regolamento, per la risoluzione della controversia riguardante «l’organizzazione del campionato di calcio di serie A 2003/2004, con particolare riferimento all’iscrizione ad esso delle squadre partecipanti». Con atto del 24.12.2003, la F.I.G.C. si è costituita nel giudizio arbitrale, chiedendo la nomina di un collegio giudicante, ai sensi dell’art. 11 del Regolamento, trattandosi di controversia afferente la posizione anche di altri soggetti, e quindi di Arbitrato con più di due parti. Con atto di pari data, il Presidente della Camera, prof. avv. Pier Luigi Ronzani, ha nominato il Collegio Arbitrale, di cui ha assunto la presidenza, altresì designando, quali arbitri, il prof. avv. Maurizio Benincasa e l’avv. Ciro Pellegrino. Gli avv.ti prof. Maurizio Benincasa e Ciro Pellegrino hanno trasmesso la rituale dichiarazione di accettazione, a’ sensi dell’art. 14 del Regolamento. Gli arbitri si sono riuniti per la prima volta il 2.1.2004, ribadendo la propria accettazione della nomina, e si sono costituiti formalmente in Collegio. Il Collegio Arbitrale ha dato, altresì, atto che con lettera del 29.12.2003, inviata alle parti costituite, l’ufficio della Camera ha invitato quest’ultime, da un lato a trasmettere ai terzi interessati, già individuati o da individuare, i documenti già depositati presso la Camera; dall’altro, e in particolare la F.I.G.C. a dare tempestivo avviso ai suddetti interessati al fine di consentire le attività procedimentali previste dal Regolamento. Il Collegio ha, quindi, fissato la prima udienza il 29.1.2004, concedendo termine al 15.1.2004 per deposito di memorie difensive, e ulteriore termine al 26.1.2004 per deposito di eventuali memorie di replica. Nel rispetto dei termini fissati, Piacenza e F.I.G.C. hanno depositato le rispettive memorie difensive. Nello stesso giorno del 15.1.2004, il Collegio ha posticipato al 7.2.2004 la prima udienza. In data 26.1.2004, poi, il Piacenza e la F.I.G.C. hanno depositato le proprie memorie di replica. Successivamente, all’udienza del 7.2.2004, all’esito negativo del tentativo di conciliazione, il Collegio ha invitato le parti ad illustrare le questioni preliminari e pregiudiziali. Al termine dell’audizione degli avvocati delle parti, il Collegio si è riservato. In data 21.2.2004, l’Atalanta Bergamasca Calcio ha depositato un atto di intervento nel giudizio arbitrale. Il Collegio si è riunito in data 24.2.2004 e, preso atto dell’istanza di intervento dell’Atalanta, al fine di garantire il pieno contraddittorio tra le parti, ha fissato l’udienza del 2.3.2004, demandando alla Segreteria del Collegio di provvedere alla trasmissione all’interventore di tutti gli atti e documenti depositati dalle parti. Il Collegio si è, altresì, riservato ogni altro provvedimento, anche sulle eccezioni pregiudiziali e preliminari sollevate. In data 2.3.2004, il Collegio ha emesso lodo parziale con il quale ha dichiarato l’inammissibilità dell’intervento spiegato dall’Atalanta, riservandosi ogni provvedimento sulle spese di funzionamento del Collegio e sulle spese legali. In pari data, su richiesta del Piacenza, il Collegio ha assegnato alle parti termine al 12.3.2004 per deposito di memorie contenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni proposte; e successivo termine al 19.3.2004 per repliche. Ha, altresì, fissato la successiva udienza il 26.3.2004. In data 12.03.2004, Piacenza e F.I.G.C. hanno depositato le rispettive memorie autorizzate. In pari data, peraltro, l’Atalanta, a seguito della pronuncia di inammissibilità della formulata domanda di intervento adesivo autonomo, ha depositato un nuovo atto di intervento «per sostenere le domande proposte dal Piacenza Calcio s.p.a. con l’istanza di arbitrato o comunque quelle eventualmente modificate e/o precisate nel corso del medesimo giudizio». In data 19.3.2004, la F.I.G.C. ha depositato la propria memoria di replica. All’udienza del 26.3.2004, il Piacenza ha riformulato le proprie conclusioni, mediante deposito di note. Il Collegio, nel corso dell’udienza, in considerazione della precisazione delle conclusioni formulata dal Piacenza, ha dichiarato l’inammissibilità dell’interevento ad adiuvandum dell’Atalanta, riservandosi ogni provvedimento sulle spese di funzionamento del Collegio e sulle spese legali. A seguito di tale provvedimento, entrambe le parti, in data 2.4.2004, hanno depositato memorie autorizzate. In data 9.4.2004, il Piacenza ha depositato ulteriore memoria, nella quale, tra l’altro, ha formulato istanza di esibizione documentale. Il Collegio, riunitosi il 19.4.2004, esaminate le memorie depositate dalle parti, considerato che l’istanza di esibizione documentale proposta dal Piacenza non soddisfacesse i requisiti di cui agli artt. 210 cod. proc. civ. e 94 disp. att. cod. proc. civ., dal momento che essa avrebbe dovuto contenere la specifica indicazione dei documenti cui si riferiva, ha reputato di non accoglierla. Ha, altresì, assegnato termine fino al 24.4.2004, per il deposito di memorie conclusionali, e fissato la successiva udienza di discussione al 27.4.2004. In ottemperanza alla summenzionata ordinanza, il Piacenza ha depositato, in data 23.4.2004, memoria conclusionale. Nessun altro atto essendo pervenuto presso la Segreteria della Camera, il Collegio, in data 27.4.2004, ha emesso il lodo definitivo. Ai sensi dell’art. 20.4 del Regolamento, peraltro, il dispositivo è stato reso noto anticipatamente, con riserva di comunicare, nei termini di cui al medesimo articolo, e come in effetti si comunica, il testo integrale del lodo con l’esposizione dei MOTIVI Nell’istanza di arbitrato depositata il 20.12.2003, il Piacenza ha contestato l’organizzazione del Campionato di Calcio di Serie A 2003/2004, con particolare riferimento all’ammissione ad esso delle squadre partecipanti, adducendo, a sostegno delle proprie domande, i seguenti fatti. La Lega Nazionale Professionisti, constatata l’irregolare situazione patrimoniale della A. S. Roma S.p.a. (di seguito, anche, breviter, «Roma»), con il comunicato ufficiale n. 8 del 22.7.2003 ha negato ad essa l’iscrizione al campionato di Calcio di serie A 2003/2004. A seguito del ricorso presentato dalla Roma, la F.I.G.C., con comunicato ufficiale n. 19/A del 31.7.2003, reputandone regolarizzata la posizione, in virtù della presentazione di garanzie fideiussorie, ne ha disposto l’ammissione al Campionato. Nel prosieguo, tali fideiussioni si sono rivelate irregolari e, pertanto, il Consiglio Federale, con delibera del 20.8.2003, ha assegnato alla Roma termine sino al 26.8.2003 per la presentazione di nuove fideiussioni in sostituzione delle precedenti. Da informazioni diffuse a mezzo stampa, tuttavia, sarebbero emersi dubbi circa il rispetto da parte della Roma dell’orario ultimo previsto per la presentazione, nonché della regolarità delle fideiussioni dell’Ancona Calcio. La F.I.G.C., dopo gli accertamenti dell’Ufficio Indagini ex art. 27 Cod. Giust. Sport., avrebbe «riammesso» la Roma al campionato, con comunicato ufficiale n. 64 del 28.8.2003. Nessuna verifica avrebbe, al contrario, riguardato l’Ancona, con evidente disparità di trattamento rispetto alle altre società coinvolte, Roma, Napoli e Spal. Sulla base dei fatti siccome sopra riportati, il Piacenza ha affermato che «con la delibera del 20.8.2003, la FIGC ha determinato, in effetti, l’irregolare composizione del campionato di serie A: quanto alla Roma, riammettendola indebitamente, e quanto all’Ancona, omettendo di adottare provvedimenti di sorta nei suoi confronti, benché la società versasse nelle stesse condizioni che avevano indotto la FIGC ad intervenire […] nei confronti della Roma». Pertanto, Roma e Ancona non avrebbero dovuto partecipare al Campionato di Serie A e, conseguentemente, avrebbero avuto titolo ad essere iscritte a tale torneo, rispettivamente, l’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a. (di seguito, breviter, «Atalanta») e il Piacenza. Per azionare tale pretesa avanti alle autorità giudiziarie ordinarie, il Piacenza, in data 18.8.2003, ha inoltrato alla F.I.G.C. richiesta di esonero dalla clausola compromissoria. Tale esonero sarebbe stato negato, in data 25.8.2003, senza alcuna motivazione. Nell’impossibilità di adire, dunque, la giustizia ordinaria, il Piacenza ha avviato la procedura avanti alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, reputandone la competenza sulla base dell’asserita assenza di altra competente autorità in base agli statuti e ai regolamenti di C.O.N.I. e F.I.G.C. Il Piacenza ha posto a fondamento delle proprie pretese le seguenti argomentazioni di diritto. Con riferimento all’Ancona, la fideiussione presentata sarebbe stata rilasciata da una società posta in liquidazione coatta amministrativa sin dal luglio del 1989, come sarebbe facilmente riscontrabile dalla consultazione del sito internet dell’ISVAP.Tale circostanza, che non sarebbe stata oggetto di alcuna verifica da parte della F.I.G.C., comporterebbe l’irregolarità della garanzia e, conseguentemente, l’esclusione dell’Ancona dal Campionato 2003/2004. Per quanto riguarda la Roma, ad essa la F.I.G.C. avrebbe concesso un termine per la sostituzione della fideiussione irregolare di cui più sopra, in considerazione della sua buona fede. Ora, la buona fede non avrebbe alcuna rilevanza tale da giustificare la possibilità offerta alla Roma di regolarizzare la propria posizione. Ad ogni modo, sarebbe arduo comprendere come la F.I.G.C. abbia potuto accertare, per tramite dell’Ufficio Indagini, la buona fede della Roma, atteso che tutti gli atti erano coperti da segreto, sin dal 5.8.2003, in quanto oggetto di sequestro penale. Inoltre, e costituirebbe il «vero punto focale» della controversia, i termini per il deposito delle nuove garanzie sarebbero stati fissati da autorità sprovvista del relativo potere e in mancanza, in ogni caso, delle condizioni richieste. Quanto al primo profilo, il potere di riapertura dei termini sarebbe, semmai, spettato al CONI, in virtù dell’art. 3, comma 5, del D.L. 220/03. Peraltro, tale disposizione sarebbe stata emanata con esclusivo riferimento al cd. “caso Catania”. Quanto, d’altra parte, al profilo di merito, non sarebbe dato ravvisare le condizioni previste dall’art. 3, comma 5, per l’adozione dei provvedimenti di carattere straordinario e transitorio. Infine, il provvedimento con cui la F.I.G.C. ha negato al Piacenza l’autorizzazione, in deroga alla clausola compromissoria, di adire le ordinarie autorità giudiziarie, sarebbe carente di motivazione, ed emesso dalla stessa autorità che avrebbe dovuto essere controparte nell’eventuale giudizio ordinario. In esito a tali argomentazioni, il Piacenza così ha precisato le proprie domande: « l’Organo Arbitrale disponga: - l’annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n° 56/A pubblicato il 20 agosto 2003 (doc. 1), nella parte in cui rimette in termini l’A. S. ROMA S.p.a. per depositare presso la F.I.G.C. – CO.VI.SO.C. idonee garanzie in sostituzione di quelle già presentate, rispettivamente di € 7.500.000,00 e € 7.138.675,00, e della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 20 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra; - l’annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n° 64/A pubblicato il 28 agosto 2003 (doc. 2), nella parte in cui conferma i provvedimenti di ammissione al campionato di competenza delle società A. S. ROMA S.p.a. e S. S. CALCIO NAPOLI S.p.a., e della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 28 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra; - l’annullamento dell’ammissione / iscrizione dello ANCONA CALCIO S.p.a. al campionato di Calcio di serie A 2003/2004; - l’annullamento del campionato di serie A come attualmente in svolgimento, l’ammissione ad esso del Piacenza Football Club e la sua ripetizione nei termini e con le modalità che parranno più opportune; - l’annullamento della nota FIGC 25.8.2003 con cui è stato negato l’esonero dalla clausola compromissoria richiesto dalla società esponente in data 18.8.2003; - la determinazione e la liquidazione di ogni ulteriore danno, anche patrimoniale, patito o patiendo dalla società esponente, nella misura che, allo stato, si quantifica in € 10.000.000 o nella somma maggiore o minore che verrà accertata nel corso del procedimento arbitrale o da liquidarsi in via equitativa; - con condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato; - con condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al rimborso degli onorari, dei diritti e delle spese di lite sopportati dal Piacenza Football Club s.p.a.; - con condanna della Federazione Italiana Giuoco Calcio al rimborso dei diritti amministrativi versati dal Piacenza Football Club s.p.a.». In via istruttoria, poi, il Piacenza ha chiesto al Collegio, nella medesima istanza, di ordinare alla F.I.G.C. l’esibizione delle fideiussioni S.B.C. e Sanremo, oltre che dei documenti assunti dalla CO.VI.SO.C. a strumento di valutazione per l’iscrizione di Roma e Ancona al Campionato di Serie A 2003/2004. La F.I.G.C. nella propria memoria difensiva del 15.1.2004 ha eccepito l’inammissibilità delle domande avversarie per una pluralità di ragioni. Per un verso, infatti «la funzione e la struttura del giudizio arbitrale […] sono compatibili esclusivamente rispetto alle controversie nelle quali sia dato ravvisare lo spontaneo raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti, e cioè, in due sole parti sostanziali, sempreché tale raggruppamento sia coerente con il tipo di azione proposta». Dunque, nel caso di specie, dal momento che la domanda del Piacenza coinvolgerebbe gli interessi di tutte le società partecipanti al campionato di Serie A nella stagione 2003/2004 - oltre che quelle partecipanti al torneo di Serie B, in ragione del «rapporto osmotico necessariamente esistente tra i diversi campionati» - ciò comporterebbe il litisconsorzio necessario di tutte le società interessate, «ciascuna delle quali riveste, nei confronti dei possibili esiti del giudizio, una posizione individuale autonoma […] condizionata da fattori contingenti ed estrinseci, non riconducibili alla “struttura ed alla regolamentazione normativa dell’azione proposta”: insuscettibile, in quanto tale, di aggregazione unitaria in un polo omogeneo di interessi riferibili ad un singolo centro di imputazione di interessi rispetto ad un polo opposto di segno contrario». Da tale argomentazione deriverebbe l’ulteriore, connessa preclusione procedurale consistente nella mancata integrazione del contraddittorio, già nella fase conciliativa, nei confronti di tutti i possibili litisconsorti. Per altro verso, la lite non sarebbe compromettibile in arbitri, dal momento che riguarderebbe interessi legittimi. Le posizioni giuridiche soggettive dedotte dal Piacenza costituirebbero interessi legittimi in conseguenza dalla natura amministrativa degli atti di ammissione al campionato di Serie A, emessi dalla Federazione nella sua funzione amministrativa delegata dal C.O.N.I., ai sensi dell’art. 12 della Legge 91/1981. Infatti, «In forza di tale investitura derivante dall’Ente pubblico preposto al vertice dell’ordinamento di settore, la Federazione – limitatamente all’esercizio di queste attribuzioni – agisce come soggetto titolare di una funzione amministrativa disciplinata da una fonte normativa primaria». Nel merito, poi, non risponderebbe al vero l’affermazione del Piacenza secondo cui l’Ancona sarebbe stata iscritta al Campionato di Serie A in virtù della presentazione di fideiussioni irregolari. Infatti, l’Ancona avrebbe utilizzato, per la copertura dell’eccedenza del proprio indebitamento, versamenti postergati infruttiferi. Da ciò deriverebbe la carenza di interesse ad agire della società attrice, poiché in nessun caso essa potrebbe essere ripescata e ammessa a giocare il Campionato di Serie A. Infatti, seppure «per assurdo» dovesse essere estromessa dal Campionato la Roma, la squadra che avrebbe diritto al ripescaggio sarebbe l’Atalanta, la prima delle squadre retrocesse nella serie cadetta.Con riferimento alla posizione della Roma, essa sarebbe stata ammessa al Campionato il 31.7.2003 con delibera del Consiglio Federale pubblicata con comunicato ufficiale 19/A. Peraltro, tale provvedimento non sarebbe mai stato oggetto di impugnazione. Successivamente l’Ufficio Indagini avrebbe accertato che tale società sarebbe stata vittima di un tentativo di truffa in relazione a una delle due fideiussioni presentate; in conseguenza di ciò il Consiglio Federale avrebbe concesso ad essa, con delibera del 20.8.2003 di cui al c.u. 56/A, un termine per la sostituzione della fideiussione irregolare. Il provvedimento del 28.8.2003 con cui il Consiglio Federale ha preso atto della sostituzione della garanzia quindi «non è un provvedimento ammissivo». Venendo, poi, al lamentato diniego di esonero dal vincolo di giustizia, esso risulterebbe«totalmente irrilevante» ai fini del giudizio arbitrale, dal momento che non avrebbe comportato alcuna limitazione al diritto di difesa dell’istante società. Infatti, tale circostanza «oltre ad essere assolutamente ininfluente rispetto agli esiti del presente giudizio», paleserebbe un comportamento processuale contraddittorio, poiché il Piacenza «ha con un comportamento concludente affidato la tutela delle proprie ragioni ad una sede interna all’ordinamento settoriale sportivo». Pertanto, risulterebbe chiara «la temerarietà della lite instaurata dal Piacenza» sulla base, come essa sarebbe, di indiscrezioni giornalistiche e dopo che lo stesso Piacenza aveva prima proposto e poi abbandonato un procedimento innanzi al T.A.R. del Lazio contro l’allargamento del campionato di Serie B a 24 squadre. Sulla scorta di tali argomentazioni, la F.I.G.C. ha così rassegnato le proprie conclusioni: «Il Collegio voglia: a) in via principale ed in rito, accertare l’inammissibilità o comunque l’improcedibilità delle domande promosse dal Piacenza nel presente procedimento; b) in via gradata, sempre in rito, accertare la carenza di legittimazione ad agire del Piacenza per difetto di interesse; c) in via ulteriormente subordinata e nel merito accertare e dichiarare la legittimità dei provvedimenti impugnati dalla società attrice e comunque rigettare tutte le domande del Piacenza perché infondate in fatto ed in diritto. Con vittoria di spese, competenze ed onorari, e condanna della società istante al pagamento in via esclusiva delle spese di funzionamento del Collegio». Il Piacenza, nella memoria difensiva del 15.1.2004, con particolare riferimento alla questione del litisconsorzio necessario sollevata dalla F.I.G.C., ha osservato che oggetto dell’arbitrato sarebbe la contestazione delle deliberazioni assunte dalla Federazione in tema di iscrizione al Campionato di Serie A 2003/2004 e che nessuna pretesa sarebbe azionata nei confronti delle società calcistiche. Pertanto, le squadre non sarebbero parti sostanziali del presente giudizio arbitrale, ma, al più, controinteressati. E, in quanto tali, esse non avrebbero alcuna facoltà di intervenire nella procedura arbitrale. Peraltro, «l’interevento di Roma, Ancona o di altre società calcistiche finirebbe per alterare l’equilibrio processuale amplificando artificialmente il contraddittorio […] mentre le parti sostanziali non sono che due: il Piacenza Calcio e la FIGC». Nella propria memoria di replica del 26.1.2004, la F.I.G.C ha ribadito e precisato la propria posizione in merito al litisconsorzio necessario. Infatti, ha affermato che se il Collegio accogliesse l’istanza del Piacenza, si verificherebbe l’effetto della ricomposizione dei campionati di Serie A e B, previo annullamento di quelli in corso di svolgimento. Una simile pronuncia, dunque, inciderebbe sui diritti soggettivi delle 18 squadre di Serie A e delle 24 squadre di Serie B. Per la F.I.G.C., l’effetto dirompente di tale pronuncia, in caso di accoglimento della domanda del Piacenza, sarebbe indice del carattere pretestuoso e strumentale delle tesi proposte dalla società attrice. Pertanto, dovrebbe essere pronunciata, alternativamente, la inammissibilità e/o improcedibilità delle domande del Piacenza, ovvero disposta l’integrazione del contraddittorio alle squadre portatrici di interesse. Nella memoria di replica del 26.1.2004, il Piacenza ha affrontato, in primis, il problema della pluralità di parti del procedimento arbitrale, rilevando che il Regolamento lo prevederebbe espressamente, e ribadendo, in tal modo, la competenza della Camera. Ha, poi, precisato che il diritto di individuare le proprie controparti spetterebbe esclusivamente al soggetto che promuove l’azione. Altri soggetti avrebbero potuto divenire parti processuali o attraverso un intervento spontaneo o perché «chiamati a garanzia o in manleva dalla FIGC». Sotto altro profilo, il Piacenza si è occupato del problema dell’oggetto della controversia che, nelle ricostruzioni della F.I.G.C., non sarebbe compromettibile per arbitri in quanto costituito dalla lesione di interessi legittimi. Ebbene, in base al disposto dell’art. 3 del D.L. 220/2003, convertito con legge 280/2003, le controversie della medesima natura della presente sarebbero assegnate alla competenza del Giudice amministrativo, fatta salva la validità di eventuali clausole compromissorie, a prescindere dalle posizioni giuridiche soggettive azionate. Peraltro, sarebbero numerose le pronunce della Camera aventi ad oggetto la stessa materia del presente Arbitrato. Con riguardo alla pretesa carenza di interesse ad agire del Piacenza, di cui alla memoria F.I.G.C., parte attrice ha rilevato che sarebbe ininfluente l’argomentazione ivi proposta, dal momento che all’emergere delle irregolarità relative alla posizione dell’Ancona, nulla sarebbe stato fatto, in evidente disparità di trattamento rispetto alla Roma. Le fideiussioni presentate, infatti, sarebbero state necessarie per la regolare iscrizione al Campionato di Serie A e, dunque, la loro irregolarità avrebbe dovuto comportare l’esclusione dell’Ancona con conseguente ammissione del Piacenza a tale torneo, stante anche la necessaria esclusione della Roma. Relativamente alla posizione della Roma, il Piacenza, nel ribadire quanto già espresso nelle sue precedenti memorie, ha precisato ulteriormente che l’illegittimità del C.U. F.I.G.C. n. 56/A del 20.8.2003 deriverebbe dal contrasto con il D.L. 220/03, convertito con Legge 280/03. Il provvedimento della Federazione avrebbe chiaramente rimesso in termini la Roma e, contrariamente a quanto ritenuto dalla F.I.G.C., non potrebbe essere considerato una «presa d’atto dell’avvenuta sostituzione della fideiussione inidonea con altra idonea». Nulla, poi, sarebbe stato osservato da controparte circa la carenza di potere dell’organo che ha assunto il provvedimento de quo. Il Piacenza si è soffermato, inoltre, sulla questione del diniego del vincolo di giustizia e ha argomentato che la scelta di adire gli organi di giustizia sportiva sarebbe conseguita proprio all’impossibilità di rivolgersi alla magistratura ordinaria. D’altra parte, l’autorizzazione ad azionare le proprie pretese avanti alle autorità giudiziarie ordinarie sarebbe stata richiesta prima dell’emanazione del D.L. 220/03, che attualmente riserva al giudice sportivo la disciplina di siffatte questioni. Pertanto, sarebbe da considerare «non solo ingiusta ed ingiustificata, ma financo inattendibile» l’accusa, mossa dalla FIGC, di temerarietà della lite instaurata. In limite di memoria, il Piacenza ha rinnovato le istanze istruttorie già proposte con l’istanza di arbitrato del 20.12.2003.Nell’atto di intervento del 21.2.2004, l’Atalanta Bergamasca Calcio ha riferito di aver avuto notizia in data 17.2.2004, dalla lettura della testata giornalistica “Tuttosport”, di presunti ritardi di Roma e Napoli nella presentazione delle garanzie richieste per l’iscrizione al Campionato di Serie A 2003/2004. Il giorno successivo l’Atalanta avrebbe appreso dalla testata giornalistica “La Gazzetta dello Sport” della pendenza, avanti alla Camera, di un giudizio arbitrale nei confronti della F.I.G.C. Tale procedura avrebbe avuto per oggetto l’illegittima iscrizione ai campionati di Calcio 2003/2004 di Roma, Lazio, Ancona e Napoli. L’istante, nel campionato di Serie A 2002/2003, era giunta al 15° posto, così retrocedendo in Serie B. Pertanto, ha reputato di avere titolo ad intervenire nel procedimento arbitrale perché, presumendo che il giudizio avesse ad oggetto la domanda di esclusione di Roma e Napoli dal campionato in corso, a causa dei ritardi di cui sopra, in caso di esclusione di tali ultime squadre e nell’eventualità di una ripetizione del torneo in corso, essa avrebbe avuto diritto, da un lato, al ripescaggio; dall’altro al risarcimento del danno conseguente alla mancata partecipazione al torneo per effetto dell’illegittima esclusione. L’Atalanta Bergamasca Calcio ha così rassegnato le proprie conclusioni. «Che il Collegio Arbitrale si compiaccia di: a) accertare e dichiarare l’illegittimità e/o l’illiceità, per violazione delle norme federali, dell’iscrizione al campionato di calcio Serie A-Tim 2003-2004 della società AS Roma Spa, e/o di ogni altra società all’esito di quanto emergerà in corso di giudizio, e conseguentemente, accertare e dichiarare l’illegittima esclusione dal corrente campionato di Serie A-Tim della Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a.; per l’effetto:1) ordinare alla FIGC di pronunciare l’annullamento del campionato di Serie A-Tim stagione sportiva 2003-2004; 2) ordinare alla FIGC di disporre la ripetizione del campionato di Serie A-Tim stagione sportiva 2003-2004 iscrivendo, in luogo della AS Roma Spa, e/o di ogni altra società risultata a seguito del presente giudizio arbitrale illecitamente e/o illegittimamente iscritta, la società Atalanta Bergamasca Calcio Spa; b) in ogni caso in ragione di quanto chiesto al capo sub a) condannare la FIGC al risarcimento in favore della Atalanta Bergamasca Calcio Spa di tutti i danni subiti e subendi a causa dell’illegittima esclusione dal corrente campionato di Serie A-Tim, danni da liquidarsi anche in via equitativa, ma che comunque sin d’ora si quantificano nella somma complessiva non inferiore a € 25.000.000,00, oltre accessori di legge; c) con vittoria di spese per l’assistenza legale e di giudizio arbitrale, ivi compresi i compensi degli arbitri componenti del Collegio. La società Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. per quanto dedotto in premessa chiede: 1) di avere copia di tutti gli atti e documenti versati nel presente giudizio dalle parti oggi costituite; 2) che alla FIGC venga ordinata la produzione in giudizio di tutta la documentazione relativa alle iscrizioni al campionato di serie A-Tim stagione sportiva 2003-2004, ivi compresa quella relativa agli atti Co.Vi.Soc. Con espressa riserva di svolgere istanze istruttorie anche all’esito delle suddette richieste. Salvo e impregiudicato ogni altro diritto». Nella memoria del 12.3.2004, il Piacenza, con riferimento all’eccepita improcedibilità dell’arbitrato «per non esserne parti eventuali ulteriori soggetti coinvolti», ha ribadito che tali soggetti potrebbero «tutt’al più» rivestire la qualifica di controinteressati, nei confronti dei quali - come si evincerebbe anche da uno specifico precedente della Camera - non sussisterebbe alcun dovere di coinvolgimento ab origine nella procedura arbitrale. Comunque, in presenza di più soggetti interessati alla controversia, il Regolamento della Camera prevederebbe quale facoltà del Conciliatore quella di «invitare a partecipare al procedimento di conciliazione altre parti, se ritiene che abbiano un interesse rilevante e diretto nella questione». Quindi, la completezza del contraddittorio nella fase conciliativa non sarebbe onere della parte istante e la sua mancata integrazione non determinerebbe l’improcedibilità nella successiva fase arbitrale. Seppure “per assurdo” si volesse riconoscere il diritto dei controinteressati a essere coinvolti ab origine nel procedimento, la mancata integrazione del contraddittorio avrebbe effetto solo sulle domande volte a ottenere l’annullamento del campionato e delle ammissioni ad esso di Roma e Ancona. La richiesta di risarcimento danni «conseguente all’accertamento anche solo incidentale delle illegittimità denunciate», e quella relativa al mancato diniego del vincolo di giustizia non ne verrebbero compromesse, e pertanto resterebbe confermata la procedibilità dell’arbitrato. Quanto ai danni patiti dall’istante, essi deriverebbero tanto dall’ammissione al Campionato di Serie A di Roma e Ancona e dal conseguente mancato ripescaggio del Piacenza, quanto dall’illegittima ammissione al Campionato di Serie B del Napoli. I danni derivanti dalla pretesa illegittima partecipazione di Roma e Ancona al Campionato di Serie A 2003/2004, deriverebbero dalla «perdita di chance, dalla lesione della propria immagine sportiva, da una drastica diminuzione degli introiti per la cessione dei diritti televisivi, per la diminuzione delle sponsorizzazione, per la diminuzione degli abbonamenti». Con riferimento ai danni derivanti dalla partecipazione al Campionato di Serie B 2003/2004 del Napoli, essi discenderebbero dalla «suddivisione della cd. “mutualità” anche con il Napoli, dall’incremento dei costi di gestione per disputare un maggior numero di partite, da una minore introito di diritti televisivi». Nel precisare le conclusioni, il Piacenza ha ribadito quanto già chiesto nell’istanza di arbitrato e ha formulato un’ulteriore domanda: «in ogni caso, ed anche in evento di rigetto totale o parziale delle domande di cui sopra […] o di dichiarazione della loro improcedibilità, accertare e dichiarare in via incidentale l’illegittimità delComunicato Ufficiale della FIGC n° 56/A pubblicato il 20 agosto 2003, nella parte in cui rimette in termini l’ A.S. Roma S.p.a. per depositare presso la F.I.G.C.-CO.VI.SO.C. idonee garanzie in sostituzione di quelle già presentate, rispettivamente di € 7.500.000,00 e € 7.138.675,00, e della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 20 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra; del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n. 64/A pubblicato il 28 agosto 2003, nella parte in cui conferma i provvedimenti di ammissione al campionato di competenza delle società A.S. Roma S.p.a e S.S. Calcio Napoli S.p.a., e della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 28 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra; dell’ammissione/iscrizione dell’Ancona Calcio S.P.A. al campionato di Calcio di serie A 2003/20; del campionato di serie A come attualmente in svolgimento; della nota F.I.G.C. 25.8.2003 con cui è stato negato l’esonero dalla clausola compromissoria richiesto dalla società esponente in data 18.8.2003; di ogni altro atto connesso e/o dipendente e/o presupposto. Conseguentemente, determinare e liquidare ogni danno, anche patrimoniale, patito o patiendo dalla società esponente per effetto delle illegittimità di cui sopra e della conseguente mancata partecipazione del Piacenza Football Club al Campionato di serie A 2003/2004; danni che, allo stato, si quantificano in € 10.000.000,00 o nella somma maggiore o minore che verrà accertata nel corso del procedimento arbitrale o da liquidarsi in via equitativa; con condanna della F.I.G.C. alpagamento degli onorari e delle spese di arbitrato; con condanna della F.I.G.C. al rimborso degli onorari, dei diritti e delle spese di lite sopportati dal Piacenza Football Club; con condanna della F.I.G.C. al rimborso dei diritti amministrativi versati dal Piacenza Football Club». Ferme le istanze istruttorie già formulate. La F.I.G.C., d’altra parte, nella propria memoria del 12.3.2004 ha affermato che la declaratoria di inammissibilità dell’intervento dell’Atalanta, pronunciata da questo Collegio con provvedimento del 2.3.2004, riproporrebbe in modo insuperabile la già eccepita eccezione di rito in merito alla inammissibilità della domanda del Piacenza per carenza di interesse ad agire. Con l’atto del 12.3.2004, l’Atalanta ha proposto una domanda di intervento ad adiuvandum, sostenendone l’ammissibilità per il suo carattere non innovativo sul piano oggettivo del giudizio. A maggior ragione esso dovrebbe essere reputato legittimo in casi in cui, come quello di specie, l’arbitrato si configurerebbe con pluralità di parti, per la natura della controversia tale «da poter dispiegare effetti diretti o riflessi su altri soggetti, legittimandone, così, la loro partecipazione al giudizio». Nel merito, e con particolare riferimento alle garanzie presentate da Roma e Napoli, il provvedimento della F.I.G.C. sarebbe illegittimo non solo per la circostanza che tali fideiussioni sarebbero state rilasciate da un intermediario finanziario, SBC, e non da un Istituto di Credito o Compagnia Assicurativa, come sarebbe espressamente previsto dalle norme federali, ma soprattutto perché, comunque, esse sarebbero state depositate il 29.7.2003 e, quindi, quando il termine perentorio del 28.7.2003, ore 19, era ormai spirato. In conclusione d’atto, l’Atalanta così scrive: «Per il resto si rinvia a quanto ampiamente dedotto ed eccepito dal Piacenza Calcio s.p.a. e si chiede, pertanto, a Codesto Ill.mo Collegio l’accoglimento delle domande così come proposte e/o modificate dalla società istante». Nella memoria di replica del 19.3.2004, la F.I.G.C. ha svolto i suoi ragionamenti in merito ad una pluralità di argomenti difensivi. Prendendo le mosse dall’intervento dell’Atalanta, parte convenuta ha chiesto lo stralcio dal fascicolo di causa della «nuova “memoria di costituzione e di intervento ex art. 105 c.p.” prodotta dalla Soc. Atalanta Bergamasca». La domanda troverebbe il suo fondamento nella pronunciata inammissibilità del primo atto di intervento proposto dall’Atalanta, che negherebbe definitivamente all’istante l’ingresso nel procedimento arbitrale. La riproposizione del medesimo atto processuale violerebbe il principio del ne bis in idem e, pertanto, sarebbe inammissibile. Peraltro, ad un non diverso risultato si dovrebbe pervenire anche volendo reputare di natura meramente adesiva e dipendente tale intervento, cosa, per la verità, oggetto di discussione tra le parti. Infatti, secondo F.I.G.C., consentire l’ingresso di un nuovo soggetto, non costituito tempestivamente nel giudizio arbitrale, significherebbe correre il rischio di dilatare in modo indefinito la definizione della lite, poiché «Ove il Collegio dovesse dare ingresso in questa fase ad ulteriori interventi (concedendo termine alle parti già costituite per prendere posizione al riguardo), al successivo appuntamento processuale non potrebbe essere negato l’intervento di altre società a vario titolo coinvolte nella materia oggetto del contendere». L’alto numero di società potenzialmente interventrici finirebbe per paralizzare la capacità decisoria del Collegio Arbitrale. Sul versante dell’integrità del contraddittorio, la F.I.G.C. ha ribadito che le società a carico delle quali è stato chiesto l’accertamento dell’illegittima iscrizione al campionato sarebbero contraddittori necessari, a prescindere dal mancato riconoscimento di tale ruolo da parte del Piacenza, dal momento che il petitum inciderebbe direttamente sugli interessi di tali società. Esse, peraltro, non sarebbero state messe in condizione di partecipare alla fase conciliativa e di esprimere, in quella sede, il loro assenso o dissenso alla devoluzione in arbitrato della controversia. La mancata partecipazione al procedimento conciliativo vizierebbe in modo irreparabile l’integrità del contraddittorio e, pertanto, ciò precluderebbe definitivamente la delibazione della domanda dell’attrice. A chiosa di tale argomentazione, la convenuta Federazione ha ribadito che, rispetto alla richiesta di invalidazione del campionato, si configurerebbero come dirette controinteressate, oltre, in generale, a tutte le società di A e di B, anche e particolarmente quelle che hanno conseguito una posizione tale da garantire la partecipazione alle prossime competizioni UEFA ovvero la permanenza nella massima serie. Né varrebbe riportarsi al precedente costituito dal lodo emesso nel giudizio riguardante la Società L’Aquila Calcio. In quel caso, infatti, la ricorrente avrebbe contestato la legittimità di provvedimenti che le avevano negato l’iscrizione al campionato, malgrado la presenza dei titoli sportivi. L’Aquila Calcio avrebbe, dunque, agito per la tutela di un interesse direttamente leso dagli atti federali, di cui invocava l’annullamento. Inoltre, la stagione agonistica non aveva ancora avuto inizio e, dunque, nessuna società poteva essere danneggiata nelle proprie posizioni giuridiche. Il Consiglio Federale, in quella circostanza, poté, difatti, stilare il nuovo organigramma della serie C1 prevedendo la possibilità di individuare le società da inserirvi all’esito del procedimento allora in corso avanti alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. Pertanto, in quel caso non vi sarebbe stata alcuna esigenza di salvaguardia del contraddittorio e, dunque, le decisioni emesse dalla Camera in quella vicenda non costituirebbero un precedente applicabile nel giudizio in corso. Rimanendo sul problema del contraddittorio, ma considerandolo per altro profilo, la F.I.G.C. ha affermato, ribadendo in ciò la posizione già espressa nella prima memoria, che il Collegio non potrebbe assolvere il ruolo decisorio affidatole dal Piacenza nemmeno se fosse possibile integrare il contraddittorio. Infatti, «la trama dei rapporti sottesi al thema decidendum è talmente complessa» da determinare una pluralità di posizioni processuali dei soggetti interventori, impedendo, in tal modo, il raggruppamento delle parti in due blocchi unitari e omogenei di interessi simmetricamente contrapposti. L’osservazione del Piacenza sulla possibilità di arbitrati con pluralità di parti non sarebbe di rilievo, dal momento che le norme volte a consentire lo svolgimento di tale specie di arbitrato avrebbero come mira di risolvere il problema di nomina degli arbitri; ma le parti, ad ogni modo, si contrapporrebbero sempre in due blocchi di interessi contrapposti. Qui, al contrario, l’impedimento risiederebbe nell’impossibilità di ricondurre la lite a tale schema bipolare. Nel prosieguo della memoria, la F.I.G.C. ha speso alcune considerazioni sul carattere indisponibile della situazione giuridica dedotta dalle parti, tema, anch’esso del quale si era già occupata la prima memoria. In particolare, la difesa della convenuta Federazione ha riproposto l’argomentazione della natura sostanzialmente amministrativa degli atti da essa emanati, e qui contestati, nell’esercizio di un potere amministrativo conferitole dal C.O.N.I., ai sensi dell’art. 12 della legge n. 91/1981. Conseguentemente, le posizioni vantate in relazione a tali atti dai soggetti dell’ordinamento sportivo non potrebbero essere qualificate come diritti soggettivi, bensì come interessi legittimi. Ma la lite riguardante tali interessi legittimi non sarebbe compromettibile in arbitrato, in ragione della indisponibilità delle relative posizioni soggettive. I riferimenti normativi addotti dal Piacenza per controbattere a questa argomentazione sarebbero stati travisati. Infatti, pur vero che la legge 205/2000 ha consentito la devoluzione in arbitrato delle controversie appartenenti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, esse dovrebbero, comunque, riguardare la lesione di diritti soggettivi. Per altro verso, la legge 280/2003, investendo il giudice amministrativo di giurisdizione esclusiva in materia di contenzioso sportivo, avrebbe ampliato la sua potestas iudicandi senza, per questo che da tale potestas siano rimasti esclusi gli interessi legittimi «restando questi ultimi soggetti ad esso […] tutte le volte che sia riscontrabile, nella definizione dell’assetto del rapporto controverso, l’esercizio d un potere pubblico […] capace di affievolire i diritti soggettivi che ne risultino eventualmente incisi», come sarebbe avvenuto, per l’appunto, nel caso di specie.In esito di memoria, infine, la F.I.G.C. ha prospettato profili di irrazionalità delle domande rassegnate dall’attrice nella memoria datata 12.3.2004. Nelle conclusioni, infatti, che, peraltro, parrebbero alla convenuta figurare domande modificative del petitum, la richiesta di ottenere risarcimento del danno cagionato dagli atti della Federazione sarebbe avanzata a prescindere dalla procedibilità delle domande di merito, ovvero a prescindere dall’effettiva antigiuridicità o illegittimità di tali atti. Nelle note depositate all’udienza del 26.3.2004, il Piacenza ha così riformulato le proprie conclusioni: «Il Piacenza Football Club s.p.a., come rappresentato e difeso in atti, dichiara di rinunciare, come rinuncia, alle domande concernenti: l'annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n° 56/A pubblicato il 20 agosto 2003, nella parte in cui rimette in termini l'A.S. ROMA S.p.a. per depositare presso la F.I.G.C.-CO.VI.SO.C. idonee garanzie in sostituzione di quelle già presentate,rispettivamente di € 7.500.000,00 e € 7.138.675,00, della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 20 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra, e di ogni altro atto connesso e/o dipendente e/ o presupposto; l'annullamento del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n°64/A pubblicato il 28 agosto 2003, nella parte in cui conferma i provvedimenti di ammissione al campionato di competenza delle società A.S. ROMA S.p.a. e S.S. CALCIO NAPOLI S.p.a., della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 28 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra, e di ogni altro atto connesso e/ o dipendente e/ o presupposto; l'annullamento dell'ammissione/ iscrizione dell'ANCONA CALCIO S.P.A. al campionato di Calcio di serie A 2003/2004 e di ogni altro atto connesso e/ o dipendente e/ o presupposto; l'annullamento del campionato di serie A come attualmente in svolgimento e la sua ripetizione, con ordine alla F.I.G.C. di fissarne i termini e le modalità più opportune. Ribadisce e conferma le proprie domande ed eccezioni per il resto, e così, formula le proprie conclusioni: Piaccia al Collegio Ill.mo: 1. annullare la nota FIGC 25.8.2003 con cui è stato negato l'esonero dalla clausola compromissoria richiesto dalla società esponente in data 18.8.2003; 2. in ogni caso, ed anche in evento di rigetto totale o parziale della domanda di cui sopra, o di dichiarazione della sua improcedibilità, accertata e dichiarata in via incidentale l'illegittimità del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n° 56/A pubblicato il 20 agosto 2003, nella parte in cui rimette in termini l'A.S. ROMA S.p.a. per depositare presso la F.I.G.C.- CO.VI.SO.C. idonee garanzie in sostituzione di quelle già presentate, rispettivamente di € 7.500.000,00 e € 7.138.675,00, e della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 20 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra; del Comunicato Ufficiale della F.I.G.C. n°64/A pubblicato il 28 agosto 2003, nella parte in cui conferma i provvedimenti di ammissione al campionato di competenza delle società A.S. ROMA S.p.a. e S.S. CALCIO NAPOLI S.p.a., e della sottostante delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 28 agosto 2003, nella parte in cui dispone come sopra; dell'ammissione/ iscrizione dell'ANCONA CALCIO S.P.A. al campionato di Calcio di serie A 2003/20; del campionato di serie A come attualmente in svolgimento; della nota FIGC 25.8.2003 con cui è stato negato l'esonero dalla clausola compromissoria richiesto dalla società esponente in data 18.8.2003; di ogni altro atto connesso e/ o dipendente e/ o presupposto; accertata e dichiarata altresì - sempre in via incidentale - l'illegittima esclusione dal predetto campionato di serie A comeattualmente in svolgimento del PIACENZA FOOTBALL CLUB S.P.A., determinare e liquidare ogni danno, anche patrimoniale, patito o patiendo dalla società esponente per effetto delle illegittimità di cui sopra e della conseguente mancata partecipazione del Piacenza Football Club al Campionato di serie A 2003/2004; danni che, allo stato, si quantificano in €10.000.000,00 o nella somma maggiore o minore che verrà accertata nel corso del procedimento arbitrale o da liquidarsi in vai equitativa; con condanna della F.I.G.C. al pagamento degli onorari e delle spese diarbitrato; con condanna della F.I.G.C. al rimborso degli onorari, dei diritti e delle spese di lite sopportati dal Piacenza Football Club; con condanna della F.I.G.C. al rimborso dei diritti amministrativi versati dal Piacenza Football Club. Ferme le già formulate istanze istruttorie». Nella memoria autorizzata del 2.4.2004 il Piacenza ha esposto quanto segue. Quanto al profilo di merito, Roma e Napoli avrebbero presentato fideiussioni irregolari, peraltro oltre il termine ultimo previsto. La F.I.G.C., con il C.U. 64/A del 20.8.2003, avrebbe concesso loro un nuovo termine per la sostituzione delle predette garanzie. Tale provvedimento risulterebbe viziato da nullità, in quanto emanato in violazione dell’art. 3, comma 5, D.L. 220/03. L’Ancona avrebbe garantito il pagamento rateizzato dei propri debiti verso l’ENPALS e verso l’Erario attraverso false fideiussioni. Tale irregolarità avrebbe diretta rilevanza nei confronti della F.I.G.C., dal momento che da tale rateizzazione dipende l’indebitamento delle società calcistiche, circostanza quest’ultima che deve essere valutata dalla CO.VI.SO.C ai fini dell’ammissione al campionato. La falsità delle garanzie presentate avrebbe comportato, da un lato, l’illegittimità dell’iscrizione dell’Ancona al campionato e, dall’altro, l’illegittimità del comportamento omissivo tenuto dalla F.I.G.C., che nulla avrebbe fatto a tale proposito. A tal riguardo, l’attrice ha formulato istanza istruttoria per l’acquisizione di tutti gli atti prodotti dalla Roma, dall’Ancona e dal Napoli per la loro iscrizione al campionato. Il Piacenza ha insistito, pertanto, per l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno che, all’esito della propria valutazione, quantifica in € 15.155.261, chiedendo, eventualmente, perizia contabile per accertarne l’esatto ammontare. La F.I.G.C., con la propria memoria del 2.4.2004, in replica alle note depositate dal Piacenza nell’udienza del 26.3.2004, ha preso atto della rinuncia dell’attrice a tutte le domande di annullamento dei provvedimenti della Federazione, ad esclusione della Nota con cui essa ha negato l’esonero dagli obblighi derivanti dalla clausola compromissoria. La convenuta ha osservato che, in tal modo, resterebbero vive solo la domanda riguardante l’annullamento della nota di cui sopra e la domanda di risarcimento del danno derivante al Piacenza dalla sua mancata partecipazione al Campionato di Serie A 2003/2004. Tuttavia, rinunciando alle domande di annullamento pregiudiziali alla richiesta di risarcimento del danno, la richiesta di risarcimento non sarebbe procedibile, ovvero ammissibile, per carenza di interesse ad agire. Infatti, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, qualora uno stesso organo giudicante sia chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di un atto e sulla domanda di risarcimento conseguente e connessa, non sarebbe possibile l’accertamento incidentale «della legittimità dell’atto non impugnato nei termini decadenziali al solo fine del giudizio risarcitorio e che l’azione di risarcimento del danno può essere proposta sia unitamente all’azione di annullamento che in via autonoma, ma che è ammissibile solo a condizione che sia impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo e che sia coltivato con successo il relativo giudizio di annullamento, in quanto all’organo giudicante non è dato di disapplicare atti amministrativi non regolamentati» (Ad. Plen. 26.3.2006, n. 4; VI, 18.6.2002, n. 3338; VI, 15.2.2002, n. 952). Nella memoria del 9.4.2004, il Piacenza ha offerto un punto di vista difforme rispetto a quello della F.I.G.C. sia quanto al rito che al merito del giudizio arbitrale. Le affermazioni della Federazione, secondo cui il Collegio non potrebbe delibare in via incidentale della legittimità degli atti contestati, poiché sprovvisto del potere di disapplicarli, sarebbero per un verso contraddittorie, per altro verso confutabili. La contraddittorietà riposerebbe sul fatto che nelle precedenti memorie la convenuta avrebbe escluso che le questioni attinenti ad interessi legittimi potessero essere rimesse al giudizio arbitrale, mentre nella memoria del 2.4.2004 assumerebbe come presupposto delle proprie difese la competenza del Collegio. Venendo alle confutazioni vere e proprie, l’attrice ha contestato decisamente che i principi affermati in giurisprudenza in ordine all’estensione e ai limiti della giurisdizione statale in materia di provvedimenti amministrativi, e di connesso risarcimento del danno, siano riferibili anche alla materia arbitrale. Anzi, richiamando autorevole giurisprudenza (Cass., Sez. Un. 3.8.2000 n. 257), il Piacenza ha sostenuto che «il dictum arbitrale ha effetti di accertamento che conseguono ad un giudizio compiuto da un soggetto il cui potere ha fonte nell’investitura conferitagli dalle parti, sicché si deve escludere che si possa parlare di arbitri come di organi giurisdizionali dello Stato e, addirittura, di organi giurisdizionali». In tal senso, i poteri decisori degli arbitri non risentirebbero dei limiti posti dalla legge al giudice statale in tema di delibazione incidentale di atti amministrativi al fine del risarcimento del danno, poiché la clausola compromissoria, che fonda la legittimazione arbitrale a conoscere della lite che qui interessa, a tali limiti non farebbe riferimento. Infatti, le disposizioni statutarie che prevedono il ricorso all’arbitrato, fissando l’ampiezza e i caratteri della relativa giurisdizione, non escluderebbero che il Collegio possa limitarsi – se richiesto – alla sola disapplicazione di un atto. Peraltro, con riferimento alla materia sportiva, la competenza arbitrale trarrebbe ulteriore legittimazione dall’art. 3 del D.L. 220/2003, convertito con Legge 280/2003, nel quale, pur assegnandosi alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo le controversie sportive, è fatto salvo quanto stabilito dalle clausole compromissorie degli statuti e dei regolamenti federali. Non essendo previsti limiti legali alla compromettibilità in arbitri delle controversie sportive, non sarebbe dato di imporne in via interpretativa. La difesa del Piacenza ha anche speso un ragionamento in difesa della legittimità della norma di legge che ammette l’arbitrato sportivo e lo consentirebbe, non escludendolo espressamente, anche sulle questioni di interesse legittimo. Infatti, secondo la Corte Costituzionale (Cort. Cost., Sent. 23.7.2001 n. 275), l’attribuzione della giurisdizione di legittimità in capo al giudice amministrativo non sarebbe un principio costituzionale, ma una scelta discrezionale che il Legislatore potrebbe compiere con legge ordinaria come, in effetti, avrebbe fatto. Anche i richiami della F.I.G.C. a precedenti giurisprudenziali non avrebbero attinenza alla controversia, dal momento che essi riguarderebbero il diverso caso in cui il giudice amministrativo non abbia giurisdizione esclusiva. In tale ipotesi, «i poteri cognitivi del giudice in materia risarcitoria sono dipendenti e conseguenti rispetto al giudizio di legittimità, per cui ove mancasse la domanda di annullamento dell’atto illegittimo, verrebbe a mancare il presupposto stesso di quella di risarcimento». Tuttavia, l’attrice non lamenterebbe danni patrimoniali conseguenti ai provvedimenti inizialmente contestati. Essa ha affermato di contestare semplicemente la propria illegittima esclusione dal campionato di Serie A 2003/2004, che sarebbe derivata da un complesso di azioni ed omissioni della F.I.G.C., fatti generatori di una illecita e illegittima composizione di tale torneo. Il Piacenza, peraltro, reputa di essere titolare di un diritto pieno a partecipare al Campionato di Serie A 2003/2004, opponendosi, in tal modo, alle ricostruzioni della F.I.G.C. volte a configurare, al contrario, la posizione dell’attrice come «diritto affievolito». Abbandonate le questioni di rito, l’attrice è tornata a contestare il diniego dall’esonero degli obblighi derivanti dalla clausola compromissoria, operato dalla F.I.G.C. con atto del 25.8.2003. Nella sua richiesta, il Piacenza aveva manifestato l’intenzione di promuovere azioni volte a verificare la sussistenza dei requisiti previsti in capo alle squadre iscritte ai campionati 2002/2003 e 2003/2004, con particolare riferimento a Roma e Ancona; ad ottenere l’ammissione del Piacenza al Campionato di Serie A 2003/2004; a intentare azioni civili risarcitorie nei confronti di soggetti e organismi che, con azioni od omissioni avevano determinato la situazione di danno, che sarebbe derivato dal «mancato, dovuto “ripescaggio” nel campionato 2003-2004 di serie A mercé l’illegittima ammissione/iscrizione ad esso di Roma, Ancona e Napoli». Il Piacenza ha, quindi, tenuto a palesare i propri valori sociali e sportivi che la avrebbero mossa nelle proprie azioni, contrariamente a quanto affermato dalla F.I.G.C., che la avrebbe tacciata di opportunismo speculativo. Infatti, pur potendo promuovere, a campionato non ancora iniziato, un procedimento amministrativo innanzi al TAR, il Piacenza ha affermato di aver preferito compiere i passi per ottenere la deroga alla clausola compromissoria. L’attrice sarebbe stata motivata da un desiderio di rispetto delle regole, non potendo sopportare che alcune squadre avessero «eletto il “deficit” a condizione di normalità. E tramite quello» ottenessero «riconoscimenti sportivi». Il comportamento omissivo della Federazione nell’applicazione delle norme di controllo avrebbe generato una situazione di insostenibile pressione sulle squadre, tra cui il Piacenza reputa annoverarsi, che sono quotidianamente «costrette a fare i conti per quadrare il bilancio». Fatta tale permessa, e calandosi nel merito, il Piacenza ha preso atto della mancanza di replica alle proprie doglianze sulla rimessione in termini della Roma per la sostituzione delle garanzie invalide. I relativi provvedimenti della F.I.G.C. avrebbero richiamato il D.L. 220/2003 che consentirebbe l’adozione di provvedimenti di carattere straordinario e transitorio, anche in deroga alle disposizioni vigenti dell’ordinamento sportivo, al fine di assicurare il regolare inizio dei Campionati. All’attrice è parso scorgere un riferimento al comma 5 dell’art. 3 del citato D.L. che, tuttavia, ancorerebbe l’emissione di provvedimenti straordinari e transitori «all’eccezionale situazione determinatasi per il contenzioso in essere», relativo al cd. “caso Catania”. Talché, non solo non sussisterebbero le condizioni previste dalla norma, ma l’autorità competente sarebbe stata, eventualmente, il C.O.N.I. Quanto alla posizione dell’Ancona, nel richiamare quanto già detto nelle precedenti memorie, il Piacenza ha lamentato la mancata reazione della F.I.G.C. davanti alla presentazione di fideiussioni palesemente nulle, perché rilasciate da una società in liquidazione coatta amministrativa e il cui status era reso pubblico a cura dell’Isvap. Peraltro, il Piacenza ha riferito di un articolo del 6.4.2004, apparso sul “La Gazzetta dello Sport”, di cui ha chiesto l’acquisizione agli atti, nel quale sarebbe attribuita al direttore generale dell’Enpals, Sig. Massimo Antichi, una dichiarazione del seguente tenore: «La circolare era chiara, quelle fidejussioni non si dovevano accettare». Frase che, a dire dell’attrice, parrebbe testimoniare l’esistenza di una specifica circolare che avvertiva dell’irregolarità della garanzia. La memoria ha richiamato esplicitamente, infine, le istanze istruttorie e le conclusioni di merito già rassegnate. Il Piacenza, nella successiva memoria conclusionale del 23.4.2004, anche a seguito del rigetto da parte del Collegio delle sue istanze istruttorie, ha così articolato le proprie difese. Con riferimento al mancato accoglimento delle proprie istanze istruttorie, reputate dal Collegio non conformi al combinato disposto degli artt. 210 e 94 cod. proc. civ., il Piacenza ha affermato che la corretta interpretazione delle norme richiamate imporrebbe che l’ordine di esibizione di cui all’art. 210 cod. proc. civ. abbia riguardo ad atti la cui acquisizione sia necessaria o che, quantomeno, siano inerenti la controversia. Ora «poiché nel presente giudizio arbitrale si controverte dell’indebita partecipazione al campionato di squadre che hanno presentato, a corredo della loro domanda di iscrizione, fideiussioni irregolari, è inequivocabilmente chiaro che è di tali false fideiussioni che si chiede l’esibizione, unitamente ad ogni altro atto depositato dalle squadre de quibus a corredo della domanda di iscrizione al campionato». Per il resto, il Piacenza si è riportato, mediante rinvio, a quanto già esposto nelle sue precedenti memorie, anche a riguardo delle già rassegnate istanze istruttorie. In esito alle argomentazioni sviluppate dalle parti, il Collegio reputa doversi preliminarmente pronunciare sulla propria competenza. 1. Competenza Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport In attuazione del decreto legislativo 242/1999 il CONI – quale articolazione del grande movimento sportivo che fa copia al CIO – ha adottato il nuovo Statuto. I principi dell’ordinamento sportivo internazionale e gli indirizzi del CIO sono evocati proprio nella disposizione dedicata alla potestà statutaria del CONI e, dunque, divengono criteri direttivi dell’esercizio di questa. L’ordinamento statale prende così atto anche dei limiti che esso stesso incontra nel disciplinare il CONI. All’autonomia statutaria del CONI, la normativa rimette espressamente una serie di materie, dando altresì all’Ente la possibilità di individuarne altre. Tra queste, ad esempio, l’istituzione di organi di garanzia e giustizia sportiva, rimessa appunto all’autonoma valutazione del CONI, come tra l’altro suggerito anche dalla commissione parlamentare bicamerale per la riforma amministrativa, durante l’iter di approvazione del decreto in argomento. Lo Statuto del CONI ha dunque previsto all’art.12 l’istituzione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, che si pronuncia definitivamente sulle controversie riguardanti le Federazioni sportive nazionale che abbiano statutariamente accettato tale competenza. E, per l’appunto, l’art. 27 dello Statuto F.I.G.C., prevede che le vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico, relative alle decisioni della F.I.G.C. nelle materie comunque attinenti all’attività sportiva, siano devolute, su istanza della parte interessata, alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, esauriti i gradi interni di giustizia federale. Il Decreto Legge 19 agosto 2003 n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito con Legge del 17 ottobre 2003 n. 280, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 18 ottobre 2003, all’art. 2, ribadisce il principio di autonomia tra ordinamento della Repubblica e ordinamento sportivo, riservando a quest’ultimo, tra l’altro, la disciplina delle questioni aventi ad oggetto «l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive» All’art.3 viene stabilito che esauriti i gradi di giustizia sportiva, ogni controversia che abbia ad oggetto atti della Federazione sportiva nazionale – non riservati agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi del citato art.2 – sia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli Statuti e dai regolamenti del CONI e delle Federazioni sportive nazionali. Nel caso di specie, alla luce di quanto sopra richiamato, il combinato disposto degli articoli 12 dello Statuto del CONI e 27 dello Statuto FIGC, legittima il Collegio a pronunciarsi sulla presente controversia, avente ad oggetto «l’organizzazione del Campionato di Calcio di Serie A 2003/2004, con particolare riferimento all’iscrizione ad esso delle squadre partecipanti». 2. Compromettibilità in arbitrato della lite La Federazione ha sostenuto che la lite non sarebbe compromettibile in arbitrato per un duplice, concorrente, ordine di ragioni. In primo luogo, il giudizio arbitrale non potrebbe non vedere quali litisconsorti necessari tutte le società di Serie A e B; tuttavia, tale pluralità di parti sarebbe incompatibile con il procedimento arbitrale. In secondo luogo, la controversia avrebbe ad oggetto interessi legittimi e, dunque, non sarebbe compromettibile in arbitrato, non avendo questi ultimi il connotato della disponibilità. La ricostruzione non è condivisibile. Quanto al primo punto, infatti, il Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, all’art. 11, comma 2, prevede espressamente l’ipotesi di arbitrato con più di due parti. Non solo, ma la stessa pronuncia della Suprema Corte di Cassazione citata dalla Federazione (Cass. Civ., Sez. I, 15.4.1988 n. 2983, RV 458533), se letta nella sua interezza, rivela che l’impossibilità di attivare un giudizio arbitrale pluriparte può derivare, eventualmente, dalla presenza di una clausola compromissoria cd. binaria, per l’impossibilità di uno spontaneo raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti. Tale tipo di clausola prevede la devoluzione di determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali nominati dalle parti, ed il terzo nominato dagli arbitri di parte ovvero, in caso di disaccordo, dal Presidente del Tribunale. Tuttavia, nell’ordinamento sportivo, nell’eventualità di arbitrato con pluralità di parti, è dettata una disciplina ad hoc di designazione degli arbitri, che esclude il procedimento normalmente previsto dalle clausole compromissorie cd. binarie. Per l’appunto, come indicato in narrativa, e proprio su richiesta della F.I.G.C. del 24.12.2003, nel presente procedimento il Collegio è stato nominato dal Presidente della Camera, ai sensi dell’art. 11, comma 2, del Regolamento. Ad ogni modo le argomentazioni articolate dalla F.I.G.C. hanno perso qualsiasi pertinenza, alla luce della modificazione delle domande operata dal Piacenza con le note del 26.3.2004. Infatti, a seguito di tale variazione, che ha limitato il petitum al risarcimento del danno, oltre che all’annullamento dell’atto di diniego dell’esonero dalla clausola compromissoria, viene meno qualsiasi possibilità di pluralità di parti, per la carenza di interesse ad agire di ogni eventuale interventore. Quanto al problema della compromettibilità in arbitrato di questioni afferenti ad interessi legittimi, giova ribadire che, a mente del decreto legge 220/2003 art. 2, comma 1, è riservata all’ordinamento sportivo, in via generale e senza distinzione tra diritti soggettivi, interessi legittimino o diritti relativi, ogni controversia attinente «l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive». Conseguentemente, l’art. 3 del medesimo decreto legge devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo le controversie non riservate agli organi dell’ordinamento sportivo in virtù dell’art. 2. Peraltro, anche nell’ambito della giurisdizione esclusiva del Tribunale Amministrativo, il decreto legge fa salvo «quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive [...]». Il richiamato art. 27 dello Statuto F.I.G.C., prevede che le vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico, relative alle decisioni della F.I.G.C. nelle materie comunque attinenti all’attività sportiva, siano devolute, su istanza della parte interessata, alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, esauriti i gradi interni di giustizia federale. L’art. 27, dunque, non formula distinzioni tra controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi ovvero interessi legittimi, ma si riferisce alle vertenze relative alle «materie comunque attinenti all’attività sportiva». Pertanto, la lite è compromettibile in arbitrato. Mette conto richiamare i motivi che hanno condotto questo Collegio alla pronuncia del lodo parziale del 2.3.2004, con il quale è stata dichiarata l’inammissibilità dell’intervento dell’Atalanta del 21.2.2004, e del lodo parziale del 26.3.2004, con il quale è stata dichiarata l’inammissibilità dell’intervento dell’Atalanta del 12.3.2004. 3. Inammissibilità dell’intervento autonomo ex art. 105, comma 1, c.p.c. di Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a. L’intervento del 21.2.2004 è stato proposto ai sensi dell’art. 105, comma primo, cod. proc. civ., e si basa su un interesse ad agire autonomo e indipendente rispetto a quello delle parti originarie del giudizio arbitrale. A tal riguardo, non pare inutile ricordare che, a mente di concorde dottrina e giurisprudenza, è possibile distinguere tre categorie di intervento volontario, a seconda della connessione esistente tra la situazione giuridica che il terzo fa valere ed il rapporto giuridico oggetto del giudizio tra le parti originarie. La giurisprudenza del Supremo Collegio, peraltro, ha chiarito che il potere di qualificazione dell’intervento spetta all’organo giudicante, in base ad una valutazione oggettiva della situazione sostanziale dedotta dal terzo, e senza che sia vincolante la denominazione indicata dalla parte (Cass. n. 3080 del 1978; Cass., n. 1990 del 1969). In particolare, si qualifica autonomo, ovvero litisconsortile, l’intervento con il quale il terzo proponga nei confronti di una delle parti una domanda connessa a quella originariamente proposta dalle parti, per identità di oggetto e di causa petendi. A quest’ultima categoria pare doversi sussumere l’intervento dispiegato dall’Atalanta, la quale società, peraltro, in tal modo qualifica la propria domanda nella successiva memoria del 12.3.2004. Infatti, con l’atto del 21.2.2004, l’Atalanta ha chiesto al costituito Collegio Arbitrale di dichiarare l’illegittimità del provvedimento di iscrizione al Campionato della Roma ovvero di ogni altra società, all’esito dell’istruttoria, vantando il proprio conseguente, ed autonomo, diritto ad essere ripescata al posto della società capitolina. Come emerso dai fatti, la Lega Nazionale dei Professionisti, con il Comunicato Ufficiale n. 8 del 22.7.2003 non ha iscritto la Roma al Campionato di Serie A 2003/2004, constatatane l’irregolare situazione finanziaria, come da parere della CO.VI.SO.C. A seguito del ricorso presentato dalla Roma, la F.I.G.C., con Comunicato Ufficiale n. 19/A del 31.7.2003, ne ha deliberato la ammissione, ritenendone regolarizzata la situazione patrimoniale. L’emergere delle contestazioni sulla regolarità delle garanzie prestate dalla Roma non ne ha mai comportato l’esclusione dal Campionato 2003/2004. Infatti, con la delibera del 20.8.2003 n. 56/A, il Consiglio Federale si è limitato a concedere alla Roma un termine per la sostituzione delle predette garanzie. Pertanto, con il Comunicato Ufficiale del 28.8.2003 n. 64/A, il Consiglio Federale ha deliberato «di confermare, per quanto possa occorrere, i provvedimenti di ammissione ai campionati di competenza delle società A.S. Roma S.p.a., S.S. Calcio Napoli S.p.a. e Spall S.p.a., assunti in data 31.07.2003». Orbene, risulta chiaro che il provvedimento di ammissione della Roma al Campionato è il Comunicato Ufficiale n. 19/A del 31.7.2003. Tale portata non è stata modificata da alcun successivo atto e, pertanto, è questa la delibera impugnata dall’Atalanta con il proprio intervento del 21.2.2004. È parimenti evidente, d’altra parte, che tale impugnazione avanti alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport è tardiva. Infatti, a mente dell’art. 4 Regolamento, una controversia può essere sottoposta alla Camera entro 60 giorni dalla data di conoscenza dell’atto contestato. Conoscenza che si deve presumere avvenuta il 31.7.2003, dal momento che in tale data è stata curata la pubblicazione ufficiale da parte della F.I.G.C. del proprio provvedimento. Peraltro, ad una non dissimile conclusione si deve pervenire, anche a voler far decorrere il termine di impugnazione dalla data delle delibere di concessione del termine per la sostituzione delle garanzie, ovvero di conferma dell’ammissione al Campionato, rispettivamente assunte in data 20.8.2003 e 28.8.2004. Una decisione di diverso segno, da parte di questo Collegio, comporterebbe l’aggiramento delle norme che regolano l’accesso all’arbitrato, dilatando in modo irragionevole e inaccettabile i termini per adire la Camera. In altre parole, è pur vero che esigenze di economia processuale hanno indotto il Legislatore a prevedere la facoltà di intervento autonomo. Tuttavia, la domanda del soggetto interventore litisconsortile deve possedere tutti i titoli per essere astrattamente dispiegata in un giudizio autonomo. Diversa la situazione dell’Atalanta, il cui diritto ad adire questa Camera è irrimediabilmente venuto meno per il decorso del termine di 60 giorni dalla legale conoscenza dell’atto reputato lesivo delle sue posizioni soggettive. Peraltro, ove si volesse consentire l’intervento autonomo dell’Atalanta, si perverrebbe all’assurdo processuale della partecipazione di un soggetto alla fase arbitrale senza aver previamente esperito la fase conciliativa, così come previsto dal Regolamento. Pertanto, l’atto di intervento è inammissibile. Il profilo di inammissibilità è assorbente e vieta ogni ed ulteriore pronuncia nel merito. 4. Inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum ex art. 105, comma 2, c.p.c. di Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a. L’intervento del 12.3.2004 ha natura adesiva e, infatti, è privo di portata innovativa sul piano oggettivo del giudizio. L’interventore ne ha asserito la legittimità sul presupposto che la pronuncia arbitrale potesse «dispiegare effetti diretti o riflessi su altri soggetti».Ebbene, nel corso del giudizio il Piacenza ha rinunciato alle domande di annullamento degli atti della Federazione, tranne alla domanda riguardante l’annullamento dell’atto di diniego dell’esonero dagli obblighi derivanti dalla clausola compromissoria. L’attrice ha, altresì mantenuto la richiesta di risarcimento del danno derivante dall’asserita illegittima esclusione dal Campionato di Serie A. Appare di tutta evidenza, dunque, che la domanda così come riformata in corso di giudizio dalla società istante, non può né in astratto né in concreto «dispiegare effetti diretti o riflessi» sull’Atalanta. Conseguentemente la domanda di intervento di quest’ultima società è inammissibile per carenza del requisito essenziale dell’azione costituito dall’interesse ad agire, a mente dell’art. 100 cod. proc. civ. Il profilo di inammissibilità è assorbente e vieta ogni ed ulteriore pronuncia nel merito. Le spese seguono la soccombenza. Tuttavia, poiché l’interesse ad agire dell’Atalanta è venuto meno successivamente all’atto di intervento, e precisamente con le note depositate all’udienza del 26.3.2004, né essa poteva in alcun modo prevedere una simile modificazione delle domande, questo Collegio reputa di addossare a codesta società solo il 10% degli onorari e delle spese di arbitrato, per la non imputabilità ad essa della sopravvenuta carenza di interesse. Venendo alle domande spiegate dal Piacenza Football Club S.p.a., esse sono inaccoglibili per il seguente ordine di ragioni. 5. Inammissibilità della domanda di risarcimento del danno del Piacenza Football Club S.p.a. con riferimento all’iscrizione al Campionato di Serie A 2003/2004 dell’Ancona Calcio S.p.a. La domanda di risarcimento del danno agitata dal Piacenza è inammissibile per un duplice ordine di ragioni, che converrà esporre separatamente. 5.1.1 Mancato esaurimento dei ricorsi interni L’Ancona Calcio S.p.a. è stata iscritta al Campionato di Serie A 2003/2004 con il Comunicato Ufficiale della Lega Nazionale Professionisti n. 8 del 22.7.2003, pubblicato nello stesso giorno. Con tale Comunicato di «iscrizione ex art. 4 reg. lnp delle Società ai Campionati di competenza stagione sportiva 2003/2004», la Lega ha negato, infatti, tale iscrizione alle sole società A.S. Roma, per la Serie A, e S.S. Calcio Napoli, per la Serie B. Tutte le altre squadre, che avevano effettuato gli adempimenti, dunque, sono state iscritte ai campionati di rispettiva pertinenza. Del rilievo di tale atto, ai fini del presente Arbitrato, non è dato dubitare e, in effetti, mai si è dubitato, come si evince, ad esempio, dall’atto introduttivo del Piacenza del 20.12.2003, nel quale si legge: «Dalla lettura del C.U. n. 8 del 22/7/03 si evince, per implicito, che tutte le altre squadre che ne avevano fatto richiesta (tra cui, in serie A, l’Ancona) venivano iscritte ai campionati di rispettiva competenza: tanto che l’Ancona risulta regolarmente inserita nel calendario del predetto campionato di serie A 2003/2004» La richiesta di risarcimento del danno da parte del Piacenza così come risultante dalle modificazioni alle domande avvenute in corso di causa, presuppone l’accertamento, in via incidentale, dell’illegittimità, tra l’altro, del provvedimento con cui l’Ancona è stata ammessa al Campionato. Pertanto, è chiaro che, con riferimento alla posizione dell’Ancona, l’atto che si assume viziato è il Comunicato Ufficiale n. 8 del 22.7.2003. Il Piacenza ha adito la Camera nel presupposto che non vi fosse altra autorità sportiva competente in base agli statuti e ai regolamenti di C.O.N.I. e F.I.G.C. Infatti, il Piacenza ha affermato che «il presente procedimento rientra fra quelli rimessi alla Camera adita in quanto si tratta di questione concernente atti non soggetti ad impugnazione nell’ambito della giustizia federale, in quanto gli statuti e i regolamenti del CONI e/o della FIGC non contemplano procedure e/o organismi competenti a dirimere la questione». Al contrario di quanto affermato dall’istante, e come si evince dal rinvio operato dallo stesso Comunicato Ufficiale n. 8 del 22.7.2003, a mente del Comunicato Ufficiale n. 151/A della F.I.G.C. recante “Disposizioni in ordine alla ammissione ai campionati 2003/2004”, «Le Leghe Professionistiche, effettuati gli accertamenti previsti a loro carico dalla presente normativa e dai rispettivi regolamenti, provvederanno con delibera del Consiglio di Lega alla iscrizione delle società ai campionati di competenza, comunicando alla F.I.G.C. l’organico relativo entro il 22 luglio 2003. L’eventuale ricorso avverso le decisioni come sopra assunte deve essere proposto alla F.I.G.C. con atto motivato, da far pervenire a quest’ultimo, ed in copia alla Lega competente, entro il termine perentorio del 24 luglio 2003 ore 19.00». Pertanto, autorità competente a conoscere delle eventuali doglianze sulle ammissioni al Campionato 2003/2004, così come deliberate dalla Lega, è la F.I.G.C. e, in particolare, il Consiglio Federale, ex art. 24 Statuto F.I.G.C. A tale organo, dunque, il Piacenza avrebbe dovuto indirizzare le proprie istanze, atteso che la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport è competente, in virtù del combinato disposto dell’art. 27, comma 2, dello Statuto F.I.G.C. e dagli artt. 3 e 7 del Regolamento della Camera, solo previo esaurimento dei ricorsi interni alla Federazione sportiva nazionale, Disciplina sportiva associata o Ente di promozione sportiva, ovvero in presenza di atti non soggetti a impugnazione nell’ambito della giustizia federale. Conseguentemente, le domande proposte dal Piacenza a questa Camera Arbitrale sono inammissibili per mancato esaurimento dei ricorsi interni alla F.I.G.C., a’ sensi dell’art. 27, comma 2, dello Statuto F.I.G.C. e dagli artt. 3 e 7 del Regolamento della Camera. 5.1.2 Tardività dell’istanza alla Camera Il Regolamento prevede, altresì, all’art. 4.1, che le controversie siano sottoposte alla Camera entro 60 giorni dalla data di conoscenza dell’atto contestato. Dunque, anche a prescindere da ogni valutazione in merito all’esaurimento dei ricorsi interni, il Piacenza ha adito tardivamente la Camera, avendo depositato la propria istanza solo il 17.10.2003. Infatti, il provvedimento n. 8 del 22.7.2003 è stato pubblicato in pari data a cura della Segreteria della Federazione e, dunque, si presume conosciuto, in quanto conoscibile con l’ordinaria diligenza, a partire da quel giorno. Pertanto, anche sotto questo profilo, la domanda di risarcimento del danno, conseguente alla contestata ammissione dell’Ancona al Campionato di Serie A 2003/2004, è inammissibile. Il profilo di inammissibilità è assorbente e vieta ogni ed ulteriore pronuncia nel merito. 5.2 Inammissibilità della domanda di risarcimento del danno del Piacenza Football Club S.p.a. con riferimento all’iscrizione al Campionato di Serie A 2003/2004 dell’A.S. Roma S.p.a. La domanda di risarcimento del danno agitata dal Piacenza si fonda sulla contemporanea illegittimità dei provvedimenti che, nel loro collegamento, hanno determinato l’ammissione di Ancona e Roma al campionato di Calcio di Serie A 2003/2004. Infatti, l’istante, in quanto al 16° posto della classifica del massimo campionato della stagione 2002/2003, è stata retrocessa in Serie B, e avrebbe avuto diritto ad essere ripescata per seconda al campionato di Serie A 2003/2004, nel caso di esclusione da questo di almeno due squadre. La mancata partecipazione al Torneo della massima serie costituirebbe il danno di cui è richiesto il risarcimento. Ebbene, dal momento che questo Collegio ha dichiarato l’inammissibilità della domanda del Piacenza con riferimento all’iscrizione dell’Ancona al Campionato, se anche fossero vere tutte le doglianze relative all’ammissione della Roma, pur tuttavia nessuna pronuncia sul punto avrebbe conseguenze sulla domanda del Piacenza, atteso che il diritto al ripescaggio spetterebbe, eventualmente, alla sola Atalanta. L’azione del Piacenza, con riferimento all’iscrizione della Roma è, dunque, carente di interesse ad agire. Esso, come è noto, è un requisito della domanda consistente nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile, non conseguibile senza l’intervento dell’autorità giudicante. L’interesse ad agire è, altresì, requisito per la trattazione del merito della controversia e il suo accertamento va compiuto in via preliminare e prescindendo dall’esame del merito della controversia. La sua indagine, infatti, verte sull’idoneità astratta della pronuncia richiesta al conseguimento del risultato utile sperato. Nessun risultato utile può essere sperato dal Piacenza e, dunque, va pronunciata, come in effetti si pronuncia, l’inammissibilità della domanda per carenza di interesse ad agire. Il profilo di inammissibilità è assorbente e vieta ogni ed ulteriore pronuncia nel merito. 6. Inammissibilità della domanda di risarcimento del danno del Piacenza Football Club S.p.a. con riferimento all’iscrizione al Campionato di Serie B 2003/2004 della S.S. Calcio Napoli S.p.a. La domanda del Piacenza, con riferimento all’iscrizione al Campionato di Serie B 2003/2004 del Napoli, è inammissibile per carenza di interesse ad agire. Infatti, l’eventuale mancata ammissione della società campana al torneo cadetto avrebbe comportato la partecipazione di altra squadra in possesso dei previsti requisiti. Difatti, in data 20.8.2003, e dunque in precedenza rispetto all’azionamento della procedura presso la Camera, è stato emesso dalla F.I.G.C. il Comunicato Ufficiale 57/A, con il quale è stato deliberato, e successivamente approvato dal C.O.N.I., l’allargamento a 24 squadre dei partecipanti al Campionato di Serie B. Ciò significa, dunque, che il Piacenza, anche in caso di esclusione del Napoli, avrebbe suddiviso in ugual misura la cd. “mutualità”; il numero di partite da disputare sarebbe rimasto immutato; i diritti televisivi sarebbero stati ripartiti per lo stesso numero di partecipanti al torneo. Il profilo di inammissibilità è assorbente e vieta ogni ed ulteriore pronuncia nel merito. Peraltro, e per le medesime ragioni, ma da diverso punto di vista, anche nel merito la domanda del Piacenza è infondata, atteso che non solo del danno non si fornisce alcuna compiuta ricostruzione, ma perché le argomentazioni svolte dall’attrice sono prive di qualsiasi dimostrazione del nesso di causalità intercorrente tra la condotta della F.I.G.C. e il preteso danno. 7. Inammissibilità della domanda del Piacenza Football Club S.p.a. con riferimento all’annullamento dell’atto di diniego di esonero dagli obblighi derivanti dalla clausola compromissoria Il Piacenza, con le note d’udienza del 26.3.2004, ha confermato la propria domanda relativa all’annullamento della nota F.I.G.C. del 25.8.2003, con cui è stato negato l’esonero dalla clausola compromissoria, richiesto in data 18.8.2003. Il Piacenza predica l’illegittimità del provvedimento in quanto «palesemente privo di qualsiasi motivazione» e perché emanato «dalla stessa controparte (la FIGC) contro cui il Piacenza avrebbe dovuto e potuto promuovere le necessarie azioni a sua miglior tutela» Intanto, si osserva che con la suddetta nota la F.I.G.C. ha esclusivamente comunicato il provvedimento assunto dal Consiglio Federale nella riunione del 20.8.2003. A tal proposito, l’art. 27 dello Statuto F.I.G.C. prevede l’esonero dalla clausola compromissoria, con deroga motivata del Consiglio Federale, concessa solo per gravi ragioni di opportunità. Ebbene, tali circostanze sono oggetto di esclusiva valutazione da parte dell’autorità designata dallo Statuto. La deroga, dunque, è un atto privo di rilevanza dal punto di vista della giustizia sportiva e, rivestendo carattere di discrezionalità, non può essere oggetto di sindacato da parte della Camera. Nel merito della vicenda, e per puro scrupolo, si osserva che, per un verso, non è dato rilevare l’assenza di motivazione asserita dal Piacenza. Infatti, nella la pur breve nota della F.I.G.C., prodotta in atti, si indica, quale motivo del diniego, l’insussistenza delle gravi ragioni richieste dall’art. 27, comma 2, dello Statuto Federale per la concessione dell’esonero. Ancora nel merito, dal punto di vista dell’asserito conflitto di interessi, l’autorità che ha emesso il provvedimento (Consiglio Federale) non coincide con il soggetto che eventualmente sarebbe stato controparte nel giudizio ordinario (F.I.G.C.). Né rileva sul punto, che il Consiglio Federale sia organo della F.I.G.C. Infatti, il Consiglio Federale è la massima espressione della democrazia interna della Federazione, garantendo la partecipazione di tutte le componenti, organizzative e sportive del mondo del calcio. 8. Spese di arbitrato e spese di lite Le spese seguono la soccombenza. La natura delle questioni trattate, e le reciproche soccombenze, suggeriscono di ripartire le spese di arbitrato nella misura del 60% al Piacenza Football Club S.p.a.; del 30% alla F.I.G.C.; del 10% all’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a. iù specificamente, se non sono state accolte le domande del Piacenza Football Club S.p.a., il che ne determina la soccombenza, è pur vero che una buona parte delle difese della F.I.G.C. sono basate sulla asserita incompetenza di questo Collegio a conoscere della controversia. Il Collegio, al contrario, all’esito delle complesse valutazioni sottese, si è reputato competente e, pertanto, la F.I.G.C. è soccombente, relativamente a questo punto. eraltro, per quanto concerne l’Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a., la sua soccombenza, limitatamente all’intervento del 12.3.2004 deriva da carenza di interesse ad agire venuta in essere successivamente all’atto di intervento, e precisamente con le note del 26.3.2004 con cui il Piacenza ha riformulato le proprie domande. Una simile modificazione delle domande non poteva essere in alcun modo prevista dall’Atalanta e, pertanto, questo Collegio reputa di addossare a codesta società solo il 10% degli onorari e delle spese di arbitrato, per la non imputabilità ad essa della sopravvenuta carenza di interesse.Si compensano integralmente tra le parti le spese di lite. P.Q.M. il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e deduzione, - conferma i lodi parziali pronunciati, rispettivamente, in data 2 marzo 2004 e in data 26 marzo 2004; - dichiara l’inammissibilità e l’infondatezza della domanda del Piacenza Football Club SpA per le ragioni di cui in motivazione; - fermo il vincolo di solidarietà, condanna il Piacenza Football Club SpA al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato nella misura del 60% del totale liquidato come da separata ordinanza; - fermo il vincolo di solidarietà, condanna l’Atalanta Bergamasca Calcio SpA al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato nella misura del 10% del totale liquidato come da separata ordinanza; - fermo il vincolo di solidarietà, condanna la Federazione Italiana Giuoco Calcio al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato nella misura del 30% del totale liquidato come da separata ordinanza; - compensa integralmente tra le parti il pagamento degli onorari, diritti di procuratore, spese di lite e diritti amministrativi versati; - dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. Così deciso in conferenza personale tra gli Arbitri il 27 aprile 2004. F.to Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani F.to Avv. Ciro Pellegrino F.to Prof. Avv. Maurizio Benincasa
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