CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 8 del 18/03/2014 – Antonella Dallari/Amos Cisi/Renata Raineri/Comitato Olimpico Nazionale Italiano/Gianfranco Ravà-Alberto De Nigro- Max Barbacini

CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 8 del 18/03/2014 – Antonella Dallari/Amos Cisi/Renata Raineri/Comitato Olimpico Nazionale Italiano/Gianfranco Ravà-Alberto De Nigro- Max Barbacini L’Alta Corte di Giustizia Sportiva composta da dott. Franco Frattini - Presidente prof. Massimo Zaccheo prof.ssa Virginia Zambrano prof. Attilio Zimatore - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio introdotto dal ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 37 del 2013, presentato, in data 20 dicembre 2013, da parte dei signori Antonella Dallari, Amos Cisi, Renata Raineri, agenti in proprio e nelle rispettive qualità, tutti rappresentati e difesi dagli Avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli; CONTRO Comitato Olimpico Nazionale, rappresentato dall’Avv. Alberto Angeletti; E NEI CONFRONTI dell’Avv. Gianfranco Ravà, nella sua qualità di Commissario Straordinario della F.I.S.E.-Federazione Italiana Sport Equestri, rappresentato dall’Avv. Prof. Guido Valori; per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia della delibera del Consiglio nazionale del CONI n. 1491 del 10 luglio 2013 avente ad oggetto la proposta di proroga per un ulteriore semestre del commissariamento in essere, nonché di ogni altro atto coordinato o connesso; Visti il ricorso e gli allegati; Vista la memoria di costituzione e risposta del CONI; Vista la memoria di costituzione e risposta dell’Avv. Ravà; Vista la delibera n. 1491 del 10 luglio 2013 del Consiglio Nazionale del CONI, nonché la delibera della Giunta n. 253 del 9 luglio 2013 e gli atti collegati (risultanze Commissione mista F.I.S.E.-CONI); Visti i motivi aggiunti della ricorrente Sig.a Dallari et al.; Viste le memorie difensive del CONI e della F.I.S.E.; Vista la sentenza del TAR n. 9993 del 19 novembre 2013; Uditi, all’udienza pubblica del 18 febbraio 2014, l’Avv. Medugno per la ricorrente Federazione Italiana Sport Equestri e per i resistenti gli Avv. Angeletti per il CONI e l’Avv. Prof. Guido Valori per Gianfranco Ravà, Commissario Straordinario della F.I.S.E.; Visti tutti gli atti e i documenti di causa; Udito il relatore, Prof. Virginia Zambrano Ritenuto in fatto A. - Con ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 37 del 2013, presentato, in data 20 dicembre 2013, contro il CONI e nei confronti dell’Avv. Gianfranco Ravà nella qualità di Commissario Straordinario F.I.S.E., i Sigg. Antonella Dallari, Amos Cisi, Renata Raineri hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della delibera del Consiglio nazionale del CONI n. 1491 del 10 luglio 2013 avente ad oggetto la proposta di proroga per un ulteriore semestre del commissariamento in essere, nonché di ogni altro atto coordinato o connesso. I ricorrenti, dopo avere esposto che il Tar del Lazio con sentenza emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a. e depositata in data 22.11.2013 (Sez. III quater) ha annullato la decisione n. 19 del 27 giugno 2013, con la quale l’Alta Corte aveva accolto il ricorso proposto dal Circolo Ippico Uccellina ASD avverso le operazioni elettorali che avevano condotto, in esito all’Assemblea Federale del 10 settembre 2012, all’elezione del Presidente della F.I.S.E., nella persona della Sig.a Dallari e, dopo aver sottolineato come il Tar, con la sentenza parziale di accoglimento del ricorso avverso la delibera del C.N. 1491/2013, abbia stimato opportuno aprire ad un sindacato separato dei due corredi motivazionali della delibera in epigrafe, pur ritenendoli parte di un medesimo provvedimento hanno dedotto i seguenti motivi: A. – violazione e falsa applicazione dell’art. 27, punto 9), Statuto F.I.S.E., nonché eccesso di potere, sotto vari profili: 1.1- il commissariamento della F.I.S.E. sarebbe stato disposto in applicazione della previsione di cui all’art. 27, punto 9), Statuto F.I.S.E. operando una non corretta applicazione della norma de qua che, in ipotesi impedimento definitivo del Presidente attribuisce al Vice Presidente Vicario il compito di indire la convocazione dell’Assemblea straordinaria per l’avvio del procedimento di rinnovo delle cariche; 1.2. - eccesso di potere per errore nei presupposti, giacché, venuto meno l’organo di governo della F.I.S.E., sarebbe stato del tutto illogico disporre il Commissariamento di un organismo non più esistente; 1.3. - eccesso di potere per contraddittorietà nella motivazione in quanto i componenti dell’organo esautorato sarebbero stati destinatari di un provvedimento menomativo delle loro prerogative, e per vicende che non attengono al profilo squisitamente sportivo, esulando tanto dal commissariamento “per gravi violazioni dell’ordinamento sportivo”, quanto dal commissariamento “per impossibilità di funzionamento degli organi direttivi”; 1.4. - eccesso di potere per violazione delle garanzie partecipative giacché sarebbe stata omessa la rituale comunicazione dell’atto di avvio del procedimento, cosa che avrebbe privato parte ricorrente della possibilità di partecipare al procedimento, con la conseguenza che la decisione sarebbe stata assunta senza contraddittorio e fuori ogni controllo; 1.5. - eccesso di potere per l’inesistenza delle condizioni a presupposto del commissariamento, in quanto non si sarebbe tenuto conto del fatto che l’attuale Consiglio e la Presidente erano ben avveduti della complessa situazione finanziaria della F.I.S.E., al punto che non solo la Pres. Dallari aveva posto l’obiettivo del raggiungimento di una situazione di ripianamento finanziario a fondamento del proprio programma, ma tutto ciò avrebbe avuto anche l’approvazione del CONI, la cui Giunta Nazionale non solo l’11 giugno 2013 approvava il bilancio preventivo di esercizio, ma addirittura acconsentiva alla nomina di una Commissione mista (CONI-F.I.S.E.), in vista del progetto di risanamento federale. Tanto, senza considerare che la relazione predisposta dai “Servizi amministrativi CONI Ente e Internal Audit” dell’8 luglio non sarebbe stata comunicata alla F.I.S.E.; 1.6.- sviamento di potere per aver il CONI, con la delibera impugnata, e attesa l’insussistenza delle condizioni per disporre il commissariamento, fatto esercizio di un potere ampiamente discrezionale; 2.- Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 23 dello Statuto Coni nonché difetto di adeguata istruttoria, contraddittorietà ed illogicità, in considerazione dell’inesistenza di quelle gravi irregolarità amministrative da assumere a presupposto del commissariamento, il quale sarebbe stato disposto solo sulla base di un artificio interpretativo; inesistenza di condizioni, dunque, vieppiù rilevante atteso che, sotto il profilo gestorio, alcuna censura/addebito poteva muoversi alla governance facente capo alla ricorrente Sig.a Dallari; 3. – invalidità derivata, questa estendendosi al provvedimento della Giunta Nazionale dell’11 dicembre 2013 (delib. 440) che accede alla richiesta di proroga del commissariamento per un ulteriore semestre. Il ricorso chiede anche una sospensione cautelare del provvedimento impugnato, stante il periculum in mora, in ragione della necessità – cessato il Commissariamento – di reintegrare gli eletti democraticamente nella pienezza delle loro funzioni, al fine di evitare una gestione sostitutiva inutile e dispendiosa. B.- Con ricorso ex art. 112 c.p.a. i Sig.ri Antonella Dallari, Amos Cisi, Renata Raineri, agenti in proprio e nelle rispettive qualità, tutti rappresentati e difesi dagli Avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli; contro il Comitato Olimpico Nazionale, rappresentato dall’Avv. Alberto Angeletti; e nei confronti dell’Avv. Gianfranco Ravà, nella sua qualità di Commissario Straordinario della F.I.S.E.-Federazione Italiana Sport Equestri, rappresentato dall’Avv. Prof. Guido Valori, depositavano in data 20 dicembre 2013 al Tar Lazio, Sez. III, richiesta di chiarimenti in merito alla sentenza Tar 9993/2013, al fine di stimolare il giudicante ad esprimersi in ordine alla inutilità di procedere a nuove elezioni una volta dichiarata la legittimità della precedente consultazione. C.- Si è costituito in giudizio il CONI in data 30 dicembre 2013 con memoria difensiva anch’essa volta a chiarire, in fatto e in diritto, la vicenda. In punto di diritto, in rapporto ai provvedimenti impugnati, si poneva in rilievo: 1. la circostanza che il Tar, lungi dal disporre che, cessato il commissariamento, i ricorrenti potessero (ri)accedere alle loro cariche, aveva esclusivamente rilevato il venir meno di quella parte della motivazione - di cui alla decisione dell’Alta Corte n. 19/2013 - posta a base del commissariamento; 2. si contestava l’interpretazione di parte ricorrente secondo la quale l’esecutorietà della decisione dell’Alta Corte di annullamento delle elezioni e del commissariamento avrebbe comportato la decadenza dei Consiglieri, con la conseguenza di privare costoro della legittimazione a sindacare l’autonoma causa di commissariamento basata sulla rilevazione di irregolarità gestorie. Tanto, al fine di superare, con un artificio argomentativo, la tardività del gravame. 3. Osservava il CONI che, piuttosto, occorreva riconoscersi l’unitarietà del provvedimento di commissariamento, come atto contraddistinto da unicità di scopo, sebbene fondato su due distinte motivazioni, sì che l’interesse ad agire andava verificato in riferimento al disposto provvedimentale nel suo complesso; 4. si ribadiva l’inesistenza di alcun intento sanzionatorio del commissariamento, il cui unico fondamento è quello fondato sulla “grave situazione amministrativo-contabile in cui versa la F.I.S.E., (retto) cioè da motivi del tutto autonomi e distinti da quelli che hanno formato oggetto della decisione del giudice sportivo” (Tar, Sez.III Quater n. 9993/2013); D.- In data 30 dicembre 2013 l’Avv. Gianfranco Ravà si è costituito in giudizio con memoria che contiene diffuse precisazioni in fatto sulla vicenda, nonché sulla questione della competenza dell’Alta Corte, in ragione della cd. “pregiudiziale sportiva” di cui all’art. 3, comma 1, l. 280/2003 che non consente di considerare il ricorso all’Alta Corte quale alternativo a quello giurisdizionale. Sì che non solo il presente ricorso, in rapporto alla questione del commissariamento, dovrebbe reputarsi inammissibile e/o improcedibile in quanto tardivo, perché presentato oltre il termine di 30 giorni ex art. 4 del Codice dei giudizi, ma neppure troverebbe spazio alcuna translatio judicii per non essere Tar e Alta Corte soggetti appartenenti al medesimo ordinamento, né (come si diceva) alternativi fra loro, data l’autonomia, appunto, dei due ordinamenti. In punto di diritto, in rapporto ai provvedimenti impugnati, si poneva dunque in rilievo: - l’inammissibilità del ricorso per la sua estraneità alla materia sportiva (art. 1, comma 2, Codice dei Giudizi); - la legittimazione del CONI ad assumere il provvedimento di Commissariamento, ex artt. 7, lett. f) e 23, punto 3, dello Statuto del CONI nonché la natura unitaria del provvedimento con il quale il CONI, appunto, nell’ambito dei suoi poteri di vigilanza, disponeva il Commissariamento sia per impossibilità di funzionamento degli organi federali, sia per la constatata presenza di gravi irregolarità di gestione (quale effetto della decisione dell’Alta Corte 19/2013); - si puntualizzava del pari che il Commissariamento è provvedimento non rivolto alle persone ma, in presenza delle condizioni stabilite dallo Statuto, colpisce l’Ente; - si evidenziava l’inammissibilità della doglianza di parte ricorrente volta a far valere la violazione del principio di cui all’art. 7. L. 241/1990 in merito al mancato avviso di avvio del procedimento. Tale avviso non sarebbe stato necessario in considerazione del protrarsi nel tempo delle irregolarità, senza che alcuna concreta attività fosse disposta per provvedere alla grave situazione finanziaria, a dispetto del fatto che, già a far data dal 2006, fra F.I.S.E e CONI fossero intercorsi una serie di atti e incontri, per cui la prima era stata ben messa in grado di collaborare; - infine, sulla richiesta cautelare, si faceva osservare l’infondatezza della stessa, non risolvendosi il commissariamento in una parentesi gestoria ad adiuvandum degli eletti sì che, acclarata la legittimità delle operazioni elettorali, questi ritornerebbero in carica. E.- In data 7 febbraio 2014 presentava il CONI memoria difensiva nella quale si ribadiva l’unitarietà del provvedimento di commissariamento della F.I.S.E., come fondato su due autonome motivazioni, idonee entrambe a giustificare l’adozione del provvedimento, come desumibile dalla stessa motivazione usata dal giudice amministrativo; - si avvalorava quindi l’esistenza, in capo alle parti, dell’interesse ad agire con la proposizione tempestiva del giudizio dinanzi all’Alta Corte e, quindi, si sottolineava la tardività e l’inammissibilità dell’attuale ricorso proposto oltre i termini di cui all’art. 4, punto 1, Codice dell’Alta Corte; - sul profilo del commissariamento disposto dal CONI si faceva osservare come esso fosse supportato dalla grave situazione amministrativa-contabile e quindi si reggesse su motivi autonomi e distinti da quelli che avevano formato oggetto della decisione del Giudice Sportivo, radicandosi invece nel dovere di vigilanza del CONI sul corretto funzionamento delle Federazioni ex art. 23 dello Statuto; - si contestava la necessità di comunicazione dell’avvio del procedimento, atteso che siffatta comunicazione deve ritenersi ultronea allorché le garanzie procedimentali non produrrebbero alcun vantaggio per la mancanza di un potere concreto di scelta e, comunque, per il fatto che il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. - che, peraltro, persistendo la grave situazione di indebitamento, del tutto legittima doveva ritenersi la decisione di proroga del Commissariamento. F. - Con memoria difensiva del 10 febbraio 2014, il Commissario Gianfranco Ravà, nel richiamarsi a quanto eccepito e dedotto nella memoria di risposta ha sottolineato che i motivi aggiunti non evidenzierebbero alcuna ulteriore ragione di impugnazione e/o nuovo elemento rispetto alle deduzioni contenute nel ricorso introduttivo, osservando nel merito come non sia venute meno – a seguito della pronuncia 9993/2013 del Tar le esigenze di convocazione dell’assemblea per il rinnovo delle cariche elettive, non contenendo la sentenza de qua, alcuna statuizione in merito. Per contro, l’attività commissariale avrebbe posto le premesse per una corretta gestione amministrativa e contabile della Federazione, sì che la proroga del commissariamento sarebbe atto necessario per condurre ad effetto le iniziative intraprese (centralizzazione dell’acquisizione delle risorse derivanti da tesseramento; nuovo progetto tesseramento; commissariamento Comitato Regionale Emilia Romagna per irregolarità gestorie nonché, in considerazione della necessità di risolvere il conflitto di interessi della ricorrente Sig.a Dallari in relazione ad un contratto con la società Touch of class (società facente capo, direttamente o indirettamente, alla stessa Sig.a Dallari). Considerato in diritto La complessità della questione si delinea sotto molteplici profili i quali, assunta a premessa del ragionamento la definizione del rapporto fra ordinamento statale e ordinamento sportivo, coinvolgono aspetti sia di diritto sostanziale che processuale. Sotto il profilo sostanziale è necessario verificare se la delibera del CONI n. 1491 del 10.07.2013 che dichiarava decaduta la ricorrente Sig.a Dallari e nominava il Commissario in sostituzione della stessa sia da ritenersi un unico provvedimento, sorretto da due motivazioni, ovvero la delibera sia da intendersi costituita da due distinti provvedimenti. Ed, ancora, se – caduta per effetto della sentenza del TAR 9993/2013 la declaratoria di illegittimità delle elezioni così come disposta dal CONI – il riacquisto dello status per il presidente e i Componenti del Consiglio federale importi il (ri)acquisto della legittimazione ad agire per far valere il loro interesse a dolersi del commissariamento come fondato sull’addebito di “gravi irregolarità amministrative e contabili”. La definizione dei profili di diritto sostanziale – così come il corretto inquadramento dei rapporti fra Alta Corte di Giustizia e Giudice amministrativo - non può che riflettersi sulla questione della legittimazione ad agire avverso alla delibera di commissariamento. Il Collegio prescinde dall’esame dell’eccezione preliminare di inammissibilità, ritenendo che il ricorso sia infondato nel merito. 1.- Sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 27, punto 9), Statuto F.I.S.E. Fermo quanto statuito dal giudice amministrativo, lamenta parte ricorrente l’errore in cui sarebbe incorsa la Giunta Nazionale (e in adesione ad essa il Consiglio) per aver ritenuto che la declaratoria di invalidità del Presidente comportasse l’automatica decadenza dell’intero Consiglio federale, sulla base di una non corretta applicazione dell’art. 27, 9, dello Statuto della F.I.S.E. A ben vedere, il richiamo all’art. 27 dello statuto F.I.S.E. va inserito in un quadro normativo statutario che non può prescindere anche da quanto stabilisce il successivo art. 31. Vero è, infatti, che pur nelle articolate previsioni di cui all’art. 27, punti 8), 9) e 10) in relazione alle ipotesi di impedimento (temporaneo o definitivo, ovvero dimissioni), la previsione statutaria mira a salvaguardare la continuità dell’amministrazione, correttamente stabilendo che “in caso di impedimento definitivo (id est del Presidente)”, spetta al Vice Presidente Vicario disporre “la convocazione, entro 60 giorni, dell’Assemblea straordinaria, che deve aver luogo nei successivi 30 giorni, per il rinnovo delle cariche”. Altrettanto vero che l’art. 27 intende, appunto, solo riferirsi alle ipotesi di “impedimenti” (qui intesi in senso lato) relativi al normale svolgimento dell’attività gestoria e di amministrazione nel suo fisiologico dispiegarsi, come comprensivo di tutte quelle vicende che possono verificarsi nel corso del rapporto institorio. Ed è qui che trova spiegazione logica la previsione di attribuire al Vicepresidente vicario – onde assicurare la continuità della gestione – il compito di indire le elezioni per il rinnovo delle cariche. A conferma della correttezza della interpretazione sistematica ora indicata, si osserva che il riferimento all’intervento del Vice presidente vicario vale solo nel caso di cui ai punti 8) e 9), non anche per l’ipotesi di dimissioni del presidente. Il richiamo alla previsione di cui all’art. 27, in sé pertinente perché richiama la fattispecie generale, è destinato però ad arricchirsi, per il combinato disposto con quanto stabilisce l’art. 31 dello stesso Statuto. Tale norma, sotto la Rubrica “Decadenza del Consiglio Federale” al punto 1, a) recita: “Il Consiglio Federale decade: per dimissioni, impedimento o per qualsiasi altro motivo di cessazione dalla carica del Presidente Federale”. Ne consegue che è lo stesso Statuto a considerare, accanto alle ipotesi tradizionali e più semplici di “impedimenti”, circostanze eccezionali le quali configurano una ulteriore ipotesi di decadenza che si aggiunge a quelle di cui all’art. 27. L’espressione di cui all’art. 31 è sufficientemente ampia e consente di ritenere che la previsione del Commissariamento rientri nell’ambito di quel “qualsiasi altro motivo” in grado di produrre la decadenza del Consiglio federale. Il Collegio è di ciò persuaso in considerazione di un ragionamento che fa applicazione corretta della tecnica ermeneutica in quanto tiene conto della sistematicità della disciplina normativa. L’art. 27, come già detto, non esaurisce le ipotesi di decadenza del Consiglio Federale perché a ciò non precipuamente finalizzato, dovendosi rinvenire la propria ratio nella necessità di dettare un procedimento il quale eviti l’empasse che deriverebbe dalla decadenza dell’intero Consiglio (conseguente appunto al combinato disposto del predetto art. 27 e dell’art. 31) e quindi dalla privazione del potere di convocazione dell’Assemblea Federale straordinaria. Le due previsioni, vale a dire, disciplinano diversi aspetti della medesima vicenda critica, id est la privazione della Federazione del proprio organo naturale di governo, costituendo l’art. 27 la prima, ma non unica, norma della disciplina applicabile e rispondendo, le predette disposizioni, a domande ed esigenze conseguenti differenti. Legittimo è pertanto il richiamo alla norma de qua che, nondimeno, non può esaurire la disciplina applicabile, fermo restando che il successivo (alla decadenza) procedimento altresì dettato dall’art. 27 non è nell’ipotesi di specie applicabile perché non ne sussiste la esigenza sottesa: la necessità di convocazione dell’Assemblea straordinaria. Né, alcuna doglianza può essere mossa in generale se è vero che la esplicitazione della qualificazione della fattispecie, in ogni suo dettaglio e articolazione, avviene nell’eventuale momento patologico ad opera del giudicante e non in quello fisiologico, ad opera dell’organo che adotta il provvedimento. In tal senso è del tutto irrilevante ritenere – come sostiene parte ricorrente – che non essendo venute ad esistenza le condizioni per l’impugnazione delle distinte operazioni elettorali relative all’elezione del Consiglio Federale, questo non sarebbe decaduto, e perciò sarebbero venuti meno i presupposti del Commissariamento. Nel ragionamento di parte ricorrente si ravvisa una confusione di piani fra le ragioni che hanno indotto al Commissariamento e la riconosciuta regolarità delle operazioni elettorali, confusione di piani che non è sfuggita allo stesso giudice amministrativo il quale ha colto la duplicità di profili insiti nel provvedimento assunto dal CONI. D’altra parte la sentenza con cui il TAR ha confermato la legittimità delle operazioni elettorali concerne solo i profili di regolarità del procedimento elettorale. Si tratta di oggetto diverso rispetto alle altre ragioni (la grave situazione economica) poste a base del Commissariamento. 2. – Sull’eccesso di potere per errore nei presupposti e contraddittorietà della motivazione che avrebbe condotto all’applicazione di una misura sanzionatoria di una condotta da altri tenuta. Neppure può condividersi la circostanza secondo cui il Commissariamento sarebbe da considerarsi una sorta di sanzione nei confronti del nuovo governo federale rispetto ad irregolarità perpetrate in passato. Ed invero dalla ricognizione della funzione del Commissario emerge come essa debba essere riguardata sotto i due diversi profili: quello del rapporto con l’amministrazione sostituita, da un lato, e con il CONI, dall’altro. Dal primo punto di vista, occorrerà ricordare come la relazione che s´instaura con la Federazione non può che essere di natura intersoggettiva, perché il Commissario esercita poteri autonomi, aventi gli stessi effetti verso i terzi di quelli dell´ente sostituito per provvedere in vece di questo e per superare la paralisi dell´azione (da ultimo ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 21 gennaio 2013 n. 327). Dal secondo punto di vista, va ricordato che, ai sensi dell’art. 23, punto 3, dello Statuto del CONI, la nomina di un Commissario da parte del Consiglio (su proposta della Giunta nazionale) è atto che si richiama al potere di vigilanza sul corretto funzionamento delle Federazioni nazionali. Laddove si ravvisino gravi irregolarità nella gestione, è responsabilità ed in alcuni casi, come quello in esame, vero e proprio dovere della Giunta proporre la nomina di un Commissario che, in questa veste, è titolare di un potere che trova diretto fondamento nel provvedimento. Ne deriva che egli è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l´azione ordinaria degli organi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme che si appalesi, in concreto, idonea a garantire il conseguimento effettivo del risultato che è oggetto dell’investitura commissariale. Se questo è l’obiettivo, esula dalla nomina del Commissario qualsiasi intento punitivo nei confronti della gestione federale sostituita, che sarebbe altrimenti illogicamente chiamata a rispondere di avventate gestioni precedenti (tanto senza considerare che, la mala gestio, ove rilevata, acquisterebbe rilievo sul piano civilistico, aprendo ad un’azione di responsabilità e al conseguente risarcimento). In discussione, in altri termini, non è la vexata quaestio dell’imputabilità agli attuali amministratori delle gravi criticità. Per mero tuziorismo si rileva come – se ciò fosse- i termini dell’incarico affidato dovrebbero risultare dalla delibera di nomina del Commissario (C.N. 1491/2013) in cui però i poteri a lui attribuiti sono parametrati sull’esigenza di garantire il corretto funzionamento e gestione delle attività federali, nonché di procedere alla predisposizione di un ragionevole piano di risanamento della Federazione e di rientro dal deficit patrimoniale. 3.- Sull’eccesso di potere per violazione delle garanzie partecipative. Lamenta altresì, parte ricorrente, che l’avvio del procedimento sarebbe avvenuto senza rispetto per la previsione di cui all’art. 7, l. 241/1990 che impone l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento. Vero è che tale obbligo si fonda sulla duplice esigenza, da un lato di porre i destinatari dell'azione amministrativa nella condizione di far valere i propri diritti di accesso e di partecipazione e, dall’altro, di consentire all'amministrazione di meglio comparare gli interessi coinvolti e più adeguatamente perseguire l'interesse pubblico principale. Del pari indubbia è la circostanza che, se lo scopo della norma citata è quello di consentire al destinatario del provvedimento di avvalersi degli strumenti di partecipazione ed accesso al procedimento, nonché di assicurargli la possibilità di interloquire tempestivamente nelle ulteriori fasi di verifica, non si può sostenere la formalistica applicazione della medesima disposizione di cui all'art. 7 L. 241/1990. La violazione, infatti, non ricorre nei casi in cui l’obiettivo della partecipazione effettiva del privato sia stato comunque raggiunto o vi sia comunque un atto sostanzialmente equipollente alla formale comunicazione. Orbene, nella specie, vale osservare come la gestione della F.I.S.E. fosse stata già fatta oggetto di attenzione (a far data dal 2006) da parte del CONI, dapprima con semplici raccomandazioni ad adottare una “best practice” in riferimento alla gestione del patrimonio federale fino all’avvio, nel 2010, di un internal Audit in relazione agli esercizi 2008 e 2009. La mancata approvazione del bilancio 2009 e la richiesta alla Federazione, nel febbraio 2011, di dare riscontro (in un’ottica volta a stimolare la partecipazione della Federazione) alle osservazioni al bilancio 2009, nonché la circostanza che all’esito delle verifiche di Audit (nel dicembre 2011) fossero evidenti i dubbi sulla correttezza e attendibilità dei bilanci, testimoniano non solo del realizzarsi della sostanziale partecipazione degli organi federali; ed infatti il Consiglio F.I.S.E. ed il suo Presidente erano avvertiti, consapevoli ed in molti casi hanno attivamente confrontato le loro posizioni e proposte in un quadro di attenzione allo stato di cattiva gestione, su cui il CONI intendeva intervenire. Dunque, la circostanza che lo stato economico e finanziario della F.I.S.E. fosse compromesso era ben nota alla stessa attuale governance, tanto che nel dicembre 2012 il CONI concordava con il Presidente F.I.S.E. la costituzione di un gruppo di lavoro misto CONI-F.I.S.E. nella speranza, appunto, di poter evitare l’adozione di un provvedimento più estremo quale, appunto, il commissariamento. 4. – Sulla ratio del Commissariamento. Il commissariamento è strumento idoneo a fronteggiare le inerzie/irregolarità dell’attività amministrativa ed assicurare al contempo il controllo della gestione nei confronti degli atti delle Federazioni. Il commissario, in altri termini, non è altro che un ausiliario del CONI, operando nell’ambito dei poteri di controllo a questi spettanti, al fine di porre rimedio a gravi irregolarità gestorie, adottando provvedimenti che avrebbero dovuto essere assunti dall'Amministrazione. Inconferenti devono altresì ritenersi le critiche di parte ricorrente sulla approssimazione della gestione Commissariale. Critiche che, semmai ove fondate, troverebbero a corredo lo strumentario della responsabilità civile per quanto attiene al profilo della non diligente esecuzione del mandato conferito. 5. Sulla invalidità derivata della richiesta di proroga del Commissariamento. Né appare dimostrato che con la decisione di proroga del Commissariamento di cui alla delibera C.N. n. 1501 del 19.12.2013 (su proposta della Giunta Nazionale 11.12.2013 - delib. 440), si sarebbe manifestata una situazione di conflitto di interessi, avendo il Commissario preso parte alla seduta del Consiglio Nazionale, in cui sulla proposta di commissariamento della Giunta vi è stata una positiva deliberazione. L’affermazione appare apoditticamente resa, giacché non si comprende in cosa questo conflitto si sostanzi. Sicuramente non in un vantaggio economico, attesa la gratuità dell’incarico; ne’ in altre situazioni di vantaggio personale, atteso che il commissariamento va ritenuto come “munus” e dunque come servizio reso dal Commissario a vantaggio della gestione federale e non certo a proprio beneficio personale, patrimoniale o di “status”. Ad ogni modo è parte ricorrente che avrebbe dovuto segnalare puntualmente la presenza di posizioni personali incompatibili con l’incarico ricevuto, ovvero l’esistenza di un interesse personale del Commissario, sì rilevante da porsi all’origine di una situazione di conflitto di interessi. Cosa che nella specie non è accaduto. Né, in altro senso, si comprende chi altri potrebbe chiedere la proroga se non il Commissario, quale soggetto legittimato a farla valere in considerazione della necessità di portare a compimento il mandato affidato. La stessa presenza del Commissario alla riunione consiliare - essendo tra l’altro l’avvocato Rava’ anche Presidente di una Federazione e dunque ad altro titolo legittimato a partecipare alla seduta - non si vede come possa aver influito sull’esito finale di una decisione che a) non è stata assunta con il voto del Commissario, che si è astenuto; b) è comunque proposta dalla Giunta (sebbene poi assunta in Consiglio). Non spetta certo all’Alta Corte, del resto, delibare altri profili - quale l’inopportunità della partecipazione, pure adombrata dalla ricorrente - che esulano dall’ambito delle censure di legittimità. 6.- Sulla natura del provvedimento di Commissariamento. In altro senso, e questa volta spostando l’attenzione sul piano del provvedimento, si deve osservare come parte fondamentale dello stesso sia l’estrinsecazione delle ragioni che hanno indotto il CONI a determinarsi per il commissariamento. Di tal che la ricostruzione del processo che ha condotto alla decisione si compie proprio attraverso la lettura della motivazione dell’atto, i contenuti della stessa indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che, in relazione all’istruttoria, hanno determinato la decisione (art. 3, l. 240/1990). Nel caso in esame, l’interesse all’adozione del provvedimento e’ unico, sebbene vi siano due distinte motivazioni relative: 1) all’irregolarità delle operazioni elettorali; 2) alla situazione di gravi irregolarità nella gestione finanziaria. Chiarito ciò ci si deve interrogare se, pur caduta una delle due motivazioni (per effetto della decisione del Tar 9993/2013), il provvedimento sia ancora adeguatamente sorretto da una legittima motivazione; ciò che occorre operare qui è una sorta di “prova di resistenza”. Il che val quanto dire interrogarsi sulla fondatezza e, quindi, sulla legittimità di un provvedimento che si basi sulla sola motivazione rimasta. In altri termini, laddove la delibera della Giunta nazionale e il provvedimento del C.N. fosse stato adottato per la sola questione economica, come è stato, alcuna censurabilità sarebbe dato rilevare. Ma è sul piano dell’interpretazione, in chiave assiologica, del provvedimento adottato, il quale aveva lo scopo di risolvere le questioni legate alla grave situazione economico-finanziaria della F.I.S.E. che l’impossibilità di accogliere il ricorso diventa più che mai evidente. Opportuno qui è evitare una facile, ma non certo corretta sovrapposizione di profili diversi che, sebbene temporalmente vicini, impongono tuttavia un dissimile trattamento. La precisazione appare opportuna non essendo logicamente corretto confondere e/o sovrapporre, appunto, le cause che hanno condotto alla decisione del CONI di disporre il Commissariamento con le ragioni poste a fondamento della decisione dell’Alta Corte n. 19/2013 con cui si accoglieva il ricorso per l’annullamento delle operazioni elettorali che avevano condotto all’elezione della Sig.a Dallari. La diversità delle cause attrae lo sviluppo della vicenda ad esiti evidentemente diversi. L’errore in cui cade parte ricorrente è nel ritenere che il commissariamento sia stato disposto nei confronti dei “soggetti che si erano resi responsabili della cattiva gestione”, ove non v’è chi non veda che in discussione non è la responsabilità per aver commesso qualcosa, ma la necessità del CONI di intervenire (in attuazione dei compiti istituzionali ad esso affidati) per tentare di porre rimedio ad una situazione economico-finanziaria insostenibile. Motivazione, questa, che da sola adeguatamente sorregge il commissariamento, e che - si ripete, a prescindere dalla assai seria questione di inammissibilità del ricorso - la parte ricorrente non ha censurato con argomenti condivisibili. 6.- Sulla reitengra dei ricorrenti nel loro status. In merito poi al rilievo attribuito al fatto che, per effetto della sentenza del TAR 9993/2013 la Presidente Dallari e i componenti del Collegio Federale avrebbero riacquistato il loro status si deve osservare come, attesa la funzione di vigilanza riconosciuta al CONI ex art. 5 comma 2 lett. e)-ter, d.lgs. 242/1999, il decisum del giudice amministrativo (TAR 9993/2013) non abbia prodotto l’effetto di determinare alcun riacquisto di status. L’equivoco si fonda su una non chiara consapevolezza della complessità del concetto di status – qui di amministratore/Presidente della Federazione. Quello di status è infatti concetto che si prospetta come insieme omogeneo di contenuti, id est, situazione giuridica riducibile ad unità e funzionalmente destinata alla tutela di un interesse. Se ciò è, ne deriva che dirimente, ai fini del corretto inquadramento della fattispecie, appare la definizione del rapporto fra soggetto e situazione giuridica soggettiva; quest’ultima intesa, appunto, quale centro complesso di interessi. La nozione di soggetto – come noto – non è essenziale per l’esistenza della situazione giuridica, essendo solo rilevante ai fini della titolarità e, talvolta, per l’esercizio della situazione giuridica. Né titolarità ed esercizio sono sempre e necessariamente coincidenti, e tanto meno la titolarità deve concepirsi in maniera esclusiva, ovvero come situazione che necessariamente fa capo ad una sola persona. Basti pensare, ad es., a quanto si verifica nella sostituzione fidecommissaria di cui all’art. 692 ss. c.c. ove la scissione che si determina fra una situazione di appartenenza della situazione giuridica e una di spettanza è palese, essendo “l’istituito” titolare di una situazione di appartenenza della situazione giuridica soggettiva, laddove il “sostituito” è titolare della stessa ma solo in termini di spettanza con esclusione della possibilità di esercizio. L’esempio richiamato, se certo è estraneo alla fattispecie in esame vale a dimostrare come nell’ordinamento giuridico vi siano casi in cui esistono due forme di titolarità rispetto ad una medesima situazione giuridica. Nell’esempio fatto, quella dell’istituito, immediata ed attuale e quella del sostituito caratterizzata dalla potenzialità, vale a dire dalla mera spettanza. La contrapposizione fra titolarità formali e titolarità sostanziali dimostra semplicemente che se la titolarità presuppone l’esistenza della situazione giuridica e l’esercizio della situazione giuridica rinvia alla titolarità, ben possono aversi casi in cui legittimato all’esercizio è un soggetto diverso dal titolare, con la conseguenza che la mancanza della capacità all’esercizio non può che avere una propria rilevanza giuridica anche in rapporto al compimento di atti e di attività. Nella specie, la verifica delle operazioni elettorali, all’esito della decisione del giudice amministrativo, ha solamente avuto l’effetto di riconoscere agli interessati l’astratta titolarità di una situazione giuridica il cui concreto esercizio è, tuttavia, inciso, dal provvedimento di disposizione del commissariamento. Per cui del tutto inconferente e generico è il richiamo ad un presunto riconoscimento di status – come espressivo di determinati interessi che la sentenza del TAR avrebbe riconosciuto. Il TAR si è, infatti, semplicemente pronunciato sulla regolare tenuta delle operazioni elettorali, limitandosi a stabilire che “la delibera del Consiglio Nazionale del CONI n.141/2013 eventualmente impugnata dagli attuali ricorrenti, perverrà sorretta da una sola delle due motivazioni assunte a supporto della stessa (grave situazione amministrativo contabile in cui versa la federazione)”, non certo disponendo la reintegra dei ricorrenti nel loro pieno status. Per contro, proprio il fatto di aver doverosamente declinato, per effetto della pregiudiziale sportiva, la delibazione sul profilo del Commissariamento qui impugnato, dimostra che il TAR non ha “reintegrato” la ricorrente ma solo ritenuto che uno dei due distinti motivi del Commissariamento fosse caduto. L’altro come già più volte detto, ben può continuare a sostenere il Commissariamento delle F.I.S.E. e la sua proroga. L’Alta Corte, in conclusione, respinge il ricorso avverso i provvedimenti impugnati; in considerazione della complessità delle questioni esaminate, ritiene equo compensare interamente tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. L’Alta Corte di Giustizia Sportiva RESPINGE il ricorso. SPESE Compensate. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 18 febbraio 2014. Il Presidente Il Relatore F.to Franco Frattini F.to Virginia Zambrano Depositato in Roma in data 18 marzo 2014. Il Segretario F.to Alvio La Face
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