F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2000-2001 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 31/C del 10/05/2001 n. 14,15 14 – APPELLO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO A CARICO DEI CALCIATORI AGLIETTI ALFREDO, ALLEGRI MASSIMILIANO, AMERINI DANIELE, BIZZARRI GIROLAMO, BANCHELLI GIACOMO, DONI CRISTIANO, GALLO FABIO, SIVIGLIA SEBASTIANO E ZAURI LUCIANO, PER ILLECITO SPORTIVO IN RELAZIONE ALLA GARA DI COPPA ITALIA PISTOIESE/ATALANTA DEL 20.8.2000: Banchelli Giacomo mesi 6; Gallo Fabio, Siviglia Sebastiano, Zauri Luciano, Aglietti Alfredo e Allegri Massimo, anni 1; Amerini Daniele, Bizzarri Girolamo e Doni Cristiano, prosciolti (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 378 del 29.3.2001) 15 – APPELLI DEI CALCIATORI BANCHELLI GIACOMO, GALLO FABIO, SIVIGLIA SEBASTIANO E ZAURI LUCIANO, TESSERATI PER L’ATALANTA CALCIO, AGLIETTI ALFREDO E ALLEGRI MASSIMO,TESSERATI PER L’A.C. PISTOIESE, AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA LORO INFLITTE, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE IN RELAZIONE ALLA GARA DI COPPA ITALIA PISTOIESE/ATALANTA DEL 20.8.2000, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 COMMA 1 E 2 COMMA 6 C.G.S.: Banchelli Giacomo mesi 6; Gallo Fabio, Siviglia Sebastiano, Zauri Luciano, Aglietti Alfredo e Allegri Massimo, anni 1 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 378 del 29.3.2001)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2000-2001 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 31/C del 10/05/2001 n. 14,15 14 - APPELLO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO DECISIONI A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO A CARICO DEI CALCIATORI AGLIETTI ALFREDO, ALLEGRI MASSIMILIANO, AMERINI DANIELE, BIZZARRI GIROLAMO, BANCHELLI GIACOMO, DONI CRISTIANO, GALLO FABIO, SIVIGLIA SEBASTIANO E ZAURI LUCIANO, PER ILLECITO SPORTIVO IN RELAZIONE ALLA GARA DI COPPA ITALIA PISTOIESE/ATALANTA DEL 20.8.2000: Banchelli Giacomo mesi 6; Gallo Fabio, Siviglia Sebastiano, Zauri Luciano, Aglietti Alfredo e Allegri Massimo, anni 1; Amerini Daniele, Bizzarri Girolamo e Doni Cristiano, prosciolti (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 378 del 29.3.2001) 15 - APPELLI DEI CALCIATORI BANCHELLI GIACOMO, GALLO FABIO, SIVIGLIA SEBASTIANO E ZAURI LUCIANO, TESSERATI PER L’ATALANTA CALCIO, AGLIETTI ALFREDO E ALLEGRI MASSIMO,TESSERATI PER L’A.C. PISTOIESE, AVVERSO LE SANZIONI DELLA SQUALIFICA LORO INFLITTE, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE IN RELAZIONE ALLA GARA DI COPPA ITALIA PISTOIESE/ATALANTA DEL 20.8.2000, PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1 COMMA 1 E 2 COMMA 6 C.G.S.: Banchelli Giacomo mesi 6; Gallo Fabio, Siviglia Sebastiano, Zauri Luciano, Aglietti Alfredo e Allegri Massimo, anni 1 (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 378 del 29.3.2001) Con atto del 30.10.2000, il Procuratore Federale deferiva alla Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti i calciatori Alfredo Aglietti, Massimiliano Allegri, Daniele Amerini, Gianluca Lillo e Girolamo Bizzarri - tesserati per l’A.C. Pistoiese – e i calciatori Giacomo Banchelli, Cristiano Doni e Sebastiano Siviglia - tesserati per l’Atalanta Calcio -, per rispondere di illecito sportivo ex art. 2 comma 1 C.G.S., in relazione ad illecito accordo per alterare lo svolgimento e il risultato della gara di Coppa Italia fra le squadre di appartenenza, disputata a Bergamo il 20.8.2000 e inserita nel concorso pronostici, favorendo l’esito parziale-finale 1-X sul quale venivano effettuate numerose scommesse, anche da familiari o persone vicine ai calciatori suddetti. Il procedimento disciplinare, iniziato dinanzi alla competente Commissione, veniva da questa sospeso il 24.11.2000, con restituzione degli atti al Procuratore Federale, che, il successivo 6.2.2001, completate le indagini dell’Ufficio responsabile, deferiva anche i calciatori Fabio Gallo e Luciano Zauri - entrambi dell’Atalanta Calcio - perché rispondessero di concorso nell’illecito suddetto. Con delibera pubblicata nel C.U. n. 378 del 29 marzo 2001, la Commissione Disciplinare - pur ritenendo che l’illecito in contestazione fosse stato commesso - opinava che non vi fossero prove sufficienti della partecipazione al medesimo dei deferiti, taluni dei quali, peraltro, ne erano sicuramente venuti a previa conoscenza, senza ottemperare all’obbligo di denuncia ed anzi dando indicazione a terzi dello sviluppo concordato, in modo da facilitarne le vincite derivanti dalle relative scommesse, condotta quest’ultima dichiarata violatrice dell’art. 1 C.G.S.; e pertanto, mentre proscioglieva i calciatori Amerini, Bizzarri, Doni e Lillo (nei confronti del quale vi era stata conforme richiesta del Procuratore Federale), squalificava il Banchelli - in rapporto alla sola omessa denuncia - per sei mesi e tutti gli altri per un anno. Tale decisione veniva impugnata dinanzi a questa Commissione d’Appello sia dal Procuratore Federale (tanto in ordine alla qualificazione giuridica dell’incolpazione, quanto nei confronti dei prosciolti, tranne il Lillo) sia dai calciatori ritenuti responsabili; presentava memoria difensiva in replica il Doni, cui si univano - nell’eccepire la inammissibilità del gravame proposto dal Procuratore Federale - il Siviglia, il Banchelli, il Gallo e lo Zauri. All’odierna seduta di questa C.A.F. comparivano il Procuratore Federale e gli incolpati, assistiti dai loro difensori, che concludevano: il primo, dopo aver eccepito l’inammissibilità degli appelli proposti dai calciatori, per l’affermazione generale di responsabilità in ordine all’illecito sportivo originariamente contestato, con inflizione di adeguata squalifica; gli altri, per il completo proscioglimento e, in subordine, per la mitigazione variamente argomentata della sanzione già inflitta. Ciò premesso, rileva preliminarmente la C.A.F. che sono infondate le reciproche eccezioni di inammissibilità degli appelli. Per ben comprenderne il fondamento, occorre rilevare che il solo dispositivo della decisione espressa dalla Commissione Disciplinare venne pubblicato sul C.U. n. 371 del 23 marzo 2001, mentre la pubblicazione della completa delibera, contenente quindi anche la motivazione, avvenne sul bollettino sopra già indicato; sostengono i calciatori interessati che il Procuratore Federale avrebbe dovuto appellarsi nel termine decorrente dal primo comunicato ufficiale, contenente il “decisum” della Commissione Disciplinare, visto che l’art. 27 C.G.S. si richiama alla pubblicazione della “decisione” e per tale non può che intendersi il dispositivo. La tesi è infondata, bastando rilevare che senza la previa conoscenza dell’apparato argomentativo che la caratterizza, nessuna decisione può essere impugnata, tanto è vero che non è prevista alcuna scissione tra dichiarazione di appello e presentazione dei motivi; l’appello è atto contestuale di impugnazione e sostegno motivazionale. Quindi, l’impugnazione, presentata dal Procuratore Federale nei termini decorrenti dal C.U. n. 378 del 29 marzo 2001 è tempestiva. Lo stesso Procuratore Federale, come si è visto, ha ritenuto di eccepire la inammissibilità degli appelli dei calciatori; anche per comprendere tale eccezione, occorre premettere che i tesserati per l’Atalanta Calcio hanno proposto motivato appello sia dopo la pubblicazione del dispositivo che dopo quella dell’integrale provvedimento: il Procuratore Federale ha ritenuto che fossero addirittura inesistenti le prime impugnazioni, visto che ancora il convincimento della Commissione Disciplinare non era stato reso noto; e tardive le seconde (coinvolgendo anche quelle dei tesserati per l’A.C. Pistoiese) in quanto, col C.U.del 28 marzo 2001, il Commissario Straordinario della F.I.G.C. aveva disposto l’abbreviazione a tre giorni dei termini per ricorrere alla C.A.F., con la conseguenza che tutti gli appelli - non essendovi stata previa richiesta degli atti ufficiali - erano stati presentati oltre tale termine. Rileva la Commissione che la prima proposizione è del tutto irrilevante, considerato che i calciatori che avevano proposto appello dopo la pubblicazione del primo comunicato, l’hanno reiterata dopo quella del secondo; relativamente al quale - e ciò vale per tutti gli appellanti - se è vero che il comunicato federale è datato 28.3.2001, non è nota la data della effettiva pubblicazione (avvenuta, poi, da parte della Lega Nazionale Professionisti il 4.4.2001); cosicché, per il noto principio del “favor impugnationis” deve ritenersi infondata anche la seconda articolata eccezione, dal momento che tutti gli appelli sono stati presentati entro il settimo giorno dalla pubblicazione del C.U. n. 378 del 29 marzo 2001. Entrando nel merito dell’incolpazione, deve rilevarsi che la Commissione Disciplinare ha condiviso l’assunto accusatorio, secondo il quale la gara Atalanta/Pistoiese fu oggetto di un illecito disegno, volto a pilotarne il risultato, nel senso che al vantaggio atalantino del primo tempo, dovesse seguire il pareggio finale - esito questo che sarebbe corrisposto ad una fruttuosa possibilità di scommesse, visto che le agenzie lo avevano accoppiato ad una gara qualificata come “evento speciale”. Il Procuratore Federale sostiene - lo ha ribadito col suo appello ed esplicato nel corso della odierna discussione - che l’illecita iniziativa sia stata assunta da calciatori della Pistoiese e che sia stata accolta da quelli dell’Atalanta nel corso di una cena svoltasi alla vigilia della gara, alla quale taluni di costoro avevano partecipato; significativamente, le scommesse erano cominciate dopo tale cena. La delibera impugnata ha escluso tale ricostruzione, che in effetti non può essere condivisa; a parte, invero, la mera congetturalità della premessa - nulla indicando che da calciatori pistoiesi sia partita l’idea dell’illecito - è privo di logica anche il ragionamento che ne è conseguito, giacché neppure lo stesso Procuratore Federale ha spiegato per quale ragione, se l’accordo si perfezionò proprio durante quella cena, non tutti i calciatori atalantini che vi parteciparono - ad esempio il Carrera - sono stati deferiti, mentre e per converso è stato deferito chi non vi prese parte - per esempio il Siviglia; la scelta è rimasta priva di giustificazione e, nella sua incoerenza rispetto alla premessa di cui sopra, appare priva di logica e di efficacia probatoria. D’altra parte, va aggiunto che è stata testimonialmente smentita la circostanza, introdotta nel quadro accusatorio, secondo la quale taluno dei convitati avrebbe addirittura consigliato a personale del ristorante di puntare sul parziale-finale della partita; anzi, è stato escluso che dalla gara si fosse in quella occasione parlato. Mentre l’episodio del calciatore Banchelli, il quale, dopo la cena, andò presso un’agenzia di scommesse a chiedere il significato di una puntata “finale-parziale” - circostanza che è stata ritenuta confermativa almeno della sua consapevolezza dell’avvenuto accordo sull’esito della gara – non pare significativo in tal senso, perché delle due l’una: o il Banchelli è una sorta di “minus habens” che, dopo una intera serata nella quale si sarebbe discusso di tale risultato (addirittura consigliando di scommettervi sopra), non aveva ancora capito nulla e allora non si vede che cosa avrebbe dovuto denunciare o come fosse addirittura partecipe dell’illecito accordo, nell’ottica del Procuratore Federale; oppure non se ne era affatto discusso e costui venne colto da estemporanea curiosità al riguardo. È evidente, allora, che si tratta di un dato non univocamente utilizzabile nel senso in cui è stato proposto ed interpretato. Con la conseguenza ulteriore che anche l’inizio delle scommesse dopo la cena non è più indizio certo di un accordo intervenuto. Ma, come si diceva, la Commissione Disciplinare ha egualmente ritenuto che l’illecito ricorra a proposito della gara in esame, sulla base di un duplice elemento di valutazione: anzitutto, il volume, definito anomalo, di scommesse sulla medesima e in specie sul risultato 1-X, che aveva insospettito le agenzie Snai e Strike, da ultimo inducendo la prima a sospendere l’accettazione delle puntate; in secondo luogo, la loro concentrazione in particolari zone (significativa quella pistoiese) con l’ulteriore particolarità che, ogni qual volta se ne era potuto individuare l’autore, si era rilevato essere persona per vari ragioni vicina a taluno dei calciatori inquisiti, la quale all’atto della riscossione (peraltro non sempre avvenuta) della vincita aveva assunto sospetti atteggiamenti. Ritiene la C.A.F. che tale argomentare non sia dimostrativo dell’assunto; hanno giustamente osservato i difensori dei calciatori che di anomalia del flusso di scommesse si potrebbe parlare solo se quello concernente la gara in questione fosse stato oggetto non di rilevazione esclusiva, ma comparata con quelli delle altre gare e degli altri risultati – né varrebbe replicare che una riprova della ritenuta anomalia si ricava dall’atteggiamento delle agenzie di scommesse, che evidentemente tale la valutarono se ridussero o addirittura chiusero l’accettazione. Intanto, delle due sopra indicate solo la Snai adottò drastiche iniziative e, ciò che più conta, segnalò alla competente autorità non tanto il dato oggettivo del fenomeno, quanto quello soggettivo, ovvero che fra gli scommettitori era stato riconosciuto il padre dell’Aglietti (che, peraltro, si dà per pacifico sia scommettitore abituale); tanto è vero che di un vero e proprio “accanimento” di giocate si potrebbe parlare solo per quelle seguite alla scommessa operata da quel Maestri - a sua volta definito scommettitore abituale - che viene ricollegato alle persone del Doni e dello Zauri (come amico del primo e cognato del secondo), il quale però aveva inizialmente inteso puntare su un risultato diverso e che, quando in un secondo momento si orientò sul parziale-finale, fu seguito da uno stuolo di persone che avevano riconosciuto in lui appunto il parente di un calciatore - circostanza questa che se la dice lunga su quello che la pubblica opinione, almeno in certi ambiti, pensa della lealtà dei tesserati, non può tuttavia supportare l’accusa, vista la singolarità della situazione, che non si è altrove ripetuta, essendo stato il numero delle giocate degli scommettitori individuati non rilevante e avendo avuto, tranne che per il Maestri, un riscontro economico modesto e non idoneo a giustificare una previa consapevolezza dello svolgimento della gara in questione. Non è univoco neanche il dato della (parziale) identificazione degli scommettitori come persone in qualche modo legate ai calciatori, perché non a tutti si adatta il rilievo: l’Amerini, il Bizzarri, il Doni (che pure il Procuratore Federale indica come centro-motore dell’illecito accordo, stigmatizzando la sua abitudine di scommettere anche su gare della propria squadra, ma che è stato coinvolto per pregressi contatti col Maestri, il quale, tuttavia, secondo l’ipotesi accusatoria avrebbe utilizzato la sua parentela con lo Zauri), il Banchelli non hanno scommesso né sono ricollegabili a scommettitori. Né particolari conclusioni negative possono trarsi dal contegno degli scommettitori all’atto della riscossione, o in rapporto alla mancata esazione, essendo stato fatto rilevare che la gara in esame era divenuta, dopo la denuncia resa di pubblico dominio, oggetto di grande pubblicità oltre che di inchieste giudiziarie e disciplinari; con la conseguenza che né il riserbo né la rinuncia alle non sempre pingui vincite possono essere spiegati con la consapevolezza dell’illecito perpetrato dai calciatori. La stessa Commissione Disciplinare ha escluso che potessero provare la responsabilità dei deferiti per coinvolgimento nell’illecito contestato, le conversazioni telefoniche indubbiamente intercorse fra calciatori o fra questi e loro sodali, poi divenuti scommettitori; anzitutto, perché l’esame dei tabulati non era stato accortamente effettuato dagli inquirenti (tanto che una successiva consulenza tecnica aveva grandemente ridotto il numero dei contatti e, poi, fra questi sceverato le vere e proprie conversazioni dai semplici tentativi andati a vuoto, come dimostrava la durata, talvolta di pochi secondi, dei contatti stessi) ma poi perché era ovviamente rimasto ignoto il contenuto delle conversazioni. Ha peraltro ritenuto che il reiterarsi delle stesse, la loro effettuazione più o meno in corrispondenza delle scommesse, la qualità degli interlocutori fossero elementi che dimostravano quanto meno la conoscenza da parte dei deferiti dell’esistenza di un accordo illecito, da loro non denunciato ed anzi sfruttato per favorire le scommesse di parenti e amici. La illogicità di tale riduttiva prospettazione appare evidente: se i calciatori in questione ebbero contezza (anche se non si sa bene dove, quando e da chi, visto che l’illecito, secondo la Commissione Disciplinare non si perfezionò durante la cena sopra ricordata) che un accordo per pilotare il risultato della gara di Coppa era intercorso (evidentemente tra compagni di squadra e avversari) e ciò nonostante l’indomani vi presero parte in campo o in panchina, non solo accettando ma contribuendo al conseguimento di quello specifico risultato - giocarono Aglietti, Allegri, Gallo, Zauri, Doni, Donati - non si vede come l’addebito possa essere di solo omessa denuncia. È vero, infatti, che l’illecito sportivo ex art. 2 C.G.S. si configura come reato a consumazione anticipata o di pura condotta, tanto da realizzarsi anche a prescindere dal conseguimento della illecita finalità; ma per concorrervi non occorre esserne stati promotori, essendo invece sufficiente anche un inserimento successivo, tale da allargare l’area dei partecipanti, ognuno dei quali sia portatore di un contributo causale efficiente. E non v’è dubbio che se i deferiti appresero dell’illecito accordo e poi disputarono la gara che ne era oggetto, contribuendone al risultato che fu conforme a quanto divisato, sarebbe logico parlare di piena adesione e quindi di responsabilità secondo l’originaria contestazione. Se questa C.A.F. ritiene che a tale conclusione non possa pervenirsi - pur restando fortissimi i dubbi sulla correttezza del comportamento dei tesserati - è per altre ragioni. La stessa delibera impugnata riconosce che nel caso in esame non sono state acquisite prove, ma solo indizi; indizi, va aggiunto, nessuno dei quali è ravvisabile in un fatto antecedente la gara, per cui della sussistenza dell’illecito si è opinato con un procedimento induttivo, il quale - non potendoo tenere conto delle attività che sarebbero state necessarie in vista dell’accordo, e ferma restando la congetturalità della costruzione accusatoria offerta dal Procuratore Federale - si è basato unicamente sulla anomalia del flusso di scommesse e sui rapporti dei calciatori con gli scommettitori. Del primo aspetto si è già detto sopra trattarsi di un indizio privo delle qualità minime di tale fonte probatoria; l’indizio, invero, deve essere un fatto certo dal quale si risale ad uno incerto, che viene provato sulla base della gravità, precisione e concordanza indiziante; l’anomalia del flusso di scommesse è un dato incerto e quindi non occorre neppure la ricerca delle sue caratteristiche, nel senso probatorio sopra indicato. È un dato certo, invece, che intercorsero telefonate fra calciatori deferiti e fra questi e persone loro legate; la Commissione Disciplinare aveva già fatto giustizia del rilievo probatorio delle telefonate riguardanti i calciatori Amerini, Bizzarri, Doni, osservando che esse erano ristrette tra tali soggetti e non avevano attinto terzi estranei; correttamente è stato ritenuto che mancasse una correlazione con le scommesse, anche perché gli interessati avevano dato adeguate spiegazioni circa i loro personali contatti. Ritiene la C.A.F. che in proposito non vi sia nulla da aggiungere, in quanto l’appello del Procuratore Federale chiarisce soltanto che il medesimo non crede alle dichiarazioni dei calciatori, senza però addurre solidi elementi di sostegno alla sua visione; se non riguardo alla posizione del Doni, cui l’appellante addebita la conoscenza di quel tale Maestri (peraltro poi collegato allo Zauri per via di acquisita parentela) insieme al quale il calciatore avrebbe in precedenza effettuato giocate su partite di calcio: non è chi non veda l’inconferenza di tale argomento rispetto al caso in esame e la sua insussistenza indiziaria. Per quanto concerne gli altri tesserati, il Procuratore Federale parte da un dato sopravvalutato sul piano logico, ovvero che le scommesse siano cominciate dopo la cena più volte citata; i difensori degli incolpati hanno osservato che è indubbia la logica argomentativi del “post hoc ergo propter hoc”, ed invero, specialmente pensando che non tutti quelli che l’appellante ritiene addirittura autori di un illecito - e fra questi il maggiore indiziato - ebbero a scommettere o ad aver contatti con gli scommettitori, c’è da dubitare della rilevanza probatoria del dato cronologico. Anche perché, come è pacifico, le scommesse sul risultato “parziale-finale” avvennero in tutta Italia e non è stato, ovviamente, possibile appurare se tutte ebbero a seguire detta cena. Resta il fatto, indubbiamente sospetto, dei numerosi contatti telefonici degli altri tesserati, talora in epica ravvicinata (prima o dopo) alla effettuazione delle scommesse; ma qui il dato indiziante è privo della necessaria univocità, non solo perché i tesserati hanno variamente e non sempre inefficacemente giustificato con interessi di famiglia (ad esempio, lo Zauri, che aveva la sorella vicina ad un parto travagliato) o con normali rapporti affettivo-amicali le telefonate; ma anche perché, nei casi di maggiore evidenza - come quello dell’Allegri o dello stesso Zauri o del Siviglia o del Gallo - gli interlocutori erano familiari abituali scommettitori, circostanza questa di duplice valenza, potendosi sia ipotizzare che costoro avrebbero in ogni caso scommesso, sia che alla scommessa siano stati incoraggiati, con la prospettata certezza della vincita, dai congiunti calciatori. Ciò dicasi a tacere, poi, delle non lievi perplessità che suscitano le modalità e l’efficacia probatoria di taluni riconoscimenti personali (come quello dello zio del Gallo, o quello fallito della di lui moglie o di quel tale Antrilli ricollegato senza valide argomentazioni alla posizione dell’Allegri); mentre la coincidenza temporale talora ravvisata nelle telefonate fra tesserati e scommettitori è a sua volta equivoca, non trattandosi sempre di conversazioni effettive o avendo durata talmente breve da non convincere senza ombra di dubbio che il contenuto potesse avere rapporto colle scommesse. In conclusione, il quadro probatorio non si è validamente realizzato; vi sono indizi di reità, ma non caratterizzati da precisione e concordanza e quindi i deferiti debbono essere prosciolti da ogni addebito. Vanno restituite le tasse versate. Per questi motivi la C.A.F., riuniti gli appelli come innanzi proposti dal Procuratore Federale e dai calciatori Banchelli Giacomo, Gallo Fabio, Siviglia Sebastiano, Zauri Luciano, Aglietti Alfredo e Allegri Massimo, così decide: - respinge l’appello del Procuratore Federale; - accoglie quelli dei suindicati calciatori prosciogliendoli da ogni addebito; - ordina la restituzione delle relative tasse.
DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it