CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 4 agosto 19 novembre 2003 – PATERNÒ CALCIO S.R.L.CONTRO F.I.G.C.

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 4 agosto 19 novembre 2003 – PATERNÒ CALCIO S.R.L.CONTRO F.I.G.C. L’ARBITRO UNICO Prof. Avv. Maurizio Benincasa Arbitro Unico nominato dalle parti a’ sensi dell’art. 12 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport nel procedimento di Arbitrato promosso da: Paternò Calcio s.r.l., con sede in Paternò (CT), Corso Italia16, elettivamente domiciliato in Napoli, Centro Direzionale Isola A/ 7 (80143), presso e nello studio dell’Avv. Eduardo Chiacchio, che lo rappresenta e difende, giusta procura allegata all’istanza di Arbitrato. - attore – CONTRO Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Presidente pro tempore, con sede in Roma, Via Gregorio Allegri 14 (di seguito “F.I.G.C.”), elettivamente domiciliata in Roma, via Po, 9, presso e nello studio dell’Avv. Mario Gallavotti, che la rappresenta e difende, congiuntamente e disgiuntamente all’Avv. Luigi Medugno, giusta procura in calce all’atto introduttivo. - convenuta – Fatto e svolgimento del procedimento In data 2 maggio 2003 Paternò Calcio formulava un esposto al Presidente della Lega Professionisti Serie C per denunziare la presunta irregolarità della posizione del calciatore Giuseppe Antonaccio, militante nella Società Pescara Calcio, con riferimento alla gara di campionato di serie C/1 Pescara/Paternò svoltasi in data 19 aprile 2003. In particolare, Paternò Calcio lamentava la circostanza che il calciatore Antonaccio - squalificato per una gara effettiva a seguito di doppia ammonizione nella gara di campionato di serie C/1 Sassari Torres/Pescara del 30 marzo 2003 - ancorché non avesse partecipato alla successiva gara del campionato di serie C/1 (Taranto/Pescara del 13 aprile 2003), aveva, tuttavia, partecipato alla gara Pescara/Bari del campionato Primavera svoltasi il giorno 12 aprile 2003. Paternò Calcio, conseguentemente, assumeva che, a norma dell’art. 17, 13° comma, del Codice di Giustizia Sportiva (di seguito C.G.S.) la squalifica sopra indicata non poteva essere considerata scontata. Per l’effetto, Paternò Calcio invitava il Presidente della Lega a deferire il calciatore Antonaccio e la società Pescara Calcio, affinché venisse irrogata a quest’ultima la sanzione sportiva della perdita della gara Pescara/Paternò. Il Presidente della Lega Professionisti Serie C con nota del 3 maggio 2003 deferiva la Società Pescara alla Commissione Disciplinare presso la Lega per irregolarità della posizione del calciatore Antonaccio nella gara di Campionato di Serie C/1 Pescara/Paternò del 19 aprile 2003. La Commissione Disciplinare, con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 24/C del 9 maggio 2003, reputando infondate le censure di Paternò Calcio, dichiarava la regolarità della gara del 19 aprile 2003. Più precisamente, la Commissione Disciplinare, a’ sensi dell’art. 17, 3° comma, C.G.S., affermava che il calciatore in parola, non avendo partecipato alla gara di serie C/1 Taranto/Pescara del 13 aprile 2003, aveva regolarmente scontato la squalifica inflittagli; in questa prospettiva, secondo la Commissione, risultava del tutto irrilevante la partecipazione il giorno 12 aprile 2003 ad una gara del campionato Primavera. Paternò Calcio proponeva appello avverso la decisione della Commissione Disciplinare, chiedendo che, in riforma della stessa, venisse inflitta alla società Pescara Calcio la punizione sportiva della perdita della gara Pescara/Paternò del 19 aprile 2003 con il punteggio di 0-2. Pescara Calcio formulava due eccezioni di inammissibilità dell’appello; con la prima, lamentava che il giudizio di primo grado non era stato instaurato dinanzi al Giudice Sportivo su reclamo della parte interessata, bensì su deferimento alla Commissione Disciplinare, sicché Paternò Calcio - che non aveva provveduto a proporre reclamo e non era stato parte processuale del procedimento instauratosi per iniziativa altrui - non poteva essere considerato legittimato a proporre l’impugnazione; impugnazione che, in questa prospettiva, spettava solo al Presidente Federale. Con la seconda eccezione di inammissibilità, Pescara Calcio assumeva che, in assenza di appello con riferimento alla posizione del calciatore Antonaccio, la statuizione della Commissione Disciplinare era divenuta definitiva nei suoi confronti. Conseguentemente, non essendo più possibile valutare come irregolare la posizione dell’Antonaccio, risultava inammissibile l’appello. Nel merito, Pescara Calcio ribadiva le difese svolte dinanzi alla Commissione Disciplinare e chiedeva la conferma della statuizione di quest’ultima. La Commissione Federale d’Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio, disattese le eccezioni di inammissibilità formulate da Pescara Calcio, con la decisione di cui al Com. Uff. n. 43/C del 12 maggio 2003 pronunciava il seguente dispositivo: « […] in accoglimento dell’appello proposto dalla società Paternò Calcio avverso la decisione della Commissione Disciplinare presso la Lega professionisti Serie C di cui com. uff. n. 248/C del 9.5.2003, annulla detta decisione e per l’effetto infligge al Calcio Pescara la sanzione della perdita della gara Pescara-Paternò del 19.4.2003 con il punteggio di 0-2- Rimette gli atti al Giudice Sportivo per quanto di sua competenza. Dispone restituirsi alla società Paternò Calcio la tassa reclamo […]».La C.A.F., in particolare, proponeva un’interpretazione dell’art. 17 del C.G.S., rubricato «Esecuzione delle sanzioni», che assegnava al comma 3° il compito di disciplinare le modalità di esecuzione della squalifica per una o più giornate di gara con l’individuazione della squadra in cui debba essere scontata la squalifica. Più precisamente, la Commissione d’appello stabiliva, a mente del citato 3° comma dell’art. 17 C.G..S, che la squalifica non può essere scontata in una squadra diversa da quella nella quale il calciatore militava nel momento in cui ha commesso l’infrazione sanzionata. Al comma 13°, invece, la C.A.F. attribuiva il ruolo di individuare gli effetti del provvedimento di squalifica e il contenuto afflittivo della stessa che si risolve nel divieto imposto al calciatore squalificato di svolgere «qualsiasi attività sportiva in ogni ambito federale per il periodo della qualifica». La formula «qualsiasi attività sportiva» deve essere interpretata nel senso che il divieto di giocare non può considerarsi limitato alla partecipazione dell’atleta alle gare della quadra in cui militava al momento della violazione, ma occorre che si estenda alla partecipazione a qualsiasi gara (ufficiale) di qualsiasi altra squadra della società. La C.A.F. riformava la decisione della Commissione Disciplinare anche in relazione alla questione concernente il «periodo» in cui è preclusa al calciatore ogni attività agonistica. Il comma 13° dell’art. 17, infatti, dispone che per «periodo di squalifica» deve intendersi «[…] nelle squalifiche per una o più giornate di gara, le giornate in cui disputa gare ufficiali la squadra [nella quale militava quando è avvenuta l’infrazione che ha determinato il provvedimento (3° comma)]». In particolare la C.A.F., con un’interpretazione storico- evolutiva e logico sistematica della disposizione, distingueva, sul piano semantico, tra «giornata» e «giorno» e concludeva nel senso che il concetto di giornata si identifica in tutti i giorni in cui si articola il turno calcistico. Con ricorso del 16 maggio 2003 la Società Vis Pesaro 1898 s.r.l. si rivolgeva alla Corte Federale - ai sensi degli artt. 32, 5° comma, dello Statuto Federale e 22, 3° comma, del C.G.S. - chiedendo la tutela dei «diritti fondamentali propri e associativi» che assumeva essere stati lesi per effetto della pronuncia della C.A.F. del 12 maggio 2003. Nel procedimento così avviato, interveniva, ad adiuvandum, Pescara Calcio s.p.a. Il ricorso veniva discusso in occasione dell’udienza del 22 maggio 2003, alla quale veniva invitata Paternò Calcio che contestava la mancata conoscenza dell’oggetto del procedimento e l’ammissibilità del ricorso di Vis Pesaro 1898 s.r.l., chiedendo, nel merito, la conferma della decisione della C.A.F.. La Corte Federale, con la decisione di cui al Com. Uff. n. 13/Cf del 22/05/2003, pronunciava il seguente dispositivo: « La Corte Federale, decidendo sul ricorso in epigrafe proposto dalla Vis Pesaro 1898 di Pesaro, lo accoglie e, per l’effetto, conferma il risultato della gara Pescara/Paternò del 19 aprile 2003. Dispone la restituzione della tassa versata […]». In data 11 giugno 2003 Paternò Calcio formulava all’indirizzo della Giunta Nazionale del CONI un esposto/ricorso avverso la decisione della Corte Federale sopra indicata, chiedendo che « […] la Giunta Nazionale del CONI, avvalendosi dei poteri di controllo sulle singole federazioni ad essa attributi dal decreto Melandri del luglio 1999 ed in particolare per quanto stabilito dall’art. 7 e dall’art. 23 dello Statuto CONI, voglia ripristinare la legalità immediatamente compromessa dalla decisione della Corte federale in relazione alla gara Pescara-Paternò del 19/04/03. E con i poteri conferiti voglia annullare e/o disporre che la Federazione Italiana Giuco Calcio annulli la delibera della Corte Federale del 22/05/03 C.U. n. 13 ripristinando e conferendo efficacia alla delibera della CAF che nella riunione del 12/05/03 con C.U. n. 43 aveva accolto l’appello della Paternò Calcio e per l’effetto aveva inflitto al Pescara Calcio la sanzione della perdita della gara Pescara-Paternò del 19/04/03 con il punteggio di 0-2, decretando di fatto la salvezza della scrivente società nel campionato Serie C/1 girone B […]». A questo esposto/ricorso seguiva, in data 1° luglio 2003, una comunicazione di Paternò Calcio con la quale quest’ultima, rilevato che nell’ordine del giorno della Giunta Nazionale del CONI per la medesima data non era inserito il citato esposto/ricorso, chiedeva l’esame di quest’ultimo e la possibilità del procuratore di Paternò Calcio di assistere alla riunione. In precedenza, con istanza del 12 giugno 2003, Paternò Calcio aveva sottoposto la controversia de qua alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport per la conciliazione prima dell’instaurazione del procedimento arbitrale dinanzi al medesimo organo. Il Conciliatore, Avv. Marcello Melandri, in data 23 luglio 2003, preso atto del mancato accordo tra le parti, dichiarava estinta la procedura di conciliazione. Con atto del 31 luglio 2003 Paternò Calcio s.r.l., con il ministero dell’Avv. Eduardo Chiacchio, proponeva istanza di arbitrato dinanzi alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport nominando arbitro il prof. Avv. Maurizio Benincasa e proponendo lo stesso alla F.I.G.C. quale Arbitro Unico a’ sensi dell’art. 12 del Regolamento. Paternò Calcio formulava le seguenti «Richieste conclusive»: « […] chiede l’annullamento del disposto della Corte Federale di cui al C.U. n. 12/CF del 22 maggio 2003 relativa alla gara Pescara-Paternò del 19/04/03 e conseguentemente ammettere la Paternò Calcio s.r.l. in forza della richiamata decisione della CAF per la suddetta gara, al campionato di Serie C/1 per la stagione sportiva 2003/2004, anche con ampliamento dell’organico di categoria […]». Con atto del 1° agosto 2003 la Federazione Italiana Giuoco Calcio aderiva alla proposta di arbitro unico nella persona del prof. avv. Maurizio Benincasa, nominando, al contempo, i propri rappresentanti e difensori nelle persone dell’avv. Luigi Medugno e dell’Avv. Mario Gallavotti. L’Arbitro Unico, formulava l’accettazione di cui all’art. 14 del Regolamento, e, in data 1° agosto 2003, costituiva formalmente l’organo giudicante, nominando Segretario il Dott. Marco Arpino, coaudiuvato dall’avv. Eleonora Bonifacio nelle funzioni di segreteria. Veniva fissata l’udienza del 4 agosto 2003, in Roma, Viale di Villa Massimo, 33 presso lo studio dell’Arbitro Unico, essendo indisponibili gli Uffici della Camera, sede dell’arbitrato. Veniva, inoltre, fissato il termine del 4 agosto 2003, ore 12 per il deposito di eventuali memorie. Nel termine pervenivano presso la Segreteria dell’Arbitro Unico le memorie di entrambe le parti. In particolare, la F.I.G.C. rassegnava le seguenti conclusioni: «[…] Accerti l’Arbitro Unico se la decisione della Corte Federale della F.I.G.C. adottata nel corso della riunione del 12 maggio 2003 e parzialmente annullata dal Consiglio Federale della F.I.G.C. in data 2 luglio 2003 – previo invito deliberato dalla Giunta Nazionale del CONI – debba – o meno – ritenersi annullata anche nella parte relativa alla gara del campionato di serie C1 Pescara- Paternò del 19 aprile 2003 e per l’effetto adotti ogni conseguente provvedimento. Con vittoria di spese […]». All’udienza del 4 agosto 2003 erano presenti il Presidente di Paternò Calcio s.r.l.,. Signor Marcello Lo Bue con il difensore, avv. Eduardo Chiacchio, e gli avvocati Luigi Medugno e Mario Gallavotti per la F.I.G.C. Esaurita la discussione, l’Arbitro Unico si riservava di decidere. MOTIVI 1. Paternò Calcio formula la domanda di annullamento della decisione della Corte Federale di cui al C.U. n. 12/CF del 22 maggio 2003 ponendo a sostegno della propria tesi i seguenti argomenti difensivi: a) Nel procedimento dinanzi alla Corte Federale si sarebbe verificata una violazione del diritto di Paternò Calcio al contraddittorio sia nella fase che ha preceduto la discussione sia in occasione dell’udienza; b) La decisione della Corte Federale violerebbe il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. «[…] Nella fattispecie [scrive Paternò Calcio n.d.r.] la Corte Federale ha respinto tutte le richieste della Vis Pesaro [che attenevano alla improponibilità, improcedibilità e irricevibilità dell’impugnazione di Paternò Calcio dinanzi alla C.A.F. n.d.r.] ritenendo totalmente infondata la pretesa illegittimità dell’impugnazione davanti alla C.A.F. della decisione dei primi giudici da parte della Paternò Calcio, sostenendo che la Caf aveva esattamente riconosciuto il suddetto potere alla odierne scrivente, ma poi si è spinta ben al di là delle pretese dell’appellante, di certo non emerse nella discussione orale durante pochi minuti, sconfinando in una non richiesta analisi a largo raggio dell’art. 17 con l’approfondito esame congiunto dei commi 3 e 13 […]; c) La Corte Federale, con la propria decisione, avrebbe esorbitato dalle proprie funzioni e avrebbe «[…] di fatto delegittimato il potere di Organo Giudicante di ultima istanza attribuito da sempre in ambito sportivo alla Commissione Appello federale, potere invece espressamente previsto dal vigente Statuto Federale e dall’attuale Codice di Giustizia Sportiva. […] la Corte federale ha indebitamente creato un ulteriore grado di giudizio, non limitandosi a valutare il merito della delibera della CAF, ma addirittura riformando decisione inappellabile, seppur in carenza di potere giustiziale per adottare qualsiasi provvedimento […]»; d) La decisione della Caf del 12 maggio 2003, annullata dalla Corte Federale costituirebbe «[…] un precedente giurisprudenziale di determinante valenza ai fini di una importantissima decisione [successiva, n.d.r] della CAF […]» e, precisamente, della decisione C.A.F. del 16 luglio 2003 relativa alla gara Catania-Venezia del 17 maggio 2003. 2. La domanda di Paternò Calcio è fondata, nei limiti di cui si dirà in seguito, e merita accoglimento. L’Arbitro Unico reputa opportuno prendere le mosse dall’art. 32 dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio, collocato nel Titolo IV «Le garanzie», che disegna le competenze dell’Organo in parola. Tale norma, sotto la rubrica «Corte federale», al primo comma dispone che «La Corte federale, composta dal Presidente e da otto componenti, è la massima autorità di garanzia nell’ordinamento della F.I.G.C. e dura in carica un quadriennio». Al 5° comma, poi, si prevede che «Ogni tesserato od affiliato alla F.I.G.C. può ricorrere alla Corte federale per la tutela dei diritti fondamentali personali o associativi che non trovino altri strumenti di garanzia nell’ordinamento federale». Il successivo comma, invece, dispone che «La Corte federale, anche d’ufficio, interpreta le norme statutarie e giudica sulla legittimità delle altre norme federali, annullando quelle adottate in violazione dello Statuto». La motivazione della decisione della Corte Federale, oggetto del presente giudizio arbitrale, si appunta, preliminarmente, sulla «determinazione del proprio ambito di intervento ai sensi dell’art. 32 comma 5 dello Statuto federale nonché alla relazione sussistente tra tale intervento e le pronunce rese da Organi di Giustizia Sportiva di ultima istanza […]». La Corte Federale, dopo aver premesso che «[…] il potere di intervento sussidiario e complessivo dell’Ordinamento Federale attribuito dall’art. 32 comma 5 […] non è certamente inteso, come è giurisprudenza costante, ad eludere gli effetti preclusivi ed intangibilità del giudicato già prodottisi, ma è indirizzato a colmare eventuali vuoti di tutela dei diritti fondamentali, personali o associativi, non altrimenti protetti […]», afferma che il proprio intervento «[…] è rivolto a fornire garanzie di tutela a quelle posizioni soggettive ritenute meritevoli di considerazione, rispetto alle quali il sistema non possa, comunque e per qualsiasi causa, dare la risposta invocata ed alla cui mancata protezione corrisponderebbe un sensibile vulnus in termini di equità all’intero Ordinamento Federale […]». Il contenuto di questa premessa è confermato in un successivo passaggio della motivazione, laddove si ribadisce che deve essere «[…] escluso che il ricorso [di Vis Pesaro, n.d.r.] sia stato proposto in prospettiva e con finalità impugnatorie della pronuncia della C.A.F. e che si tratti di (altrimenti improprie ed inammissibili) richieste, effettuate dalle medesime parti processuali, di riesame di decisioni rese da Organi di ultima istanza formulate in un (del tutto inimmaginabile) terzo grado di giudizio federale. Si deve parimenti escludere per le ragioni prima indicate, che il ricorso ex art. 32 comma 5 possa essere concepito, sempre dalle parti dello stesso giudizio, in funzione caducatoria o anche semplicemente elusiva di un intangibile giudicato […]». Movendo da queste considerazioni la Corte Federale pone in evidenza le peculiarità del ricorso di Vis Pesaro, che isola nella circostanza che esso «[…] dal punto di vista procedimentale [sia] stato proposto da soggetto estraneo (per non esserne, comunque, stato parte) al procedimento all’esito del quale fu pronunciato il provvedimento delle cui conseguenze pregiudizievoli esso chiede a questa Corte l’eliminazione […]». In particolare, la decisione impugnata in questa sede osserva come «[…] l’Ordinamento Federale non preveda il rimedio generale – né rimedio assimilabile nella funzione e nei presupposti – che il diritto comune predispone a favore del terzo negativamente influenzato da una pronuncia ormai passata in giudicato che abbia in concreto disposto di un suo diritto […]». Diritto che, prosegue la Corte Federale, consisterebbe «[…] nel mantenimento della situazione di classifica anteriore, nella quale la Società oggi intimata occupava una posizione meno vantaggiosa e, come tale, meno capace di esporre la ricorrente al rischio della retrocessione nella serie inferiore […]». La Corte Federale isola, conseguentemente, una (presunta) lacuna dell’Ordinamento (che giustificherebbe il proprio intervento ex art. 32, 5° comma, dello Statuto F.I.G.C.) affermando la «[...] assenza nell’Ordinamento Federale di strumenti di garanzia corrispondenti o equivalenti a quelli dell’opposizione di terzo […]»; e legittima sé stessa come «[…] unica sede nella quale tale lacuna si sarebbe potuta fruttuosamente denunciare […]». Più chiaramente, afferma che deve «[…] essere la Corte Federale ad intervenire, esercitando l’indeclinabile coppia di funzioni rescindente- rescissoria nei confronti della decisione che ha determinato la reazione del terzo ritenutosi da essa pregiudicato ed attraendo davanti a sé la materia, cioè svolgendo la funzione di giudice dell’opposizione […]». La Corte Federale offre giustificazione al proprio intervento individuando i diritti fondamentali, personali o associativi, di cui all’art. 32, 5° comma, dello Statuto F.I.G.C., da un lato, nel «diritto ad un giusto processo, solo reso possibile dalla concreta previsione per il terzo estraneo alla regolamentazione processuale di “res inter alios acta” ricadente nella sfera dei propri diritti di un rimedio che gli assicuri il reinserimento nel circuito processuale e la possibilità di far valere le proprie ragioni con efficacia e garanzie pari a quelle di cui avrebbe goduto se fosse stato sin dall’inizio parte del processo in cui si giudicava “senza di lui contro di lui” […]». Dall’altro, nel «[…] diritto alla stabilità ed immodificabilità della classifica del campionato di appartenenza se non attraverso la garanzia originaria del contraddittorio o postuma dell’opposizione di terzo e mediante le forme del giusto processo e nell’ottica dell’esplicazione del pieno diritto di difesa […]». Dall’altro ancora, nel diritto alla conservazione della «propria posizione sportiva [che] costituisce il riflesso soggettivo della generale condivisa aspirazione al regolare svolgimento della competizione […]». 3. L’Arbitro Unico reputa che la decisione della Corte Federale debba essere annullata poiché la Corte non aveva il potere di decidere la controversia sottoposta alla sua cognizione. L’art. 27, 3° comma, dello Statuto F.I.G.C. dispone che le controversie tra la Federazione e uno dei soggetti indicati al comma 1° del medesimo articolo – tra i quali sono compresi le società e gli atleti – per le quali siano esauriti i gradi interni di giustizia federale siano sottoposte, su istanza del soggetto interessato o della Federazione, al tentativo obbligatorio di conciliazione davanti alla Camera di Conciliazione e Arbitrato e, in caso di esito negativo della conciliazione, alla decisione arbitrale della medesima Camera in via definitiva. La norma appena citata ripete il contenuto dell’art. 12 dello Statuto CONI e di alcune disposizioni del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport e, segnatamente, dell’art. 7. L’Arbitro Unico reputa che la controversia agitata da Vis Pesaro davanti alla Corte Federale e decisa con il provvedimento di cui al C.U./13 C.F. del 22 maggio 2003 sia una controversia che presenta i caratteri descritti dal comma 3° dell’art. 27 dello Statuto F.I.G.C.. Infatti, sotto il profilo soggettivo, si tratta di una controversia tra Società (Paternò Calcio) e Federazione. Rispetto a tale controversia Vis Pesaro, a sua volta soggetto rientrante tra quelli indicati al comma 1° dell’art. 27 dello Statuto F.I.G.C., assume le caratteristiche di un interessato. Sotto il profilo oggettivo, la controversia de qua è una lite per la quale risultano esauriti i gradi interni di giustizia federale. Milita verso quest’affermazione la circostanza che sulla controversia si registri una pronuncia della C.A.F. del 12 maggio 2003 di cui al C.U. n. 43/C. Invero, la C.A.F., a’ sensi dell’art. 31 dello Statuto F.I.G.C., «[…] è competente a giudicare, in ultima istanza, sulle impugnazioni avverso le decisioni adottate dagli organi giudicanti nei casi previsti dal codice di giustizia sportiva […]». La natura di decisione “in ultima istanza” delle pronunce della C.A.F., peraltro, è riconosciuta dalla medesima Corte Federale nel provvedimento impugnato davanti all’Arbitro Unico (cfr. pag. 4, 6-7). Tuttavia, contrariamente a quanto assunto dalla Corte Federale, la decisione della C.A.F. è «in ultima istanza», ma non può reputarsi passata in giudicato. Infatti, se nell’ambito dell’Ordinamento Federale costituisce una decisione non più riformabile, avendo riguardo all’Ordinamento Sportivo, essa può essere oggetto di impugnazione (e, quindi, di riforma) dinanzi alla Camera. La competenza a conoscere della controversia portata dinanzi all’esame della Corte Federale era, dunque, della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. Questa conclusione è confermata nel parere reso dalla Camera in data 19 giugno 2003. Si legge, infatti, a pag. 7 sub 16 che «[…] Peraltro, in linea di principio, non è da escludere che la Camera possa essere chiamata a occuparsi delle controversie sopra descritte ai punti 4-12 [trattasi di controversie relative ad un caso del tutto simile a quello oggetto del presente giudizio, n.d.r.], nell’ambito delle sue funzioni conciliativa e arbitrale, con riguardo sia al provvedimento della Corte Federale del 22 maggio 2003, sia alla decisione della CAF del 28 aprile 2003 […]». Ulteriore conferma può leggersi nella Deliberazione della Giunta Nazionale del CONI del 1° luglio 2003 e nella allegata «Relazione sulla situazione della controversia tra il Calcio Catania s.p.a. e la F.I.G.C.» di pari data. Nella Delibera del 1° luglio 2003 – prodromica al provvedimento del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 2 luglio 2003 di cui si dirà appresso – la Giunta Nazionale del CONI precisava che «[…] La Camera di Conciliazione e di Arbitrato per lo Sport ha funzione di norma di chiusura dell’Ordinamento Sportivo Italiano, garantendo alla Comunità Sportiva Nazionale la possibilità di ottenere l’esame ed eventuale pronunzia su qualsiasi controversia insorta ed instauratasi nell’ambito delle Federazioni, con il rispetto delle previsioni e norme di procedura previste dal Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport [e che essa] configura un sistema di vera giustizia arbitrale con potere di piena cognizione sulle controversie sportive […]». Sulla base di queste considerazioni – che l’Arbitro Unico condivide e pone a fondamento della propria decisione – la Giunta Nazionale del CONI deliberava di « […] invitare la F.I.G.C. a rimuovere, con la massima sollecitudine, i provvedimenti adottati al di fuori delle competenze degli Organi Federali aventi funzioni giustiziali e, comunque, ad adottare ogni provvedimento che riterrà idoneo al fine di riportare la situazione in termini di piena legittimità e rispetto dei principi sopra enunciati […] di invitare la F.I.G.C. a ricondurre la controversia […] con la massima urgenza, nella naturale sede sportiva, attraverso gli strumenti previsti dallo Statuto del CONI e dallo Statuto Federale […]». 4. L’affermazione della competenza della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport si coniuga con quella dell’incompetenza della Corte Federale a decidere la controversia de qua. Contrariamente a quanto assunto dalla Corte Federale, richiamando l’art. 32, 5° comma, dello Statuto F.I.G.C., per la tutela dei «diritti fondamentali personali o associativi» di Vis Pesaro Calcio l’Ordinamento federale – senza soluzione di continuità con i principi generali dell’Ordinamento Sportivo - apprestava, come sopra rilevato, «strumenti di garanzia». Lo «strumento di garanzia» è, appunto, la possibilità di ricorrere alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport sia attraverso il procedimento di conciliazione sia, all’esito di questo, attraverso il procedimento arbitrale di cui all’art. 12 dello Statuto CONI e 27 dello Statuto F.I.G.C. Depone in questo senso, tra l’altro, un argomento sistematico: la competenza della Camera è codificata nell’art. 27 dello Statuto Federale che apre il Titolo IV «Le garanzie» e che contiene anche le norme sulla composizione e sulle competenze della C.A.F. e, soprattutto, della Corte Federale. Né, per contestare questa conclusione, potrebbe essere fecondo addurre che l’art. 32, 5° comma, dello Statuto F.I.G.C. fa riferimento agli strumenti di garanzia nell’ordinamento federale. Infatti, la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport costituisce uno strumento di garanzia dell’ordinamento federale. La competenza della Camera e l’inserimento di questa tra le «Garanzie», invero, è la conseguenza di una scelta ben precisa del legislatore federale. Quest’ultimo, infatti, a’ sensi dello Statuto CONI (cfr. art. 22), avrebbe potuto anche scegliere di non sottoporre le controversie de quibus alla competenza arbitrale della Camera, riservandole ad altro organo arbitrale. 5. La Corte Federale ha giustificato il proprio intervento anche rappresentando l’esigenza di offrire una tutela urgente alle situazioni giuridiche soggettive di Vis Pesaro. Al riguardo, l’Arbitro Unico osserva che lo strumento di garanzia costituito dalla competenza della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport offre tutela ai diritti fondamentali, personali e associativi, anche in via d’urgenza, sia in fase di conciliazione sia in fase arbitrale (cfr., ad esempio, artt. 6, 3° comma; 9, 1° e 5° comma; 10, 3° comma; 20, 4° comma del Regolamento della Camera). 6. L’accertamento dell’assenza di potestas iudicandi in capo alla Corte Federale e il conseguente annullamento della decisione di quest’ultima del 22 maggio 2003 assorbono le altre questioni sollevate da Paternò Calcio. L’Arbitro Unico, pertanto, conferma la decisione della Commissione Federale d’Appello del 12 maggio 2003 e lascia alla F.I.C.G. ogni consequenziale atto. 7. La F.I.G.C. nella memoria 4 agosto 2003 ha chiesto all’Arbitro Unico di considerare annullata la decisione della Corte Federale oggetto del presente giudizio per effetto della statuizione del Consiglio Federale del 2 luglio 2003. Si tratta, invero, di un provvedimento adottato dal Consiglio Federale in ottemperanza, come si è riferito sopra, a quanto deliberato dalla Giunta Nazionale del CONI in data 1 luglio 2003. Tuttavia, l’esame della decisione assunta dal Consiglio Federale consente di attingere – anche solo attraverso il criterio ermeneutico letterale - alla conclusione che essa sia riferibile esclusivamente al «disposto della Corte Federale di cui al C.U. n. 12/CF del 22 maggio 2003, relativo al punteggio della gara Catania- Siena del 12 aprile 2003 […] ». Non può, pertanto, essere accolta la richiesta formulata dalla F.I.G.C. nella memoria 4 agosto 2003 di considerare annullata, per effetto del medesimo provvedimento (2 luglio 2003), la decisione della Corte Federale relativa alla (diversa) gara Pescara-Paternò del 19 aprile 2003. 8. Quanto finora esposto evidenzia la soccombenza della F.I.G.C. nel presente giudizio che giustifica la condanna della Federazione al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato e delle spese legali. Tale soccombenza è aggravata dalla circostanza che, in via di autotutela, la Federazione stessa avrebbe potuto, come in effetti ha fatto per l’analoga vicenda relativa alla gara Catania- Siena del 12 aprile 2003 di cui sopra, annullare la decisione della Corte Federale. P.Q.M. L’Arbitro Unico, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e deduzione: • in accoglimento della domanda formulata da Paternò Calcio s.r.l., annulla il provvedimento della Corte Federale di cui al C.U. n. 12/CF del 22 maggio 2003 relativo alla gara Pescara-Paternò del 19 aprile 2003; • conferma la decisione della Commissione di Appello Federale di cui al C.U. n. 43/C del 12 maggio 2003 relativa alla gara di cui sopra, lasciando alla Federazione Italiana Giuoco Calcio ogni consequenziale atto; • condanna la Federazione Italiana Giuoco Calcio al pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato, liquidati come da separata ordinanza; • condanna la Federazione Italiana Giuoco Calcio al pagamento in favore di Paternò Calcio s.r.l. degli onorari, diritti e spese di lite, liquidati come da separata ordinanza • condanna la Federazione Italiana Giuoco Calcio a rimborsare a Paternò Calcio s.r.l. i diritti amministrativi versati; • dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. Roma, 4 agosto 2003 – 19 novembre 2003. L’Arbitro Unico prof. avv. Maurizio Benincasa
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