CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 69 del 22/12/2015 – Procura Generale dello Sport/Procura Federale Federazione Italiana Sport Equestri / Paolo Giani Margi Paolo Giani Margi/Federazione Italiana Sport Equestri

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 69 del 22/12/2015 – Procura Generale dello Sport/Procura Federale Federazione Italiana Sport Equestri / Paolo Giani Margi Paolo Giani Margi/Federazione Italiana Sport Equestri IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE composto da Franco Frattini – Presidente e Relatore Mario Sanino Attilio Zimatore Massimo Zaccheo Dante D’Alessio - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE nei giudizi iscritti: - al R.G. ricorsi n. 91/2015, presentato, in data in data 6 novembre 2015, dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, rappresentata dal Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, e dal Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Massimo Ciardullo, congiuntamente alla Procura Federale della Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.), rappresentata dal Procuratore Federale FISE, avv. Anselmo Carlevaro, e dal Sostituto Procuratore, avv. Giorgia Pellerano, contro il sig. Paolo Giani Margi, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Cincioni; - al R.G. ricorsi n. 94/2015, presentato, in data 9 novembre 2015, dal sig. Paolo Giani Margi, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Cincioni, contro la Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.), rappresentata dal Procuratore Federale FISE, avv. Anselmo Carlevaro, e dal Sostituto Procuratore, avv. Giorgia Pellerano, nonché dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, rappresentata dal Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, e dal Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Massimo Ciardullo, entrambi vertenti sull’impugnazione della decisione della Corte Federale d'Appello FISE, resa nel procedimento disciplinare R.G. N. 19/2015, P.A. 134/14, pubblicata il 6 ottobre 2015, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado endofederale, ha comminato, a carico dello stesso sig. Giani Margi, la sanzione della sospensione da ogni carica ed incarico federale per anni 4; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell'udienza del 16 dicembre 2015, quanto ai ricorsi iscritti: - al R.G. ricorsi n. 91/2015, per le parti ricorrenti – Procura Generale dello Sport presso il C.O.N.I. – il Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Massimo Ciardullo; per la Procura Federale FISE, il Procuratore Federale FISE, avv. Anselmo Carlevaro, e il Sostituto Procuratore, avv. Giorgia Pellerano; per il sig. Paolo Giani Margi, l’avv Giuseppe Cincioni; - al R.G. ricorsi n. 94/2015, per la parte ricorrente – sig. Paolo Giani Margi - l’avv. Giuseppe Cincioni; per la Procura Generale dello Sport presso il C.O.N.I., il Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Massimo Ciardullo; per la Procura Federale FISE, il Procuratore Federale FISE, avv. Anselmo Carlevaro, e il Sostituto Procuratore, avv. Giorgia Pellerano; udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, pres. Franco Frattini; Ritenuto in fatto La procura federale FISE deferiva, con atto del 20 aprile 2015, l’istruttore federale Giani Margi, a seguito della morte del cavallo Flambo durante un allenamento, incolpandolo di numerosi illeciti previsti dallo Statuto FISE, dal regolamento FISE, sezione Tutela e Benessere del cavallo, e del Codice di Condotta FEI per il benessere del cavallo. Il Tribunale federale riteneva la colpevolezza del deferito e gli applicava la sanzione della radiazione. A seguito di reclamo dell’incolpato, la Corte di appello federale, in parziale riforma della decisione di primo grado, irrogava la sanzione della sospensione da ogni carica e incarico federale per quattro anni. La decisione 6-9 ottobre 2015 è stata impugnata con separati atti, dalla Procura Generale dello sport, che ha concluso per la irrogazione della sanzione della radiazione al Margi, e da quest’ultimo, il quale ha concluso per l’estinzione del giudizio disciplinare, ai sensi dell’art. 56, co. 2 e 4, del Regolamento di giustizia FISE, e nel merito per l’annullamento della decisione di condanna alla sanzione disciplinare. Considerato in diritto Il Collegio ritiene anzitutto doverosa la riunione dei ricorsi - presentati dalla Procura Generale e dal Margi - in quanto diretti a contestare, per ragioni opposte, la medesima decisione 6/9 ottobre 2015 della Corte d’appello federale. 1. Sulla estinzione del procedimento disciplinare. Il ricorrente Margi ha dedotto, ai sensi dell’art. 56, co. 2 e 4, la estinzione del procedimento in sede di appello, giacché la decisione della Corte di appello federale sarebbe stata adottata oltre i prescritti sessanta giorni dal deposito del reclamo. Il motivo è infondato. Nel regolamento di giustizia FISE, infatti, all’art. 21, co. 6, si stabilisce il principio generale di applicabilità delle norme del processo civile. Le regole della sospensione feriale dei termini, dunque, sono applicabili ai procedimenti regolati dal Regolamento di Giustizia FISE, in quanto non disciplinate diversamente da quest’ultimo e certamente non “incompatibili” con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva. La fonte di tale applicabilità è certo detto l’art. 21, co. 6, e non la circolare richiamata, che ha natura ovviamente soltanto esplicativa. Il reclamo è stato presentato in data 17 luglio 2015, e dunque - considerata la sospensione feriale - la scadenza del termine di sessanta giorni sarebbe intervenuta il 16 ottobre, ben oltre la data di - tempestiva - adozione della sentenza impugnata. Né può ritenersi la violazione dell’art. 55, n. 7, del Regolamento di Giustizia FISE, giacché è pacifico che nel caso in esame non vi sia stata lettura del dispositivo da parte del Presidente alla conclusione del giudizio, sicché dopo l’udienza, in data 10 ottobre, è stata pubblicata la decisione con dispositivo e motivazione. 2. Sui motivi di impugnazione del Margi nel merito. Ritiene il Collegio che si debbano esaminare, in ordine logico, anzitutto gli argomenti con cui il ricorrente Margi censura la decisione della Corte federale di appello, concludendo per l’annullamento della decisione stessa e dunque della comminata sanzione, ancorché ridotta nella sua consistenza rispetto a quanto era stato deciso in primo grado. Il ricorrente, da un lato, propone per alcuni dei fatti e delle risultanze probatorie - ivi comprese le testimonianze acquisite - una interpretazione diversa da quella ritenuta nella impugnata decisione. Ma è evidente, per costante giurisprudenza di questo Collegio di garanzia, che non potendosi qui configurare un terzo grado di giudizio sui fatti, ciò che la giustizia endoprocedimentale ha accertato, anche attraverso la valutazione delle prove, non può essere posto nuovamente in discussione. Certamente ammissibile è invece la censura di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata che, pur non ritenendo provato il nesso eziologico tra l’azione del ricorrente e la morte del cavallo, ha tuttavia comminato al Margi una sanzione disciplinare ancorché ridotta nella sua consistenza. Nella vicenda all’esame del Collegio, si discute del rispetto, da parte di un istruttore federale di equitazione, già atleta di livello nazionale ed internazionale, di precise disposizioni dello Statuto e dei regolamenti FISE, nonché di quelle del Codice di condotta FEI. Dette disposizioni, in piena attuazione di un principio cardine dello sport equestre, mirano alla piena tutela del benessere del cavallo di fronte ad ogni azione od omissione che produca disagio, danni, lesioni fisiche o, peggio, la morte dell’animale, come nel caso del cavallo Flambo. Il Collegio, nella doverosa ricerca della corretta interpretazione delle norme in questione, ritiene che la qualità professionale ed atletica dell’incolpato sia direttamente proporzionale all’obbligo e alla responsabilità che su esso incombe di precauzione, attenzione, cura e immediata azione in caso di incidente al cavallo durante un allenamento o una competizione. Non può esservi, in altri termini, che un aggravamento di tale dovere di precauzione verso il benessere del cavallo per colui, come è il ricorrente, che abbia grandissima conoscenza ed esperienza di sport equestri e svolga per ragioni agonistiche o professionali continuamente attività insieme a un cavallo. E rileva, in tale accertamento di responsabilità, il complesso delle azioni e delle omissioni riferibili alla persona incolpata, al fine di trarne una valutazione sulla conformità di esse ai doveri che la FISE ha chiaramente posto a carico dei tesserati. In tale quadro, la decisione impugnata appare immune dai vizi dedotti dal ricorrente giacché, anche a voler prescindere - salvo quanto si dirà in merito al ricorso della Procura Generale - dal nesso eziologico tra la caduta del cavallo Flambo e l’azione del Margi, le azioni ed omissioni di quest’ultimo durante e dopo la caduta di “Flambo”, sono meritevoli di sanzione disciplinare per violazione dell’art. 1, comma 1, RdG FISE e, art. 4 del Codice di condotta FEI per il benessere del cavallo. La sentenza impugnata ha evidenziato che dopo la rovinosa caduta, il Margi: - ha riferito al veterinario, omettendo di descrivere la gravissima dinamica dell’evento, nonché l’evidenza di grave situazione del cavallo infortunato, ipotizzando un lieve malessere, tipo una colica. Ebbene, in proposito, un esperto professionista equestre quale è il ricorrente non avrebbe potuto confondere una grave caduta con una semplice colica se non allo scopo di prendere tempo e allontanare il cavallo dal luogo dell’incidente per cercare di attenuare la propria responsabilità. Il Margi, inoltre, ha certamente mentito nel descrivere alla proprietaria del cavallo come una normale sessione di allenamento. Ed ancora: ha, con l’aiuto di altre persone, forzato il cavallo a rialzarsi e a camminare, malgrado le evidenti condizioni di disagio di Flambo, che barcollava con gli occhi sbarrati. In tal modo, certamente, l’azione del Margi ha aggravato ulteriormente le condizioni del cavallo. Ha surrettiziamente ipotizzato che la frattura vertebrale si fosse prodotta nel box, circostanza del tutto esclusa anche dai testi; ma non basta: ha con evidente falsità riferito che il cavallo camminava normalmente, evitando con ciò di attivare un intervento di soccorso veterinario urgente, disponendo addirittura la somministrazione di farmaci inappropriati al caso. Del tutto maldestro è, come la sentenza impugnata ben osserva, il tentativo del Margi di allontanare la propria responsabilità in quanto non fornito di conoscenze medico – veterinarie. Da un lato, infatti, è impensabile che un professionista che da lunghissimi anni condivide allenamenti e gare con i cavalli possa confondere una grave frattura cervicale con una lieve colica. Ma se anche questo percorso logico si potesse seguire, ancor più gravi sono state le azioni del Margi quando egli ha azzardato una diagnosi sbagliata e minimizzante, ed ha addirittura forzato il cavallo a rialzarsi senza invece astenersi dal manipolare l’animale e chiamare subito un mezzo di soccorso. Correttamente, sulla base di fatti inoppugnabili in questa sede, e con motivazione non contraddittoria, la decisione impugnata ha affermato perciò la responsabilità disciplinare, pur non avendo ritenuto il nesso eziologico tra la caduta mortale e l’azione del ricorrente. 3. Sui motivi di impugnazione della Procura Generale. È su quest’ultimo punto che la Procura Generale dello Sport critica, con il proprio autonomo ricorso, la decisione impugnata, sostenendo che proprio la tecnica e le modalità violente dell’allenamento impartito dal Margi siano alla base della caduta mortale di Flambo, e concludendo quindi per la riforma della stessa decisione, con comminazione della radiazione a carico dell’incolpato. Analoga critica è rivolta dalla Procura della FISE, la cui legittimazione a ricorrere è però contestata dalla difesa del Margi, sotto il profilo della mancata indicazione del legale rappresentante nel ricorso e della inammissibilità del mandato difensivo conferito dal Presidente federale a difensore che ricopre anche la carica di Procuratore federale. Il Collegio prescinde dalla delibazione di tale eccezione, giacché, per il generale principio di “resistenza”, il ricorso della Procura Generale dello Sport è di per sé idoneo a radicare l’impugnazione avverso la decisione della Corte d’Appello, per i profili che di seguito saranno esaminati. Vi sarebbe, secondo la Procura Generale, una motivazione contraddittoria nella sentenza impugnata, allorché quest’ultima ritiene mancante la prova del nesso eziologico che invece emerge dalle stesse prove ritenute rilevanti dalla Corte di appello federale. Ritiene il Collegio che le censure della ricorrente Procura siano fondate, e che, in modo erroneo e contraddittorio, la sentenza impugnata abbia motivato la sua valutazione sul nesso causale tra l’allenamento del Margi e la caduta mortale del cavallo Flambo. Ritiene il Collegio che sia proprio la contraddittorietà tra i fatti accertati dalla Corte di appello e la motivazione con cui essa esclude la prova del nesso causale a rendere la stessa sentenza impugnata meritevole sul punto di riforma. Anzitutto, la Corte ritiene che il Margi debba essere sanzionato per comportamenti attivi ed omissivi; in particolare: - per aver mentito sulla impennata del cavallo e sulla natura particolarmente brusca della “difesa” durante il “piaffe” (costrizione del cavallo con doppia longe stretta e forzatura al trotto sul posto); - per aver taciuto al veterinario, ma anche alla proprietaria, la vera dinamica della caduta, nonché la reale sintomatologia manifestata dal cavallo; - per aver cercato, a sua discolpa, di sostenere che il cavallo si era provocato la frattura delle vertebre cervicali una volta tornato nel box, anziché per effetto della caduta. Da tali comportamenti, esattamente ricostruiti dalla Corte, si desume tuttavia con motivazione contraddittoria - anzi, senza motivazione - che non vi è la prova che la caduta con esiti mortali sia dovuta alle modalità assai violente dell’allenamento. Al contrario, ritiene il Collegio, le già richiamate omissioni e false dichiarazioni del Margi si spiegano perfettamente, e la sentenza impugnata su questo nulla dice, soltanto con la consapevole volontà di evitare e sviare ogni collegamento tra allenamento e caduta. Il Margi, esperto di cavalli e di allenamenti, ben ha compreso la grave conseguenza dell’allenamento con la bardatura troppo stretta, ed ha tentato di occultare la propria evidente responsabilità. La motivazione con cui è stato ritenuto non provato il nesso causale è poi carente - in modo totale - in riferimento ad altri elementi che pure la stessa sentenza richiama quando descrive la vicenda. In particolare, la decisione non spiega perché escluda il nesso causale allorché, pacificamente, era emerso dal procedimento: - che il cavallo era in buona forma fisica all’inizio dell’allenamento; - che non vi erano, durante l’allenamento, rumori esterni improvvisi o altri elementi che potessero spaventare il cavallo; - che l’impennata e la successiva caduta con esito mortale si è verificata come ribellione al “piaffe”, cioè la costrizione al trotto sul posto; La omessa motivazione su tali circostanze, pur obiettivamente accertate, induce perciò il Collegio a ritenere, seguendo i fatti e da esse traendo l’unica conclusione possibile, che soltanto il metodo particolarmente violento di quell’allenamento praticato dal Margi abbia provocato la caduta che ha condotto alla morte del cavallo Flambo. Del resto, proprio la modalità di allenamento praticata prevede la sottomissione - e, aggiunge il Collegio - la umiliazione del cavallo sotto il totale dominio dell’allenatore. È dunque evidente che solo il “dominante” debba ritenersi causa della caduta rovinosa del cavallo sottoposto ad una tale costrizione, come i fatti hanno descritto. Del tutto prive di pregio sono, in proposito, le argomentazioni del Margi, il quale sostiene che l’allenamento con “doppia longe” ed il “piaffe” sono autorizzati dalla FISE. La ragione della caduta è, infatti, la specifica e concreta modalità di quell’allenamento sul cavallo Flambo, giacché è chiaro che, nell’ambito astratto della tecnica autorizzata, il professionista ha la responsabilità di applicarle al caso concreto con maggiore o minore costrizione del cavallo, con maggiore o minore lunghezza delle corde per costringere l’animale, con un uso appropriato e non violento della frusta per forzare il cavallo al “piaffe”. E di tale modalità concreta l’allenatore è il solo responsabile, a prescindere, si ripete, dalla astratta praticabilità delle tecnica di allenamento. Il cavallo, in quanto essere vivente con un proprio carattere ed una propria sensibilità, esprime, con le “difese”, segnali di disagio o di sofferenza di cui l’allenatore - specialmente se dotato di notevole esperienza - deve tenere conto. Un allenamento forzato e aggressivo, che non tenga conto caso per caso della personalità e del tono del cavallo, già contiene i sintomi costitutivi di una grave responsabilità che l’allenatore si assume, non potendo evidentemente il cavallo difendersi da solo ed essendo perciò “protetto” da rigorose norme per garantire il suo benessere. Nella vicenda in esame, del resto, ancorché la carente motivazione già sia sufficiente all’accoglimento del ricorso della Procura Generale, il Collegio deve rilevare come il complessivo comportamento del Margi, nel procedimento endofederale, nonché in altre vicende di maltrattamento e lesioni ad altro cavallo, per fortuna con esito non mortale, appaia particolarmente riprovevole. In primo luogo, perché chi ha partecipato come cavaliere a competizioni anche internazionali non può violare tanto gravemente il principio cardine dell’equitazione come sport olimpico, secondo cui il cavallo è “atleta” tanto e più del cavaliere, e il benessere animale va garantito non solo perché prescritto dalle norme, ma quale principio etico dello sport equestre. In secondo luogo, a conferma di quanto appena detto, perché mai, in nessun atto o dichiarazione del Margi, è emerso rammarico o resipiscenza per la sorte del cavallo Flambo, morto a seguito dell’allenamento. Del resto, pure se ciò non ha alcuna influenza giuridica sul procedimento sportivo, l’autorità giudiziaria penale sta procedendo contro il Margi proprio per la vicenda della morte del cavallo Flambo e per le lesioni alla cavalla. In conclusione, il Collegio respinge il ricorso di Giani Margi Paolo. Accoglie il ricorso della Procura Generale dello Sport. Per l’effetto, ritenendo che non occorrano ulteriori elementi istruttori, annulla la sentenza impugnata e commina a Giani Margi Paolo la sanzione della radiazione. Copia della presente decisione è trasmessa al Segretario Generale del CONI, affinché valuti se, all’esito della presente vicenda, Giani Margi Paolo possa continuare a fregiarsi di Medaglia d’Onore del CONI. Le spese seguono la soccombenza. PQM Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite Rigetta il ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 94/2015. Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 2.000,00 in favore della resistente FISE, oltre accessori di legge. Accoglie il ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 91/2015, annulla senza rinvio la decisione impugnata e, per l’effetto, conferma la sentenza dell’organo di giustizia di primo grado endofederale con la comminatoria della radiazione dell’incolpato. Nulla per le spese. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 16 dicembre 2015. Il Presidente e Relatore F.to Franco Frattini Depositato in Roma in data 22 dicembre 2015. Il Segretario F.to Alvio La Face
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